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Rodrigo Buchago
Thedelle5emezza editore
Rodrigo Buchago nasce il 9 ottobre del 1970 a Maldonado, città situata a 95 km da Montevideo e
famosa per il suo porto, dove ogni giorno arrivano e salpano le navi che tengono vive le sue
industrie tessili e alimentari (in particolare l’ esportazione verso il nord America della preziosa
Aringa salmistrata del mar de la plata), e per il suo museo di Arte Americana (dove sono esposte,
tra le altre, le opere di Joaquin Torres Garcia e le installazioni di Ramiro Esteban Barfonzi).
Scrive poesie da quando ha 6 anni e ormai dalla pubblicazione della sua prima opera, il
fortunatissimo “Manuale di disegno per pensieri a mano libera” (1988) è considerato tra i più
importanti poeti viventi uruguaiani.
Premessa della premessa: non so scrivere premesse. Fatemi fare di tutto, scrivere
articoli per altri, biografie di politici, ma non fatemi scrivere premesse e tanto meno
di un autore come Rodrigo Buchago che rappresenta, probabilmente, un caso unico e
raro, se non il Caso, nel mondo letterario degli ultimi vent’anni. E’ praticamente
impossibile premettere qualsiasi cosa a un uomo così che da solo ha sfidato la
dittatura degli uomini - i famigerati colonnelli Fabras e Vargosa tanto per fare dei
nomi - e delle regole della Letteratura. Figuriamoci poi se tentiamo di mettere davanti
alla sua opera proprio il racconto del suo alpha fondante. Alpha che, per intenderci, di
fatto non esiste. Come vedete anche solo senza entrare nel dettaglio le parole che lo
descrivono perdono di efficacia e sembrano nient'altro che una fila di termini tronfi e
senza senso. Del resto, e proprio lo stesso Buchago a non fare nulla per rassicurarci
mentre lo seguiamo nel suo percorso: guardate ad esempio come si fa beffa di tutti i
termini e gli strumenti tecnici utilizzati dai commentatori e dai critici nel mondo della
Poesia.
“La sua poetica?” Mi chiede. E la mia risposta è venga che gliela mostro. Avverto interesse nel suo
modo di rispondere "volentieri". Poi però sembra folgorato da quel che vede. Devo ammettere che
la mia poetica nuova fiammante fa sempre la sua porca figura.
(Tratto da “Yo no Soy lo que soy” Jorge Parnadel, El Pais de la Plata, 12.8.1996)
Ma, come spesso succede con le persone che non si lasciano conoscere e apprezzare
facilmente, quando avviene il momento in cui si ha la sensazione di afferrarne il vero
significato e il loro scopo ultimo è davvero un attimo di piacere intenso. Per questo
motivo, confidando nel fatto che anche voi riuscirete a scoprire cosa rende Rodrigo
Buchago uno dei più grandi poeti viventi, non intendo fornire molte guide alla sua
lettura. Mi limiterò solamente a segnalare, diversamente da altri suoi commentatori
(confronta Tulio Albelda Fuentes “Uruguay sin embargo”, 2003), come la creazione
del suo posticcio moderno1 Alessio Marchetti non costituisca una protesi emozionale2
quanto un'invenzione alla Borges. Io ritengo in altre parole che la figura letteraria del
Marchetti, per Buchago, esista davvero e in carne e ossa in un qualche altro universo.
O per dirla meglio, se lui è riuscito a immaginarlo, vuol dir che è reale e può esistere.
E Buchago assieme a Marchetti crea anche l’ universo di riferimento di questo
personaggio, senza andare a imitare un qualcosa di visto. Non rappresenta quindi in
nessun modo, come sostiene Fuentes, un esercizio d'immedesimazione.
Questo fatto appare molto evidente da uno stralcio di una sua intervista apparsa su
una rivista letteraria uruguaiana:
(Intervistatore): “..e pensare che il suo eteronimo è un impiegato italiano (Alessio Marchetti
N.d.r.), ci racconta com’è nata questa cosa?”Buchago: “Dia un’occhiata in giro, questa è la mia
casa. Io e lei siamo seduti nel salone e di fronte a noi, dietro questa grande vetrata c’è l’Oceano.
Se solo l’aprissi sentirebbe il profumo di sale arrivarle sino ai calzini. Si sta divinamente qui, non
le pare? (Effettivamente la casa di Rodrigo Buchago è una vera oasi di tranquillità, con la sua
pineta, appoggiata su una collinetta che degrada dolcemente verso il mare, con tanto di piccola
( “Podemos quedar para sabato por la noche”di Xavier Barroso - Marcia” numero 12, novembre
2007)
“Dimmi parole sporche” rappresenta l’opera della maturità per Buchago dopo
qualche passaggio a vuoto come ad esempio “Scripta Volant Treni Manent” e qualche
picco interessante come “Metropolitanìa”. Si ha la sensazione che essere poeta sia
diventato uno scopo vero anche per l’animo che lo ospita. Si hanno segnali di questo
in alcune poesie dove il fatto di essere poeta viene più o meno dichiarato direttamente
(“La casa di Campiglia”) e in altre, dove la parola, che appartiene di sicuro alla
cassetta degli strumenti del poeta, e in particolare il potere della parola assurge a un
ruolo salvifico e diventa Logos a tutti gli effetti. La parola come principio, la parola
come fine (“perché scrivo?”). Tuttavia è un processo in continua creazione e
dissoluzione nella mente del poeta: un dogma di sabbia che può sempre sparire o
diventare qualcos’altro sotto i colpi della vita esteriore, ma soprattutto di quella
interiore con la sua creatura mortale, identificata da Buchago con la figura della
“Grande Noia Nera”, che poi non è altro che la personalizzazione della depressione
dell’artista o dell’uomo in genere.
