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JOHN LERMA

V I S I O N I
D E L L '
A L D I L
ARMENIA
Vorrei dedicare questo libro
a mio padre, John Lerma Sr.,
e alla mia prozia Eladia, Zia Lata Rodriguez,
per la sua gentilezza e il suo amore incondizionato
in passato sulla terra e ora nel regno celeste.
* * *
Dedico questo libro anche
a mia madre, Carmen Lerma
e ai miei figli:
Daniella Lerma,
Mark Lerma
e Ariana Lerma.
Quattro meravigliosi esempi dell'amore di Dio.
Il nostro amore sta in tutto e per tutto;
la nostra separazione -solo paura;
la nostra nascita, la nostra morte, la nostra nascita;
cos questa esilarante commedia di Dio.
Dottor John Lerma
Prefazione
S
pesso mi descrivono come un tipo pieno di energia e
quasi tutti vogliono sapere perch mi sono specializzato
in medicina palliativa. Persino i miei familiari all'inizio
non riuscivano a capirlo. Dicevano: Ma come, hai passato tutto
quel tempo a imparare a far guarire le persone, e adesso vuoi
aiutarle a morire?. Oppure: Perch ci tieni tanto a stare con
gente che sta per morire? Non deprimente?. Alcuni possono
pensare che i medici degli hospice debbano essere seri e parlare
a bassa voce; ma i pazienti che stanno morendo non lo vogliono
affatto. Vogliono essere trattati come gli altri, perch sono come
gli altri. Vogliono che si scherzi con loro e che si rida, quasi che
ci si improvvisi clown per farli divertire e sentire ancora vivi. I
malati terminali desiderano con tutto il cuore questi atteggia-
menti gioiosi, perch proprio alla fine della malattia colgono il
significato della vita e della morte, e arrivano a capire che quel
momento dovrebbe essere celebrato e onorato come l'inizio di
un viaggio emozionante: il viaggio che ci porta fra le braccia del
nostro benevolo Creatore.
Durante il tirocinio alla facolt di medicina dovetti affronta-
re l'insorgere dell'epidemia di AIDS, che fu devastante. I prono-
stici per la popolazione infetta erano spaventosi. Di conseguen-
za iniziai a nutrire un gran rispetto per il processo di morte;
avrei tanto voluto aiutare quelle anime a completare la loro vita
con serenit, anzich aiutarle solo a sopravvivere. A volte fu
straziante dover rianimare pazienti che, lo sapevo, volevano
essere lasciati andare, ma erano del tutto impossibilitati ad
esprimere i loro desideri. Doveva pur esserci un modo migliore
per affrontare l'ineluttabilit di quella malattia. Battersi con le
unghie e con i denti, costringendo i malati a sopportare un gran
dolore... per cosa poi? Solo per posticipare l'inevitabile. Era di-
sumano. In fondo chi stavamo cercando di servire: noi stessi o i
pazienti?
Di l a pochi mesi fui testimone di un evento eccezionale, che
in seguito avrebbe non solo indirizzato la mia carriera nell'am-
bito della medicina palliativa, ma anche dato una risposta deci-
siva sulla irrilevanza delle cure mediche in fin di vita. Ero anco-
ra tirocinante in un ospedale di San Antonio quando, in una
notte di luna piena, uno scontro frontale mortale mand cinque
persone dritte al nostro pronto soccorso. Le vittime furono smi-
state secondo la gravit delle loro condizioni, e i pazienti pi
giovani con maggiori probabilit di sopravvivenza impegnarono
i medici con pi esperienza. Nel frattempo avrei dovuto occu-
parmi io dei pazienti con problemi meno gravi o con probabili-
t di sopravvivenza minime. E proprio allora i paramedici mi
portarono Ricardo, un anziano di 82 anni che aveva avuto un
collasso mentre cenava a casa sua. Ci precipitammo in sala
emergenze, dove iniziai subito la rianimazione cardiopolmona-
re. Alla prima scarica il ritmo cardiaco torn alla normalit. Poi
Ricardo si svegli lentamente, borbottando qualcosa su la
luce e sull'essersi ritrovato fuori dal corpo. Mentre cercavo di
stabilizzare il suo ritmo cardiaco, Ricardo ripeteva di continuo:
Era come un giro sull'ottovolante; era proprio come l'ottovo-
lante. Tornato in s, fu in grado di dirmi i suoi sintomi, in par-
ticolare che gli faceva male il torace. Lo tranquillizzai dicendo
che gli avevo somministrato dei farmaci per il dolore e di non
preoccuparsi. Per distrarlo, gli chiesi di dirmi di pi del suo giro
sull'ottovolante. Non so cosa mi successo, rispose Ricardo,
tranne che volavo sopra al mio corpo e gli angeli mi mostrava-
no delle cose che feci in passato. Mi guard e con un sorriso
entusiasta disse: Era cos bello. Dio e gli angeli mi dissero che
sarei sopravvissuto anche a questo. Subito dopo, il tracciato
sul monitor si appiatt; impiegai ancora il defibrillatore, ma le
scariche non sortirono alcun effetto. Riuscii a ripristinare il bat-
tito cardiaco solo iniettando epinefrina direttamente nel cuore.
Poi Ricardo fu portato in fretta e furia all'unit di terapia inten-
siva cardiologica, dove i cardiologi gli somministrarono farma-
ci antiaritmici per via endovenosa, nel tentativo di stabilizzare
la frequenza e il ritmo cardiaco. Alla fine risult che Ricardo
aveva avuto un forte infarto che per aveva risposto bene agli
antiaritmici, agli anticoagulanti e all'angioplastica.
Mi apprestavo a fare il giro dei pazienti che avevo fatto rico-
verare la notte precedente, quando vidi Ricardo agitare una
mano e farmi segno di visitarlo per primo. Non riuscivo a cre-
dere che quell'uomo fosse sveglio e cos pieno di energia.
Grazie per avermi aiutato, disse con un sorriso radioso che gli
illumin il viso. Ribattei che ero molto contento del suo notevo-
le recupero. Devo tutto a Dio, ammise Ricardo. Dottor
Lerma, ricorda quando le raccontai della luce e di essere uscito
dal mio corpo?.
Certo che s, risposi.
Be', in quell'intervallo di tempo capii molto. Immagino di
poter dire che negoziai con gli angeli e con Dio per mettere a
posto le cose con la mia famiglia. Sa, dottor Lerma, li avevo trat-
tati male, i miei familiari e i miei amici, ma Dio mi ha dato l'op-
portunit di rimediare almeno con mia moglie. Affascinato da
ci che diceva, mi domandai se le storie di esperienze di pre-
morte che avevo sentito raccontare da altri medici fossero vere
o soltanto una reazione del cervello a improvvise alterazioni chi-
miche e gassose. Nel caso di Ricardo ero sicuro che fosse acca-
duto qualcosa di miracoloso, ma non c'era modo di verificarlo.
In balia delle sue parole, speravo mi dicesse qualcosa che pro-
vasse la sua esperienza.
Dottor Lerma, ho bisogno del suo aiuto. So che dubita della
mia storia, e in un certo senso anch'io. Per questo devo sapere
se quell'evento spirituale fu reale o meno. Prima che gli chie-
dessi come fare, Ricardo continu: Quando ero fuori dal mio
corpo e mi libravo in alto nella sala emergenze, vidi una rivista
trimestrale del 1985 sopra quel monitor cardiaco alto pi di due
metri, di preciso nell'angolo sulla destra. Era in mezzo alla pol-
vere, come se fosse stata messa l apposta perch oggi avessi la
mia conferma. Dottor Lerma, potrebbe controllare? Significhe-
rebbe molto per me.
Ero incuriosito e scettico abbastanza da fargli quella corte-
sia, cos andai al pronto soccorso con una scala. Salii, con le
infermiere che aspettavano di sotto con il naso all'ins. Anche
loro erano curiose di sapere se un paziente aveva veramente
visto qualcosa mentre lo riportavamo in vita. Di storie come
quella ne sentivamo in continuazione, ma di solito non c'era
modo di provare se il malato aveva detto il vero o se si era
immaginato tutto. Eppure, con nostra grande sorpresa, il trime-
strale c'era, proprio dove l'aveva visto Ricardo, ed era giusto
anche l'anno: 1985. Senz'ombra di dubbio, l'unico modo in cui
avrebbe potuto sapere che era l era o mettercelo lui stesso, o
averlo visto mentre si librava rasente al soffitto come ci aveva
raccontato. Ma io ero ancora scettico; perci feci altri controlli,
da cui risult effettivamente che Ricardo non poteva saperne
nulla. Infatti, ormai erano passati anni da che era stato in grado
di salire una scala a pioli, e non aveva mai lavorato in ambito
edilizio. Inoltre, non riuscii a trovare nessuna relazione fra lui e
qualcuno che avesse approntato le sale emergenze pi recenti
del pronto soccorso. Si trattava dunque di una conferma che
non esistiamo solo con il corpo? Comunque fosse, il caso di
Ricardo suscit in me un vivo interesse per il processo di morte,
che alla fine mi port a intraprendere una carriera in cui storie
del genere sono una regola pi che un'eccezione.
Questo libro parla di alcune persone comuni in situazioni
straordinarie che con grande altruismo vollero condividere i
loro ultimi giorni di vita con me, ben sapendo che le loro espe-
rienze di un Dio giusto e pieno di amore avrebbero portato pace
e conforto a chi, direttamente o indirettamente, ne avesse udito
parlare. Le storie dell'amore di Dio vissute e narrate da un bam-
bino di 9 anni, da un assassino, da una tossicodipendente, da un
predicatore cristiano, da un ateo e da un nazista tedesco non
nono soltanto mistiche, ma anche curative ed edificanti. Tutte
parlano dell'Unico Dio che crea con amore totale, e ci ricordano
che ogni uomo su questo pianeta dedito a uno scopo e fa parte
di un tutt'uno, un'unit che, a tempo debito, creer amore e
pace eterni e universali.
In particolare, un paziente rivela che l'amore incondizionato
c gli atti di gentilezza gratuiti innalzano il livello dell'umanit,
contribuendo alla crescita spirituale del nostro pianeta e dell'u-
niverso. Un altro spiega che, una volta unite, scienza e spiritua-
lit porteranno a molte scoperte, fra cui una sequenza proteica
nel DNA che, quando verr attivata, accelerer il nostro evolve-
re a entit pacifiche. Molte visioni e molti messaggi sono incen-
trati sulla necessit di amarsi e perdonarsi per poter avere un
buon rapporto con la terra ed effettuare un passaggio sereno
nell'aldil. Alcuni protagonisti delle storie ebbero un trapasso
pacifico, altri difficile; ciononostante, il loro denominatore
comune fu il desiderio di darci uno scorcio del misterioso lega-
me tra la vita e la morte.
* * *
Quando iniziai a parlare diffusamente di queste storie e a
condurre i miei studi personali sulla validit delle visioni pre-
morte, dovetti affrontare critiche e indagini sul mio lavoro da
parte della comunit medica. Ma anche se mettevo a rischio la
mia carriera, mi sentivo obbligato ad andare avanti, convinto
che i messaggi dei racconti potessero servire ad alleviare il dolo-
re interpersonale, spirituale ed emotivo sia dei pazienti sia dei
loro familiari. I risultati furono a dir poco stupefacenti. Da l ini-
zi il mio progetto di ricerca sulle esperienze di premorte. Al
tempo in cui finii di scrivere Illuminati avevo condotto pi di
duemila interviste a malati terminali valide ai fini dello studio;
fra di esse, cinquecento e passa erano registrazioni di racconti
di esperienze di premorte.
Di base, io sono uno scienziato, e non fu facile accettare l'i-
dea degli angeli e delle entit incorporee. Credendo che la scien-
za non avesse fatto abbastanza per definire la vita in senso stret-
to, iniziai a considerare, seppur con scetticismo, il numero
apparentemente elevato di eventi soprannaturali che precedeva-
no la morte. Ogni volta che mi fu possibile trovai una spiegazio-
ne razionale, e molto spesso finii per attribuire le visioni dei
pazienti allo stadio avanzato della loro malattia, ai farmaci,
oppure a un blocco completo del loro metabolismo. Ma la somi-
glianza e la mera quantit delle storie, unitamente ad alcuni
fenomeni inspiegabili, iniziarono ad avere un peso non indiffe-
rente in favore di qualcos'altro. Non voglio cercare di spiegare
cos' questo qualcos'altro, ma solo raccontare le avvincenti
storie dei malati terminali di cui mi occupai.
Gli aspetti religiosi delle storie si devono ai loro protagonisti
e non riflettono necessariamente le mie convinzioni; infatti, nel
considerare tutte le possibilit, rispetto e mantengo un punto di
vista scientifico e scettico. Invece, con profonda compassione
che spero queste sentite esperienze spirituali possano essere d'i-
spirazione e incoraggiamento sia per i moribondi sia per i
sopravvissuti alla perdita, vale a dire per tutti noi. Il mio inten-
to di offrire al mondo ci che osservai e imparai dagli innume-
revoli pazienti cui ebbi l'onore di dare sollievo, ossia che alla
fine del nostro viaggio terrestre ci attendono speranza, reden-
zione e amore incondizionato. Spero anche che l'industria
medica accolga queste informazioni e arrivi a considerare diver-
samente il processo di morte, tanto da rivolgere maggiori atten-
zioni ai bisogni spirituali dei pazienti che stanno lasciando que-
sto mondo.
I racconti di questo libro sono di pazienti ricoverati in hospi-
ce nelle loro ultime ore o nei loro ultimi giorni di vita, poco
prima di intraprendere il loro viaggio finale e pi solenne. (N.b.:
anche se in tutto il libro uso le virgolette per indicare i dialoghi
fra i malati, i loro familiari e me, in realt si tratta di un misto
fra citazioni dai miei appunti presi durante le interviste e i miei
ricordi). La maggior parte delle storie esplorano i regni miste-
riosi delle visioni, le sincronicit, le profezie e il campo quanti-
co delle infinite possibilit. Data la natura strettamente confi-
deliziale dei racconti, ho cambiato i nomi e i dati personali.
Spero che gli straordinari messaggi degli angeli vi piacciano e
siano edificanti per voi come lo furono per me.
Introduzione
Gli ultimi giorni di vita
N
egli ultimi giorni di vita il malato terminale si ritrae in
se stesso, quasi volesse prepararsi a liberare la propria
anima. Tende a rivivere le vicende di un lontano passa-
to con sentimenti diversi e spesso ha bisogno di aiuto per affran-
carsi da questo mondo. Ci importante affinch l'anima possa
essere resa al momento dovuto.
In questo periodo il paziente pu fissare intensamente alcuni
angoli della stanza, oppure sostenere brevi conversazioni con spi-
riti invisibili di familiari deceduti o con angeli luminosi. Sono que-
sti esseri spirituali a recargli pace e conforto e ad aiutarlo a risol-
vere le sue questioni emotive, interpersonali e spirituali rimaste in
sospeso; il loro fine ultimo che il loro assistito possa effettuare il
passaggio alla vita ultraterrena in pace con se stesso e con gli altri.
A volte chi osserva dall'esterno pu formulare giudizi affret-
tati e parlare apertamente di comportamenti allucinatoli e deli-
ranti del paziente; ma cos facendo non si rende conto che tali
asserzioni negative dissuadono il malato dal parlare liberamen-
te delle sue esperienze spirituali (cosa che, ironicamente, finisce
con il prolungare la sua sofferenza). Al contrario, per favorire
un trapasso sereno, la famiglia e gli amici dovrebbero sforzarsi
di creare un'atmosfera in cui il paziente si senta al sicuro,
amato, per nulla esposto a critiche. Un atteggiamento simile lo
invoglia a descrivere le sue visioni confortanti e le sue esperien-
ze di redenzione; l'effetto finale lo sfogo del suo dolore emoti-
vo, interpersonale e spirituale.
Anche se si trova fra le mura domestiche, il paziente manife-
sta un forte desiderio di tornare a casa. Insiste che deve pren-
dere il treno, prendere l'autobus o prendere l'aereo per
casa. Queste espressioni sono metafore dell'ultimo viaggio, il
pi sacro di tutti: il viaggio in paradiso. D malato pu tendere le
braccia verso l'alto, quasi cercasse di sfiorare l'intangibile. Molti
pazienti descrivono questo protendersi come lo sforzo di tenere
per mano i loro cari defunti o di accarezzare le ali di un ange-
lo. il momento in cui gli esseri spirituali invitano i pazienti a
camminare verso di loro, a inoltrarsi nella luce fino a essere del
tutto illuminati.
Quando la fine vicina, affiora il delirio. Il paziente pu but-
tare da parte le lenzuola e strapparsi di dosso i vestiti o i catete-
ri venoso e vescicale. Questo comportamento noto come deli-
rio ed causato da una moltitudine di fattori tra i quali (ma non
solo) il dolore, l'incapacit di svuotare del tutto la vescica, la sti-
tichezza, la disidratazione, l'insufficienza epatica e renale, la
febbre, le infezioni, un basso contenuto di ossigeno nel sangue
e, da ultimo ma non meno importante, lo stadio avanzato della
malattia. Il trattamento del delirio comprende varie misure fra
cui gli oppiacei (come la morfina) contro il dolore e la dispnea,
un catetere per ovviare alla ritenzione di urina, lassativi per la
stitichezza, liquidi per via endovenosa o sottocutanea per la di-
sidratazione, ossigeno somministrato con cannula o maschera
nasale, farmaci sedativi quali l'aloperidolo, la clorpromazina o
(meno spesso) il lorazepam per conseguire un sollievo immedia-
to e durevole.
A quel punto l'impiego di oppiacei, di neurolettici e di ansio-
litici, il cui effetto indesiderato principale la sedazione, di soli-
to diventa necessario per far rilassare e proteggere il paziente.
L'equilibrio tra sollievo dal dolore e mantenimento della consa-
pevolezza cognitiva negli ultimi giorni di vita subisce un drasti-
co tracollo, che per inevitabile. Dato l'aumento esponenziale
delle tossine in circolazione in prossimit della morte, ci com-
promette ancor pi la capacit del paziente di rimanere vigile.
Va ricordato che si tratta di una reazione naturale del corpo, il
quale rimuove la consapevolezza di morire per proteggere il
iniziente dagli effetti traumatici dell'agonia. La famiglia e gli
amici vorrebbero tanto che la persona amata rimanesse sempre
vigile fino alla fine, ma sta di fatto che per il malato sarebbe
trppo doloroso.
In quest'ultima fase indispensabile che amici e parenti
lascino dormire il paziente quando e quanto desidera. Dato che
Il nervo stato-acustico sopravvive pi di tutti al processo causti-
co di agonia, si potr constatare che accarezzare piano la perso-
lui amata sulla testa, umettarle le labbra secche e la bocca
asciutta e sussurrarle che tutta la famiglia e gli amici sono rumi-
ti in amore e in preghiera, le porter un senso di liberazione e
di pace. Un continuo incoraggiamento a seguire gli angeli di Dio
e i cari defunti le assicurer inoltre un passaggio sereno nel
regno celeste.
Con una diminuzione del livello di coscienza, la congestione
polmonare, la mancata percezione del polso distale e le estremi-
t cianotiche, quasi sicuramente la morte avverr nel giro di
poche ore. Nel frattempo il paziente di solito riesce ad affrancar-
si da questo mondo con la mente, il corpo e lo spirito e resta in
attesa della fine pervaso da un'inebriante sensazione di euforia.
A pochi minuti dalla dipartita, sul suo viso si possono scorgere
un'ultima lacrima e un sorriso. Quest'ultima lacrimazione viene
spesso chiamata epifora. Dopo la morte, la famiglia e gli amici
che sono stati intimamente coinvolti nell'alleviare il gran dolore
fisico del paziente trovano conforto in un travolgente senso di
sicurezza che la persona amata sia stata portata sulle ali degli
angeli nel regno celeste di Dio.
Negoziare con gli angeli
E
ra uno di quei giorni di luglio grondanti umidit, afosi e
pieni di luce, quando varcai il cancello del Medicai
Center Hospice con la mia solita fretta. Lungo la via che
portava all'ingresso mi concessi un momento per apprezzare la
tranquillit dei giardini e riprendere fiato in quella bellezza ver-
deggiante, che emanava pace e amore quasi palpabili. Ral-
lentando il passo, gustai appieno la sensazione di essere avvol-
to dalla grazia, dalla gentilezza e dal perfetto amore. Era una
sensazione familiare in prossimit dell'hospice; ma cos intensa
non era mai stata. Stavo per incontrare la saggezza e il sapere
sotto le spoglie di un bambino di 9 anni con un cancro in fase
terminale.
Matthew non era un mio paziente, ma la sua dottoressa era
fuori sede, perci mi aveva chiesto se potevo occuparmi io del
suo ricovero all'hospice, l'ultima fermata per la maggior parte
dei malati terminali. Ero stato felice di accettare. Avevo sentito
che quello era un bambino molto speciale. Aveva chiesto lui di
passare dall'hospice domiciliare all'hospice residenziale per
sgravare di un peso la sua famiglia. Ero curioso di vedere che
lipo era. Avviandomi verso la sua stanza, diedi una scorsa alle
centinaia di pagine tra rapporti medici e chirurgici e registrazio-
ni delle terapie invasive e aggressive che gli erano state sommi-
nistrate in quegli ultimi due anni. Era gi tanto per chiunque
sopravvivere, figuriamoci per un bambino della sua et.
Inalai un profondo respiro ed entrai nella stanza. Appena
notai i danni provocati dalla sua malattia provai una gran pena.
E avvertii anche qualcos'altro, qualcosa di invisibile ma palpa-
bile che assorb gran parte della mia attenzione. Una sensazio-
ne? Energia? Saggezza? Coraggio? Era qualcosa di familiare,
ma non riuscivo ad afferrarlo. Mi fermai un istante nel tentati-
vo di capire che cos'era, ma Matthew ud o percep il mio ingres-
so, perci dovetti scrollarmi di dosso quella sensazione e pre-
sentarmi per non mettere la famiglia a disagio. Sono il dottor
Lerma. Benvenuto. Tu devi essere Matthew, dissi rivolgendomi
per alla sua sorellina, seduta proprio davanti a lui.
La bambina scoppi a ridere, ma Matthew protest a gran
voce: No, scema che non sei altro! Matthew sono io!.
Considerando che era cieco da pi di un anno, rimasi sorpreso
che avesse colto in pieno il mio scherzo. Mi fece un magico sor-
riso birichino e si produsse in un vivace tentativo di farmi ride-
re anche lui: Dottor Lerma, voglio presentarti Regina, il mio
tumore. I dottori la chiamano retinoblastoma e mi dicono che
un tumore cattivo. Io per la considero un' amica. Devi sapere,
dottor Lerma, che Regina aiuter la mia famiglia e anche gli
altri bambini ammalati.
E come?, domandai.
Be', Dio l'unico a saperlo! Io devo solo accettarla.
Dissi a Matthew che gli faceva onore voler aiutare gli altri.
Pensai che fosse una strategia di coping [cio, di risposta alla
malattia - N.d.R.], anche se non avrei mai creduto che un bam-
bino di soli nove anni con un cancro incurabile e aggressivo a
entrambi gli occhi fosse in grado di elaborarne una. Com'era
possibile che quel bambino, cui la diagnosi era stata fatta ben tre
anni prima, seguita da rimozione chirurgica degli occhi, sottopo-
sto a vari e concomitanti cicli di chemio e radioterapia, fosse
tanto altruista e, almeno all'apparenza, non provasse ansia o
paura? La sua miracolosa sopravvivenza era forse dovuta alla
sua spiritualit? Allllora, interloqu Matthew, quasi fosse un
dottor Freud, tu non sei uno di quei dottori serissssimi, vero?.
Non appena gli risposi di no, Matthew esclam tutto entusiasta:
Lo sapevo! Sei quello che aspettavo. Quello di cui mi hanno par-
lato loro!. In quell'istante colsi un movimento ai margini del
mio campo visivo e mi girai di scatto, pensando che fosse entra-
lo qualcuno nella stanza. Invece non c'era nessuno. Strano.
Respinsi anche quella sensazione e chiesi a Matthew che cosa
voleva dire. Te lo dir un'altra volta. Adesso non il momento.
un segreto, fu la sua enigmatica risposta, pronunciata con
calma.
Quel bambino aveva carattere e irradiava una straordinaria
carica di energia e di allegria, tanto che, in quanto medico, mi
domandai se avesse le carte in regola per rimanere all'hospice.
Mon sembrava tanto prossimo alla morte quanto la maggior
parte dei pazienti che arrivavano da noi. Domandai a sua madre
perch ce l'avesse portato. Con le lacrime agli occhi e la voce tre-
mante, la signora conferm quello che avevo sentito dire. Ha
insistito lui a voler venire qui per non morire a casa. Dottor
Lerma, gli ho ripetuto pi volte che Dio l'avrebbe guarito e che
era presto per andare in cielo, ma non c' stato verso di fargli
cambiare idea. La sua ora era vicina, diceva sempre, e non vole-
va gravare le sue sorelle e me del compito di assisterlo in punto
di morte. un bambino meraviglioso, sempre in pensiero per
noi, sempre cos attento. Una volta mi ha detto che, se avesse
potuto diventare grande, sarebbe stato il tipo di uomo che pro-
tegge la sua famiglia. Non so come fa. Io non avrei la sua stessa
forza di rimanere in vita. Sa, dottor Lerma, io non credo vera-
mente in Dio. Per sto iniziando a pensare che il mio Matthew
ci sia stato inviato da un' entit superiore. Dio stesso, magari?
Vuole pregare con me, dottor Lerma?.
Ormai piangeva senza ritegno. Asciugandomi anch'io una
lacrima, le misi un braccio intorno alle spalle e, con voce som-
messa ma con fervore, recitai l'unica preghiera che sapevo: il
Padre Nostro. A spizzichi la signora mi venne dietro, poi mi
guard dritto negli occhi e disse: Non la sente, dottor Lerma?
Non serlte una presenza meravigliosa e piena di amore?.
Certamente, risposi. Certamente. Mi stup che anche la
madre di Matthew avvertisse qualcosa di insolito nell'aria.
Il coraggio e la forza di Matthew, la sua capacit di trovare
gioia nelle avversit erano stupefacenti. Non era un'impressione
solo mia. Anche i medici e le infermiere dell'Istituto tumori dice-
vano che quel bambino irradiava amore e gioia, che nonostante
le terapie dolorose aveva sempre avuto un sorriso, parole sagge e
abbracci spontanei per tutti. In compagnia di Matthew ci si sen-
tiva amati. Dal punto di vista clinico, quell'esserino fragile, con un
tumore grande quanto una palla da softball sporgente sul lato
destro del cuoio capelluto, avrebbe dovuto essere morto da mesi,
o sprofondato in uno stato di incoscienza, o almeno in preda a
dolori atroci. Invece era andato oltre ogni aspettativa. Anzich un
bambino intollerante e pieno di risentimento, avevamo una per-
soncina di nove anni che sosteneva brillanti conversazioni senza
problemi e aveva una capacit fuori dal comune di rallegrare i
suoi interlocutori. Bastarono poche visite per constatare che non
ero l'unico a essere ammaliato dal suo sorriso contagioso. Per
tutti era un piacere conoscerlo, e tutti lo definivano maturo,
divertente, affettuoso, comprensivo e saggio nonostante la sua
giovanissima et. Sentendo parlare di lui, molti familiari dei
malati nelle stanze vicine venivano a trovarlo, per poi andarsene
immancabilmente commossi. La sua accettazione ottimista della
vita che Dio gli aveva assegnato era davvero incredibile. Per dirla
con le parole di Matthew: La mia malattia riporter la mia
mamma da Ges Cristo, perci ne vale la pena!.
Anche dopo il rientro in servizio della sua dottoressa, non
smisi di andare a trovarlo. L'avvertivo come una necessit. Ogni
volta che passavo davanti alla sua porta, mi sentivo risucchiare
nella stanza come per magia. Un giorno chiesi a Matthew come
aveva fatto a sopportare tutto quello che aveva passato ed essere
ancora tanto vibrante di energia. Rimase assorto un momento,
come per decidere se darmi o meno quell'informazione. Chin la
testa, quasi ascoltasse qualcuno, poi disse con fare spiccio: OK,
OK, adesso glielo dico. Doc, un regalo degli angeli di Dio.
Confesso che quella rivelazione mi meravigli un poco, anche se
mi era gi capitato di sentire altri pazienti riferirsi agli angeli. Di
solito, mi limitavo a far finta di niente, pensando che fosse solo
un effetto indesiderato delle terapie o un'allucinazione di una
imminente prossima alla morte. Ma con Matthew era diverso.
Matthew era lucido e dal suo ricovero aveva rifiutato la sommi-
nistrazione di un qualsiasi farmaco. Siccome non volevo com-
promettere il bel rapporto che si era instaurato fra noi due mani-
festando dei dubbi, gli chiesi con interesse che cosa intendeva
dire con un regalo degli angeli di Dio. Matthew rispose:
Adesso te lo posso anche dire, il mio segreto. Gli angeli mi
hanno appena dato il permesso di parlarti. Sono ancora vivo per-
ch ho chiesto loro se potevo restare qui un po' di pi, finch la
mamma e le mie sorelle non accettano la mia malattia e la mia
morte e, soprattutto, non tornano a credere in Dio.
Perch pensi che abbiano bisogno del tuo aiuto? gli doman-
dai.
Dottor Lerma, quando pap se ne and, la mamm si arrab-
bi con Dio. Era senza lavoro e lui non ci aiut mai con i soldi.
Mamma rimase arrabbiata con Dio. Quando poi mi trovarono il
cancro, perse del tutto la fede. Si chiedeva sempre perch, per-
ch Dio le portava via le persone che amava e per di pi nei
momenti peggiori della sua vita. Smise di andare in chiesa, e le
mie sorelle lo stesso. Io voglio aiutare mamma e le mie sorelle.
Dio mi ha permesso di rimanere finch non saranno guarite.
E tu non vuoi guarire, Matthew?.
All'inizio s. Ma adesso so che, se guarisco, mamma non
ritrover pi Dio, e questo non va bene. Io voglio la mamma per
sempre. Quindi devo morire per aiutarla a ritrovare Dio. Solo
cos potr stare con me per sempre. Lo capisci questo, dottor
Lerma?.
Oh, Matthew, s che capisco. Non so che dire. Vorrei che tu
guarissi e anche che tua mamma ritrovasse Dio. Perch gli angeli
e Dio non possono far succedere entrambe le cose?.
Dottor Lerma, se avessi visto anche tu l'aldil, non mi fare-
sti questa domanda. Vedrai. Andr tutto perfettamente bene.
