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PIETRO CHIODI

BANDITI

Queste pagine furono scritte fra il 1945 e il 1946 allo scopo di rendere testimonianza su fatti e atteggiamenti contestati, di alcuni dei quali il loro autore era lunico testimone sopravvissuto. Ci spiega la breve nota che le precedeva nella prima edizione e che qui riconfermo pienamente: Questo libro non un romanzo, ne una storia romanzata. E un documentario storico, nel senso che personaggi, fatti ed emozioni sono effettivamente stati. Lautore ne assume in proposito la pi completa responsabilit. La presente ristampa si rivolge particolarmente ai giovani, non gi per far rivivere nel loro animo gli odi del passato, ma affinch, guardando consapevolmente ad esso, vengano in chiaro senta illusioni del futuro che li attende se per qualunque ragione permetteranno che alcuni valori - come la libert nei rapporti politici, la giustizia nei rapporti economici e la tolleranza in tutti i rapporti siano ancora una volta manomessi subdolamente o violentemente da chicchessia. PIETRO CHIODI Torino, dicembre 1960. 1939-1942 15 settembre 1939. Ho cacciato tutto il giorno tra il Padrio e il Mortirolo. A mezzogiorno ho trovato Leone con due fagiani. Abbiamo mangiato assieme. Voglio bene a Leone e leggo nei suoi grandi occhi scuri che contento di vedermi. Eravamo vicini di banco a scuola. Parla poco e quasi impacciato. lo ho studiato e lui rimasto a lavorare i suoi campi nascosti fra gli abeti. Si fatto alto e tarchiato ma i suoi occhi sono limpidi e puri come allora. Prima di lasciarmi mi guarda fissamente e poi abbassando il capo dice: - Cosa ne pensi di questa guerra? Ieri ho ricevuto la cartolina -. Pi impacciato di lui gli rispondo: - Non pensarci, vedrai che ne resteremo fuori. Lo vedo allontanarsi sul crinale a passi lenti col fucile che gli dondola sulle spalle. E bello, forte e buono Leone. Lo amo come amo i miei monti e la mia gente. Giungo a casa assai tardi. C un telegramma per me. Leggo -. Quale vincitore dei concorso per cattedre di filosofia e storia siete destinato al Liceo classico di Alba . 20 settembre. Oggi sono a stato ad Edolo. Il paese era rigurgitante di alpini richiamati. Pochi sono in divisa. I pi girano con mezza divisa o col solo cappello. C un caos enorme. Il magazzino del deposito semivuoto. Nulla stato predisposto n per il vitto n per lalloggio. Entro in unosteria. E piena di alpini ubriachi. Uno ad un tratto sale su un tavolo e imposto il silenzio esclama con fatica: - Come vuol fare Mussolini a far la guerra che gli alpini sono tutti ciuk! 5 ottobre. Sono ad Alba da pochi giorni. Conosco gi quasi tutti i colleghi. Il titolare di italiano e latino su per gi della mia et. Si chiama Leonardo Cocito. E pieno di intelligenza e di brio. Facciamo spesso delle lunghe passeggiate in bicicletta sulle colline che circondano Alba. 23 Ottobre. Oggi io e Cocito abbiamo prestato giuramento. Cocito chiede serio prima di giurare: E necessario per avere lo stipendio? - Il Preside sorride. Cocito incomincia allora a leggere senza tirare il fiato tutto ci che c scritto sul verbale- numero di protocollo, articolo tal dei tali ecc... Il Preside cerca di convincerlo a leggere solo la formula del giuramento. Cocito continua imperterrito e alla fine dice: - Scusate, ho voluto bere il calice fino alla feccia. 10 dicembre. Ieri sera venuto in biblioteca uno studente a chiedere i discorsi di Mussolini. Cocito l ha guardato serio serio e poi gli ha detto: - Non hai letto il regolamento? Ci sta scritto che proibito dare ai giovani libri osceni. Tutti vogliono bene a Cocito. Ecco perch non ancora in galera. Dicono che lanno scorso quando giunse a quella parte del programma in cui era prescritto di celebrare Mussolini come un grande
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scrittore sia giunto in classe con un busto in gesso del Duce. Depostolo sulla cattedra ed accarezzandolo paternamente esclam: - Ecco, ragazzi, il pi grande scrittore della letteratura italiana! I3 maggio 1940. A Torino ho visto Cecco. Abbiamo parlato della guerra e delle strepitose vittorie tedesche. Cecco mi ha detto:- Non temere, questo niente. La guerra non ancora incominciata. 8 giugno. I gerarchi fascisti hanno riunito i giovani per far loro gridare: Viva la guerra. Pochi ci sono andati pur di far vacanza. I0 giugno. Il Duce ha dichiarato la guerra, 11 giugno. Cocito stato richiamato ed ha dovuto partire per il fronte. Era fuori di s. Salutandomi ha detto: Ci sto a tutto ma non a far la guerra perch lEuropa sia fascista. Il Re o morto o pazzo. 10 ottobre. Oggi ha incominciato a frequentare il Liceo un ragazzo di Bra di cui Cocito mi aveva parlato con entusiasmo. Si chiama Danilo Ballerini. Ha due occhi scuri pieni di tristezza. 10 gennaio 194I. Sono stato richiamato e messo a disposizione per un corso allievi ufficiali. Cocito si fatto operare di appendicite pur di non continuare a prestare servizio. E entusiasta della mia massima Chi non libero non ha Patria, chi non ha Patria non ha doveri militari. 3 febbraio. Sono uscito ieri sera dallospedale militare di Alessandria con sei mesi di licenza di convalescenza. E tutto inverno che soffro duna forma reumatica ai piedi. 2 aprile. Mi hanno scritto da casa che Leone al fronte e che da un mese non si sa pi nulla di lui. 8 maggio. Ballerini mi accompagna sovente a casa. E un ragazzo strano. Si occupa poco della scuola ma legge molto. Ha la mania delle edizioni rare. 10 giugno. Oggi venuto al Liceo a salutare i suoi professori un giovane capitano degli alpini. Si chiama Alessandria. Perazzo, che fu suo professore di matematica ci parla a lungo della sua intelligenza e della sua bont. E gi stato ferito due volte e decorato di medaglia dargento. 3 gennaio 1942. Leone stato fatto prigioniero ma riuscito ad evadere. Ne sono felice. 10 gennaio. Circola la barzelletta un po triste: Se perdiamo siamo perdenti, se vinciamo siamo perduti. 6 febbraio. Sono allospedale militare di Torino. Sporcizia e disordine vi regnano indisturbati. La forma reumatica di cui soffro si aggravata malgrado le cure. Cammino a stento. 12 febbraio. Sono stato dimesso dallospedale con un anno di licenza. Ho limpressione dessere uscito da un incubo. Un ragazzo tubercolotico mi ha detto: - Chi entra sano esce ammalato e chi entra ammalato muore. 3 marzo. Cocito stato nuovamente richiamato ed inviato in Croazia. 5 aprile. Al sabato dobbiamo andare a scuola in camicia nera. Me la copro con una sciarpa perch me ne vergogno.
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1943 23 gennaio. Cocito rientrato dalla Croazia. Passa il tempo leggendo molto. Mi confida di aver aderito al partito comunista. Gli faccio qualche osservazione, ma irremovibile. Ad un tratto mi guarda stranamente dicendomi - Sai che a Mostar professori e allievi del Liceo sono tutti in montagna a fare i partigiani. Anche le ragazze ci sono andate. Quello un Liceo dove mi piacerebbe insegnare. 6 febbraio . Con mille intrighi Cocito riuscito a farsi assegnare al deposito del 43 Reggimento Fanteria con sede in Alba. Fa laiutante maggiore del colonnello che ha la mania dei discorsi. Cocito glieli prepara. Giorni fa uno finiva con queste parole: Eleviamo un pensiero reverente alla Maest del Re Imperatore, fedele custode delle libert consacrate nello Statuto . Quello alle reclute cominciava invece cos: La palingenesi della psiche del soldato: ecco lo scopo che dobbiamo proporci . 26 luglio. Era quasi mezzanotte quando un tramestio insolito mi ha svogliato. Sento delle voci che gridano nella strada. Mi alzo. Sono dei miei allievi che mi annunziano la caduta di Mussolini. Mezzo addormentato come sono credo si tratti duna allucinazione. Mi metto allapparecchio radio. Una stazione francese ripete a intermittenza: Mussolini a dimission. Che succeder ora? 27 luglio. Euna magnifica giornata. Si respira a pieni polmoni. Sono al Liceo e guardo dalla vetrata il giardino. Non mi ero mai accorto che il Liceo fosse cosi splendente e pieno di luce. Sento che una piccola parte della mia Patria. Quella parte in cui io sono chiamato a compiere il mio dovere verso di Lei. E la prima volta che mi accorgo di avere una Patria come qualcosa di mio, di affidato, in parte, anche a me, alla mia intelligenza, al mio coraggio, al mio spirito di sacrificio. 20 agosto. Stamane Cocito venuto da me per riferirmi che una sollevazione popolare contro il governo Badoglio prevista imminente negli ambienti ben informati. Bisogna agire in seno allesercito affinch i soldati facciano causa comune col popolo. Alla sera, nei giardini della stazione, ci diamo convegno con alcuni uffciali, sottuffciali e militari della guarnigione di Alba. Prendiamo degli accordi e stabiliamo una linea di condotta per la tragica eventualit. Ci sono per troppi fascisti fra gli ufficiali della guarnigione. Il colonnello stato cambiato gi da parecchio. Il nuovo debole ed irresoluto. 2 settembre. Da alcuni giorni sono ad Acqui per una cura di fanghi. Nellalbergo c un comando di SS. Sono scese da poco dal Brennero e ostentano indifferenza e disprezzo. 8 settembre. Alle sette di sera giungo a casa da una passeggiata in campagna e trovo tutto lalbergo in subbuglio. Badoglio ha annunciato la pace ed ordinato di reagire ad eventuali attacchi dei tedeschi. Questi non si sognano neppure di attaccare. In una stanza dellalbergo vanno e vengono ufficiali e portaordini, come se nulla fosse. Mi stupisce lindifferenza con cui alcuni ufficiali italiani vanno a coricarsi alla sera. Verso luna il silenzio rotto da raffiche e da scoppi di bombe a mano. Poi un concitato andirivieni di pattuglioni e di autoblindo tedesche. 9 settembre. Allalba incomincia un forte cannoneggiamento. Mi dicono che i tedeschi hanno sorpreso nel sonno e disarmato i soldati italiani in due caserme. Una terza resiste ancora ed ora intensamente cannoneggiata. Decido di partire subito per Alba. Le strade sono deserte. Mi si spezza il cuore vedendo gruppi di soldati sospinti come animali dalle ss. Alle16 sono arrivato ad Alba.
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Tutto tranquillo. Vado subito in caserma. Trovo Cocito eccitatissimo. Assieme ci rechiamo dal colonnello che informo di quanto ho visto ad Acqui. Il colonnello non sa che fare. Cocito insiste per la resistenza ad oltranza. Il colonnello si lascia indurre ad impartire degli ordini in questo senso. Esco e trovo un amico a cui racconto ci che ho visto. Mi guarda incredulo e poi. dice: - Ad Alba i tedeschi non vengono. Alba non ha nessuna importanza. 10 settembre. Il colonnello ha telefonato a Cuneo ed ha deciso di non resistere. Ordina a tutti i soldati di rientrare in caserma e non muoversi. Cocito corre da un posto di blocco allaltro ordinando ai soldati di fuggire sulle colline con le armi. I tedeschi sono alle porte di Alba con alcuni carri pesanti. Entrano in citt, occupano la caserma catturando uomini e materiali. Cocito fuggito allultimo sgusciando, con un furgoncino carico di armi, fra gli automezzi tedeschi. 12 settembre. Unatmosfera di sospensione e di terrore si stesa su tutta la citt. I negozi sono chiusi ed i viandanti rari e frettolosi. Dalla caserma giungono ad intervalli delle raffiche. Quattro soldati vengono fucilati e sotterrati nel letamaio. In lunghe file e scortati dalle ss. i prigionieri vengono portati alla stazione e stipati nei carri bestiame. Uno non ce la fa pi a camminare e invoca piet. Viene abbattuto con una raffica nella schiena. Nel pomeriggio si viene a sapere che la signora Rizzolio e Giovanni Ferrero sono riusciti a far breccia fra le ss. ottenendo di vettovagliare i tremila uomini ancora in caserma. Spumante e denari allargano sempre pi la breccia. Il numero delle evasioni ingigantisce. Per salvare la vita a cinque condannati a morte vengono fatte intervenire anche delle ragazze. Rotto il ghiaccio, molti si prestano con viveri e denari. Sangue e spumante si mescolano. Un contadino si avvicinato ad una finestra per dare del pane a suo figlio e stato freddato con una raffica. Un carro bestiame fermo in stazione da sei ore sotto il sole. Ne escono grida sempre pi fioche che invocano aiuto. Finalmente due sacerdoti riescono ad ottenere che il carro sia spiombato. Ne vengono estratti morti e moribondi. E sera, quando spossato e abbattuto apro la radio: Giovinezza. 25 settembre. Oggi nel pomeriggio sono arrivati ad Alba due militi fascisti in motocicletta. Hanno la camicia nera e sul berretto un teschio. La gente li guarda con odio e disprezzo. 10 novembre. Ieri sera verso le undici ho sentito bussare forte alla porta delloffcina del mio padrone di casa. La signora sale da me sconvolta. Ci affacciamo alla finestra ed una voce secca ordina di aprite. Scendiamo assieme. Entrano tre uomini con giacche militari e pantaloni borghesi. A tracolla hanno delle armi automatiche. Sul petto spicca una coccarda tricolore. Ritirano un pezzo di ricambio e se ne vanno. Hanno lasciato un buono in testa al quale sta scritto: Commando Partigiani delle Langhe. Risalgo in casa, apro la finestra e guardo nella direzione in cui si sono allontanati. Un leggero nevischio comincia a cadere Per terra si vedono le orme che si perdono nel buio. 1 dicembre. Sono stati arrestati dai carabinieri parecchi familiari di giovani renitenti.

3 dicembre. Ieri sera un gruppo di giovani ha attaccato la caserma dei carabinieri con lancio di bombe. I familiari detenuti sono stati rimessi in libert. 5 dicembre. Nella notte sono stati arrestati una decina dostaggi. Due carabinieri sono venuti al Liceo per arrestare Cocito. Per fortuna dall8 settembre non si pi fatto vivo. Un maggiore giunto da Cuneo minaccia fuoco e fiamme. Alcuni giovani sono portati in caserma con le mani in alto ed il mitra dietro la schiena. Ieri sera il maggiore ha detto in un albergo: - Sistemata Alba, sistemer le Langhe.

17 dicembre. La notizia si diffusa fulminea nella citt. Il maggiore dei carabinieri, il capitano, un maresciallo ed un milite sono stati uccisi nelle Langhe. Il maggiore si recava a Cravanzana dove i partigiani avevano disarmato i carabinieri. Per la strada la macchina stata fermata da un giovane che ha chiesto le armi. Non si sa bene come le cose siano andate. E per certo che ad un tratto il maggiore ha estratto la pistola colpendo a morte il partigiano.- Dai cespugli circostanti una nutrita serie di raffiche- investiva la macchina freddando quanti erano a bordo. 20 dicembre. Nella cappella del cimitero ci sono le quattro salme dei carabinieri rivestite della grande uniforme. Montano la guardia carabinieri e fascisti. In un angolo c un corpo denudato, con un colpo di pistola nel petto. Era un ufficiale di Marina.

1944 3 gennaio. Ho saputo che Cocito nei boschi di Bra con alcuni uomini. Con lui c anche Danilo.

15 febbraio. Oggi al caff ho trovato lavvocato C. Deve essere il capo dei fascisti repubblicani. Mi guarda con occhi scrutatori e maliziosi. Porta il discorso sulla guerra e si dice sicuro della vittoria tedesca. Gli faccio notare che se i tedeschi continueranno a perdere territori su territori sar difficile che possano vincere. Mi risponde che questa una guerra di idee e che i territori non contano. Non posso tenermi dal fargli osservare che alla fine i tedeschi si troveranno con molte idee e nessun territorio. E un imbecille ma devessere pericoloso. 10 marzo. A Torino ho trovato R. che lavora per il CLN. Mi ha assicurato che ai primi di aprile arriveranno in Alba due donne addette allo spionaggio fascista. Hanno lincarico di identificare con precisione la zona dove opera Lul, il partigiano italo-francese che ha dato tanto flo da torcere a tedeschi e fascisti. Mi d tutti i connotati. 20 aprile Ieri sono arrivati allAlbergo delle Langhe alcuni brutti ceffi. Sono ss. italiane che svolgono operazioni di polizia in borghese. In realt sono volgari grassatori che si impadroniscono di gioielli, macchine, denari, dando parte del bottino ai padroni tedeschi. 26 aprile. Sono da alcuni giorni a Montaldo. Ogni tanto passano macchine velocissime con degli uomini armati. Sono partigiani di una banda che ha il suo Comando a Sommariva Perno. Ieri ho saputo che hanno arrestato due donne sospette di spionaggio. Stamane sono andato al Comando per vedere se i connotati corrispondono a quelli segnalatimi da R. Mi ha ricevuto Marco, il comandante. E un giovane alto, biondo, pieno di coraggio e di iniziativa. Ci parliamo a lungo. Diventiamo subito amici e ci diamo del tu. Le donne non sono quelle segnalate. Marco mi incarica di tenerlo informato di quanto succede ad Alba. Restiamo anche intesi che far per lui il collegamento con le formazioni garibaldine di Barolo. Ho conosciuto anche Lino, il commissario della formazione ed Elio che fa il collegamento con Bra. Quando esco un camion in partenza per una scorreria in pianura. Gli uomini si contendono il diritto di parteciparvi. 30 aprile. Sono andato nuovamente da Marco per combinare uno scambio di armi fra lui e Prut. Stavo andandomene quando giunto tutto trafelato, in bicicletta, un uomo sui quarantanni, alto, magro, con un naso a punta fra due occhi piccoli e vivi. E il maresciallo, portaordini e longa manus di Mauri. Ha un berretto bianco in testa mi dice che il suo portafortuna.

20 Maggio . Sono andato a Barolo da Prut assieme al maresciallo. Prut ha bisogno di medicinali. Mi impegno a fornirglieli. Ho conosciuto Lul. Non ha ancora ventanni E piccolo con un volto triste e quasi femmineo. In piazza a Barolo mi ha mostrato il luogo in cui da solo ha fatto fuori una decina di fascisti piombatigli addosso su un camion. 1 giugno. Stamane passando innanzi alla caserma ho assistito ad una scena impressionante. Una ventina di militi caricavano su un camion quattro giovani legati mani e piedi. Ho sentito uno gridare: - No, sono innocente! - Unora dopo ho rivisto i militi che cantavano in un caff. Si sparsa fulminea la notizia che i quattro giovani sono stati massacrati al Mussotto sul luogo in cui, giorni fa era stata uccisa una ss. Non posso trattenermi dallinfilare la bicicletta e recarmi al Mussotto. A cento metti dalla cantoniera, sul bordo della strada, una gran pozza di sangue. Un vecchio cantoniere mi descrive, piangendo come un bambino, la orribile scena. Allontanandosi dice: meglio morire che sopportare questo. 8 giugno. Stamane ero da Marco quando arrivato un camioncino tutto traballante. Ne scendono, Cocito, Danilo e alcuni altri. Ci abbracciamo con immensa gioia. Danilo tutto impacciato. Non riesce a darmi dei tu. E armato di mitra. Sul volto pallido gli spiccano bellissimi i due grandocchi neri. 11 giugno. Da tempo cerano in Alba dei prigionieri cecoslovacchi arruolati forzatamente dai tedeschi. Ieri sono stati improvvisamente trasferiti in Val dAosta. Sembra che lavvocato C. abbia denunciato la solidariet che si era stabilita fra loro e la popolazione. Parecchi piangevano e stringevano la mano a quanti incontravamo. Sotto i portici un giovane cecoslovacco, molto alto e distinto mi venuto incontro stendendomi la mano. Gliela stringo con effusione dicendogli. - Vive la Tchco-Slovaque libre! - Mi abbraccia esclamando: - Vive lItalie libre! 13 giugno. E venuto a trovarmi Pareyson. E sospeso dal grado e dallinsegnamento per motivi politici. Mi dice che a Cuneo i professori sono quasi tutti fuggiti. Ferrero in prigione da tempo. Pareyson ha un posto di primo piano nellorganizzazione del Partito dAzione. Sono fondamentalmente daccordo con lui. Bisogna andare il pi possibile verso sinistra senza compromettere la libert. Abbiamo combinato un incontro in Alba con un organizzatore delle formazioni GL. Si chiama Felici. 18 giugno. Stamane a Sommariva Perno ho trovato gli uomini di Marco in preda ad uneccitazione che li faceva raggianti. Chiedo ad uno cosa sia successo e mi risponde. - Non sai? Avevano preso Marco e labbiamo liberato. Cerco di Marco e di Lino. Non ci sono. Qualcuno mi racconta la cosa. Marco, Lino, il maresciallo e Franco erano partiti su una macchina per andare da Mauri. Sulla macchina avevano nascosto un thompson da offrire al maggiore. In pianura sono cascati in mezzo ad un rastrellamento. Il thompson viene trovato. Il comandante tedesco dice concitatamente - Via, caput -. Alle due dopo pranzo arriva in banda Lea, la sorella di Marco, con la notizia che Marco in carcere a Bra. La decisione subito presa. Trenta uomini salgono con le armi migliori su un 66. Lino vestito da ufficiale delle ss. Due uomini da carabinieri. Alle porte di Bra il grosso si apposta mentre Lino e i due carabinieri puntano decisi verso la caserma ricevendo e ricambiando grandi saluti fascisti. Bussano al portone. Luomo di guardia dopo aver guardato dallo spioncino apre. Un carabiniere lo immobilizza puntandogli la pistola nel petto; Lino e laltro entrano negli uffici spianando le armi. Alcuni momenti di trepidazione e poi il rombo del 66. I partigiani irrompono nella caserma. Il combattimento si accende rabbioso ma gli uomini riescono a raggiungere i prigionieri ritirandosi con loro. Fuori hanno lasciato due partigiani ad ogni

crocicchio. In uno di essi stato ucciso un ufficiale delle ss. che gli andato in bocca leggendo il giornale. In caserma ci sono altri due morti tedeschi. Correndo per il cortile al maresciallo caduto a terra il berretto bianco. Due salti indietro a raccoglierlo e poi via di nuovo. . 20 giugno. Oggi nel pomeriggio venuto Cocito a casa mia. Mi dice: - L hai saputa lultima? Rimango perplesso e lui: - Non sai cos ho combinato a Sommariva Bosco? - Mi racconta. - Era arrivato allaccampamento il maresciallo Ballerini, il padre di Danilo, a dare la notizia: due carri pieni di armi e munizioni partono col treno delle I5 da Bra. Scorta cinquanta uomini. Eravamo solo in dodici con tre armi automatiche ma partimmo lo stesso. Ci appostiamo in stazione. Prima arriva il treno da Torino. Arrestiamo due tedeschi che tutti tremanti ci mostrano documenti comunisti. Li carico sul furgoncino e li chiudo dentro poco dopo arriva il treno da Bra. Appena si ferma incomincia il combattimento. I fascisti si buttano in mezzo alla gente a sparare. Sten salta sulla locomotiva e spara nei vagoni dinfilata. Io mi faccio sotto con le bombe a mano. La repubblica, si squaglia a gran velocit. Quando tutto era quasi finito arrivato un camion di Marco. Abbiamo preso due pesanti, tre mitragliatori, parecchi mitra ed una quantit di munizioni. Avessi visto lentusiasmo della gente. Molti operai mi abbracciarono piangendo. Per caricare il bottino sul furgoncino ho dovuto mollare i due tedeschi. Capirai erano comunisti come me, e poi meglio i mitragliatori che loro -. Gli dico: - Sei pazzo a venire in Alba? E se qualcuno ti riconosce? - Lo tengo in casa fin che buio e poi lo accompagno in bicicletta per un po. Gli faccio mille raccomandazioni ma sono certo che non mi dar retta. 22 giugno. Stamane venuto da me Felici. Eun uomo coraggioso e simpatico. Si propone di gettare le basi di un vasto movimento partigiano GL nelle Langhe. Gli prometto tutto il mio aiuto. 23 giugno. Il tenente dei carabinieri lavora per i partigiani. Mi d sovente notizie da trasmettere a Marco. 25 giugno. Alle due dopo pranzo e venuto da me Cocito. Lo rimprovero per la sua imprudenza ma non se ne d per inteso. Dopo il combattimento di Sommariva gli uomini sono pieni di entusiasmo e crescono ogni giorno di numero. Mi riferisce che ha lasciato sei uomini appostati sullo stradale fra Alba e Bra allaltezza di Monticello col compito di requisire un automezzo. Il camioncino non basta pi. Mi sta dicendo queste cose quando entra il dottor Gallizio e ci riferisce che un camion di russi al servizio dei tedeschi passato per i viali diretto verso il ponte. Cocito balza in piedi ed infila le scale di corsa. Dalla finestra lo vedo che corre in bicicletta verso il Tanaro. Non posso far altro che aspettare col cuore in gola. Esco e mi avvio verso la caserma. Sono le quattro quando arriva il camion dei russi. Uno fasciato al capo. Il parabrezza in frantumi. Non mi sembra per che vi siano dei prigionieri. Prendo una bicicletta e mi avvio verso Monticello. Nei pressi del mulino trovo Cocito seduto su un muricciolo con la testa fra le mani. Piange. Mi racconta che Sten e Danilo sono riusciti a fuggire ma quattro sono stati catturati. C anche Aimo, un ex allievo del Liceo ora studente in medicina. Cocito ha gi inviato una staffetta a Marco proponendogli di attaccare assieme la caserma stanotte. Ritorniamo ad Alba. E quasi notte quando arriva la staffetta di Marco con la risposta negativa. Forse Marco ha ragione. Non sono cose che si possono ripetere. Passiamo la notte in unangoscia indicibile facendo i pi pazzi progetti. 27 giugno. Stamane mi sono recato allalba dalla signora R. So che dispone di forti somme e pu arrivare al comando tedesco di Alba. Le racconto il fatto e la prego di intervenire. Dopo due ore di attesa arriva. Non c niente da fare. Il comandante le ha brevemente detto: - Se vincere loro fare caput a noi. Noi oggi fare caput a loro -. Cocito ripartito per cercare qualche altra via.
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29 giugno. Oggi sono andato a Sommariva. Cera Danilo con la sua solita aria triste e pensierosa. Mi ha raccontato come and a Ponticello. Ad un certo punto era spuntata la macchina di Wesser diretta verso Alba. 1 ragazzi si erano buttati a terra. Uno stava per sparare quando Aimo lo trattenne dicendogli: - E Wesser, lascialo passare che con noi -. Credendo di non esser stati visti, continuarono a restare sulla strada. Ad un tratto ecco spuntare un camion civile che sembrava vuoto. Improvvisamente i russi ne erano balzati fuori sparando. Aimo e gli altri tre erano al riparo dun muretto isolato. Spararono fino allultimo colpo e poi dovettero arrendersi. Gli faccio notare che erano stati imprudenti. Ci vorrebbe con questi ragazzi qualche ufficiale di carriera. Ma i pi sono stati presi da uno sviscerato amore per la cultura, sono tutti studenti universitari. Danilo mi dice: Gli ufficiali effettivi che non fanno il partigiano sono dei traditori e un giorno li metteremo al muro -.Mentre scendevo dalla scalinata dei castello ho incontrato il padre di Aimo col viso disfatto dalla disperazione. Un tempo veniva da noi al Liceo per sapere come andava Sergio. Non ho parola. Cerco di ingannarlo. Mi guarda con due occhi che non dimenticher mai pi. 2 luglio. Stamane sono stato con Felici ad un convegno a Madonna degli Angeli. Cera un giovane bruno daria risoluta. Si chiama Piero. Con lui cera Dehli, il suo diretto superiore. A stento riesco a riconoscere in lui il capitano degli alpini che era venuto al Liceo. Sono a capo duna formazione GL. 3 luglio. Stavo cenando quando venuto da me L. ad avvertirmi che al bar Roma cerano due russi che volevano disertare. Sono un po titubante ma alla fine decido di andare a vedere. Sembrano due uomini leali. Un poin tedesco un po in francese riesco a capire che avevano un appuntamento con un partigiano alle sette nel bar. Sono usciti dalla caserma asportando armi e munizioni. Sono gi le sette e mezza ed il partigiano non ancora comparso. Il padrone del bar con le mani nei capelli. I due russi mi fanno capire che in caserma non possono pi ritornare e che fra poco saranno ricercati. Parlo con uno e con laltro senza riuscire a trovare una soluzione. Finalmente arriva un giovane che si mette a disposizione con una motocicletta. Li aspetter alle otto fuori citt. Cinque minuti prima delle otto accompagnammo allappuntamento i due russi nascondendoli in mezzo a noi. Pattuglie tedesche li stanno gi cercando in assetto di guerra. Tutto riesce bene. 5 luglio. Sono a Montaldo da ieri sera. Ho deciso di non tornate pi in Alba. Ieri nel pomeriggio il signor R. mi ha avvertito che molti ormai sanno della mia attivit e che mi conviene togliermi da Alba. Dopo lo sbandamento di Sommativa alcuni uomini di Marco sono tornati a casa loro a Montaldo. Stamane ho parlato a lungo con Pino. Ho deciso di formare una banda con questi uomini. Ci sono alcuni moschetti. Al resto provveder io. 8 luglio. Marco molto demoralizzato. Si spostato in Val San Lorenzo. Mi ha promesso di darmi qualche sten. 10 luglio. Da stamane la Val San Lorenzo a ferro e a fuoco. Chiss Marco come se la caver. 12 luglio. Marco ed i suoi uomini sono riusciti a sottrarsi al rastrellamento. Si sono spostati a Santo Stefano Roero. 14 luglio. Verso Santo Stefano si sente sparare. Due contadini terrorizzati mi hanno detto a tarda sera che i tedeschi hanno circondato il paese e che Marco ha perso un uomo. 16 luglio. Stamane sono andato da Marco. Stavano seppellendo il morto di ieri. Marco mi dice che ci debbono essere delle spie che segnalano tutti i suoi spostamenti. Quattro uomini passano portando sulle spalle il feretro. Marco assiste alla scena con gli occhi umidi. Era uno dei suoi pi
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valorosi. In Val Casotto era saltato da solo su unautoblinda costringendola alla resa. Mi sta dicendo queste cose quando si sente ad un tratto un sordo rumore di motori in lontananza. Una vedetta d lallarme: 1 tedeschi! Dalla strada ci gettiamo gi per un burrone vicino. Passa rombando una colonna di sei camion preceduta da unautoblinda. Lultimo camion traina un cannoncino. Ci vuol altro che sten! 20 luglio. Marco non ha pi un soldo. Nel pomeriggio decido di scendere ad Alba per vedere se posso trovare qualcuno che ci aiuti. Spiego la situazione a R. che mi d ventimila lire. Marco mi abbraccia e mi promette che in cambio mi dar due sten. Uscendo da Alba ho trovato F. il proprietario dellAlbergo S. che mi ha fatto questo racconto. Dopo il massacro del Mussotto il tenente Memmo Guerraz che comandava le ss partito per Asti lasciando la sua roba in albergo. Giorni fa si presentata una ragazza dicendo che il tenente Guerraz la mandava a ritirarla. F. prosegue: - lo mi rifiutai ed alle sue insistenze la invitai a recarsi in caserma con me per sentire il parere di Fritz il comandante tedesco della piazza. La signorina entr nellufficio che rimase semiaperto cosicch dal di fuori potevo udire quanto vi si diceva. Nel sentire il nome di Memmo Guerraz, Fritz and su tutte le furie gridando- Dica a quel delinquente che si presenti lui da me. So tutto. Ha fatto uccidere quattro innocenti al Mussotto. I verbali di interrogatorio in cui quei disgraziati confessavano di aver ucciso le s s. erano falsi. Se li inventati lui per avere lautorizzazione a compiere la rappresaglia. Gli dica. che venga qui lui a prendere le valige -La ragazza usc tutta impaurita. So che nella stanza vi molta roba requisita. 23 luglio. Ho saputo che Cocito passato di l dal Tanaro coi suoi uomini per sfuggire ai continui rastrellamenti. Della Rocca deve aver ricevuto dei lanci. 26 luglio. Toppan, un uomo di Cocito, stato catturato ed impiccato subito dopo a Sommariva Bosco. Anche un civile che, terrorizzato dalla scena, perse la testa e si mise a correre stato abbattuto con una raffica e poi impiccato. 3 agosto. Nella Langa ci deve essere un rastrellamento. In lontananza si odono delle raffiche cupe inframmezzate ad esplosioni. Si scorgono anche alte colonne di fumo. I contadini si fanno il segno della croce terrorizzati. 5 agosto. Oggi ho avuto una terribile notizia. Danilo caduto in combattimento. Non posso credere che i suoi grandi occhi pieni di vita siano spenti per sempre! Lo rivedo nel suo banco al Liceo, col mitra a Sommativa Perno. Ed ora chiss dove sar sepolto. 11 agosto. Oggi nel pomeriggio Stefano giunto a casa trafelato e sorridente: - Cocito qui in zona e ti aspetta nel castagneto vicino alla villa C. -. Ho trovato Cocito con una trentina di uomini, tutti armati di sten ma senza armi pesanti. Cocito pieno di entusiasmo, ma come cambiato! Una luce strana gli brilla negli occhi e gli si diffonde per il volto. E una luce in cui si riflette la sofferenza e la decisione, lentusiasmo ed il dolore. Mi racconta come caduto Danilo. Fu a Pocapaglia. La banda aveva teso unimboscata ad elementi ritornati dalla Germania al servizio dei nazifascisti. Prima di aprire il fuoco, con una decisione improvvisa, Danilo era uscito allo scoperto col mitra spianato gridando: - Arrendetevi, non fatevi uccidere! - Un colpo preciso gli spaccava il cuore. Si accendeva allora un rabbioso combattimento in seguito al quale i fascisti si ritiravano. La salma di Danilo veniva momentaneamente nascosta in una grotta, il giorno dopo gli stessi elementi ritornati in forze ritrovavano il cadavere profanandolo. La casa paterna veniva saccheggiata. Il padre venuto in banda coi mitra del figlio, a cinquantanni. Cocito venuto in questa zona per sfuggire al violento rastrellamento delle Langhe. Ha dovuto combattere giorno e notte per aprirsi la strada. Gli uomini sono tutti laceri e stanchi. I rastrellamenti