Rispetto a “Metropolitanìa”, dove il pendolarismo reale (e dell’anima) è il
protagonista indiscusso, in “Dimmi Parole Sporche” il fatto che scatena la risposta
della Poesia al mondo esteriore è la nascita del secondo figlio del protagonista
posticcio (cioè Alessio Marchetti). Questo fatto di per sé pieno di significati genera
una serie di considerazioni sulla vita che vanno dal micro-ordinario (“Evoluzione?”)
alle consuete speculazioni sui massimi sistemi come in “16 Dicembre 2007” dove
appare in tutta la sua trasparente lucidità, la capacità di Buchago di trattare argomenti
seri con una leggerezza tale da renderli diversamente importanti (“Ho pensato che/ a
volte/il tempo ti trascina/come una bottiglia di plastica vuota/in qualche ansa
quieta/dove le ansie del cuore/non trovano più la spinta/della corrente”). E’ proprio
questo suo modo di prendere il particolare debole e inutile della vita di tutti i giorni e
di portarlo alla ribalta del Mondo che rende il Buchago una delle cose degne di essere
incontrate prima o poi nelle proprie frequentazioni letterarie. In fin dei conti, se la
Poesia è “il tentativo di descrivere l’esaltazione folle di chi crede di aver compreso il
Mondo con degli strumenti rozzi come sono di fatto le parole”3, allora questo poeta
ha di sicuro un sacco di emozioni da farvi provare.
Oltre a questo non mi resta che augurarvi di trovare appagante questa lettura perché
per dirla alla Buchago “la Poesia è come fare sesso senza sapere cosa esso sia4”.
3 “Manuale di disegno per pensieri a mano libera”, commento finale, R. Buchago, Ediz.Arroz, 1988
4 Tratto da “Cita con el Buchago” di Hernan De Maria, ediz. Gusman 2001
“Ad Alessio,
che sicuramente
è qua dentro,
da qualche parte”
(Rodrigo)
ALL’IMPROVVISO NON VUOL DIRE SENZA PREAVVISO
C'è qualcuno qui dentro?
Mi ha chiamato mia madre, poco fa.
Ha cercato di fare la voce allegra ma sapevo che faceva finta.
Deve avermi preso per un pezzo d'asino.
Dovrebbe sapere che la conosco.
Siamo carne della stessa carne,
sangue dello stesso sangue.
Poi me lo dice.
La sera prima alle 9 e 07 (mi dice)
è morto il gatto di casa.
Dopo una settimana di agonia
ma intendiamoci, senza troppe sofferenze
(certo si tratta pur sempre di morire),
altrimenti dalla veterinaria gli avrebbero fatto fare
la puntura, subito.
Non prendetemi male
non mi ha fatto piacere
e soprattutto mi spiace per lei.
Era diventato, al posto mio, la sua protesi.
Avrei voluto partecipare meglio,
ma ho pensato al domani che è lunedì.
Alle mie bollette, alla nuova creatura e a quella meno recente.
A mia moglie che vuole tornare a vivere.
Ho risposto vago, senza trasporto
"l'importante è che abbia smesso di soffrire..."
molto più lontano dei 244 km che ci dividevano.
Ora mi chiedo:
qui attorno
c'è qualcuno
interessato a quel che provo?
Dimmi parole sporche
Dimmi parole sporche
stasera non voglio ricordare
di chi sono queste labbra
a cui mi sto per attaccare
Dimmi parole sporche
e lascia a casa il mio bel lavoro,
le tue buone maniere
il bucato fresco e il tuo decoro
Dimmi parole sporche
prima di accender la luce
e far tornare di colpo
il tuo viso e la tua voce
con i nostri anni passati
e poi impilati
a prendere polvere
così rovinati
come vecchie edizioni
di cataloghi Ikea
mai usati
16 dicembre 2007
Praticare il caso
Cercare il nome di qualcosa
O di qualcuno
Su Wikipedia
Poi guardare solo la voce prima o la voce dopo
E’ così che si sconfigge la realtà..
II
13 e 07, agosto
L’ombra è svanita
Sotto i morsi di questo sole enorme
Siamo nel suo regno immobile qui
Attraverso questo paese
Senza fama
Sulla statale che lo taglia
Anche il bar nella piazza sfocata
Ora è chiuso
Sento il brivido dell’esistenza
Chiedermi di spegnere
L’aria condizionata
III
Sono seduto
Sul gradino della scala
A chiocciola
Guardo la canzone della buonanotte in tv
Con mio figlio sul divano assieme alla mamma
E mia sua suocera sulla poltrona.