Le sue insolite rivelazioni mi colpirono. Come potevano esse-
re generate dal delirio? Ragionava con una chiarezza e una luci-
dit eccezionali per le sue condizioni. Molto incuriosito, decisi
di indagare pi a fondo sulle sue visioni.
Gli angeli mi hanno assicurato che la mia famiglia trover
la pace in Cristo come risultato della mia fede e del mio amore
incondizionato per loro, continu Matthew. Di nuovo: a soli
nove anni, come poteva essere tanto saggio? Disse di aver sem-
pre creduto negli angeli di Dio e di aver iniziato a conversare
con loro ogni venerd da quando aveva iniziato la chemiotera-
pia. Allora aveva capito che la sua malattia aveva uno scopo, lo
scopo di aiutare la sua famiglia e il mondo. Gli chiesi in che
modo avrebbe aiutato il mondo. Oh, lo vedrai anche tu, come
funziona, mi rispose. Gli angeli hanno piani anche per te, ma
per adesso devono restare segreti. Ma per quante domande gli
facessi, non riuscii a cavargli nessun' altra informazione. Mai
conosciuto un bambino che sapesse mantenere tanto bene un
segreto! Gli angeli avevano scelto un valido messaggero.
Chi era quel bambino per parlare della morte con tanta sere-
nit ed essere pi in ansia per gli altri che per se stesso? Perch
aveva chiesto di essere ricoverato al nostro centro per malati
terminali? Che cosa l'aveva indotto a pensare che stava per
morire? Come mai non soffriva dolori atroci, con quel tumore
intracranico aggressivo che si ritrovava? Erano domande che mi
frullavano per la testa tutto il santo giorno.
Quella sera gli chiesi perch aveva voluto venire da noi. So
che la mia ora vicina e non voglio morire a casa, mi rispose.
Mamma e le mie sorelle diventerebbero troppo tristi.
Come lo sai?.
Me l' hanno detto i miei angeli, rispose Matthew lanciando
uno sguardo a sua madre.
Non me l'hai mai detto, che vedevi gli angeli. Perch? chie-
se la signora con aria assai perplessa. Era la prima volta che
Matthew parlava di loro in sua presenza.
Non ero tenuto a dirvelo prima. Ma adesso s, rispose come
se fosse la cosa pi normale del mondo.
Dai, allora raccontaci qualcosa di loro! esclamai, fingendo
di essere un bambino curioso.
Ti dir tante cose, ma prima, disse Matthew con un sorri-
so birichino, devi leggermi una storia. Mi pass un libretto
per bambini e me lo fece aprire a pagina 24. Mi accorsi subito
che erano storie semplicissime, e mi sentii sciocco all'idea di
dovergliene leggere una. Faticavo a vedere Matthew come un
bambino. Tuttavia pensai fosse meglio compiacerlo e mi misi a
leggere la storia con un tono allegro. Matthew aveva un vero
talento per indurre gli altri a fare quello che lui voleva; sembra-
va renderli ansiosi di accondiscendere alle sue richieste. La let-
tura non dur pi di cinque minuti. Era la storia di una bambi-
na che serbava un fantastico segreto. Gliel'aveva confidato una
l ata, dicendole anche che avrebbe dovuto rivelarlo solo e soltan-
to in un momento speciale. Il messaggio della storia era velato
eppure evidente. Sia la madre di Matthew sia io ci rendemmo
conto che il momento speciale era la sua morte, e che ormai
era prossima.
Dottor Lerma, risponder alle tue domande sugli angeli fin-
ch loro me ne daranno il permesso, dichiar Matthew quan-
do richiusi il libro. Accantonai la mia mentalit scientifica e
aprii di buon grado il mio cuore a quel fragile, piccolo messo
angelico. Curiosissimo e impaziente, presi a fargli domande
sulla vita e su Dio. Dal canto suo, Matthew era pi che entusia-
sta di condividere le sue conoscenze sulla malattia e le sue visio-
ni angeliche. Finalmente posso parlarne con qualcuno. Roba
che scotta! Cavoli, sapeste quant e stato difficile non poter dire
mai niente a nessuno! Adesso per ho un po' di sonno. Perch
non lo facciamo domani?.
Come vuoi, fu la mia pronta risposta. Appena ti va di par-
lare, basta che dici alle infermiere di chiamarmi con il cercaperso-
ne. Non importa a che ora. Sono qui per te, Matthew. Ricorda: ti
voglio bene.
Sorrise, mi diede un caldo abbraccio e un bacio sulla guan-
cia. Dormi con gli angeli, dottor Lerma. Anch'io ti voglio
bene.
Ricevetti una chiamata il mattino seguente. Cosa assai stra-
na, in quelle ore ci furono meno ricoveri del solito; il che mi per-
mise di rimanere con lui fino a pranzo. Il giorno dopo fu anco-
ra meno movimentato, anzi, l'intera settimana fu tra le pi tran-
quille degli ultimi anni. Fu solo una coincidenza? In ogni caso,
tutta quella disponibilit di tempo extra non avrebbe potuto
verificarsi in un momento migliore. Appena entrai in camera
sua, Matthew, n sofferente n ansioso, volle giocare con il Lego.
Bello il Lego! Mi sarebbe piaciuto averlo anch'io quando ero pic-
colo! esclamai.
Be', eccolo qui. Giochiamo, dai! fece Matthew. A un certo
punto, sollev la testa come se potesse vedermi e disse: OK, ades-
so ne parliamo. Fammi qualche domanda, dottor Lerma. Sento il
tuo cuore, sento che trabocca di domande, quindi spara pure.
Ci sono qui degli angeli adesso?.
Oh, s che ci sono!.
Mi guardai intorno, ma non vidi nulla.
Quanti ne vedi?.
Tre.
Di che colore sono?.
Dorati e luminosi.
Quanto sono alti?.
Un po' pi del mio giocatore di pallacanestro preferito,
David Robinson.
Arrivano mentre dormi o li vedi comparire quando ti svegli?.
Tutte e due. Entrano nei miei sogni, e tutti insieme andiamo
a nuotare con i delfini, le foche e i pinguini. Ci divertiamo un
sacco. Quando invece sono sveglio, mi insegnano cose sulla
terra e sulle persone.
E cio? Puoi dirmi che cosa ti insegnano?.
S. Mi dicono che anche la terra ammalata come me, e che
le persone devono imparare a farla stare meglio per poter esse-
re tutti sani e felici. Certe volte, mentre nuoto con i delfini e
gioco con Gabri, sento la terra piangere perch sta male e per-
ch triste. Allora diventiamo tristi anche noi. Ma poi Gabri mi
fa vedere che cosa pu far ridere la terra.
Ah s? E che cosa pu far rdere la terra, Matthew?.
Ride se nuoti con i delfini, le foche, i pinguini, i pesci e tanti
altri animali, e se ringrazi Dio per l'acqua, le piante e tutto il
resto. Capisci, dottor Lerma?.
Accidenti se capisco! Grazie, Matthew! Grazie per avermi
ricordato quello che spesso dimentichiamo: il rispetto del nostro
pianeta e degli animali che Dio cre per la nostra sopravvivenza e
jwr tenerci compagnia. Ma tornando agli angeli, i tuoi ce l'hanno
un nome?.
S. Il pi grande Gabri, poi ci sono Noe e Raffi. Ci voglio-
no tanto bene, dottor Lerma.
Erano nomi assai strani per degli angeli. Eppure... non erano
forse nomignoli per Gabriele, Noel e Raffaele? Era possibile che
due angeli di Matthew fossero gli arcangeli della Bibbia? Proprio
allora una bella ragazza entr nella stanza. Ciao signora Smith!
grid Matthew tutto contento. Lei e io ci scambiammo uno sguar-
do incredulo, condividendo una muta domanda sulle percezioni
extrasensoriali di Matthew. Fra me e me, pensai subito di sfrutta-
re quell'incontro inatteso per sapere com'era stato Matthew quan-
do non era in fase terminale. Ma ancora una volta Matthew mi
precedette. Senza alcuna esortazione da parte mia, chiese alla sua
Insegnante di raccontarmi un aneddoto risalente ad alcuni mesi
prima. Quella breve storia mi diede un ritratto preciso di chi era
sempre stato. La signora Smith raccont:
Matthew ci preg di lasciarlo venire a scuola il giorno del
mostra e racconta. Anche se non stava gi bene, la scuola
diede il via libera e lo agevol in ogni modo possibile. Tutti i
bambini si presentarono con qualcosa di speciale che li distin-
gueva dagli altri. La vivace Susan port il suo pesce rosso, il pic-
colo Jeff il camion dei pompieri e Xavier persino la sua cara
mamma. Alla fine, i giocattoli, gli animali e i genitori furono le
cose pi esibite (almeno fino a quando Matthew non fu spinto
in classe sulla sedia a rotelle).
Matthew mi aveva detto che voleva far vedere il suo tumore e par-
lare degli esseri dorati. Ero un po' turbata per la sua malattia e
molto protettiva nei suoi confronti, ma lui aveva insistito che era
una cosa da fare. Voleva aiutare i bambini a capire che non biso-
gna avere paura o escludere una persona solo perch malata o ha
un aspetto fuori dal comune. Dopotutto, erano solo bambini, aveva
detto. Non ce l'avevo fatta a dirgli di no. Con mia sorpresa, appe-
na entr in aula mise di buonumore tutta la classe. I bambini pre-
sero a fargli domande sulle sue sensazioni da malato, se il tumore
gli faceva male, come si trovava in ospedale. Ci incant tutti con le
sue risposte dirette, la sua risata contagiosa e alcuni aneddoti
divertenti sulla gente che aveva incontrato all'ospedale.
Poi raccont che quando sta davvero male va in un paese dei sogni
con un grande oceano, dove nuota con i delfini, reggendosi alle
loro pinne, li cavalca e si diverte un mondo quando saltano fuori
dall'acqua. Semmai si fossero ammalati, disse ai bambini, non
dovevano preoccuparsi, perch Dio avrebbe inviato degli angeli
speciali in loro aiuto. Gli angeli sono sempre con noi per aiutarci:
basta credere e chiedere. Fu un momento particolarmente sentito
per tutti. Da allora, sento di dover passare a trovarlo quando posso.
In sua presenza avverto sempre pace e amore a profusione.
Al ricordo di quell'episodio la maestra si era commossa. Mentre
si asciugava le lacrime, pensai per l'ennesima volta che Matthew
fosse un ragazzino straordinario. Il suo amore e la sua sollecitudi-
ne verso chiunque gli permettevano di fare del gran bene.
Tornando agli angeli, chiesi alla signora Smith e alla madre di
Matthew se conoscevano bambini o qualcun altro che si chiamas-
se Gabri, Noe o Raffi. Ero ancora un tantino scettico. Ma per
quanto si sforzassero, nessuna delle due si ricord di amici, com-
pagni di scuola, pazienti pediatrici, infermieri o medici con quei
nomi. Erano perplesse quanto me. Matthew non dava segni di
classico delirio, n di indebolimento cognitivo come effetto indesi-
derato delle cure mediche o conseguente al cancro. Le sue visioni
e i suoi angeli erano solo una strategia di coping? E in tal caso,
come faceva un bambino senza occhi a indovinare il nome di chi
andava a trovarlo e a distinguere i colori? Aveva una qualche per-
cezione extrasensoriale o c'erano davvero delle entit invisibili che
gli davano informazioni? Per me era molto difficile conciliare ci
che vedevo con ci che avevo studiato in medicina. Ma comunque
fosse, ci tenevo a dare pace e conforto al mio piccolo paziente.
Un paio di giorni dopo parlammo ancora di angeli.
Gli angeli vengono a trovarti spesso? E con quale frequenza?.
Da una volta all'altra non passano tanti giorni. Vengono
litiasi sempre al venerd, credo.
Come fai a dirlo?.
Perch era il giorno della chemioterapia e loro venivano ad
niutarmi a stare meglio.
Ti parlano?.
A volte.
Cosa dicono?.
Mi chiedono se sto bene.
E tu cosa rispondi?.
La verit. Quando succede, che sto male. Loro mi dicono di
non preoccuparmi, e mi fanno sentire subito meglio. Ecco per-
ch non ho i dolori che pensate dovrei avere.
Come fanno a farti stare meglio?.
Mi mostrano l'acqua blu e mi fanno andare a cavallo dei dei-
lini. Poi sto sempre meglio di prima.
Matthew stava ripetendo quello che aveva detto ai suoi com-
pagni di classe, con la sola differenza che stava attribuendo
lutto agli angeli. Sembrava un'esperienza fantastica. Gli confes-
sai che sarebbe piaciuto farla anche a me. Mi disse che avrei
potuto, se l'avessi voluto davvero. Bastava credere e chiedere.
Avessi avuto la sua stessa fede!
Com' cavalcare i delfini?.
bellisssssimo! Rido, e i delfini mi parlano, e anche l'acqua
c la luce del sole parlano fra loro. Gli angeli mi hanno spiegato
che cos perch hanno tutti l'unico spirito di Dio.
Accidenti. Mi piacerebbe sentirli parlare.
Oh, ma puoi se vuoi! Lo farai anche tu!.
Che altro succede quando sei l?.
Ci sono anche tutti i miei amici.
Quali amici?.
I bambini dell'ospedale ammalati come me.
Sono gi morti?.
La maggior parte s, ma alcuni vengono solo durante la che-
mioterapia .
Cosa ti dicono questi bambini?.
Che sono tanto fieri di me e che torneranno presto.
Quanto presto?.
Prestissimo.
Ci sono bambini qui con noi?.
No, vengono solo al venerd.
li capita di voler stare meglio?.
S, a volte.
Gli angeli non possono farti star bene?.
Potrebbero, s. Ma mi ricordano sempre il motivo per cui ho
scelto di essere malato. Io sto cercando di aiutare la mia fami-
glia. quella la cosa pi importante. Quando ci si offre di stare
male per gli altri, questo cambia la loro vita. Dal mio letto, senza
muovermi, posso aiutare tantissime persone.
Lo so. Adesso per esempio stai aiutando me.
Matthew percep la mia commozione. Mi mise una mano sul
braccio e disse: Non essere triste. Se potessi vedere quel che
vedo io - e lo vedrai un giorno - saresti davvero felice per me.
Eccolo di nuovo: quel linguaggio enigmatico. Mi schiarii la
voce, mi ricomposi, feci un respiro profondo e gli domandai:
Cosa devo dire ai miei pazienti che stanno morendo?.
Di' loro di dire "Mi dispiace" a chi hanno ferito, e "Mi dispia-
ce" a Dio. Dio vuole che crediamo nel suo unico Figlio che mor
per i nostri peccati. Vuole che siamo buoni. Vuole che quando sba-
gliamo, cerchiamo di rimettere a posto le cose. Vuole che teniamo
sempre a mente che Lui ci ama tanto. Vuole che ciascuno ami se
stesso come Lui ama noi. Se ci si vuole bene, si pu voler bene
anche agli altri, e il mondo pu essere felice. Gli angeli mi hanno
detto che non manca molto perch ci diventi realt.
Quello fu un gran consiglio. Pensai a come sarebbe stato utile
nella mia vita, a che differenza avrebbe fatto se l'avessi seguito.
In s, era un messaggio semplicissimo, ma spesso accade che
passi inosservato. S, quel bambino mi stava dando una lezione
che non avevo mai imparato alla facolt di medicina.
Erano circa le quattro di pomeriggio di un venerd, quando
passai da Matthew a vedere se aveva ricevuto altri messaggi
fingclici. Era un piacere discorrere con lui; perci, anche se
tivtrvo la giornata piena, mi sentivo sempre in obbligo di recupe-
ri! re del tempo per ascoltare quel piccolo saggio in un corpo
il Istrutto. Appena entrai Matthew sorrise. Ancora una volta mi
il ve va riconosciuto ancor prima che lo salutassi.
Ti spiace se ti faccio altre domande sugli angeli, Matthew?.
No.
Sai che oggi venerd?.
Sicuro. Gli angeli sono venuti stamattina. Sono stati loro a
H vegliarmi.
Che ti hanno detto?.
Mi hanno chiesto come stavo.
E tu cosa hai risposto?.
Che avevo sonno e che ero molto felice.
Perch eri tanto felice?.
Perch nuotavo con Ges, gli angeli, i delfini e i miei amici.
( ies venuto a giocare con tutti noi e ha detto a noi bambini
ammalati che non saremmo pi stati male o tristi. Presto man-
der i suoi angeli a prelevarci dai nostri letti d'ospedale per por-
I arci a giocare con i delfini, i miei amici e con chiunque voglia-
mo per sempre.
la prima volta che Ges gioca con te e i tuoi amici?.
Ma no! Certo che no! Non capisci che LUI era i delfini, l'ac-
qua, il cielo e tutto il resto? LUI che ci faceva ridere e che ci
lia dato l'opportunit di aiutare me, la mia famiglia e gli altri.
Non sapendo cosa rispondere, proseguii: Cos'altro ti hanno
detto Ges e gli angeli?.
Be', Ges ha detto che il mio tempo qui sta per scadere, e
che esaudir il mio desiderio. E Raffi che mamma e le mie sorel-
le saranno felici di sapere dove andr e che Ges, il nostro Dio,
tutti gli angeli e anch'io veglieremo su di loro per sempre.
Dunque sei davvero convinto che ti sei ammalato di cancro
per aiutare la tua famiglia e le altre persone?.
S. Penso proprio di s.
Allora, un giorno conoscer anch'io i segreti degli angeli?.
S. Verranno da te quando ti ammalerai anche tu.
Mi verr il cancro?.
No, ti ammalerai soltanto. E verr a trovarti anch'io per
rimanerti accanto.
Allora mi venne da piangere. Abbracciai quello speciale figlio
di Dio, perch dentro di me sapevo che mi aveva detto il vero.
Grazie per essere un paziente e un amico tanto sincero, gentile e
meraviglioso. Matthew non sapeva che in quel periodo avevo
problemi di salute, ma gli angeli evidentemente s. Fu quello a
spazzare via tutti i dubbi che mi erano rimasti. Gli angeli ver-
ranno a prendermi luned. Ti rivedr prima? mi sussurr
Matthew all'orecchio mentre ricambiava il mio abbraccio.
Naturalmente, gli assicurai. Non mancher per niente al
mondo. Voglio mettere tutto in un libro per far conoscere a tutti la
tua storia. Ti dispiace?.
No. proprio per quello che gli angeli volevano che ti par-
lassi.
Cos'altro ti hanno detto di riferirmi?.
Che gli angeli esistono veramente, che si prendono cura di
noi e che vogliono aiutarci. Che non dobbiamo essere spaventa-
ti, ma pregare sempre Dio perch ci aiuti, proprio come suc-
cesso a me. Questo lo devi dire a tutti.
E tu? Vuoi dire qualcosa al mondo?.
Chi crede in Dio non deve avere paura di morire. In fondo,
abbastanza divertente, con tutti gli amici, i delfni e gli angeli
che ti fanno ridere. Dissi ai delfini che doveva essere bello esse-
re dei delfini. Sai cosa risposero? Che doveva essere bello anche
essere un bambino. Non strano? Tutti vogliono sempre essere
quel che non sono.
Luned andai da Matthew intorno alle sette del mattino, per-
ch era a quell'ora che gli angeli sarebbero arrivati. Me l'aveva
detto lui. Lo trovai che giocava al karaoke con le sue sorelle.
Come al solito, appena entrai Matthew esclam: Ri-ciao!,
quasi potesse vedermi. Buongiorno a tuttiiii! Come sta il nostro
Matthew oggi? intonai ostentando un piglio da DJ, per essere in
tema con le loro canzoni.
Benone! Ho dormito bene e non sento male da nessuna
purte. Stavo per chiedergli se gli angeli erano gi arrivati,
quando Matthew esclam: Dottor Lerma, lo sai che ci sono qui
ili meno venti angeli?.
Davvero? E poi chi altro?.
Tutti i miei amici della spiaggia. come una grande festa,
con i cappellini e i palloncini colorati e il resto. Si ride, si scher-
zi!, e gli angeli sono talmente luminosi e dorati da far sembrare
d'oro anche noi e la stanza. Questa luce mi fa sentire come in
prima elementare, quando potevo ancora correre e giocare dalla
mattina alla sera e vedere la luce del sole. Quelle parole riem-
pirono sua madre e le sue sorelle di immensa gioia e tristezza.
Sua madre prese il microfono del karaoke e preg: Dio mio,
lira sono pronta a restituirtelo. Non voglio pi che soffra. Ti
voglio bene, Ges. Ti ringrazio per tutto l'amore che abbiamo
ricevuto da mio.figlio. Ma ti prego, non farlo pi soffrire per
noi.
fatta! esclam Matthew al settimo cielo.
Cosa " fatta?" chiesi.
Il mio desiderio stato esaudito. Mamma e le mie sorelle
hanno riaperto il cuore a Ges. Poi, le sue ultime parole furo-
no per me: Ci vediamo!. Lo disse con aria ammiccante, come
per condividere un segreto speciale che soltanto io avrei potuto
capire. Intendeva dire che sarebbe stato al mio fianco alla mia
morte.
Erano circa le quattro del pomeriggio quando Matthew si
addorment ed entr in coma. Mor sereno e tranquillo alle sei
ili sera, con sua madre e le sue sorelle al suo capezzale. Sono
certo che gli angeli e i suoi amici lo portarono a casa. La sua
famiglia rimase a lungo a guardare per un' ultima volta quel suo
sorriso contagioso da birichino. Sentivo il suo spirito librarsi l
intorno, non pi prigioniero di quel suo corpicino martoriato.
Anche sua madre pareva aver finalmente ritrovato la pace.
Matthew aveva reso questo mondo un posto migliore, anche se
solo per pochi anni.
Tutto era accaduto proprio come aveva detto lui. L'ultima volta
che uscii dalla sua stanza, potrei giurare di aver udito richiami di
delfni e risatine di bambini su un sottofondo di risacca marina;
da medico per, non ci metterei mai la firma. Posso soltanto ono-
rare la memoria di un bambino che mi parl degli angeli mentre
stava morendo. Ma anche vero che da allora faccio regolarmen-
te sogni in cui nuoto con i delfni. E qualche volta vedo anche
Matthew, pi felice e radioso che mai.
NOTE DEL DOTTORE
E ALTRI STRALCI DEL DIALOGO CON MATTHEW
Dopo la morte di Matthew continuai a ripensare alle nostre
conversazioni. Essendo un medico, nella fattispecie uno specia-
lista in terapia del dolore, fu una sfida vera e propria capire e
accettare l'idea che la sofferenza abbia uno scopo che interessa
il mondo intero. Nel corso degli anni ho sentito molti pazienti
dire che l'accettazione del dolore fa parte di un processo di
apprendimento che coinvolge sia loro sia altre persone. Quel
che faccio ora ascoltare i miei malati terminali fino al loro ulti-
mo respiro per imparare dalle loro visioni, e raccogliere e dif-
fondere sempre pi conoscenze sul processo di morte. Seguono
altri stralci di dialogo con Matthew contenenti importanti infor-
mazioni in risposta ad altre mie domande sugli angeli.
Cos ' il paradiso ? .
Be', come se fosse il tuo compleanno tutto il tempo, solo
che i regali sono di gran lunga migliori. Basta che prendi la
mano di Ges, e Lui ti porta a casa.
Lo vedono tutti?.
S, ma solo quando credono nell'amore. E l'amore Dio.
Ilparadiso come la terra?.
S, ma perfetto. L si vive senza preoccupazioni e si pu
avere tutto quello che si vuole. Ma una volta che hai tutti i gio-
cattoli del mondo e le altre cose materiali, capisci che non sono
nulla, e passi oltre. Gli angeli dicono che ci muoviamo verso il
pensiero. Ma non so dirti cosa vuol dire.
E perch il paradiso dovrebbe essere come la terra?.
Perch no? una meravigliosa creazione di Dio e Lui vuole
chi: l'amiamo. L c' molto di pi che da noi, dottor Lerma.
Quanto a me, adoro nuotare con i delfni perch ci parliamo. Io
dico loro che bella la vita da delfino; loro a me che bella la
vita da bambino. Ci scambiamo pareri. Anche gli alberi parlano,
e l'acqua. Tutto comunica e ti fa sentire tanto felice.
Perch hai tre angeli d'oro?.
Si inizia con uno solo, poi peggio stai, pi ne arrivano. Gli
ultimi tre o quattro giorni ne puoi avere trenta-quaranta, tutti
tinelli che occorrono per affrancarti dalla tua famiglia e andare
(,h Dio.
Sono tutti dorati?.
No, ne esistono di tanti tipi diversi. Alcuni sono pi lumino-
si e pi grandi, altri pi piccoli.
Perch?.
Hanno pi o meno potere e possono fare cose diverse.
Ridendo disse: come il nostro presidente, i senatori, e poi
mia mamma.
Cosa succede quando moriamo?.
Quando lasciamo il nostro corpo e andiamo da Ges faccia-
mo quell'unica grande cosa che avevamo sempre voluto fare ma
non potevamo perch non ne eravamo capaci. Sulla terra impa-
riamo molte cose sull'amore; la lezione poi continua in paradi-
so con Dio. In pratica ci spostiamo a un livello superiore e continuiamo
dove eravamo rimasti. Dio ha tantissimi piani per i
suoi figli. Pare che lass tutto sia meglio che quaggi. Sulla
Terra non possiamo fare tante cose perch la maggior parte di
noi non ci crede, non crede che siamo in grado di farle. Basta
saperlo. fondamentale: se credessimo abbastanza, potremmo
lare tutto anche qui. come la storia di Peter Pan, mi hanno
detto gli angeli. molto semplice, dottor Lerma.
Che mi dici del male? Esiste?.
Nel mondo s, esistono cose cattive. Ma visto che ne siamo
tutti responsabili, possiamo cambiarle. il fine di Dio, e anche
il nostro: cambiare. Ges mi ha detto che bastava credere in lui
e in noi stessi. Quando ci riusciremo tutti, la tenebra diverr
una luce gioiosa. Ho visto una parte del disegno di Dio, ed
meraviglioso. Dottor Lerma, tutte le cose orribili che ci accado-
no sono colpa del nostro corpo e della nostra mente. Sta a noi,
specialmente a chi conduce una vita sana, usare la mente e il
cuore per insegnare l'amore di Ges e lasciarsi guidare da Dio
nella ricerca delle cure per le malattie mondiali della mente e
del corpo. Sar sempre pi facile man mano che verranno gene-
rate persone sane aventi in s le risposte ai nostri problemi e l'a-
more per Dio. Chi ferisce e uccide molto malato. Non bisogna
giudicarlo, ma aiutarlo, soprattutto con la preghiera. Dio vuole
che dipendiamo da Lui e che lavoriamo insieme per realizzare
il suo disegno. Per favore, dottor Lerma, dillo a tutti quelli che
incontri. Parla della buona novella di Ges che mor per tutte le
nostre cattiverie passate, presenti e future, di' che Lui ad avere
la risposta ai problemi del mondo. Credendo in Lui troveremo
la salute, la pace e l'amore. Dovremmo sempre pregare per la
pace e l'amore e poi cercare di fare quel che ci rende felici, lavo-
ro incluso. Solo cos saremo tutti contenti, sereni e pieni di
amore. Con la pace e l'amore, un giorno la tristezza, la malattia,
la fame e le guerre non ci saranno pi.
.Quindi tutto sta nel pregare e credere in Ges Cristo?.
S, basta credere in Ges Cristo, ascoltarlo. Lui e i suoi ange-
li parlano sempre con noi e cercano di farci felici e di protegger-
ci. Prima ascolta ci che dice il tuo cuore. Non la mente. Senza la
guida del cuore, la mente pericolosa. Impara ad ascoltare Dio.
Lui vuole aiutarci, non controllarci!.
Il sorriso
J
acob era un bel bambino dai capelli neri ricci tutti arruffa-
ti e la carnagione chiara. La prima volta che lo vidi mi sem-
br un pupazzetto di stoffa. Era incapace di muovere o di
aprire gli occhi. Non riusciva pi a piangere, deglutire e nemme-
no a sorridere. Quando aveva perso il sorriso, per i suoi genito-
ri era stato come se avesse perduto l'anima. Il giorno prima ride-
va ed era bellissimo; poi, durante la notte, la malattia gli aveva
preso il nervo facciale, paralizzandogli i muscoli del viso e quel-
li respiratori. Al ricordo di quel terribile risveglio, sua madre si
mise a piangere. Avevano dovuto tenerlo in vita con un autore-
spiratore. Jacob si era sviluppato come tutti gli altri bambini per
il primo anno di vita. I primi segni di distrofia muscolare si
erano manifestati poco prima che compisse due anni.
Dopodich, era degenerato velocemente. La malattia gli aveva
ridotto i muscoli in gelatina, lasciandolo flaccido e incapace di
esprimere il suo dolore.
Era straziante vedere i suoi familiari adoperarsi per fargli
passare i suoi ultimi giorni di vita circondato da pace e amore.
La madre lo cullava, cantava per lui e gli massaggiava il corpicino. Lo
baciava in fronte con estrema dolcezza ogni volta che
entrava e usciva dalla stanza. Suo fratello maggiore, Michael,
che aveva solo quattro anni e scoppiava di energia, sembrava
non capire perch Jacob dormisse tutto il tempo e non potesse
giocare con lui. Gli sedeva accanto per ore e ore a leggergli i libri
(o almeno, cos diceva lui). Erano quasi tutti libri illustrati; ma
Michael raccontava storie bellissime su quelle figure, e non si
stancava mai di parlare a Jacob, neanche mentre giocava sul
pavimento vicino al letto.
Dopo quattro mesi di autorespiratore, i genitori di Jacob non
erano pi riusciti a guardarlo giacere l a deperire lentamente. I
medici avevano detto loro che non c'era possibilit di recupero
e avevano consigliato Yhospice. Davanti a ulteriori pareri nega-
tivi da parte di altri neurologi pediatri e genetisti, i genitori di
Jacob alla fine avevano acconsentito a'hospice domiciliare.
Volevano che il loro bambino fosse circondato da tutti i suoi
animaletti di pezza e che si sentisse a casa sua. Le successive
settimane furono difficili per tutta la famiglia; tuttavia, con le
istruzioni e il sostegno quotidiano dell'infermiera del'hospice
pediatrico e del cappellano, la famiglia riusc a cavarsela.
Durante una delle mie visite, la madre di Jacob mi chiese se
credevo nel paradiso.
S. Perch me lo chiede, Sarah?.
Be', riflettevo sul credo tradizionale ebraico per cui le anime
vanno in un posto chiamato Sheol, una sorta di mondo sotterra-
neo in cui tutti i defunti aspettano che il loro Messia li faccia
risorgere. Oggi gli ebrei nutrono in proposito diverse credenze,
I messianisti sostengono il principio celeste cristiano. Io amo la
mia religione, ma voglio che Jacob vada in paradiso, cos potr
correre, giocare e compiere tutto quello che non ha potuto fare
qui sulla terra. Se lo merita. solo un bambino piccolo e inno-
cente. Ne ho parlato con il rabbino. Mi ha detto che posso pre-
gare per Jacob. Che ne pensa, dottor Lerma?.
