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.
Questo tratto termina con una tensione superiore f
0
,
detta anche tensione limite di proporzionalit
6
;
5
dagli acciai extra-dolci a quelli semi-duri
6
quando lo snervamento non si mostra marcato questa tensione si ssa convenzionalmente allo 0,01% di deformazione
Rev. B 6 dicembre 2012 6
Corso di Costruzioni in Acciaio Universit degli Studi di Trieste - Facolt di Ingegneria Civile
tratto PE: in questo secondo tratto il comportamento
si mostra ancora elastico, ma non pi lineare e viene
denito dal modulo istantaneo (tangente) E
t
=
d
d
. La
tensione limite superiore di questo campo viene detta
tensione limite di elasticit
7
;
tratto ES: il comportamento non pi elastico, per
cui scaricando il provino si nota una discesa rettilinea
e parallela al tratto iniziale OP che termina con una
deformazione residua
r
;
tratto SI: a partire dal valore f
y
gli acciai extra-
dolci presentano il fenomeno dello snervamento, che
si manifesta con un allungamento spontaneo senza
incrementi di tensione;
tratto IR: a snervamento esaurito il materiale pre-
senta una ripresa di resistenza dovuta al fenomeno
dellincrudimento, no al valore f
t
della tensione di
rottura.
tratto RF: il diagramma decresce per assestarsi sul
valore di deformazione ultima
t
, detto allungamen-
to a rottura, in corrispondenza del quale il provino
si rompe. Landamento decrescente del diagramma
solo apparente, in quanto a causa della con-
trazione laterale del provino, lo stato tensionale non
pi monoassiale ed il fenomeno della strizione prevale
sullincrudimento.
Figura 1.5: Legame costitutivo
Lallungamento percentuale a rottura si calcola su lun-
ghezze diverse a seconda del provino che si sottoposto
alla prova di trazione
8
:
l
0
= 5 se il provino circolare;
l
0
= 5, 65
A
0
per laminati (UNI 556).
Lallungamento calcolato come:
A% =
l
l
0
100 (1.1)
La prova completa di trazione pu essere eseguita a
temperature diverse allo scopo di fornire la variabilit del-
le caratteristiche meccaniche con la temperatura. Questi
dati interessano il comportamento delle strutture alle alte
temperature ed il problema della resistenza al fuoco
9
.
1.5.2 Prova di compressione globale
Importata dagli USA e denominata stub column test, si effet-
tua su prolati di dimensioni opportune (tali da evitare unin-
stabilit precoce) ed utile alla valutazione dellinuenza
delle tensioni residue e della non omogenea distribuzione
dello snervamento lungo la sezione trasversale. Questi fat-
tori, infatti, giocano un ruolo degradante sulla resistenza a
compressione dei prolati.
1.5.3 Prova di durezza
Le prove di durezza vengono effettuate con appositi appa-
recchi che si differenziano principalmente per la forma del
penetratore (Brinnel, Vickers, Rockwell ) e sono basate sulla
misura del diametro dellimpronta di penetrazione nel provi-
no di una sfera di acciaio sottoposta ad un carico F per un
certo intervallo di tempo.
La durezza Brinnel calcolata con la formula:
HB =
2F
d(d
_
d
2
d
2
0
)
[N/mm
2
]
dove d il diametro della sfera e d
0
il diametro dellimpronta.
Figura 1.6: Prova di durezza
7
quando lo snervamento non si mostra marcato questa tensione si ssa convenzionalmente allo 0,02% di deformazione
8
in quanto laumento percentuale di lunghezza misurato sul provino a cavallo della sezione ove si vericata la rottura, varia al variare della lunghezza
della base di misura a causa della presenza della strizione che rende lallungamento specico variabile lungo lasse del provino.
9
un esempio: si osserva, per un Fe 600, che a partire da una temperatura di 200 C tende a scomparire il fenomeno dello snervamento e le curve
presentano un andamento continuo.
Rev. B 6 dicembre 2012 7
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1.5.4 Prova di resilienza
Figura 1.7: Prova di resilienza
La prova di resilienza utile a determinare la tenacit di un
acciaio, intesa come resistenza alla rottura fragile. Si ef-
fettua con il pendolo di Charpy ed un provino provvisto di
intagli unicati. Il meccanismo di funzionamento il seguen-
te: un apposito martello viene lasciato cadere da unaltezza
h
0
, lurto rompe il provino e la massa battente risale no ad
unaltezza h.