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sono condotti da traditori rientrati dalla Germania. Sono ben addestrati ed armatissimi. Ai partigiani mancano le armi pesanti. Ora diretto a Baldissero dove in formazione una banda agli ordini di un certo Tito ed alle dipendenze dei capitano Della Rocca. Della Rocca ha ricevuto alcuni lanci ed ha un centinaio di sten sotterrati nella zona di San Matteo. Quindici sono stati dati a questo Tito. Cocito mi assicura che provveder ad armare anche me. I miei uomini sono felici. Tutti assieme cerchiamo di aiutare Cocito a sistemarsi. 12 agosto . Ho notato che gli uomini hanno per Cocito un ammirazione ed un affetto sconfinati. Bench militino in una formazione autonoma si professano quasi tutti comunisti. Ci sono anche due nostri allievi del Liceo. Ho parlato a lungo con loro. Comunismo significa per loro giustizia sociale ed antifascismo radicale ed intransigente. Il vice comandante della banda Carlo Lamberti. E sui trentanni. Ha un volto ascetico ed un vocione paterno. Ha abbandonato la moglie e due bambini. E buono come il pane e coraggioso come un leone. Crede nel comunismo come i primi cristiani nella vita eterna. Con lui c anche un fratello pi giovane. Mi piace parlare a lungo con Carlo scaldandomi al fuoco della sua fede. La sua ammirazione per Cocito non ha limiti. 13 agosto. Oggi alle 16 avevo un appuntamento con Cocito. Ho atteso con due dei miei uomini fino alle :17. Stavo per andarmene quando una violentissima sparatoria di armi automatiche si accesa a due chilometri, verso Baldissero. Ho pensato che vi fosse una puntata nazifascista. Mi porto con Pino sul crinale della collina antistante Baldissero. lo ho lo sten e lui una pistola. Penso di fare qualche raffica a scopo diversivo. Sono appena sul crinale che due uomini corrono verso me nel bosco. Sono partigiani di Gino. Mi raccontano un triste episodio. Gino era assente. Due uomini di Cocito di passaggio in Baldissero erano stati disarmati ed arrestati dagli uomini di Gino. Di qui lurto e la conseguente sparatoria fra le due bande. Salto sulla bicicletta e corro verso Baldissero. Il fuoco diminuisce e poi si spegne. Appena infilo il paese una raffica mi passa a pochi metri sopra la testa. Mi butto in un fosso ed avanzo gridando di non sparare. Trovo i primi uomini di Cocito eccitatissimi. Hanno circondato il campo di Gino, liberati i loro e prese tutte le armi. Marco, da cui Gino dipende, arrivato da Corneliano con alcuni uomini della Muti. Cocito gli ha aperto il fuoco addosso. Arrivo in piazza e riesco a mettere un po di calma. In unosteria riunisco Cocito e Marco per risolvere la cosa. Cocito accusa apertamente Marco di tradimento e di accordo con i fascisti. Marco dice di essere arrivato con gli uomini della Muti per far rispettare la tregua. Pensava che la sparatoria avvenisse fra partigiani e fascisti. Giura di non aver dato ordine alcuno che giustificasse larresto dei due uomini di Cocito. Assicura che il comandante della Muti non cerca altro che di salvarsi ed disposto a cedere. E ferito di striscio allocchio destro. Cocito cede. Restituisce le armi. Riesco ad ottenere una relativa pacificazione. 14 agosto. Marco e Cocito si sono visti stamane e parlati a lungo. Verso le undici Cocito venuto da me per dirmi che il capitano della Muti lo aveva invitato ad un colloquio tramite Marco. Pare disposto ad arrendersi pur di aver salva la vita. La cosa non sembra impossibile. Gli Alleati stanno affacciandosi alla pianura padana. 1 tedeschi fanno saltare gli aeroporti dei Piemonte. lo sono titubante. Cocito mi dice di aver deciso di accettare lincontro se non altro per non mostrarsi pavido. Mi dice: - Vieni anche tu. Ti presenter come un amico. E una cosa delicata in cui voglio veder chiaro ma ho bisogno di un testimonio- Accetto. 15 agosto. Alle undici siamo arrivati a Corneliano. Il capitano della Muti ci accoglie salutando militarmente. Cocito saluta col pugno chiuso. Marco e Cocito mi presentano come un loro amico. Gli uomini della Muti sono in gran parte giovani incoscienti che ripetono i soliti luoghi comuni della propaganda nazifascista. In mezzo a loro vi sono delle facce torve che non parlano. Ufficialmente siamo venuti per discutere della tregua. Quando ci ritiriamo in una saletta appartata
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Cocito dichiara di esser venuto a conoscenza della tregua stipulata da Marco e di riconoscerla come un fatto compiuto, per il breve tempo che rimarr nella zona. Il capitano Schieppati molto emozionato e finisce per chiedere a quali condizioni possa aver salva la vita. Cocito dichiara di non potersi assumere una responsabilit di questo genere, ma che, comunque, non esiste altra via allinfuori della resa. Il colloquio giunto a questo punto quando si avvicina un rumore di passi. Si cambia discorso perch stanno entrando alcuni ufficiali di cui Schieppati dice di non fidarsi. Il colloquio rimandato a dopodomani. Cocito vuol approfittare della giornata di domani per recarsi a San Matteo ad informare Della Rocca. Mentre stiamo per partire ci si avvicina un sottotenente della Muti. Ha il viso sconvolto dal dolore. Ci racconta che Lul gli ha arrestato la fidanzata in seguito alla fucilazione di ostaggi nei rastrellamenti delle Langhe. Ci supplica di aiutarla. Ha unaria non cattiva. Promettiamo di interessarcene. Abbiamo scambiato alcune parole col Cappellano del reparto. E luomo pi scurrile che mai abbia conosciuto. Mentre filiamo in macchina verso le Nostre colline. Cocito mi dice: E un gioco pericoloso ma pu dare buoni frutti. 16 agosto. Stamane Cocito venuto a prendermi con Carlo Lamberti per andare a San Matteo da Della Rocca. Passiamo in macchina per strade di campagna. San Matteo vicinissimo a Bra. Bisogna esser cauti. Il parroco si messo tutto a disposizione della lotta partigiana. Il paese nelle sue mani e lavora tutto per noi. Il campo di lancio vicinissimo. Armi e munizioni sono nascoste un po dappertutto. Davanti alla porta della casa parrocchiale vi sono due mucchi di sabbia. Basta rimuoverli un poco e ne escono cassette di munizioni e bombe a mano. Ogni tanto i nazifascisti fanno delle puntate ma finora tutto andato bene. Quando arriviamo don Gandino, o, come dice Cocito, il compagno Giacomo, ci accoglie fraternamente. Purtroppo Della Rocca non c. Cocito gli lascia una dettagliata relazione scritta dellaccaduto chiedendo istruzioni. Prima di partire carichiamo alcuni sten per i miei uomini. Al ritorno facciamo una strada pi breve ma esposta a pericolosi incontri. Giunti a casa chiamo i miei uomini e consegno loro le armi uno ad uno. Non so pronunciare una parola ma vedo nei loro occhi una luce che non dimenticher mai pi. 17 agosto. Ci siamo recati a Corneliano per il colloquio fissato. Schieppati non cera ed aveva lasciato detto che ,ci aspettava ad Alba. Dopo un attimo di titubanza abbiamo deciso di andate ad Alba. Schieppati ha proposto un piano dettagliato per il momento decisivo. Si dichiarato disposto ad attaccare i Cacciatori degli Appennini di Languasco. Cocito promette di sottoporre la proposta al proprio comando, ma comunque non si impegna. Un urto assai forte fra la Muti ed i Cacciatori confermato da molte cose. Schieppati si dichiara in ogni caso disposto ad accettare qualunque condizione pur di aver salva la vita. Cocito conclude che gli far avere via via dettagliate istruzioni. Prima di partire Schieppati avverte Cocito e Marco che nella zona di Sanfr - Bra c un forte concentramento di ss. Li esorta a non circolare specialmente in macchina. Alla sera arrivando a Montaldo troviamo Anna, allieva prima e poi moglie di Cocito. E ricercatissima anchessa e da parecchio tempo passa da un rifugio allaltro. Evenuta da Bra con Carla, mia moglie, per avvertirci che il mattino dopo, allalba, Della Rocca ci aspetta a San Matteo in casa di Don Gandino. Decidiamo senzaltro di partire di buon mattino con la macchina di Marco. 18 agosto. Al mattino Marco si fa attendere fino alle otto. Giunge con Lino. E arrivato in ritardo perch la macchina non partiva. E tardi ma decidiamo di andate ugualmente. E con noi anche Elio che proseguir per Bra collincarico di informare di tutto il CLN. Cocito stende una lunga relazione per il Comitato in cui i fatti sono esposti nel modo pi minuzioso. La legge forte a noi tutti, dopo di che anche Marco la sottoscrive. Elio se la pone in tasca. Dopo una breve discussione decidiamo di partire disarmati. Risalgo allora in casa per togliermi i pantaloncini corti mimetizzati che indossavo. Mi davano un p fastidio essendo stretti e ruvidi. Nel risvolto dei pantaloni lunghi nascondo un biglietto in cui Cocito mi affidava il comando della mia formazione. Lo porto con me per farlo ratificare da Della Rocca. Passando da Baldissero incontriamo Gino. Ci ferma e ci avverte che un uomo di Della Rocca venuto ad avvertire che il capitano forse non potr venire al colloquio.
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Marco al volante e Cocito gli seduto vicino. Dietro siamo io, Elio e Lino. Marco si volge verso di noi dicendo: - Cosa andiamo a fare allora? - Cocito insiste perch si vada ugualmente, sia Perch il CLN venga informato a tempo, sia per ritirare altre armi. Dopo un attimo di incertezza il suo parere prevale. Quando incontriamo qualcuno chiediamo notizie della zona. Vicino a Pocapaglia un uomo di Marco ci assicura che tutto tranquillo. Appena passata Pocapaglia ci fermiamo vicino a una chiesetta. Li caduto Danilo. Scendiamo e Cocito ci racconta col cuore in gola come andarono le cose. Ripartiamo e poco dopo siamo in vista alle colline di San Matteo. Filiamo su un rettilineo. In fondo una svolta ci toglie la visione della strada. Cocito mi dice :- Dopo quella svolta c un bivio. Una strada porta a San Matteo e laltra a Bra. Per ora prendiamo la prima ma presto, vedrai, prenderemo laltra -. Alla curva Marco rallenta. Siamo a met curva quando, come in un sogno malefico, sei sagome che impugnano il mitra ci si parano innanzi. Sono le ss. italiane. Ci fermiamo. Ci fanno scendere uno ad uno con le mani in alto. Elio scendendo passa a Marco la lettera diretta al CLN. Vedo Marco che la fa scivolare sotto la macchina. Mentre gli uomini ci stanno perquisendo lufficiale ci chiede: - Chi siete? - Cocito si fa innanzi e risponde calmo: - Partigiani. - Dove andate? - Andiamo a Bra per arrenderci. Ieri ci siamo gi presentati ad Alba, ma il comando della Muti ci ha consigliato di presentarci a Bra -. Lufficiale fa un cenno e da altre parti affluiscono gruppi di armati. Ci fanno risalire sulla macchina. Cocto viene fatto salire dietro, con me Elio e Lino. Vicino a Marco si siede lufficiale. Fuori due ss. si siedono sui parafanghi e dietro altre due si accoccolano sul paraurti. Mentre camminiamo mi levo lentamente il biglietto dal risvolto dei pantaloni e lo inghiotto. Vedo che anche Cocito sta masticando. Arriviamo a Bandito; la macchina entra in un ampio cortile. Marco mi dice: - Stai tranquillo. Ce la caveremo -. Cocito chiede del gabinetto. Quando ritorna mi dice. - Dalla parte dei campi era aperto. Ho avuto la tentazione di fuggire ma non l ho fatto pensando che avrei lasciato voi nei guai. Sarebbe stato chiaro che non andavamo ad arrenderci. Poco dopo si riparte verso Bra. Ci fa brutta impressione il fatto che siamo scortati da un altro automezzo. La macchina entra nellampio cortile della caserma e si ferma innanzi agli uffici. Ci fanno scendere. Lufficiale che ci ha arrestati entra negli uffici e ne esce poco dopo con due marescialli della Gestapo: uno si chiama Max e parla correntemente italiano. Ci si avvicinano e ci investono di insulti in tedesco. Max riassume: - Banditi ! Per voi nessuna piet, corda e sapone. Laltro si fa indicare Cocito e poi incomincia a colpirlo al viso a tutta forza. Cocito barcolla, cade, si rialza, viene colpito di nuovo. Ride. Viene colpito di nuovo. Un capitano delle ss. meridionale, piccolo con gli occhiali su un volto scimmiesco, estrae la rivoltella e mi colpisce ai fianchi sospingendomi verso il carcere. Camminiamo sempre incalzati da tedeschi e fascisti in gara a colpirci. Saliamo due rampe di scale, attraversiamo un corto corridoio sbarrato da un cancello e veniamo sospinti in uno stanzone per met coperto di paglia. Ci spogliano di tutto. Scarpe, calze, giacca, camicia. Un ufficiale fascista si rivolge a Cocito con occhi pieni di odio e gli dice. - Ah, tu sei Cocito! Tu facevi propaganda antifascista anche nellesercito, nella scuola e perfino sui treni. Tuo fratello lorganizzatore della cellula comunista di Racconigi. Ti sistemeremo noi -. Cocito risponde freddamente: - Si, io sono comunista, ma mio fratello no; non si mai occupato di politica -. Laltro ride e risponde: - Vi sistemeremo tutti e due -. Finalmente escono e restiamo soli. La pesante porta si chiude con un tonfo. che ci si ripercuote nellanima. A met altezza c uno spioncino dietro il quale si intravvedono costantemente due occhi che ci fissano. Sono le ss che guardano a vista la loro preda. Incominciamo a parlare a bassa voce, Marco il pi ottimista. E convinto che il trucco riesca e che Schieppati ci sostenga La grande speranza che la lettera diretta al CLN di Bra sia scivolata dietro la macchina senza esser stata vista dalle ss. Elio ha il volto disfatto. Probabilmente pensa ai cinque bambini che stasera aspetteranno invano. Io penso a mia moglie ed ai miei vecchi genitori. Mi sento unondata invadermi lanima. Vorrei alzarmi, afferrare le sbarre e scuoterle fino a spezzarle. Sono le due del dopopranzo. E una giornata splendida. Dietro le sbarre si profilano eteree le colline, le nostre colline. un quadrato delle sbarre si allarghi e per lasciarmi uscire. Sono libero! Cammino verso casa.
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La porta si aperta brutalmente. Un ufficiale delle ss. - Alzatevi banditi! - Ci alziamo lentamente mi passo una mano sulla fronte e rientro in me. Ci guarda in volto uno ad uno e poi esce senza parlare. Ci sediamo di nuovo. Nessuno parla pi. Cocito sdraiato e guarda verso il muro. Elio si tiene la testa tra le mani. Marco guarda fisso oltre le sbarre. Lino si tirato il berretto sul volto, ed sdraiato in un angolo. Fuori si sentono voci tranquille di passanti e grida di bambini. Un terribile pensiero mi prende. Perch mi sono impegnato in questa lotta? Perch sono qui quando tanti pi sani e forti di me vivono tranquilli sfruttando la situazione in ogni modo? Ripenso alla mia vita di studio, al mio lavoro su Heidegger interrotto. Perch ho abbandonato tutto questo? Mi ricordo con precisione: una strada piena di sangue e un carro con quattro cadaveri vicino al Mussotto. Il cantoniere che dice: E meglio morire che sopportare questo -.Si allora che ho deciso di gettarmi allo sbaraglio. Avevo sempre odiato il fascismo ma da quel momento avevo sentito che non avrei pi potuto vivere in un mondo che accettava qualcosa di simile, fra gente che non insorgeva pazza di furore, contro queste belve. Una strana pace mi invade lanimo a questo pensiero. Ripeto dentro di me: Non potevo vivere accettando qualcosa di simile. Non sarei pi stato degno di vivere. Ripenso al capitano Vian e poi a Memmo Guerraz. Mi pare che Vian monti un gigantesco cavallo bianco e che scenda da Boves verso il piano. Tutti lo guardano dicendo: - E Vian, il capitano Vian -. Le madri si inginocchiano piangendo e benedicendo ed egli passa fra loro sorridente. Memmo Guerraz, dove ti rifugerai? Vian scende su di te come un Dio Giustiziere, ti schiaccer sotto i piedi del suo cavallo come un rettile immondo! Sono come inebetito. Mi scuoto da questo dormiveglia che gi buio. Un soldato entrato portandoci qualcosa da mangiare. Non ha un aspetto cattivo. Ci guarda con aria di chi involontariamente complice duna cattiva azione. Non osa parlare. Marco gli rivolge la parola chiedendogli se ha delle sigarette. Non risponde ma poco dopo rientra portandoci due sigarette ciascheduno. Esce senza parlare. Col calare della sera lottimismo dilegua anche in chi pi si illudeva. Lino, che la vedeva brutta fin dallinizio, mi si avvicina dicendomi: - Se va bene finiamo in Germania -. Sono circa le nove quando la porta si apre ed entra un ufficiale. Appena in luce notiamo che ha una croce rossa sul petto. Ci si avvicina col volto serio, ma non cattivo e ci comunica di essere il cappellano del reggimento. Osservo subito le insegne delle ss. sopra la croce ed un senso di ripugnanza mi invade. Cocito lo guarda con evidente disprezzo, e poi mi sussurra: - Siamo alla fine, Chiodi. Al pi tardi per domattina -. Unondata di caldo mi sale per il volto seguita da un senso di freddo. Il prete ci fa un lungo discorso concludendo con linvito a confessarci. Marco e Lino si confessano. lo e Cocito ci ritiriamo in un angolo assistendo in silenzio alla scena. Il prete si avvicina a noi invitandoci gentilmente. Noi scuotiamo lentamente il capo. Ne segue uno scambio di parole in cui il prete ci fa capire che probabilmente lultima volta che ci offerta una simile possibilit. Alzo il capo e, fermando gli occhi sulle due S che gli ornano il risvolto, gli dico cortesemente ma in tono tale da non ammettere replica: - Pazienza -. Cocito lo guarda in volto con aria canzonatoria. Quando si allontana mi dice: - Se vado di l e Dio in divisa da ss. mi metto a fare il partigiano di Satana -. E poi ride dun riso sonoro che ci fa trasalire tutti. Ci sdraiamo sulla paglia senza parlare. Dal cortile della caserma giungono cori di canzoni italiane con ritmo tedesco. Marco dice: - Li hanno avvelenati -. Una strana pace mi invade. Limportante non pensare alla famiglia. Penso alle cose pi banali. Ad un tratto la lampada elettrica che illumina debolmente il carcere si spegne. Fuori si sente un tramestio di passi concitati. Alcuni uomini delle ss. entrano con le armi spianate. Un ufficiale ci dice: - Avete spento la luce per tentare qualcosa, malviventi! - Protestiamo che la lampada si spenta da sola. Un soldato porta un altra lampada. Dopo averla collocata lufficiale esce dicendo: - Se si spegne questa, spengo anche voi. Ci sdraiamo di nuovo. Ognuno tace per non dire ci che pensa. Dallo spioncino due occhi ci guardano costantemente. 19 agosto. E ancora buio ma deve mancare poco allalba. I minuti passano come ore. Marco rompe il silenzio: - Non credo che ci fucileranno. Sono convinto che ce la caveremo meglio di
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quanto non crediamo. La lettera non l hanno certamente trovata e finiranno per credere davvero che venissimo ad arrenderci -. Elio dice: - Prima ci vorranno interrogare -. Lino mi tocca un braccio e poi scuote il capo. Albeggia gi da un poco e non si ode alcun rumore. Passa ancora del tempo. E gi chiaro. Dal cortile della caserma giungono delle voci concitate. Nel corridoio si sentono dei passi pesanti di pi uomini. La porta si apre ed entra Max con alcune ss. italiane. Ci alziamo in piedi lentamente. Cocito mi stringe forte un braccio. Il tedesco ci guarda in volto uno ad uno senza parlare. Poi dice: - Noi non siamo criminali come voi che uccidete gli uomini come le bestie. Sarete interrogati e se direte la verit avrete tutti salva la vita -. Ci detto usc guardando fissamente Cocito. Ci scambiamo le nostre impressioni. Siamo tutti pi ottimisti almeno per quanto riguarda ci che ci attende in giornata. In vista degli interrogatori concertiamo un piano comune di difesa. Restiamo daccordo di insistere sulla tesi che eravamo diretti a Bra per arrenderci. Per quanto riguarda me ed Elio combiniamo di sostenere che eravamo sulla macchina unicamente quali intermediari. Siamo poco conosciuti. Let per Elio e le condizioni fisiche per me dovrebbero indurre a prestarci fede. Speriamo addirittura in una prossima scarcerazione e stabiliamo il da farsi per salvare gli altri. Lino sorride del nostro ottimismo. La scomparsa del pericolo immediato e la possibilit di difenderci ci d forza e ci porta molto lontano nelle speranze. lo concerto dentro di me tutto un piano di azione in caso di scarcerazione. Tutto il mattino passa senza che la porta si apra. Solo nel pomeriggio un ufficiale fascista entra e chiama Cocito. Due uomini lo accompagnano col mitra spianato. Restiamo ansiosi ad attendere il suo ritorno. Dopo circa unora la porta si apre e Cocito entra. Ci racconta che gli interrogatori sono condotti da ufficiali italiani. Dice che sanno gi tutto sul suo conto e che stato costretto a confermare tutte le azioni di carattere militare compiute. Ha limpressione che la lettera non sia stata trovata e che la tesi circa la nostra intenzione di arrenderci possa andare. Ha dato tutte le informazioni pi strampalate sul numero degli uomini e sul loro armamento. Circa la loro dislocazione ha indicato una zona di boschi molto ampia. Non nutre al riguardo alcuna preoccupazione perch ha sempre dato lordine che in caso di cattura dun membro della banda questa dovesse immediatamente cambiare zona. Sa di contare su Carlo Lamberti per limmediata esecuzione di questo ordine. Dice di aver risposto al maggiore Azzi che gli chiedeva come mai il giorno prima ridesse quando il maresciallo tedesco lo batteva: Perch sono un ufficiale italiano. Passiamo il resto del giorno a concertare i particolari in cui potremmo cadere in contraddizione. Alla sera ci addormentiamo tutti presto. . 20 agosto Alle nove entrato Max per condurre Marco allinterrogatorio. Rientra che quasi mezzogiorno. Non ci d troppi particolari ma sembra che le cose non prendano una piega eccessivamente brutta. Dice di aver insistito sulla mia innocenza e di aver perorato la mia immediata scarcerazione. Circa Lino ha sostenuto che fosse semplicemente il suo segretario. Ha negato che abbia avuto una qualsiasi parte nella sua liberazione. Dobbiamo sostenere tutti questa tesi perch ad essa legata la sorte di Lino. 21 agosto. Mi sveglio prestissimo. Sono molto eccitato al pensiero che forse questo il giorno in cui si decide la mia sorte. E se qualche spia mi avesse segnalato? Alle nove entra il maggiore Azzi. E la volta di Lino. Quando ritorna un po meno pessimista del solito. Pare che non sappiano nulla della sua partecipazione alla liberazione di Marco. Il libro cassa forse la sua salvezza. Non contiene nulla di compromettente per nessuno perch redatto in modo convenzionale. Mi comunica alcuni particolari da confermare nel mio interrogatorio. Restiamo ancora io ed Elio. Attendiamo eccitati il pomeriggio. Alle due la porta si apre ed entra un ufficiale delle ss. tedesche mai visto. Parla perfettamente italiano. Veniamo a sapere che un italiano che ha giurato fede ad Hitler. Ci alziamo tutti. Dopo averci passati in rivista chiede: - Chi Chiodi? - Rispondo: - lo -. Mi squadra da capo a piedi e poi puntandomi un dito sul petto dice: - Tu sei un capo dei partigiani -. Rispondo energicamente: - No -. Mi guarda fisso per un istante e poi dice: - Sarai fucilato, preparati -. Non posso tenermi dal rispondergli: - Grazie. 16

