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Professioni educative per il sociale

L’universo in cui viviamo si connota sempre più come un “pluriuniverso” che da un lato seduce e
dall’altro genera percezioni e condizioni di insicurezza; permangono i problemi legati allo
sviluppo di un sistema economico- sociale e culturale caratterizzata da una grande variabilità
interna.LE SITUAZIONI A RISCHIO SOCIALE SONO MOLTEPLICI, si richiede la
competenza di figureprofessionali impegnate nella promozione del benessere individuale e
nella costruzione di un tessuto sociale sano e solidale:
• L’educatore sociale
• L’assistente sociale
• L’educatore professionale
• Lo psicologo impegnato nel sociale

• Il cambiamento avviene nella comunicazione

Il paradigma individualistico, che ha segnato e segna il pensiero, le rappresentazioni sociale


ecc, cede il campo lasciando emergere le istanze di una concezione relazionale e sistemica
secondo cui il rapporto io/altro si inscrive in una visione del mondo dove l’intersoggettività
viene letta come il modo in cui riusciamo a conoscere i nostri pensieri.
INTERSOGGETTIVITA’

Forma e definisce l’io attraverso l’altro e viceversa e si basa su un insieme


complesso di interazioni dinamiche tra soggetti- persone

Il pensiero psicologico e pedagogico riconosce che:

l’educazione del momento individuale della personalità non può compiersi se non nell’ambito più
vasto dell’educazione alla società.

Lo sviluppo cognitivo- emotivo è un percorso di natura situata e distribuita:


• Situata perché dipendente dai contesti
• Distribuita perché collegata agli strumenti e agli artefatti culturali, ai sistemi
di segni di cui ci serviamo normalmente.

La comunicazione disegna e scandisce i confini tra io e mondo, le interazioni e le relazioni


tra differenti soggettività, culture, a tal punto da poter affermare chei processi
apprenditivi e i cambiamenti avvengono non tanto attraverso la comunicazione, quanto nella
comunicazione???????
Chi svolge una professione educativa per il sociale è chiamato a:
• Progettare micro e macro-contesti in tesse relazioni
educative ripetitive, di cura, di empowerement;
• Coltivare/rafforzare atteggiamenti di apertura costruttiva
e creativa che riconoscano e facciano riconoscere
appartenenza e cittadinanza attiva;
• Negoziare un progetto e un contratto educativo la cui
responsabilità è condivisa con il team o equipe e con
l’utente.

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• Progetto educativo e set-setting

Si può definire il settino come un’istruzione, ossia una struttura organizzata di spazi.
Il setting( il cui termine inglese deriva dal verbo set; significa organizzare mettere a punto,
disporre, stabilire e stabilizzare qualcosa. Il settino ha a che vedere con l’attività di fissare
condizioni di funzionamento di una cosa o di una situazione introducendo parametri di
continuità e di regolarità; ha a che vedere con tutto ciò che costituisce il contenitore, la
cornice, il confine organizzativo in cui una cosa o un’attività umana viene disposta) è
l’organizzazione di spazio, tempo, regole per realizzare il progetto educativo.

IL SETTING
Il setting psicoanalitico crea le condizioni di contesto per rendere osservabili e analizzabili i
fenomeni psichici sia per il paziente sia per il terapista, al fine della presa di coscienza mediante
comunicazione.
I presupposti generali del setting psicoanalitico sono:
a) il patto o contratto terapeutico, ossia tutto ciò che l’analista ha comunicato al paziente prima
di iniziare il lavoro terapeutico;
b) l’assetto organizzativo,ossia il luogo dei fatti concreti che andranno via via distinguendosi
dagli eventi immaginari es gli appunti che dichiarano la necessità dell’incontro in uno spazio o
un tempo definito; la neutralità ossia la prassi dell’osservazione e la discreta astenzione da ogni
giudizio morale; l’astenzione ossia il divieto di azioni a contatto fisico dentro e fuori da ogni
seduta ecc…
il processo analitico può essere descritto come un procedimento tendente alla progressiva
distinzione dell’ordine del reale dall’ordine dell’immaginario mediante l’uso dell’ordine del
simbolico.
I principi generali del settino psicoanalitico si rivelano proficui nella progettazione dell’assetto
organizzativo di un gruppo di lavoro, così come di un’istituzione di educazione, prevenzione e
cura,
In una comunità la “cornice” organizzativa è definità da tutto ciò che l’educatore
- discute
- comunica
- e decide con il gruppo ma anche da:
- rappresentazioni
- teorie e metodi
- modi di vedere e interagire che non vengono esplicitati
lo spazio e il tempo non sono soltanto quelli dell’attività, ma sono anche scanditi da ritualità
che danno colore e senso all’intera giornata( come scrive Sabrina Russo, con riferimento a un
gruppo- appartamento che ospita soggetti con deficit mentali:” è un fenomeno consueto per i
problemi organizzativi o contrattempi, l’educatore si vede costretto a volte a non seguire un
utente in una determinata attività. Il non aver vissuto con l’operatore una certa esperienza
che presenta cadenza periodica, si presenta come una ritualità interrotta, un sentirsi
trascurato. In genere la giornata è persa in quanto l’utente sente interrotto un ritmo interno
che non può essere recuperato se non a partire dal giorno successivo).
Le relazioni sono scandite dalla dinamica istituto/istituente dove:
• l’istituto è tutto quanto dato dall’esterno o imposto dall’alto;
• l’istituente è l’èquipe degli educatori

