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LA LEGGENDA DEL SALICE

Il samurai Matsudeira era padrone di una delle pi belle case in legno costruite a Kyt, l'antica capitale; ma ci di cui menava gran vanto con gli amici che venivano a visitarlo era il giardino. Il verde c'era, ma come incorporato alla casa: il pratino di velluto segnato qua e l dalle pietre grigie, collocate a piatto ad un passo breve l'una dall'altra, perch gli ospiti vi potessero camminare a loro agio; un ciuffo di bamb accosto a una parete rientrante della casa, un filo d'acqua che perennemente cadeva dall'alto da una canna spaccata a met. L'acqua fluiva poi sotto un ponticello arquato laccato di rosso, verso un piccolo lago; e, a ridosso del lago, si poteva ammirare uno splendido salice piangente che con le sue chiome cinerine raggiungeva il pelo dell'acqua. - Il salice! - borbottava fra s Matsudeira. Per tanto tempo si era sentito orgoglioso di quell'albero; era la prima cosa che mostrava agli ospiti di riguardo prima di accoglierli in casa; ma un brutto giorno, senza causa apparente, sua moglie si ammal; poi il figlioletto, correndo in giardino, cadde e si ruppe una gamba. Queste sciagure non potevano essere provocate da ostilit da parte del salice? Cos, meditando e meditando, Matsudeira fini per persuadersi che si doveva abbattere quell'albero al quale forse era troppo affezionato. Si rec in visita al samurai Inabata, amico e vicino, di casa, e gli confid la sua decisione.- Non fatelo! - disse Inabata - rischiereste di uccidere un'anima. Quell'albero splendido; piuttosto, se credete, potreste venderlo a me. Matsudeira accett e Inabata fece trapiantare il salice nella sua propriet. L'albero ben presto allung le radici sotterra e rifece le sue chiome cadenti sempre pi lunghe e folte. Il samurai Inabata non aveva figli; la moglie gli era morta giovanissima, subito dopo il matrimonio.Un mattino che la luce aveva ormai invaso tutto il giardino, con sua sorpresa vide appoggiata al tronco del salice una donna di rara bellezza: aveva capelli neri, sciolti sulle spalle, un viso ovale perfetto e sorrideva con dolcezza. Il cancello che immetteva nel giardino era ancora sprangato, esattamente come l'aveva lasciato lui la sera precedente. E allora, come poteva essere entrata? Salut cortesemente la signora che subito rispose con altrettanta cortesia. Ella accett poi di seguirlo in casa e il samurai, conquistato dal fascino ammagliante di lei, la preg di diventare sua sposa. Ella acconsenti. L'anno successivo nacque un bambino bellissimo. e dopo che furono trascorsi i giorni di rito per l'imposizione del nome, babbo e mamma ebbero la medesima idea: lo chiameremo Yanagi, Salice. Per cinque anni la famigliola visse felice. Intanto nel tempio buddhista Sanjusangendo, affollato di ben 33.333 immagini di Kannon, la dea della misericordia raffigurata con un bambino in braccio, misteriosamente si spezz una colonna. Il Damy di Kyt, avvertito dell'accaduto, non nascose la sua preoccupazione. Convocati immediatamente a palazzo, tutti i bonzi del tempio furono invitati ad esprimere liberamente la loro opinione. Il crollo inspiegabile della colonna poteva essere interpretato come un triste presagio? I bonzi risposero di no; pur tuttavia la colonna bisognava sostituirla prima che in cielo s'affacciasse la luna nuova; ma stavolta il legno doveva essere di salice, di salice piangente. Il Damy fece cercare l'albero dagli stessi bonz che gli indicarono il salice di Inabata. And a vederlo nel giardino del suo vassallo e ne rimase incantato: un salice cos splendido con le chiome lunghe e sottili come i capelli di una donna, non l'aveva visto mai. Ma non poteva procrastinare la decisione presa, n c'era tempo per cercare altrove; ordin quindi di farlo abbattere e trasportare al tempio. Inabata si rattrist al pensiero di dover perdere il pi bell'ornamento del suo giardino, tuttavia s'inchin ubbidiente: come samurai non aveva egli professato per tutta la vita fedelt assoluta al suo signore? Quando il Daimy se ne fu andato, la sposa di Inabata raggiunse il marito in giardino. Aveva gli occhi colmi di malinconia e la tenerezza nella. voce: - Devo farti una confidenza, mio signore... Tu non mi hai mai domandato come io sia venuta da te. Ora non posso pi conservare il segreto. Io sono... sono l'anima di quel salice. Quando hai dissuaso Matsudeira dall'abbatterlo, ho avvertito per te la prima volta un sentimento di gratitudine crescermi dentro e via via dilatarsi quando mi hai accolta a vivere accanto a te. Sono stata fatta partecipe della tua esistenza, ci siamo sposati, abbiamo avuto un bambino adorabile, il piccolo Yanagi. Ora so che devo morire perch tu non puoi n devi disobbedire al Daimyo tuo signore. Ti lascio il meglio di me stessa, il piccolo Yanagi. Il pensiero che lo amerai sempre e amerai me in lui addolcisce il dolore della separazione.- No, no! - grid Inabata. - Non puoi lasciarmi. Allung le braccia nel tentativo di

trattenerla, ma ormai non era pi una donna: era un fantasma che indietreggiando adagio verso il salice -- vi si perdette dentro. Arrivarono i taglialegna, incisero profondamente il tronco con i primi colpi d'ascia. Inabata si sentiva morire. S'era messo a gridare scompostamente come fosse uscito di senno. La sua disperata resistenza fu vana. Poco dopo si ud un fruscio improvviso accompagnato da un tonfo. L'albero giaceva al suolo ma resisteva ad ogni sforzo; a dire il vero nessuno avrebbe potuto immaginare che fosse cos pesante. I taglialegna cercarono aiuto nelle case vicine. Giunsero altri venti uomini, ma non si riusc a smuovere l'albero che non si mosse d'un solo centimetro. Il piccolo Yanagi allora si stacc dal padre e corse trotterellando verso il salice; si chin, ne carezz le foglie argentate; poi, afferrando un ramo con la manina, disse: - Oide, vieni! L'albero cedette alla dolcezza della piccola mano, si mosse, strisci sul terreno. I taglialegna, i trecento uomini accorsi ad aiutare, i bonzi del tempio e lo stesso Inabata non nascondevano il loro stupore. Guardavano l'enorme salice seguire docilmente, il bambino, come condotto per mano, fin nel cortile del tempio dedicato a Kannon, la dea della misericordia.

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