Si rivolge poi a Cocito dicendogli: -Vieni con me -. Siamo tutti impressionati dalla piega imprevista che prendono le cose. Passa unora e la porta si riapre. Cocito viene brutalmente sospinto allinterno. Ha il volto disfatto. E senza occhiali. Il viso arrossato da evidenti percosse. Non dice una parola. Si sdraia sulla paglia col volto fra le mani. Mi avvicino rivolgendogli parole di conforto. Si gira e mi dice: - Per me finita -. Poi mi racconta che gli interrogatori sono ora condotti dalle ss. tedesche e dalla Gestapo in presenza del maggiore Azzi e dellufficiale italiano che venuto a prenderlo. E accusato dessere un comunista criminale e di aver ucciso di sua mano lEremita di Pocapaglia, sua moglie e due bambini. Alle sue proteste di innocenza stato colpito al viso violentemente. Termina con queste parole. - lo non mi salver pi. Non vedr mai pi il mio bambino. Se ti salvi, Piero, sappimi vendicare -. Mi stringe forte forte un braccio. Mi sento sgorgare le lacrime. Decido di difenderlo con tutti i mezzi nel mio interrogatorio. Subito dopo pranzo lo stesso ufficiale viene a prendere Marco. Attendiamo unora, due, tre, e Marco non torna. E sera e Marco non ancora tornato. Fuori nella strada sentiamo ad un tratto una voce di donna che grida disperatamente: - Marco, Marco -.E interrotta da grida di soldati. Si sente un tramestio e poi pi nulla. Poco dopo dallinterno della caserma sale un canto ritmato. Sono le ss. italiane che cantano lHorst Wessel Lied. E sera tardi. Lino passeggia su e gi nervosamente. E molto eccitato. Ad un tratto si volge verso di noi con il viso sconvolto e dice: - Io vado - Abbassa il capo e parte contro il muro. Lo afferriamo per le gambe. Lo facciamo sedere sulla paglia tenendolo docchio. 22 agosto. Ho passato la notte in uno strano dormiveglia. Verso il mattino mi sono pesantemente addormentato ed ho incominciato a sognare. Sognavo tutto ci che in realt mi era accaduto rivivendo con angoscia tutti i particolari. Ad un tratto, mentre stavo svegliandomi ho pensato, come mi capitava spesso dopo un sogno angoscioso: meno male che solo un sogno. Una immensa felicit mi riempi lanimo. Aprii gli occhi per cercare le cose familiari della mia camera da letto e lorribile realt si abbatt su di me come una mazzata. Verso le nove la porta si apr per lasciar entrare Max. Era solo, armato di mitra. Si rivolse a me dicendomi di seguirlo. Dal primo giorno eravamo senza scarpe n calze ed i dolori reumatici ai piedi si erano accentuati. Camminavo a stento sulla ghiaia del cortile. Max mi sospingeva brutalmente dicendomi: - Ti sei preso i dolori a fare il partigiano. Te li caveremo noi -. Mi ordin di fermarmi innanzi alla porta dellufficio. Un ss. armato di mitra montava la guardia. Da una bassa finestra si vedeva tutto il cortile. Notai, nel fondo, due fucili mitragliatori che incrociavano il fuoco sullentrata della caserma. Ad un tratto nel vuoto della finestra si profil a mezza vita la figura dun ufficiale tedesco. Era piccolo e con un viso freddo pieno di ferocia. Dopo avermi osservato a lungo mi disse: - Come ti chiami? - Chiodi Pietro. - Che mestiere facevi? - Il professore. - Quanti anni hai? - VentinoveDopo avermi guardato di nuovo a lungo senza parlare concluse: - Una bella carriera finita male: con una raffica nella testa -. Abbassai il capo. Non potevo sopportare quello sguardo pieno di selvaggia crudelt. Lufficiale si allontan. Pass qualche istante e poi la porta si apr. Entrai. Era una vasta sala. Due ss. montavano la guardia. In un angolo attorno ad un vasto tavolo sedevano il maggiore Azzi, un maresciallo della Gestapo con davanti a s una macchina da scrivere, l ufficiale italiano in divisa da ss. tedesca, Max che faceva da interprete. Fui fatto sedere. Dovetti declinare le generalit, gli studi fatti, la professione. Dichiarai che mi trovavo sfollato a Montaldo quando vi giunse Cocito. Che mi interposi per aiutarlo ad uscire da una situazione di cui si diceva scontento. Voleva ritornare alla tranquillit della famiglia specialmente in seguito alle insistenza della moglie che disapprovava la sua condotta. Questi erano i motivi per cui si era deciso a presentarsi prima ad Alba e poi a Bra. Sapevo che Anna aveva poco prima provocato una fittizia separazione legale per impedire che fossero esercitate rappresaglie contro i suoi genitori. Insistetti quindi su questo punto sia per dare vero somiglianza alla decisione di resa sia per scagionare Anna nelleventualit dun arresto. I miei interlocutori ascoltavano in silenzio mentre lagente della Gestapo dattilografava le dichiarazioni. Ad un tratto lufficiale in divisa da ss. tedesca mi interruppe con un riso ironico
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dicendo: - Basta con queste storie da bambini. Dimmi piuttosto: da quanto tempo sei iscritto al partito comunista? Non lo sono mai stato. - Quanti uomini comandi? Dove sono ora? - Recatevi nella zona e tutti vi diranno che non ho mai comandato dei partigiani. Come lo potrei in queste condizioni? Cocito comunista? Non credo che lo sia, dato che faceva parte di una formazione autonoma. A questo punto intervenne Max: - Sai quando fu che Cocito uccise lEremita di Pocapaglia, sua moglie ed i bambini? So con assoluta certezza che Cocito non ha fatto nulla di simile, ma che anzi aveva lordine di far chiaro su questo fatto. 1 due bambini sono tuttora vivi. Chi te l ha detto? Un partigiano di Pocapaglia. Lufficiale delle ss. si alz di scatto e venendomi incontro minacciosamente url: - Sei ben informato di tutto. Conosci tutti i partigiani e i loro delitti e vuoi farci credere che sei innocente. Troveremo il modo di farti parlare. Tutti tacquero. Max riprese: - Conosci il tedesco? - Lo so leggere ma non saprei parlarlo. - Che libri leggi in tedesco? - Sto leggendo Heidegger. Max si rivolse allagente della Gestapo dicendo: - Deve essere uno scrittore comunista. Vero? Laltro guard lufficiale italiano dicendo: - ja, ja -. Questi annu col capo. E di Marco cosa sai dire? - ricominci Max. La gente del luogo ne parla bene perch ha buon cuore. So che non ha mai voluto fucilare nessuno. Max sbott a ridere dicendo: - Siete degli assassini e dei delinquenti. Solo qui diventate agnelli. Lino che arma portava di solito? - chiese con aria di protettore il maggiore Azzi. Non l ho visto che due volte e sempre in borghese e disarmato. Lagente della Gestapo tolse il foglio dalla macchina e me lo porse da firmare. Quando lo ebbi fatto Max mi disse: - Vattene. Riattraversai il cortile fra i lazzi delle ss. che vi sostavano. Quando giunsi nel corridoio in fondo al quale vi era il carcere uno degli accompagnatori mi prese per un braccio dicendo: - Di qua -. Mi sospinse verso una porta che precedeva dun vano la nostra. Apr e mi fece entrare. Il nuovo carcere brulicava di gente. Molti erano sdraiati sulla paglia. In un angolo vi era una branda su cui era coricato un giovane con un braccio fasciato. Ad un tratto un prigioniero si alz di scatto da un angolo. Era Marco. Rivedendolo mi si allarg il cuore. Temevo che gli fosse capitato di peggio. Aveva i capelli arruffati e la barba lunga. Il viso era pi scarno del solito. Era molto meno ottimista. 1 tedeschi avevano ritrovato la lettera. Tutte le nostre speranze dileguavano. Mi sedetti sulla paglia vicino a Marco. Sentivo che tutto stava crollando e che dovevamo rassegnarci al peggio. Mi si fece chiaro per la prima volta che tutto dipendeva ormai dallaiuto che i nostri compagni di lotta potevano darci dal di fuori. Andavo ripetendo dentro di me: Solo con un cambio di prigionieri usciremo vivi di qui. Non volevo abbattere Marco e gli dissi: - Se va male finiremo in Germania -. Marco non rispose. Tacqui anchio. Incominciai ad osservare uno ad uno gli altri prigionieri. Ad un tratto il mio sguardo si incontr con un volto noto. Era un mio allievo del Liceo che mi venne incontro stringendomi la mano con affetto. Era stato arrestato come renitente. Suo padre era anchegli detenuto. Salutai anche lui. Mi ero recato nella sua farmacia quando raccoglievo medicinali per Lul e non aveva lesinato. Stavo parlando con loro ed accordandomi per un eventuale confronto, dato che eravamo gli unici albesi detenuti in quel momento, quando notai che il giovane sdraiato sulla branda mi guardava insistentemente cercando il mio sguardo. Aveva un volto nobilissimo illuminato da due occhi neri ed accesi. Il braccio fasciato doveva farlo soffrire perch ogni tanto come un fremito gli passava per il volto. Non mi pareva di conoscerlo. Dun tratto si alz con un visibile sforzo e incominci a passeggiare su e gi. Dopo un poco mi si avvicin dicendo: - Hai una sigaretta? - Stavo per porgergliela quando mi sussurr: - Professore, non mi riconosce pi? Sono Piero. Non si ricorda quando ci siamo conosciuti alla Madonna degli Angeli con Felici e il capitano Alessandria? - Lo riconobbi subito e tesi la mano per stringergliela con calore. Egli mi fece di no col capo e, mentre si
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toglieva di tasca delle sigarette per offrirmene, sussurr: - Qui ci sono delle spie. Io sono in condizioni gravissime e sarebbe pericoloso per lei mostrare di conoscerne -. Ci detto si allontan riprendendo a passeggiare. Pass del tempo e la porta si apr per la distribuzione del rancio. Mangiavamo tutti seduti per terra. Feci in modo di sedermi vicino a lui. Ricominciando a parlare a mezza voce, gli chiesi: - Com andata Piero? Sei ferito alla spalla, vero? E stato venti giorni fa a Canale. lo e Alessandria, con due uomini, attraversavamo il paese in macchina, a forte andatura. Improvvisamente ci troviamo la strada sbarrata da una colonna di fascisti. Alessandria, che guidava, inchiod la vettura. 1 due uomini che erano dietro balzarono a terra aprendo il fuoco e infilandosi in un portone. Noi tentammo di fare altrettanto ma le portiere davanti erano difettose e perdemmo tempo. Ci buttammo a terra a fianco della macchina fra un fuoco dinferno. Sparando tentammo di raggiungere il portone quando alcune raffiche ci investirono in pieno. Io fui colpito alla spalla e da terra continuai a far fuoco. Alessandria cadde bocconi dicendomi. Mi hanno tagliato le gambe. Lo vidi rizzarsi in ginocchio con un estremo sforzo. Punt. Una raffica part dal suo mitra e poi ricadde supino. Sparavo come un forsennato quando vidi tutto scuro innanzi a me. Rinvenni che ero qui dentro. Alessandria era subito morto. Aveva una raffica nel ventre. lo ero ferito al braccio e alla spalla -. Detto questo si alz, sorrise tristemente e riprese a passeggiare. Il capitano Alessandria era morto. Me lo vedevo innanzi alla Madonna delle Grazie. Vedevo le sue labbra muoversi per raccomandarci di non dare mai sosta al nemico. Risentivo le parole di Perazzo in omaggio alla sua intelligenza e alla sua bont. Piero intanto si era sdraiato pian piano sulla sua branda e guardava il soffitto con occhi assenti. Quando venne la sera tutti si sdraiarono alla meglio. Vicino a me si coric una persona piuttosto anziana, dallaria molto distinta. Chiusi gli occhi e cominciai a ripensare allinterrogatorio del mattino. Mi apparve chiaro che tutte le nostre speranze erano dileguate e che solo uno scambio di prigionieri ci poteva salvare. Della Rocca pensavo, avr certamente informato Mauri e assieme troveranno forse la strada buona per toglierci dalle unghie di queste belve. 1 miei uomini e quelli di Cocito si saranno buttati sulle strade per catturare qualche ostaggio. Mi addormentai con questa speranza. 23 agosto. Mi sono svegliato pi tardi del solito. Mi sento molto debole. Di notte con la sola canottiera fa freddo. Mi siedo sulla paglia ed incomincio ad osservare il mio vicino. Anchegli mi guarda ed ho limpressione che desideri scambiate qualche parola. Incominciammo a parlare dei pi e del meno. E un colonnello dellesercito. Abita a Sanfr e dice di essere stato arrestato sotto laccusa di favoreggiamento dei partigiani. Sostiene che si tratta dun equivoco. E basso di statura ed ha due occhi pieni di bont e di distinzione. Anche Piero si svegliato e ci scambiamo un caldo sorriso. La mattinata passa rapidamente. Nel pomeriggio chiacchiero a lungo con Marco. Anchegli spera nellintervento di Mauri. Verso le cinque entra in carcere un ufficiale medico italiano. Si avvicina a Piero. Lo sbenda e gli pratica un lungo massaggio sul braccio. Prima di andarsene gli dice: - Stai tranquillo, presto sarai guarito dei tutto - Piero lo guarda con gli occhi di chi non si illude. Quando il medico esce, viene a sedersi vicino a me. Non parla ma vedo che attraversa un momento di sconforto. Cerco di dirgli qualcosa, ma improvvisamente si alza e, quasi trasfigurato, canta a mezza voce: Italia, Italia, cosa importa se si muore Intravvedo due grosse lacrime che gli sgorgano dagli occhi. Si gira di scatto e va ad adagiarsi sulla sua branda. Per tutto il giorno non si muove pi di l. lo non oso avvicinarmi. Mi sento piccolo e miserabile davanti a quelluomo. Verso sera Max entra nella cella. Chiama me, Marco e il colonnello De Zardo e ci fa passare nella cella di prima. Riabbraccio Cocito, Lino ed Elio. Al mattino anche Elio era stato interrogato. Niente di straordinario. lo riferisco quanto mi stato chiesto. Mi siedo vicino a Cocito e parliamo a lungo. Ad un tratto Cocito mi dice: - Dimmi un po, tu sei convinto che ci sia unanima immortale? - Gli rispondo: - Non mi chiedi una cosa semplice -.

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E lui: - lo non ci credo affatto -. Il pensiero mi corre al Fedone e gli dico: - Ti ricordi come finisce lapologia di Socrate: Sono cose oscure a tutti eccetto che agli dei. 24 agosto. Passiamo tutta la mattinata senza che succeda nulla di nuovo. Verso le undici entra in cella un colonnello della GNR. Ci riunisce tutti e poi ci annuncia che gli interrogatori sono finiti. Ci raccomanda di star tranquilli perch linteresse dellItalia esige il recupero e non la morte degli italiani. Se ne va salutandoci con cordialit. Questuomo non ha laria cattiva. Sembra dunque che dobbiamo cavarcela. Poco dopo entra il solito inserviente per il rancio. E un rastrellamento e ci ha sempre reso dei servigi. Ha laria contenta e ci riferisce che probabilmente ci porteranno tutti in Germania. Non una prospettiva rosea, ma ne siamo tutti contenti. Ci d un mazzo di carte dicendoci. - Vi serviranno a passare il tempo -. Nel pomeriggio incominciammo a giocare a scopa, io e Cocito contro Marco e il colonnello De Zardo. Alla sera prima di addormentarmi penso al come potr reggere nelle mie condizioni fisiche a qualcosa come ci che mi attende. Non mi resta che rassegnarmi. 25 agosto. Verso le cinque siamo svegliati di soprassalto. La porta si aperta e Max entrato con quattro ss. in assetto di guerra. E lalba. Aspetta che siamo tutti in piedi e poi dice: - Cocito, vieni con noi -. Cocito lo guarda fisso negli occhi e allargando un poco le braccia dice a mezza voce: E forse giunta la mia ultima ora? - Max gli risponde: - Vieni e vedrai -. Cocito esce senza aver tempo di salutarci. Lottimismo della sera prima svanito. Sono addossato al muro come impietrito. Seguo Cocito collanima. Ormai non c dubbio su ci che lattende. Nessuno parla. 1 minuti passano come le ore. Dopo circa mezzora una raffca rintrona in lontananza. Mi caccio la testa fra le mani. Marco dice: - Lui almeno ha finito di penare -. Verso le dieci entra il solito sergente delle SS e non possiamo trattenerci dal chiedergli cosa ne sia stato di Cocito. Non parla ma muove le braccia come chi scarichi una raffica. Passa unora ed entra linserviente addetto al rancio. Ha il volto sorridente. Saltiamo in piedi circondandolo e chiedendogli notizie. Ci sussurra: - Macch fucilato. Lhanno portato assieme in rastrellamento -. Uno strano senso di benessere mi passa per il corpo. Mi siedo barcollando come un ubriaco. Raccolgo le idee. In rastrellamento significa che lhanno portato nella nostra zona. Cosa ne sar a questora dei miei uomini? E di mia moglie? Anche Anna devessere ancora lass. E se qualcuno parlasse? Il fratello di Tito ha in tasca una mia ricevuta di consegna duno sten. Tutti lass, anche i bambini mi hanno visto armato e sanno del via vai di uomini e di armati in casa dei miei suoceri. Solo una inaudita fortuna pu tenere in piedi la mia posizione. Combattenti veri e propri non ce ne saranno certamente. La massa degli uomini avr subito cambiato zona dopo la nostra cattura. Per quanto riguarda la banda di Cocito non c dubbio. Passiamo la mattinata facendo mille congetture. Verso le due del pomeriggio sentiamo un tramestio nel corridoio. La porta si apre ed entra Cocito col viso pallido e sconvolto. Dietro a lui ci sono altri uomini. Entrano. Il cuore mi d un tonfo. Uno Gino Porello, un altro un partigiano di Tito. Gino Porello ha unaria molto triste ma non abbattuta. Ci saluta tutti uno ad uno. Ci stringiamo attorno a lui ansiosi di sapere. E stato catturato mentre tentava la fuga, proprio davanti a casa mia. Era allo scoperto e ha dovuto alzare le mani. Ha dichiarato subito di essere un capo squadra di Marco. Non poteva negarlo perch allaccampamento aveva da alcuni giorni un tedesco prigioniero, catturato su una corriera da Lea, la sorella di Marco. E stato battuto violentemente. Due ss. sono entrati in casa dei miei suoceri per farsi dare la corda con cui legargli le mani. Lo prendo per un braccio e col cuore in gola gli chiedo di mia moglie. Mi risponde che sta bene e che da parecchi giorni in giro con Anna. Mi sembrato tuttavia che prima di parlare avesse un attimo di esitazione. Lo scongiuro di dirmi la verit. Riconferma quanto mi ha gi detto. Passeggio su e gi con Cocito. E stanco ma pronto ormai ad affrontate qualsiasi eventualit. Mi racconta dellinfame trattamento che ha subito per tutto il giorno. Colle mani legate dietro la schiena stato portato in rastrellamento perch indicasse il luogo in cui erano accampati i suoi uomini. L ha fatto senza opporre resistenza avendo lassoluta certezza che Carlo Lamberti non avrebbe trasgredito lordine di spostamento. Difatti non stato trovato nessuno.
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E allora che sono incominciate le percosse e le sevizie da parte delle ss. e degli alpini del Cars. Questi ultimi si divertivano a cacciargli la penna lungo le narici. Un ufficiale gli andava ripetendo fra i lazzi degli uomini: - Mentre tu sei qui, tua moglie si diverte con gli altri -. Il colonnello delle ss. dopo averlo a lungo guardato di fronte e di profilo insisteva per fargli dire dessere ebreo. Cocito mi racconta tutto questo con unespressione strana, come si trattasse di cose capitate a un altro molto tempo fa. Ad un tratto tace e dopo un poco riprende: - Se ti salvi, Piero, ricordati di tutto questo. Per me meglio che finisca presto. Mi rincrescerebbe di essere impiccato per il mio bambino. Una raffica nel petto non mi farebbe alcuna impressione. Limpiccagione lascia un brutto ricordo per chi resta. Per ho letto sulle dispense di medicina legale che la morte pi rapida -. Non ho la forza di rispondergli alcunch e continuiamo a passeggiare in silenzio. Sono circa le due quando si sente un tramestio nella cella vicina. Poi la nostra porta si apre ed entrano quasi tutti i detenuti che avevo conosciuto di l. C anche Piero, sempre col suo braccio al collo. Ci stringiamo affettuosamente la mano. C anche unaltra persona anziana che si accompagna ad un giovane alto. Si presentano; sono il generale Tricoli e suo figlio. Max fa lappello di tutti eccettuato Elio. Poi ci fa uscire e ci avvia gi per le scale verso il cortile. Un camion ci attende. Siamo circondati da ss. con le armi spianate. Ci fanno salire e sedere su delle panche collocate luna vicino allaltra di modo che una volta seduti non sia pi possibile alcun movimento. Sul camion prendono posto alcuni uomini armati chi di mitra chi di Mauser. Sopra la cabina piazzata una mitragliatrice brandeggiata da una ss. Prima di partire Max ci dice: - Non fate stupidaggini. Sarete tutti portati in Germania -. La presenza sul camion di parecchi giovani arrestati quali renitenti mi fa pensare che le cose stiano cos. Il camion si muove lentamente. Appena fuori della caserma si accodano altri due camion pieni di armati. Attraversiamo Bra e ci dirigiamo verso Sanfr. Guardo con amarezza le colline che si profilano verso destra. C ancora una speranza e la leggo sul volto di Marco che mi vicino. Venti uomini decisi a tutto potrebbero salvarci. Ma le colline si allontanano sempre pi. Ormai siamo in piena pianura. Passato Carmagnola i due camion di scorta tornano indietro. Siamo in zona assolutamente controllata dai nostri nemici. Attraversiamo velocemente la periferia di Torino. Infiliamo via Roma. Il camion si ferma di fronte allalbergo Nazionale. Molta gente passeggia con aria indifferente su e gi per i portici. Dopo circa mezzora ripartiamo. Ci arrestiamo davanti al cancello di ferro dun enorme edificio. Marco mi sussurra: - Siamo alle Nuove. Avevo sentito molte volte parlare di questo orribile carcere da uomini della Resistenza. Esso era superato in orrore soltanto dalla caserma di via Asti dove i patrioti venivano portati per farli parlare. Sussurro a Marco, per vincere il senso di scoramento che mi ha preso: - Meglio qui che in via Asti -. Marco mi risponde: - Siamo ancora a tempo per finire anche l -. Intanto il cancello di ferro si era spalancato ed il camion entrava lentamente nel cortile interno. Alcune ss. ci si facevano attorno. Si avvicin un ufficiale che si mise a gridare come un ossesso. Fummo fatti scendere e sospinti come bestie per uno stretto passaggio. Attraversato un cancelletto di ferro entrammo in un ampio corridoio lungo il quale si aprivano dambo i lati una serie di porte in ferro. La prima cella era sistemata ad ufficio. Ci disposero faccia al muro lungo il corridoio, con le mani alzate sopra il capo. Alla mia destra era il colonnello De Zardo ed alla sinistra un ragazzo sconosciuto. Il tempo passava e nessuno si occupava di noi. Qualcuno abbasso le mani e azzard qualche parola coi vicini. lo ero dirimpetto alla porta dell uffcio. Girai lentamente il capo e vidi nellinterno un via vai di uomini in divisa. Sulla parete campeggiava una fotografia di Hitler con due occhi satanici. Guardai a lungo quei due occhi e misurai lorrore della mia situazione. Ad un tratto uscirono dallufficio due militi fascisti in camicia nera. Si misero ad urlare schiaffeggiando quanti parlavano o avevano abbassato le mani. Poi di nuovo silenzio. Incominciava a farsi buio. I piedi non mi reggevano pi. Appoggiai la testa al muro. Il colonnello De Zardo mi guard coi suoi occhi umidi e mi sorrise. Mi sentii pi forte. Ad un tratto dall ufficio usc un interprete con un lungo foglio tra le mani ed incominci a chiamare il primo. Entr nellufficio per uscirne poco dopo accompagnato da un milite fascista. Udii il rumore duna porta in ferro che si apriva per rinchiudersi poco dopo pesantemente. La scena si ripete molte volte. Restavamo solo
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pochi. Venne chiamato Marco. Lo vidi uscire ed infilare la scala che portava al piano di sopra. Poco dopo ricomparve sulla balconata. Si accorse che lo guardavo e mi salut con la mano, sorridendo. Dun tratto udii il mio nome. Entrai nellufficio. Fui perquisito da capo a piedi. Su un tavolo vidi una lunga lista. In fondo potrei scorgere il mio nome seguito dai dati. La riga terminava con la parola Banden; il resta era dallaltra parte e non potei scorgerlo. Pi su intravidi vicino ad una serie di nomi - Aktivbandite . Uscii accompagnato da un milite. Passai vicino a Cocito. Era col capo appoggiato al muro e non potei guardarlo in viso. Dallaltra parte intravidi il bianco del braccio fasciato di Piero. Il milite mi fece salire per una rampa di scale. Attraversai un lungo corridoio. Improvvisamente mi prese per un braccio fermandomi. Introdusse una chiave massiccia nella serratura e poco dopo la porta si apr a met. Abbassai il capo per entrare ed una vampata di odore fetido mi investi togliendomi il fiato. Mi feci forza ed entrai. Era quasi completamente buio. Il fetore mi toglieva il respiro. Incominciai a vedere qualcosa. Davanti a me, a torso nudo, era un vecchio con una lunga barba sul volto pallidissimo, rigato di sudore. Respirava affannosamente e mi guardava con due occhi febbricitanti. Sdraiato per terra intravidi un ragazzo sui ventanni col viso e le mani sudice. Respirava con grande fatica. Intanto la porta si era chiusa pesantemente; mi appoggiai ad essa colla schiena perch mi sentivo venir meno. Il vecchio mi disse: - Fatti coraggio, ti abituerai anche a questo. Girati e metti la bocca vicino a quel buco -.Mi girai e scorsi una stretta fessura che attraversava per pochi centimetri uno sportello collocato nella porta e chiuso dal di fuori. Premetti le labbra contro la fessura respirando a pieni polmoni. Era quasi notte. Incominciai a girare per la cella, ritornando ogni tanto alla fessura. A turno gli altri due facevano altrettanto. Il pavimento era bagnato ed appiccicaticcio. Ne capii il motivo quando mi accorsi che in un angolo una specie di gabinetto era inservibile. Il vecchio mi disse. - Sono da due giorni che cos -. Le gambe non mi reggevano e tuttavia non mi sentivo di sdraiarmi per terra. Resistetti qualche ora e poi mi lasciai scivolare appoggiando la schiena alla parete. Gli altri due dormivano gi. Non potei addormentarmi che allalba. Le cimici mi assalivano in ogni parte del corpo senza darmi un attimo di tregua. 26 agosto. Mi sveglio che giorno fatto. Ho tutte le mani ed il viso luridi e pieni di morsicature. Il vecchio dorme ancora. Il ragazzo si sta raschiando il viso e le braccia con le unghie. Scambio qualche parola con lui. Mi dice che acqua ne danno appena quanto basta per bere. E stato rastrellato in Val dAosta. Non era partigiano ma solo renitente. 1 tedeschi avevano fatto dire in chiesa che quanti si presentavano sarebbero stati lasciati indisturbati. Se qualcuno mancava tutto il paese sarebbe stato dato alle fiamme. Si present e fu portato qui dentro. Lo sportello si apr improvvisamente. Scorsi una mano che introduceva tre pezzi di pane; li ritirammo assieme a tre ciotole dacqua. Anche il vecchio si era svegliato. Incominciava a far caldo ed il tanfo mi prendeva alla gola. Feci latto di bere ma il vecchio mi disse: - Aspetta. Vedrai nel pomeriggio. Senza un po dacqua si crepa -. Mi raccont la sua storia. In una cascina vicino a lui un giovane era andato in montagna. Un giorno la repubblica venne per arrestarne i familiari, ma questi non cerano. Egli giunse col suo carro in quel mentre. Fu arrestato e portato qui come ostaggio. lo fui molto cauto a parlare di me. Era quasi mezzogiorno quando le sirene incominciarono ad urlare. Dallinterno giunse il rumore dun via vai concitato. Cercai di guardare dallo spioncino per rendermi conto di quanto accadeva. Un milite passava cella per cella a chiudere dallesterno la serratura di sicurezza. Gi si sentiva il rumore degli apparecchi e, poco dopo, lontano, il tonfo delle prime bombe, quando, improvvisamente, una batteria antiaerea apr il fuoco cos vicino da far tremare ledificio. Mi sedetti per terra colla testa fra le mani. Lidea che una bomba colpisse in pieno la cella mi danzava innanzi agli occhi senza atterrirmi. Dopo mezzora tutto era finito. 27 agosto. Non sento pi il fetore che il primo giorno mi sembrava insopportabile. Sono tutto coperto di luridume.
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28 agosto. La testa mi gira quando mi alzo da seduto per terra. Il pensiero che non mi abbia ancora portato in via Asti per farmi parlare mi riempie di gioia ogni sera. 29 agosto. Stanotte verso le due si sentito un tramestio di passi ed un aprirsi e chiudersi delle celle vicine. li vecchio si svegliato e mi ha detto a voce bassissima: - E un brutto segno. Preghiamo per loro. Pochi giorni fa ne hanno impiccati tre -. Quando tutto cess mi parve rivedere Cocito quando a Bra mi diceva. - Se mi impiccassero mi rincrescerebbe per il mio bambino -. Mi sono addormentato poco dopo. Ho fatto dei sogni orribili. Mi pareva di vedere Cocito, Marco e Piero, impiccati, ma ancora vivi che invocavano aiuto. Quando mi avvicinavo per sorreggerli, la forca si faceva sempre pi alta. Tanta gente passeggiava su e gi indifferente. Invocavo disperatamente aiuto. Mi svegliai di soprassalto. La porta si era aperta ed un milite era entrato con un foglio in mano. Lesse il nome del mio giovane compagno di cella. Questi si alz e tremando esclam: - Sono libero? - Laltro lo guard ridendo sarcasticamente e poi disse: - Sbrigati e vedrai -. Lo vedemmo scomparire col capo chino attraverso la strettura della porta. Passarono alcune ore e poi la porta si riapr ed il medesimo milite scand lentamente il mio nome. Non potevo illudermi che si trattasse della liberazione. Il pensiero di via Asti mi pass come un baleno nella mente. Quando il milite era entrato stavo mangiando il pezzo di pane datomi poco prima. Lo posai su una specie di mensola e feci per uscire. Il milite mi disse. - Prendi anche quello, ti servir -. Presi il pane ed uscii. Una folata di aria fresca e pura mi invest. Mi sembrava di rivivere. Dopo un lungo andirivieni per i corridoi il milite mi port innanzi ad una nuova cella. La aperse lentamente e mi fece entrare. Era una cella molto pi grande di quella di prima, pulita, e rigurgitante di altri prigionieri. Vi erano parecchi di quelli con cui avevo fatto il viaggio da Bra a Torino, ma purtroppo n Cocito, n Marco, n Piero, n De Zardo erano con loro. Chiesi a pi duno se ne sapessero qualcosa ma nessuno mi seppe rispondere. Mi parve allora che qualcosa come una notte nera e fonda li avesse inghiottiti: sentii che non li avrei rivisti mai pi. Fra i nuovi compagni vi erano il generale Tricoli e suo fglio. Parlai a lungo con loro. Verso sera incominciammo a sentire un tramestio confuso di passi nel corridoio sottostante. Erano le dieci quando la cella si apr ed anche noi fummo fatti uscire ed incolonnati con gli altri nel corridoio centrale. Eravamo circa trecento persone. Subito si diffuse la voce che si partiva per la Germania. Mi appoggiai al muro del corridoio. Le sofferenze e i disagi del carcere mi avevano riacutizzato il dolore ai piedi. Mi reggevo a stento. Non ero coperto dalla cintola in su che da una camiciola a mezze maniche tutta sbrindellata. Come avrei potuto sperare in quelle condizioni di ritornare un giorno? Eppure non mi resta che lottare con tutte le forze. Aspettammo cos fno alle due dopo mezzanotte fra appelli e contrappelli. Ci furono date due pagnotte cascheduno. I pi le mangiarono subito avidamente. I tedeschi gridavano forte ordini incomprensibili, colpendo a calci e pugni or questo or quello. Verso le tre si spalancarono i cancelli ed a scaglioni di quaranta fummo caricati su dei camion coperti da tendoni ben tesi. Il mio camion era stipato allinverosimile e filava a tutta velocit. Si ferm ad un tratto, il telone fu scostato e si apr nel fondo la botola di accesso ad un carro di bestiame. Vi fummo spinti dentro fra ordini gutturali ed imprecazioni incomprensibili. Subito dopo la porta fu chiusa dal di fuori. Due militari tedeschi erano con noi di scorta. Alcune panche erano sistemate nel vagone ma in numero insufficiente. Chi non vi trov posto si sdrai per terra. 30 agosto. E lalba . Il treno procede lentamente. Immagino che siamo diretti verso Milano. Ho fatto tante volte questa strada per andare a casa dei miei. Nel cortile del carcere ho ascoltato attentamente gli appelli ma nessuno dei miei compagni, tolto Lino, con noi. Sento che il destino ci ha separato per sempre. Per un attimo mi illudo che siano usciti per un cambio. No, impossibile. La Germania, i campi di concentramento. Ricordo le trasmissioni di Radio Londra su ci che vi accade. Sento che un viaggio senza ritorno.