La quantit h
0
h proporzionale allenergia di rottura della
provetta che, rapportata allarea di rottura fornisce per deni-
zione il valore della resilienza, che di norma viene espressa
in Nm cm
2
.
Eseguendo prove di resilienza a varie temperature, si pu
osservare che esiste una temperatura detta temperatura di
transizione T
f
.
P
f
P
f
(2.2)
2.1.2 Metodo semiprobabilistico agli stati limite (meto-
di di Ilivello)
Il funzionamento delle strutture regolato da enti che, per
motivi diversi, non sono noti con certezza, o per meglio di-
re, sono noti con incertezza (azioni, propriet dei materiali
ecc..). Tutte queste grandezze sono rappresentabili da va-
riabili aleatorie (VA) grandezze che, pur essendo determi-
nate, non sono note allo stato delle conoscenze del proget-
tista.
Lincertezza sul valore di ciascuna variabile aleatoria si pu
caratterizzare attraverso la cosiddetta funzione distribuzio-
ne cumulata (CDF), che si indica spesso come F(x). Essa
una funzione che associa a ogni possibile valore della va-
riabile X la probabilit che essa assuma valore inferiore a
x:
F(x
1
) = P
r
(x x
1
) (2.3)
(con la lettera minuscola si indica un particolare valore
possibile della variabile aleatoria e come tale esso prende
anche il nome di realizzazione della VA).
Unaltra funzione che spesso si usa per caratterizzare
una variabile aleatoria la funzione densit di probabilit
(PDF) che si indica come f(x). la derivata della CDF.
La PDF, moltiplicata per linnitesimo dx, associa a ogni
specico valore x la probabilit che X sia compresa tra x e
x + dx.
Larea sottesa dalla f(x) alla sinistra di x corrisponde a
F(x).
Nota la funzione di densit di probabilit f(x) della sollecita-
zione S e della resistenza R (g. 2.1), la normativa opera
nel seguente modo:
S
d
=
f
S
k
R
k
mj
= R
d
(2.4)
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Figura 2.1: Calibrazione valori di progetto e caratteristici
I due termini R
d
e S
d
sono detti valori di progetto (design)
di resistenza e sollecitazione. I coefcienti
mj
e
f
sono det-
ti coefcienti parziali di sicurezza, il primo tiene conto delle
incertezze sulla conoscenza delle caratteristiche del mate-
riale, il secondo, applicato ai carichi, tiene conto della pos-
sibilit di variazioni sfavorevoli delle azioni, della poca accu-
ratezza del modello delle azioni (sisma, vento ecc..) e del-
lincertezza nella valutazione degli effetti delle azioni stesse.
I valori di
mj
per lacciaio sono riportati in tabella 2.1 come
deniti dalla NTC 2008.
Tabella 2.1: Valori dei coefcienti di sicurezza per le
membrature e stabilit
Resistenza delle sezioni di classe 1-2-3-4
m0
= 1,05
Resistenza allinstabilit delle membrature
m1
= 1,05
Resistenza allinstabilit delle membrature
di ponti stradali e ferroviari
m1
= 1,10
Resistenza, nei riguardi della frattura,
delle sezioni tese (indebolite dai fori)
m2
= 1,25
In genere i valori nominali delle variabili (detti valori ca-
ratteristici) corrispondono ai frattili 5%e 95%rispettivamente
per le resistenze (o in generale per le grandezze che opera-
no a favore di sicurezza) e per le azioni (o in generale per
quelle che operano a sfavore di sicurezza). I valori di pro-
getto si riferiscono a frattili di circa un ordine di grandezza
inferiore (rispettivamente circa 0.5% e 99.5%).
Denendo P
r
= P(R S) la probabilit di rovina, si ha
che le NTC 2008 come lEC3 sono tarati in modo che:
S.L.U.: P
r
= 10
5
per costruzioni normali e P
r
= 10
6
per costruzioni strategiche;
S.L.E.: P
r
= 10
2
per costruzioni normali e P
r
= 10
3
per costruzioni strategiche.
Questi valori della Probabilit di rovina corrispondono a
periodi di ritorno T:
S.L.U.: T = 10 20 T
s
;
S.L.E.: T = 0.2 0.5 T
s
.