Comprendo il suo dolore e i suoi desideri per il suo piccolo e
sono d'accordo con il rabbino che la preghiera uno strumento
potente. Ricordai cosa diceva Matthew in proposito e la sua
raccomandazione di raccontare la sua storia. Parlai a Sarah di
lui e di sua madre, delle loro esperienze spirituali. Strano ma
vero, Sarah ne trasse un grande conforto e preg Dio di darle un
segno che il suo piccolo Jacob sarebbe stato con Lui e con gli
angeli.
L'indomani raccontai altri aneddoti di Matthew a tutta la
fu miglia. Ad ascoltarmi c'erano Sarah, il piccolo Michael, Jacob
e Michael senior. Parlai di Raffi, Noe e Gabri, e dei delfini; di
nuovo, quei racconti parvero dar loro pace e conforto. Anch'io
sentii un meraviglioso senso di tranquillit e fui grato al mio
amico dal sorriso birichino.
Non era passato che qualche minuto dalla fine della storia,
che Jacob apr gli occhi, fece un enorme sorriso e alz le brac-
cia, come se si protendesse verso qualcuno sopra di lui. Ero sba-
lordito. Era impossibile che riuscisse a fare uno sforzo musco-
lare del genere. Sorrise, allung le braccia ancora un poco, poi
mor. La madre, seduta sul bordo del letto, era anche lei troppo
sconvolta per piangere o proferir parola.
Michael stava giocando per terra e quando Jacob mor, balz
in piedi e corse dalla madre. Stava per sedersi accanto a lei,
quando si ferm di botto, gir intorno al letto, e si sedette dal-
l'altro lato. Incuriosita, Sarah gli chiese perch si fosse allonta-
nato. C' un angelo vicino a te. Ecco perch. Non lo vedi,
mamma? disse Michael. Sarah era allibita, ma prov conforto
nelle parole del figlio. Poi Michael tocc il corpo del fratello e
corse fuori urlando. Prima che potessimo andargli dietro, stava
gi tornando con calma da noi con le lacrime agli occhi. Si
arrampic sul letto vicino al suo fratellino e gli sollev un brac-
cio. la madre gli chiese cosa stesse facendo. Hanno ragione,
lu la risposta.
Chi ha ragione, tesoro? domand sua madre.
Gli angeli. Sono nel corridoio con Jacob e mi hanno detto
che il suo corpo solo un guscio. Mi hanno detto di andare a
vedere per conto mio. Hanno ragione. Sollev di nuovo il brac-
cio di Jacob e lo lasci cadere. solo un guscio. Jacob con gli
angeli. Michael ci disse che Jacob stava sorridendo, ridendo e
facendo capriole in corridoio. Sarah e Michael senior mi guar-
darono, entrambi con muti sguardi di speranza.
Avete pregato per un segno e ve ne stato dato pi di uno.
Jacob che ride e alza le braccia atrofizzate era di per s un miraco-
lo. I bambini di quattro anni non hanno ancora un concetto di
morte; ma Michael vi ha detto quello che gli hanno rivelato gli
angeli. Credo che questo sia un grande segno. Sarah e Michael
senior scoppiarono a piangere, mi ringraziarono e abbracciaro-
no il piccolo Michael. Fu un momento davvero toccante.
NOTE DEL DOTTORE
Sarah raccont la storia al rabbino, che gliela fece ripetere
davanti alla congregazione. Quell'esperienza le aveva donato
tranquillit. Grazie a essa, sapeva che suo figlio era davvero con
gli angeli, e non a dormire da qualche parte in attesa di essere
risvegliato. Era felice di avere quella sicurezza. Il piccolo
Michael continu a raccontare storie di Jacob che veniva a gio-
care con lui per circa un anno, e diceva che gli angeli lo face-
vano volare dentro e fuori. Ci fu di ulteriore incoraggiamento
per la loro madre, e le consent di manifestare il suo profondo
amore anche per Michael.
Un cambiamento d'animo
L
eon, un pastore battista di 78 anni affetto da un cancro al
colon allo stadio terminale, arriv al nostro centro di
ricovero con un bisogno urgente di terapia del dolore e di
idratazione. Pi il suo stato funzionale peggiorava, pi perdeva
la capacit di mangiare e di bere. Eppure, nonostante gli venis-
sero meno le forze, il suo spirito acquisiva vigore, tanto da con-
sentirgli di esternare messaggi religiosi e spirituali diversi da ci
che aveva sempre predicato.
A due giorni dal ricovero notai che focalizzava lo sguardo su
un angolo della stanza dove in precedenza altri pazienti aveva-
no affermato di vedere degli angeli. Incuriosito, gli chiesi su
cosa si stesse concentrando. Mi squadr con diffidenza, poi
disse: Cosa vuole sapere?. Gli domandai se vedeva qualcosa di
insolito. Tipo degli angeli? replic.
Si, risposi.
cos. Vuole saperne di pi?.
Assolutamente s.
Be', bisogna vedere se rimarr nei paraggi abbastanza da
raccontarle quello che vedo e che sto imparando. Quanto alle
visite familiari, non credo saranno un problema.
Scusi, ma non capisco.
Sa, si spieg Leon con le lacrime agli occhi, i miei fami-
liari hanno molto da fare, non vengono a trovarmi di frequente,
e quando vengono, sono visite lampo. Perch non torna quando
ha finito il giro dei suoi pazienti? Allora le dir di pi. Suppongo
che questa possa essere un'occasione di crescita per entrambi.
Ci scambiammo un sorriso e un caldo abbraccio. In quel
momento mi parve evidente che Leon mi aveva aperto il suo
cuore e sapeva che non l'avrei abbandonato.
Tornai pi tardi nel pomeriggio come avevo promesso, e
Leon inizi a condividere con me le sue esperienze. Aveva vissu-
to una vita da fondamentalista cristiano intransigente con molti
pregiudizi, sempre pronto a sputare sentenze su quelli che sole-
va definire fuorviati e pagani. Era stato attivo nell'organizzare proteste per tutta la nazione contro i matrimoni gay, e
aveva fatto di tutto per convincere gli omosessuali che erano
posseduti e che avevano bisogno di un esorcismo. Credendo di
agire veramente per conto di Dio, aveva perseguito i propri fini
a oltranza.
Ogniqualvolta gli era capitato di dubitare, aveva messo a
tacere le sue perplessit trovando nella Bibbia dei versetti ad
hoc che ravvivassero la fiducia nelle sue azioni. Era stato un pre-
dicatore di vecchio stampo sempre pronto a prospettare le fiam-
me dell'inferno a chicchessia. Spesso e volentieri sbottava con
gli altri pastori: Altro che le stronzate buoniste, all'acqua di rose
che blaterano i giovani predicatori di oggi! La verit la verit,
e fa male. Aveva passato la maggior parte della sua vita all'in-
segna di questa convinzione. Ormai giunto alla fine, non sapeva
spiegarsi cosa gli stesse accadendo, ma sentiva che stava cam-
biando profondamente.
Sebbene fosse un cristiano devoto, di quelli che si rifanno
alla Bibbia, e ricordasse di avere letto storie di visite angeliche,
non aveva mai creduto sul serio che gli angeli apparissero alla
gente, visti i tempi. Pensava si trattasse di soggetti deliranti di
cui il nemico si era preso gioco inducendoli a credere nel falso.
Aveva sminuito le esperienze di premorte bollandole come allu-
cinazioni indotte da Satana, e non aveva mai creduto possibile
avere un'esperienza extracorporea. Durante tutto il suo ministe-
ro sacerdotale, afferm Leon, aveva scacciato il demonio da sen-
sitivi, medium e astrologi convincendoli che operavano per il
maligno. Disponendo di una grande forza persuasiva, per cin-
quant' anni aveva instillato il timor di Dio in diverse generazioni
di fedeli.
Quando era arrivato il primo angelo, Leon aveva pensato che
fosse Satana venuto a tentarlo. Ma via via che le visite angeliche
erano continuate, era giunto a riconoscere e ad accettare la pre-
senza dell'amore divino in tutto ci che gli stava accadendo. Mi
fu consentito di parlare con gli angeli e con altre persone che
conoscono la vita e la vita dopo la morte, e mi fu consentito di
parlare con Dio, disse Leon. Ero sbigottito. Di storie ne avevo
ascoltate tante, ma non avevo udito molte persone dire che era
stato permesso loro di parlare direttamente con Dio. Gli chiesi
della sua conversazione con l'Altissimo. Tutto a suo tempo,
rispose. Voglio raccontare la mia storia con ordine. Ero incan-
tato e volevo saperne di pi, perci mi cucii la bocca e lo lasciai
continuare.
Una delle mie prime conversazioni con gli angeli riguard le
donne e il ruolo della Vergine Maria. Nella teologia battista il
ruolo di Maria non viene enfatizzato, e le donne vengono esor-
tate a sottomettersi ai mariti.
questo che pensavo delle donne, prosegu, ed cos che
trattavo mia moglie: lei era un mio possesso. Non l'ho mai
amata fino in fondo. La sposai perch era una buona cristiana e
sarebbe stata una buona moglie per un pastore. In realt mi ero
innamorato di un'altra giovane, prima di sposarmi. Lei per
non era della mia religione. Pensavo che non avremmo mai
potuto sposarci perch non condividevamo la stessa fede. Gli
angeli invece gli avevano dimostrato che Maria era stata una
donna incredibile, piena d'amore, e che, come Ges, anche lei
era ascesa al cielo. L'avevano ammonito che avrebbe dovuto
amare e onorare la moglie come fosse stata Maria, la madre di
Ges. Gli avevano detto: Ogni donna e ogni madre importan-
te e sacra tanto quanto Maria.
Provai rimorso per la freddezza che mia moglie aveva dovu-
to soffrire da parte mia, prosegu Leon scuotendo la testa, e
capii perch viene di rado a trovarmi. Dopodich, gli angeli mi
mostrarono come sarebbe stata la mia vita se avessi sposato la
donna che amavo davvero. Mi vidi insieme a lei, giocare felici
con i nostri figli, andare in campeggio, a pescare e in gita a
Disneyland. Poi Leon riconsider altre decisioni prese in passa-
to, avvilendosi sempre di pi. Non mi sono mai divertito tanto
con i miei figli perch erano un costante ricordo del fatto che mi
ero sposato per un senso del dovere verso la mia chiesa, e non
per il vero amore che mi aveva offerto Dio. Li crebbi con disci-
plina e senza tanto affetto. Gli angeli mi mostrarono le volte in
cui i miei figli avevano elemosinato un po' del mio amore; io per
mi ero sempre allontanato e buttato a capofitto nella mia chiesa.
Presto mi resi conto di quanto si fosse indurito il mio cuore a
causa delle mie scelte sbagliate. Avevo sottovalutato il valore del-
l'amore, anche se la Bibbia dice che l'amore il nostro pi gran-
de dono di Dio. Fingevo che non fosse importante. Era troppo
doloroso affrontare la realt. Quando permisi agli angeli di gui-
darmi nella rassegna della mia vita, piansi inconsolabilmente.
Seppi che avrei potuto essere felice, se solo avessi ascoltato il
mio cuore e lasciato perdere le mie idee errate su quello che Dio
voleva da me. La mia vita sarebbe stata molto pi appagante.
Si interruppe un momento per lanciarmi uno sguardo, ma
siccome rimasi in silenzio continu. Mi mostrarono che gran
ministero avrebbe potuto essere il mio, se solo avessi aperto il
mio cuore e riversato sulla mia congregazione l'amore, anzich
la condanna. Mi ricordarono che Dio amore e che il suo amore
trascende ogni limite. Mi sentii un fallito, ma loro mi assicura-
rono che non lo ero. I messaggeri angelici mi svelarono che era
stata la mia famiglia ad inculcarmi il concetto dell'amore come
dovere, specialmente mio padre, che me l'aveva trasmesso con il
suo comportamento. Di nuovo, scosse la testa con tristezza.
Ricordo benissimo quanto avrei voluto che mio padre giocasse
con me; ma lui era troppo indaffarato con il lavoro. Aveva sem-
pre troppo da fare per darmi retta. Quando ricordai questo mio
desiderio a lungo represso, il bambino che c' in me url dal
dolore. Allora gli angeli mi presero fra le loro braccia, e mi
lasciarono piangere finch non fui in grado di capire il messag-
gio. Fu come se mi avessero abbracciato per tutta una vita. Una
volta tornato lucido, mi carezzarono la testa sussurrandomi
dolci melodie finch non mi calmai. L'intensit del loro amore
lu soverchiante.
Poi Leon pass ad altri messaggi angelici: Tutti noi sulla
( erra abbiamo raggiunto la nostra ultima illuminazione intellet-
tuale pi di cinquantanni fa, il che ha avuto come esito la nostra
vita attuale all'insegna della scienza e della tecnologia. Questa
massa critica - come gi accaduto in passato e come succede-
r in futuro - ci ha fornito e ci fornir il bagaglio di conoscenze
necessario per liberarci dei nostri bisogni primari ed espanderci
verso la pace e l'amore. In questo momento, Dio ci sta onorando
con un ulteriore periodo di illuminazione che per stavolta coin-
volger l'amore e la spiritualit, dal momento che l'uomo non
riuscito a capitalizzare in senso spirituale le conoscenze scienti-
fiche e tecnologiche che ha ricevuto nel periodo precedente. Si
tratter di una lotta impari per arrestare la distruzione dell'uma-
nit e del sapere ad opera del potere brutale della scienza e della
tecnologia, che l'uomo stesso irresponsabilmente ha scatenato.
La capacit di superare le nostre avversit la si pu ottenere in
primo luogo solo invocando la grazia di Dio e credendo nel pote-
re della preghiera, poi attraverso l'azione. Solo cos potremo con-
tinuare a crescere e a sopravvivere come figli di Dio.
Sentendo in me un forte eco delle sue parole, gli chiesi di
dirmi di pi sulle preghiere e sulle azioni da intraprendere per
sottrarci alla distruzione. Di per s semplice, rispose, ma
non facile arrivarci con i tempi che corrono. Possiamo sfuggi-
re ad essa tramite la gioia, la preghiera e la conoscenza. Basta
gioire e amare chiunque entri nella nostra vita. E ricordare che
Dio continuer a concederci occasioni infinite di rimediare ai
nostri sbagli, affinch tutte le anime abbiano l' opportunit di
apprendere gli insegnamenti di suo Figlio sull'amore incondi-
zionato e sulla pace.
Il pomeriggio seguente Leon era ansioso di parlarmi della
differenza tra le esperienze di premorte e le sue personali visio-
ni. Cominciamo, disse non appena mi sedetti ai piedi del suo
letto. Quel che sappiamo di Dio e della vita dopo la morte viene
da persone (dai loro resoconti di esperienze extracorporee e di
pre-morte) e dagli scritti della chiesa. In un'esperienza di pre-
morte gli angeli, Dio o i cari defunti parlano alla persona che
uscita dal suo corpo. Quel che sto facendo io adesso legger-
mente diverso. Sono sveglio e sto parlando con lei, ma sono
anche in grado di conversare con gli angeli. Sono in pieno con-
tatto con entrambe le parti allo stesso tempo.
Uhm, dissi, quindi si potrebbe dire che come un'esperien-
za. di premorte o un'esperienza sul letto di morte.
Immagino di s, disse ridacchiando. Comunque, un'e-
sperienza talmente reale che, a un certo punto, mi sono chiesto
se stavo sognando o se avevo le allucinazioni, se deliravo. Lo
rassicurai che non presentava i classici segni del delirio. Gli
spiegai che i pazienti deliranti hanno allucinazioni di oggetti,
dell'ambiente e di persone che sono ancora vive; inoltre non
sono in grado di sostenere delle conversazioni sensate, n di
ricordare le loro esperienze in un secondo momento. Fu solo
nel momento in cui si avverarono gli avvenimenti che le creatu-
re spirituali mi avevano mostrato che mi convinsi che stavo spe-
rimentando qualcosa di reale e che mi avevano detto la verit.
Ed ebbi la conferma definitiva quando lei, dottore, mi raccont
tutte quelle storie sulle esperienze spirituali di altri pazienti,
esperienze che furono quasi esattamente come la mia. Fu a quel
punto che riuscii a fidarmi ancora di me stesso. Grazie di tutto.
Sorrisi e annuii mentre gli stringevo la mano. Leon non arriv
mai a descrivere il paradiso, n l'aldil, e sono quasi sicuro che
non fosse neanche sua intenzione parlarmene.
Ci fu un' altra importante lezione che Leon volle condividere
con me. Gli insegnanti angelici l'avevano inondato dell'infinita
sapienza del vero potere della Bibbia, e Leon si era reso conto
per la prima volta di quante lezioni di vita e di quanto sapere ci
perdiamo a causa delle nostre vedute ostinate e ristrette sulla
creazione. Disse che le informazioni estrapolate dalla Bibbia
fino a oggi sono solo la punta dell'iceberg. La quantit di lezio-
ni, di conoscenza e di profezie che contiene la Bibbia simile
alle informazioni latenti nel DNA.
Quando la collettivit umana aprir la mente agli infiniti
Insegnamenti della Bibbia, ci sar la Seconda Venuta di Dio,
comment Leon.
Questo gliel'hanno detto gli angeli? domandai.
Certamente. Rimasi affascinato da quelle dichiarazioni.
Poteva essere vero? Se esistevano ancora tanti messaggi da trar-
re dalla Bibbia, quali potevano essere? Leon disse che non gli
era permesso rivelare nessuno di quegli insegnamenti perch
ci avrebbe potuto ripercuotersi sulle nostre lezioni e influire
sul desiderio dell'uomo di cercare l'unica verit, cio Dio.
Leon volle ricordarmi che ogni studio biblico va trasmesso
con cuore e mente aperti, e con qualche indulgenza riguardo
all'interpretazione. La mia responsabilit in quanto predicato-
re era di insegnare la Parola di Dio; ma nel corso degli anni, e a
seconda del mio umore, arrivai a usare il pulpito per i miei fini.
Manipolai la Parola di Dio per predicare il mio sistema di credo,
e ora me ne dolgo. La societ di oggi pensa che gli studiosi e i
teologi abbiano decifrato la Bibbia in tutti i suoi significati, ma
non affatto vero. Quando l' umanit sar desta nello spirito,
solo allora tutto il sapere e le implicazioni della Parola di Dio
verranno rivelate. La chiave nella spiritualit, non solamente
nella religiosit.
Sospir e scosse la testa. Investiamo troppo sui nostri credo
e troviamo vari modi di rafforzarli con la Parola. Tuttavia non
possediamo un sapere e una capacit di discernimento abba-
stanza vasti da capire cosa ci dice veramente Dio. Per esempio,
io ero molto prevenuto verso i gay, convintissimo che Dio li
avrebbe condannati; ma gli angeli mi hanno mostrato un modo
diverso di considerare la questione. Gli angeli dissero che Dio
non sbaglia mai. Ogni essere umano desidera l'amore, e non sta
a noi stabilire chi amer chi. Se un sentimento di amore viene
ricambiato con pari intensit, ecco, quella la perfezione.
Leon l'aveva capito solo allora, e quella era stata una questione
che gli era sempre pesata parecchio. Leon infatti aveva tenuto i
suoi sermoni vicino a Montrose, un quartiere di Houston dove
vive una comunit a predominanza gay. Aveva scelto di predicare l
per protestare contro uno stile di vita che credeva contrario agli
insegnamenti cristiani. Aveva protestato ripetutamente contro i gay.
Quando seppi che stavo morendo, fui assalito da una
paura terribile; ma gli angeli mi fecero stare meglio colmandomi del
loro amore. Ce n' erano alcuni che sembravano uomini, e
io ricambiai anche il loro affetto. Fu incredibile; l'amore perfezione.
Chi di noi lo giudica, nega l'incredibile verit di Dio.
Quando gli angeli misero a nudo il mio lato oscuro e i miei
timori, mi resi conto che ho sempre avuto paura di amare. Non
sposai il mio vero amore, e ho sempre portato quel vuoto dentro di me.
Dottor Lerma, fu il mio desiderio represso di amare
che mi port a giudicare l' amore in tutte le sue forme.
Incredibile quanto siano intricate le nostre menti!.
Trasse un respiro profondo, rauco, poi continu a parlare.
Gli angeli mi mostrarono che anche nelle relazioni gay ci sono
un maschio e un femmina che si mettono insieme. Una persona
manterr sempre il ruolo maschile e l'altra il femminile.
Assentii e gli dissi che, dal punto di vista medico, solo adesso
iniziamo a capire la vera funzione dei cromosomi in merito agli
attributi femminili e maschili. Il fenotipo non determina la per-
sona per intero. all'incirca quello che gli angeli cercavano di
dirmi. Ampliando il nostro sapere scientifico, e integrando tale
sapere con il discernimento, arriveremo a una nuova compren-
sione della Parola di Dio. La Parola sempre stata l, solo che
noi non capivamo ogni suo significato.
Parl anche dei pericoli insiti nella mentalit del o tutto o
niente, quando si tratta di interpretare i principi insegnati nella
Bibbia, nel Corano e nella Torah. Prendiamo ad esempio la para-
bola che dice che se hai la fede di un granellino di senape puoi
ordinare a un monte di muoversi, ed esso si muover. Alcuni pos-
sono intendere che se non succede niente vuol dire che non
abbiamo abbastanza fede. Ecco, era questo il mio modo di agire:
tramite il senso di colpa. Dicevo: "Voi potete guarire. Se non ci
riuscite, state facendo qualcosa di sbagliato. Oppure Dio vi sta
punendo, o cerca di impartirvi una lezione". Gli angeli mi hanno
mostrato quanto possano fare male queste parole, quanto possa
essere distruttivo il senso di colpa. E mi hanno fatto capire anche
quanto possa fare bene un incoraggiamento. La parabola del gra-
nellino di senape in realt sulla fisica, sulla matematica, sul pen-
siero profondo e sulla facolt creatrice del granellino. Si pu let-
teralmente smuovere un monte, ma bisogna capire che si pu
l'urlo solo con l'amore. Chi non ama non capisce i significati pi
reconditi dell'amore. Lo so per esperienza personale.
Fece una pausa, come per ascoltare l'aldil, poi ricominci.
Si immagini se usassimo il dieci per cento del nostro cervello.
Sarebbe tre volte l'utilizzo che ne fa la maggior parte della
gente. Persino Einstein ne usava meno del dieci per cento.
Dunque, noi interpretiamo la Bibbia usando circa il tre per
cento del nostro cervello. Ma ci pensa?. Rise. Come possiamo
interpretare la Parola di Dio con un filtro tanto piccolo? Si deve
pur mettere lo Spirito Santo nelle condizioni di aiutarci a com-
prendere!.
Il suo sentimento era cos intenso da essere quasi palpabile.
Per la prima volta aveva trovato in s il vero amore, e io non
potevo che condividere la sua gioia. Fu cos che Leon continu
Il suo ultimo e gloriosissimo sermone in totale estasi mentre io
l'ascoltavo volentieri e assimilavo tutto quello che diceva.
Andando avanti, capiamo sempre pi quello che ci comunica
Dio tramite la Bibbia. Guardi Joel Osteen [Noto pastore prote-
stante della Lakewood Church di Houston, Texas, di impronta aconfes-
sionale, fondat a nel 1959 dai suoi genitori John e
Dodie, che la edificarono ri st rut t urando un vecchio magazzi-
no di alimentari abbandonat o. I coniugi Osteen diedero poi
vita a trasmissioni televisive settimanali captate in un centi-
naio di paesi di t ut t o il mondo. La Lakewood Church, fre-
quentata settimanalmente da oltre 40.000 devoti, ancora nel
2007, era la chiesa pi grande degli Stati Uniti. Joel successe
al padre dopo la mort e di quest' ultimo nel 1999 - N.d.R.]. I
suoi sermoni non mi sono mai piaciuti. Per i miei gusti era trop-
po ottimista, troppo incoraggiante. Immagino fosse perch vole-
vo essere anch'io ottimista come lui. Io per conosco il suo
segreto. Joel innamorato di sua moglie Victoria! Accidenti se
lo ! Guardi cosa gli ha portato il suo vero amore: doni del cielo
a non finire. Joel ha la fede di un granellino di senape e in nome
di Cristo ha smosso montagne! Cos come esiste la maledizione
generazionale, esistono anche benedizioni generazionali stabili-
te. Dottor Lerma, non vede anche lei che il vero amore di Cristo
pu essere tramandato per sanare e creare? La madre di Joel fu
guarita dal cancro, e Joel cre un ministero su scala mondiale.
S, Leon. S.
Joel parla del potere creativo delle parole, continu Leon,
e riesce ad arrivare a moltissime persone. Si rif alla Bibbia,
ma usa solo uno o due versetti per un intero sermone. tutto
ci che gli occorre. Vede, dottore, ci stiamo muovendo tutti
nella direzione tracciata da Joel Osteen. Niente pi giorni del
giudizio. Oggi ci sono molte pi persone a questo mondo che
vogliono perdonare e vivere in pace, purtroppo finora sono stati
coloro che giudicano a possedere il denaro, il potere e la forza
d' animo per far s che succedessero determinati fatti. Ma ora le
cose stanno cambiando. Ormai fatta. Dio non permetter che
tutto questo continui. Entro i prossimi cinquecento-mille anni
la Parola di Dio verr interpretata in modo molto diverso. Poi
Leon disse: Mi guardi, sono obsoleto. Ecco perch per me
giunta l'ora di andare. Improvvisamente si volt a guardare l'o-
rologio. Le voglio bene, dottor Lerma, mi disse con un gran
sorriso, ed vero amore. Sar sempre con lei, amico mio. Alla
fine, gli angeli mi daranno quello che ho chiesto: il tempo per
scusarmi con mia moglie e con i miei figli e per mostrare loro
l' amore incondizionato che avrei dovuto nutrire nei loro con-
fronti gi in passato. Gli angeli mi hanno detto che grazie alla
mia sofferenza e al mio desiderio di apprendere l'amore di Dio,
mia moglie e i miei figli avranno un' eredit di benedizioni gene-
razionali.
Nei tre giorni seguenti la moglie e i figli di Leon passarono
ore e ore ad ascoltare le sue storie angeliche. Dopo aver dato.
prova anche il quarto giorno del suo amore immortale per loro,
Leon si addorment per l'ultima volta, lasciando questo mondo
sommessamente.
NOTE DEL DOTTORE E ALTRI STRALCI DEL DIALOGO CON LEON
Trovai interessante che gli angeli avessero rivelato tante
Informazioni scientifiche a un uomo che non aveva una forma-
zione scientifica. Ciononostante, molte cose di cui aveva parla-
lo Leon erano all'avanguardia. In merito ai suoi commenti sul-
l'omosessualit, attualmente i neuroscienziati stanno esaminan-
ti l'epifisi e la sua funzione sull'attrazione sessuale. Esistono
possibilit che tale ghiandola possa persino dirci di che sesso
siamo al di l del livello cromosomico. Il fatto che questi studi
siano in corso, e che non tutti ne siano a parte, pu dare credi-
lo alle rivelazioni del pastore. Inoltre, a prescindere dalle ano-
malie genetiche riguardo alle preferenze sessuali, ha senso che
l'unico fattore intoccabile sia la fondamentale attrazione fra l'e-
lemento maschile e quello femminile. Forse questo che inten-
deva Dio quando parl dell'uomo e della donna.
Rimasi impressionato dall'idea che quando l' umanit intera
uvr il desiderio di conoscere il tutto e sar in grado di farlo, la
sapienza nascosta della Bibbia verr rivelata, e il suo dipanarsi
non avr mai fine perch l'uomo non arriver mai a sapere tutto
ci che sa Dio. Leon mi disse che Dio aveva previsto la nostra
progressione mentale, emotiva e spirituale verso un forte desi-
derio di conoscenza della sua Parola e del suo Piano Universale;
ecco perch aveva messo in codice un' infinita quantit di sape-
re e di insegnamenti di vita, incluse le scienze complesse e le
risposte tecnologiche. Fu una rivelazione davvero strabiliante,
clie per aveva perfettamente senso. Tutto ancora cifrato, ma
pi andiamo avanti, pi riusciamo a capire. Livelli inesauribili
di sapere si rivelano di continuo via via che apriamo le nostre
menti alle infinite possibilit che cadono fra i parametri dell'a-
more creato da Dio. Disse Leon: Il segreto avere una mente
tanto aperta da permettere alla grandezza divina di dispiegarsi.
Non potremo mai mettere Dio in una scatola e dire: "Ecco,
tutto qui".
Mi colp anche il suo commento sulla mancanza di amore
che genera il giudizio sugli altri. Il pastore si era sentito vera-
mente in pace solo dopo che gli angeli l'avevano portato a capi-
re la vera natura dell'amore, del perdono e dell'accettazione.
Disse Leon: L'amore la verit fondamentale di Dio e la pace
arriver per tutti alla fine. Sono parole di grande conforto sia
per i moribondi sia per i vvi.
Un'altra rivelazione di Leon fu che prima impariamo ad
amare e a perdonare gli altri e noi stessi, pi sar facile passare
all'altro mondo. I nostri angeli sono sempre presenti, ansiosi di
guidarci in paradiso e di proteggerci lungo il cammino; tuttavia,
la maggior parte dei nostri giudizi e delle nostre paure blocca la
connessione fra noi e loro. L'intensit della nostra sofferenza
fisica, emotiva, sociale e spirituale una volta giunti in fin di vita
ci permette di liberarci dei nostri giudizi. a quel punto che
crollano le nostre paure primordiali, consentendoci di vedere
cosa c' sempre stato dall'altra parte: l' amore incondizionato.
Quest'ultimo consiglio di Leon parlava dell'importanza di
abbattere le mura metaforiche che ci impediscono di amare gli
altri e noi stessi. Se cerchiamo di farlo subito anzich doma-
ni possiamo assicurarci almeno il doppio dell'amore, della pace
e della felicit in questo mondo e nel prossimo. Ed a quel
punto che giungeranno a noi doni del cielo a non finire.