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Incomincia a far caldo. I pi giovani respirano con difficolt. Il carro tutto chiuso eccetto due piccoli finestrini in alto. 1 due tedeschi sono soldati anziani della Whermacht, armati solo di Mauser. Tengono la porta rientrante aperta due dita per respirare. Non hanno laria cattiva, specialmente uno. Devono essere terrorizzati dallidea che qualcuno si volatilizzi perch ogni mezzora ci contano e ci ricontano. Uno, il pi rigido, un austriaco, dal viso legnoso. Sembra il ritratto dellimbecillit. Appena qualcuno si muove un poco grida come un forsennato: - Setzen! Setzen! Alle due il caldo insopportabile. Due ragazzi sono sdraiati per terra, madidi di sudore, col volto pallidissimo. Un uomo anziano si rivolge ai due tedeschi ed indicandoli dice: - Un po di acqua -. Laustriaco risponde per due o tre volte: - Nichts acqua. E sera. Il treno fermo. Credo siamo nelle vicinanze di Milano. Da uno spiraglio vedo passeggiare su e gi lungo il treno delle ss. armate di armi automatiche. Nel vagone incomincia a diffondersi lodore nauseante del carcere. Serve a togliere la fame. 31 agosto. E mezzogiorno. Siamo fermi nella stazione di Milano. Ci viene portata dellacqua. Tutti facciamo ressa attorno al barile con occhi febbricitanti. Attraverso la porta semiaperta vedo un andirivieni di ss. e di fascisti che ci montano la guardia. In mezzo a loro delle ausiliarie fasciste ridono e scherzano. Alle tre ripartiamo. Pochi chilometri fuori Milano il convoglio si ferma. Ad uno ad uno siamo fatti scendere ed accompagnati a pochi passi per i bisogni fisici. Un uomo delle ss. ci scorta a rispettosa distanza. Dalla porta semiaperta intravedo anche delle donne. E ripugnante. 1 settembre. Sono tre giorni che viaggiamo. La schiena sembra mi si voglia spezzare. Dobbiamo essere oltre Verona. E strano ma non ho fame. Un ragazzo vicino a me mi guarda fisso con occhi inespressivo e poi mi dice: - Mi sento morire dalla fame. Vigliacchi! Non ho fatto niente di male -. Gli dico: - Fatti coraggio Passer anche questa -. Mi guarda di nuovo fisso fisso e poi chiude gli occhi e scivola a terra come fulminato. Mi alzo cercando di sorreggerlo. Non ne ho la forza. Il tedesco pi buono si avvicina. Avr cinquantanni. Mi aiuta a sollevarlo. Ritorna al suo posto e si toglie dal sacco un pezzo di pane. Vi spalma sopra della marmellata e glielo porge. Mi parso che la mano gli tremasse leggermente. La sera. Siamo fermi ad una stazioncina. Ci fanno scendere ed incolonnare fra grida ed intimazioni. Dopo mezzora di strada entriamo in un gran cortile in fondo al quale c una cucina da campo. Ci danno della minestra e del pane. Mangiamo avidamente. Alle dieci ripartiamo. 2 settembre. Siamo oltre Trento. Ci fanno scendere. C un trasbordo. Pare si tratti di dieci chilometri. Mentre attendiamo per incolonnarci scambio alcune parole con una giovane signora che fa parte dei convoglio. Ha il volto disfatto dai patimenti. E stata arrestata e deportata perch ebrea. La disperazione le si dipinge sul volto quando mi parla del suo bambino di tre mesi. L ha tenuto in carcere con s per due giorni. Poi le mancato il latte. Stava per morirle fra le braccia quando una suora lo ha portato via con s. Mi stringe forte una mano dicendo: - Sento che non lo rivedr mai pi -. Cerco di farle coraggio. Ha il volto contratto dalla disperazione ma non piange. Ci incamminiamo. Non so come potr camminare per dieci chilometri. 1 piedi non mi reggono. 1 tedeschi urlano come forsennati minacciando con le armi chi rallenta il passo. Non ne posso pi. Ho il volto contratto dallo spasimo e cammino barcollando. 1 miei due compagni di fianco mi prendono le braccia passandosele attorno al collo. La colonna si ferma. Alcune donne e dei vecchi non ce la fanno pi. Il comandante della colonna un uomo tarchiato e rosso di capelli. Non deve essere cattivo. Ci fa riposare. Ad un tratto arriva un camion. Lo ferma e vi fa salire i pi malandati. lo sono fra loro. Il generale Tricoli accanto a me. In Grecia ha avuto una pallottola in una gamba. Arriviamo a destinazione e siamo presi in consegna da borghesi armati. La signora ebrea si siede lontano da tutti. Piange. Ce una fontana e tentiamo di lavarci un poco. Dopo un paio dore arriva la colonna. Risaliamo sul treno. Ora non ci sono pi panche. Tutti si sdraiano per terra, spossati.
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E quasi sera. Il treno si ferma. I due tedeschi raccolgono le loro cose. Unanimazione insolita si sente per i marciapiedi. Siamo arrivati. Le porte si spalancano e ci fanno scendere. La sorveglianza assai scarsa. Attorno non si vedono che edifici colpiti da bombardamento. Ad un palo affisso un cartello con scritto: Bozen. Saliamo su dei camion che attraversano a forte andatura la cittadina semidistrutta. Sul mio camion ci sono due giovanissime ss. armate di maschinpistol. Uno seduto sulla sponda di fronte a me. Ha un viso bestiale con una bocca enorme da cui spuntano dei denti sconnessi. Ride col volto dun animale eccitato dalla preda. Nessuna scritta in italiano. Tutto stato tedeschizzato. Anche i nomi delle ditte. Dopo un quarto dora ci fermiamo di fronte ad un enorme cancello. Entriamo. Un grande spiazzo circondato da baracche e suddiviso da filo spinato. Tutto attorno un muro con ai quattro angoli delle alte garitte in cui si intravedono delle sentinelle. Uomini e donne sono sdraiati qua e l o camminano quasi senza badare al nostro arrivo. Tutti portano un numero sulla giacca e sui pantaloni sormontato da un triangolo, chi rosso, chi rosa, chi giallo, Ci mettono in fila indiana. In un angolo alcuni barbieri tagliano i capelli a zero. E il primo marchio del detenuto politico. Successivamente passiamo in un ufficio dove ci viene consegnato il numero che alcune donne ci cuciscono sulla giacca e sui pantaloni. Il mio il 3 64 8. Contrariamente a tutti gli altri detenuti non ci viene dato il triangolo colorato. Ci conducono al nostro blocco, il blocco C. E un camerone percorso da varie file di castelli a tre piani. In ogni cuccetta c della paglia ed una coperta. Ci danno un po di minestra ed un pezzetto di pane. Mi sdraio e mi addormento subito. 3 settembre. Sveglia alle sei. Fa freddo. Dopo lappello ci danno una scodella di surrogato senza zucchero. Giro per il campo ed incomincio ad informarmi. Il triangolo rosso indica i detenuti politici, quello rosa i liberi lavoratori, il giallo gli ebrei. Non riesco a capire perch a noi non sia stato dato il triangolo. Sar un buono o un cattivo segno? Guardo con angoscia le montagne che circondano tutta la conca di Bolzano. Non sono molto diverse da quelle che circondano il paese dove sono nato e dove mio padre e mia madre vivono ignari della mia sorte. Da Bolzano a casa mia non ci sono pi di cento chilometri in linea daria. Il passo della Mendola e poi il passo del Tonale. Quando giravo a caccia le mie montagne vedevo chiaramente la vallata che porta al Tonale. Avessi le gambe buone tenterei a qualunque costo. Parlo con qualche vecchio detenuto. Tutti dicono la stessa cosa. Scavalcare di notte il reticolato non impossibile, ma uscire dalla provincia di Bolzano si. La popolazione la vera carceriera. Tutti sono armati e pronti a ricondurre i fuggiaschi in mano alle ss. Immediatamente a destra del nostro c il blocco A. E pieno di operai in gran parte comunisti. Sono tipografi, agitatori, partigiani. Parlo a lungo con loro. Un giovane operaio tipografo detenuto quasi da un anno. Mi dice: Ora sono rose e fiori. Prima eravamo a Fossoli. Una notte i tedeschi fecero strage. I superstiti li portarono qui. Botte tutti i giorni. Ogni tanto una ventina veniva fatta uscire senza fare ritorno. La sera prima gli ebrei uscivano con picchi e pale per scavare la fossa. Bisogna aspettarselo anche adesso da un momento allaltro. A mezzogiorno di nuovo adunata ed appello. Ci danno una scodella di minestra. Li conto: sono venti cucchiai. Alle due comincio a sentirmi dilaniare dalla fame. Laria di Bolzano sembra risvegliarmi lorganismo. Sto sdraiato tutto il pomeriggio per risparmiare energie. Bevo acqua per riempirmi lo stomaco. Non sono pi che un animale affamato. 4 settembre. Nel campo circola la voce che gli Alleati sono entrati nel territorio tedesco. Anche in Italia avanzano. Tutti si scambiano queste notizie con trepidazione e speranza. Alla nostra sinistra c il blocco E, Sono i pi allegri. Alla sera cantano e durante il giorno giocano con una palla. Dopo il loro blocco c quello delle donne. In gran parte sono ebree. Le altre sono madri, sorelle e mogli di partigiani. Le ss. di guardia non hanno piet neppure per loro. Stamani ho visto un ss. colpirne una con lo scudiscio perch camminava lentamente. Ci sono anche due o tre bambini.
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Ho conosciuto Olivelli. Ne avevo sentito parlare dai comunisti del blocco A. Faceva parte di un movimento democratico cristiano di resistenza molto attivo nel bresciano. Catturato venne condotto a Fossoli. Una sera gli ebrei uscirono con picchi e pale. Olivelli intu che scavavano anche per lui. Al mattino mancava al tragico appello. Daccordo con alcuni compagni si era nascosto sotto un enorme mucchio di paglia in un angolo del campo. Costoro si privavano ogni giorno di parte della loro razione per fargliela avere. Le ricerche si facevano sempre pi attive. Parecchi non ebbero pi il coraggio di portargli i viveri. Nel campo gi troppi lo sapevano. Solo due vecchi operai comunisti continuarono a sfidare la morte pur di non abbandonarlo. Erano gi due mesi che la cosa andava quando i tedeschi lo scopersero. Chiss perch non lo fucilarono. Ora qui, fra la vita e la morte. Lo sa ma non trema. Passa tutto il giorno a prestare aiuto a questo ed a quello. E sempre sorridente. Ha visto che ero ammalato e seminudo. Poco dopo mi ha portato una pesante camicia militare. Non ho potuto fare a meno di accettarla. Vicino a me dorme un ragazzo che era partigiano dalle mie parti. E stato catturato ed internato come renitente. Ha le gambe piene di schegge ma non parla. E pallidissimo ed allestremo delle forze. Ieri sera mi ha chiamato piano piano per confidarmi che voleva tentare la fuga nella notte. L ho afferrato per un braccio per infondergli coraggio e farlo recedere dal suo folle proposito. Sento che brucia. Gli parlo a lungo e riesco a calmarlo. Mi faccio giurare che non far nulla senza avvertirmi. 5 settembre. Fa sempre pi freddo.1 dolori si riacutizzano. Ho sempre pi fame. Olivelli mi ha parlato a lungo. Verso sera un vecchio operaio del blocco A mi venuto a dire che nel suo blocco cera un posto per me. L si mangia parecchio di pi perch gli operai lavorano ed hanno una razione supplementare. Non occorre che io lavori. Basta che scopi la camerata. Accetto e passo al blocco A. Il blocco A una perfetta societ comunista. Tutto di tutti quelli che ne hanno bisogno. Stamani mi hanno dato del pane bianco zuccherato. Vado in cerca dei mio vicino di giaciglio al blocco C e glielo do. Sorride contento che qualcuno lo aiuti a riprendere coraggio. Lo divide con due altri. Sembra che gli Alleati non avanzino pi. Ieri si diceva che erano entrati a Colonia, oggi dicono che sono stati respinti da Aquisgrana. Parlo a lungo col generale Tricoli. Non ottimista. Mi ha raccontato come fu che venne ferito alla gamba. Comandava unazione in Albania. Aveva ordinato ad un console della milizia di forzare un passaggio. Dopo alcune ore il console era arrivato trafelato ad annunziare: - Non si passa, sparano -.Era salito in macchina e preso il comando dellazione laveva portata a compimento, prendendosi una pallottola in una gamba. Oggi ho conosciuto un maggiore americano che comandava una formazione di partigiani vicino a Solferino. Parla molto bene italiano ed grande amico dellItalia. E ottimista circa lavanzata sul fronte tedesco. E convinto che prima dellinverno tutto passer. Teme per che allultimo momento i tedeschi ci massacrino. E un timore che fa trepidare molti. Mi ha riferito che al blocco E c un capitano paracadutista inglese che professore di filosofia. Non parla per che inglese. Mi spiace perch gli avrei parlato volentieri. Nel campo circola la voce che nelle celle di punizione vi siano due russi che strozzano colle mani i detenuti. 6 settembre. Stamani allalba siamo stati svegliati da un fortissimo rombo di motori. Tutti ci siamo arrampicato alle finestre per vedere. Un centinaio di apparecchi alleati solcavano il cielo diretti verso linterno della Germania. Erano color argento e scintillavano nel cielo azzurro. Sono rimasto a lungo aggrappato alle sbarre. I vetri tremavano. Ad un vecchio ebreo vicino a me scendevano le lagrime. Sul volto di tutti erano dipinti odio e speranza. Mi sento sempre pi debole. Nel pomeriggio la fame atroce. Oggi ero seduto in un angolo quando un ss. passandomi innanzi ha gettato per terra una mela mangiata a met. Mi rotolata fin davanti ai piedi. Nessuno mi vedeva. Mi venuta la tentazione di raccoglierla. Poi ho avuto vergogna della

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mia debolezza. E passato un po di tempo e non ho pi potuto resistere. Stavo per chinarmi a raccoglierla quando un altro passando mi ha preceduto. 7 settembre. Nel campo c anche un mio allievo al Liceo. Mi usa tutte le premure. Si chiama Ropolo. Aveva ancora cento lire e le ha divise con me. Mi ha dato anche un fazzoletto. Essendone sprovvisto mi ero tagliato la fodera duna tasca dei pantaloni. Quando se n accorto me nha portato uno dei suoi. Parliamo sempre a lungo del Liceo. Gli racconto tutta la mia storia e gli partecipo la mia angoscia per la sorte di Cocito. Lino mi viene spesso a trovare. Non coperto che da una camiciola a mezze maniche.E convinto che dovremo morire di freddo se tutto non finir prima dellinverno. Con la camicia di flanella che mi ha dato Olivelli non ho pi tanto freddo. 8 settembre. Giornata di terrore. Appena alzati stamane corsa subito la voce. Allalba i tedeschi sono entrati con una lunga lista al blocco E, ed hanno incominciato a leggere dei numeri. Ad uno ad uno sono stati chiamati tutti gli italiani del blocco, ventitre in tutto. Li hanno portati via seminudi dicendo loro che andavano al bagno. Sono usciti su un camion. Poco dopo alcune raffiche in lontananza ed il camion che rientra vuoto. Nel blocco non sono rimasti che il capitano inglese ed un tenente del Maquis. Il terrore dipinto sul volto di tutti. Nessuno si era accorto che una squadra di ebrei era uscita ieri sera con vanghe e badili. Il maggiore americano ha il volto duro e non parla. Mi sono avvicinato a lui e gli ho detto: - Maggiore, se un giorno ritorner fra i suoi non si dimentichi di ci che ha visto qui oggi -.Mi ha stretto la mano senza parlare. Gli scendevano le lacrime. Il recinto del blocco E vuoto come una tomba. In un angolo c una palla di gomma. 9 settembre. Stamane alle dieci credevo fosse finita per sempre. I tedeschi hanno piazzato delle armi automatiche agli angoli dei campo. Il servizio di guardia era triplicato e dei pattuglioni si aggiravano minacciosi. Improvvisamente viene dato il segnale di adunata. Abbiamo creduto che ci volessero massacrare. Camminavamo tutti come automi. Nessuno emise un lamento. Poi la porta del cancello si apr ed entr una macchina. Era un generale delle ss. che veniva in ispezione. Nel pomeriggio altra adunata straordinaria. Tutti in fila. Vengono chiamati duecento numeri. E una partenza per la Germania. Anche Olivelli stato chiamato . Vanno a Mathausen. Un vecchio che fra i partenti mi ha chiesto: - Si star peggio di qui a Mathausen? - Gli ho risposto che non lo so proprio ma che spero di no. Partiranno domattina. Nel campo cerchiamo tutti di aiutare i partenti. Fra questi c un giovane tubercolotico che senza camicia. Gli do la mia. Olivelli sostiene tutti con il suo coraggio, le sue buone parole ed il suo aiuto. Alla sera c unatmosfera di angoscia nellanimo di quelli che partono e di quelli che restano ad aspettar di partire. 10 settembre. Sono partiti stamane assai presto. Sembra che a giorni debba arrivare una spedizione da San Vittore. Il freddo mi tormenta al mattino ed alla sera. La fame specialmente nel pomeriggio. 11 settembre. E arrivata la spedizione da SanVittore. Sono circa trecento. Un terrore animalesco si diffonde sul loro volto quando parlano del caporale. E un tedesco torturatore e seviziatore. Raccontano delle cose orribili sul suo conto. Li ha accompagnati fin qui ed ora temono che resti. Fortunatamente nel pomeriggio riparte con la scorta. 12 settembre. Stamane un detenuto ha tentato di fuggire. E un ragazzo di diciotto anni ed ha agito come un pazzo. Faceva parte duna squadra di lavoratori che scavavano una galleria nelle vicinanze del campo. Improvvisamente se l data a gambe per i campi. I tedeschi gli hanno scaricato le armi addosso senza colpirlo. Quando i suoi compagni sono ritornati nel campo la notizia si diffusa in un baleno. Tutti pensavano che non poteva riuscire, ma pregavano Dio perch lo aiutasse. Le ore passavano lente. Le motociclette delle ss. andavano e venivano ininterrottamente. Improvvisamente, verso le cinque, un camioncino entrato nel campo e ne sceso il fuggiasco completamente nudo e pieno di lividi. Le ss. lo sospingevano fra urla e staffilate. Era un ragazzo di media statura molto
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magro. I tedeschi piantarono un palo in mezzo al campo e ve lo legarono con le mani unite alla sommit in modo che toccasse terra solo con la punta dei piedi. Lo staffilarono ancora e poi lo lasciarono con un cartello al collo: Sono ritornato dalla gita. Doveva essere svenuto. Il capo era reclinato sulla spalla destra. Il volto contratto nello spasimo, come fosse impietrito. Le costole gli sporgevano sul petto in modo impressionante. Le gambe erano diritte e stecchite ed i piedi puntati a terra. I lunghi capelli arruffati gli coprivano la fronte e parte del volto. Ogni tanto un ss. passandogli vicino lo colpiva con una staffilata. Solo un lieve sussulto passava per il corpo martoriato. Rimase cos sino a sera. Poi fu slegato e portato nelle celle di punizione. Per tutto il giorno nessuno ebbe il coraggio di passeggiare, come al solito, su e gi. Alla sera ci privammo di parte della nostra razione. Da un pacco potemmo raccogliere un p di pane bianco. Due vecchi operai riuscirono a gettargli nella cella questa poca roba da un finestrino collocato non so dove. Erano vecchi del campo e non era la prima volta che sfidavano le ss. per recare aiuto a un compagno. 13 settembre. Nel campo corre voce che presto ci sar una partenza. Probabilmente stavolta toccher a noi. Ormai non c pi speranza che tutto finisca prima della nostra volta. Verso il Brennero il cielo sempre imbronciato. Alla sera quando il sole tramonta le montagne sembrano una paurosa muraglia rossa di sangue. Di l c la Germania di Hitler. Un giovane detenuto ha chiesto oggi ad un operaio addetto ai lavori nel campo se lo avrebbero portato presto in Germania. Laltro gli rispose. - Imbecille, ci sei gi in Germania. I4 settembre. Da parecchi giorni avevo notato una strana figura di detenuto. Alto, magrissimo, con un paio di pantaloni tutti rotti che gli arrivano alle ginocchia. Si aggira per il campo appoggiandosi ad un lunghissimo bastone. Sembra uno squilibrato. Oggi entrato nel blocco A per parlare al capocampo. Parla con una distinzione ed un tratto eccezionali. Ho chiesto chi fosse. Era il pi noto avvocato di Trieste. Nei primi mesi di detenzione i tedeschi gli facevano fare dieci giri al giorno intorno al campo con un quintale sulle spalle. Quando cadeva lo facevano rialzare a nerbate. Lhanno ridotto cosi. 15 settembre. Alle nove adunata straordinaria. Tutti in fila. Un maresciallo delle ss. ha incominciato lappello. Ci siamo. Vedo parecchi dei miei compagni di viaggio uscire dalle file ed incolonnarsi in fondo al campo. Il generale Tricoli, Ropolo, Lino. I numeri danzano attorno al mio. Finalmente: 3 64 8. Esco camminando a stento. Il maresciallo grida: - Los, los ! - Tento di correre. Ma non mi possibile. Siamo circa duecento. C anche un avvocato di Cuneo con una larga cicatrice sul capo. E successo nel 922. E Giovanni Campano. Ora i fascisti completano lopera. E pieno di coraggiose rassegnazione. Alle due usciamo tutti incolonnati dal campo dirigendoci verso lo scalo merci. Parecchie persone si fermano a guardarci. Qualcuno ci getta del pane e delle sigarette. Specialmente nei pressi degli stabilimenti Lancia. Alcuni operai ci guardano col volto pieno di cupo dolore. C fra noi anche un mutilato della gamba destra. Cammina con le stampelle. Allo scalo c un treno merci che ci aspetta. Ci fanno salire quaranta per vagone. Non ci sono panche. La porta viene chiusa dal di fuori. Un detenuto meridionale ha una crisi di disperazione. Invoca la mamma. Cerchiamo di calmarlo. Lavvocato di Cuneo invita a recitare il rosario. Qualcuno lo segue. Altri bestemmiano. Finalmente si parte. E ormai buio. Sono seduto per terra con la schiena appoggiata alla parete. Cerco di non pensare a nulla. Tanto non ha importanza. 16 settembre. Siamo di la dal confine. Il treno fila per la vallata dell Inn. Alle tre dopo pranzo passiamo per Innsbruck. Nessuno ha la minima idea del destino che ci attende. Sappiamo solo che forse riusciremo a non morire di fame e di freddo. Il mio vagone deve aver subito qualche avaria

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perch dopo Innsbruck ha incominciato a compiere un violento movimento ondulatorio che ci fa rotolare luno addosso allaltro. Alle quattro e mezza arriviamo a Vrgel. Ci fanno scendere e ci conducono in un campo di lavoro. Non ci sono n ss. n reticolati. E un buon segno. In un angolo del campo c un gendarme che monta la guardia armato di maschinpistol. Dopo un po vedo che si siede. Qualche detenuto gli passa vicino ed egli lo saluta amichevolmente con la mano. Mi avvicino per vedere se sa qualcosa della nostra sorte. Metto assieme una frase in tedesco e comincio ad abbordarlo. Lui mi guarda sorridente e mi dice: - Parla talian, ci digo, mi su de Udine -.E stato arruolato per forza in quanto abitante in un territorio venuto a far parte del grande Reich. Dice che ci siamo fermati qui perch pi avanti la linea stata sconvolta da un tremendo bombardamento. Non sa dove siamo diretti. Questo un campo di sosta. Altro non sa. Nel campo ci sono anche dei russi. Passano tutto il giorno ballando freneticamente al suono duna fisarmonica. Li osservo a lungo per tentare di intuire qualcosa della loro personalit. Non vedo che volti assorti nella danza come in un rito sacro. Quando non ballano si scambiano rapide battute e grandi sorrisi. Sono diretti verso un campo di punizione perch lavoravano a rilento. I7 settembre. Qui si mangia un pochino di pi. Il freddo sempre molto acuto. Oggi ci hanno chiuso tutti in un camerone e fatti spogliare. Alcune donne del servizio femminile passano in mezzo a noi con indifferenza come fossimo animali e non uomini nudi. Ci hanno pesati, visitati, disinfestati. Ho creduto bene celare la mia infermit. 18 settembre. Oggi alle dieci arrivato un camion. Ne sono scesi due signori distinti che parlano stentatamente italiano. Ci hanno interrogati uno ad uno chiedendoci il mestiere che tacevamo. lo ho detto: contadino. Se ne sono andati per ritornare dopo circa due ore. Il camion si fermato in mezzo al cortile del Lager. Uno dei due ha incominciato a leggere una lista di nomi facendo man mano salire i chiamati sul camion. Ci sono anchio. Si parte. Incomincia a piovere. Il camion marcia a grande velocit. Il vento e lacqua gelata ci investono in pieno. Filiamo per due ore attraverso parecchi paesi. Finalmente entriamo in una grande citt. La attraversiamo tutta e puntiamo verso la periferia. Ci fermiamo davanti ad un grande edificio semi costruito. Sul portale c un enorme cartello con scritto: Innsbruck-Stipplerlager . Siamo dunque ritornati ad Innsbruck. Il cuore mi si allarga. Siamo in Austria, siamo vicini allItalia. Scendiamo ed entriamo. Il Lager rigurgita di detenuti con gli abiti a brandelli. Parlo con parecchi. La maggior parte gente venuta volontariamente a lavorare nel 38 e nel 39. Lavorano per unimpresa di costruzioni. Nelle ore libere possono uscire per la citt. Mi sembra di sognare. Un vecchio mi dice: - Non credere di poter per questo evadere. Se scappi non arrivi nemmeno al Brennero e se ci arrivassi, di l non vai. Ti pescano di sicuro e finisci a Reichenau, da dove non scappi mai pi. Passiamo negli uffici. C il Lagerfuhrer con unimpiegata. Debbono compilare quattro schede per ognuno di noi. A lavoro finito ci daranno da mangiare e da dormire. Mi offro per accelerare il lavoro. Il Lagerfuhrer mi intrattiene dandomi alcune istruzioni. E di Merano e parla molto bene italiano. Mi dice che non potr darci assolutamente nulla per coprirci. Capisco che gli rincresce nel vederci vestiti in quel modo. Mi assicura che far del suo meglio perch il vitto sia passabile. E un uomo molto generoso. Ha due occhi umidi e buoni. Saliamo a mangiare. Non ci togliamo la fame ma non c confronto col vitto finora avuto. Per dormire ci sono dei castelli con della paglia e due coperte ciascheduno. Mi sdraio e mi addormento subito. 20 settembre. Stamane alle nove il Lagerfuhrer mi ha mandato a chiamare. Mi ha chiesto a lungo di me. Gli ho detto che sono stato rastrellato per caso. Mi offre da fumare e mi regala alcune sigarette. Si fa sempre pi umano e cordiale. Sono imbarazzato perch mi accorgo di fargli pena. Mi consiglia di sforzarmi a lavorare. Dovr lavorare in una galleria. Stasera si incomincia. Ci sono due turni settimanali, uno di notte uno di giorno.
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Alle otto fanno lappello per il lavoro notturno. Ci dovrei essere anchio, ma con stupore vedo che non ci sono. Vado a dormire. Non riesco ad addormentarmi che molto tardi a causa dei pidocchi e delle pulci che appena sdraiato mi assalgono da ogni parte. Per fortuna non ci sono cimici. 21 settembre. Altro colloquio col Lagerfhrer. Estato lui ad escludermi dal turno di lavoro. Cercher di lasciarmi riposare per qualche giorno perch possa rimettermi. A poco a poco si sbottona. E convinto che per la Germania non c pi speranza di vittoria. lo assecondo senza per compromettermi troppo. Per mangiare abbiamo una tessera con tanti talloncini quanti sono i pasti settimanali. Ci danno pane nero, rape, patate. Qualche volta marmellata e un pezzettino di carne. Ci si riempie lo stomaco ma unora dopo si ha di nuovo fame. Nel Lager ci sono anche croati e francesi. I rapporti sono al di fuori dogni pregiudiziale politica. Stasera sono uscito dal Lager con un internato che viene come me da Bra. Mi accorgo che facciamo pena a molti e ci mi insopportabile. Al ritorno una donna anziana ci si avvicinata offrendoci del pane. L ho rifiutato dicendo: - No grazie, non abbiamo fame -. Mi sono fermato a lungo davanti ad un locale di lusso ad osservare il via vai. Mi dava un senso di stordimento vedere uomini che non fossero internato o ss. Ero nellombra e rimasi a lungo ad osservare come gli uomini accompagnassero al bar una donna o le accendessero una sigaretta. Incominciava a piovere. Andammo al Lager senza parlare. 22settembre. Il Lagerfuhrer mi ha portato alcuni giornali. Li ho letti avidamente. Sembra che loffensiva alleata ristagni. Un giornale di Monaco porta un titolo che occupa tutta la prima pagina: LItalia sotto limperversare delle bande terroriste Il Lagerfuhrer continua ad esentarmi dal lavoro. Mi dice che per non potr durare a lungo. Vado avanti senza pensare al domani. Il destino mi ha aiutato finora. 23 settembre. Oggi c stato un allarme. Tutti fuggivano verso le gallerie oltre lInn. Sono troppo lontane per me. Mi sono sdraiato in un campo. Ho provato gioia vedendo correre come forsennati tanti tedeschi. 24 settembre. Nevica. Il freddo aumentato moltissimo. Delle calze non mi resta pi niente e delle mutande solo la cintola. La camicia tutta rotta e senza maniche. Lanello matrimoniale sono riuscito a salvarlo nascondendolo fra il tacco e la scarpa. Lo levo e mi avvio verso la citt. Avevo deciso di tenerlo per giocar lultima carta. In una via secondaria vedo un modesto negozio con degli abiti in vetrina. Apro lentamente la porta e faccio per entrare. Il padrone si mette ad urlare e mi viene incontro minaccioso. Esco. Non ho mai sentito di odiare tanto come in quellattimo. Ritornando passo accanto ad un grande edificio Ci debbono abitare dei religiosi perch il portale sormontato da una croce. In fondo si apre uno stretto viottolo. Lo infilo. E pieno di rifiuti e spazzature. Fra queste intravedo qualcosa di nero e voluminoso. Smuovo coi piedi. E una specie di maglione tutto rotto e sudicio. Lo raccolgo con le mani che mi tremano. Me lo metto sotto il braccio. Al Lager lo ispeziono. Mi pu servire. Lo lavo. 25 settembre. Mi sono messo il maglione. Mi ripara assai malgrado i mille buchi. Oggi mi ha chiamato il Lagerfuhrer per dirmi che ormai la ditta ci ha presi tutti in forza e che da domani sera dovr lavorare anchio. 26 settembre. Passo tutto il giorno agitato pensando a stasera. Se fossi sano il lavoro non mi preoccuperebbe. Ma come potr lavorare dalle nove di sera alle sette del mattino coi miei poveri piedi? Cosa sar di me qualora fossi dichiarato inabile al lavoro? Il Lagerfuhrer mi ha parlato chiaro: campo speciale. Non so cosa significhi precisamente ma dal suo volto capisco che meglio

