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Le varie Chiese locali si raggruppavano nelle diocesi A capo di ciascuna di queste veniva posto un sovrintendente, un coordinatore: un episkopos Si parla

molto ormai, specie dopo il successo del libro di Dan Brown, della Chiesa primitiva e del suo rapporto sia con il Fondatore, sia con lImpero romano. Il che presto detto: ma non per nulla scontato. Anzitutto: chi il Fondatore della Chiesa? Ges di Nazareth? Simone detto Pietro di Cafarnao? Paolo di Tarso? In realt, della Chiesa primitiva sappiamo abbastanza poco: giusto le scarne righe degli Atti degli Apostoli. Le cose cominciano a cambiare man mano che ci si addentra nei secoli II e III, quando le testimonianze, anche archeologiche, divengono pi dense e pi sicure. Ma in realt la Chiesa emerge ai nostri occhi, e diventa un oggetto di sicura indagine storiografica, solo a partire dal IV secolo, con Costantino che le fornisce piena libert; e, alla fine di quel secolo, con Teodosio che ne fa religione di Stato. Per quel tanto che ne sappiamo, non si dovrebbe parlare di Chiesa, bens di "chiese" al plurale. In greco, la parola ekklesa significa semplicemente "adunanza", "assemblea". Ogni citt, ogni centro in cui nascesse un gruppo di fedeli del nuovo Verbo era automaticamente una Chiesa: i capi dei singoli gruppi erano gli "anziani" (in greco presbyteroi), che amministravano anche la "Santa Cena", ma che dubbio si potessero propriamente definire sacerdoti. Il sacerdozio ebraico era finito con la distruzione del Tempio di Gerusalemme; alla Chiesa cristiana sarebbe toccata solo nella sua piena maturit la prerogativa di restaurarlo. Le varie Chiese locali si raggruppavano poi in circoscrizioni, che quando il culto cristiano fu reso giuridicamente lecito andarono sempre pi modellandosi su quelle civili: le cosiddette "diocesi". A capo di ciascuna diocesi veniva posto, molto semplicemente un "sovrintendente", un "coordinatore". Tali concetti vengono espressi in greco dalla parola episkopos. Ecco quindi i vescovi. Tra i quali, in seguito a una ulteriore distinzione gerarchica, sarebbero poi emersi anche gli arcivescovi e i patriarchi. Con la divisione dellImpero in due parti, lorientale e loccidentale, voluta da Teodosio e attuata dopo la sua morte, anche i destini delle varie Chiese, sempre reciprocamente autonome, si andarono sempre pi adattando alla logica politica del tempo. I vescovi della parte orientale si adattarono sempre di pi a essere organizzati e sorvegliati dallimperatore, il quale si serviva della Chiesa come di uno strumento di Stato: daltra parte, questo permetteva ai religiosi greci e orientali di darsi tranquillamente alla vita religiosa. Il governo imperiale suppliva a tutto il resto. Naturalmente, per le cose che riguardavano strettamente la fede, i vescovi si riunivano abitualmente in speciali congressi detti "sinodi", durante i quali veniva elaborata la dottrina della Chiesa. Anche in Occidente accadeva pi o meno la stessa cosa: ogni chiesa era rigorosamente autonoma rispetto alle altre, e i vescovi si riunivano di tanto in tanto in concilii durante i quali si stabilivano le verit della fede. Il punto era tuttavia che i vescovi della Chiesa occidentale, nella quale il ruolo liturgico e giuridico della lingua greca veniva sempre pi soppiantato da quella latina, non disponevano del paracadute costituito dallautorit imperiale. Difatti, in Occidente lImpero era franato. Il risultato fu che, dovendo confrontarsi con le invasioni barbariche e con il destrutturarsi della societ del loro tempo, tra V e IX secolo i vescovi dovettero sempre pi spesso assumere anche funzioni di governo, incluse le militari.

Cresceva intanto sempre pi lautorit del vescovo dellunica citt dOccidente che si potesse definire "patriarcale", cio caratterizzata da una Chiesa fondata da un Apostolo. Si trattava del vescovo di Roma che stava divenendo progressivamente il primus inter pares. In Oriente le citt patriarcali erano molte: soprattutto Antiochia e Alessandria. Ma anche Costantinopoli venne dichiarata tale. Tuttavia il patriarca costantinopolitano non fu mai il vero capo della Chiesa greca. E tale ruolo spett in pratica sempre allimperatore. Quando anche in Occidente venne restaurata unautorit imperiale, con Carlo Magno e pi tardi con Ottone I, essa era daltronde ben diversa da quella di Costantinopoli. Gli imperatori romano-germanici si servirono molto dei vescovi come del resto degli abati, cio dei capi dei monasteri, per la loro passione di governo. La differenza tra i vescovi orientali, i greci, e i vescovi occidentali, i latini, stava nel fatto che i primi potevano tranquillamente accudire ai loro doveri religiosi mentre i secondi dovevano invece occuparsi anche di amministrazione, di politica, persino di guerra. Fu questa una delle differenze tra le due Chiese che in un modo o nellaltro contribuirono allo Scisma del 1054, che nonostante molti tentativi ancora in atto. Tra i vescovi ortodossi, i quali escono tutti regolarmente dalla carriera monastica e i vescovi cattolici, i quali invece hanno ordinariamente compiuto il loro tirocinio nel clero secolare, la differenza era e resta molto marcata. La stagione doro del potere vescovile in Europa fu quella tra VIII e XI secolo, quando gli imperatori si servirono dei loro uffici come di veri e propri ministri o prefetti. Certamente, la loro cultura e la loro spiritualit ne soffr molto; al punto che la Chiesa latina fu spesso accusata, al suo stesso interno, di corruzione, e furono necessarie successive riforme. Tuttavia, in quei tempi duri, la funzione vescovile fu uno dei pilastri che permise alla Chiesa latina di governare e gestire lEuropa medievale che nel frattempo si avviava a quel lungo periodo di prosperit che, pur con alcune occasionali crisi avrebbe permesso, a partire dal XVI secolo la conquista del mondo. La monarchia pontificia ha controllato e represso, a partire dal XII secolo, il potere dei vescovi. Essi hanno reagito: fra il 300 e il 400 vi furono addirittura teorie conciliari, le quali sostenevano che non il papa, bens il concilio, cio l assemblea dei vescovi, avrebbe dovuto governare la Chiesa romana. Ma tali istanze hanno storicamente avuto la peggio. Anzi, nel 400 si registr il divertente fenomeno secondo il quale molti vescovi teorizzatori del primato conciliare, una volta diventati sommi pontefici, passavano serenamente alla teoria del monarchismo pontificio romano. Questa la situazione che nella Chiesa cattolica si mantenuta fino a oggi: in una organizzazione monarchica e gerarchico-piramidale, i vescovi sono essenzialmente dei grandi funzionari. E questo vale anche per quella categoria di "Grandi Elettori Pontifici" che sono i cardinali, una istituzione nata nellXI secolo per disciplinare lelezione del vescovo di Roma nel momento in cui egli stava fondando appunto le basi per il suo fermo potere monarchico

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