Il sognatore
A
lcuni membri del mio staff avevano conosciuto l'infer-
miera Susan prima della sua disgrazia. Il suo caso ci
mise un bel po' di tempo per arrivare all'hospice. A soli 39
anni, Susan era in stato vegetativo da tre e si trovava al centro
di una disputa tra la sua famiglia e suo marito. Familiari e amici
sapevano che avrebbe voluto tutelarsi con un testamento biolo-
gico che vietasse di mettere in atto misure eccessive per tenerla
in vita, inclusa l'alimentazione artificiale. Ma quel testamento
non era mai stato firmato. Dunque, la sua procura medica spet-
tava a William, suo marito, che per - i familiari di Susan ne
erano certi - aveva dato istruzioni di continuare un trattamento
di sostentamento vitale invasivo solo per tenere testa ai propri
sensi di colpa. Per chi lo conosceva, era ovvio che i sensi di
colpa di William fossero dovuti agli eventi che avevano portato
Susan a stare come stava. La decisione di William era stata
estremamente difficile da accettare per i familiari e gli amici
intimi di Susan, cui non era rimasto altro che farsi da parte e
restare a guardare impotenti una bella donna soccombere allo
stato vegetativo.
Susan era sempre stata altruista, estroversa, felice di stare al
mondo e comprensiva. Dopo esserci presentati, i suoi genitori
mi raccontarono la sua tragica storia. Susan aveva ricevuto
un'educazione cristiana, ma ancora giovanissima aveva fatto un
sogno in cui un angelo bello, bianco e luminoso le aveva predet-
to che avrebbe preso parte a una missione umanitaria in Tibet.
Da allora aveva sempre ricordato ai genitori il piano degli ange-
li, insistendo che quello sarebbe stato il percorso della sua vita.
Data l'instabilit politica in Tibet, padre e madre si erano preoc-
cupati per la sua sicurezza; ma la figlia era rimasta talmente
salda nella sua decisione che alla fine erano stati costretti ad
appoggiarla.
Susan aveva preso il diploma di infermiera alla University of
Texas di Austin, dove aveva frequentato anche un corso di teo-
logia e filosofia orientale in vista della sua missione. Nel frat-
tempo aveva continuato a sognare gli angeli, anche se erano
stati sogni pi incentrati sul suo lavoro di infermiera. Poi final-
mente era partita per il Nepal e il Tibet con un incarico umani-
tario di cinque anni. Durante quel periodo aveva conosciuto William, un ragazzo cinese meraviglioso e spirituale che si era
spinto fin l per combattere le atrocit inflitte dal suo paese ai
pacifici buddhisti. Accomunati dal desiderio di aiutare i tibeta-
ni e dal loro amore per il buddhismo, Susan e William si erano
innamorati e sposati. A sei settimane dal matrimonio, i cinesi
avevano intensificato i loro attacchi alla regione, arrestando e
decapitando molti simpatizzanti dei tibetani. In ansia per la
propria vita, William e Susan avevano deciso di lasciare il paese.
William aveva seguito Susan a Houston, dove avevano messo su
casa e continuato a impegnarsi a favore della pace nel Tibet.
Susan aveva ripreso il suo posto da infermiera, e ancora una
volta gli angeli erano stati la sua guida. Per William invece,
senza un titolo di studio e senza la cittadinanza statunitense, era
stato pressocch impossibile trovare un lavoro soddisfacente. Se
a Susan quella situazione non era pesata affatto, William invece
l'aveva sentita come un grave fardello.
Avevano avuto tre figli, ma dopo la prima gravidanza a Susan
era stato diagnosticato il diabete di Tipo 2. Per stabilizzare la
glicemia aveva provato con antidiabetici orali e con vari regimi
di iniezione di insulina. Tutto inutile. A circa tre anni dalla dia-
gnosi, era stata la prima beneficiaria di una pompa di insulina
impiantabile. Una volta impiantato il congegno, i dottori aveva-
no rilevato un notevole miglioramento dei suoi livelli glicemici.
Sfortunatamente William, che all'epoca era diventato molto irritabile,
si sentiva a disagio vedendo quell'affare che fuoriusciva
dal corpo della moglie sfigurandolo; perci le aveva intimato di
farsela togliere.
Al rifiuto di Susan, si era lasciato prendere dal
disgusto ed era diventato assai litigioso. Finch un giorno, nel
bel mezzo di un attacco di collera, aveva afferrato la pompa sot-
topelle e l'aveva ruotata. Il congegno aveva rilasciato una dose
massiccia di insulina, determinando un calo della glicemia a
livello letale. Susan era stata portata in fretta e furia all'ospeda-
le, ma di l a poco era entrata in coma ipoglicemico.
Le era stato somministrato destrosio a dosi concentrate ed
era stata trasferita al reparto di terapia intensiva, dove erano
riusciti a stabilizzarla. Aveva gli occhi aperti e pareva guardare
chi le stava davanti; ma era incapace di parlare e di comunica-
re in qualsiasi altro modo. L'EEG effettuato ventiquattrore pi
tardi aveva evidenziato un'attivit cerebrale minima. Sembrava
che il suo cervello avesse subito un danno irreversibile. Dato che
non era pi in grado di mangiare, le era stata inserita una sonda
PEG, avviando cos una terapia medica aggressiva. Di l a quattro set-
timane l'unico miglioramento era stato la capacit di sor-
ridere e di battere le palpebre. Era stata trasferita in una casa di
cura, dove era rimasta per tre anni. Tutto ci era in contrasto
con le sue volont, come ben sapevano non solo i suoi genitori,
ma anche i medici e le infermiere del nostro ospedale, che l'ave-
vano sentita dire pi volte: Per me, niente misure eccessive. Eppure
nessuno poteva farci niente. La procura medica spetta-
va a William, e tutti avevano dovuto seguire i suoi desideri moti-
vati dai suoi sensi di colpa. In quei tre anni per, amici e fami-
liari avevano lottato contro di lui per farla ricoverare all'hospice
e consentire che morisse di morte naturale. I rapporti si erano
latti ancora pi tesi quando William aveva iniziato a passare
sempre meno tempo al capezzale della moglie. Alla fine, per,
senza una ragione apparente, William aveva acconsentito a far
rimuovere la sonda PEG e a portare Susan all'hospice. Quando
gli fu chiesto cosa gli aveva fatto cambiare idea, rispose di aver
avuto una rivelazione ma di non volerne parlare.
Al nostro primo incontro, William riconobbe che era tutta
colpa sua e disse che voleva fare ammenda. Ammise che era
stato il suo egoismo a ridurre la moglie in fin di vita. Quando gli
domandai perch aveva deciso altrimenti riguardo l'hospice,
William mi rispose di avere avuto una visione. Qualche notte
prima, Susan gli era apparsa insieme a molti angeli che aveva-
no circondato il suo letto. Con il suo solito, meraviglioso sorri-
so, gli aveva detto di lasciarla andare. Ti ho gi perdonato.
Adesso devi perdonarti anche tu, affinch io possa passare oltre.
ora che tu lo faccia. Gli angeli non avevano mai parlato, o
almeno William non aveva mai udito le loro voci; aveva per
percepito che erano tutti d'accordo con Susan ed erano l per
imprimere maggior forza alle sue parole. La visione si era ripe-
tuta pi e pi volte, e a ciascuna gli angeli erano aumentati.
Susan mi disse che i cinquanta angeli intorno al mio letto non
se ne sarebbero andati finch non avessi trovato pace e non mi
fossi perdonato. Erano tutti cangianti, e a un certo punto diven-
tarono blu indaco, con penetranti occhi bl u e lunghi capelli
biondi e splendenti. Quando sollevai lo sguardo, erano davvero
giganti. Mi resi conto che non poteva essere soltanto il mio
senso di colpa a creare quella visione. Lo spirito di mia moglie
e gli angeli erano reali e volevano che affrontassi e comprendes-
si il mio egoismo. Erano mesi che pregavo perch mi fosse con-
cesso il perdono e per trovare la forza di lasciare andare Susan.
Dio, gli angeli e Susan mi avevano udito finalmente, e riversava-
no su di me un amore incondizionato fino a darmi le vertigini.
Dopo quel che era sembrato un arco di t empo di mesi, uno
degli angeli pi luminosi gli aveva parlato. Con voce dolce e
gentile mi disse che Susan soffriva e aveva bisogno del mio
aiuto. "Come pu essere che soffra se sorride sempre?" doman-
dai. Rispose che la sua sofferenza andava ben oltre l'idea terre-
na di dolore. Disse che avrei capito tutto non appena il mio spi-
rito fosse stato libero dal mio senso di colpa. L'angelo gli aveva
spiegato che, essendo sua moglie, Susan er a profondamente
legata a lui e avvertiva il suo senso di colpa con pari intensit,
se non di pi. In qegli ultimi mesi, si era fat t a carico di gran
parte dei suoi tormenti, per consentirgli di darsi un po' di pace
t poter cos recuperare il rapporto con i loro figli e fare nuove
amicizie. Grazie a quei legami affettivi nuovi o rinnovati, il vin-
colo terreno con Susan avrebbe potuto essere spezzato.
Poi l'angelo blu scuro eman una luce dal petto che and a
trafiggere quello di Susan e il mio nello stesso istante, creando
uno straordinario triangolo di luce blu e bianca. E fu allora che
rivissi tutto quello che aveva passato Susan in questi ultimi tre
anni. Era necessario, dissero gli angeli; quell'esperienza mi
avrebbe finalmente dato la forza di lasciarla andare.
.Singhiozzando, disse che il dolore emotivo e spirituale era stato
intensissimo. Gli era sembrato di sprofondare nella tenebra pi
totale. Cadendo sempre pi in basso, aveva provato un crescente senso
di perdita e di separazione dal regno celeste. Poi, di
punto in bianco si era ritrovato nel suo letto ed era rimasto a
rimuginare su quello che gli era successo.
William, come si sent dopo quell'esperienza? chiesi.
Tremavo e piangevo e non sapevo se era stato un sogno o
lina visione. Avevo i vestiti laceri e sentivo nell'aria il profumo
Clianel. Sa, mia moglie ce l'aveva indosso la sera che afferrai la
pompa. L'esperienza era stata talmente vivida che William
aveva telefonato subito ai suoceri per dare il proprio consenso
al trasferimento di Susan aWhospice. A loro vlta, i genitori di
Susan avevano contattato me, ed entro un paio d'ore Susan era
ricoverata e sotto esame per valutare e trattare i suoi sintomi.
Appena la vidi, l'abbracciai, le dissi dove si trovava e che
avrei fugato il suo dolore. Quasi subito mi fece un largo sorriso
mentre calde lacrime le scendevano lungo le guance. Le dissi di
battere le palpebre se provava dolore. Le batt ripetutamente.
Le chiesi se aveva fame. Non le batt per molti secondi. Susan,
che mi dice della sonda PEG? Fa male?. Di nuovo, batt le pal-
pebre in modo continuo. Accetta delle misure di conforto,
Susan?. Batt le palpebre e fece smorfie pi e pi volte, finch
le assicurai che avevo capito. Anche se i risultati dei suoi esami
evidenziavano una funzione cognitiva minima, io ero sicuro del
contrario: Susan era abbastanza cosciente da capire cosa senti-
va e aveva anche trovato un modo per comunicarlo. Le dissi che
suo marito e la sua famiglia avevano fatto pace e volevano tutti
che lei stesse bene. Ci che vidi allora nei suoi occhi rimarr per
sempre impresso nel mio cuore e nella mia anima. Susan era
davvero una donna dallo spirito altamente evoluto.
Da un attento esame delle sue condizioni risult che i polmo-
ni erano sgombri da liquidi, la funzione renale nella norma e i
segni vitali stabili. Stando cos le cose, interrompere l'alimenta-
zione artificiale equivaleva a far morire Susan di fame. Sarebbe
stata una violazione del mio codice etico. Mi occorreva un mirar
colo. Il giorno dopo vidi che l'infermiera aveva annotato sulla
cartella clinica che l'emissione di urina si era ridotta a livelli
molto scarsi e che la paziente aveva sviluppato un edema polmonare, ossia che i suoi polmoni si stavano riempiendo di liquidi. Ulteriori esami evidenziarono che Susan soffriva di grave
insufficienza renale con conseguente ristagno di liquidi nell'or-
ganismo. Era il segnale che aspettavo. Dopo aver mantenuto
una funzione renale e segni vitali normali per tre anni, Susan
era peggiorata all'improvviso nel giro di ventiquattrore, cio
appena era stata ricoverata all'hospice. Le sue nuove condizioni
rendevano utile e necessario interrompere l'alimentazione arti-
ficiale. Per me fu evidente che Dio in persona ci aveva messo lo
zampino e gli rivolsi una piccola preghiera di gratitudine. Poi
sospesi l'alimentazione via PEG e somministrai a Susan delle
misure di conforto: morfina per la dispnea, diuretici per ridur-
re i liquidi in eccesso e sedativi contro l'ansia. Immediatamente
Susan cadde in un sonno profondo e sereno.
William e i familiari di Susan passarono il tempo che le restar
va a recuperare il loro rapporto. Quanto a me, feci un vivido
sogno. La stavo visitando, quando il suo cuore si ferm e il suo
spirito balz fuori dal corpo. L'apparizione si stiracchi allun-
gando le braccia e poi, guardandomi, esclam con un sorriso:
Che viaggio!. Provai un' ondata di gioia e vidi intorno a lei
angeli di luce dorata, bianca e blu. Mi dissero di riferire alla
madre di Susan che sua figlia sarebbe stata bene e che presto
glielo avrebbe confermato lei stessa. Poi Susan mi prese per
mano e mi port in alto nel cielo. Vedevo la terra e tantissime
anime che, appena lasciato il loro corpo, mi raggiungevano
lass, dicendo anche loro che la vita era stata un viaggio mera-
viglioso. Intorno alla terra c'era anche una moltitudine di ange-
li, che intercettavano le anime e le guidavano verso la volta stel-
lare, sparendo nello spazio. Forse andavano in un' altra dimen-
sione, pensai. Susan disse che doveva lasciarmi e che un giorno
avrei constatato anch' io che la vita sulla terra un gioioso con-
centrato di lezioni. Non avrei mai dovuto preoccuparmi, prose-
gu, perch c' sempre qualcuno che si prende cura e veglia su
di noi. Qualsiasi decisione prendiamo, avremo sempre la possi-
bilit di tornare sui nostri passi e di fare ammenda. Poi mi sve-
gliai all'improvviso. Rimasi a letto a riflettere sul sogno e sui
messaggi che mi erano stati dati, provando grande meraviglia
per il potere della mente. Pi tardi, mentre mi recavo all'ospeda-
le, mi chiesi quale sarebbe stato il destino di Susan.
Quando entrai nella sua stanza, sua madre e sua sorella mi
salutarono con sorrisi praticamente identici a quello che mi
aveva rivolto lei nel mio sogno. Dopo averla visitata, fui certo
che sarebbe morta nel giro di poche ore. Rassicurai entrambe
che Susan era tranquilla, che non soffriva, che non le mancava
l'aria e che era pronta per il suo ultimo viaggio. Le due donne
erano visibilmente tristi, ma anche sollevate che la sua sofferen-
za fosse quasi finita. Allora pensai fosse il momento di raccon-
tare il mio sogno, ma quando arrivai a met, la sorella di Susan
disse che aveva sognato tutto anche lei, e continu da dove mi
aveva interrotto. Ero pi che meravigliato. Stesso sogno e stessi
messaggi per entrambi. Alla fine del racconto, la madre di
Susan tir un sospiro di sollievo. Disse che la sua preghiera era
stata esaudita. Aveva chiesto la conferma che sua figlia potesse
ritrovare la pace ed essere ancora in grado di camminare e di
parlare. Dopo aver ascoltato il nostro sogno, si era finalmente
convinta che Susan sarebbe arrivata sana e salva nell'aldil. Non
erano passati che trenta minuti dal mio ingresso nella stanza,
quando Susan si svegli, apr gli occhi, sorrise e allung una
mano verso William, che era appena arrivato. Con un grande
sforzo disse piano a suo marito, a sua madre e sua sorella che
voleva loro un gran bene. Poi la sua mano cadde gentilmente sul
letto. Se n'era andata. William, la madre e la sorella quel giorno
si sentirono pervasi dal perdono e da un senso di liberazione.
Dal canto mio, risi fra me e me rievocando l'immagine di Susan
che saltava fuori dal suo corpo, diceva: Che viaggio! e si leva-
va in alto nello spazio. S, Susan, davvero che viaggio.
NOTE DEL DOTTORE
E ALTRI STRALCI DEL DIALOGO CON SUSAN
Jan, la sorella di Susan, mi raccont di avere avuto una serie
di visioni prima della dipartita di quest'ultima. Aveva visto gli
angeli, che le avevano mostrato la guarigione dei rapporti mala-
ti fra la sua famiglia e William. Altre volte aveva visto sua sorel-
la seduta nella posizione del loto e attorniata da monaci tibeta-
ni raccolti in preghiera. Incredula, ogni volta Jan si era stropic-
ciata gli occhi, e quando li aveva riaperti, i monaci erano spari-
ti e sua sorella era tornata al suo stato vegetativo. Jan aveva
udito i monaci parlare con Susan, aiutandola a comprendere le
sue lezioni di vita. Aveva avuto un mucchio di dubbi sulle sue
visioni, in particolare per la presenza dei monaci; ma era anche
vero che Susan le aveva sempre raccontato molte storie fantasti-
che su di loro. I monaci, continu Jan, erano apparsi anche
quando Susan era morta. Le era sembrato che la vegliassero.
L'avevano coperta con un drappo color oro e marrone, ed erano
rimasti l a cantare e a pregare tutto il tempo. Pregavano perch
la sua anima raggiungesse il nirvana. A un certo punto, un
bagliore blu era fuoriuscito dalla testa di Susan, alzandosi verso
il soffitto. La luce era durata solo pochi secondi, e insieme ad
essa erano scomparsi anche i monaci. Non sono pazza, dottor
Lerma. So quel che vidi. Non lo dimenticher mai. Spiegai a
Jan che, quando un monaco muore, gli altri avvolgono il suo
corpo in un drappo color oro e marrone e per circa otto ore pre-
gano che la sua anima arrivi nel regno celeste. Pi illuminato
il defunto, pi alto il punto da cui la sua anima fuoriesce dal
Corpo. Il punto estremo la testa. Ma allora mia sorella ha rag-
giunto davvero l'illuminazione ed andata in cielo! Dottor
litMma, quant e bello aver conosciuto di persona un essere illu-
minato!.
S, Jan. proprio bello.
Quanto a William, si impegn a espiare l'atto furioso e insen-
HMlo che aveva provocato la morte di sua moglie. Dopo il deces-
so, Susan gli era apparsa ancora in sogno, ribadendo che l'ave-
VH perdonato e ringraziandolo per averla lasciata andare. E
finalmente William aveva ripreso a vivere. Al momento dedica
gran parte del suo tempo all'American Diabetic Association, e si
{(doper affinch le compagnie di assicurazione forniscano le
pompe di insulina impiantabili a tutti i diabetici che ne hanno
bisogno. Una altro suo impegno il counseling alle vittime di
violenze familiari. In effetti, Susan mi aveva detto in sogno che
Hi io marito avrebbe espiato le sue azioni egoiste, e che lei aveva
negoziato per rimanere finch lui non fosse stato pronto a farlo.
Oggi William ha una seconda moglie, che per ha sviluppato un
t'nncro al seno. Memore della lezione appresa, William le sta
vicino e la sostiene con tutto il suo amore. convinto che quel-
la seconda sventura sia un' altra lezione di altruismo. Parla spes-
to degli angeli e dei loro insegnamenti sull'amore e sul perdono.
ti un gran relatore con una storia straordinaria da raccontare. E
come gli angeli dicono spesso ai miei pazienti: Anche una per-
sona sola pu cambiare il mondo intero.
Piume d'angelo
M
i ero appena seduto e avevo ordinato il pranzo in uno dei
miei ristoranti preferiti, quando mi suon il cercaperso-
ne: la nostra nuova paziente era gi arrivata. Portai via
|1 cibo e per l'ennesima volta lo trangugiai strada facendo.
Katarina era una donna ispano-americana di 42 anni con un
cancro al collo dell'utero allo stadio terminale. Ai nostri giorni
difficile vedere questo tumore in fase tanto avanzata, perch la
maggior parte, se non tutti i casi possono essere presi in tempo
e combattuti con regolari visite ginecologiche. Tuttavia, anche
pi difficile capire le ragioni per cui le donne trascurano tali
controlli. Fra le pi comuni ci sono la mancanza di educazione
alla prevenzione, la timidezza, lo stato socioeconomico e la
scarsa accessibilit alle cure mediche [negli USA, non esiste un
sevizio sanitario nazionale - N.d.R.]. Morire di una malattia
potenzialmente trattabile va al di l di ogni comprensione.
I casi terminali si presentano quasi sempre identici: donne
nel fiore degli anni, spesso ancora belle ma con un corpo gonfio
di liquidi per via del cancro non diagnosticato e non trattato. Il
corpo diventa cos il loro peggior nemico. La progressione della
malattia lenta e dolorosa, e siccome di solito non interessa il
cervello, le pazienti sono pienamente consapevoli di quel che
accade loro.
II caso di Katarina era particolarmente triste. Katarina era
un'ex cantante di dancing con una storia di tossicodipendenza e
comportamenti ad alto rischio radicati in abusi sessuali subiti da
ragazza. Un paio di anni prima, con una vita senza sbocchi e le
sue due figlie adolescenti che la pregavano di cambiare, aveva
deciso di rimettersi al servizio di Dio. Era diventata prima vocali-
sta di un importante coro evangelico, e la sua bella voce e le sue
canzoni erano state ispiratrici di pi di un ritorno a Dio. Katarina
vedeva molte persone colpite da tribolazioni, messe a dura prova,
e passava gran parte del suo tempo ad assistere chi era ancora
irretito dai propri vizi. Ma anche per lei era in arrivo la prova pi
terribile della sua vita: un cancro ormai incurabile.
Quando la conobbi fui colpito dalla sua bellezza eterea e dal
modo in cui si sforzava di mantenere la propria dignit.
Indossava un grazioso vestito, era truccata e i suoi lunghi capel-
li di un nero lucido erano tirati indietro e bene intrecciati; non
poteva per nascondere l' addome gonfio e le gambe altrettanto
ingrossate, la cui pelle era talmente tirata da essudare liquidi in
continuazione. Ad accompagnarla erano venute sua madre e le
sue due figlie, una di 14, l'altra di 16 anni. Tutte e tre erano visi-
bilmente spaventate. Sapevano che un trasferimento all'hospice
significava che Katarina era prossima alla morte. Sua madre,
Maria, e suo padre, Joseph, erano cattolici originari di
Monterrey, in Messico, erano molto sensibili ai temi spirituali e
avevano alle spalle cinquant' anni di matrimonio inossidabile.
Quanto alle sue sorelle e ai suoi fratelli, nessuno di loro aveva
seguito il suo stesso cammino di sofferenza e perdizione.
Al ricovero Katarina era vigile, ma rimase relegata a letto per
via delle gambe gonfie. Quel giorno passammo un bel po' di
tempo a parlare. Volevo metterla a suo agio il pi possibile, sia
fisicamente sia emotivamente. Il nostro legame crebbe in fretta,
e Katarina prese a condividere tutta la sua paura di morire e i
rimpianti della sua vita. Con voce tremante mi fece la domanda
che pi la spaventava: Dottor Lerma, quanto mi rimane da
vivere?. Considerato il gonfiore delle sue gambe in aumento e
l'ostruzione intestinale che le impediva di mangiare da tre-quat-
tro giorni, la sua prognosi era pessima e il suo destino segnato:
tra i sette e i dieci giorni di vita al massimo. Scoppi in un pian-
to dirotto, mi ripet pi volte che non era ancora pronta a mori-
re. Si aggrapp a me e passai la maggior parte del pomeriggio a
consolare sia lei sia sua madre. Quanto alle figlie, avevo dato
istruzioni perch gli assistenti sociali fornissero loro il counse-
ling opportuno. Ricordando come avevo reagito alla malattia
terminale di mio padre, potevo ben immedesimarmi e capire il
dolore di Katarina e della sua famiglia.
Per tirarle su il morale le raccontai alcune storie degli angeli
dei miei pazienti e le domandai se ne aveva gi visti anche lei.
Qualcosa le scatt dentro, e inizi a raccontarmi la storia della
sua vita. Dal canto mio, ascoltavo e deploravo con lei l'apparen-
te ingiustizia di tutto, specialmente dopo il suo grande cambia-
mento.
Alcuni mesi prima che le venisse diagnosticato il cancro,
Katarina si era trasferita a Houston e aveva trovato il lavoro di
cantare per Dio, come lo definiva lei. Proprio allora erano ini-
ziati i suoi forti dolori addominali, che alla fine l'avevano
costretta a farsi vedere al pronto soccorso. Con il suo inglese
stentato, senza un'assicurazione e una storia di droga alle spal-
le, i medici non avevano tardato a bollarla come tossicodipen-
dente e l'avevano dimessa subito con una semplice diagnosi di
sindrome premestruale. Qualche settimana dopo, Katarina
aveva avuto un' emorragia vaginale. Era tornata pi volte al
pronto soccorso, e la diagnosi finale era stata di dismenorrea.
L'avevano dimessa dicendole di usare il Tylenol per il dolore.
Sentendosi disperata, abbandonata e in preda a dolori acutissi-
mi, aveva ricominciato a fare uso di morfina ed eroina, procu-
randosela per strada. Aveva pensato di non avere altra scelta,
visto che al pronto soccorso non l'aveva aiutata nessuno. Aveva
avuto un tremendo conflitto interiore: da un lato si era sentita
risucchiare dalla sua vita precedente, dall'altro aveva lottato con
tutte le sue forze perch non voleva deludere n Dio n la sua
famiglia. Pi il dolore si faceva insopportabile, pi aumentava il
suo consumo di oppiacei da strada. Quando era riuscita a tene-
re sotto controllo il dolore, Katarina aveva creduto in un miglio-
ramento. Ma nulla poteva essere pi lontano dalla realt, perch
il suo cancro a quel punto non era pi curabile.
A pochi giorni dalla diagnosi definitiva, Katarina aveva
sognato gli angeli. Sei stata scelta, le aveva annunciato l'ar-
cangelo Gabriele. La tua vita si sta compiendo alla perfezione
e ti porter ad aiutare molte anime a ritrovare la fede in Dio.
Katarina aveva capito che quel messaggio non era dovuto alla
malattia o alle droghe, e senza esitare aveva accettato la chiama-
ta. Allora l'arcangelo Michele le aveva illustrato l'intero disegno,
assicurandole che Dio e gli angeli le sarebbero stati vicini.
Presto il suo male sarebbe stato diagnosticato e le sarebbero
stati somministrati regolarmente farmaci di conforto. Due gior-
ni dopo, il dolore e l'emorragia vaginale erano aumentati e
Katarina era andata in un altro pronto soccorso. Visti i suoi
referti precedenti, anche quei medici avevano pensato che fosse
una tossicodipendente e si erano rifiutati di curarla. Ma lascian-
do il pronto soccorso in lacrime, Katarina si era imbattuta in un
uomo gentile che si era informato sul perch piangesse.
Notando il suo inglese stentato, le aveva parlato in spagnolo:
Que pasa, senorita? (Cosa c' che non va, signorina?).
Katarina l'aveva abbracciato e gli aveva risposto: Ayuda me.
Ayuda me, por favor! (Mi aiuti, mi aiuti, per favore!).
L'uomo era un medico, ancor meglio: un ostetrico e gineco-
logo dello staff ospedaliero. Katarina gli disse che aveva un'e-
morragia vaginale e che i dottori del pronto soccorso non ave-
vano voluto fare niente per lei. Forse ispirato dagli angeli, o
forse solo per piet, il medico l'aveva riportata in ospedale, dove
aveva constatato che era molto anemica. L'aveva fatta ricovera-
re nel reparto di ginecologia e l'aveva sottoposta a un esame del
sangue e a una TAC dell'addome e del bacino. I risultati aveva-
no reso necessaria una biopsia del collo dell'utero. Le criosezio-
ni e i risultati dei marker tumorali avevano evidenziato un can-
cro al collo dell'utero in stadio avanzato con metastasi estesa
all'addome e ai polmoni, e ostruzione del sistema linfatico degli
arti inferiori. Un oncologo aveva dato istruzioni per la chemio e
la radioterapia, oltre alla terapia del dolore. Era stato proprio
come aveva predetto l'angelo: finalmente il dolore era stato
messo sotto controllo, ma la diagnosi era terminale.
All'inizio della chemioterapia Katarina aveva ancora sognato
l'arcangelo Michele. Questi le aveva detto che ogni notte un ange-
lo diverso sarebbe venuto a sostenerla e a ricordarle che Dio non
l'aveva abbandonata. La prima sera era apparso un grande ange-
lo luminoso dalle vesti bianche, e si era messo alla destra del suo
letto, l'indomani un altro e poi un altro ancora. Tutti per si
erano sempre messi allo stesso posto. Katarina non aveva capito
perch, ma aveva sentito che la stavano proteggendo.
Incuriosito, le chiesi se poteva descrivermi quelle apparizioni
angeliche. Il loro viso risplendeva di luce, i capelli erano setosi,
lunghi, biondi o castani e fluttuavano insieme alle loro lunghe
vesti. Ogni notte, gli angeli si erano fermati per circa cinque-
dieci minuti, ma poi se n'erano andati nonostante i suoi pianti.
In quei momenti si era sentita abbandonata da Dio. Come ha
potuto farmi questo, dopo che sto per rendergli la mia vita? Sono
arrabbiata! aveva continuato a ripetere dentro di s.
Un angelo le aveva spiegato che sentirsi e reagire in quel
modo non era un male, perch voleva dire che lei amava e
rispettava Dio. E Dio non chiedeva di meglio. Dio aveva compre-
so appieno il suo dolore, la sua sofferenza e la sua disperazione
e sapeva che erano motivate da un difficile scopo. Questo per-
ch Egli vive con noi e prova ogni nostra emozione. Presto
Katarina avrebbe avuto tutte le sue risposte a portata di mano.
Sin dal primo giorno di ricovero all'hospice, il dolore di
Katarina era stato posto sotto controllo. Ci le diede la pace
necessaria per poter dire addio a questo mondo. Mand a chia-
mare la sua famiglia per discutere le sue ultime volont.
Quando andai a visitarla, trovai che erano tutti intorno al suo
letto. Domandai a Katarina a chi voleva affidare le sue due
figlie. L'angelo le aveva consigliato sua sorella Maria, che aveva
sia tempo, sia un profondo desiderio di aiutare le ragazze a
compiere la loro missione di vita. Katarina sapeva in cuor suo
che quella era la scelta giusta. Le sue figlie infatti avevano una
predilezione per quella zia, si sentivano attratte da tutto il suo
amore materno. Maria si affrett a esprimere il proprio assenso.
Anche lei aveva ricevuto in sogno lo stesso messaggio di
Katarina, ma da sette angeli bianchi e splendenti. Felice che la
sua maggiore preoccupazione fosse stata risolta, Katarina fu
avvolta dalla serenit pi totale.
Mi descrisse altre visioni. Una era stata una sorta di proiezio-
ne sul muro della camera. Aveva visto le sue figlie da grandi.