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evitare di andarci. Tre parole sono sempre unite sulle labbra dei vecchi internati: Krankeit, Polizei, Reichenau. Alle venti e trenta ci mettiamo in cammino. Fa un freddo tremendo. Gli altri accelerano il passo per riscaldarsi. Io non ce la faccio. Resto indietro e cerco di fare qualche passo di corsa. Ma i dolori sono insopportabili. Arrivo con un po di ritardo. Nessuno mi dice niente. I lavori consistono nello scavo di profonde gallerie antiaeree. Mi inoltro nella galleria in cui debbo lavorare. E debolmente illuminata. Per terra ci sono dieci centimetri di acqua e melma. Il soffitto gocciola continuamente. Pi avanzo e meno fa freddo ma e pi difficile respirare. Raggiungo i miei compagni che stanno gi lavorando. Si tratta di caricare dei vagoncini e poi spingerli fuori per rovesciarli nellInn. Il guardiano mi avverte che se domani arriver ancora in ritardo mi segnalava alla Polizei. Prendo un picco e incomincio a scavare. Quando arriva il vagoncino lascio il picco per caricare con la pala. I piedi affondano nella melma. Sono tutto fradicio. Dopo unora sento che non ne posso pi. I piedi non mi reggono. Non ho la forza di sollevare col badile la terra fino allaltezza dei vagoncino. Sento che cos non potr durare a lungo. Una fredda disperazione mi prende. Non ritorner mai pi in Italia. Mi appoggio alla parete un compagno mi sorregge. Dopo un po riprendo forza. Scavo per un momento e poi mi appoggio al picco. La testa mi gira e cado. Rinvengo che sono fuori della galleria. Vicino c una baracca dove lavorano i fabbri che riassettano i ferri di lavoro. Mi fanno entrare e mi sdraiano su della paglia. Un vecchio fabbro mi si avvicina. Sento che dice a mezza voce Assassini. 27 settembre. Mi alzo febbricitante. Il Lagerfuhrer mi vuole. Entro. Mi si fa incontro con aria pietosa e cordiale. Si toglie dalla borsa due panini bianchi e me li offre. Mi d da fumare. Poi mi parla a lungo. Conclude dicendomi che se voglio salvarmi non ho che una via. Tentare di avere un lavoro leggero. Mi d un indirizzo. E la sede della delegazione italiana del lavoro. Dice che lunico posto in cui possono fare qualcosa. Mi assicura che mi dar tre o quattro giorni di riposo. Nel pomeriggio mi avvio verso il luogo indicatomi. C una porta vetri che riflette la figura. Ho orrore di me stesso. Entro. Mi riceve una giovane donna bella ed elegante. Rimango vicino alla porta bench mi inviti ad inoltrarmi a sedere. Ho il volto contratto dallumiliazione per il senso di piet che vedo dipinto sul suo viso. Le spiego il mio caso. Promette di interessarsi. Compila una scheda. Ad un certo punto mi chiede la professione. Ho un attimo di esitazione e poi dico: professore -. Cessa di scrivere e si alza. Fa un giro per la stanza e poi ravvicinandosi mi dice: Come mai? -. Credo di scorgere sul suo volto un senso di vuota curiosit e le rispondo duramente: Rastrellamento -. Mi guarda con occhi che fingono di non vedere lo stato in cui sono ridotto dicendomi: - Ritorni domani alla stessa ora. 28 settembre. Per andare alla Delegazione mi sono fatto imprestare una giacca da un internato che riposa perch lavora di notte. Assieme alla donna del giorno prima cera un uomo sui quarantanni. Appena entrato ho capito che mi aspettavano. La signora mi raccomanda di fare tutto ci che mi verr suggerito dalluomo a cui mi affida. Esco con lui. Attraversiamo alcune vie centrali e poi infiliamo una via lunga e stretta. Entriamo in un portone. Faccio appena a tempo a leggere in testa ad una targa: Doktor Alfred ... Saliamo al secondo piano. Il dottore mi riceve con una gentilezza eccezionale. Parla stentatamente italiano e mi rivolge sempre la parola premettendo: Herr professor ... Dopo avermi visitato attentamente dice: - Voi siete venuto molto tempo fa a lavorare volontariamente in Germania. Ora siete ammalato ed avete diritto a ritornare in Italia -. Alle ultime parole mi passo la mano sulla fronte. Non potevo credere a quanto avevo udito. Il dottore si alza di scatto allontanandosi. Quando ritorna mi porge un foglio congedandomi gentilmente con le parole: Aufwiedersehen, Herr Professor! Gli stringo forte la mano che mi stende ed esco. Sono un altro uomo. Il signore che mi accompagna mi raccomanda di portare quel foglio allArbeitsamt il giorno dopo alle nove. Passo la notte senza chiudere occhio. Mi sforzo di credere che non sia vero. Se mi fossi dato a questa speranza non ne avrei potuto sopportare il fallimento.
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29 settembre. Alle otto e mezzo ero davanti alla porta dellArbeitsamt. Alle nove meno cinque mi si avvicin il signore del giorno prima. Mi disse: - Tutto dipende da oggi, . Avevo il cuore in gola. Entrammo. Consegnai il foglio. Dopo circa unora il signore usci da un ufficio con un altro foglio tra le mani e mi venne incontro sorridendo. Era fatto. Mi disse che occorrevano ancora i timbri della Polizei e della Wehrmacht. Mi licenzi dicendomi: - Alla Polizei ci deve andare da solo -. Mi strinse la mano e si allontan. Mi diressi verso l ufficio centrale della Polizei. Volevo che in quel giorno finisse tutto. Non mi sentivo la forza di sopportare pi a lungo lalternativa. Entrai nellufficio centrale della Polizei. Riuscii a farmi capire e mi indirizzarono ad un ufficio speciale. Il cuore mi batteva forte. Entrai. Un maresciallo mi venne incontro. Esamin a lungo il foglio che gli porsi e poi mi disse in un italiano forzato: - Datemi passaporto -. Ebbi un attimo di terrore e poi risposi freddamente: - L ho perso Dove? - Durante un bombardamento ho perso la giacca con tutti i documenti -. Mi guard a lungo soffermando lo sguardo sui capelli tagliati a zero, poi disse: - Come mai? - Risposi: - I pidocchi -. Sorrise dun sorriso strano. Prese un gran timbro. Lo bagn lentamente e poi lo impresse sul foglio. Uscii quasi di corsa. Mi mancava solo pi il visto della Wehrmacht. Chiesi dovera il Comando. Mi indicarono: Colinstrasse. Entrai. Mi dissero in perfetto italiano che avrei dovuto aspettare due o tre giorni. Uscii. Era impossibile. Mi diressi verso il Lager. Sapevo che cerano degli internati, che da anni erano ad Innsbruck, che commerciavano indumenti e sigarette coi tedeschi. Due generi rarissimi e preziosissimi. Avevo un paio di scarpe in ottimo stato. In dieci minuti feci il contratto. Le cedevo avendo in cambio un paio di pantofole tutte rotte e cento marchi. Con venti marchi comprai un pacchetto da venti sigarette fini. Ritornai in Colinstrasse. Incominciai ad offrirne una al piantone. Gli spiegai come la malattia di cui ero affetto richiedesse cure immediate. Gli feci scivolare fra le mani lintero pacchetto. Mezzora dopo uscivo col foglio timbrato. Potevo partire quando volevo. Questo pensiero mi dava un tuffo al sangue ogni volta che mi si presentava. Respingevo lemozione per dominarmi ed agire con la pi assoluta calma. Decisi di andare alla stazione per farmi una idea dei treni. Non riuscivo pi a camminare. Avevo dei soldi. Salii su un tram. Malgrado la ressa tutti mi facevano largo allontanandosi il pi possibile. Alcune studentesse coi libri sottobraccio ridevano guardandomi. Non mi sentivo umiliato. Avevo uno sten sotterrato dietro la casa a Montaldo. Potevo, dovevo raggiungerlo. Guardai ad uno ad uno gli uomini e le donne che mi circondavano. Erano tedeschi. Sentivo qualcosa che superava in me lemozione e mi rendeva lanima fredda e decisa a tutto. Mi avessero schiaffeggiato, sputato in viso, avrei loro sorriso, avrei detto loro grazie. Purch potessi tornare. Potessi rimuovere pian piano la terra sotto la terza pianta del primo filare dietro casa. Alla stazione seppi che cera un treno in partenza alle dieci di sera: Innsbruck-Verona. Avrei voluto fermarmi in stazione ad aspettarlo fin che partiva. No. Era meglio partire di giorno. Probabilmente cera meno controllo. Alle sette e mezzo del mattino ce nera un altro. Mi decisi per quello. Ritornai al Lager. Mi stesi nella cuccetta. In tutto il giorno non avevo mangiato. 30 settembre. Ho passato tutta la notte studiando piani e prospettando possibilit. I miei documenti erano perfettamente regolari se fossi stato veramente un operaio andato volontariamente a lavorare in Germania. Non bisognava che a qualcuno venisse il sospetto che cos non fosse. Sapevo che lungo i percorsi ferroviari cerano dei controlli volanti della Gestapo. Avevo conosciuto bene questa gente e sapevo che non avrei pi avuto possibilit di scampo se fossi caduto nelle loro mani. Non avevo il passaporto ne alcun documento; avevo i capelli tagliati a zero. Alle sette ero alla stazione. Presentai il foglio di rimpatrio, ed ebbi il biglietto: Innsbruck-ltalia x. Il treno era misto, passeggeri e militari. Infilai una vettura riservata ai militari. Cera anche qualche altro civile. Forse qui cera meno controllo. Il treno si mosse lentamente. Non avevo che un incubo, la Gestapo. Pass il controllore dei biglietti. Con una freddezza che mai avevo sentito di possedere gli chiesi se ci fosse prima del Brennero un controllo della Gestapo perch avevo bisogno dun visto sul foglio di rimpatrio. Mi rispose che al Brennero cera un ufficio della Gestapo ma prima non cera alcun
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controllo. Il treno filava velocemente. Il Brennero era la porta verso lItalia ma forse era la fine di questo sogno allucinante. -Avrei voluto nello stesso tempo che il treno corresse e si fermasse. Il cuore mi batteva forte. Ero a pochi chilometri. Improvvisamente lo stato danimo di freddezza e di assoluto dominio di me stesso che da pochi giorni avevo conosciuto si impadron nuovamente di me. Il treno si ferm lentamente. Alcuni agenti in borghese riunirono tutti i civili in un angolo e ci condussero in un ufficio. Poco dopo la porta si aperse ed entr un uomo in divisa. Ero calmo duna calma che stupiva me stesso. Chiese i documenti. Era un maresciallo della Wehrmacht. Giunto a me gli porsi il foglio di rimpatrio. Mi disse meccanicamente. - Il passaporto -. Gli risposi: - Lho smarrito sotto un bombardamento Pass oltre con aria annoiata. Unora dopo ero sul treno che filava verso Verona. I controllori erano italiani. Ripetei con ostentata premura la domanda circa il controllo della Gestapo. Il controllore mi rispose: - C spesso -. Non avevo altra alternativa che quella di affidarmi alla fortuna o scendere dal treno. Cosa avrei potuto fare una volta sceso? Non mi restava che proseguire. Nevicava. Non sentivo n freddo n fame. Al Brennero mi avevano sequestrato i pochi marchi che mi restavano. Avrei dovuto arrivare a casa senza mangiare. Alle tre il treno entr nella stazione di Bolzano. Lidea dessere arrestato e portato al Lager di Bolzano mi sembrava mille volte pi orribile della morte. Il treno riparti. Il numero dei militari diminuiva e cresceva quello dei civili. Mi pareva molto strano vedere delle mamme coi loro bambini, sentire degli uomini che si preoccupavano del rincaro della frutta e del ritardo dei treni. Dopo circa mezzora, trasbordo. Cera un bel tratto da percorrere a piedi. Ero appena sceso e camminavo lungo il treno quando vidi due donne che a gran fatica ne facevano scendere una terza da una vettura. Mi avvicinai per aiutarle. Erano due donne del popolo. La terza era tutta avvolta in luridi stracci. Non si reggeva in piedi. La facemmo scendere, sorreggendola sotto le ascelle. Si lamentava con una voce sottile e dolorante. Doveva avere ventanni. Il volto era scheletrito e madido di sudore. I capelli sconvolti glielo coprivano in parte. Una lurida coperta legata alla cintola scendeva fino a terra. Non aveva scarpe e posava i piedi dolorando sul pietrame disposto lungo la linea. Qualcun altro si avvicin. Due uomini la sorressero alle ascelle. Continuava a lamentarsi invocando la mamma, in un accento toscano. Dopo un poco intervenne un altro uomo. La prese in braccio. A turno altri la portarono fino al nuovo convoglio. Salii nella sua vettura. Venne sdraiata su un sedile. La testa era appoggiata ad una valigia. Non si lamentava pi. Il sudore le scendeva lungo il viso, bagnando i capelli. Nessuno parlava. Dopo un po fu scossa come da un tremito e ricominci a lamentarsi. Aveva freddo ai piedi. Ero ritto vicino a lei e la guardavo con una indifferenza strana. Non sentivo nulla che mi commuovesse. Non mi riconoscevo e ne ero quasi sgomento. Come un automa scostai la coperta che le copriva le gambe ed i piedi. Non aveva gambe e piedi ma le ossa delle gambe e dei piedi. Incominciai a massaggiare lentamente le estremit. Mi pareva di toccare la morte e non provavo n repulsione n piet. Alcune donne mi sostituirono, altre cercavano di farle coraggio. Incominci a parlare con voce interrotta e lamentosa: era stata deportata in Germania con lintera famiglia perch un fratello era partigiano. Due sorelline erano morte di stenti. Lei si era ammalata. Il padre lavorava ed aveva risparmiato cento marchi. Lavevano portata allospedale e da qui rimpatriata. Il padre non aveva esitato a darle tutto ci che aveva: cento marchi. Al Brennero glieli avevano sequestrati. Non sapeva dove andare. I tedeschi lavevano messa sul treno con un biglietto per Verona. Continuava a ripetere: - Dove vado io adesso... povero pap... erano i soldi per mangiare... perch me li hanno presi... Dove devo fermarmi?... aiutatemi... Il treno ripart. Il rumore copriva la debole voce che non cessava di lamentarsi. Alle dieci di sera eravamo a Verona. La stazione era un cumulo di rovine. Aiutammo la nostra disgraziata compagna a raggiungere i sotterranei. Bisognava portarla allospedale. Macchine non ce n erano. Era seduta su uno scalino di pietra e continuava a lamentarsi. Non sapevamo che fare. Improvvisamente le sirene urlarono. Alcuni funzionari ci ordinarono di lasciare subito la stazione e di dirigerci verso i sotterranei della vicina fortezza. Portammo con noi la donna. Scendemmo per una scala interminabile. In fondo un lungo e strettissimo corridoio. Ci sedemmo per terra. Non potevo
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chiudere occhio. La fortuna mi aveva aiutato in modo incredibile. Non mi fidavo a restare a Verona per tentare di sfamarmi e vestirmi. 1 ottobre. Alle cinque lasciai la fortezza dirigendomi verso la stazione. Non incontrai anima viva. Cera un treno che partiva per Milano alle sette. Vi salii. Era quasi pieno di soldati della Wehrmacht. Mi intrufolai in mezzo a loro. Camminavamo da pi di tre ore quando pass un ferroviere di servizio. Gli ripetei la solita domanda. Mi rispose: - Per lo pi c fra Palazzolo e Bergamo -. Si allontan sorridendo stranamente. Alle due eravamo a Palazzolo sullOglio. Il ponte era rotto. Mi unii alla lunga fila di militari e civili che percorrevano a piedi il tratto di interruzione. Giunti di l occorreva attendere il nuovo convoglio. Tutti si sparpagliarono per la campagna. Molti mangiavano qua e l seduti sotto gli alberi. Avevo fame. Tre giovani mangiavano seduti su un muricciolo ridendo allegramente. Passai loro vicino. Capirono che avevo fame dal come guardai i panini imbottiti che avevano disposto sul muricciolo. Mi invitarono a gradirne uno. Non ne potevo pi. Mi sedetti e mangiai senza parlare. Anche loro non parlavano pi. Finito un panino me ne ponevano un altro tra le mani. Mi diedero anche dei soldi. Non osavo guardarli in viso. Ad un tratto mi alzai allontanandomi senza ringraziare. Infilai una stradicciola di campagna percorrendola per un bel tratto. Mi sdraiai supino sotto un gelso con le mani sotto il capo. Cosa dovevo fare? Di chi potevo fidarmi? Ero ossessionato dal terrore di ricadere nelle loro mani. Come potevo raggiungere Bergamo? Come avrei potuto giustificare il fatto daver abbandonato la ferrovia? Ero immerso in questi pensieri quando giunse il convoglio. Vidi da lontano la gente che lo prendeva dassalto. Poco dopo ripartiva. Passarono alcune ore. Incominciava a farsi buio. Sentii un treno che si avvicinava ed il vocio della gente che ne scendeva e si allontanava. Aspettai che tutto ritornasse quieto e mi incamminai verso il convoglio senza un idea precisa. Gli giunsi vicino. Non si udiva anima viva. Era composto di una decina di vagoni. Camminavo lungo il prato risalendo verso la locomotiva. Ad un tratto fui colpito da una strana carrozza. Non era certamente italiana. Aveva le fiancate che scendevano pi gi del normale. Ero in basso rispetto al piano delle ruote e notai che lasse era piatto e largo e sorreggeva al centro un longherone che attraversava tutta la vettura. Salii piano piano la scarpata. Mi infilai sotto la carrozza. Mi distesi col corpo sul longherone prendendolo fra le gambe. Afferrai colle braccia lasse della ruota. Potevo farcela. Mi accoccolai per terra aspettando. Dopo mezzora sentii il fruscio dei passeggeri che giungevano. Le basse fiancate e loscurit ormai piena mi toglievano alla vista. Erano tutti saliti. Ripresi la posizione che avevo studiato. Il treno non si muoveva. Le braccia e le gambe mi doloravano. Ad un tratto il convoglio diede un sussulto. Mi afferrai disperatamente. Si muoveva accelerando. Le scosse erano sempre pi rapide. Ebbi un momento di terrore seguito immediatamente da una calma fredda risoluta. Era lo stato danimo strano che da alcuni giorni sperimentavo in certe situazioni. Mi sentivo fuori di me, senza cuore n carne per provare dolore. Mi sorpresi a sorridere dopo ogni scossa pi dolorosa. Mi sentivo una belva che non voleva morire. Quanto tempo pass non lo potrei dire. Ad un tratto il convoglio rallent. Mollai per un poco la violenza della stretta. Un improvviso scrollo laterale. Il braccio destro cedette. Rimasi afferrato col sinistro e le gambe. Era uno scambio. Mi rimisi in sesto. Vedevo molti binari illuminati debolmente. Il convoglio rallent ancora, poi si ferm. Rimasi ancora un attimo afferrato poi le forze mi abbandonarono. Mi lasciai scivolare per terra. Parecchi scendevano. Dai loro discorsi intuii che eravamo a Bergamo. Aspettai che tutto fosse calmo. Sporsi il capo. Nessuno. Scivolai lentamente di sotto. Le braccia e le gambe mi davano delle fitte atroci. Apersi con fatica uno sportello e salii. La vettura era piena di militari. In un angolo cera una donna con una guardia di finanza. Mi sedetti per terra vicino a loro. Incominciai a parlare con la guardia. Il controllo cera stato da parte della milizia. La guardia veniva dalla Romagna. La donna era sua moglie. Per spiegare il modo in cui ero conciato dissi loro senzaltro che ero un operaio rimpatriato dalla Germania. In Germania non si stava male ma i bombardamenti erano continui. La guardia mi disse che in Romagna i ribelli non lasciavano in
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pace nessuno. 1 tedeschi avevano fatto grandi rastrellamenti fucilando e impiccando, ma gli altri non scomparivano. Il treno si mosse. Mi addormentai spossato dalla fame e dalla stanchezza. 2 ottobre. Siamo a Milano. Riconosco la stazione. Sono passato tante volte andando e venendo da casa mia. Lungo il marciapiede passeggiano militari tedeschi e fascisti in assetto di guerra. Sono titubante a scendere perch temo che il mio aspetto dia nellocchio a qualcuno. Se mi portassero alla polizia per accertamenti? Cosa dovrei dire? Se chiedessero informazioni ad Alba sarebbe la fine. San Vittore! No, preferirei morire. Sono scesi tutti. Mi affaccio e vedo unausiliaria fascista. Mi intravede e si dirige verso di me dicendomi: - Siete un profugo? lo sono addetta al servizio profughi dal sud -. Le rispondo: - Non sono un profugo ma un operaio rimpatriato dalla Germania per malattia -. E lei cortesemente: Venite con me. Vi far dare da mangiare -. La ringrazio e scendo. E una donna, sui quarantanni. Tenta di nascondere con un trucco molto spinto le ingiurie del tempo. Ha due labbra raggrinzite e grossolane sovraccariche di rossetto da buon prezzo. Ci dirigiamo verso il centro stalla stazione. Dopo alcuni passi mi rivolge la parola: - Camminate a stento. Cosa avete ai piedi? Ho lavorato in una galleria molto umida. Ho una forma reumatica. Come si sta in Germania? Si starebbe molto bene se non ci fossero quei delinquenti di inglesi coi loro bombardamentiSiete molto mal vestito. Ho perso tutto in un bombardamento. Scuote il capo un po impressionata e poi dice con aria fiera: Ne hanno ancora per poco. Le armi segrete sono quasi pronte. - Speriamo -. Siamo giunti dinnanzi ad un ufficio sopra il quale campeggia una grande scritta: Ufficio assistenza profughi . C molta gente con la disperazione e lo sconforto dipinti sul volto. Mi infilo in mezzo a loro. Poco dopo lausiliaria esce invitandoci a seguirla. Ci porta a mangiare. Camminiamo a lungo nellinterno della stazione. Infiliamo una scala che scende in un vasto locale sotterraneo sistemato a refettorio. Mi danno della minestra e del pane. E poca roba in confronto alla mia farne ma pi che niente. Mentre mangio penso al resto del viaggio. A Milano ho qualche amico ma non mi fido a mettermi per la citt. Mi informo dei treni. Ce n uno stasera tardi. In fondo al salone c della gente sdraiata su quel poco che ha salvato fuggendo davanti alla guerra. Mi sdraio per terra vicino a loro e mi addormento subito. Mi sveglio che gi tardi. Nel salone c un ferroviere. Gli chiedo del treno. Mi dice che va solo fino a Vercelli perch nel pomeriggio un bombardamento ha interrotto la linea. Al mattino dopo ce n uno alle sette. Mi sdraio di nuovo. Verso le dieci ricompare lausiliaria. Qui non si pu dormire. Siamo in parecchi. Ci mette tutti in fila e poi ci accompagna in un palazzo dirimpetto alla stazione. C gi molta gente che dorme su delle brande. Ne danno una anche a me. Alle sei c sveglia per tutti. Mi addormento subito. 3 ottobre. Mi unisco a parecchi profughi che vanno a Torino. Il treno stipato. Intavolo discorso con un commesso viaggiatore. E un uomo sui cinquantanni. Ha due occhi umidi pieni di bont. Devo fargli compassione ma non mi sento umiliato. Viaggia quasi tutti i giorni e non ha mai assistito a controlli della polizia. A Vercelli trasbordo. Verso le due siamo a Torino. Torino non la citt dove ho fatto gli studi universitari ma la citt dove ci sono le Nuove. Scendo in mezzo alla folla e mi dirigo verso i gabinetti. Aspetter fino alle cinque. Alle sei c un treno per Carmagnola. Camminando cambio idea. Subito fuori dalla stazione abita un caro amico. Mi potrebbe sfamare e vestire. La testa mi gira leggermente per lo sfinimento. Infilo il portone. Salgo a1 primo piano. Un inquilino che scende mi lascia passare e poi si ferma a guardarmi con circospezione. Se mi credesse un ladro o uno squilibrato e telefonasse a qualcuno? Accelero il passo. La porta non ha pi targa. Ho un attimo di esitazione e poi me ne vado in fretta senza aver suonato. Attraverso via Nizza. Mi infilo nei gabinetti. Ogni tanto esco e guardo lora. Alle cinque entro in stazione confondendomi con gli operai che rincasano. Salgo sul treno e mi chiudo in un gabinetto. Nessuno deve riconoscermi. Nessuno deve sapere che sono ritornato. Il treno si fa pieno zeppo. Parte. Mezzora
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dopo riconosco la stazione di Carmagnola. Lascio scendere quasi tutti e poi attraverso i binari ed entro nel gabinetto. Aspetto mezzora. La stazione e il viale sono quasi deserti. Esco e mi inoltro per una via secondaria. Non ho ancora fatto venti passi che sento una violentissima esplosione seguita da un fuoco di armi automatiche che si fa sempre pi rabbioso. Le finestre e le porte si chiudono affrettatamente. Mi ritiro dietro un portone. Una donna si precipita a chiuderlo. La sparatoria cessa per un poco e poi si accende pi nutrita. La donna si fa il segno della croce e poi dice: - Sono i partigiani. Faranno bruciare il paese. Poveri noi! - Scendo alcuni gradini duna scala che va in cantina. Mi siedo su un gradino, con la testa fra le mani. Non ne posso pi. La sparatoria cessa. Solo ogni tanto, sempre pi lontano, si ode qualche colpo isolato. Aspetto ancora un po e poi mi alzo. Esco e mi dirigo verso la campagna, come un automa. Le vie sono tutte deserte ed i portoni chiusi. Ad ogni isolato mi pare di vedermi innanzi un pattuglione di ss. Sono quasi fuori paese. Attraverso un fossato e mi dirigo verso una cascina isolata. Ci sono due donne ed un vecchio col terrore sul volto. Mi fanno segno di fuggire verso i campi. Non mi reggo pi e mi accascio su una sedia. Il vecchio corre ad aprire la porta. Mi scambiano per un partigiano. Una donna stringendosi convulsamente le mani mi dice: - Sei ferito? Non fermarti qui. Se ti trovano finita per tutti. Pi gi a destra c un bosco. Corri da quella parte, corri... - Le rispondo calmo: - Non spaventatevi. Non sono un partigiano -. Laltra mi si avvicina e, dopo avermi osservato, esclama: - Non vedete che non ce la fa pi? Nascondiamolo sul fienile -. E il vecchio: - Hanno i cani, lo troverebbero, - e poi rivolgendosi a me: - Vieni con me. Ti accompagno io al sicuro -. Mi si avvicina e mi aiuta ad alzarmi. Esco con lui. Infiliamo un sentiero dietro un campo di granoturco. Dopo duecento metri incomincia un lungo filare di pioppi. Lo percorriamo tutto in fretta. Scavalchiamo un mucchio di terriccio. Arrivati di l il vecchio mi addita un bosco dicendo: - L sei al sicuro. Pi avanti ci sono delle cascine. Ti daranno da mangiare e da dormire. Vai e Dio ti aiuti. Lo trattengo con la mano che mi trema e gli dico: - Ce ne sono molti partigiani da queste parti? - Mi risponde evasivamente: - Si, si partigiani ce n dappertutto Gli stringo forte il braccio e con voce rotta gli dico: E Marco c ancora? - Sento il sangue che mi batte vorticosamente alle tempia misurando un tempo eterno fra domanda e risposta. Il contadino scosso come da un tremito e poi abbassando il capo dice: - No Marco non c pi, l hanno impiccato un mese fa, quegli assassini -E poi dopo una breve pausa: Povero ragazzo, era buono e coraggioso! Mi allontano barcollando senza parlare. Sento che Cocito morto, che Piero morto, che Gino morto, che gli occhi umidi e buoni del colonnello De Zardo sono spenti. Cocito morto. Non posso immaginare Cocito morto. Ucciso da loro. Mi siedo sotto un gelso appoggiando la schiena ed il capo al tronco. Vorrei piangere ma non posso. Inorridisco di me stesso, ma non provo dolore. Chiudo gli occhi e sento dentro di me che tutto finito ed io pi di tutto. Anchio sono con loro. Chiss dove. Ora mi capisco pienamente. Ora capisco perch non provavo dolore dopo le scene di orrore di Bolzano e davanti a quella donna sul treno. Stavo morendo, a poco a poco. Loro mi uccidevano. Mi alzo calmo e cosciente. Non sento n fame n stanchezza. Mi avvio verso le colline. Verso casa. E sera. Continuo a camminare quasi senza fatica. Da una collina allaltra, da un bosco allaltro. Si leva la luna e continuo a camminare. Non sono ormai molto lontano da Montaldo. Ritrover ancora qualcuno? La casa sar un mucchio di rovine. Carla non la rivedr mai pi. Scendo da una collina ed infilo la strada. Deve essere notte alta. Non si ode alcun rumore. Intravedo il paese con la chiesetta dove mi sono sposato. Mi sembra che tutto appartenga ad un mondo che non c pi. Affretto il passo. Ancora poco. Dietro la prima svolta ci deve essere la casa. Cammino lentamente. Non ci sar pi. Lavranno bruciata. Cammino ancora un po. Ecco il ponte. I pini. La casa. E intatta. Illuminata. Mi avvicino piano piano. Sotto ci sono degli sfollati. Non devono sapere che sono ritornato. Scavalco il muretto di cinta. Giro dietro. C una scala a mano. La appoggio alla balconata. Salgo, infilo il corridoio. Sento un passo che si avvicina. E mio suocero. Lo chiamo a bassa voce. Si ferma e chiede: - Chi ? - Gli rispondo piano: - Sono Piero. Non spaventarti -. Mi viene incontro nella semioscurit dei corridoio come inebetito e poi mi getta le braccia al collo stringendomi convulsamente. Lo vedo che corre verso la sala da pranzo. La porta si spalanca. Entro barcollando. Vedo Carla e poi pi nulla.
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15 novembre. Sono alcuni giorni che sto meglio. Mi alzo e sento poco a poco che le forze mi riprendono. Nessuno sa del mio ritorno. Sono nellappartamento degli zii che pi riservato. Ormai so tutto. Li hanno impiccati a Carignano. Carla mi racconta piangendo. Anche gli altri piangono. Io no; La gente crede che anchio sia morto. Carla andata a vederli perch tutti dicevano che cero anchio. Li hanno lasciati tutto il giorno appesi. Sono morti da eroi. Il medico ha fatto una relazione scritta. Era il 7 settembre alle dieci. Cocito morto sorridendo. Anche Carla stata arrestata e trattenuta per tre giorni. Ogni tanto mi abbraccia convulsamente. 1 dicembre. Sto bene. Anche i dolori ai piedi sono molto diminuiti. In casa hanno deciso che non dovr muovermi per tutto linverno. I miei uomini sono tornati a casa dopo Il proclama di Alexander. Le armi ci sono ancora tutte. Gli uomini di Cocito sono passati di l del Tanaro coi garibaldini. Carlo Lamberti commissario della 179a Brigata Garibaldi. Anche qui c un battaglione di garibaldini. 7 dicembre. Nelle Langhe ci deve essere un grande rastrellamento. E arrivato di qua un distaccamento della 48 Garibaldi. Gli uomini di Marco si sono sparpagliati un po con tutti. 8 dicembre. Oggi passato un camion pieno di partigiani della Matteotti. Li comanda Domenico che era gi con Gino. Sono ben armati ed equipaggiati. Li ho guardati dai vetri mentre passavano cantando: Hanno impiccato il nostro Marco Patrioti e partigiani Vendetta, s vendetta Farem repubblicani. Sono i primi partigiani che vedo, da allora. 9 dicembre. La radio continua a ripetere il messaggio di Alexander. I rastrellamenti si fanno sempre pi feroci. Molti si presentano. Nessuno per dei vecchi. Col distaccamento della 48 c anche Bill. Carla mi racconta che ha fatto di tutto per noi. 1 ragazzi erano disperati. Mancava un capo. Pino con alcuni altri hanno tentato di catturare i tedeschi di Villastellone. Una spia deve averli avvertiti. Li aspettavano coi mortai e se la sono cavata per un pelo. 10 dicembre. Carla ha visto Pino. E sfiduciato. Le ha detto: - Se ci fosse Piero... - Ho convinto Carla a farlo venire in casa con un pretesto. Verr oggi alle due. Carla gli ha detto che cera una persona che doveva parlargli. Alle due l ho sentito salire per le scale. Carla gli andata ad aprire. Lo sento nel corridoio. La porta si apre. Nel vedermi fa un viso atterrito e poi rimane senza parola. Gli vado incontro e lo abbraccio. Ride convulsamente. 12 dicembre. Carla mi aiuta nei miei piani. Stasera verr da me Bill. Alle otto sento che bussa. Gli vanno ad aprire. Entra. E uomo sui quarantanni. E dall8 settembre che combatte. Ha due occhi azzurri freddi e metallici. I suoi cinque bambini sono da due mesi in un orfanotrofio. Parliamo a lungo e ci intendiamo bene. 15 dicembre. Ieri rastrellamento con carri armati ed autoblinde. Ci sono state solo fugaci azioni di fuoco. Hanno incendiato due cascine. Molti si presentano. 17 dicembre. Carlo Lamberti morto. E stato tempo fa nella difesa di Verduno. Ha preso un colpo in fronte mentre sparava in piedi. Ha due bambini ed uno che nascer fra poco. Anche molti altri uomini di Cocito sono morti. Parecchi sono caduti alla Morra. In ventinove sono stati circondati.
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Erano alle ultime cartucce quando accettarono la resa con la promessa di aver salva la vita. Furono invece riuniti su una terrazza e massacrati. Il tubo di scarico dellacqua gettava sangue. Cera anche il fratello di Carlo Lamberti. Bob, quando seppe della morte di Cocito, non faceva che piangere e dire: Senza Cocito non ci sto pi qui. Se ne and a Milano nelle SAP e poco dopo fu catturato e fucilato. 18 dicembre. Ieri sera mi sono recato col buio fin da Nolu per parlare con il Comando del battaglione di garibaldini che a SanOrato. Il comandante Alberto, un giovane ligure di ventanni. Ha fatto gli studi classici ed molto distinto. Il commissario Renato, un tecnico delle officine di Savigliano. Sono scesi dalla Val Po. Ascoltano senza battere ciglio il racconto di ci che ho visto. Bill in piedi vicino al lume. 1 suoi occhi freddi hanno strani riflessi. E immobile. Solo ogni tanto batte lentamente le ciglia mentre le labbra hanno un leggero tremito. Li informo minuziosamente sulla zona. Hanno ordine di sotterrare le armi e scomparire. Sorridono leggendo lordine. lo sono daccordo con loro. Si decide di sparpagliare gli uomini nelle cascine e nei paesi, in borghese ma con le armi a portata di mano. 20 dicembre. Nella strage delle carceri di Alba hanno massacrato anche un ex allievo del Liceo. Me lo ricordo perch aveva unaria buona quasi femminea. 23 dicembre. Bill venuto a trovarmi. Abbiamo parlato a lungo. 24 dicembre. Carla andata a Bra. Gli altri sono in paese. Bill venuto a trovarmi. Sono sceso con lui nel giardino. Abbiamo levato piano piano la terra. Lo sten non aveva sofferto nulla. Anche la Gabilondon ben conservata. Infilo il portacaricatori nel cinturone, dallaltra parte fisso la bustina della gabilondon. Innesto un caricatore nello sten ed esco. Fuori ci aspetta la doma di Bill. Saliamo. Bill d una gran frustata al cavallo gridando: - Va l, marsogna ! 25 dicembre. Ieri sera sono venuto a casa. Carla piangeva. In famiglia mi dicono pazzo. Da stamattina alle cinque rastrellamento. Gli uomini hanno lordine di scomparire. Nessuno deve sparare. In cantina ho preparato una fossa per nascondere le armi. Tengo solo la gabilondon. La certezza di non cadere vivo nelle loro mani mi rende indifferente a tutto. Sono sul solaio e da un abbaino li vedo passare per la strada che va in paese. Camminano faticosamente. Sono uomini dellesercito e passano senza n sparare n perquisire. A mezzogiorno tutto finito. 26 dicembre. E nevicato tutta la notte e nevica ancora. Ce n gi trenta centimetri. Tutti parlano del mio ritorno. Ho visto Alberto e Renato. I miei uomini resteranno in servizio di polizia a Montaldo, entrando, a far parte della 103 Brigata Garibaldi Nannetti , che in via di formazione. 29 dicembre. E morto Mim. La sera prima di Natale si fissato di andare a casa a Racconigi. Vicino a lui abita un traditore passato alla Brigata nera dopo esser stato condannato a morte per furto. Deve aver saputo qualcosa. Nella notte arrivato con altri e lo ha colpito con una raffica nella schiena mentre scavalcava un muretto. 1945 2 gennaio. Non posso pi fidarmi a dormire a casa. Ormai tutti sanno del mio ritorno e di ci che faccio. Dormir per un po di tempo in una cascina vicino a San Grato. Ho assunto il nome di battaglia di Valerio.
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5 gennaio. Ieri sera ho dormito con Bill in un lettuccio stretto. Prima di addormentarci gli ho detto: Bill, se ti svegliassi con due canne di mitra davanti alla pancia cosa faresti? Scuotendo le spalle mi ha risposto. - Gli sputo in faccia. Verso mezzanotte mi sono svegliato. Bill digrignava i denti facendo un rumore insopportabile. Lo sveglio e gli dico: - Di, sta attento alle mie orecchie -. E lui: - Cristo, che sogni. Mi capita spesso. Non farci caso. 6 gennaio. Passo lintero giorno in mezzo alla neve. I dolori si sono acutizzati. In bicicletta non si pu andare. Ho provato cogli sci, ma non ce la faccio. 8 gennaio. Anna venuta a vedermi. Le racconto tutto senza emozione come fosse una storia morta di uomini morti. Parlando non oso guardarla in viso. Non so cosa pensi di me. Forse prover lorrore che io provavo di me stesso a Bolzano o sul treno. Quando ho finito la guardo in volto. Non piange, ma le labbra le tremano leggermente. Anche in lei ci deve essere qualcosa pi forte del dolore. 12 gennaio. Molti uomini si presentano ma non abbiamo armi. Pochi sten e poche munizioni. Cento colpi circa per arma. Dobbiamo essere cauti. Se ci tiriamo addosso un rastrellamento ci imbottigliano tutti nelle case. Campi e boschi sono pieni di neve. Girando per i distaccamenti parlo agli uomini di ci che ho visto. Nei loro occhi passano lampi di odio. Radio Londra dice che siamo i cavalieri della libert, ma i miei uomini, alla sera, cantano: Siamo figli di nessuno... siamo carne da plotone ... 15 gennaio. Ieri sera siamo scesi con un cadesse fino a C. per arrestare una professoressa che sapevo essere una spia. In un osteria a tre chilometri dal paese ci hanno detto che mezzora prima era passato un camion di tedeschi. Sono indeciso sul da farsi ma Pino mi dice: - Andiamo lo stesso. Loro sono davanti e noi dietro; e poi a questora sono gi ad Alba -. Andiamo. Poco dopo vediamo due grandi fari che si profilano a distanza. E un camion. Nel vederli Bastian dice: - I tedeschi! -, mette le mani sulla groppa del cavallo e con un salto in mezzo al prato. Ridiamo tutti mentre scendiamo pi in fretta possibile. Ci gettiamo in mezzo alla neve piazzandoci a cinquanta metri dalla strada. Bastian mi dice: - Valerio, stavolta non te la cavi pi -. Ridiamo tutti un po convulsamente. Mi tocco la gabilondon. Il camion vicino. Ancora una svolta e poi infila il rettilineo davanti a noi. Ci appiattiamo il pi possibile. Passa tranquillamente. Appena ci ha sorpassato vediamo che carico di vino. Bastian si alza di scatto, lo punta e dice: - Gli faccio una raffica -. Gli abbasso lo sten dicendogli Vai a rimettere in strada il cavallo. Risaliamo. Siamo allegri. Cantiamo. Siamo figli di nessuno, siamo carne da plotone. A Corneliano la bella non c. Per non tornare indietro a vuoto decido di andar a trovare un prete che mi hanno segnalato per filo fascista. Viene ad aprire la Perpetua. Appena ci vede dice con un filo di voce: - Gesumaria, cosa volete? - Faccio il viso del brigante e le dico: - Dov il reverendo? In quel mentre si apre una porta ed il reverendo si fa innanzi senza abito talare, col viso a met insaponato ed il rasoio brandito allaltezza del volto. Nel vederci, il rasoio incomincia a tremargli fra le mani. Gli dico: - Badi che si taglia la faccia. Si vede che ha la coscienza sporca. Lei fascista e fa cantare Giovinezza ai ragazzi della scuola. Ho lordine di fucilarla -. La Perpetua si mette a gridare come unaquila. Bastian le va vicino e mettendo il dito davanti al naso le dice: - Silenzio o sparo -. Il reverendo mi giura sulla ostia consacrata che sono tutte maldicenze del paese. Gli ricordo le impiccagioni e gli incendi dei fascisti e leroismo di tanti parroci. Mi ascolta come il primo della classe in Liceo. Giura che non ha mai fatto cantare Giovinezza ai ragazzi. Gli dico allora in tono amichevole: - Voglio metterla alla prova. Domani faccia cantare tutto il giorno Fratelli dItalia... Mi giura di si. Ce ne andiamo. La notte alta. Il cielo pieno di stelle.