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• le istituzioni interne sono quelle regole convenute dal gruppo istituente che devono
essere poche e chiare;

il setting è il risultato della progettualità e riflessione sull’esperienza, ma è anche il risultato


di un processo di co-costruzione con i fruitori:

costituisce un campo fisico e mentale che via via viene ridefinito e co- costruito
insieme,utenti e educatori.
LA METAFORA DEL FIUME
Una struttura residenziale potrebbe essere definita metaforicamente come il letto di un
fiume.
Il lavoro dell’èquipe consente ai singoli affluenti di incontrarsi e di continuare insieme un
percorso regolare e sicuro. Ciascun affluente porta con se tutti i materiali raccolti durante il
percorso.
Il lavoro dell’educatore consiste nel rafforzare gli argini in modo che possano contenere il
flusso l’acqua anche nei periodi di maggiore turbolenza.
Il setting è rappresentato proprio dagli argini.
Se vi è un momento di grande pericolo e turbolenza i momenti più delicati sono quelli di un
cambiamento:
• l’apertura di un nuovo servzio;
• la separazione di alcuni suoi comportamenti;
• il cambiamento degli educatori
• problemi organizzativi

gli educatori devono rafforzare gli ormeggi, raccogliere a uno a uno quegli stessi materiali che
il fiume vorticosamente trascina, e utilizzando quegli stessi materiali, ricostruire. Il letto del
fiume è una nuova realtà per gli affluenti che vi arrivano, si incontrano entro quegli argini(
spazi, tempi ecc) e si scontrano con essi. Gli utenti, come gli affluenti del fiume propongono
cambiamenti nell’assetto strutturale dell’istituzione e del gruppo.
E’ IMPORTANTE CHE:

GLI EDUCATORI sappiano cogliere e valorizzare le caratteristiche e le esigenze di ognuno, e


sappiano darvi voce e forma ridefinendo il contesto di vita
AFFINCHE’
Le tensioni negative e aggressive non si trasformino in veri e propri ingorghi relazionali
LO SCOPO ULTIMO DEL LAVORO EDUCATIVO è quello di sviluppare le
personali potenzialità e la propria originalità.
Gli affluenti di questo fiume hanno bisogno di riconoscere e essere riconosciuti, di formarsi e
di essere valorizzati, attraverso l’incontro e il confronto nelle loro diverse individualità
Le acque di questo fiume non possono rimare per sempre unite.
• Un gruppo serve per allargare lo spazio di
libero movimento individuale in senso fisico
e psicologico; serve per co- costruire,
riconoscere, affermare identità, originalità
e sicurezza, autonomia e deve permettere

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di aiutare a separarsi per andare verso
nuovi incontri ed esperienze

Il set- setting di una struttura residenziale è un campo fisico e mentale che via via si
definisce e si modifica per essere proprio quello che serve a quei particolare utenti e
educatori.
L’insieme di teorie, idee e procedure che costituiscono il set-setting di un intervento
educativo deve essere a monte pensato dall’èquipe e dagli educatori per poter essere poi
“modellato” sulla quotidianità e co- costruito tenendo conto delle componenti interne e della
realtà di contorno.
• Progettare e operare attraverso e nella comunicazione

La progettazione e la realizzazione di un progetto educativo richiede che:


• Si concentri il sistema di ipotesi che si tiene a riferimento nella progettazione
e/o nella conduzione di un percorso educativo;
• Si garantisca un assetto organizzativo spazio- temporale-relazionale
dell’intervento educativo che sia coerente con l’approccio teorico adottato.
• Si tenga presente e si sappia monitorare la dinamica che si crea tra setting del
gruppo, sistema di ipotesi di chi ha responsabilità educativa e setting
dell’istituzione responsabile del mandato, del quale ne risponde alla comunità dei
cittadini