Dove T
s
rappresenta il tempo di vita attesa della struttura
(normalmente 50 anni).
2.2 Azioni sulle strutture
Per quanto riguarda le azioni da utilizzare nelle veriche agli
stati limite esse si classicano:
a) secondo la modalit di applicazione:
- dirette (da forze o carichi);
- indirette (da spostamenti o deformazioni impo-
ste);
- da degrado (da alterazioni delle propriet dei
materiali).
b) secondo la modalit di risposta nella struttura:
- statiche (non provocano accelerazioni);
- dinamiche (provocano accelerazioni);
- pseudo-statiche (dinamiche ma rappresentabili
da forze statiche equivalenti).
c) secondo la variazione dintensit nel tempo:
- azioni permanenti (G, g) quelle che agiscono du-
rante tutta la vita nominale della costruzione e la
cui variazione di intensit tale da poterle consi-
derare costanti (ad es. pesi propri, spostamenti
differenziali, ecc..);
- azioni variabili (Q, q) quelle che hanno valori
istantanei che possono variare signicativamen-
te nel tempo. Tali azioni si dicono di lunga du-
rata se agiscono per un tempo non trascurabile
rispetto alla vita nominale della struttura; di breve
durata altrimenti;
- azioni eccezionali (A) quelle che si vericano so-
lo eccezionalmente nel corso della vita nominale
(per esempio incendi, esplosioni, impatti, ecc.);
- azioni sismiche
12
(E) quelle derivanti dai terre-
moti.
2.2.1 Combinazioni delle azioni
Le combinazioni delle azioni permanenti e variabili ai ni del-
le veriche degli stati limite sono, facendo riferimento alle
NTC 2008, le seguenti:
12
nellEC3 le azioni sismiche vengono incluse nelle azioni eccezionali (A)
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Combinazione fondamentale, generalmente impiegata
per gli stati limite ultimi (SLU)
13
:
F
d
=
m
j =1
Gj
G
kj
+
Q1
Q
k1
+
n
i =2
Q1
0i
Q
ki
; (2.5)
Combinazione caratteristica (rara), generalmente
impiegata per gli stati limite di esercizio (SLE)
irreversibili
14
:
F
d
=
m
j =1
G
kj
+ Q
k1
+
n
i =2
0i
Q
ki
; (2.6)
Combinazione frequente, generalmente impiegata per
gli stati limite di esercizio (SLE) reversibili:
F
d
=
m
j =1
G
kj
+
11
Q
k1
+
n
i =2
2i
Q
ki
; (2.7)
Combinazione quasi permanente (SLE), generalmen-
te impiegata per gli effetti a lungo termine (nelle strut-
ture miste acciaio-cls per tener conto del ritiro e della
viscosit):
F
d
=
m
j =1
G
kj
+
n
i =1
2i
Q
ki
; (2.8)
Combinazione sismica, impiegata per gli stati limite
ultimi e di esercizio connessi allazione sismica E:
F
d
= E +
m
j =1
G
kj
+
n
i =1
2i
Q
ki
; (2.9)
Combinazione eccezionale, impiegata per gli stati li-
mite ultimi connessi alle azioni eccezionali di progetto
A
d
:
F
d
=
m
j =1
G
kj
+ A
d
+
n
i =1
2i
Q
ki
; (2.10)
Nelle combinazioni i coefcienti i
ij
sono coefcienti par-
ziali amplicativi dei carichi e i
ij
sono coefcienti di combi-
nazione che servono tenere conto della probabilit di acca-
dimento contemporaneo di azioni di diversa natura.
Con Q
k1
si indica lazione variabile dominante e con Q
k2
,
Q
k3
ecc. azioni variabili che possono agire contemporanea-
mente a quella dominante. I valori dei coefcienti i
ij
da as-
sumere per la determinazione degli effetti delle azioni nelle
veriche agli SLU sono riportati nella tabella 2.2.
Le azioni variabili Q
kj
vengono combinate con i coef-
cienti di combinazione
ij
e i cui valori sono forniti nella
tabella 2.3.
Il valore caratteristico di unazione variabile Q
k
il valore
corrispondente a un frattile relativo al 95 %della popolazione
dei massimi, in relazione al periodo di riferimento dellazione
variabile stessa.