Avrebbero aiutato molte persone grazie alla loro straordinaria
eredit familiare: il dono della musica e la testimonianza della
sua esperienza. Katarina si era anche vista parlare con Ges e
accettare il corso che avrebbe preso la sua vita. Sarebbe stato
qualcosa di infinitamente pi grande della sofferenza finale che
doveva ancora provare. Sorrise dicendo che ricordava bene
tutta la conversazione e che finalmente aveva capito il significa-
to della propria vita rispetto al piano di Dio. Come a lei, anche
a tutti noi in punto di morte verranno ricordate le scelte fatte
per seguire la volont di Dio. Riguardo alla sofferenza, mi rifer
cosa le avevano rivelato gli angeli: Tutti soffriamo in un modo
o nell'altro, perch la sofferenza fa parte della nostra natura. Ma
c' anche la gioia. E la gioia inglobata nella sofferenza.
Aveva come la sensazione di star facendo qualcosa non solo
per la sua famiglia e per se stessa, ma anche per il mondo inte-
ro. Colti da una profonda tristezza, tutti i suoi familiari si mise-
ro a piangere. Sua madre piangeva ma era felice; aveva accetta-
to che Katarina tornasse da Dio. Anche Katarina era arrivata a
patti con la morte, ed era incredibile, perch l'aveva sempre
negata nonostante le visioni dei magnifici esseri spirituali. Le
chiesi cosa le aveva fatto cambiare idea. Risposta: la semplice
consapevolezza che sua sorella Maria si sarebbe presa cura delle
sue figlie come avrebbe fatto lei.
Quattro giorni prima di morire, intorno all'una del mattino,
Katarina aveva svegliato sua madre e le aveva sussurrato che era
comparso un nuovo angelo, grande e bellissimo, blu brillante
con bianchissime ali. Vidi mia figlia aguzzare lo sguardo verso
il lato destro del letto, sorridere e alzare le mani, mi raccont
in seguito sua madre. Poi inizi una muta conversazione con
qualcuno. La bocca si muoveva, ma senza articolare alcun
suono. Anche lo sguardo andava da una parte all'altra, come se
stesse seguendo qualcosa in movimento. La signora aveva con-
tinuato a osservarla e cercato di leggerle le labbra. Tutto a un
tratto, era stato come se qualcuno avesse alzato il volume, e la
voce di Katarina era tornata. Ok, ma lasciami qualcosa come
pegno, cos sapr che tornerai, aveva detto Katarina in spagno-
lo. Quindi aveva annuito, allungato una mano per poi chiuderla
li pugno e portarsela al petto, sorridendo e mormorando:
Grazie, grazie.
Sua madre aveva visto tutto, ma senza capirci nulla.
Mamma, vuoi vedere cosa ho qui? Cosa mi ha appena dato
l'angelo? le disse Katarina.
Certo, tesoro. Cos'hai l?.
Ho preso una delle sue piume. Lentamente apr il palmo
della mano, ed ecco, proprio l nel centro c'era una piuma per-
fetta, bianca e soffice lunga circa 15 centimetri. Katarina non
slava in s dalla gioia e non vedeva l'ora di farmela vedere. Sua
madre la ripose in una busta di plastica, e Katarina le disse di
darmela in segno di gratitudine per tutto quello che avevo fatto
per lei e per la sua famiglia. Non mi sentivo di accettare un simi-
le dono, ma non volevo neanche offenderla. In quel momento
mi squill il cercapersone e dovetti scappare da un altro pazien-
te. Prima per dissi a sua madre che ne avremmo parlato pi
lardi. Un paio di giorni dopo Katarina insistette ancora che
dovevo accettare la piuma come un regalo suo e di Dio. Potevo
forse rifiutare? L'avrei sempre tenuta cara, le dissi, sperando che
la sua storia avrebbe confortato altri miei pazienti. Era un'otti-
ma idea, comment Katarina.
Quando recuper la busta di plastica, sua madre si meravi-
gli che la piuma si fosse ridotta da 15 a neanche tre centime-
tri. Praticamente la piuma di un cuscino. No, non poteva esse-
re. Al nostro hospice vige uno stretto regolamento che vieta i
cuscini di piume, onde non provocare reazioni allergiche ai
pazienti. Usiamo invece cuscini di gommapiuma ricoperti di
una soffice plastica. Controllai tutti i cuscini in camera di
Katarina. Erano tutti di gommapiuma. Alla mia domanda, sua
madre neg di averne portati di diversi da casa. Eravamo tutti
senza parole. Dottor Lerma, eppure due giorni fa la piuma del-
1
l'angelo era di 15 centimetri, no?.
Infatti, risposi.
Mi sa che si sta riducendo. Pensa che scomparir? Dottor
Lerma, la tenga lei e mi dica che ne sar. A lei crederanno. Lei
un medico, dopotutto. Assentii e chiusi a chiave la busta con
la piuma nel cassetto della mia scrivania.
Pi tardi raccontai la storia della piuma a un' infermiera del
nostro hospice. A sua volta, lei me ne rifer una simile che aveva
appena sentito da Jeffrey, il nostro portiere. Lo chiamai al tele-
fono e gli chiesi cos'era successo. Dottor Lerma, si ricorda del
signor Willie, l'uomo ricoverato nella stanza di fronte a quella di
Katarina? Proprio l'altro ieri, mentre pulivo la sua camera, lo
sentii parlare nel sonno e dire che un angelo gli aveva dato una
piuma per ricordargli la sua presenza costante. Fu allora che ne
notai una per terra. Ero incredulo. Mi domandai se fosse davve-
ro quello che avevo sentito. Era bella, bianca e grande. 25 centi-
metri. So bene che all'hospice i cuscini di piume sono vietati,
perci pensai che qualcuno ne avesse portato uno da fuori per il
signor Willie. Be', il signor Willie non aveva n familiari, n
cuscini suoi. Allora la raccolsi e gliela misi sul comodino, con
un' estremit sotto il vaso di fiori per non farla volare via. Ieri mi
pareva molto pi piccola. Oggi il paziente morto e quando
sono andato a pulire la camera, mi sono accorto che la piuma
non c'era pi.
Allora ho chiesto all'infermiera se l'aveva vista o buttata via.
Dice che si ricorda di averla vista ieri, ma non oggi. Dottor
Lerma, non sono sicuro di che fine abbia fatto, ma ho dei
sospetti. Doveva andare cos, doveva sparire. Non riuscivo a
credere a quelle coincidenze. Forse aveva ragione la madre di
Katarina, e anche la sua piuma sarebbe scomparsa. Andai di
corsa a controllare se la piuma era ancora nel cassetto. Eccola!
C'era ancora, ed era uguale a come l'avevo ricevuta.
Il giorno seguente Katarina mor serena con le sue figlie, le
sue sorelle e sua madre al suo capezzale. Erano tutte visibilmen-
te tristi, ma avevano fatto tesoro delle esperienze angeliche,
traendone una gran pace. Chiedendomi che fine avesse fatto la
piuma, andai a controllare nel mio ufficio. Appena aprii il cassetto e presi
la busta, vidi che la piuma non c'era pi. Guardai
in giro, ma non riuscii a trovarla. La piuma era davvero scom-
parsa. Ero l'unico ad avere la chiave della mia scrivania e non
avevo detto a nessuno di averla messa l. Allora ricordai che
(Catarina l'aveva chiesta come pegno del ritorno dell'angelo.
Ormai non ne aveva pi bisogno. Aveva gi spiccato il volo sulle
sue ali. La piuma era servita al suo scopo, simbolo della fiducia
negli angeli. Sorrisi chiedendomi se qualcuno avrebbe mai cre-
duto a questa fantastica storia. Ci che importava davvero, per,
era che Katarina conoscesse finalmente la verit universale.
NOTE DEL DOTTORE
E ALTRI STRALCI DEL DIALOGO CON KATARINA
La madre e le figlie di Katarina trassero un grande conforto
dalla piuma dell'angelo. Era un simbolo che aveva dato loro
conferma del cambiamento di Katarina. Anche lei aveva capito
di essere cambiata, e forse proprio per quello la sua famiglia
aveva accettato la sua perdita.
Gli angeli dissero a Katarina che non doveva sentirsi in colpa
per quelli che considerava degli errori. Gli sbagli non esistono.
Era stata lei a scegliere il suo cammino di vita. Gli angeli le
erano apparsi nelle sue ultime ore per confortarla e aiutarla a
capire. Le avevano mostrato qual era lo scopo della sua soffe-
renza, non solo del dolore causato dalla malattia, ma anche del
dolore che aveva provato prima di ammalarsi. La sua vita diffi-
cile l'aveva portata a sviluppare la capacit di comprendere chi
era come lei, gente della strada con tutti i suoi vizi e le sue debo-
lezze. Era arrivata a capire che quei vizi erano la sua lezione di
vita, che l'aveva portata a perdonarsi, ad amarsi e alla pace.
Quando Dio ci assegna delle grandi sfide, ci concede anche
dei talenti per consolarci. A lei era stata data una voce meravi-
gliosa per cantare, che aveva dato conforto e speranza a molti
altri che come lei avevano vissuto la tossicodipendenza e la
malattia. Come disse Katarina stessa: Il talento di cantare un
dono di Dio e nessuno me lo porter mai via. Scrivevo canzoni
bellissime su Dio e per Dio e, proprio grazie al mio talento, in
molti ritrovarono la fede. Ora so di non aver mai lasciato Dio,
persino quando avevo toccato il fondo. Dovevo affrontare le mie
prove per poter insegnare a me stessa e di riflesso anche agli
altri che tutti possiamo farcela. Gli angeli mi dissero che io sono
una delle anime pi vecchie e che scelsi di venire qui come
guida per gli altri. Il mio talento musicale passer alle mie figlie,
lo vidi. La mia vita contribuir alla loro missione. Alla fine la
sua esistenza le era apparsa completamente diversa da come l'a-
veva sempre considerata, e aveva abbracciato con gioia quella
nuova prospettiva.
Gli angeli le erano venuti incontro anche nella sua passione
canora, cantando le sue canzoni preferite e invitandola a canta-
re con loro. Relegata a letto, ogni tanto aveva canticchiato melo-
die angeliche, irradiando pace a tutti i presenti.
Katarina amava la spiaggia e l'acqua. Non appena lo capiro-
no, gli angeli le permisero di nuotare e di prendere il sole sulla
sua spiaggia preferita per darle sollievo dal dolore. Queste
esperienze da sogno (ma tanto, tanto vivide) danno un gran
senso di pace che mi riempie l'anima, disse Katarina. Inoltre
gli angeli le garantirono che avrebbe continuato a percepire l'a-
more delle sue figlie e a vegliare sulla loro crescita emotiva e spi-
rituale.
Come facciamo a separarci dalle persone che ci sono pi
care?.
Grazie alle visioni paradisiache che ci inviano gli angeli.
quella la nostra vera casa. L tutto possibile, con l'amore di
Cristo. Tutto gioia, una gioia infinita, che ci attrae a s quan-
do siamo in fin di vita. Con la gioia possiamo cambiare le nostre
vite e il mondo. E amare chi ancora ci ama sulla terra.
Perch il paradiso ci tanto familiare?.
Perch, come dice la Bibbia, quando accettiamo Dio, accet-
tiamo anche che il suo regno - il paradiso - entri in ogni singo-
la fibra del nostro essere. Dio comprende le nostre percezioni
individuali del paradiso e le riflette su di noi. Ne risultano con-
forto, pace, gioia e amore incondizionato. Quando siamo felici,
ecco, quello il paradiso. Qui, sulla terra.
Sul letto di morte a ciascuno di noi viene data la possibilit
di effettuare una guarigione generazionale. Per Katarina si era
trattato di sanare alcune questioni irrisolte con i suoi nonni.
Erano morti prima che potessero ridiscuterle. In mancanza di
tale guarigione, nessuna delle parti coinvolte potr progredire e
vivere l'esperienza dell'amore e del perdono di Dio. importan-
te aver sistemato le cose qui sulla terra prima di venire chiama-
ti in cielo.
Alla fine Katarina si era liberata dalla sofferenza e dal dub-
bio: se il suo corpo ne era ancora gravato, il suo spirito si libra-
va libero nella stanza. A circa tre-cinque giorni dalla morte, gli
angeli e i cari defunti rimangono tutto il giorno vicino al mori-
bondo e aiutano i familiari a dirgli addio. Il paziente ha gi con-
cluso la rassegna della sua vita e negoziato (con l' amore incon-
dizionato) di poter rimanere nel corpo finch amici e parenti
non accettano la sua dipartita. Prima questi ultimi si liberano
delle loro paure, di attaccamenti patologici al moribondo, della
rabbia, dell'odio e cos via, prima il loro caro potr passare nel
regno celeste.
La maggior parte dei pazienti che indugiano per settimane
sono ancorati alla terra o da motivazioni egoistiche altrui, o
dalla tenebra del paziente stesso, ossia conflitti irrisolti con
radici profonde. Quest'ultimo caso si presenta di rado e si trat-
ta di un problema che l'anima si porta nell'altro mondo. Per i
malati tormentati dal loro lato oscuro pu essere molto utile la
preghiera.
Tutto ruota intorno al libero arbitrio. Katarina insistette par-
ticolarmente che meglio non aspettare a risolvere i propri pro-
blemi quando ci si ritrova sul letto di morte. peggio. Bisogna
farlo oggi, adesso. Arrivare a capire chi siamo, individuare i
nostri punti di forza e di debolezza, e imparare ad amarci cos,
perch in questo misto di forza e di debolezza sta la nostra per-
fezione. Quasi tutti non riescono ad amarsi perch vorrebbero
essere qualcun altro. Quella la radice del male. Se non si riesce
ad amare se stessi, come si pu amare gli altri? Ecco perch il
tasso di divorzi negli USA va oltre il sessanta per cento. Manca
il vero amore per la sposa. Il fanatismo, l'intolleranza, la discri-
minazione, la segregazione razziale, le guerre sante, la paura:
sono tutti risultati di una mancanza di amore per se stessi.
Gli angeli dissero a Katarina che sulla terra ci sono stati santi
individui nati proprio per essere un esempio di questo tipo di
amore. Gandhi, papa Giovanni Paolo II, Madre Teresa di
Calcutta, il Dalai Lama e anche alcuni dei nostri genitori che
sono rimasti sposati per anni sono esempi di chi sa amarsi e
perdonarsi veramente. Non bisogna essere perfetti. Basta essere
equilibrati. Ossia stare lontani dagli estremi opposti, perch
posizionarsi sull'estremo la ricetta per il sicuro fallimento.
Essere troppo religiosi ha come (ironico) risultato la paura e il
giudizio gratuito. Essere nelle tenebre, be' ... ovvio. Ognuno di
noi ha un lato oscuro e uno luminoso. Bisogna cercare di rag-
giungere l'equilibrio, lo stato fluido di Cristo, rispetto al conti-
nuum dell'esperienza umana. Cristo aiuter anche chi si pone a
entrambi gli estremi dello spettro sociale, dalle prostitute ai lea-
der religiosi, inclusi i farisei.
C' molto da fare; gli angeli dissero che alla fine ci arrivere-
mo, ma solo con l'aiuto di Dio. Dunque, disse Katarina, bisogna- ^
va amarsi e perdonarsi, poi provare ad amare e perdonare gli
altri. Una volta iniziato diventer sempre pi facile. Cristo mor
per noi perch sapeva che avremmo continuato a peccare.
Grazie a Lui, abbiamo infinite possibilit almeno di capire il
concetto. Ma dobbiamo ricordarci, disse Katarina, che non
sapremo mai il momento in cui Dio ci chiamer a s da questo
mondo. Bisogna solo provare a essere gentili con se stessi e con
gli altri e credere nel nostro Signore Ges Cristo come nostro
Salvatore. Non saremo delusi, disse Katarina.
Chiesi a Katarina se poteva definire la rassegna della vita
prima di morire. Dottor Lerma, non lo capirebbe. Ognuno ha
la propria e pu capire solo quella. Non esistono parole per defi-
nirla. Anche se mi sforzassi di farlo, non ce la farei. Si comuni-
ca con i sentimenti. Provai a farle domande pi mirate, ma si
spazient. Preferiva dirmi quel che sentiva. Ribad che ogni
paziente ha uno o pi angeli, vede i propri cari estinti e prima
di partire avr capito sia le scelte sia lo scopo della sua vita.
Katarina parl di una cosa lontana anni luce dal mio sistema
di credo, che per mi colp. Per questo ritengo importante con-
dividerla. Scegliamo noi le nostre vite, ma poi non ricordiamo
la nostra scelta. Quando ci accompagnano nella rassegna della
nostra vita, gli angeli ci ridanno il ricordo di quella scelta e allo-
ra arriviamo a comprendere la nostra verit. Nulla ci viene
imposto. Lavoriamo tutti insieme. Facciamo parte della consa-
pevolezza collettiva del mondo. Stiamo crescendo come gruppo.
Se uno di noi si ammala, ogni essere limano ne risente emotiva-
mente, anche se non se ne accorge. Per esempio, se uno di noi
sceglie il lato oscuro, altri devono assumersi l'energia di quella
tenebra e sconfggerla per recuperare l'equilibrio. Tale energia
pu manifestrarsi in molti modi: emotivamente, spiritualmente,
a volte anche con la malattia fisica. Mi fu mostrato che anche le
cellule del cancro sono di Dio. Scegliendo di assumermi la tene-
bra di un' altra persona accelerai il processo di proliferazione
delle mie cellule, tanto che sviluppai il cancro.
Ha potuto vedere gli effetti positivi che risultarono dal cancro
e dalla sua sofferenza?.
S, mi rispose. Era andato quasi tutto a favore delle sue
figlie.
Il team per la gestione del lutto segu la famiglia di Katarina
per circa un anno, cosa che mi permise di avere dei riscontri su
come stava. Le figlie abitavano con Maria e suo marito, come
era stato deciso. Erano cristiane praticanti, cantavano nel coro
e raccontavano l'esperienza della loro madre, dispensando una
guarigione emotiva a chi le ascoltava. Sono sempre pronte a
spiegare che, non importa fino a che punto si arrivati, c' sem-
pre un modo per ritrovare se stessi e Dio. Il messaggio di amore
incondizionato di Katarina aveva influenzato la sua famiglia e
gli altri, proprio come sperava lei.
Quanto a me, ora capisco che tutto ha uno scopo. Ho smes-
so di giudicare le scelte degli altri. Siamo tutti uguali, non
importa se pensiamo di essere bravi o no. Ancora una volta, le
lezioni di chi aveva lasciato questo mondo erano state profonde;
e io non posso che crescere davanti a nuove informazioni. Mi
sento umile e grato di poter essere esposto a tale saggezza e non
smetto mai di riflettere e farmi domande su ogni cosa nuova.
Sono felice di avere scelto questo cammino e sono felice di capi-
re e sapere che ho fatto la mia scelta guidato da Dio.
Un profondo rimorso
W
illiam, un paziente che veniva dall'Argentina, approd
al rinomato MD Anderson Cancer Center di Houston,
in Texas, per farsi curare un cancro ai polmoni. Dopo
tre mesi di trattamento intensivo fu trasferito al nostro hospice
perch neppure i protocolli sperimentali erano riusciti a fermare
l'espansione del suo tumore maligno aggressivo. Non pass molto
tempo dal ricovero che il suo livello di funzioni cognitive precipi-
t, lasciandolo in uno stato quasi comatoso alternato a fasi di
delirio. Durante la crisi William si agit ripetutamente nel letto e
parl spesso in tedesco, invocando aiuto a gran voce e pronun-
ciando Heil Hitler e altri saluti nazisti. Dal canto mio, gli deter-
gevo il sudore dalla fronte e gli toccavo le braccia per calmarlo.
Trovai strano che parlasse in tedesco, ma sua moglie mi disse che
entrambi erano nati e cresciuti in Germania, a Berlino, e fuggiti
in Argentina poco dopo l'inizio della Seconda guerra mondiale.
Una volta trattata la causa del delirio, ossia la disidratazione,
il suo livello di coscienza miglior. William riprese a comunica-
re e fece un sacco di domande, quali: Dove sono? Sono morto?
Ho parlato della guerra?. Gli dissi che era vivo e che era stato
ricoverato al'hospice perch il suo cancro era ormai incurabile.
E la Seconda guerra mondiale? E Hitler? Ne ho parlato in pre-
senza della mia famiglia?.
S. Ha parlato in tedesco e diceva: "Heil Hitler". No, la sua
famiglia non era presente quando successo.
In quell'istante scoppi a piangere e mi supplic di non rac-
contare a nessuno cosa gli avevo sentito dire, specialmente alla
sua famiglia. Lo tranquillizzai dicendo che avrei mantenuto i
suoi segreti e che non avrei mai giudicato nulla di tutto ci che
avesse fatto o detto. Gli rammentai che ero l soltanto per alle-
viare la sua sofferenza fisica, emotiva, spirituale e interpersona-
le, e che, semmai avesse voluto parlare delle sue paure, ero l per
ascoltarlo.
Nel corso della settimana successiva William e io maturam-
mo un rapporto di fiducia, tanto che un mattino decise di rive-
larmi che era stato un ufficiale delle SS, la guardia personale di
Hitler, durante la Seconda guerra mondiale, e che aveva assisti-
to di persona e partecipato allo sterminio della sua razza. Lo
ammise piangendo, e sembrava davvero pentito. Raccont di
avere rinchiuso cristiani ed ebrei, sia i giovani sia gli anziani,
nei locali doccia, e di avere voltato le spalle mentre altri soldati
scelti immettevano gas cianuro dai soffioni. Rievoc una notte
in particolare, quando una bella ebrea si era fermata prima di
entrare nelle docce e l'aveva guardato dritto negli occhi. Dal suo
viso non era trapelata alcuna paura, solo uno sguardo di pura
compassione che gli aveva bruciato l'anima. Quella visione lo
perseguitava da una vita.
William era stato il comandante di quel campo di concentra-
mento solo per poco tempo perch aveva contratto all'improvvi-
so una malattia polmonare potenzialmente letale. In realt,
aveva assunto una piccola dose di cianuro sperando che il vele-
no lo facesse stare male abbastanza da tenerlo permanentemen-
te fuori dalla guerra e lontano dalle atrocit naziste. Non essen-
do mai venuti a conoscenza del suo piano, i medici di Hitler ave-
vano attribuito la sua grave malattia a esposizioni secondarie al
gas cianuro. Invece di essere mandato alla corte marziale per
aver tentato il suicidio, gli era stata conferita una delle pi
ambite medaglie al valore per il servizio reso alla patria. Con un
danno polmonare permanente, William non era tornato mai pi
al suo comando.
Quando gli domandai perch era entrato a fare parte delle
SS, rispose che il suo lavoro in biochimica aveva attirato l'atten-
zione dei pretoriani di Hitler, e gli era stato chiesto di prestare il
suo aiuto affinch il suo paese si liberasse dai leader tirannici
del mondo. Rispettosamente aveva rifiutato; ma nel giro di
poche ore alcuni soldati delle SS avevano arrestato sua moglie e
i suoi figli. Essendo in possesso di archivi nei quali erano regi-
strati tutti gli ebrei della Germania, i nazisti avevano scoperto
che William, un tedesco purosangue, era sposato con un'ebrea,
e quindi che anche i suoi figli erano in parte ebrei. Gli avevano
detto chiaro e tondo che tutti gli ebrei dovevano essere arresta-
ti e condannati a morte per i loro atti criminali contro il Terzo
Reich hitleriano. Dovevo salvare la mia famiglia, spieg
William, non potevo lasciare che mia moglie e i miei figli
morissero nel modo in cui, avevo sentito dire, stavano morendo
a milioni. Come potevano degli esseri umani mettermi nella
posizione di dover scegliere tra salvare la mia famiglia o le fami-
glie altrui? cos che Hitler convinceva a eseguire i suoi ordini
mostruosi. Tutti sceglievano di salvare i propri cari, mettendo a
tacere il cuore e i principi morali. Nel giro di poche ore ci tra-
sformammo da padri di famiglia timorosi di Dio in assassini a
sangue freddo. Riuscivo solo a pensare al male che avrei dovu-
to commettere per fare del bene. Mentre ripensava al pi terri-
bile evento cui questo nostro mondo sia stato testimone,
William era abbattuto pi che mai.
Non avendo alternative, aveva acconsentito a entrare nelle
SS purch alla sua famiglia fosse permesso di lasciare la
Germania. Gli ufficiali nazisti avevano assentito, e la sua fami-
glia era stata liberata in cambio del suo impegno a portare avan-
ti la ricerca sulla guerra biologica. Infatti con l'inasprirsi del
conflitto andava incalzando anche il richiamo di Hitler a miglio-
rare l'efficienza nello sterminio di massa. William insieme ad
altri colleghi era stato riassegnato ai campi di concentramento,
dove venivano condotti molti esperimenti biologici e genetici.
Era stato l che aveva visto la vera portata del piano malvagio di
Hitler, rendendosi conto di che errore aveva commesso nel deci-
dere di salvare la sua famiglia.
Diversamente dall'utilizzo di gas cianuro per lo sterminio di
ebrei e cristiani, William non volle parlare delle ricerche di cui
era stato testimone. Non gli feci pressioni, ma non potei fare a
meno di chiedermi se non si fosse trattato di qualcosa di peggio
del genocidio. Dottor Lerma, ho fatto un patto con il diavolo e
non posso rimangiarmelo. Per me troppo tardi. Non potr mai
vedere Dio, mai e poi mai! Adesso so cosa intendeva dire Ges,
quando disse che chi salva la propria vita la perder, e chi perde
la propria vita avr la vita eterna. Mi chiese di perdonarlo; gli
risposi che non c'era nulla da perdonare e che a me non aveva
fatto alcun male. Oh, s invece, ribatt, gli angeli mi hanno
detto che il mondo intero fu devastato da quei terribili eventi, e
che tutti i nati dopo l'Olocausto ne risentono.
O/c, William. Ti perdono, replicai.
Mi sorrise e mi ringrazi. Poi mi chiese di non mettere a
conoscenza i suoi figli di ci che aveva fatto. Neppure mia
moglie sapeva fino a che punto ero coinvolto. Fino ad ora mi
sono portato dietro la mia vergogna e il mio senso di colpa in
silenzio. Ora che, finalmente, era in grado di sgravarsi l'anima,
avvertivo in lui un profondo rimorso.
Mi chiese per quanto tempo era stato in coma; gli risposi che
erano passate circa quarantott' ore. impossibile, disse con
aria sconvolta, so di essere stato all'inferno per centinaia di
anni. So che cos. Gli assicurai invece che erano trascorsi solo
due giorni e gli chiesi cos'aveva vissuto.
Ero in una grotta buia, spalla a spalla con molti altri soldati
nazisti e cattolici che erano stati implicati negli omicidi di massa.
Potevo udire i loro pensieri e percepire la loro angoscia, che
rispecchiavano entrambi il mio stesso senso di colpa e la mia stes-
sa vergogna. Il dolore emotivo era acuto, indicibile. Non finiva
mai, sembrava eterno. Quello era l'inferno, dottor Lerma.
William, come ne uscito alla fine?.
Sa, dottor Lerma, c'era sempre un bagliore in lontananza, e
io mi sentivo attratto da esso, ma avevo paura, perch non sape-
vo che tipo di giudizio mi aspettasse. Sapevo che era la luce di
Dio e mi sentivo indegno persino di guardarla. Dopo quel che
sembrarono anni passati a scrutare quel lume, ebbi infine abba-
stanza energia da lanciare un grido di aiuto. Tutto a un tratto,
notai un pertugio nella parte lontana di quella grotta buia. Dalla
piccola apertura vedevo entrare esseri luminosi, poi uscire e
rientrare, ma senza mai articolare una singola parola n un
suono. Detti per certo che fossero le guardie che trattenevano
lutti dall'andarsene e, assalito dalla vergogna per quello che ero
stato, mi feci piccolo piccolo.
Fissando intensamente gli esseri luminosi, alla fine riuscii a
incrociare lo sguardo di un' entit femminile, e con mia grande
sorpresa, in quei suoi limpidi occhi blu intravidi qualcosa di
familiare. Erano simili agli occhi della bella ebrea che avevo
scortato alle docce al cianuro. Le gridai: "Mi dispiace! Mi dispia-
ce davvero tanto!". William raccont che la visione si era fer-
mata e aveva voltato la testa per scrutare nella grotta. Ancora in
preda alla vergogna, si era ritratto nell'oscurit; ma via via che
10 spirito era avanzato in quell'oscurit, un' intensa luce bianca
l'aveva dissipata. L'anima di William era stata messa a nudo e
rivestita della piet e dell'amore incondizionato dell'angelo. Mi
parl con una voce che nei miei confronti irradiava solo
amore, spieg William. "Ti perdonai ancora prima che mi
uccidessi", ecco cosa disse. Poi fece per allontanarsi di nuovo,
ma le gridai: "Aspetta, non andare!". Lei si ferm, si volt a
guardarmi e mi tese le braccia. "Vieni con me e ti aiuter a libe-
rarti dai tuoi sensi di colpa". Esitai, perch sentivo di meritar-
meli tutti, i miei sensi di colpa. Eppure in lei c'era qualcosa di
talmente irresistibile che, piano piano, mi mossi verso il suo
abbraccio affettuoso.
Quando uscii dalla grotta fui inondato da una luce che mi
riemp di gioia e vivo amore. L'energia era cos intensa che mi
sentii mancare. Mentre cadevo lentamente, vidi,l'angelo volare
da me e afferrarmi muovendo le sue soffici ali piumate. Una
volta tornato in me, presi a parlare della mia vita. Espressi tutto
11 mio rammarico per ci che avevo fatto, le dissi che avevo cer-
cato di fare ammenda, ma nulla avrebbe mai cancellato il gelo
dal mio cuore. Allora parl: "Puoi scegliere. Puoi accettare di
avere vissuto la vita che hai scelto di vivere, perdonare te stesso
e passare oltre. Oppure, puoi provare il dolore che causasti allo
scopo di liberartene". William aveva ribattuto mestamente che
non era cos facile farsi perdonare. Le dissi: "Sono stato causa
di grande sofferenza. Ho bisogno di conoscere quella sofferenza
per potermene liberare". Lei scosse tristemente la testa e senten-
v U /-" v _ l
zio: Cosi sia .
Nella frazione di un secondo, continu William, era entrato
nella mente e nel corpo di ogni singolo ebreo e cristiano che
aveva ucciso al campo di concentramento. Aveva provato il loro
dolore, la loro paura, aveva vissuto la loro morte, tutto nello
stesso istante. Si era ritrovato internato nel lager, ucciso da una
doccia al cianuro, e al contempo nel proprio corpo mentre vol-
tava le spalle alle docce e si allontanava. Aveva implorato aiuto
e misericordia e al contempo ignorato le grida alle sue spalle.