SCOPO del lavoro educativo è l’autonomia e il cambiamento individuale. Lo specifico del


setting gruppale, è la circolarità della parola e del pensiero, è la creazione di un campo comune
a tutti i componenti per confrontarsi e configgere tra pari.
Quanto a CONDUZIONE, chi ha la responsabilità di un gruppo, dovrebbe svolgere la funzione
di pensatore- progettista, ma anche di facilitatore, co- attore, co- pensatore. In un gruppo
una funzione di guida efficace è quella in un adulto che presieda i confini(spazio, tempo,
regole).
Gli stili di conduzione variano a seconda del set- setting dell’istituzione, della professionalità e
delle caratteristiche dell’educatore.
Di fronte a stili di conduzione troppo centrati sull’educatore è frequente assistere a fenomeni
di regressione.

La regressione può manifestarsi con comportamenti di


- Dipendenza( da parte dei componenti del gruppo nei confronti del leader)
o
- Controdipendenza( sempre nei confronti del leader attraverso forme di
mascherate,ritardi, assenze, resistenze nel compiere scelte ecc).
In taluni casi può succedere che parte del gruppo discuta fuori dal gruppo.

Fare gruppo fuori dal gruppo può considerarsi un comportamento regressivo di


controdipendenza; consiste in un attacco mascherato al leader, ma soprattutto al compito e al
setting del gruppo nella sua interezza.

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• L’ambiente del gruppo
L’ambiente gruppo è una cassa di risonanza di emozioni e di razionalità e può funzionare come
palestra per imparare a comunicare e a configgere; chi ha responsabilità di un gruppo non deve
evitare i conflitti,piuttosto deve permettere che emergano senza accentuarli.
L’aggressività nel gruppo può giocare un ruolo importante nei processi di sviluppo emozionale
sani,ma può minarne il funzionamento fino a distruggerne l’esistenza, si creano dinamiche
distorte e distruttive. Le cause di un funzionamento distorto vengono ricercate nei singoli
partecipanti, perdendo di vista il fatto che queste dinamiche sono solitamente espressioni di
un setting problematico nel quale, tutti i componenti sono coinvolti, conduttore compreso.
CONCETTO DI ANTI-GRUPPO non si tratta di una cosa statica, ma di un insieme di
atteggiamenti e impulsi, consci e inconsci, che si manifestano in maniera diversa in differenti
gruppi; la maggior parte dei gruppi hanno sempre un anti-gruppo.

Per imparare ad uscire da dall’ anti-gruppo


bisogna esserci entrati
e aver provato un acuto fallimento.
Bisogna evitare di considerare il singolo soggetto
o sottogruppi come l’unica causa della situazione critica.

Nel setting di gruppo è importante che vengano riconosciute e valorizzate le competenze e le


differenze interne ed è importante che tutti i componenti del gruppo imparino a pensare in
termini di gruppo, perché successi e difficoltà si manifestano nel campo del gruppo.
• La pianificazione e la conduzione di un intervento educativo

Ogni intervento educativo è compreso in un più ampio sistema e come la sua dinamica interna
veda evolvere forze costruttivo-creative e regressivo-aggressive; l’intervento educativo ha
bisogno di operare in rete con i servizi intenzionalmente educativi formali( scuola) e non
formali( famiglia, enti locali, chiese ecc) e di ripensare il sistema delle risorse disponibili.
LA RETE DELLA PERSONA E DELLE RETI SOCIALI
I bisogni sociali degli individui richiedono un lavoro di rete che raccordi l’individuo con la sua
rete di appartenenza e coordini gli interventi di servizi formali e non formali creando una
trama di interazioni. Nel caso di devianza e/o criminalità, l’unità del mondo intrapsichico non è
data.
Un educatore è un operatore pedagogico che lavora sul campo, che deve conoscere le qualità
delle offerte e la consistenza delle risorse, nonché le problematiche del campo per scegliere
e intervenire a favore degli individui e i gruppi.
COSTRUZIONE CONDIVISA DI SENSO E APERTURA AL CAMBIAMENTO
Il progetto educativo la progettazione deve attribuire un valore primario alla
costruzione di un contesto che c’è, di uno spazio all’incontro, dove sia possibile il
rispecchiamento e lo scambio, il confronto e il conflitto, la negoziazione.
L’approccio pedagogico intende rendere il soggetto – persona costruttore attivo del proprio
spazio vitale e della propria autonomia e vede l’educatore come una figura di riferimento
presente, non intrusiva e coerente.