Sono inquieto
E fuoriposto.
Inerzia
Sopra quei tetti
Nuvole lente
Si ammassano verso il nulla
Là forse c’è il mare
A kilometri e kilometri di pensiero
da qui.
Il caffè è pronto
Ma io non so che fare.
Epifania
Ho in mano un bicchiere serio
Di quelli che ci metti dentro il vino
e lo fai girare
vorticoso
per estrarne gli aromi
e provare a indovinare a cosa somigliano
dentro un vino sudafricano
trovato al supermercato
nello scaffalo in basso
guardo fuori: una giornata assurda
sole caldo
cielo azzurro
di un azzurro senza fine
mi sento allegro
mi sento scaldato
finisco la bottiglia
scende l’ultimo rivolo giallo
quasi bianco.
per un istante
mentre tutto intorno mi basta
temo di scordarmi l’inizio di questa poesia
che dovrebbe fare una cosa del tipo
Ho in mano un bicchiere serio…
DAL MOLESKINE, CON UNA MATITA ROTTA
(I) AristoTele
Fuori da qualche parte
la gente muore
per qualche guerra
per la solita fame
per natural scadenza
Ma io ho appena finito
di mettere a posto
ciascuno nei suoi alloggiamenti
le robe sporche nella lavastoviglie
e così la lascio partire
contento
vedo che il resto della famiglia è al riparo
ciascuno nei suoi giusti binari
verso il sonno
Adesso posso chiudere e lasciare fuori
la grande noia nera
Il telecomando è a vista.
(XI) Lib-Ero
Mi ha preso
devo prendere tempo
ma sento che mi ha preso ormai
è su di me
con le sue unghie d’ombra
l'ho capito perché rileggendomi
l'ho sentito berciare
"banale troppo banale"
mi sto buttando giù
mentre anche l'ultimo Scopo che mi era rimasto
si scioglie
torno a casa e mi sento
come quei pomeriggi
la domenica
prima di rientrare a casa
per fare quei compiti dimenticati
cercando un cestino dove buttare
la carta di quel gelato
ultimo trastullo di quella inutile giornata
con le dita appiccicate
(XVI) Parole ben temperate
Ecco qui
solo qualche riga
senza senso evidente
tornerò a leggervi
domani
e poi dopodomani
e poi tra giorni, chissà quando.
Amiche mie
voglio proprio vedere
come vi tratterà
il tempo
(XVIII) Pappasorci
La mia sera questa sera
sarà vederti
addormentare
sognando pappasorci e videogiochi
mentre cerco un qualcosa
che mi allontani il lunedì mattina
è ben duro il mestiere di figlio...
(XIX) Qui dove non sono più, adesso
Lieve come le tue carezze
un soffio di vento tiepido
apre una vecchia finestra
c'era l'eco dell'autostrada lontana
giugno senza più scuole
mattina in attesa del nulla in arrivo
un refolo anima la tenda
e si porta via i miei pensieri
così lontani
(XXI) Via da me
4 o 5 cose vanno di merda
succede ma brucia
vorrei non riconoscermi + allo specchio
non sentire + la mia voce
non capire + i miei pensieri
ma non per molto
solo il tempo di sentire un po'
la mia mancanza
(XXII) Incanto
D'un tratto i pensieri
si ammonticchiano lievi
come miele di neve
e sul cuore restano quieti
in silenzio.
fisso un particolare
senza importanza
dev'esserci stato qualcosa prima
ma ora non è più qui.
(XXVI) Nemico caro
Nemmeno il pronto
mi urli la tua rabbia assurda
fatta di noia e
depressione post parto
Me la faccio scivolare addosso
Ma non ci riesco
Come quando
ti tagli le unghie in bagno
e un pezzo ti finisce per terra
da qualche parte
(XXIX) Stanco di nulla
Dietro alle braccia nude dei platani
pròtesi
verso il grigio
di questa domenica mattina
piovosa
vedo le nuvole mangiarsi le colline
e rendermi viscoso e pesante
ogni mio movimento
come aprire questo quaderno
e scrivere
Ho la sensazione che il pomeriggio sia già inutile
(XXX) Alcoolismo ai tempi del Global Warming
Strano Aprile
Che sembri marzo e anche un po’ febbraio.
Indugio ancora con il mio bicchiere di vino rosso
Dentro al frigo
Nello scompartimento più basso.
Lì sotto
Attendono ancora sonnacchiose
Due bottiglie di birra
Verrà pure il vostro tempo
Credo
Porco Parco
Bloccato da un amico di mio figlio
al parco.
Devo stare qui ancora un po'.
Moscerini mi danzano in bocca e sulle ciglia.
Non posso muovere le mani, cariche del suo giubbotto e un Gormito
doppio.
Per favore Satana, fa il tuo mestiere.
Ma lontano da qui.
Titolo originale “No hay que confundir la velocidad con el tocino”
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