Quella gente - quella in cui si era immedesimato - l'aveva invo-
cato a gran voce, gli aveva chiesto perch, l'aveva supplicato di
non farlo. Ricordava bene che avrebbe tanto voluto aiutarli
tutti; ma aveva avuto talmente paura per la sua famiglia da non
riuscire a farlo. Il suo conflitto interiore era doloroso quanto la
morte di tutti quelli che aveva ucciso. Provare la sofferenza di
migliaia di adulti e bambini simultaneamente, ammise infine
William, era stato orrore allo stato puro.
A un certo punto la donna di luce era tornata e gli aveva chie-
sto se era pronto a perdonarsi. William le aveva detto che lo era.
Allora tutte le persone che aveva ucciso l'avevano circondato,
perdonato, e gli avevano fatto capire che erano davvero felici
che fosse stato redento. Poi l'angelo l'aveva avvolto nel suo
abbraccio luminoso e trasportato nella luce pi intensa di Dio.
William era stato immerso nell'amore incondizionato; esso
aveva permeato il suo intero essere, e un messaggio aveva riem-
pito ogni sua cellula con la consapevolezza che Dio aveva per-
messo tutto ci che era accaduto ad fine di insegnare all'umani-
t a opporsi al male. Gli era stato detto che, a causa del libero
arbitrio, l' uomo era destinato a fare esperienza delle tenebre e
della bont. Il piano previsto da Dio per l'anima indipendente
era di imparare a liberarsi dall'odio, dalla paura, dall'arroganza
e dall'orgoglio per muoversi invece verso il puro amore.
L'Olocausto non fu creato da Dio, ma piuttosto dalla tenebra
disumana che alberga nell' uomo e che l' uomo rafforza.
L'umanit, nel momento in cui riconosce Dio, non deve aver
paura n deve cercare di controllare tali eventi; anzi, deve impa-
rare che sar in grado di sconfiggere quella stessa tenebra solo
accogliendo Dio dentro di s. Da solo non pu farlo. William
disse che quella era la lezione pi importante: Impara a dipen-
dere da Dio, ed Egli user il tuo libero arbitrio per prendere le
giuste decisioni e salvare l'umanit.
William rivel quindi che, se rifiutiamo il volere di Dio insito
nelle nostre scelte, siamo condannati. Il mio paziente aveva rnf-
= ne accettato il suo ruolo di omicida per contribuire a dare que-
Nla lezione all'umanit. Le lezioni di amore e di compassione
erano state di enorme portata, e si spera che l'uomo non permet-
ta mai pi simili atrocit. Tutta l'umanit aveva sofferto ed era
cresciuta in seguito ad dolore provocato da quelle scelte; tutto il
cielo aveva gioito quando la lezione era stata appresa e tra Dio e
l'uomo era stata stretta un'alleanza affinch tali eventi non si
ripetessero mai pi. Quando un grande dramma va in scena sul
palcoscenico della terra, l'intero universo vi assiste, resta in atte-
sa, e sente e integra le lezioni. Qualcuno deve pur fare il cattivo.
_ Ma ormai questa fase finita; imparare attraverso la sofferenza
un paradigma vecchio. tempo di abbracciare la nostra gioia
e la nostra creativit, di smetterla di giocare ai vecchi giochi e di
recitare i vecchi ruoli. tempo di perdonare noi stessi e di
lasciar perdere, come dovette fare William. tempo di abbrac-
ciare la nostra natura divina e di mutare il nostro obiettivo: non
basta sopravvivere, dobbiamo creare insieme un mondo miglio-
re. Sta a noi scegliere. giunta l'ora, come ebbe, a dire William.
Durante la sua esperienza William arriv a capire che l'ani-
ma vive per sempre e che il corpo non poi cos importante.
Non l'aveva compreso appieno finch non arriv in punto di
morte. Nelle scelte che aveva fatto non si poteva distinguere fra
giusto e sbagliato. Qualcuno doveva morire: o la sua famiglia o
11 popolo ebraico. La lezione sarebbe continuata anche se aves-
se lasciato morire la sua famiglia e rinunciato alla propria vita.
Non avrebbe potuto fermarla. Era pi grande di lui. Tuttavia,
ora che quella lezione stata data, l'intero universo ha l'oppor-
tunit di scegliere l'amore e la compassione, di prestare aiuto a
chi in difficolt. William si era reso conto che l' umanit un
tutt' uno, che quello che faceva agli altri lo faceva a se stesso.
Dopo un paio di giorni passati a raccontarmi la sua storia mera-
vigliosa, i suoi figli arrivarono dall'Argentina, e lui mor in pace,
lasciandomi qui a riflettere sulla disumanit dell'uomo verso
l'uomo e a dissipare i miei giudizi sulle scelte degli altri.
NOTE DEL DOTTORE
E ALTRI STRALCI DEL DI ALOGO CON W l L L I A M
Sull'Olocausto e sulla Seconda guerra mondiale appresi molto
pi di quanto avrei mai voluto sapere. William disse che quando
era iniziata la guerra i tedeschi volevano portare via sua moglie
per il suo aspetto da ebrea. I tedeschi tenevano dei registri meti-
colosi, prosegu William, registri che contenevano dei profili raz-
ziali. Durante la guerra i nazisti avevano richiesto a quasi tutti i
cittadini di sottoporsi a una visita medica. La visita consisteva
nella misurazione del corpo: lunghezza del naso, circonferenza
cranica, distanza fra gli occhi, altezza, peso, e poi torace, vita e
dimensioni dei genitali. Ai medici tedeschi erano state consegna-
te delle tabelle di misurazione in riferimento agli ebrei, ai russi,
ai francesi e cos via, e con quelle dovevano stabilire a che razza
appartenevano le persone esaminate. Gli scienziati sotto il regime
di Hitler erano arrivati a dire che la razza ariana aveva proporzio-
ni del corpo perfette e che le altre razze erano inferiori. In base a
quelle visite mediche il Terzo Reich aveva individuato gli ebrei e
li aveva sterminati. L'ironia di tutto ci che presumibilmente
anche Hitler era in parte ebreo. Gli storici credono infatti che
abbia fatto distruggere i registri del suo luogo di nascita per impe-
dire che fosse rivelata la verit sulle sue origini.
William raccont di avere scelto di rifugiarsi in Argentina dopo
la guerra e di essere riuscito a far fuggire anche la sua famiglia con
! soldi che avevano messo da parte. Disse che il governo america-
no gli aveva offerto un lavoro nell'ambito della biogenetica, ma di
n vere rifiutato perch era venuto a sapere che molti ingegneri e
scienziati tedeschi che avevano ricevuto l'amnistia in America
frano costretti a vivere in bunker nel deserto e a continuare la
ricerca militare. Non gli era sembrato poi tanto diverso dal regime
nazista. Allora si era accontentato di trasferirsi in Argentina, dove
nveva avviato un'azienda per la coltivazione arachidi.
Nel corso degli anni William aveva goduto di prosperit ed
era diventato un noto filantropo. Tuttavia aveva sempre vissuto
nella paura di essere riconosciuto e perseguito per i suoi crimi-
ni. Aveva passato il resto della sua vita a espiare il suo passato,
ni a non era mai riuscito a esorcizzare il suo senso di colpa fin-
ch la donna-angelo non l'aveva portato alla comprensione e
lilla saggezza.
William mi inform che gli Stati Uniti avevano ingaggiato
molti degli scienziati che avevano compiuto studi sulla clona-
zione con gli esperimenti di Hitler, scienziati tuttora liberi di
continuare il loro lavoro. Disse che in quella linea di ricerca c'
un potenziale pericolo, e che essa sar la nostra prossima lezio-
ne di vita. Con il DNA sar possibile clonare qualsiasi entit.
Nelle mani sbagliate, questa tecnologia pu essere utilizzata per
clonare la peggiore delle creazioni, incluso Hitler.
Trovai molto interessante che la donna-angelo avesse detto a
William che gli angeli, cos come gli altri esseri spirituali, non
possono parlarci, a meno che non siamo noi a chiedere loro di
(m io. Poi mi sovvenne che molti dei miei pazienti dicono che gli
esseri spirituali all'inizio non parlano, ma si limitano a sorride-
re e sembrano assumere un atteggiamento protettivo. William
ini spieg che le entit spirituali rispettano il libero arbitrio del-
l'uomo. Di solito aspettano che siamo noi a invitarli a entrare
nella nostra vita chiedendo loro di assisterci. Possono sentire i
nostri pensieri e sono disposti a rispondere alle nostre doman-
de su chi sono e cosa vogliono. La comunicazione avviene per lo
pi tramite una percezione extrasensoriale. Non ci sono corde
vocali nel mondo spirituale; soltanto il pensiero.
Chiesi a William del paradiso e mi rispose che, per come l'a-
veva vissuto, gli ricordava un'Austria bella e perfetta. Gli
domandai se aveva visto Ges, Buddha o Maometto. Disse che
si trovano tutti l, ma non vengono chiamati con quei nomi.
Sono solo esseri luminosi, manifestazioni dell'energia di Dio. In
paradiso nessuno viene designato con i nomi terrestri. Ci sono
gerarchie angeliche con angeli fisicamente pi grandi e lumino-
si e angeli che sono l'opposto; ma nessuno pi importante
rispetto agli altri. Gli domandai dell'inferno e William di riman-
do mi chiese: Non ha sentito la mia storia?. Disse che ci che
aveva vissuto era stato un inferno sulla terra e gli era bastato.
Credo proprio di essere d'accordo con lui.
L'infermiera-angelo
A
lle sette del mattino iniziai il mio solito giro di visite
didattico con tirocinanti e infermiere. Nella prima stan-
za c'era una donna di 82 anni di nome Mildred cui era
slato diagnosticato un cancro ovarico con metastasi estesa alle
( >ssa, ai polmoni e a molti visceri.
La notte precedente aveva perso e ripreso conoscenza pi
volte e aveva patito forti dolori. In quel momento per, ora che
Il dolore era sotto controllo e dopo essere stata reidratata a
dovere, Mildred era sorprendentemente vigile ed esuberante. Ci
esort a entrare tutti con un caldo benvenuto e ci ringrazi per
averla liberata dal dolore.
Tutto quel male le aveva fatto avere le allucinazioni, ammise,
un entrare e uscire dal delirio. Non saprei dire quello che mi
successo. Ma una cosa me la ricordo bene. Un incubo. Vedevo i
miei dieci fratelli e sorelle stipati in una Volkswagen che viag-
giava nello spazio. Spero proprio che sia stata solo un'allucina-
zione! esclam ridendo. Poi si lasci visitare e rispose di buon
grado alle domande dei tirocinanti. La sera, prima di tornare a
casa, ripassai da lei per un altro controllo. La trovai ancora rag-
giante.
Come sta, signora Mildred? domandai.
Mai stata meglio, dottor Lerma. Non riesco a credere di
essermi ripresa. Sto aspettando la mia badante notturna; ma
prima che arrivi vorrei chiederle una cosa.
Al suo servizio.
Mildred disse che la mattina, quando lo staff medico era usci-
to, erano rimaste nella stanza molte persone. All'inizio aveva
pensato fossero dei tirocinanti, ma nessuna le aveva parlato, e i
loro camici erano insolitamente lunghi e di un bianco brillante.
Di l a qualche secondo erano scomparse tutte. Mildred, che era
un tipo allegro, comment: Saranno stati tutti i margarita che
mi sono scolata ieri notte!.
Risi e le dissi di non preoccuparsi. Probabilmente colpa dei
farmaci che le sono stati somministrati.
Forse s. Ma allora perch adesso vedo i miei defunti madre
e padre, pi altre persone bianche - proprio l, vicino a lei - che
penso siano angeli?. In preda a un gelo improvviso, dovetti
sembrarle alquanto perplesso, perch mi disse: Tutto ok, dottor
Lerma. Non sono matta, e loro sono molto tranquilli.
Ne sicura, Mildred?.
Sicura come il cancro che ho nella pancia. Non sapendo
che dire, mi limitai a chiederle come sapeva che erano angeli.
Potrei dirlo dalla luce bianca che emana il loro corpo. una
luce molto intensa che mi fa sentire amata e che andr tutto per
il meglio.
Vede ancora i suoi fratelli e sorelle nella Volkswagen?.
No, non pi da ieri notte.
Si sente male come la notte scorsa, o prova ansia o dolore? Le
hanno dato dei sedativi di recente?.
No a tutte le sue domande, dottor Lerma. Le ultime medici-
ne che mi diedero risalgono a pi di dodici ore fa. Come le ho
appena detto, non sono mai stata meglio.
Interessato alla differenza fra quelle esperienze e le classiche
allucinazioni della notte precedente, le chiesi di spiegarsi
meglio. Dottor Lerma, loro non sono pi qui con noi, ma giuro
che erano reali quanto lei.
Mi sa dire cosa volevano e com'erano?.
I suoi genitori le avevano detto che il suo angelo sarebbe
venuto da lei pi tardi quella sera per far s che passasse all'al-
tra vita in loro presenza. Nonostante fossero morti in tarda et,
Mildred me li descrisse come due persone sui trent' anni, in salu-
le e con indosso vestiti normali. Le avevano anche detto che la
sua preghiera era stata esaudita: sarebbe vissuta abbastanza a
lungo da poter vedere un' ultima volta i suoi familiari, che al
momento erano all'estero. Le avevano assicurato che tutte le
persone e gli angeli che vedeva erano l per sostenerla e proteg-
gerla dal dolore. Quando la badante entr in camera, Mildred
cambi discorso dicendo che era ora di andare a dormire.
L'abbracciai e le diedi appuntamento al solito orario delle visite
il mattino seguente. Mi sorrise, mi diede un bacio in fronte e
disse: Dorma con gli angeli, dottor Lerma.
Con l'approssimarsi della sua ultima ora, iniziai a visitare
Mildred pi volte al giorno. Mi parlava sempre di luci, di angeli
e di apparizioni dei suoi familiari. Quando entrai in camera sua
la terza sera, la badante notturna era gi arrivata. Toccai
Mildred sulle braccia e sulle mani, e constatai che era poco reat-
tiva anche se era a letto tranquilla, i suoi bei capelli bianchi
allungati sul cuscino. Mi accorsi che sorrideva mentre guardava
in un angolo della stanza, perci le chiesi: Principessa, vede
ancora gli angeli?. (Le piaceva quando la chiamavo principes-
sa o tesoro mio. Diceva che la facevo sentire ancora giovane).
S. E stasera brillano pi del solito.
Le parlano?.
No, dottor Lerma. Si limitano a emanare un senso di pace
verso di me. Si sta cos bene. Le chiesi quanti ne vedeva.
Proprio adesso ce n' uno solo nell'angolo, ma spesso sono da
tre a dieci, tutti diversi. difficile dire quanto sono grandi. Se
guardo il soffitto, sar alto quasi tre metri. Ma loro sembrano
anche pi alti. La vidi spostare lo sguardo da un angolo all'al-
tro della stanza. Dietro agli angeli ci sono montagne magnifi-
che e vaste foreste con uccelli e altri animali, e bambini che ci
giocano in mezzo. Ho fissato pi e pi volte la scena, e mi sono
accorta che fra i bambini, una sono io, il resto amici miei gi
passati all'altro mondo. Giochiamo a Boulder, la citt dove sono
nata, in Colorado. Ho anche riconosciuto che pomeriggio : il
giorno del mio compleanno.
Fu allora che l'angelo nell'angolo le parl. Sono sempre
stato con te. Sono sempre stato qui, mi rifer Mildred subito
dopo, e le torn in mente che da bambina aveva visto un ange-
lo, ma nessuno le aveva creduto; poi, crescendo, se l'era dimen-
ticato. Mi domandai se vedesse davvero il suo passato e, in tal
caso, se ci facesse parte della rassegna della sua vita.
Mildred aveva ricevuto un'educazione cattolica ed era sempre
stata una donna molto mite e umile. Quando suo marito era
morto di infarto l'anno precedente, lei aveva trovato conforto
nella convinzione che fosse andato in paradiso da Ges e Maria.
Poi, a sei mesi dalla morte, l'uomo le era apparso in un sogno
ricorrente per dirle che Scerebbero stati di nuovo insieme, presto e
per sempre. Mildred ne era stata felice e si era dichiarata pronta
a seguirlo. L'angelo le disse che quel sogno corrispondeva a real-
t e non avrebbe tardato ad avverarsi. Questo perch Mildred era
sempre stata buona e aveva sempre avuto fede in Dio; di conse-
guenza, nella sua vita non c'era molto da rivedere. L'angelo
aggiunse che Dio era molto orgoglioso di lei per tutto l'amore
incondizionato che aveva riversato su amici e familiari. Mildred
si era sempre sentita in colpa per non aver frequentato la chiesa,
ma il suo amore per Dio non si era mai spento, ed era ovvio che
a Dio interessasse di pi l'amore. Questo fatto mi ha sempre col-
pito, ossia che i malati con un forte senso di identificazione con
Dio e un altrettanto forte desiderio di unirsi a Lui sembravano
morire sereni e nel giro di poco tempo. Una cosa per era certa:
che Mildred traeva piacere dalle sue visioni ed esperienze.
Le badanti andavano e venivano e quando capitava ascolta-
vano le mie conversazioni con Mildred. Un giorno una di loro
mi prese in disparte e mi domand se nel nostro staff c'era
un' infermiera che portava ancora la divisa vecchio stile, con
calze e scarpe bianche e la classica cuffia. Risposi che, per quel
che ne sapevo, nessuna la indossava pi, e le domandai perch
me lo chiedeva. Be', nelle prime ore del mattino venne un'infer-
miera bellissima - radiosa direi - con un libro luminoso, mi
rifer. Lo apr e si mise a parlare a Mildred a bassa voce. Da
quello che potei vedere, nel libro c'erano file e file di nomi.
Mildred apr gli occhi, ascolt e parl con lei. Bisbigliavano e
sembravano seguire le liste nel libro. Dopo circa dieci minuti
l'infermiera lo chiuse, baci Mildred sulla fronte e usc dicendo:
"Dio sempre con te".
Incuriosita, la badante si era sporta per fermarla e chiederle
di cosa avevano parlato; ma la sua mano era passata attraverso
il corpo dell'infermiera, che aveva tirato dritto ed era uscita
dalla porta chiusa. Ormai non c'era pi nulla che mi stupisse,
quando si trattava di Mildred. per questo che mi chiede del-
l'infermiera?.
S. Sapevo che parlandone con lei non mi avrebbe dato della
pazza. Vedo che ascolta con grande interesse le storie degli
angeli di Mildred. Dottor Lerma, quando corsi alla porta e l'aprii
vidi l'infermiera-angelo entrare nella stanza qui vicino. Allora
andai subito alla postazione infermieristica a chiedere di un'in-
serviente con la divisa tradizionale. La descrissi per filo e per
segno, ma alle due infermiere di turno non risultava ce ne fos-
sero delle altre in giro. Per assicurarsi che i pazienti stessero
bene, erano andate tutte e tre nella stanza dove la badante aveva
visto entrare la misteriosa apparizione; ma a parte Joseph, che
dormiva tranquillo e sereno, non avevano trovato nessun altro.
Il giorno dopo chiesi a Mildred dell'infermiera. Era un ange-
lo, mi rispose. Parlammo di alcuni miei conoscenti gi passa-
ti a miglior vita, e poi ripercorremmo la mia vita matrimoniale.
Non so dirle altro, dottor Lerma. Mi spiace. Le dissi che non
importava, e la ringraziai per la sua gentilezza e sincerit.
Proseguendo nel mio giro quotidiano, entrai nella stanza
vicina per vedere Joseph e, dopo averlo visitato, gli chiesi se si
ricordava di un' infermiera con una vecchia divisa tradizionale
venuta da lui la scorsa notte. Mi guard di traverso e mi doman-
d perch volevo saperlo. A essere sincero, risposi, perch la
badante della signora qui accanto giura di avere visto un'infermie-
ra-angelo entrare prima di l, poi di qua. Ero solo curioso di sape-
re se ha visto qualcuno anche lei.
S, dottor Lerma. E venuta una bella signora vestita da infer-
miera e ha pregato con me dopo avermi chiesto in cosa credo. Ha
detto che ero nel suo libro e che mi avrebbe aiutato a prepararmi
alla mia vita nuova ed eterna con Dio. Grazie a quell'apparizione,
Joseph era riuscito a perdonare se stesso e attendeva l'occasione
per farsi perdonare anche da sua moglie e dai suoi figli per averli
abbandonati. Disse di essersi pentito in presenza di Ges Cristo e
che gli era stato concesso del tempo extra per dire loro addio.
Essendosi isolato da dieci anni, i suoi familiari non sapevano nulla
della sua malattia. Gli assistenti sociali si erano dati da fare per
localizzarli, ma fino ad allora non ci erano ancora riusciti.
Joseph aveva ripercorso la sua vita sotto la guida dell'infer-
miera-angelo, e aveva scoperto che tutto ci che lo preoccupava
era gi scritto nel libro luminoso. Dottor Lerma, lasci che le
dica cosa ho appreso da quell'angelo e da Ges. Sa, tutto gira
intorno al nostro libero arbitrio; senza di esso, il disegno perfet-
to di Dio non si sarebbe mai realizzato. Dio fu persino disposto
a morire perch il libero arbitrio continuasse a esistere, perch
avessimo ripetute opportunit di procedere verso la sua com-
piutezza finale: il nirvana. La vita di Ges fu il prezzo da paga-
re per darci "settantasette volte sette" la possibilit di riparare ai
nostri torti. Senza la sua morte, finiremmo per autodistrugger-
ci ed entrare in un nulla eterno. Dio lo sa, che tendiamo a devia-
re dal sentiero retto e angusto. Quanto a me, era a conoscenza
di tutto il dolore che provai a causa delle mie scelte; ma lasci
correre perch, alla fine, un bene pi grande avrebbe surclassa- ,
to tutto il resto. Se ai nostri occhi ogni cosa quadra solo alla
fine, agli occhi di Dio quadrava sin dall'inizio.
Joseph aveva dovuto imparare le lezioni dell'alcolismo, dell'i-
solamento e della depressione, che erano servite ad aiutare anche
i suoi defunti madre e padre. Infatti, i suoi genitori lo avevano
abbandonato proprio come lui aveva abbandonato i suoi figli.
Alla fine della conversazione con Ges e con l'infermiera-angelo,
gli era stato detto: Tua moglie e i tuoi figli verranno a trovarti.
Alcuni angeli stanno organizzando l'incontro proprio adesso. Il
dono dell'amore incondizionato e dell'apertura dei loro cuori al
perdono si compiuto, figlio mio.
Gli assistenti sociali riuscirono a contattare i familiari di
Joseph appena due giorni prima che morisse. La notizia scosse
Ilitla la famiglia che, abitando in citt, arriv subito al'hospice.
Cercai di aiutarli a capire cosa stava succedendo. Dissi loro del
l'I morso che provava Joseph per averli abbandonati e che ci
teneva sapessero che aveva sempre pensato a loro e li aveva
ficmpre amati. Quando entrarono in camera sua, Joseph fu tal-
niente felice di riabbracciarli che pianse come una fontana e
ripet loro pi volte che voleva loro un bene immenso. And
proprio come avevano detto l'infermiera-angelo e Ges.
Joseph e Mildred furono gli unici due pazienti ad avere visto
l'infermiera-angelo. Probabilmente era la loro guida per l'aldil,
nonch una sorta di legame tra i due. Joseph e Mildred infatti
morirono lo stesso giorno. Mildred se ne and con un sorriso,
molto tranquillamente. C'ero anch'io quando accadde. La sua
I n miglia arriv in tempo per salutarla, dichiararle il proprio affet-
to e apprezzarla pgr la donna gentile che era sempre stata. Anche
Joseph mor attorniato dai suoi familiari, colmo di un amore tale
ila essere quasi tangibile.
La comparsa dell'infermiera-angelo fu un evento straordina-
rio; ma per me le guarigioni emotive e spirituali in fin di vita -
delle vite smisuratamente diverse - di Joseph e di Mildred furo-
no un evento ancor pi importante che testimoni gli effetti del
vero amore incondizionato di Dio.
NOTE DEL DOTTORE
0 ALTRI STRALCI DEL DI ALOGO CON Ml L DRED
Spesso accade che i pazienti vicini di camera abbiano le stesse
visioni o vivano le stesse esperienze, e che muoiano nello stesso
momento. Altrettanto curioso che i parenti di pazienti deceduti
diYhospice, malati a loro volta, vengano ricoverati nella stessa stan-
za. Non insolito. Per esempio, ho visto mariti e mogli finire nella
slessa camera a distanza di anni. Nel momento in cui viene asse-
gnata la stanza, non si conosce ancora la storia del paziente.
Secondo alcune infermiere, certe camere hanno un particolare
tipo di energia che attrae sempre lo stesso tipo di pazienti. Pu
essere che a ogni stanza corrisponda un campo specifico di ener-
gi elettromagnetica? Ad alcuni membri del nostro staff capita di
frequente di sentire rumori misteriosi da certe camere, anche se
all'interno non ci sono n pazienti n macchinari. Da alcune pro-
viene un respiro profondo e regolare (simile al soffio di un venti-
latore), da altre echi di risate o di versi di animali. come se a ogni
stanza fosse assegnata una particolare esperienza e vi fossero por-
tali di accesso ad altre dimensioni, nonch determinate entit spi-
rituali che assistono il malato nella rassegna della sua vita. Una
volta Mildred disse: Dottor Lerma, forse non vede nulla di quello
che vedo io perch Dio opera nella mia mente. Lui che mi mette
in testa le immagini. Oppure sono davvero qui fuori?.
Probabilmente entrambe le cose. Ho sentito raccontare diver-
si tipi di visioni.
0 Dio che si manifesta nella nostra mente, oppure siamo
noi a creare la nostra realt, mi fece eco Mildred.
Da scienziato, sono arrivato a credere che la nostra idea di
realt dipenda dal modo in cui Dio lavora con noi. Forse per
questo che ogni malato terminale ha una propria immagine del
cielo. Il cielo quel che abbiamo creato nella nostra mente, ed
quel che cerchiamo quando stiamo morendo. Dio lo sa, e ci
viene incontro nella nostra creazione per aiutarci a passare
oltre. Quando studiavo fisica, mi chiedevo sempre se mi vedes-
sero tutti, se capissero e sentissero ci che sono, e se s, perch.
Una teoria era che il DNA umano ci posiziona tutti sulla stessa
frequenza di realt. Ma quando moriamo, ossia quando muore
il nostro DNA, non potrebbe darsi che il nostro, diciamo, cana-
le di frequenza si sintonizzi su una realt diversa dal nostro
corpo? Fosse davvero cos, cio se la nostra energia cambiasse
solo forma, allora esisteremmo per sempre. Mildred non rivolse
agli angeli questa domanda, ma con un sorriso ammiccante mi
disse: Ha davvero importanza? Le mie visioni so che non ven-
gono n dal diavolo n da una frequenza negativa, perch mi
fanno stare benissimo e mi rendono euforica.
Pi che vincere al lotto? chiesi.
Dottor Lerma, pi di tutti i margarita al mondo! rispose
Mildred, sorridendo. Le volevo troppo bene!
Ai miei pazienti capita spesso di vedere cose negli angoli
della stanza. Sempre negli angoli, mi conferm anche
Mildred. A quanto pare, gli angoli sono un punto focale da cui
si entra e si esce dalla nostra dimensione. Quando le chiesi se
secondo lei qualcuna delle sue visioni derivasse dal lato oscuro
o da un mondo di ombre, Mildred rispose: Come pu un' om-
bra produrre dei colori tanto nitidi e brillanti? So che le ombre
non c'entrano. Le mie visioni sono talmente ricche d' amore e di
pace che qualsiasi tenebra verrebbe sbaragliata.
Mildred fu piuttosto lucida e si espresse con chiarezza nella
maggior parte delle nostre conversazioni: sapeva il suo nome,
dove si trovava, cosa succedeva al momento, ed era sempre in
grado di raccontare le sue visioni e di riferire i messaggi angeli-
ci nei minimi particolari. Se all'inizio metteva in dubbio le sue
esperienze, alla fine le difendeva dicendo che erano vere come il
suo cancro. Oh mio Dio, tutto cos reale! esclamava.
Se Dio non esiste e tutti hanno queste visioni, ragion
Mildred una volta, sarebbe come dire che a consentirci di fare
simili esperienze dovrebbe essere il nostro corpo, un corpo inte-
so a darci pace al momento della morte, ma senza un perch,
per caso. Sarebbe incredibile. E altrettanto incredibile sarebbe
se anche l'empatia con gli esseri delle visioni avesse origini del
=
^ lutto casuali, pur essendo tanto specifica. strano che nelle mie
visioni non ci sia mai stata una sola persona ancora viva. Solo i
morti vengono a trovarmi. Come fa a essere tutto casuale?
Sapere che Dio orgoglioso di me solo per avere amato Lui
e la mia famiglia fu sconcertante. Pensiamo sempre che preten-
da molto di pi, quando in realt vuole solo essere amato e che
amiamo anche i nostri cari e noi stessi. Il resto viene da s. Ho
vissuto una vita felice. Non c'entra l'entit o la quantit delle
cose che si fanno; prendermi cura dei miei figli stato pi che
sufficiente. Gli angeli mi mostrarono che i miei figli faranno
grandi cose, e questo mi d gioia e pace.
Il figlio di Mildred sarebbe diventato prima avvocato, poi giu-
dice, e avrebbe aiutato le vittime delle violenze familiari. La
figlia invece avrebbe avuto molti bambini, ognuno dei quali
avrebbe passato l'eredit dell'amore ai propri figli. come una
corsa a staffetta, mi spieg, dove bisogna passare il testimone
al compagno di squadra, trasferendogli i propri talenti; se un
membro della squadra non ha corso come avrebbe dovuto, sta
al successivo recuperare il terreno perduto. Molte corse posso-
no ancora essere vinte fintanto che esiste una persona che pu
recuperare il terreno perso da tutte le altre. Per l'umanit, quel-
la persona Ges Cristo. Per vincere la eorsa della vita, dobbia-
mo amare e insegnare ai nostri figli l'amore totale e il perdono,
perch tramite i nostri figli che il mondo pu cambiare.
Chiesi a Mildred quel che tutti vogliono sapere: Qual il
significato della vita?.
Non posso dirlo, perch ogni anima deve scoprirlo da s. Ma
ricordo un brano della Bibbia che gli angeli mi ripetevano di
continuo mentre ripercorrevo la mia vita. Forse pu esserle
d' aiuto a trovare la risposta. Lesse i versetti 2-5 del capitolo II
del Libro dei Proverbi:
Ascolta quel che insegna la sapienza,
cerca di capire le lezioni dei saggi.