Può essere opportuno ricercare il cambiamento facendo leva sulle potenzialità non sempre
visibili della conoscenza situata,riconoscendo le buone pratiche realizzate e le buone risposte

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date. Un tale approccio può essere molto utile nella cooperazione tra differenti servizi, dove
il problema è quello di stimolare e riconoscere le buone pratiche.
Il gruppo di progetto o l’èquipe può ridurre le difese, perché un problema viene vissuto come
occasione di indagine.
ESSERE E FARE L’EDUCATORE
Da un punto di vista pedagogico, quali “stili” e contenuti un educatore dovrebbe privilegiare?
Quanto agli stili, confronto democratico, la flessibilità, la convivialità rendono vitali un gruppo;
l’educatore svolge una funzione di tutoring nel senso che crea un’impalcatura di sostengo e la
ritira non appena il gruppo è in grado di progettare e di fare in modo sufficientemente
autonomo. Al fine di svolgere la funzione di tutoring, è di vitale importanza la qualità della
comunicazione e della relazione che l’educatore riesce a instaurare con i soggetti, un legame
che si basa su:
• I meccanismi di transfert di attaccamento,perdità,
reattività alla frustrazione, gestione della separazione
possono permettere al soggetto di vivere sentimenti mai
provati o mai riconosciuti prima e possono rivelargli parte
di sé mai considerate; potrà in questo modo portare il
soggetto ad accettare e integrare parti di sé
precedentemente tenute rigorosamente separate,
proiettate e agite, e a divenire interlocutore attivo nella
costruzione del proprio percorso formativo e della propria
realtà. Per l’educatore questo significa lavorare sia sui
meccanismi di transfert sia sul proprio controtransfert,
ossia sulle emozioni e i sentimenti che questi meccanismi
provocano sul soggetto. In questo modo può modulare la
propria comunicazione al fine di svolgere una funzione di
sostegno, contenimento, strutturazione.
• Progettualità condivisa e messa a punto di contesti
proiettati. Al soggetto deve essere data la posinbilità di
partecipare alla progettazione e alla contrattazione del
proprio percorso formativo e di sperimentarsi in differenti
ruoli e situazioni.
• L’orientamento al futuro. Il setting della relazione deve
essere pensato e realizzato all’insegna dell’autonomia e
della separazione. Deve essere basato su una positiva
scommessa in ci la posta in gioco è l’acquisizione di
competenze di autonomia emotivo- cognitiva e deve
prevedere e preparare la separazione come conclusione
naturale di un successo educativo.
• L’autorevolezza, la riservatezza e il giusto di stanziamento
emotivo. La competenza, coerenza- stabilità, attendibilità
permettono di comprendere senza fondersi- confondersi
con l’altro, possono far si che l’educatore diventi un
validatore autorevole della realtà e venga percepito come
un riferimento sicuro.

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Quanto ai contenuti, un educatore professionale coltiva una cultura per la vita, e sollecita la
maturazione di forme di progettualità personali e grippali.
LA SUPERVISIONE PER OSSERVARE E PER PENSARE L’ESPERIENZA
Chi progetta e conduce gruppi educativi, è un professionista che opera continuativamente
all’interno di un istituzione, ed ha a che fare con gruppi che possono avere differenti finalità,
differente strutturazione e possono riferirsi a differenti categorie di soggetti:BAMBINI,
ADOLESCENTI, GIOVANI E ADULTI. Si tratta di professionisti ai quali è richiesto un
elevato grado di professionalità, sensibilità,coinvolgimento emotivo, rischio di insuccesso. La
funzione più importante che un’istituzione può svolgere è quella di offrire un posto sicuro in
cui poter parlare delle difficoltà.

La supervisione può essere definita come una forma di riflessione e di comunicazione di


carattere interdisciplinare che intende promuovere il miglioramento delle relazioni sul lavoro.
♥ Dal punto di vista didattico,il processo di supervisione consiste nel tentativo di
analizzare se l’operato sia stato coerente con gli obiettivi.
♥ Dal punto di vista dell’analisi della relazione, il processo di supervisione riguarda la
riflessione sulle implicazioni personali nella gestione della relazione.

Considerazioni di Gian Paolo Lai, che si è più volte soffermato sul tema, sostenendo che la
supervisione serve al gruppo per lavorare meglio in futuro grazie a una particolare riflessione
sul lavoro passato. Secondo Lai il supervisore deve astenersi dal valutare l’operato che viene
esposto e dal suggerire ipotesi e soluzioni alternative. Se fa riferimento a proprie esperienze
non deve proporlo come modello.

LA SUPERVISIONE IN UN SETTING GRUPPALE deve fare i conti con il crearsi di fenomeni


anti- gruppo determinati dalle emozioni connesse dall’angoscia di esporsi agli altri e di essere
da questi giudicati insufficienti, dalla rivalità, dalla competizione, dall’aggressività latente o
manifesta contro i singoli e contro il gruppo.

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