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17 gennaio. Pino ha scovato tre moschetti e due Mauser, non so dove. Possiamo arruolare altri cinque uomini. Passando da C. ha saputo che i ragazzi della scuola cantano tutti i giorni Fratelli dItalia. 18 gennaio. Oggi sono andato in doma fino a Santo Stefano Roero. Ho trovato Ceka e Dante coi loro uomini. Parecchi uomini di Marco rivedendomi hanno sbarrato gli occhi chiedendomi se ero. proprio io. Ceka ha unito il suo vecchio e glorioso Gruppo Canale con la banda di Dante. Dipendono dal colonnello Otello di Cisterna. Sono tutti bei ragazzi armati fino ai denti. I due Sola della Vezza mi sembrano ancora pi alti e tarchiati. 20 gennaio. Oggi arrivata al comando una staffetta di Fanfulla. E un ragazzino che non avr pi di sedici anni. E biondo con un visino delicato. Ha fatto una ventina di chilometri a piedi in mezzo alla neve ed ha il volto contratto dalla fatica. Lo faccio sedere vicino a me. E molto gentile e distinto. Suo padre un ingegnere sfollato a Monticello. E scappato con suo fratello per arruolarsi con noi. Ogni tanto suo padre viene su con le lacrime agli occhi per convincerlo a ritornare a casa. Ma inutilmente. Gli chiedo se studente. Mi risponde che ha frequentato per poco la prima liceale. Gli accarezzo i capelli lunghi e arruffati dicendogli: - Preferisci stare al Liceo o qui? - Mi risponde sorridendo: - Qui -. Alzandomi gli dico: - Anchio. 22 gennaio. Sono andato a trovare Elio a Sommariva Perno. E stato scarcerato una settimana dopo la nostra partenza da Bra. Poco dopo stato colpito da una paralisi laterale. Mi riconosce ma non riesce a parlare. Mi stringe forte la mano mentre gli occhi gli si riempiono di lacrime e di gioia infantile. Noto che vive coi suoi otto bambini nella pi squallida miseria. Lo faccio presente a Renato ed insieme decidiamo di aiutarlo. 25 gennaio. Il tribunale militare della brigata ha condannato a morte un garibaldino perch aveva compiuto una rapina a mano armata. Lo ha ucciso Bill. Prima di morire si avvicinato a Bill dicendogli: - Bill tu sei un vero garibaldino. Lascia che ti stringa la mano e perdonami del male che ho fatto -. Bill gli ha stretto la mano e poi gli ha detto: - E adesso cammina verso quella pianta -. Non gli ha lasciato fare che pochi passi. 27 gennaio. Oggi ho visto i ragazzi addetti allufficio avvistamento di Montaldo. Sono passati quasi tutti ai partigiani. Il loro comandante si rivelato invece ci che era. C fra loro un giovane alto e bruno. Ha due grandi occhi azzurri pieni di tristezza. Tutti lo chiamano col suo vero nome: Cafarra. 30 gennaio. Ho conosciuto Lena, la sorella di Marco. Nel vederla ho trasalito. Ha gli stessi occhi e la stessa fronte. E nella Langa con Mauri. So da lei che padre e madre vivono a Pocapaglia in una stalla. A casa gli hanno portato via tutto. Ora vivono di elemosina. Ne parlo ad Alberto e Renato e decidiamo di farli venire nella nostra zona ed aiutarli. 2 febbraio. Dalle sei di stamane rastrellamento. Si sono inoltrati da due direttrici per pigliarci in mezzo. Ci siamo ritirati ordinatamente ed a tempo. Non si sparato un colpo. Erano in forze e con due carri. 3 febbraio. La neve incomincia a sciogliersi ma sempre alta. Le armi e soprattutto le munizioni sono scarsissime. Zero sette ha attaccato con tre uomini delle vetture tedesche sullo stradale di Sommativa Bosco. Ha inchiodato una macchina ma ha dovuto ritirarsi al sopraggiungere della seconda perch aveva gi sparato i due caricatori di sten a cui siamo ridotti. 6 febbraio. Oggi sono stato a Cellarengo da Piero che comanda una bella brigata GL. Ho fatto una cinquantina di chilometri in bicicletta. Speravo che potesse aiutarmi ma anche lui a corto di
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munizioni ed i lanci si fanno ancora aspettare. Sapevo di essere vicino al Comando ma non riuscivo a trovarlo. Ho chiesto ad un contadino indicazioni in merito ma questi mi ha risposto: - Qui non c nessun Comando -. Ero in divisa ed armato, ma per quanto insistessi non riuscivo a cavargli una parola di pi. Fortunatamente sono comparsi due partigiani. Uno era ferito ad un braccio. Il comando era li vicino e strada facendo mi raccont che era stato ferito in uno scontro a Pralormo. Catturato dai fascisti era stato prelevato dallospedale da una squadra di sappisti . 7 febbraio. Dal Comando di divisione giorni fa ci giunto questo messaggio urgente: Nella vostra zona circola ufficiale ss. vestito da prete. Fare attenzione perch sotto labito talare nasconde arma automatica. Abbiamo trasmesso la segnalazione ai distaccamenti ordinando che i giovani preti sconosciuti fossero accompagnati al Comando con gli occhi bendati come di regola. Oggi arrivato il primo. L hanno portato in calesse. Era pallidissimo e dal moto delle labbra era evidente che si raccomandava lanima a Dio. Entrato nello stanzone che fungeva da Comando gli abbiamo tolto la benda. Era senza documenti. Lo abbiamo perquisito da capo a piedi. Non, doveva essere il nostro uomo ma tuttavia esitavamo a mollarlo. Mi venne allora unidea. Lo feci sedere e gli chiesi: - Quali sono i Vangeli sinottici? - Mi guard con estremo stupore e poi rispose correttamente, alzandosi da sedere ogni volta che pronunciava il nome di Cristo. - Con quali parole incomincia il Vangelo di san Giovanni? Chi era Pelagio? - Gli uomini sorridevano stupiti guardando ora me ora il prete che incominci ad abbozzare un sorriso. Poco dopo eravamo tutti amici ed il reverendo si lasciato bendare senza esitazione quando venne lora della partenza. Prima che partisse un mattacchione gli si avvicin e gli disse: - Non ci faccia caso, quello il nostro cappellano. 9 febbraio. Lena mi ha portato una triste notizia. Giorni fa i fascisti hanno arrestato il maresciallo Ballerini. 15 febbraio. La neve si scioglie. Ci guardiamo con un sorriso che dice tutto. Dalla Val di Lanzo giunto Rolandino con una ventina di veterani della gloriosa 4 Brigata. Alberto cessa da comandante interinale per cedere il comando a Rolandino. 16 febbraio. E morto Lul. La notizia corre di collina in collina e gli uomini se la comunicano coi volto pieno di amarezza. Tornava da unazione in pianura con una macchina tedesca ed un prigioniero. Come al solito si era vestito da tedesco. Un partigiano gli ha sparato di notte. Una pallottola lo ha colpito in fronte. Molte cose sono accadute da quando lho conosciuto, ma il suo volto femmineo mi impresso nellanima. I contadini mi chiedono conferma della notizia e lasciano cadere le braccia quando rispondo di si. Per tanto tempo era stato lincubo dei fascisti e dei tedeschi. In Francia questi ultimi gli avevano bruciata la casa e distrutta la famiglia. Nelle Langhe era il simbolo del coraggio e della lotta. Bruno, piccolo, poco pi che ventenne. Il volto quasi imberbe era illuminato da due occhi lucenti in cui si leggeva lorrore di ci che aveva sofferto e la decisione di farne vendetta. Molte ss. erano cadute sotto i colpi della sua maschinpistol. Leale e generoso, temerario e inafferrabile era per me il simbolo dello spirito latino in lotta con la barbarie tedesca. Fu Bill a darci la notizia. Eravamo seduti attorno al fuoco nella cucina di Nolu. Bill si sedette senza parlare di fronte a me, si pos lentamente la maschinpistol sulle ginocchia e poi disse: - E morto Lul. II suo volto era illuminato dalla fiamma. Alzato una mano per lisciarsi i baffi come era sua abitudine ma io mi accorsi che cercava di asciugarsi le lacrime senza che ce ne accorgessimo. 20 febbraio. Nella zona della Mont infuria il combattimento fra alcune colonne nazifasciste e gli uomini della Brigata Garibaldi. E impegnata anche la Brigata Matteotti di Gino.
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23 febbraio. E morto Cafarra. E caduto vicino alla Mont. Lo hanno portato a Montaldo in una cassa troppo corta. La testa era piegata e fatta entrare forzatamente. Mi sono indugiato a lungo a guardare il suo volto contratto nello spasimo. Il petto squarciato da una raffica di mitragliera. La bandiera che lo avvolge intrisa di sangue. 25 febbraio. A Cisterna gli inglesi lanciano quasi tutte le sere alla divisione alpina di Otello. Gli apparecchi ci passano sopra la testa ma per i garibaldini non c nulla. Abbiamo provato ad accendere dei fuochi. Invano. E arrivato un ordine dalla Divisione di non farlo mai pi. 28 febbraio. Sono stato a Santo Stefano da Ceka e Dante. Loro si che sono ben armati. Mi hanno regalato duecento colpi di sten. 1 marzo. Il generale Gori, che comanda la Brigata nera di Savigliano, ce l ha con noi perch ogni tanto gli mettiamo sotto terra qualcuno dei suoi prodi. Oggi ci ha scritto una lunga lettera perch gliene abbiamo fucilato uno, minacciando di fucilare dieci persone di Savigliano se non glielo restituiamo vivo. Renato gli ha risposto che se proprio vuole glielo restituiremo morto. E stato il parroco latore della lettera a trovare il compromesso. A sera il buon prete arrivato trafelato con la risposta. Gori minaccia di impiccarci tutti; conclude per che ci sta anche a riaverlo morto. Bill ha dovuto andare a dissotterrarlo e a metterlo nella cassa. Quando arrivato non ne poteva pi. Sedendosi ha detto: Sta repubblica ci fa venir matti anche dopo morta. Verso sera ha caricato la bara su un cadesse, l ha nascosta con della paglia ed partito. A mezzanotte ritornato. andata cosi. Fino a Sommariva Bosco si fidato ad andare. Appena fuori del paese stato sorpassato da un grasso negoziante che ritornava a casa sul cadesse cantando allegramente. Bill gli ha detto: - Ehi bravuomo! Andate a Savigliano? - Si, - dice laltro, - avete bisogno di qualcosa? - Avrei bisogno che mi portaste una cassetta fino al posto di blocco. Me lo fate il piacere? - E laltro: - Ma si, ben volentieri -. E cosi dicendo scende dal cadesse e canterellando si avvicina a Bill che sta levando la paglia. Quando spunta la cassa laltro incomincia a venir pallido ed a balbettare, ma Bill gli ordina, pistola alla mano, di aiutarlo e filar diritto. Trasbordata la cassa e nascostala per bene il negoziante si avvia. - Ma non cantava pi, - conclude Bill sorridendo sotto i baffi. 2 marzo. E venuto da Bra il professor Jona con Giovannell ed Anna. I tedeschi ci danno Ballerini ma vogliono un milione. Studiamo il modo di averlo se non con le buone con le cattive. 3 marzo. Stanotte quattro uomini della brigata hanno dirottato in zona una cisterna con rimorchio carica di vermuth diretto al comando della Webrmacht di Torino. Sono arrivati unora dopo che una staffetta di Otello ci metteva in allarme con lannunzio di un rastrellamento nella nostra zona. Bisognava far scomparire subito il vermuth. Amilcare e Renato diedero ordine che fosse dato in consegna a tutti i contadini disposti a nasconderlo. Dopo unora la notizia era gi corsa di cascina in cascina. Gente con carri, damigiane, secchi, accorreva da ogni parte. Ma le due cisterne erano inesauribili. Alle sei del mattino il camion era a Monteu, quando si diffuse la notizia che i tedeschi erano gi a Canale in cerca del vermuth, e puntavano su Monteu. Erano le sei quando Nolu mi venne a svegliare di soprassalto dandomi queste notizie e supplicandomi di correre a Monteu. Concluse: Va mac, che sun tti ciuch . Prendo la bicicletta e corro verso Monteu Non ho fatto un chilometro che due partigiani mi sbarrano la strada allargando le braccia. Sono costretto a fermarmi. Non sono ancora sceso dalla bici che mi abbracciano piangendo calde lacrime. Sono ubriachi e continuano a trattenermi con discorsi sconclusionato. Ogni tanto si abbracciano fra di loro e poi tutti e due assieme abbracciano me. Finalmente riesco a divincolarmi ed a riprendere la strada. Poco prima di Monteu vedo un carro carico di botti rovesciato sul fianco della strada. Mi fermo a vedere cos successo. Due contadini sono sdraiati vicino ad una botte semirovesciata e cercano di inclinarla per bere ancora.