Ricerca la conoscenza,
e desidera la saggezza,
come si desidera l'argento
o si va in cerca di tesori.
Se farai cos, capirai che cosa vuol dire
temere il Signore
e imparerai a conoscere Dio.
Mildred disse che lo scopo della vita uguale per tutti, come
sanno sia Dio sia il nostro spirito, ed arrivare a comprendere
che Dio ama, perdona e ha misericordia di tutti. Dio non cono-
sce il negativo e per noi desidera solo il positivo. Mildred aveva
capito che l'inferno non esiste come ce lo immaginiamo; quella
una proiezione umana derivante dalla paura. La paura ci con-
duce dove non vorremmo andare. Non bisogna arrivare a teme-
re Dio, ma ad amarlo. Inferno essere separati da Dio. La tene-
bra si trova nel nostro corpo, e sta a noi invitare Dio nel nostro
cuore perch possa limitare la nostra malvagit. uno sforzo
costante e quotidiano che richiede la preghiera. Dopo aver pro-
vato l'amore incondizionato del cielo con gli angeli, sarebbe dif-
ficile ritornare alla terra, disse Mildred.
Padre Mike
S
ubito dopo avere assistito alle funzioni di mezzogiorno
nella cappella dell'ospedale mi avvertirono che un prete
cattolico molto amato e rispettato stava per essere trasfe-
rito al nostro hospice. Mi sentii subito onorato che fosse stato
chiesto proprio a me di occuparmi di lui, di un uomo che con
grande volont e tanto amore aveva dedicato la vita a realizzare
il disegno di Dio sulla terra. (Sono cresciuto in una famiglia cat-
tolica, perci ho un grande rispetto per la chiesa e per i preti).
Padre Mike era un sacerdote in pensione di 78 anni, nonch l'ex
rettore di un'universit cattolica. Era una persona brillante e
misericordiosa e aveva la reputazione di essere molto pratican-
te. Un anno prima gli era stato diagnosticato un cancro alla
testa e al collo, seguito da una seconda diagnosi primaria di can-
cro ai polmoni. Dato lo stadio avanzato della malattia, il suo
organismo non aveva risposto positivamente neppure alle tera-
pie pi aggressive. Alla fine non gli era rimasto che l'hospice. Al
momento del ricovero, Padre Mike era emaciato e afflitto da
forti dolori. Gli mancava un occhio, mentre l'altro era affetto da
una grave cataratta. Eppure, considerate le sue condizioni, era
di buonumore, persino loquace, anche se la sua voce era rauca
per il cancro.
Sin dal nostro primissimo incontro Padre Mike volle mettere
in chiaro che era suo desiderio provare il dolore nella sua forma
pi pura. In quanto specialista in terapia del dolore, quella fu
per me sia una richiesta inammissibile sia un conflitto tremen-
do. Lasciare che soffrisse equivaleva a violare il mio giuramen-
to di lenire il dolore in fin di vita, per non parlare del dilemma
etico; fortunatamente il Self Determination Act del 1990 [atto
che sancisce il diritto del paziente all'autodeterminazione tera-
peutica - N.d.R.] e il principio etico dell'autonomia davano ai
pazienti capaci di intendere e di volere il diritto di poter fare le
proprie scelte sui trattamenti medici e su altre questioni di salu-
te. Dunque non mi rest che seguirlo con le mani in mano men-
tre soffriva dolori atroci. Ma dopo alcuni giorni, Padre Mike
volle cambiare medico. Pensava fossi troppo empatico e che
prima o poi avrei ignorato le sue disposizioni, impedendogli di
soffrire come voleva. Mi chiese tuttavia di continuare a passare
a trovarlo per parlarmi della sua esperienza.
Padre Mike comprendeva il mio vivo desiderio di aiutarlo e
pi in generale era rimasto impressionato da quanto ci tenessi
ad alleviare la sofferenza altrui. Sapendo che all'universit
aveva tenuto corsi sull'importanza della sofferenza per la liber-
t spirituale, gli chiesi se non gli dispiaceva condividere il suo
punto di vista con me. Ne fu deliziato, e allora cominciarono le
mie due settimane di quel che potrei definire un corso univer-
sitario sugli effetti positivi del dolore a cura di un rinomato teo-
logo. Ritengo tuttora che aver potuto cogliere l'occasione di far
parte della sua ultima classe terrena sia stato un vero onore.
Ridendo, mi disse di prendere appunti, perch ci sarebbe stato
un test dall'oggi al domani.
Padre Mike inizi con l'istruirmi sui credo dell'Opus Dei
riguardo al dolore fisico e non. Anche lui era convinto che gli
atti di sofferenza volontari aiutassero molte anime in tutto il
mondo, inclusi i nostri pazienti dell'hospice. Disse che avrebbe
sofferto per me. Avvertii un grande amore in quella sua offerta,
ma replicai che non volevo aggiungermi al suo carico di dolore.
Per tutta risposta, Padre Mike insistette che dovevo avere fidu-
cia nel processo spirituale. A quel punto, la sua prognosi era fra
i cinque e i dieci giorni di vita e lui vedeva gi gli angeli e altri
sacerdoti deceduti. Ammise che gli erano di grande conforto.
Essendo pi interessato alle visioni angeliche che alla sofferen-
za secondo l'Opus Dei, iniziai a fargli domande sulle apparizio-
ni: che aspetto avevano, chi altro c'era e qual era il loro scopo.
Rispose che erano presenti anche molti arcangeli; erano accor-
si a proteggerlo mentre negoziava per assumersi il dolore fisico
ed emotivo. Ancora quella parola: negoziare.
Quando si prova un dolore profondo, si diventa vulnerabili
alle tenebre. Gli angeli mi proteggono, consentendomi di non
abbandonare il mio scopo, ossia fare dono della mia sofferenza
al mondo senza chiedere nulla in cambio. Gli angeli lo sostene-
vano, continu Padre Mike, e discorrere con loro era edificante.
A volte, per infondergli coraggio, gli rivelavano gli effetti positi-
vi della sua sofferenza sull'umanit. Era questo che gli dava la
forza di continuare. Gli domandai se il suo dolore fosse insop-
portabile. Mi rispose con un sonoro: S che lo ! Ma che ci
creda o no, non provo altro che gioia e ammirazione per Dio. La
sa una cosa? Credo proprio che il mio dolore sia stato converti-
to in gioia. Dio non forse il migliore?!.
Certamente, Padre Mike. Dio il migliore, acconsentii.
Gli parlai del nostro caro Matthew, che tempo addietro aveva
detto le sue stesse cose. Probabilmente quel bambino era un'a-
nima dallo spirito molto temprato, comment Padre Mike. I
bambini malati terminali che accettano di soffrire fanno del gran
=
bene. Disse anche che i bambini non devono necessariamente
stare male per vedere gli angeli. Questo perch il loro legame con
il regno degli angeli pi stretto di quello degli adulti.
A un certo punto notai che dava segno di provare un intenso
dolore fisico, ma neanche allora riuscii a smuoverlo dalla sua
decisione. Mi ribad che la sua sofferenza era consacrata a Dio,
e che Dio la convertiva in gioia e amore, i due ingredienti chia-
ve per fare i miracoli. Padre Mike, dice sempre che deve sentire
lutto il suo dolore per aiutare il mondo. Be', scusi, ma se poi Dio
glielo porta via, a che serve?.
Il dolore non solo dolore fisico. La vera sofferenza il
dolore spirituale. A ben vedere, per, non neanche sofferenza.
Soffrire da un punto di vista spirituale equivale in realt a gioi-
re. Il modo pi facile per spiegarglielo, dottor Lerma, tramite
un'analogia con la scienza e la fisica. Se vogliamo, l'energia
grezza si distingue in vera gioia o vero dolore spirituale a secon-
da della sua carica elettrica pura: il dolore ha carica negativa e
la gioia, positiva.
Per fugare il dolore si pu scegliere o di utilizzare gli apposi-
ti farmaci, che lo mascherano, oppure di invertire la carica della
molecola. In sostanza, si bombarda la particella con cariche
opposte fino a ottenere la sua controparte o antimateria. Ma sic-
come un processo troppo complicato per l'uomo, non si pu
fare altro che dare via libera ai propri dolori e affanni, e lascia-
re che Dio faccia il resto. sempre e comunque una questione
di libero arbitrio. Dio ci ama lo stesso, a prescindere da che
decisione prendiamo. Insomma: si pu capire cos' la gioia solo
se si prova il dolore. Ed entrambi i sentimenti ci portano a Dio.
Davanti a quella spiegazione scientifica rimasi senza parole. In
fondo, aveva un certo senso.
Volendo saperne di pi sulle entit che chiamava angeli, gli
chiesi di descrivermi cosa facevano, cosa dicevano e cos via.
Buona idea, concord Padre Mike. Parliamo di queste belle
creature di Dio e dei loro poteri. Per quanto riguarda il loro
aspetto, be', cambia. Vede, gli angeli possono apparire diversi da
un momento all'altro, in primo luogo per luci e colori. Mi sem-
bra di aver capito che a determinare i loro cambiamenti siano le
emozioni delle persone in loro presenza. Per esempio, quando
stavo passando un brutto momento per la mia malattia, la loro
luce si affievol. Ma riuscirono subito a tirarmi su di morale
irradiando amore verso il mio cuore. Pochi minuti ed ero di
nuovo sereno, cos come la loro luce era tornata a splendere. Da
allora sono quasi sempre pieno di gioia e di entusiasmo, fiducio-
so di poter fare qualcosa di buono per il mondo intero prima di
morire. Eppure, qualsiasi cosa dicesse, per me era ancora dif-
ficile starlo a guardare mentre soffriva. Dottor Lerma, quando
irradiano amore al massimo, gli angeli sono di un bianco molto
luminoso.
Pensai che ci fosse conforme alla scienza dell'energia dei
fotoni, dove le energie pi elevate emanano pi luce. Il loro
spettro luminoso va dall'oro al giallo, dal blu al verde, dal rosa
al viola, continu Padre Mike. I colori che ne fanno parte sono
molto pi brillanti e radiosi di quelli dello spettro terrestre. La
luce fluttua tutto intorno a noi con varie intensit. Dottor
Lerma, proprio adesso la sua aura color oro ed emana pace e
amore. E l mi colse davvero alla sprovvista; infatti, piuttosto
insolito sentire un prete cattolico parlare di aura.
Quando ci eravamo conosciuti, disse che mi ero sintonizzato
sul suo dolore e che la mia aura era diventata opaca perch avevo
permesso al suo cancro di controllarmi. Mi insegn che nel tratta-
re il dolore devo intendere la malattia e la sofferenza (a tutti i livel-
li: fisico, spirituale, sociale ed emotivo) come necessarie affinch il
malato terminale apprenda le sue lezioni. Il suo male lo aiuta ad
avvicinarsi a Dio e a capire l'interconnession fra tutte le cose di
questo mondo. Dottor Lerma, Dio ha fatto s che lei avesse una
passione per la terapia del dolore, e vuole non solo che lei continui
a lenire ogni tipo di sofferenza, ma anche che spieghi questa forma
di medicina ai suoi colleglli. I medici hanno tanto bisogno di
imparare a curare la mente, il corpo e lo spirito del malato e ad
avere parole affettuose e comprensive per la sua famiglia, in modo
tale da permettere al malato un trapasso sereno e alla famiglia di
accettare prima la perdita. Dottor Lerma, questo tipo di medicina
contribuir a dare pace al mondo.
Padre Mike, gli angeli le parlarono di reincarnazione? gli
domandai.
No, ma con Dio tutto possibile. Gli angeli parlano sempre
dell'importanza di questa vita rispetto alla nostra eterna soprav-
vivenza con Dio. Quanto a me, ho un gran bisogno di finire la
mia missione, quella di vivere la vita che ho predicato e ho inse-
gnato finora. Se la ragione principale per reincarnarsi finire di
apprendere le proprie lezioni e fare ammenda, credo proprio
che il nostro Dio di amore ci consenta di farlo nell'altro mondo.
Per noi cattolici quel posto il purgatorio. Per altri l'inferno.
Padre Mike, che mi dice dell'inferno? la risposta di Dio a chi
si rifiutato di imparare le proprie lezioni o a chi ha commesso
peccati imperdonabili?.
Di questo invece ne hanno parlato. Gli angeli mi hanno con-
fermato l'esistenza di un lato oscuro, ma diverso da come se lo
immagina l'uomo. L'inferno la separazione volontaria dell'ani-
ma dalla luce di Dio. Dio non abbandona mai la sua creazione.
Ce lo dice anche il Libro dei Salmi, nel capitolo 139, versetti 7-8:
Dove potrei andare lontano dal tuo spirito?
Dove potrei fuggire lontano dalla tua presenza?
Se salgo in cielo, tu sei l;
Se scendo agli inferi, tu sei l.
Avendo a disposizione un'eternit, Dio opera affinch l'anima
carica di sensi di colpa impari prima a perdonarsi, poi ad amarsi.
Non appena ci riesce, l'anima sceglie di muoversi verso la luce di
Dio, ossia il cielo. Dio puro amore! Noi no! Siamo noi a creare il
nostro inferno, non Dio. Al contrario, Dio crea la nostra via d'usci-
ta dall'inferno. Gli angeli mi dissero che l'umanit non destinata
ad andare all'inferno. Vi si trova gi chi di noi ha voluto separarsi
da Dio. Dobbiamo cercare di uscirne. Dio e gli angeli erano preoc-
cupati perch oggi ci vedono esposti pi spesso ai peccati che alla
bont altrui, e questo favorisce la nostra tendenza al peccato. Ad
esempio, le notizie negative dei telegiornali locali e internazionali
influiscono in modo oscuro sulle nostre anime, ci metteno nella
posizione di sviluppare paura dell'altro e di sputare sentenze senza
prima valutare le prove a suo carico o metterci nei suoi panni.
Tutto questo aggrava la negativit nelle nostre anime e ferisce pro-
fondamente Dio. Gli angeli con cui ho parlato si occupavano di
vari progetti volti a stimolare l'ottimismo nel mondo; fra tutti>
quello di accrescere il numero degli addetti timorati di Dio nei pro-
grammi di intrattenimento e nei telegiornali .
Ero talmente affascinato dalle informazioni che mi stava
dando da non sapere pi che altro chiedere. Allora decise lui:
Parliamo della pace.
Ottimo argomento, replicai. Come pu Dio continuare a
manifestarsi in un'era in cui carestie, disastri e malattie sembra-
no proliferare senza freni?.
Bella domanda. In gran parte ho gi risposto. Ci pensi su un
momento e mi dica cosa ha capito di quel che le ho appena
detto sulla sofferenza.
Gli chiesi se poteva essere pi preciso. Sia nel particolare,
sia in generale, saranno la pace, l' amore e la tecnologia (ossia la
tecnologia integrata con la spiritualit) ad aiutarci ad affronta-
re i nostri problemi di guerre, carestie e malattie. Quando Dio ci
clon la tecnologia, noi abbandonammo la nostra spiritualit. E
scissa dalla spiritualit, la tecnologia ci port al peggio. Adesso
siamo in preda al caos, dal momento che abbiamo agito con leg-
gerezza. Ma questi sono solo i risultati del breve periodo; nel
lungo periodo tutto cambier. Sono in arrivo alcuni individui il
cui unico compito sar assumersi il peso delle tenebre scatena-
le dai nostri leader politici, dai nostri eserciti o da chiunque
altro abbia abusato della tecnologia e della scienza. Portando a
termine il loro incarico, agiranno sul peccato generazionale.
Alla fine moriranno. Accetto di soffrire per aiutare i loro spiriti
a riequilibrarsi.
Gli chiesi come avviene tutto ci. Circondiamo quegli spiri-
ti di amore, in modo da compensare l'amore che loro riversano
sugli altri, spieg Padre Mike. Proprio perch queste persone
scelgono gioiosamente e spontaneamente di soffrire per gli altri,
il nostro mondo non viene distrutto. Siamo sempre sul punto di
cadere, ma quei pochi riescono lo stesso a mantenere in cresci-
la il livello dell'umanit. Mi fece l'esempio della Crisi dei
Missili di Cuba scampata per un pelo. Disse che c'erano state
moltissime preghiere, e che grazie a quelle preghiere lo spirito
dell'umanit si era svegliato appena in tempo per impedire la
devastazione. Gli atti di bont spassionati possono davvero
scongiurare le guerre, e un unico atto di amore incondizionato
pu cambiare il mondo intero.
Dio ci dona la tecnologia, ed essa progredisce velocemente,
soprattutto di recente. Domandai il perch della scelta di Dio e
Padre Mike rispose: Perch la nostra vita sia pi felice e pre-
senti sempre meno ostacoli.
Cosa ci insegna tutto ci?.
Ad amarci l'un l'altro e che siamo connessi gli uni agli altri.
Una volta appresa questa lezione, potremo spronarci a vicenda
fino ad arrivare all'estremo livello di amore, dove tutto diventa
possibile. La tecnologia senza spiritualit pu veramente
distruggerci. Anzi, per dirla tutta, gi accaduto in passato. Mi
addusse l'esempio dell'Impero Romano. Cristo era venuto sulla
terra per impedire l' annientamento totale dell'anima umana.
Eravamo stati perdonati e salvati solo perch Lui aveva scelto di
soffrire e di morire per noi. La venuta di Ges a quel tempo era
stata cruciale. Come avevano detto gli angeli, proprio allora era-
vamo incerti se scegliere di andare avanti o ricominciare tutto
da capo.
Quando citai Atlantide, Padre Mike comment: Non fu l'u-
nica volta in cui tutto and perduto e dovemmo ripartire da
zero. Ma nel caso dell'Impero Romano, un solo uomo cambi le
sorti del mondo intero.
Come possiamo evitare future autodistruzioni?.
Seguendo l'esempio di Cristo: con la preghiera, la conoscenza,
il sacrificio di se stessi e con l'amore e la gioia collettivi.
Nei giorni seguenti Padre Mike si indebol e fece sempre pi
fatica a parlare. In cuor suo pensava di avermi rivelato tutto
quel che mi occorreva sapere sul dolore e sulla sofferenza, e su
altri fattori importanti. Constat che ero nel posto giusto a fare
ci di cui avevo bisogno. Il mio sacrificio e la mia gioia sarebbe-
ro stati vegliare sulla morte di migliaia di persone e rendermi
utile per farle passare all'altra vita con serenit.
Tre giorni prima di morire and in coma, senza che gli fosse
mai stato somministrato un solo farmaco per il dolore. Aveva
l'affanno, ma tutt' intorno a lui c'erano pace e uno strano baglio-
re. La sua frequenza cardiaca era pi di centotrenta, cio stava
molto male; eppure era sempre tranquillo e il suo viso illumina-
to da un largo sorriso.
Il giorno in cui mor ero nella mia clinica dall'altro lato della
strada. Il cielo si fece buio, e quando guardai fuori dalla finestra
vidi una nube scura sopra l'ospedale, proprio dove si trovava
Padre Mike. A un certo punto inizi la tempesta, da principio
con venti impetuosi, poi grandine, infine pioggia. Al culmine del
nubifragio mi squill il cercapersone: Padre Mike era morto e
c'era bisogno che andassi l immediatamente.
Attraversai la strada di corsa, con vento e pioggia che mi
infradiciarono dalla testa ai piedi. Quando arrivai aXhospce
vidi le luci dei piani che si accendevano e si spegnevano, e nono-
stante il gran caos avvertii uno strano senso di pace. L ad aspet-
tarmi trovai molte infermiere e la mia segretaria. Mi avevano
chiamato d'urgenza per assistere a un evento anomalo. Con l'ac-
cendersi e lo spegnersi delle luci, piccole piume scendevano dal
soffitto e si libravano nell'aria come fiocchi di neve. Una cadde
sulla mano di un' infermiera e poi spar. Anche le altre: non
appena si posavano al suolo o altrove, sparivano. Sul pannello
di controllo, la spia del campanello di Padre Mike inizi ad
accendersi e a spegnersi come le luci nel corridoio. La sua porta,
che era stata chiusa dopo la sua morte, era di nuovo aperta. Di
l a poco, la segretaria e un' infermiera videro un bagliore spri-
gionarsi dalla stanza nel corridoio. Pensarono che fosse tornata
la luce, ma quando andammo a verificare, constatammo che
quel bagliore veniva irradiato dal corpo di Padre Mike, o dal suo
letto. Dal bagliore si gener una piccola sfera luminosa, che flut-
tu fuori dal corpo e fece tre giri intorno al letto prima di sfrec-
ciare fuori passando dalla finestra chiusa. Meno di un minuto
dopo torn la luce, smise di piovere e tutte le piume scomparve-
ro. Avevamo tutti una gran pelle d'oca.
Erano circa le quattro quando varcai la soglia della stanza
per dichiarare l'ora del decesso. Padre Mike aveva ancora il suo
sorriso misterioso, i palmi delle mani aperti e l'occhio con la
cataratta apparentemente limpido. Sembrava tanto sereno,
quasi felice.
Alcuni di noi avevano sempre messo in dubbio la sua scelta
di soffrire, ma quell'esperienza alla fine ci insegn a rispettare i
desideri dei nostri pazienti. Tutti i presenti vissero quell'evento
miracoloso. Le luci a intermittenza potevano anche essere dovu-
te al temporale; ma la pioggia di piume rimaneva inspiegabile.
I sacerdoti e le suore vennero a rendere omaggio alla salma di
Padre Mike nel tardo pomeriggio. Il nuovo rettore disse che
durante la tempesta era successo qualcosa di simile anche all'u-
niversit. Le luci si erano accese e spente e dopo il temporale
erano state trovate delle piume a terra negli uffici e nei corridoi.
Quasi tutti, conoscendo la spiritualit e lo smisurato amore per
Dio di Padre Mike, avevano avvertito la sua morte. Il rettore ci
confid che Padre Mike aveva raccolto piume per tutta la vita.
Ogni volta che ne trovava una, diceva sempre che era la piuma di
un angelo. Ne aveva una gran bottiglia piena nel suo studio.
Dopo lo straordinario evento nei loro uffici, il rettore era andato
a controllare in quello di Padre Mike, e aveva visto che dalla bot-
tiglia erano sparite tutte le piume. Padre Mike aveva sempre
detto che non appena la sua missione fosse stata compiuta
avrebbe dato loro un segno. Cosa c'era di meglio di una pioggia
di piume d'angelo?
NOTE DEL DOTTORE
E ALTRI STRALCI DEL DIALOGO CON PADRE MLKE
Una delle mie conversazioni pi interessanti con Padre Mike
riguard l'era della saggezza. Secondo Padre Mike, la saggezza
era la chiave per la sopravvivenza umana, da intendersi appunto
come sopravvivenza dei pi saggi, e non dei pi forti. Disse che
ormai eravamo arrivati ad avere la tecnologia e le abilit necessa-
rie a risolvere tutti i nostri problemi sociali, ma anche che
imporre i nostri credo agli altri risveglia il nostro lato oscuro. Ed
proprio questa parte della nostra anima a essere sensibile alla
paura, alla collera e al risentimento, e che, una volta desta, non si
ritrae facilmente.
Per creare la pace nel mondo dobbiamo superare l'intolleran-
za razziale. Padre Mike si dichiar d'accordo con Einstein, che
paragonava il nazionalismo a una malattia infantile, al morbil-
lo dell'umanit. L'uomo inteso come razza umana a rischio
di estinzione perch sono sempre i pi forti dal punto di vista
fisico e finanziario a imporre il loro volere agli altri. Ma anche
un singolo uomo dalle idee imperanti e con un ampio potere
persuasivo pu indurre un piccolo o un grande gruppo a trasci-
nare la societ verso il meglio o il peggio, come fecero rispetti-
vamente Gandhi e Hitler. Questa fase dell'umanit finir quan-
do decideremo di reindirizzare collettivamente la nostra energia
e i nostri ego verso la soluzione di problemi quali le carestie, le
malattie e il surriscaldamento globale. La tecnologia e la cono-
scenza sono accessibili. Dobbiamo solo deciderci. Allora avr
inizio l'era della saggezza, e l'amore e la pace ci assicureranno
la vita eterna accanto a Dio.
Quando quest'idea avr preso piede, disse Padre Mike, potre-
mo cambiar tutti come un sol uomo grazie al nostro s inva-
ginale. Ovvero: Come la larva possiede delle cellule quiescen-
ti chiamate dischi imaginali, cos l'uomo possiede un analogo
"s imaginale". Una volta attivata, tale cellula subisce una meta-
morfosi che produce un cambiamento di mente, corpo e spirito
nell'uomo, allo stesso modo in cui i dischi imaginali permetto-
no alla larva di trasformarsi in farfalla. E come la monarca vola
libera in cielo, cos anche noi saremo liberi di vivere e diventa-
re un tutt' uno con l'universo. A quel punto, saremo cocreatori
con Cristo, che da sempre alberga in ciascuno di noi ed il
nostro "s imaginale". La trovai un'analogia estremamente
interessante. Non sarebbe incredibile se anche nei nostri corpi
ci fossero delle cellule quiescenti che, una volta stimolate, indu-
cessero un cambiamento? E se lo stimolo necessario fosse la
Parola di Dio?
La saggezza collettiva ci far capire chi siamo e il perch
delle nostre azioni; grazie ad essa potremo maturare la consape-
volezza che la pace l'unico modo che abbiamo di evitare l'e-
stinzione e di assicurarci un futuro. Abbiamo gi raggiunto vari
punti cruciali nella nostra esistenza. Quando una cometa urt
Giove nel 1994, uno qualsiasi dei suoi frammenti avrebbe anche
potuto distruggere il nostro mondo. Da allora gli scienziati ini-
ziarono ad osservare le comete e gli asteroidi diretti verso il
nostro pianeta. In particolare, sta destando un certo allarme un
grosso asteroide che secondo alcuni calcoli sarebbe in rotta di
collisione con la terra. Ma, visto che prima dell'eventuale impat-
to dovranno passare ancora centinaia di anni, abbiamo tempo
pi che a sufficienza per capire come deviarlo. No, le bombe
nucleari non lo distruggerebbero; riuscirebbero solo a disper-
derne grossi frammenti. La tecnologia e il pensiero progrediran-
no verso la soluzione del problema solo se raggiungeremo lo
scopo entro il tempo a nostra disposizione.
Tutto sommato, sarebbe meglio ascoltare il consiglio di
Padre Mike: coltivare la tecnologia di pari passo con la nostra
spiritualit. Padre Mike stimol in me questo flusso di coscien-
za e attiv le informazioni grazie alle quali sono cambiato per
sempre.
Il cielo nella Stanza 212
E
ro seduto sul bordo del letto di Joanna il suo primo gior-
no di ricovero all'hospice. A soli 28 anni aveva un cancro
al seno in stadio avanzato. Alla mia domanda su cosa la
inquietasse si mise a ridere, poi mi chiese a sua volta: Oltre a
morire?.
S, oltre a morire, la incoraggiai con un sorriso. Ce qual-
cosa che posso fare per lei?.
Emise un profondo sospiro e tutto a un tratto i suoi occhi
ridenti si fecero molto tristi. Ho tre bambini e in pratica nes-
sun familiare cui lasciarli: Elizabeth di 6 anni, Camille di 8 e
Daniel di 10. Ho solo una cugina, Robin, che per ha appena 18
anni e ha gi perduto entrambi i genitori, uccisi durante la guer-
ra in Somalia. Probabilmente sar lei a doversi prendere cura
dei miei figli, e so che non la cosa migliore. Ma ho forse altra
scelta?. Robin era sposata, aveva anche lei un bambino e vive-
va al di sotto della soglia di povert.
Chiesi a Joanna se sapeva come rintracciare il padre dei suoi
figli. Ho avuto due uomini, il padre dei primi due bambini e il
padre della terza. Sono stata sposata con il primo, ho convissu-
to con il secondo. Le chiesi che tipi erano, e se era possibile che
uno dei due volesse assumere il ruolo paterno. difficile dirlo,
dottor Lerma. Nessuno dei due ha mai fatto davvero parte della
vita dei bambini. Ricordo solo che il mio ex marito era molto
premuroso, ma immaturo, e che l'altro all'epoca si lasci coin-
volgere in un traffico di droga. Sono secoli che ho perso i con-
tatti con entrambi. Ma se potessi scegliere, vorrei tanto che
fosse il mio ex marito a occuparsi di tutti e tre i bambini. Non
voglio che vengano separati. Dottor Lerma, lo sa cosa pu fare
per me? Pu pregare con me e chiedere a Dio di trovare una
casa sicura e piena di affetto per i miei piccoli. Tenendoci per
mano, recitammo insieme il Padre Nostro. Dopo aver detto la
preghiera con tutto il cuore, le promisi che mi sarei dato da fare
con i nostri assistenti sociali per rintracciare il suo ex marito.
Dio vi guider da lui, ne sono certa. Grazie, dottor Lerma.
Passai tutti i dati al nostro staff, che inizi subito le ricerche.
Quando la terapia del dolore fece effetto, Joanna pian piano
si rilass ed ebbe un po' di pace. Ma a una settimana dall'inizio
della nostra ricerca, nonostante continuassimo a rassicurarla
che avremmo trovato qualcuno cui affidare i suoi figli, inizi a
perdere la speranza ed entr in uno stato depressivo. Come suc-
cede alla maggior parte dei pazienti in una situazione del gene-
re, la depressione alimentava i suoi sensi di colpa, che a loro
volta aumentavano il suo malessere esistenziale ed emotivo. A
quel punto non c'era dose di oppiaceo che potesse alleviare il
suo dolore, perch in gran parte era un dolore di natura spiri-
tuale. I nostri cappellani e pastori non cessavano mai di confor-
tarla con la promessa del perdono e dell'amore di Dio, ma era
tutto inutile. Joanna era convinta che la sua situazione fosse la
conseguenza dei peccati che aveva commesso in passato.
Credeva nel perdono, ma per una strana ironia non riusciva
a perdonare n Dio, n suo padre, n se stessa. Le chiesi cosa
poteva essere capitato di tanto orribile da aver causato tutta
quella collera. Non riesco a perdonarmi perch non riesco a
dimenticare n a perdonare gli uomini che ho amato con tutta
me stessa, fu la risposta.
Com' possibile, Joanna? domandai, sentendomi pervadere
dal suo conflitto interiore. Come pu non perdonare chi ha
tanto amato?.
Succede quando si tratta di un amore mai messo in dubbio,
come quello per mio padre e per Dio, rispose con le guance
rigate dalle lacrime.
Seduto sul bordo del letto, le presi la mano per tranquilliz-
zarla. Cos'hanno fatto per farla stare tanto male?.
Dottor Lerma, mio padre mi volle sempre un gran bene e mi
Insegn che Dio ci avrebbe sempre amati e protetti. Ricordo
pap giocare insieme a me con le bambole, portarmi a scuola,
cucinare per me e per le mie amiche quando le invitavo a fare i
pigiama party.
