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LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO

5 marzo 2008

Associazioni, comitati di quartiere, liberi professionisti. Si sono riuniti, ieri sera, per discutere di un
argomento difficile, ostico, ma vitale per una comunità: la pianificazione della città, così come
disegnata dal nuovo Regolamento Urbanistico recentemente licenziato dalla competente
Commissione comunale e che dovrà essere discusso e approvato in Consiglio prossimamente.
Perchè di osservazioni da fare ce ne sono, e non si dica, "come fa il Sindaco, che i cittadini non
hanno avuto voglia di informarsi sull'argomento, pur avendone gli strumenti". L'informazione non si
fa, obietta Paolo Baffari, architetto e membro del Cai, con convegni che toccano gli argomenti in
via generale. O rendendo disponibili alcuni documenti sul sito internet dell'Ente, se poi "le tavole
non erano per nulla fruibili, e non si riusciva nemmeno a leggerle". La partecipazione andava
sollecitata in fase di definizione e progettazione. Come tra l'altro - comunica il presidente del
Comitato del quartiere Murate, Albano Garramone - prevede la stessa legge regionale che regola
la materia urbanistica.
Ora che "le carte sono realmente disponibili", i cittadini la loro la vogliono dire. Perciò chiederanno
al Sindaco un incontro per un confronto. E non mancheranno di far avere le loro osservazioni una
volta approvato lo strumento.
E' in gioco il volto, le dinamiche di sviluppo del capoluogo (e non solo), dei prossimi 30 o 40 anni:
Piergiuseppe Pontrandolfi, architetto, professore dell'Università di Basilicata, ex assessore con la
giunta di Domenico Potenza è presente a titolo personale. Perchè "è dovere dei cittadini, oltre che
delle persone che hanno competenze in materia, esprimersi su questa proposta. Per contribuire a
migliorarla". Dà atto all'amministrazione degli sforzi fatti per dotare la città di un piano non più
rinviabile, e dell'aver definito regole più chiare rispetto al piano regolatore generale dell''89. Ma
evidenzia alcune lacune.
A cominciare dalla mancanza dei criteri per l'applicazione della perequazione. Istituto cardine del
nuovo regolamento con cui il Comune acquisisce aree in zone centrali e prestigiose del tessuto
urbano, e trasferisce, per compensazione, i diritti edificatori dei proprietari dell'area in altre zone
(anzicchè procedere agli espropri come finora è stato). Questo con lo scopo, tra l'altro, di dotare
l'amministrazione di spazi per edilizia sociale destinata alle fasce più deboli. L'istituto funziona,
dice Pontrandolfi, se vengono riconosciuti ai proprietari di terreni gli stessi diritti a parità di
situazioni. Perchè esistono aree edificabili, e che valgono di più, e aree (come quelle in frana) che
edificabili non sono e che devono necessariamente valere meno in sede di riconoscimento di diritti
edificatori. Poca chiarezza anche sugli standard (gli spazi da destinare alle attrezzature necessarie
alla vita associata: verde, parcheggi, strade, servizi), ossia sulla fruibilità effettiva delle aree dove
insediarli. E qualcuno fa il caso, previsto nel piano, di un'area pedonale prevista in una scarpata
dove peraltro già esiste un edificio in via di ristrutturazione. Infine nessuna ricognizione in fase
preparatoria,è stata fatta delle necessità dei singoli quartieri.
In realtà, accusano molti, questo strumento, che avrebbe dovuto "regolare l'esistente" dà elevati
diritti edificatori proprio nella cinta urbana già affogata dal cemento, spiega Baffari. Che sostiene:
"la perequazione viene utilizzata per concedere il diritto edificatorio all'interno dei terreni ceduti,
mentre solo una parte residuale viene destinata ad edilizia sociale o standard per la città". Così
avviene, afferma il rappresentante del comitato di quartiere Murate, che "da noi in una scarpata
siano previsti 4 edifici e 3 villette".

Rosanna Santagata

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