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In piazza a Monteu ci sono il parroco ed il segretario comunale con le mani nei capelli. Il camion circondato da una quantit di gente che cerca di farsi riempire i pi svariati recipienti. La minaccia dellarrivo dei tedeschi non li trattiene dallinsistere. In piedi sulla cisterna c un partigiano che continua ad estrarre dei secchi di vermuth, rovesciandoli in testa alla gente che protende i recipienti. Devo minacciare con le armi per far largo. Riusciamo a ficcare un autista in cabina ed a far partire il camion. Attraversato il paese il camion si infila nei boschi. Io lo seguo poco dopo in bici. Non ho fatto un chilometro che sento un fuoco nutrito di armi automatiche in direzione della strada percorsa dal camion. Non riesco a capire che stia succedendo quando mi ricordo dimprovviso che il camion mimetizzato e sul crinale della collina ci sono le postazioni di Ceka e Dante in stato dallarme. Pedalo a pi non posso. Finalmente giro una svolta e vedo il camion circondato dagli uomini del Gruppo Canale. Sono tutti con la bocca contro la pancia della cisterna. Comincio a capire quando uno si toglie e vedo schizzar via un fiotto di vermuth. I tre uomini che erano in cabina si sono infilati sotto alle prime raffiche ed ora sporgono la testa bestemmiando. Fra essi c Lupetto, un garibaldino di tredici anni, che si preso una pallottola di striscio in una gamba. Un po ride e un po piange. 6 marzo. Rastrellamento in grande stile a Cisterna. Dallalba un concerto di mitragliatori dominato ogni tanto dal cupo sgranarsi delle raffiche di mitragliera. Verso le nove sono intervenuti i mortai. La gente ci guarda smarrita. Abbiamo fatto sgombrare alcune cascine e ci siamo piazzati, per qualunque eventualit. Giungono le notizie pi contraddittorie. Verso sera il cielo appare in lontananza illuminato dal bagliore degli incendi. A mezzanotte arrivata una staffetta di Otello. Tutta la repubblica disponibile in Piemonte ha attaccato in forze la roccaforte di Cisterna. La battaglia infuria selvaggia. Man mano che avanzano i fascisti incendiano e uccidono. I partigiani resistono sulle postazioni chiave. Noi dobbiamo star fermi in attesa di ordini. 7 marzo. La battaglia si riaccesa allalba. Sembra che i fascisti abbiano avuto delle perdite fortissime e siano accerchiati. 8 marzo. E arrivato da Cisterna un uomo dei Gruppo Canale. I fascisti sono travolti e fuggono verso Canale. Molti contadini gettano a terra gli attrezzi agricoli e impugnato un moschetto partecipano alla lotta. A tarda sera sappiamo che i fascisti superstiti si sono barricati in Canale. Hanno arrestato le persone pi influenti del paese minacciando di passarle per le armi se i partigiani attaccheranno. 9 marzo. La popolazione in festa. Ovunque visi sorridenti. I partigiani sono galvanizzati dalle notizie che arrivano da Cisterna. Canale vicinissima a noi. Un nervosismo ottimistico pervade tutti. Per tornare a Torino i fascisti non hanno che tre strade: quella della Mont sbarrata dalla Brigata Matteotti e dagli uomini di Otello; quella di Monteu e quella di Sommativa Perno. Tutti escludiamo a priori che tentino di passare per la secondaria che passa per la roccaforte partigiana di Santo Stefano Roero. Gli uomini di Ceka e Dante preparano limboscata sullo stradale di Monteu. Profonde postazioni sono scavate fra i campi per ospitare le pesanti mentre le canne dei mitragliatori si insinuano fra le prime foglie dei cespugli che punteggiano la conca collinare. I contadini abbandonano i campi e sgombrano le cascine che fiancheggiano lo stradale. Io ricevo lincarico di preparare limboscata sullo stradale di Sommariva Perno. Si uniscono a noi un gruppo di uomini della Brigata Matteotti con un Bren. Siamo scarsi di armi pesanti e scelgo perci un tratto di strada in cui dal crinale della collina possa battere efficacemente la strada con le armi automatiche individuali e le bombe plastiche. E una magnifica giornata di sole. Passano ore ed ore in cui il silenzio rotto solo dal canto del cuc che si insegue da collina in collina. Dimprovviso la battaglia scoppia come un temporale destate. Si accesa alle nostre spalle. I mitragliatori hanno aperto il fuoco tutti insieme e lo
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mantengono serrato. Due mitragliere si alternano in raffiche brevi e cupe. Nei rapidi intervalli, un mitragliatore isolato sgrana una limpida variazione personale. Ogni tanto una pallottola passa alta sopra di noi con un sibilo rabbioso, segnando i campi antistanti con una nuvoletta di polvere. Penso per un attimo di puntare con gli uomini verso il campo di battaglia. Leventualit che il nemico si sia diviso in due colonne mi convince a rimanere. Il combattimento non accenna a diminuire dintensit. Ora si fa sentire anche il mortaio; i colpi esplodono in coppia scavalcando ogni rumore. Poi dimprovviso tutto cessa. Il silenzio e la pace si distendono sulle colline. Invano attendiamo che qualcosa lo rompa. Nulla. E quasi sera quando decido di rientrare. Tutta la zona in festa. Raccolgo per via notizie sempre pi precise. Gli uomini di Ceka e di Dante hanno schiacciato la colonna fascista. 10 marzo. Stamane sono andato a Santo Stefano a trovare Ceka e Dante. Partigiani e contadini hanno il viso raggiante; una lunga teoria di gente accorre dai paesi vicini per vedere i resti della colonna disfatta. I fascisti hanno tentato di passare per Santo Stefano. Forse avrebbero potuto farlo impunemente se in fondo alla lunga serie di giravolte che salgono verso Santo Stefano non si fosse trovato Carletto, dei gruppo Canale, su una doma trainata da un puro sangue. Appena vide la colonna infilare la strada di Santo Stefano Carletto frust a sangue il cavallo mentre i fascisti aprivano il fuoco mettendo lintera zona in stato dallarme. Gli uomini appostati sullo stradale di Monteu, intuito ci che stava accadendo, scavalcarono di corsa lampio vallone che separa i due ordini di colline giungendo ansanti sul crinale quando i primi camion fascisti entravano sotto il tiro dei mitragliatori. La colonna era composta di unenorme autoblinda su cui era piazzata una mitragliera da 20, un carro armato leggero, quattro camion con rimorchio e alcune vetture. In tutto un quattrocento uomini. I partigiani del gruppo Canale erano un centinaio, ma attaccarono con tale decisione ed urlando in modo tale che il comandante la colonna dichiar poi al parroco che dovevano essere duemila, e... usciti dal manicomio... Lautoblinda sparava rabbiosamente con la mitragliera da 20 incrociando su e gi sicura del fatto suo. Ma non aveva fatto i conti con la Bufalo da 13,2. Attilio Sola, il gigante del gruppo, se la portava di qua e di la come uno sten, aspettando il momento buono. Si fece sotto sotto e quando lautoblinda mise il muso fuori da un angolo morto gli infil una raffica nel ventre immobilizzandola. Un urlo di gioia si lev dal crinale delle colline ed il combattimento si riaccese pi violento. Ma purtroppo lo svantaggio iniziale aveva fatto si che il fianco verso il paese fosse al coperto dal fuoco delle improvvisate postazioni sicch i fascisti poterono in gran parte raggiungere labitato, minacciando di metterlo a ferro ed a fuoco. Intervenne il parroco e si venne ad una specie di armistizio per cui il campo di battaglia restava in mano ai partigiani fino alla sera. Il giorno dopo i fascisti avrebbero avuto diritto di recuperare i loro morti. Nessuna rappresaglia sarebbe stata fatta sul paese. Tutti i camion meno uno erano in preda alle fiamme. Lautoblinda venne fatta saltare col plastico dato che non fu possibile metterla in moto il carro armato aveva approfittato della sua leggerezza per fuggire rapidamente. Restarono sul terreno una ventina di fascisti e la maggior parte delle armi pesanti della colonna. Camminando su e gi per il tratto stradale che fu teatro della lotta notavo un po dappertutto mucchi di penne biancastre. Chiesi ad un uomo di Ceka cosa fossero. Mi rispose: Quando aprimmo il fuoco, dai camion schizzavano via tutti assieme galline, fascisti e conigli. 11 marzo. A mezzogiorno stavo mangiando quando ho sentito un passo precipitoso per le scale. La porta si spalanca e Bastian entra come un bolide. Ha il fiato cosi grosso che per un attimo non riesce ad articolar parola, poi finalmente esclama: - La repubblica! - e fila via come un razzo. Prendo le armi e gli filo dietro. Faccio appena a tempo a vederlo girare in velocit alla prima svolta. Salto sulla bicicletta e pedalo come un asso. Dalla parte di Santo Stefano incomincia un fuoco accelerato di cannoncini. Raggiungo Bastian e lo mando al distaccamento di Pino con lordine di ripiegare nei boschi della Ru e di attendermi. Quando incontro i miei uomini il fuoco dei cannoncini continua ad intensificarsi. In direzione opposta alcuni colpi isolati di moschetto sembra preludano ad un attacco
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anche dalla parte di Sommariva Perno. Ho limpressione che tentino di chiuderci in una morsa. Decido allora di puntare verso lo stradale di Sommariva e di appostarci in attesa della preda. Attraversiamo un costone esposto e Bastian dice saggiamente: - Sei matto a passare di li. Se ci sbinocolano vedi che smortaiate -. Non aveva ancora finito di dirlo che un proiettile ci passa sopra la testa con un sibilo rabbioso. Ci buttiamo dallaltra parte. Dopo mezzora eravamo appostati a cinquanta metri dallo stradale. Sentiamo rumore di camion verso Ceresole poi pi nulla. Al fuoco dei cannoncini si unisce ogni tanto quello delle mitragliere. Deve essere una colonna corazzata che lungo la Val San Lorenzo punta su Santo Stefano. Verso le cinque il fuoco si smorza per cessare completamente poco dopo. Restiamo ancora appostati mezzora e poi la fame ci consiglia di abbandonare lagguato. Il grosso degli uomini rientra attraverso i boschi. lo ho i piedi che mi fanno molto male e scendo sullo stradale. Pochi uomini mi seguono fra i quali Pino, che comanda il distaccamento. Percorriamo il rettilineo che porta verso Baldissero. Colpi intervallati di moschetto rompono il silenzio. Siamo a ridosso duna curva strettissima quando il rombo dun camion ci fa trasalire. Una ripida scarpata ci separa dal bosco. Gli uomini vi si arrampicano e filano via. Io tento di fare altrettanto ma i piedi doloranti non me lo permettono. Non mi resta che impugnare la gabilondon e sperare di vender cara la pelle. Ho appena spianato larma che un uomo scende con due balzi la scarpata e mi si pone al fianco con lo sten puntato. Il camion in curva, spunta. Sto per sparare quando vedo una donna aggrappata alla cabina. E un camion civile. Li fermiamo per chiedergli se sono pazzi o ubriachi. Poi ci incamminiamo. Pino ogni tanto sorride convulsamente. A Montaldo veniamo a sapere che si trattava duna colonna venuta a recuperare il recuperabile dopo il disastro di Santo Stefano. 13 marzo. Ieri sera arrivata in zona una formazione GL col compito di stabilirvisi ed ingrossarsi con nuove reclute. Venivano dalle Langhe. Pioveva che Dio la mandava. Gli sono andato incontro verso Bra e li ho trovati alle tre dopo mezzanotte, bagnati fradici. Hanno gradito molto il quarto di vitello lesso che gli avevo fatto preparare ed il chilo di sigarette decurtate dalla nostra razione. Sono ragazzi ben piantati e con un portamento esteriore che rivela unintima disciplina. Li comanda Sandrino un giovane poco pi che ventenne, reduce dalle valli cuneesi. Sul petto portano uno scudetto in cui campeggia una spada fiammeggiante con la scritta Giustizia e Libert. Li abbiamo sistemati a Garaverna nella cascina di mio suocero. Di li potranno sbarrare lo stradale di Monteu. 15 marzo. Oggi sono andato a Cisterna con Rolandino e Renato. Il comandante la missione inglese il maggiore Hope. Sembra sia disposto a darci qualcosa ai prossimi lanci. 17 marzo. Eravamo informati che il generale Gori si recava quasi tutte le sere da unamica in una villetta alla periferia di Savigliano. Oggi Alberto e Renato, daccordo con alcuni uomini della SAP Sono penetrati in Savigliano con lo sten sotto il soprabito. Hanno gironzolato per mezzora in mezzo alla repubblica. Ma il merlo non s fatto vedere. 22 marzo. Tutta la brigata in festa. Stanotte una decina di uomini del battaglione Savant hanno fatto un colpo stupendo. Si erano spinti fino alle porte di Torino con una camionetta. Ritornando, presso Cambiano, si sono scontrati con un camion di ss. provenienti da Asti. Ne uscito un combattimento furibondo a raffiche di armi leggere ed a bombe a mano. Le ss. hanno mostrato il sedere lasciando sul terreno tre morti fra cui un ufficiale. Con enorme sorpresa, nascosti sotto il tendone, furono trovati quindici partigiani prigionieri, rimasti miracolosamente illesi. Uno solo aveva una pallottola in una gamba. Ho trascorso tutto il giorno ad esaminare minuziosamente i documenti racchiusi in una voluminosa borsa di cuoio. Ogni partigiano prigioniero aveva un fasci- colo personale. Quasi tutti erano stati catturati dalla Brigata nera di Asti e consegnati ai tedeschi come pericolosi banditi. Uno aveva scritto nel giudizio riassuntivo: Fanatico e pericolosissimo comunista. Ho voluto vederlo. E un povero meridionale che parla stentatamente italiano. Ha il volto dei contadino analfabeta
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sormontato da un gran ciuffo di capelli crespi e arruffati. Non sa niente di ci che stato messo a verbale. Ricorda solo che se non diceva di si lo colpivano al viso con un frustino, gridandogli: Prendi, comunista -. Quando lavevano catturato portava sul petto la stella tricolore delle Brigate Garibaldi. Dicendomi questo fiss per un attimo la stella che io portavo sul maglione. Mi piace portare sul petto una stella tricolore con la scritta: 103 Brigata dAssalto Garibaldi G. Nannetti. Nel pomeriggio Jona arrivato da Bra tutto trafelato a portarci la notizia che il maresciallo Ballerini stato rimesso in libert. Sin dallinizio della lotta Jona fa parte del CLN e non ha mai misurato n fatiche n rischi. 23 marzo. Ho continuato lo spoglio dei documenti catturati alle ss. C una lunga relazione dun maresciallo delle ss. a carico dei maggiore della Wehrmacht comandante la piazza di Asti. Lo si accusa di essere un beone privo di spirito militare. Mi capitata fra le mani una lunga relazione dal titolo: La lotta contro i banditi . Vi si parla di arresti, di scambi di prigionieri, di fucilazioni e di spie. La relazione termina con le parole: I banditi sono dei vili che fuggono appena sentono la parola. tedeschi. Sottolineo in rosso la frase e accanto vi imprimo il timbro della Brigata. Introduco il foglio in una busta e la indirizzo al comando delle ss. di Torino. Una staffetta la imbucher a Carmagnola. 24 marzo. Della Rocca me nha contata una bella di don Gandino. I tedeschi avevano mandato una circolare a tutti i parroci con lordine di raccogliere tutte le armi e le munizioni in possesso dei parrocchiani e di consegnarle al pi vicino comando. Con tutto il paese che lavora per i lanci con la canonica piena di armi e munizioni don Gandino ha avuto il coraggio di invitare pubblicamente i suoi parrocchiani a portargli tutte le armi e le munizioni in loro possesso. Una brava vecchietta gli ha portato un caricatore con sei colpi da 91. Il giorno dopo don Gandino l ha portato a Bra al comando tedesco ricevendo i pi vivi rallegramenti. 25 marzo. Stanotte arrivato Barbato. Si fermer alcuni giorni con noi. E un uomo sulla quarantina, non molto alto, con due occhi pieni di energia e di bont ad un tempo. D del tu a tutti e tutti gli danno dei tu. Bill molto contento perch Barbato, entrando al Comando, ha salutato lui prima di tutti abbracciandolo e dicendogli: - Oh, il mio vecchio Bill -. Si sono conosciuti a Boves nei primi giorni della lotta. Successivamente, ogni qual volta Bill aveva dei contrasti con il Comando, troncava la discussione dicendo: - Basta, vado da Barbato -. Dopo alcuni giorni ricompariva dicendo: - Barbato dime... - Ora con sta storia che Barbato lo ha abbracciato per primo e gli ha detto: - Oh, il mio vecchio Bll, - non d pi tregua a nessuno. Se gli diciamo qualcosa, per esempio che non vogliamo assolutamente che tutte le sere gironzoli nei pressi di Racconigi cercando di entrare, lui risponde: - Guarda che Bill ha un punto di vista... Barbato mi conosce, hai visto che entrando... 26 marzo. Ho parlato a lungo con Barbato di Cocito. Abbiamo deciso che ai miei uomini si uniscano quelli del distaccamento di Blechi costituendo un battaglione che porter il nome di Cocito. Ne assumo io il comando militare. Il commissario sar Rolf. Barbato un convinto e fervente comunista. lo condivido molte delle sue idee ma dissento su parecchie altre. Ne abbiamo discusso a lungo oggi dopo pranzo sotto un albero, dietro al comando di Brigata. Cerano anche Rolandino e Renato e sorridevano nel sentire discorsi di quel genere. 27 marzo. Oggi sono venuti Anna e Genio, il fratello di Cocito, che fa il medico in una clinica di Bra. Hanno parlato a lungo con Barbato. Anna mi ha portato alcuni metri di stoffa rossa. Glielaveva regalata suo marito perch ne facesse un abito. Ne faremo invece la bandiera dei battaglione. 29 marzo. Barbato partito dicendoci - Arrivederci a Torino -. Ho spostato i miei uomini nella zona
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verso Sommariva Perno. Sono divisi in tre distaccamenti comandati uno da Pino, laltro da Blechi e il terzo da Tom. Ogni distaccamento ha una mitraglia da aereo da 7,7. Scarseggiano le munizioni. 31 marzo. Oggi abbiamo issato per la prima volta la bandiera sul Comando di battaglione. Palpita lentamente alla brezza primaverile. Nel mezzo ha una gran stella tricolore circondata dalla scritta: 103 Brigata dAssalto Garibaldi G. Nannetti battaglione Leonardo Cocito . Un distaccamento porta il nome di Danilo e un altro quello di Aimo. Bill in forza al distaccamento di Blechi, ma non c mai e non ubbidisce a nessuno. 2 aprile. Oggi sono andato in cadesse a Cisterna per ritirate delle munizioni e degli indumenti. Sono passato attraverso delle strade di campagna perch Canale spesso visitata dai fascisti di Alba. Ero a pochi chilometri dallabitato quando mi accorsi che qua e l la strada era punteggiata da bastoncini infissi nel terreno. Stavo pensando che mai fossero, quando un partigiano si lev da in mezzo ai filari duna vigna gridando come un pazzo: - Fermati, sei sulle mine, non fare pi un passo -. Scesi in punta di piedi dal cadesse e, cercando di posare i piedi il pi possibile lontano dai fatali bastoncini, uscii dalla zona minata. Le gambe mi tremavano. Il mio prode Temistocle era l immobile attaccato al cadesse in mezzo alle mine. Dopo esserci reciprocamente e ripetutamente invitati ad andarlo a prendere ci ponemmo a rispettosa distanza e incominciammo a chiamarlo con le pi affettuose parole. Ma Temistocle non se la dava per inteso. Le mine erano anticarro e non dovevano scoppiare che ad una certa pressione. Tuttavia non ci sentivamo di avvicinarci. Decisi allora di proseguire a piedi per Cisterna. Ritornai dopo un paio dore con un altro calesse carico della nostra roba. Temistocle era di l che mi aspettava. Un contadino era riuscito a convincerlo. 4 aprile. Alcuni ragazzi di Savigliano, arruolati forzatamente nella Brigata nera, hanno disertato e sono venuti con noi. Poich non risultava nulla a loro carico li abbiamo tenuti alcuni giorni in guardina e poi li abbiamo arruolati. Ce n uno alto e bruno che si chiama Villa. E stato mandato al distaccamento di Tom. Gli uomini lo guardano un po male perch stato nella repubblica. Anchio non riesco a trattarlo come gli altri. 6 aprile. Il tempo continua ad essere stupendo. Le prime foglie sono gi spuntate ed il grano arriva quasi alle ginocchia. Carla ha una gran paura per me. Giorni fa stata a Torino e un chiromante le ha detto che morr nella prima quindicina del mese. Invano cerco di persuaderla a non credere a queste storie. 9 aprile. Da Savigliano sono riparati qui pi di duecento uomini duna brigata SAP Che stata scoperta da Gori. Parecchi sono arrivati con dei famigliari. Renato deve pensare a mantenere pi di cinquecento persone senza che dal comando di Divisione gli arrivi un soldo. 10 aprile. Villa caduto da eroe. Ieri sera andato da Rolf a dirgli che bisognava attaccare il posto di blocco di Savigliano verso Torino. lo non cero e Rolf e partito con Pino, Tom ed altri due uomini. Alle dieci era gi sotto al posto di blocco strisciando nei prati. Una rete metallica li separava dal fortilizio. La saltarono senza essere notati. Villa era deciso e calmo. Pino strisci contro il muro e riusc ad entrare di sorpresa. Purtroppo un milite stava scendendo le scale in quellattimo. Una raffica di sten accese il combattimento. Un fuoco dinferno incominci da tutte le feritoie. Fallita la sorpresa bisognava ripiegare perch i rinforzi dal centro della citt non dovevano tardare. Gli uomini si ritiravano ordinatamente sparando ad intermittenza. Ad un tratto un riflettore si accese. Villa era preso in pieno. Una raffica di pesante lo rovesci a terra. Invocava aiuto. Due volte Rolf e Pino tentarono di farsi sotto, ma il riflettore frugava ogni angolo di terreno. Villa non invocava pi aiuto. E rimasto l in un prato con le braccia spalancate nellerba.

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11 aprile. Tutti ci leggiamo in volto il rimorso di non averlo amato come uno di noi. Stamane una staffetta ci ha portato la notizia che i fascisti hanno posto il suo cadavere in mezzo alla strada obbligando i passanti a sputargli addosso. Sua madre vedova e quello era il suo unico figlio. Forse un giorno ci rivedremo con i militi del posto di blocco di Savigliano. 14 aprile. Stamane, verso le nove, ero al Comando di battaglione quando dun tratto la pace del mattino fu sconvolta da un improvviso e rabbioso fuoco di mitragliatori. Balzammo in piedi si sparava vicino a noi, verso Sommativa Perno. Da quella parte cera una Brigata di Della Rocca. Tempo fa Amilcare era passato con gli Autonomi e ne aveva preso il comando. Il fuoco aveva brevi pause per riaccendersi subito pi violento. Spedii subito due staffette ai distaccamenti di Pino e di Tom che erano i pi avanzati con lordine di piazzarsi per coprire uneventuale ritirata degli Autonomi e lintimazione di non prendere iniziative senza mio ordine. Gli uomini del distaccamento di Blechi si stavano mettendo in assetto da combattimento. Partii subito per il Comando di Brigata. Quelli del battaglione Savant erano piazzati lungo il crinale della collina. Trovai Rolandino ed Alberto che stavano dando gli ultimi ordini. Tutto lincartamento della Brigata veniva sotterrato e lintendenza sloggiava. Sulla collina di fronte si vedeva Sandrino che stava prendendo posizione coi suoi bren: Mandai subito una staffetta ad avvertire Carla ed i suoi genitori di abbandonare la casa e fuggire verso San Rocco. Al Comando si discuteva intanto concitatamente il da farsi. Temevamo una puntata anche dalla parte di Sommariva Bosco. Eravamo daccordo con Della Rocca che in caso dattacco in grande stile lui avrebbe ripiegato su di noi e tutti assieme su Cisterna. Se noi ci fossimo spostati verso la linea del fuoco avremmo lasciato scoperto il fianco verso Sommariva Bosco. Potevamo finire tutti in trappola. Intanto il fuoco continuava con violenza. Rolandino ripeteva: - li manderanno ben a dire qualcosa -. Ma il tempo passava e il lungo tratto di strada verso Sommariva continuava ad essere deserto. Pass unaltra mezzora e finalmente scorgemmo un uomo che pedalava a tutta velocit sullo stradale che corre ai piedi della collina. Gett a terra la bicicletta e fece lultimo tratto in salita correndo nei campi. Era un uomo di Della Rocca. Portava un biglietto dei vice comandante della Divisione Bra in cui la situazione era definita critica e si sollecitava il nostro immediato intervento. Una colonna fascista era uscita da Sommariva e allaltezza del cimitero era stata attaccata dagli uomini di Morgan piazzati con alcuni mitragliatori sulle colline a sinistra dello stradale. I fascisti avevano preso posizione attorno al cimitero e resistevano accanitamente. Crociun e un altro erano gi morti. Il pericolo che arrivassero rinforzi da Bra e da Carmagnola era imminente. Saltai su una bici e mi gettai a rotta di collo verso il distaccamento di Blechi. Assieme raggiungemmo quello di Pino. Strada facendo mandai un uomo ad avvertire Sandrino della situazione sollecitandolo ad intervenire coi suoi preziosissimi bren. Dopo mezzora tutto il battaglione era riunito ed assieme alla banda di Sandrino marciava verso il luogo dello scontro. Strada facendo incontrammo Della Rocca che forse veniva a sollecitare il nostro intervento. Ci diede altre notizie e ci insegu per un lungo tratto. Conoscevo la zona perfettamente e, strada facendo, avevo formulato un piano preciso. Bisognava che guadagnassimo il crinale delle colline alle spalle dei fascisti per chiuderli in una morsa e risolvere la situazione prima che arrivassero i rinforzi. Scendemmo un ripido costone e ci infilammo lungo un sentiero, che correva ai piedi della collina al di l della quale si combatteva. Il fuoco aveva lunghe pause dopo le quali si riaccendeva rabbioso. Ogni tanto qualche pallottola ci passava alta sopra il capo sibilando. Il crinale della collina che ci eravamo proposti di guadagnare era coperto da una fitta vegetazione. Mi venne il sospetto che i fascisti lavessero raggiunto prima di noi e che ci aspettassero al varco. Decisi allora di staccare una pattuglia in avanscoperta. La vedemmo entrare nel bosco senza che nulla accadesse. Ci facemmo sotto. Sulla nostra sinistra sbucarono in corsa una trentina di uomini del battaglione Savant al comando di Taln. Entrammo assieme nel bosco che copriva tutto il crinale della collina. Raccomandammo agli uomini di non parlare e non sparare un colpo. Avrei aperto il fuoco io. Guai
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a chi sparava prima. Strisciando raggiungemmo il crinale della collina. Il combattimento si era attenuato. Colpi isolati di fucile riempivano il lungo silenzio che separava i rapidi duelli dei mitragliatori. Il fogliame rendeva difficile la vista. Finalmente da uno squarcio potei vedere chiaramente la piana. Il cimitero era proprio sotto di noi. Gruppi di fascisti erano piazzati qua e l volgendoci le spalle completamente allo scoperto. Un ufficiale correva lungo la cinta dando ordini. Ero sdraiato a terra e sentivo il cuore battermi forte. Erano quelli gli uomini che avevano consegnato Cocito e Marco ai tedeschi perch li impiccassero, erano loro che avevano curato Piero perch assaporasse meglio lo strazio della morte, erano loro che avevano riempito di sangue la strada del Mussotto, Cocito era morto, Marco era morto, Piero era morto, non restavo che io, tutto era nelle mie mani. Una calma gelida si impadroniva di me. Mi ritirai lentamente. Distribuii gli uomini sul crinale, come avrei distribuito gli allievi fra i banchi perch non copiassero. Ci consultammo con Sandrino per piazzare i suoi bren e le mie due 7,7. Il costone della collina che scendeva verso il cimitero era coperto di bosco fin quasi in fondo. Rinnovai la raccomandazione di non sparare fin che non avessi aperto il fuoco io. Con un pugno di uomini scavalcai il crinale cominciando a scendere lentamente. Intravedevo i miei uomini che avanzavano qua e l con calma e decisione. Erano tutti vecchi partigiani e non avevano bisogno di incitamento. Tulin era a cinquanta metri sulla destra, Juse poco distante sulla sinistra. Droga mi era vicino e mi seguiva come un cane fedele. Molto in l, sulla sinistra intravidi gli uomini del Savant che scendevano in silenzio. A met collina il bosco si faceva improvvisamente rado. Non era pi possibile avanzare al coperto. Mi gettai a terra dietro lultimo grosso albero. I fascisti e gli uomini di Amilcare si scambiavano solo dei colpi di fucile isolati. Gruppi di fascisti si intravedono sparsi un po dappertutto ma il fulcro della resistenza era una casa a cinquanta metri dal cimitero. Schierati comerano contro la collina di fronte, ci volgevano le spalle allo scoperto e non si erano ancora accorti di noi. Mi feci dare il moschetto da Droga e puntai un gruppo allangolo dei cimitero. Il colpo scaten il fuoco alle nostre spalle. I mitragliatori di Sandrino si alternavano con rapide sequenze mentre le 7,7 sparavano di conserva lunghe e velocissime raffiche. Il fuoco si riaccese nutrito anche dalle postazioni di Amilcare. I fascisti correvano disperatamente nella piana inseguiti dalle raffiche incrociate dei mitragliatori. I pi tentavano di raggiungere la casa nella quale il grosso rispondeva al fuoco da feritoie improvvisate. Senza che alcuno potesse ordinarlo, in quellinferno di esplosioni, balzammo in piedi come un sol uomo e ci gettammo avanti in una corsa pazza gridando come ossessi. Gli uomini del Savant avvolgevano il cimitero, noi puntammo verso la casa. Scesi un po in piedi, un po a ruzzoloni un ripido costone e mi trovai nella piana. Tulin sopraggiunse sbucando da un altro valloncino. Correvamo di conserva quando lo vidi gettarsi avanti col braccio teso verso destra urlando qualcosa. In quellattimo una raffica part velocissima da un fosso verso destra colpendolo in pieno. Cadde riverso ed io mi gettai a terra poco distante da lui. Sentivo che rantolava ma non osavo muovermi per aiutarlo. Ero immobile da alcuni istanti quando dal fosso verso destra vidi schizzar fuori una sagoma che correva velocissima verso la casa. Da terra la puntai col mitra. Part la raffica e vidi luomo piombare a terra di colpo. Mi rialzai per gettarmi in un fosso dieci metri innanzi. Non avevo fatto due balzi che anche laltro scatt in piedi riprendendo la corsa. Mi inginocchiai e lo puntai un po davanti. Sulla mia destra mi sentii unaltra raffica. Luna o laltra lo colpirono in pieno. Allarg le braccia e cadde supino. Dalla collina un bren gli spar addosso un mezzo caricatore. Ero in un fosso molto profondo. Potevo scorgere Tulin che ogni tanto era scosso come da un tremito. Il fuoco aveva una pausa e incominciai ad urlare agli uomini dei crinale che venissero a prenderlo. Vidi qualcuno che scendeva correndo. Ma Juse li prevenne. GE corse vicino e poco dopo lo vidi mentre correva con Tulin sulle spalle. Cento metri mi separavano dalla casa. Aspettavo che il fuoco riprendesse dalle finestre per rispondere, ma il pi strano silenzio si era fatto. Sentivo delle voci che gridavano dalle postazioni di Amilcare ma non riuscivo a capire che dicessero. Ad un tratto da un angolo della casa vidi sventolare una bandiera bianca, e sentii una voce che gridava: - Basta, basta! - Uscii dal fosso e mi
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diressi correndo verso la casa. Due o tre altri uomini mi seguivano ai fianchi. Attraversai un campo di grano, entrai nellaia e con un calcio spalancai la porta centrale. Uno spettacolo mai visto si present innanzi ai miei occhi. Una cinquantina di uomini della X Mas erano ritti contro il muro con le mani in alto. Per terra un mucchio di armi accatastate. Entrai lentamente col mitra spianato. Un ufficiale si stacc dal gruppo reggendosi con due bastoni. Aveva al collo una maschinpistol. Si ferm innanzi a me e disse: - Avete combattuto da leoni. Prendi questa in segno di resa -. Senza parlare gli strappai larma e lo ributtai in mezzo ai suoi. Altri uomini sopraggiungevano. Forse dai nostri volti e dal fazzoletto rosso che portavamo al collo presagirono la fine. Un ufficiale fece un passo innanzi e disse: - Ci siamo arresi. Cosa ci attende? - Gli risposi: - Non lo so. Ti posso assicurare per che non impiccherete mai pi nessuno -. Facemmo uscire i prigionieri e incominciammo a caricarci di armi. Arrivarono altri garibaldini. In un angolo cera un mortaio Brixia, nella stalla scovammo un Breda pesante da 8 mm. Blechi tir fuori dal fieno un mitragliatone Breda. Parecchi si caricarono di mitra e fucili. Nel frattempo anche gli uomini di Amilcare erano scesi dalle postazioni, prendendo in consegna i prigionieri. Ne vidi due o tre che eludevano nel trambusto la sorveglianza dei miei uomini per sgattaiolare verso i fazzoletti azzurri. Fra i primi a sopraggiungere vi fu Ballerini. Mi corse incontro e ci abbracciammo. Mi tolsi da tracolla la maschinpistol del comandante e gliela diedi dicendogli: - E come se te la desse Danilo -. Tutti parlavano concitatamente. Bisognava far presto a sgombrare perch i rinforzi potevano sopraggiungere da un momento allaltro. Dallinterno della casa ogni tanto giungevano rapide scariche. Blechi ed alcuni dei suoi stavano facendo rastrellamento. Sopraggiunse Leo, un comandante di Brigata della Divisione Bra, colla notizia che i rinforzi stavano sopraggiungendo dalla parte di Bra. Bisognava spostarsi verso Sommariva Perno. Sgombrammo rapidamente il terreno raggiungendo la collina. lo mi trascinavo a stento. I piedi non mi reggevano pi. Raggiunsi a gran fatica il crinale della collina assieme a Lul, un uomo di Sandrino che aveva partecipato allattacco con noi. Non si sentiva sparare. Poco dopo arriva un uomo di Pino a dirci che il camion di rinforzi si era arreso agli uomini della divisione Bra. Decidemmo allora di rientrare. Ovunque i contadini ci accoglievano a braccia aperte, con esclamazioni di gioia. Raggiunsi Montaldo e Carla mi abbracci piangendo. Quando aveva saputo che il Battaglione era intervenuto nel combattimento era corsa verso Baldissero. Qui aveva trovato gli uomini che riportavano Tulin ferito. Lo aveva fasciato in qualche modo ed accompagnato a casa nostra. Di li una macchina lo aveva portato allospedale di Canale. 15 aprile. Abbiamo avuto un lungo colloquio con Della Rocca. Dobbiamo aspettarci lo scatenarsi della pi feroce reazione. Dopo lunga discussione prevale lopinione di non abbandonare la zona ma di difenderla fino allultimo sangue, Abbiamo raddoppiato la guardia e piazzato tutte le armi catturate. La radio fascista di Torino lancia ad intermittenza il messaggio: Mar della X dispersi in combattimento, adunatevi nella zona X. Loro invece non se la danno per intesa. Sono tutti su unaia alla cascina Gener. Gli uomini del Savant hanno fatto un buon bottino. Si sono trascinati dietro anche cinque prigionieri. Nel pomeriggio Amilcare venuto al Comando di Brigata per avere parte delle armi catturate da noi. Sostiene che il combattimento stato impegnato dai suoi uomini e che quando noi sopraggiungemmo i fascisti stavano per arrendersi. Rolandino gli ha mostrato il biglietto in cui il vicecomandante della sua Divisione invocava il nostro intervento. Purtroppo sono corse delle amare parole. 16 aprile. Per ora nessuna notizia dun concentramento di forze a Bra. Forse ci vogliono sorprendere arrivandoci addosso da Torino. Comunque la zona tutta in stato dallarme. Oggi nel pomeriggio sono andato alla Gener a vedere i prigionieri. Molti sono giovanissimi e tremano dalla paura. Faccio chiamare il comandante in una stanza della cascina. Gli portano del brodo di carne e lo invito a mangiare. Prova ma non riesce a inghiottire. Lo odio ma mi fa pena. Mi dice che erano
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diretti a Montaldo Roero. - Bravo, - gli dico,- venivate a cercare me allora. Vedi che sono stato gentile a venirti incontro -. Nega recisamente. Veniva solo, cos, per addestramento. Gli chiedo perch appena iniziato il combattimento abbiano sparato un colpo alla nuca a un prigioniero che avevano sul camion. Scarica la responsabilit su un ufficiale caduto. Aggiunge che sempre stato antifascista e che nel giugno del 44 ha avuto contatti a Milano con esponenti del partito liberale allo scopo di rovesciare Mussolini. Lo guardo fisso negli occhi e poi gli dico: - Dimmi un po, non hai mai visto dei partigiani impiccati? - Balbetta qualcosa senza riuscire ad articolare parola. Prima di andarmene gli dico: - Sono venti mesi che ci braccate come belve, che ci fucilate, ci impiccate, che incendiate. O per voi, o per noi non c pi posto in Italia. I7 aprile. Niente di nuovo. Ora siamo armati abbastanza bene. Stamane abbiamo provato la Breda pesante. Spara come un demonio. Su parecchi dei mitra della X Mas c scritto: Piet morta . Alla Gener hanno fucilato un sergente che per deposizione concorde dei suoi compagni aveva fatto mangiare dello sterco a dei partigiani prigionieri. 18 aprile. Stamane arrivata una staffetta di Barbato col seguente foglio: Al Comando del Battaglione Cocito . Sua sede. Dichiarazione. Di Boetti Teresio di Giuseppe, abitante a Torino in via Friuli n. 150, comandante di distaccamento del GMO. GL col nome di battaglia di Tere: Ero in prigione al reparto tedesco alle Nuove nella stessa cella del prof. Cocito... Siamo stati assieme tre giorni. Il giorno seguente alla sua liberazione il prof. Cocito fu impiccato. Cocito era certo di non esser pi scambiato e continuava a manifestare il suo entusiasmo per lideale partigiano, parlava spesso dei suoi ragazzi e delle azioni compiute assieme a loro. Ad ogni momento e specie alla sera prima di dormire egli ci teneva discorsi di politica spiegandoci le teorie comuniste che egli fervidamente professava... Poich erano avvenute parecchie partenze per la Germania e lui non era partito era certo di dover essere fucilato come ostaggio alla prima operazione partigiana in Torino. Pure, al momento di lasciarmi mi disse, e non potr mai dimenticarmi queste parole: ti raccomando di non abbandonare la lotta. Agisci senza preoccupazioni. Se dovr uscire uscir, se dovr morire si compia la mia sorte. Ma limportante che non molliate mai! Firmato: Tere Presenti alla dichiarazione- F.ti: Marelli-Barbato. 20 aprile. Sempre stato dallarme, ma nulla di nuovo 21 aprile. Con un audace colpo di mano abbiamo catturato il posto di blocco di Savigliano verso Torino. Il tribunale militare della Brigata li ha condannati tutti a morte. 25 aprile. La notizia ci giunta come un fulmine. Il Comando militare regionale piemontese ha inviato al Comando Divisione il messaggio: Aldo dice ventisei per uno , che significa: Attuare piano E 27 a partire dalluna del 26 aprile. Una staffetta divisionale ci ha portato la notizia con lordine di metterci in stato dallarme ed attendere disposizioni. Alla radio c il finimondo: Milano insorta, il fronte crolla. Tedeschi e fascisti sono alla fine. 26 aprile. Stanotte nessuno ha dormito. Le notizie si susseguono drammatiche. Alle undici di stamane arrivata una staffetta divisionale con lordine di puntare subito su Torino. Alle undici e mezza una staffetta del Comando inglese di Cisterna ci ha invece imposto perentoriamente di non muoverci dalla zona e di attendere ulteriori ordini. Sono subito partito in moto per Cisterna. Canale tutta imbandierata. A Cisterna non ho trovato nessuno. Erano gi partiti per Asti. Sembra che la citt sia circondata dalle forze partigiane. Ritorno in zona. E arrivata unaltra staffetta dalla Divisione con lordine di essere a Baldissero Torinese entro la notte. Si decide di partire. Bisogna che troviamo a tutti i costi gli automezzi che ci mancano. Non possiamo tardare. Sembra che la 19
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Brigata sia entrata alla Grandi Motori per aiutare gli operai insorti e che ora sia bloccata nella fabbrica. Raduno il battaglione nella piazza di Montaldo. Un gasogeno labbiamo scovato. Rolandino ci manda un 26. Partiremo alle 16. Ci sono ancora due ore e decido di fare una scappata fino a Bra per vedere come vanno le cose. Parto colla motocicletta a tutto gas. Per la strada passo avanti a due camion della divisione Bra carichi di uomini che puntano su Bra cantando canzoni partigiane. Entro in Bra con loro. La piazza municipale piena di gente che ci accoglie gettando fiori. Trovo Anna col suo bambino. Non piange e non sorride. Entro in municipio. Sembra che i fascisti asserragliati nella caserma vogliano porre delle condizioni alla loro resa. Mi oppongo recisamente a qualsiasi compromesso. C anche Jimmi il francese. Mi batte ripetutamente con una mano sulle spalle dicendo: - Compagnon! Riparto subito per Montaldo. Incomincia a cadere una pioggerella fitta fitta. Il comando della Brigata si spostato a Monteu. Gli uomini sono gi tutti concentrati in paese. Fra poco si parte. Incominciano ad affluire dei prigionieri accompagnati da uomini delle SAP, rinforzati da squadre della Brigata. Fra loro c un gruppo di ufficiali della Monterosa che mantengono un fare altezzoso. Mi faccio largo in mezzo agli uomini e li investo con parole di fuoco. Si fanno tremanti e non parlano pi. Si parte. I camion sono allineati sulla piazza stracarichi di uomini. Sulle cabine di ognuno piazzata una pesante che protende minacciosa la canna sopra il cofano. Partono i battaglioni uno dopo laltro. Parte il mio. Sulla cabina del camion di testa piazzata la Breda della X Mas. Le sventola accanto un drappo rosso con nel mezzo una grande stella tricolore e la scritta: 103 Brigata dAssalto Garibaldi G.Nannetti- Battaglione Leonardo Cocito. Salto sulla motocicletta e mi porto in testa alla colonna. Dietro a me sento levarsi solenne il canto partigiano: Avanti siam ribelli - forti, vendicator... Continua a piovere. Incrocio su e gi lungo la colonna. Ad un tratto siamo raggiunti da una macchina con la croce rossa che si allinea dietro a noi. La fermo. Dentro c Genio con sua madre e in un angolo Carla, che cerca di non farsi vedere. Tento di persuadere le due donne a tornare indietro. Alzo la voce Carla mi tronca la parola mostrandomi una croce rossa sul braccio e dicendomi: - Abbiamo il permesso di Rolandino -. Non mi resta che rassegnarmi. Arriviamo a Cocconato che buio. Ci fermiamo per congiungerci col battaglione di Fanfulla. Gli uomini sono fradici. Mangiamo qualcosa e ci sdraiamo sul fieno, Carla batte i denti, ma continua a dire che non ha freddo. Incomincio a chiudere gli occhi quando una staffetta porta lordine di partire immediatamente. Il buio della notte ingoia i camion luno dopo laltro. Dobbiamo marciare tutti in colonna e con le armi in posizione di fuoco. Siamo ormai su strade provinciali battute dalle colonne fasciste e tedesche in ritirata. 27 aprile. Eravamo vicino a Chieri quando il camion di coda ha incominciato a rallentare, e poi si fermato. Lautista mi dice che cosa da poco. Mi fermo anchio. C qualche contatto ed i fari non funzionano pi. Per farlo ripartire dobbiamo far alzare dei contadini perch ci diano una mano con una coppia di buoi. E buio pesto e piove. lo sono seduto su un parafango e faccio da pilota. Attraversiamo Chieri che ancora buio. Lalba ci trova a Baldissero. Ha smesso di piovere. Giro in lungo e in largo tutto il paese ma non trovo traccia della colonna. Chiedo. Nessuno l ha vista. Decido allora di puntare su Superga. La raggiungiamo dopo un paio dore. Nelle salite pi ripide dobbiamo scendere a spingere il camion. Anche qui nessuna traccia della colonna. Lascio il camion fuori paese e mi incammino con alcuni uomini su unaltura per vedere Torino. Man mano che ci avviciniamo alla cima il rombo delle esplosioni si fa sempre pi intenso. Attraversiamo un tratto boscoso ed improvvisamente la citt si para innanzi ai nostri occhi attoniti. Ci sediamo sullerba e guardiamo senza parlare. E mezzogiorno quando la colonna ci raggiunge a Superga. Avevano percorso una strada diversa. Un guasto a un camion li aveva costretti ad una lunga sosta. Rolandino, Renato e Alberto hanno deviato verso Villastellone dove si acceso un violento combattimento contro i tedeschi che difendono un ingente deposito di armi e munizioni. Sono impegnati gli uomini del Gruppo Canale ed un
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distaccamento dei nostri. Una staffetta ci avverte che il Comando di Divisione si spostato da Baldissero a Sassi, in una villetta alla periferia della citt. Ci incolonniamo e cominciamo a discendere per le ripide giravolte che portano da Superga a Sassi. Scendo, in moto in testa alla colonna. Ad ogni giro la citt si presenta sempre pi vicina. Si incominciano a distinguere le raffiche delle armi pesanti, che si levano cupe da tutta la periferia della citt, dagli scoppi violenti delle mine e delle granate. Finalmente arriviamo a Sassi. Al Comando di Divisione c Petrala col braccio al collo per una recente ferita. Vorrebbe impiegare subito gli uomini. Gli faccio presente che da quarantotto ore che non dormono e da ventiquattro che non mangiano. Si decide di farli riposare e mangiare in attesa dellarrivo di Rolandino, Renato e Alberto. Ci sistemiamo in una villa ai piedi della collina. sera e nessuno e ancora arrivato. Dalla zona devono giungerci i viveri ma il camion non spunta. Decido di partire con una macchina per vedere che succede. Lungo la strada ricevo le notizie pi confuse su Alberto e Renato. A Monteu trovo Rolandino che colpito da una forte febbre. Appena informato della situazione parte immediatamente. Il camion dellintendenza aspettava ordini precisi sulla localit del dislocamento. Partir subito. Rientro anchio a Sassi a tutta velocit. Alberto e Renato sono arrivati poco dopo la mia partenza. 28 aprile. Stamane sono entrati in azione i primi reparti della Brigata. Si combatte accanitamente nella zona della caserma di via Asti e in via Cernaia. Affluiscono numerosi i prigionieri. Secondo gli ordini del CMRP talune categorie vengono processati e passati per le armi mentre la maggior parte vengono incarcerati per essere avviati alle Nuove. I combattimenti stradali richiedono perfetta conoscenza della zona ed estrema mobilit. lo non posso che limitarmi a fare delle rapide puntate in motocicletta nelle varie zone. Nel pomeriggio il battaglione Savant si inoltrato profondamente verso il centro. Sono intervenuti alcuni carri armati leggeri della Brigata nera. Un uomo del battaglione si gettato contro uno di essi a bombe plastiche. L ha fatto saltare ma un altro, sopraggiunto alle spalle, gli ha sparato una raffica mentre tentava di rifugiarsi sotto un portone. Lo hanno portato su col petto squarciato da una pallottola esplosiva. E un vecchio partigiano della Val di Lanzo. Ha ventun anni. Due compagni lo portano reggendolo uno a mezza vita e laltro alle ginocchia. Il capo rovesciato indietro e le braccia penzolano inerti. Ad ogni passo un piccolo fiotto di sangue esce dal petto squarciato, cola gi per la camicia grigioverde e cade in piccole gocce segnando la strada percorsa. I due uomini hanno il volto contratto e madido di sudore. Non piangono e non parlano. Non deve essere la prima volta che portano un vecchio compagno a quel modo. Lo adagiano per terra e mentre uno gli allunga le gambe l altro si leva la giacca, la piega e gliela pone sotto il capo. Ora sono in piedi uno da una parte e laltro dallaltra e lo guardano in viso. Il pi vecchio dice: - Sua madre a Torino. Verr stasera a trovarlo. Bisogna che non veda tutto quel sangue. Cerchiamo unaltra camicia -. Ma altre camicie non se ne trovano e allora il pi anziano si toglie la sua. Passano un braccio sotto la schiena al caduto e lo sollevano per togliergli la camicia insanguinata. Molti partigiani degli ultimi mesi assistono alla scena come impietriti senza trovare il coraggio di diventarne attori. Mi faccio largo in mezzo a loro e sorridendo amaramente dico ai due: - Aspettate che vi do una mano -. La camicia tutta intrisa di sangue e togliendola le mani ne sono tutte arrossate. Gli mettiamo laltra e poi lo portiamo su un tavolo nella stanza attigua. Ci avviciniamo alla finestra. Dinnanzi a noi la citt si distende in una pace cupa rotta solo ogni tanto dalleco di qualche esplosione lontana. Il pi vecchio guarda la citt con occhi assenti e poi dice: - Siamo sempre stati assieme. Quando abbiamo incominciato eravamo in diciassette. Lascia stare, gli dico, una vecchia storia. Sforzati di non pensarci. 29 aprile. Io ho passato tutta la notte al Comando. Allalba i combattimenti si sono riaccesi ovunque. Colonne di fumo si levano in diversi punti. Attorno al Comando abbiamo disteso una fitta rete di sorveglianza. Pare che squadre di fascisti si aggirino per la collina. Stamane due prigionieri
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russi sono stati uccisi sullo stradale che da Superga porta a Sassi. L8 settembre erano fuggiti dalle carceri di Torino e si erano rifugiati a Superga. Una famiglia di poveri lavoratori li aveva tenuti nascosti per quasi due anni. Stamane si sono alzati presto e si sono avviati verso Torino. Per la strada devono aver incontrato un gruppo di fascisti fuggiaschi. Sono stati trovati crivellati di colpi ai bordi della strada. Nel pomeriggio ho interrogato qualche prigioniero. Chiedo ad uno assai giovane come mai si sia arruolato nella X Mas. Mi dice che gli sempre piaciuta la marina e che, siccome nei partigiani non cera, si era arruolato nella X Mas. Sono tre notti che non chiudo occhio. Alle dieci mi butto spossato su un letto. Sto per addormentarmi quando sento dei passi per le scale e una voce concitata che mi chiama. Rolandino mi vuole subito al Comando. Sembra che ci sia qualcosa di grave. Arrivo trafelato e Rolandino mi comunica che i tedeschi stanno avvolgendo la citt insorta con le truppe che sono scese dal fronte alpino. Sembra che una colonna autocarrata punti da Chieri su Superga. Devo partire subito con tutti gli uomini disponibili, fare uno sbarramento a Superga ed impegnare la colonna il pi a lungo possibile. Comincia a piovere quando il 66 stracarico di uomini infila lentamente la salita verso Superga. Dietro ci segue la macchina della Croce Rossa. Per prudenza marciamo a fari spenti. Alle nostre spalle la citt immersa nel buio, rotto solo ogni tanto dal sinistro bagliore di qualche esplosione. Sono in piedi su un predellino e mi reggo passando un braccio dietro il vetro della portiera. Sono stanco e abbattuto. Il destino troppo crudele con noi. So bene cosa succederebbe a Torino se i tedeschi la attaccassero in forze. Il ricordo di tutte le sofferenze passate mi incombe sullanimo senza che riesca a trovare la forza di reagire. La pioggia cade fitta fitta e mi cola gi per il viso. Pi tento di uscire da questo stato danimo e pi esso si impadronisce di me. Sento i goccioloni che mi colano per il viso farsi stranamente tiepidi e amari. Piango e non so perch. Pi mi sforzo di reagire e pi fitte e calde si fanno le lacrime. Il camion d uno scossone violento. Siamo fermi sullo spiazzo di Superga. Gli uomini scendono con aria stanca. Una recluta dellultima ora mi si avvicina e dice:- Valerio, io non ho tanto coraggio, tienimi sempre vicino a te e dimmi cosa devo fare -. Gli passo un braccio attorno al collo dicendogli - Stai pure vicino a me e sii tranquillo, vedrai che tutto andr bene. Allineo gli uomini sul piazzale e poi, per la prima volta in vita mia, sento il bisogno di parlare loro. Chiarisco la situazione e ricordo loro che i nostri compagni che lottano e muoiono per le vie della citt vogliono da noi coraggio e decisione. Invito i vecchi partigiani a non dimenticare e tradire i loro compagni caduti. Ricordo che chiunque abbandonasse il suo posto di combattimento pagherebbe con la vita. Dispongo gli uomini. Le pesanti sono piazzate su due cocuzzoli che controllano il passo. Una casa ai bordi della strada viene fatta sgombrare e trasformata in posto di sbarramento. Due pattuglie sono spinte un paio di chilometri verso Chieri. Segnale dallarme: una coppia di spie. 29 aprile. Le ore passano senza che nulla succeda. Alle due arriva Renato con una macchina. Gli spiego che faremo tutto il possibile ma che se ci attaccassero con mezzi pesanti potremmo resistere ben poco. Dice che la notizia stata data dal generale Trabucchi che ha assunto il comando delle operazioni. Ieri sera i tedeschi hanno comunicato allArcivescovo che rioccuperanno la citt a tutti i costi. Gli faccio notare che una citt insorta fa paura a tutti e che gli Alleati non ci abbandoneranno al nostro destino. Mi risponde che gli inglesi non volevano che noi attaccassimo cosi presto Torino e che adesso se ne fregheranno di noi. Finalmente lalba. Mi porto su un crinale e col binocolo posso controllare un lungo tratto dello stradale. Nessuna traccia di colonne tedesche. Mi trattengo un paio dore. Alle nove mi faccio sostituire dal commissario del Battaglione. Verso Torino la battaglia ha ripreso pi intensa che mai. Alle undici ricevo un biglietto di Rolandino che dice: La minaccia cessata. I tedeschi sono passati alla periferia. Rientra in sede. Saltiamo sul 66. E una magnifica giornata di sole. Il camion scende velocemente mentre gli uomini cantano a squarciagola.