E sua madre? Ha dei fratelli o delle sorelle?.
La madre di Joanna era morta di cancro al seno dopo averla
data alla luce. Il tumore maligno le era stato diagnosticato al
lerzo trimestre di gravidanza, ma la donna aveva deciso libera-
mente di rifiutare qualsiasi terapia potenzialmente pericolosa
per la bambina, almeno fino al parto. Pap diceva che mamma
era bella e timorata di Dio, e che aiutava i poveri e i bisognosi.
Non era insolito che ospitassero a casa donne senzatetto.
Mamma offriva loro da mangiare e un posto in cui vivere senza
chiedere nulla in cambio, se non provare ad ascoltare la Parola
di Dio e a migliorare le loro vite. Si era anche data molto da fare
per fondare un rifugio per le senzatetto, un posto che fino ad
oggi ha aiutato migliaia di loro ad avvicinarsi a Dio e a ricevere
un'istruzione.
Mi sarebbe piaciuto conoscerla. Ma mor quando avevo solo
un anno, e dato che ero figlia unica, insieme a lei persi anche
l'opportunit di avere fratelli o sorelle. Pap si adoper in ogni
modo per colmare il suo vuoto, e alla fine, per come la vedo io,
lece un buon lavoro, riusc a essere entrambi i genitori, anche se
non mi permise mai di dimenticare che lui era solo un padre, e
che mamma ci aiutava dal mondo degli spiriti. Diventammo
grandi amici, io e mio padre. Mi insegn a leggere e a scrivere,
ad andare in bicicletta, a pattinare sui rollerblade, a cambiare le
gomme a terra e persino a pregare. S, pap e io eravamo catto-
lici praticanti e facevamo anche parte del coro. Fu un gran
divertimento. Ero la bambina pi fortunata del vicinato.
Quando chiedevo di mamma, pap ne parlava sempre
benissimo. Non mai stato in collera con Dio per avergliela por-
lata via cos presto. Io ero il riflesso di mio padre; come lui, ero
sempre pronta a perdonare e ad amare. Da adolescente divenni
pi consapevole del nostro legame e sentii crescere in me la
paura di perdere anche lui (un'insicurezza in parte dovuta,
credo, a quel periodo di sbalzi ormonali). Spesso gli chiedevo
piangendo se Dio sarebbe venuto a prenderlo quando ero anco-
ra una ragazzina. Pap mi fece una promessa: che Dio l'avrebbe
portato via solo dopo che, da adulta, mi fossi sposata e fossi
diventata a mia volta genitore. Riusciva sempre a tranquillizzar-
mi e a farmi tornare al settimo cielo.
Quando compii 16 anni, mio padre organizz una grande
funzione in chiesa in onore del mio passaggio da adolescente a
donna. Entrambi eravamo grati a Dio per tutti gli anni meravi-
gliosi e i doni del cielo che ci aveva concesso fino ad allora,
Dopo la funzione decidemmo di tornare a casa a piedi, tanto
erano solo sei isolati di distanza. E poi era un bella serata autun-
nale, con le case tutte decorate per Halloween. Scendendo i gra-
dini della chiesa, udimmo avvicinarsi le sirene della polizia e
presto scorgemmo molte volanti all'inseguimento di un pick-up,
Mentre ci sorpassavano a tutta velocit, udii una sparatoria!
Con il cuore in gola ci buttammo subito a terra. Quando tutto
fin, rimasero solo odore di gas di scarico, fumo e una larga
pozza di sangue intorno alla testa di pap. Gli avevano sparato!
Urlai talmente forte che la gente ancora in chiesa, che non
aveva sentito n le sirene n gli spari, si precipit subito fuori.
Tenevo stretto mio padre, incurante del sangue che mi inzacche-
rava i vestiti; i paramedici dovettero quasi strapparmelo a forza.
Ero sconvolta. Lo portarono all'ospedale, dove un neurochirur-
go era gi pronto a operarlo. Ma dopo sei ore di intervento, il
dottore non pot fare altro che dirmi con aria mesta che mio
padre aveva lottato fino alla fine. Fu dichiarato morto alle undi-
ci e trenta di notte. La ferita d' arma da fuoco aveva provocato
un trauma cerebrale. Anche se fosse sopravvissuto, sarebbe
rimasto in uno stato vegetativo. Ricordo di aver pensato proprio
allora che quello era stato il migliore e il peggiore giorno della
mia vita. "Com' potuto accadere un incidente tanto insensato?"
continuavo a chiedermi.
Mi sentii pervadere da una rabbia cieca verso mio padre,
colpevole di avermi lasciato, e verso Dio, altrettanto colpevole di
avermelo portato via, soprattutto dopo la promessa che mi era
stata fatta. Ce l'avevo a morte con Dio perch non si era accon-
tentato di prendersi mia madre e i miei fratelli e sorelle mai
nati; no, aveva dovuto prendersi anche mio padre e tutti i nostri
sogni di una vita insieme. Dove sarei finita? Chi si sarebbe occu-
pato di me? Chi mi avrebbe voluto bene come lui? E se poi
anche quella persona avesse fatto la stessa fine?
Allora decisi che non avrei consentito mai pi a nessuno di
lare breccia nel mio cuore, n a me stessa di cercare dell'affetto.
Mi sembrava fosse l'unico modo di sopravvivere a questa vita, di
preservare me stessa e gli altri dal dolore. A volte pensavo che
Dio mi punisse, anzi, spesso e volentieri che in realt non esi-
stesse nessun Dio di amore. Non riuscivo a pensare ad altro se
non che eravamo tutti soli e che ciascuno doveva provvedere a
,se stesso. Ascoltando il suo sentito racconto avrei tanto voluto
trovare le parole giuste per salvarla, per rimuovere tutto il suo
dolore emotivo e spirituale. Ma ci sarebbe voluto un miracolo.
La verit era che non c'erano n parole n medicinali per miglio-
rare la situazione. C'erano solo il mio amore e la mia empatia.
Continuai ad ascoltarla e ad accarezzarla sulla fronte.
Andai a vivere con la famiglia di Robin e continuai la scuola.
Dopo aver preso il diploma delle superiori, mi innamorai alla fol-
lia di un ragazzo che andava all'universit. Si chiamava Daniel e,
oltre ad amare Dio, sembrava avere alcuni aspetti in comune con
mio padre. Pensai che fosse un miracolo. Andammo a vivere
insieme e di l a meno di un anno rimasi incinta. Ci sposammo
senza esitare... solo per divorziare tre anni e due figli dopo. Sin
dall'inizio per, la perdita dei miei genitori, che mi aveva lasciato
una grande amarezza e un'altrettanto grande paura di amare,
aveva influito moltissimo sul mio amore per lui. Senza renderme-
ne conto, avevo sciupato il nostro rapporto per risparmiarmi il
dolore di un'altra perdita. Il che si era rivelato un' arma a doppio
taglio; ero io la peggiore nemica di me stessa. In seguito sprofon-
dai nella depressione, arrivando a meditare il suicidio. Non rea-
lizzai il mio proposito solo perch avevo due splendidi bambini
che dipendevano da me. Ma fu una continua lotta interiore.
Senza soldi, senza una casa, mi prostituii a un uomo dispo-
sto a mantenere me e i miei figli in cambio dei miei favori. Ma
anche quella relazione fin sei mesi dopo, e mi ritrovai ad
affrontare il mondo con i miei due splendidi bambini, pi una
terza in arrivo. Quella volta non fui io a rovinare il rapporto; fu
colpa dell'eroina. Il padre della mia terzogenita fu arrestato per
spaccio e condannato a venti anni di carcere. A quanto pare, la
giustizia e il nostro sistema penale agirono pi in fretta di Dio.
Comunque fosse, ero di nuovo sola.
Tornai a stare con mia cugina e decisi che avrei preso un
diploma da infermiera per badare alla mia famiglia. Mi iscrissi
all' universit sei mesi dopo aver partorito Elizabeth,
Destreggiandomi fra le lezioni, i miei tre figli e un lavoro pari;
time all'universit, mi accorsi che dimagrivo e diventavo sempre
pi debole. Imputai tutto allo stress fra studio, casa e lavoro. Ma
i sintomi peggioravano e una mattina svenni in classe. Fui por-
tata di corsa all'ospedale, dove mi ricoverarono per grave di-
sidratazione e inspiegabile perdita di peso. Dopo cinque giorni
fra esami del sangue, radiografie, TAC e MRI, fu evidenziata una
grande massa nel seno sinistro. Mi fecero un prelievo per la
biopsia e di l a due giorni mi dissero che avevo un cancro al
seno molto aggressivo e che era gi in corso una metastasi alla
colonna vertebrale, alla gabbia toracica, al bacino, al fegato e al
cervello. Mia cugina, che nel frattempo aveva badato ai miei
figli, fu visibilmente spaventata alla prospettiva di perdermi e di
dover badare a loro tre, oltre che al suo bambino. Mi sentii
schiacciata, distrutta, trafitta dal dolore. Chi si sarebbe preso
cura di Elizabeth, Camille e Daniel? Erano la mia vita, e io la
loro.
A quel punto pesavo 40 chili dopo averne persi altri 45, per
un'altezza di un metro e settanta. Iniziai la chemioterapia e la
radioterapia, ma dovetti sospenderle perch mi danneggiavano
ancor pi i reni e il fegato. Mi misero in dialisi, ma i miei orga-
ni continuavano a non funzionare. Allora l'oncologo mi consi-
gli di non sottopormi a ulteriori terapie invasive, perch ormai
erano inutili e anzi avrebbero solo affrettato la mia morte. Mi
rimanevano solo le cure palliative e 'hospice.
Quando aveva deciso di ascoltare il consiglio dell'oncologo,
interrompendo anche la dialisi, la sua prognosi andava da una
a due settimane di vita. Singhiozzando, disse che Dio stava solo
portando a termine la sua morbosa vendetta contro di lei e i
suoi figli. Dio vuole prendersi anche le uniche tre cose che
adoro in questo mondo doloroso e crudele: i miei bambini. Non
mi arrender fino a quando non sapr che saranno al sicuro in
una casa piena di affetto.
Ventiquattrore da che aveva optato per 'hospice, Joanna era
= gi stata ricoverata da noi e i sintomi della sua malattia termi-
nale trattati con efficacia. Alla fine della sua storia commoven-
te, sentii che dovevo fare di tutto per aiutarla a ritrovare la pace,
la fiducia e l' amore incondizionato che un tempo nutriva per
Dio e per il mondo. Una volta posto sotto controllo il dolore,
Joanna aveva riacquistato un minimo di lucidit ed era stata in
grado di dare allo staff dell'hospice tutte le informazioni che
poteva per rintracciare il suo ex marito. Poi, essendo rimasta
cinque giorni senza dialisi e non avendo avuto pi emissione di
urina, Joanna peggior rapidamente. Era molto pi esile, pi
=
debole, pi depressa e aveva l' affanno a causa di un edema pol-
monare in espansione.
A quel punto avevamo scoperto che il padre della terzogeni-
la era ancora in prigione, e che sarebbero passati ancora parec-
chi anni prima che lo rimettessero in libert. Quanto a Daniel,
si era risposato e trasferito in un altro stato, ma non riuscivamo
a trovare il suo indirizzo. Non rivelammo subito le novit e le
t elative difficolt a Joanna per paura che aumentassero il suo
dolore interpersonale, emotivo e spirituale. Come molti pazien-
I i con una prognosi fra cinque e tre giorni di vita, anche lei ini-
zi a parlare di visioni dei suoi defunti genitori e di altri esseri
spirituali. Sapevo per esperienza che significava che la sua
morte era molto vicina. Nel dubbio che le sue fossero allucina-
zioni visive chimicamente indotte o delirio dovuto all'uremia,
dovetti tuttavia constatare che aveva una coscienza lucida per la
prima volta in una settimana. Ricordava perfettamente il suo
nome, la data, il luogo e altre date specifiche della storia ameri-
cana; inoltre era in grado di elaborare frasi complicate.
Era evidente che Joanna avesse ben chiara la situazione,
altro che allucinazioni! Ci descrisse un arcobaleno di una mol-
titudine di colori luminosi e iridescenti che occupava tutta la
stanza, e passava attraverso i muri, il soffitto e il pavimento, e
anche dai nostri corpi, in particolare dal torace. Ci disse che
tutto a un tratto, una grande sfera bianca e luminosa fu espulsa
dall'arcobaleno nel bel mezzo della stanza, dove si divise in una
ventina di sfere pi piccole. Durante quel processo si sprigion
una luce bianca talmente intensa che Joanna disse di non riusci-
re pi a distinguere i nostri corpi, ma di vedere soltanto sfuma-
ture blu scuro e dorate provenire dal mio petto e tonalit viola,
auree e rosate dal petto di Robin. Ci spieg che quella era l'ener-
gia luminosa delle nostre anime che si univano. Perch colori
diversi? le domandai.
Le fu detto che ogni colore corrisponde a una particolare fre-
quenza con Dio e che sta a noi unire i nostri spiriti e agire insie-
me affinch pi colori possano formare un arcobaleno, la pi
sonora invocazione dell'Altissimo. Proprio adesso, in questa
stanza ci sono almeno cinque frequenze di colore umano unite
e lucenti: le due infermiere, mia cugina, lei e io. Se invece pi
persone si riuniscono con pensieri malvagi, il colore prevalente
il nero, che assorbe il resto dei colori di amore, lasciando arida
ciascuna persona. per questo che il nero tanto caldo d'esta-
te: perch attrae tutti gli altri colori dello spettro della luce.
Ognuno di noi doveva proteggere l'energia della propria
anima, continu Joanna, da coloro che tendono a consumarce-
la, mettendo a rischio la nostra salute e creandoci problemi spi-
rituali. possibile aiutare i deboli con atti incondizionati di
amore e di gentilezza, con forme salutari di risate, esercizio fisi-
co, alimentazione e sentite preghiere. Persino Ges ebbe biso-
gno di frequenti "ricariche" di energia per poter continuare ad
aiutare i malati nella mente, nel corpo o nello spirito. Per soste-
nerlo, Dio rivers pi volte energia luminosa anche sulla sua
anima. Allora le piccole sfere di luce generate da quella inizia-
le si trasformarono nel padre e nella madre di Joanna e in molti
altri esseri che lei defin angeli. A giudicare dalla sua descrizio-
ne, i genitori le erano apparsi con le loro fattezze umane all'et
di circa 30 anni.
Gli angeli erano di vari colori e dimensioni e avevano carat-
teri diversi. Due o tre erano di un bellissimo azzurro mare, alti
circa due metri, gioviali e arguti. La facevano ridere solletican-
dole l' anima con le ali. Altri erano di un bianco puro e talmente
grandi che inarcando le ali in avanti riuscivano ad abbracciare
lutti i presenti nella stanza, sia noi umani sia gli altri angeli.
Hanno occhi iridescenti fra il blu e il verde, di tonalit che non
ho mai visto prima, ci disse Joanna. Il loro sguardo mi trapas-
sa l'anima, colmandomi dell'amore e della pace di Dio. In real-
t, succede a qualsiasi cosa guardino. Fanno sfavillare tutto di
gioia. Vide gli angeli posare gli occhi sulle infermiere, su sua
cugina e su di me, e vide un' enorme aura levarsi intorno a noi e
ricongiungersi all'arcobaleno. Come se non bastasse, c'erano
anche altri angeli che saltellavano e volavano su e gi per la
stanza, passando attraverso i nostri corpi. Guardi, dottor
Lerma. Volano attraverso il suo cuore e la sua anima. Non li
sente? Non li vede?.
No, Joanna, ma mi piacerebbe. Stranamente, percepivo
energia statica nell'aria. Non che avessi proprio la pelle d'oca,
ma sentivo drizzarsi i peli delle braccia e i capelli. Guardai
un'infermiera, che mi conferm di avvertirla anche lei. Era solo
la nostra reazione alle parole di Joanna, o eravamo davvero nel
bel mezzo di un' altra dimensione, dove l'elettricit statica circo-
lava in abbondanza? Proprio allora vidi Joanna andare in esta-
si. Era felice. Ma soprattutto, lodava ancora il Signore.
Le chiesi cosa facevano e cosa dicevano i suoi genitori. Mi
accarezzano sulla testa e mi sussurrano all'orecchio. Mi spiega-
no tante cose che mi aiuteranno a lasciare il mio corpo pi facil-
mente, rispose Joanna con voce carica di affetto.
Cosa serve per separarci dai nostri corpi terreni?.
un discorso a parte per ciascuno. Posso solo dire che
ognuno di noi ricever la chiave per dissipare ogni suo dubbio.
La rassegna della nostra vita serve anche per afferrare le rispo-
ste alle domande che ci siamo sempre posti nel corso della
nostra esistenza sulla terra. Pi domande ci facciamo su Dio,
sulla creazione dell'universo, sulla vita, sull'amore e sulla morte,
e pi cerchiamo le relative risposte leggendo e discutendo con
altre persone, maggiore sar la nostra consapevolezza di Dio,
grazie alla quale sar pi semplice ripercorrere la nostra vita. In
pratica, prima di andare nell'aldil bisogna passare una specie
di test. Nel test della rassegna della nostra vita dobbiamo risali-
re al perch dei nostri peccati, sentire appieno il rimorso e svi-
luppare la capacit di amare incondizionatamente e di perdona- =
re. Chi non ci riesce si imbatte in una sorta di fallimento e deve .
andare in un luogo speciale dove porre rimedio a questa sua ina-
deguatezza. Sulla terra lo chiamiamo inferno; in realt, popo-
lato anche da anime gi elevate, che aiutano le altre ad appren-
dere le loro lezioni. Dopotutto, una volta nell'aldil si pieni di
amore, e il desiderio di aiutare le povere anime arenate scatta in
automatico.
Quanto alla rassegna della sua vita, Joanna disse che tutte le
risposte alle sue domande le erano state date con pace e amore,
e alla fine tutto aveva acquisito un senso: pi si ama, pi si com-
=
piono atti di gentilezza gratuiti sulla terra, pi facile perdonar-
si ed entrare in armonia con Dio. Le domandai perch Dio per-
mette il dolore, la sofferenza e gli omicidi. Per spiegarmelo ci
sarebbero voluti eoni, rispose Joanna, ma tutto si doveva al
dono divino del libero arbitrio. Il libero arbitrio sta alla base
del motivo per cui furono creati l'universo, gli elementi, i piane-
ti, le stelle e gli animali. Tutto per noi. E intorno a tutto, Dio.
Il legame fra il libero arbitrio e Dio la fede, ci rifer Joanna.
Senza fede, il nostro libero arbitrio fluttua come un radicale
libero che, alla perenne ricerca di sostegno, si lega a qualsiasi
cosa diversa da Dio. Alcuni definiscono questo "qualsiasi cosa"
il nostro lato oscuro. Lasciare che il libero arbitrio si leghi al
nostro lato debole ci allontana dalla conoscenza di Dio, ci indu-
ce a farci domande solitamente di natura negativa, e ad accetta-
re risposte date da altre persone prive di una connessione posi-
tiva con Dio. Risultati: la confusione e l'orgoglio. Ma possiamo
cercare le nostre risposte anche in altri tipi di persona, nei messi
di Dio che vivono e diffondono la sua Parola. A ciascuno di noi
vengono date infinite possibilit di cercare la luce, che solo la
fede lega a Dio, Colui che ci d risposte all'infinito. Solo in que-
sto modo impariamo a dipendere dalle capacit soprannaturali
di Ges.
Dio aveva riconosciuto che il suo dolore, generato dalla
morte dei genitori, dal divorzio e dalla malattia terminale, era
stato molto intenso, disse Joanna, e aveva capito tutta la sua col-
lera e il suo essersi allontanata da Lui; tuttavia era rimasto sem-
pre al suo fianco. Fui io a separarmi da Dio, lasciandomi anda-
re alle mie emozioni. Le domande provenienti dal mio lato oscu-
ro furono talmente dominanti che, non scegliendo la fede come
risposta, mi rimase solo l'antifede. La tenebra dentro di me
generava sia le domande sia le risposte, il suo orgoglio cresceva
e mi distruggeva. Alla fine quasi tutta l'energia della mia anima
divenne negativa e s manifest nella malattia e in altri proble-
mi. Ogni nostra scelta ha delle conseguenze, dice Dio, ma Lui
sempre qui a consolarci. Dobbiamo ricordare che la vera pace
regolata dalla legge di attrazione divina. Quando negativo chia-
ma negativo (sia in un solo individuo, sia fra pi individui) i
risultati sono devastanti. Dobbiamo sempre lottare per impara-
re a riconoscere il nostro lato infedele (negativo) e a riparare in
quello fedele (positivo), che connesso a Dio.
Joanna mi fece promettere di dire a pi persone possibili che
tutti una volta o l'altra proviamo rabbia e odio verso noi stessi,
gli altri o Dio. Mai smettere di chiedere risposte a Dio, e farlo
sempre con pi pace e amore che possiamo. Mai lasciarsi gui-
dare da persone senza Dio o dal nostro lato oscuro. Pena: la per-
dita di noi stessi. Basta guardare la storia.
Joanna vide ricomparire la grande sfera luminosa originale e
assumere le sembianze di Ges. Gli angeli le annunciarono la sua
presenza, gravitarono verso di Lui ed entrarono nel suo cuore.
Subito dopo, il suo corpo eman una luce fulgida e bianchissima
e il suo cuore un fascio di colori vibranti. Ges disse a Joanna che
Daniel si sarebbe preso cura di tutti e tre i suoi bambini, cos da
esaudire la sua preghiera. Le mostr il messo angelico che era
stato inviato a Daniel per infondergli quei sentimenti di amore e
nostalgia che l'avrebbero spinto a cercare i figli e l'ex moglie. Le
disse che tutto sarebbe avvenuto quello stesso giorno, perch
ormai era pronta a lasciare il corpo terrestre per andare in cielo.
Non appena la sent riferire quelle parole, sua cugina corse fuori
dalla stanza in lacrime, credendo che sarebbe morta in pochi
minuti.
Joanna si drizz a sedere, protese le braccia semiparalizzate
verso i piedi del letto - dove, stando alle sue parole, era inginoc-
chiato Ges - e cant l'Alleluia. Subito dopo si riappoggi alla
spalliera, guard in alto e si addorment con un ampio sorriso
sulle labbra. Proprio in quell'istante mi squill il cercapersone.
Alla postazione infermieristica un assistente sociale mi disse di
avere appena riagganciato il telefono dopo aver parlato con un
uomo di nome Daniel, il quale sosteneva di essere il padre di
due bambini di Joanna e di voler dare una mano. un miraco-
lo, dissi. Joanna ha detto che l'avremmo trovato, e cos stato.
Daniel si era trasferito nel Michigan. All'assistente sociale aveva
confessato di aver sempre amato Joanna, ma con un lavoro che gli
fruttava solo quattro dollari l'ora e due figli e una moglie a carico
si era sentito oberato di un peso insostenibile. Intorno ai 30 anni
aveva finalmente messo la testa a posto ed era venuto a cercare
Joanna. Quando per aveva sentito che conviveva con un altro e
pareva esserne innamorata, aveva desistito da ogni suo intento.
Pensando di averla persa per sempre, mi trasferii. Un anno fa
conobbi Esther, una creatura affettuosa, nonch una devota cri-
stiana. Ci siamo sposati, ed stata proprio lei a spingermi a cerca-
re Joanna. Esther un'infermiera pediatrica responsabile di un
programma non profit per gli orfani gi da prima che ci conosces-
simo.
Due giorni prima un angelo gli era apparso in sogno per
avvertirlo che Joanna stava morendo e che aveva bisogno di lui.
Era stato un sogno assai vivido. Daniel l'aveva raccontato a
Esther, che aveva insistito perch rintracciasse Joanna e i bam-
bini. Si era messo immediatamente a cercare ed era riuscito a
raggiungere un amico in comune con l'ex moglie, da cui aveva
appreso della sua malattia terminale. Daniel si era poi scusato
con l'assistente sociale per non esserci stato fino ad allora.
Arriv al'hospice l' indomani e si fece accompagnare subito
da Joanna. In ginocchio di fianco al letto, le chiese perdono per
averla abbandonata e le promise che si sarebbe preso cura insie-
me a sua moglie di tutti e tre i bambini. Le disse di non preoc-
cuparsi, perch li avrebbe sempre amati e protetti e sua moglie
avrebbe fatto altrettanto. Fu una scena davvero toccante. Con
= grande sorpresa di tutti, Joanna apr gli occhi e gli sorrise.
bello, tanto bello! Sar cos anche il paradiso? Vedo montagne e
pascoli di un verde brillante, anzi, tutti i colori sono brillanti!
Vedo tanti angeli, bellissimi, blu, bianchi e rosa, che sfrecciano
per la stanza e attraverso la tua anima, quella di Robin e la
mia. Ancora in estasi cerc la mia mano e mi chiese: Non
sente, dottor Lerma?.
No, ma lo vorrei tanto. Potrebbe dirmi dov' la mia anima?.
Proprio qui, disse appoggiando il palmo della mano al mio
torace. Nel cuore e nel petto. Poi protese verso l'alto il braccio
destro, come se qualcuno la prendesse per mano, e disse: Sono
pronta ad andare. Ora sono felice. Mentre chiudeva gli occhi
per l'ultima volta fece un bel sorriso e sussurr: pi bello e
luminoso che mai.
Daniel abbracci Robin e i bambini, e tutti e cinque pianse-
ro la sua morte prematura. Sapevo per che alcune erano lacri-
me di gioia, sia perch Daniel aveva fatto ammenda ed era pron-
to e in grado di occuparsi dei bambini, sia perch gli angeli li
avevano riuniti giusto in tempo.
NOTE DEL DOTTORE
Quando conobbi Daniel avvertii in lui una certa somiglianza
con tutti e tre i bambini cos come la loro stessa bont dalle
radici profonde. Tutti e tre i piccoli erano molto simili fra loro,
e due assomigliavano pi a Daniel che a Joanna. Suggerii che
facessero il test di paternit. Ne risult che in effetti solo i primi
due erano di Daniel; ma restava il fatto che anche la terza gli
assomigliava in modo straordinario. Alla notizia che sarebbero
stati per sempre insieme con un pap e un' altra mamma, i bam-
bini gioirono all'unisono. Adesso abbiamo anche noi il nostro
pap e staremo sempre assieme, si dissero l'un l'altro. Allora mi
resi conto che Joanna aveva negoziato con gli angeli, e ancora
una volta mi stupii della misericordia e dell'amore di Dio.
Un anno dopo mi misi in contatto con Daniel, Esther e i loro
bambini e scoprii che erano un perfetto esempio di famiglia spi-
rituale e piena di affetto. Tornai a casa dai miei figli, li abbrac-
ciai tutti e li rassicurai che volevo loro un gran bene, proprio
come Dio.
IO
MiMi e la conferma
F
ui chiamato d'urgenza nella Stanza 111. Era Leila, pensai
subito, la figlia di MiMi, una donna di 81 anni che stava
morendo per insufficienza renale. Mi affrettai a raggiun-
gerle, perch MiMi era ormai prossima alla fine. Ma entrando in
camera non trovai nulla fuori posto, a parte una Leila impallidi-
ta, quasi avesse visto un fantasma. MiMi era una cristiana acon-
fessionale della Lakewood Church [cfr. a pag. 53]. Parlando con
lei (quando non era ancora ridotta cos male) mi era sembrata
una sorta di matriarca affettuosa. Adorava i suoi due nipotini.
Voleva che andassero a trovarla tutte le volte che potevano, per-
ch si ricordassero di lei anche dopo la sua dipartita.
Leila mi inform subito che c'era qualcosa di strano nella
stanza. Era visibilmente spaventata. E non solo perch temeva
di perdere la madre. Non pensi che io sia matta, dottor Lerma.
Sta succedendo davvero. I miei bambini sono l a giocare sul
pavimento. E tutti e due dicono di vedere qualcuno. Io per non
vedo niente. Bobby Joe e Joanie si vogliono bene, litigano
pochissimo e giocano sempre assieme, non come tanti altri
bambini. Chiesi a Leila cosa c'era che non andava. Mi rispose
di osservare i bambini.
Andai a sedermi dall'altro lato della stanza per non disturbare
il loro gioco e rimasi a guardarli. Dopo dieci minuti si alzarono e
si diressero in un angolo vicino alle finestre che danno sul giardi-
no. La bambina, Joanie, sembrava tenere qualcuno per mano. La
luce del sole entrava dalla finestra e pareva concentrarsi su di lei.
Strano, pensai. A quell'ora il sole era gi dall'altra parte dell'edifi-
cio. Mamma, non l'angelo pi bello di tutti? esclam Joanie
all'improvviso. grandissimo, ma buono e mi piace un sacco
quando mi avvolge con le ali. Le piume mi fanno il solletico, con-
tinu guardando in su e in gi, dal soffitto al pavimento.
Ridacchi come se le stessero vramente facendo il solletico. l'I
mio angelo dice di non preoccuparmi. Ma io non mi preoccupol
Sono grande!.
Il mo angelo blu perch un maschio, interloqu Bobby
Joe. Come la sorella, guard anche lui su e gi per la stanza.
vero, mamma? MiMi sta andandosene?.
Perch dici cos, Bobby? chiese Leila.
Perch me lo dice l'angelo blu. Ma mi raccomanda anche di
non essere triste. Bobby indic l'angolo e disse: Ciao MiMi!
Come stai bene con quel vestito bianco! Hai dentro una lampa-
dina?. Corse nell'angolo e parve abbracciare il vuoto. Poi gir
la testa di lato, come se si appoggiasse a qualcosa. Era tutto con-
tento.
Visibilmente ansiosa, Leila mi venne incontro e mi sussurr
all'orecchio: Sta succedendo veramente?.
Leila, sono sorpreso quanto lei. I suoi figli hanno mai parla-
to di un amico invisibile?.
Non che io sappia. Ne dubito, dottor Lerma. Giocano sem-
pre insieme. A che servirebbe un amico invisibile? Mia madre
ha sempre detto che i bambini sono innocenti e che possono
vedere gli angeli e le persone del cielo. Forse cos.
Siccome non correvano alcun rischio di farsi male, le dissi di
lasciarli vivere quell'esperienza. Poteva anche essere una strate-
gia di coping. Se vuole, pi tardi posso mandare lo psicologo a
parlare con loro. Mi accerter che venga dato loro un counseling
appropriato.
Grazie, dottor Lerma. Sono pi tranquilla.
Leila e io continuammo a parlare degli angeli, e lei mi chiese
delle esperienze dei miei pazienti. Sa, Leila, per una qualche ragia-
ne, le loro visioni sono sempre negli angoli della stanza, esseri che di