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Ho dormito tutto il pomeriggio. Alle 19 sono salito in motocicletta per raggiungere i paraggi della Caserma Cernaia. La via solita per corso Vittorio. Stavolta non so perch taglio per piazza Vittorio Veneto. A met dellampia piazza mi fa impressione il silenzio e la solitudine che la riempiono. Non un partigiano, non un civile. Anche le vie daccesso sono vuote. Rallento per tornare indietro. Sto per girare quando due colpi di fucile si staccano secchi da una casa diroccata. Le pallottole mi passano sibilando sopra il capo. Mi getto a terra rotolandomi fn dietro un salvagente tranviario. Il cuore mi batte forte per lemozione. Passano alcuni minuti nel pi assoluto silenzio. Riacquisto la calma. Non mi resta che aspettate fin che incomincia a farsi buio. A meno che qualche reparto partigiano passando di l dal Po non mi veda. Sento infatti continuamente il rumore dei camion che passano. Sono ossessionato dal pensiero che i fascisti scendano piano piano dallaltro lato e mi sparino nella schiena. Allungo il collo come unoca per vedere che succeda. E gi passata mezzora quando scorgo un camion che infila la piazza dirigendosi verso di me. Gesticolo indicando la casa diroccata. Continuando ad avvicinarsi il camion apre il fuoco con un mitragliatore. Gli uomini mi corrono vicino chiedendomi se sono ferito. Spiego loro la cosa e si mettono a ridere allegramente. Rido anchio ma con poca voglia. 30 aprile. Stamane sono andato alle Nuove con Lena la sorella di Marco. Di presidio c Sandrino coi suoi uomini. Entrando ho rifatto la strada che avevo percorso legato coi miei sventurati compagni. Ho attraversato il primo cancello e poi il secondo. I corridoi erano vuoti e bui. Un senso di paura e di angoscia mi prese per un attimo. Passai involontariamente la mano sullimpugnatura del mitra. Lena mi osserv fissamente per un attimo e poi mi disse: - Lui dovera? - Le indicai il muro dove Marco era rimasto colle mani in alto e poi la porta della cella dietro la quale lavevo visto scomparire per sempre. Lena mi guardava col volto contratto dal dolore. Continuavo a spiegarle: - Qui cera Cocito, l Gino, pi gi Piero, io ero qui -. Mi misi contro il muro mani in alto. Ricordavo benissimo. Nel muro cera una crepa dallalto in basso. Era di nuovo l, innanzi a me. Per ore lavevo studiata minuziosamente. Ora inorridivo rivedendola identica nei minimi particolari. Lena era appoggiata con una spalla al muro e mi guardava quasi impaurita. Io non trovavo la forza di abbassare le braccia. Mi pareva che Li avrei uccisi, abbassandole. No, quei mesi non erano riempiti dalla mia salvezza, delle mie lacrime, dalla vittoria, dalla libert, erano riempiti dalla loro morte. La differenza fra allora e adesso era questa che allora Noi ceravamo ed ora Noi non ceravamo pi. Lena mi prese per un braccio dicendomi. - Andiamo a vedere la cella -. Chiamammo un uomo che aveva le chiavi. Mentre salivamo le scale il partigiano ci disse: - Ci sono i tedeschi, adesso, non pi i partigiani -. Introdusse la chiave nella toppa, diede due giri e apr pian piano la porta. Entrammo solo io e Lena. Cerano sei ufficiali tedeschi della ss. Cinque si alzarono ed uno rimase seduto. Era un pezzo duomo biondo e ci guardava con gli occhi semichiusi ostentando indifferenza. Lo guardai fisso a lungo e poi gli dissi in tedesco: - Alzati, cane -. Si alz lentamente continuando a guardarmi. Era un po curvo e si protendeva col viso verso di me. Vedevo quegli occhi semichiusi a belva, e pi sotto quelle ss. che si facevano sempre pi grandi ed orribili. Era un volto come questo che avevano visto Piero e Cocito mentre il capestro gli veniva posto al collo. La mano mi scivol sulla gabilondon. Laltro fece un balzo indietro urlando con le mani in alto. Mi balenarono nella mente le parole di Sandrino: - Ti lascio entrare ma sulla tua parola donore che non sparerai a nessuno -. Lo colpii selvaggiamente colla pistola sul viso. Si accasci a terra gemendo mentre il sangue gli usciva a flotti dal naso riempiendogli la bocca. Mi posi innanzi agli altri. Due caddero in ginocchio invocando piet. Lena li colpi a calci sul viso rovesciandoli indietro. La afferrai per un braccio sospingendola fuori. 1 maggio. I cecchini continuano a farsi vivi. Ieri sera caduto sotto i loro colpi Jimmi, il francese. Una palla lo ha abbattuto senza dargli nemmeno il tempo di gridare ancora una, volta: - Rpublique de merde!

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Una sessantina sono gi stati eliminati ma ne rimangono ancora. Nel pomeriggio ero sceso in citt con Carla ed avevamo lappuntamento in piazza Castello alle ore 8. Attendevo fuori del Comb mescolato ad altri partigiani. Ad un tratto un colpo secco part dalla casa diroccata di fronte a Palazzo Madama. Un fischio rabbioso e un uomo che si porta la mano alla spalla. Il proiettile gli aveva bucato il giubbetto e sfiorato la pelle. Ci buttammo a terra dietro le colonne mescolati ai civili ed incominciammo a sparare. Un vecchietto vicino a me dirigeva il fuoco del mio mitra dicendomi: - Vedo unombra nella seconda stanza a destra - Io sparavo e lui mi diceva: - Pi sotto, pi sopra. La casa veniva intanto circondata mentre alcuni uomini delle SAP si facevano sotto lanciando bombe a mano ad altezza incredibile. - Ma del cecchino nessuna traccia. 2 maggio. Capita sovente girando per Torino di vedere nel bel mezzo di una piazza o ai piedi dun muro un gran mazzo di fiori con al centro una fotografia e la scritta: Qui cadesti da prode, qui i compagni ti vendicarono . I balconi a cui furono impiccati i Martiri del settembre e dellottobre sono pure tutti infiorati. In parecchi posti i muri portano ancora i segni delle raffiche omicide. Oggi in corso Vinzaglio ho visto un albero col tronco tutto ornato di fiori. Teo mi ha spiegato che l Solaro aveva fatto impiccare dei partigiani. Mi sono avvicinato. Tra i fiori cerano delle fotografie e delle lettere. Lettere scritte alla madre dal carcere, lettere scritte dalla madre ai passanti. Seminascosta tra i fiori cera una piccola fotografia. Allargai i fiori e lessi lgnazio Vian. E sotto queste parole. Italiano ricordati le sue ultime parole: sangue di martiri, semenza di eroi . Non avevo mai pi saputo nulla di Vin. Ora capivo. Mi pareva giusto che anche Vian fosse morto e morto cos. A un palo di fronte allalbero Solaro era stato impiccato il 30 aprile. Prima di morire aveva detto: Non fatemi del male. Io sono sempre stato socialista. 5 maggio. Oggi sono andato a Carignano. Ho rifatto la stessa strada che loro hanno fatto. Poco fuori Carignano c una stazioncina tranviaria e di fronte ad essa unosteria. Fra losteria e la strada c una scarpata. Su quella scarpata ed ho guardato a lungo innanzi a me. Questo era lultimo lembo di terra italiana che loro avevano visto. Si vedeva il caseggiato della stazioncina, dietro alcuni alberi e, lontano lontano, la collina. Dirimpetto su una piccola costruzione una scritta: Cessi. Il medico di Carignano mi ha parlato a lungo col cuore in gola e mi ha consegnato questo scritto steso da lui, dal Commissario prefettizio e dal parroco il giorno dopo lesecuzione. Promemoria dei fatti del 7 settembre 1944: Alle ore 9,30 mi viene riferito che il Commissario Prefettizio ha telefonato in Ospedale richiedendo la presenza di un medico e ci per ordine del Comandante tedesco per presenziare alla esecuzione per impiccagione dei condannati a morte. Mi reco nel luogo in bicicletta, la strada sbarrata in corrispondenza del casone del latte da soldati tedeschi in divisa mimetizzata. Hanno due mitragliatrici a terra. Gli altri sono armati di fucile mitragliatore, altri soldati armati sono situati lungo lo stradale di Saluzzo, verso Carmagnola e la strada di Virle. Mi presento allUfficiale comandante che parla abbastanza bene litaliano. Altri soldati tutti in tuta mimetizzata sono intenti a piazzare le corde che dovranno servire per lesecuzione. Scherzano e ridono fra loro, fumano. Alle ore dieci viene ordinato di interrompere il transito per la strada. Restiamo presenti sul piccolo spiazzo il tenente tedesco, il Commissario Prefettizio, il Medico e i soldati armati di fucile mitragliatore, che si dispongono in semicerchio. Domando al Comandante se ha i dati dei condannati dovendosi fare di ognuno latto di morte: la risposta negativa. Viene concordato che prima dellesecuzione i condannati declineranno le loro generalit ed ho lincarico di eseguire questo compito. Il Commissario avverte lUfficiale tedesco che dietro il cordone armato si trova il Parroco che desidererebbe poter avvicinarsi ai condannati per dar loro gli estremi conforti della religione. Risponde lufficiale: - Non potere avvicinarsi ai condannati. Per gli impiccati non concesso il prete. Il Commissario riferisce al Parroco la risposta e torna chiedendo almeno che possa avvicinarsi in modo da poter essere visto dai condannati e poter

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dar loro lassoluzione senza parlare. - No, non potere. Non avere istruzioni in merito. Se poi il prete rispondere alle domande del condannato quale punizione dare al prete? Sono le 10,15 quando viene condotto avanti con le legate dietro la schiena, scortato di fianco da due soldati armati di fucile mitragliatore e uno dietro, il primo condannato. Un tavolino su cui trovano deposti alcuni fucili viene portato vicino alla forca che formata da due pali verticali con legato in alto uno trasversale dal quale pendono i nodi scorsoi in precedenza legati. Mi metto di fronte a un tavolino e ai miei fianchi si pongono due soldati armati e uno dietro con il fucile mitragliatore puntato contro la mia schiena. Domando le generalit del condannato che mi risponde con voce franca sebbene il suo aspetto denunzi uno stato danimo poco tranquillo: COSSU ANTONIO di Battista e fu Perotto Antonia nato a Nule (Sassari) il 29-5-1921 residente a Nule via S. Pietro 6 r. Il Cossu mi corregge in Nule il Nole che erroneamente avevo scritto. Poi soggiunge. - Non ho fatto nulla sono innocente. Non ho ucciso nessuno -. Viene condotto sotto la forca e fatto salire sopra un tavolo con uno sgabello. La testa viene passata attraverso al nodo scorsoio mentre un soldato gli lega i piedi con una corda. Al comando dellUfficiale tedesco un soldato lo tira per la corda che gli lega i piedi verso di s mentre altri due tolgono rapidamente lo sgabello e il tavolino. La esecuzione avvenuta. Viene condotto avanti il secondo condannato. Cammina franco con la testa eretta, sorridendo si avvicina al tavolo a cui mi trovo e mi declina le sue generalit con voce forte tonante e tranquilla: Tenente COCITO LEONARDO fu Giuseppe e di Nardi Albina, coniugato, nato a Genova il 9-11914 residente a Bra via Vittorio Emanuele 145. - Viene condotto al patibolo e prima che lufficiale tedesco dia lordine dell esecuzione grida con voce stentorea. - Viva lItalia! - Sono le 10,25. LUfficiale tedesco si rivolge verso di me e verso il Commissario e dice: - Questo essere uomo. Viene condotto il terzo. Cammina a passi svelti ad andatura militare. Declina le sue generalit: DE ZARDO LIBERALE fu Giov. Battista e fu Vente Nunzia. Tenente Colonnello nato a Catania il 2-11-1893 residente a Sanfr presso il Notaio Milano. Via Nazionale. - Prima di morire grida: -Viva lItalia ! Viene condotto il quarto. E tranquillo. Mi dice le sue generalit: POILTIGLIATTI GUIDO fu Raffaele e di Falchero Paola nato ad Avigliana il 28-1-1925 meccanico residente in Avigliana strada provinciale 114. - Sul patibolo grida: - Viva lItalia! Ed ecco il quinto. Landatura ed il viso tradiscono uno stato di eccitazione nervosa. Declina le sue generalit: MANCUSO PIETRO fu Luigi e di Amelia Giotti nato a Palermo il 14-7-1920 chimico residente a Milano. Via Vincenzo Monti 21. - Chiede una sigaretta ed i soldati tedeschi gliene mettono subito una in bocca e gliela accendono. Tutti gli altri che avevano tirato fuori il loro pacchetto per accontentarlo, lo rimettono in tasca. Al comandante tedesco chiede di avere un Bitter. Il tedesco risponde: Mi spiace non avere Bitter per potervi accontentare . Quando sul patibolo grida: Viva lItalia e viva la Germania libera! - Lufficiale gli chiede: - Perch viva la Germania libera? Si, viva la Germania libera... Non pu proseguire perch gli stato tolto il sostegno di sotto i piedi. La sigaretta gli cade dalle labbra.

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E giunge il sesto BRUCO GIORGIO di Giuseppe e di Caratti Teresa, nato a Romagnano Sesia il 3-6-1924, manovale residente a Romagnano Sesa. Via Lorenzo Bianchi 10. - Mi chiede se posso inviare saluti alla famiglia e alla fidanzata. Domando lautorizzazione allUfficiale che mi risponde: - S mandare a dire alla famiglia quanto ha detto il condannato senza mettere n dove, n come, n quando -. Viene portato sul patibolo e di l dice: - Dio perdoni i miei peccati. Perdoni anche a loro quello che stanno facendo. Viva lItalia! Il settimo PORELLO GIORGIO fu Giacomo e di Ternavasio Angela nato a Cherasco il 31-3-I920 studente in chimica residente a Bra. Via Rambaudi 25. - Sul patibolo dice: - Iddio perdoni i miei peccati. Domani ricorre il nome di Maria. La Madonna mi aiuti ad entrare in Paradiso. Viva lItalia! Lottavo : LAMBERTI MARCO di Giuseppe e di Battaglino Giulia nato a Bra il 13-2-1915 meccanico residente in Caramagna. Via Tre Ponti. - Si rivolge a me e mi dice: - Mandi a dire alla mia famiglia che non ho pianto. Stiano tranquilli. Iddio provveder a loro. Saluti alla fidanzata. Saluti alla famiglia-Sale sul patibolo e dice: -Viva l Italia!- Sono le 1135 Il comandante tedesco rivolto al Commissario dice che i cadaveri dei condannati devono stare appesi sino a stasera alle 8; bisogna farli custodire che nessuno li tocchi: solo il medico pu toccarli. Nessuna dimostrazione e nessun segno per riconoscerli: a due a due per cassa vanno portati al cimitero senza nessuna dimostrazione o accompagnamento di popolo. - Domani dopo mezzogiorno fare quello che volete, noi non interessare pi -. Verso di me dice: - Dottore, per favore fatemi dichiarazione che i condannati sono morti. Salgo sopra un tavolo e constato la morte e quindi rilascio la dichiarazione richiesta. Giunge il Parroco che chiede se pu dare lassoluzione. Risponde di no. Non si oppone al desiderio che la gente possa venire davanti a pregare purch non vengano toccati. Solo il medico pu toccarli, noi non pi. Ne approfitto per aggiustare gli abiti e per abbottonare la giacca slacciata. Un ago mi vien fornito dal Parroco per tenere chiusa la giubba di uno che senza bottoni. LUfficiale tedesco quindi esclama- Brutto ordine, brutto comando. Cosa pi brutta da dover fare. Si siede sopra un paracarro e aggiunge: - Pensare che un anno fa erano nostri camerati. Non arrivano ancora le guardie? Noi avere fretta. Mando i miei soldati a prelevarli -. In questo momento veniamo lasciati in libert con lordine tassativo di non inviare i saluti che alle famiglie dei condannati che ne hanno espresso il desiderio senza mettere n dove, n come, n quando. - Se loro non aver pensato alla famiglia allultimo momento noi non potere fare niente. Scrivere solo a quelli ma senza indicazione del luogo. Ho invece inviato i saluti a tutti quanti escluso Cossu per impossibilit postali e ho fatto in modo da poter identificare i cadaveri dei condannati, facendo uno schema della forca. In questa opera sono stato coadiuvato dal consiglio del Commissario Prefettizio. Dott. Pier Luigi Vigada Ufficiale Sanitario di Carignano 21 maggio. Stamane sono giunto a Como in viaggio per casa mia. Da otto mesi non so pi nulla della mia famiglia. Approfitto di un paio dore di attesa per recarmi dal dottor Gianni Stefanini, mio compaesano, che abita a Como. Mi assicura che i miei stanno tutti bene, bench il paese sia stato continuamente in mezzo alla bufera. Andandomene gli chiedo: - E Leone? - Mi risponde: - E stato uno dei primi e dei pi audaci. Ma un giorno.... - Lo interrompo e, scendendo le scale, gli dico: - Lo sapevo.
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Indice p. 3 1939-1942 p. 5 1943 p. 7 1944 p. 38 1945

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Pietro Chiodi ( 1 9 1 5 -1 9 7 0) il filosofo che ricordiamo per i suoi studi su Kant, Heidegger e Sartre, compare col nome di Monti tra i personaggi del Partigiano Johnny di Beppe Fenoglio, di cui fu professore al Liceo di Alba. Bench giovanissimo, era dunque tra quei maestri di vita civile che convinsero i migliori di una generazione a salire in collina, e ad opporsi con le armi al nazifascismo. Chiodi visse con loro quellesperienza di lotta, come racconta in questa sorta di diario, steso a caldo tra il 1945 e il 1946: dallorganizzazione delle prime bande, al suo arresto e alla deportazione in Germania, dal suo miracoloso ritorno alla ripresa della guerriglia sino alla liberazione di Torino. Il libro, avverte lo stesso Chiodi, non un romanzo o una storia romanzata, ma una testimonianza che ha caratteri di asciutta semplicit, tutta fatti e azione e concretezza. La vita partigiana ne esce documentata con vigore, nella sua pratica quotidiana e nei suoi risvolti umani, non meno che nelle sue tensioni ideali. Negandosi allenfasi e alla retorica del dopo, che troppa spesso ha imbalsamato la Resistenza, il libro vuole rivolgersi soprattutto ai giovani: non gi per far rivivere nel loro animo gli odi del passato, ma affinch, guardando consapevolmente ad esso, vengano in chiaro senza illusioni del futuro che li attende se per qualunque ragione permetteranno che alcuni valori - come la libert nei rapporti politici, la giustizia nei rapporti economici e la tolleranza di tutti i rapporti - siano ancora una volta manomessi subdolamente o violentemente da chicchessia.

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