Con riferimento alla durata percentuale relativa ai livelli di
intensit dellazione variabile, si deniscono:
valore raro (o di combinazione)
0j
Q
kj
: il valore di du-
rata breve ma ancora signicativa nei riguardi della
possibile concomitanza con azioni variabili;
valore frequente
1j
Q
kj
: il valore corrispondente al
frattile 95 % della distribuzione temporale dellintensi-
t e cio che superato per una limitata frazione del
periodo di riferimento;
valore quasi permanente
2j
Q
kj
: la media della
distribuzione temporale dellintensit.
2.3 Materiali
2.3.1 Propriet dei materiali per acciai laminati a caldo
Per la realizzazione di strutture metalliche e di strutture
composte si dovranno utilizzare acciai conformi alle norme
armonizzate della serie UNI EN 10025 (per i laminati), UNI
EN 10210 (per i tubi senza saldatura) e UNI EN 10219-1
(per i tubi saldati), recanti la Marcatura CE.
In sede di progettazione si possono assumere conven-
zionalmente i seguenti valori nominali delle propriet del
materiale:
modulo elastico E = 210.000 N/mm
2
modulo di elasticita trasversale G = E / [2 (1 + ] Nmm
2
coefciente di Poisson = 0,3
coefciente di espansione termica = 12 x 10
6
per C
1
densit = 7850 kg/m
3
Sempre in sede di progettazione, per gli acciai di cui al-
le norme europee EN 10025, EN 10210 ed EN 10219-1, si
possono assumere nei calcoli i valori nominali delle tensio-
ni caratteristiche di snervamento f
yk
e di rottura f
tk
riportati
nella g. 2.2.
Per poter effettuare unanalisi plastica devono essere poi
vericate le seguenti condizioni (Speciche per acciai da
carpenteria in zona sismica NTC 2008):
per gli acciai da carpenteria il rapporto fra i valori carat-
teristici della tensione di rottura f
tk
(nominale) e la ten-
sione di snervamento f
yk
(nominale) deve essere mag-
giore di 1,20 e lallungamento a rottura A
5
, misurato
13
lEC3 prevede, per gli edici comuni, che questa possa essere sostituita da:
F
d
=
m
j =1
G
kj
+
Q1
Q
k1
considerando lazione variabile pi sfavorevole;
F
d
=
m
j =1
G
kj
+ 0, 9
m
i =1
Q1
Q
ki
considerando tutte le azioni variabili sfavorevoli;
14
lEC3 prevede, per gli edici comuni, che questa possa essere sostituita da:
F
d
=
m
j =1
G
kj
+ Q
k1
considerando lazione variabile pi sfavolevole;
F
d
=
m
j =1
G
kj
+ 0, 9
m
i =1
Q
ki
considerando tutte le azioni variabili sfavorevoli;
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Tabella 2.2: Coefcienti parziali per le azioni o per leffetto delle azioni nelle veriche SLU
coefciente
Carichi permanenti
favorevoli
G1
1,00
sfavorevoli 1,30
Carichi permanenti non strutturali
favorevoli
G2
0,00
sfavorevoli 1,50
Carichi variabili
favorevoli
Qi
0,00
sfavorevoli 1,50
Tabella 2.3: Valori dei coefcienti di combinazione
Categoria/Azione variabile
0j
1j
2j
Categoria A Ambienti ad uso residenziale 0.7 0.5 0.3
Categoria B Ufci 0.7 0.5 0.3
Categoria C Ambienti suscettibili di affollamento 0.7 0.7 0.6
Categoria D Ambienti ad uso commerciale 0.7 0.7 0.6
Categoria E Biblioteche, archivi, magazzini e ambienti ad uso industriale 1.0 0.9 0.8
Categoria F Rimesse e parcheggi (per autoveicoli di peso 30 kN) 0,7 0,7 0,6
Categoria G Rimesse e parcheggi (per autoveicoli di peso > 30 kN) 0,7 0,5 0,3
Categoria H Coperture 0,0 0,0 0,0
Vento 0,6 0,2 0,0
Neve (a quota 1000 m s.l.m.) 0,5 0,2 0,0
Neve (a quota > 1000 m s.l.m.) 0,7 0,5 0,2
Variazioni termiche 0,6 0,5 0,0
Figura 2.2:
Figura 2.3: Spessori massimi per elementi strutturali
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su provino standard, deve essere non inferiore al 20%
(condizioni soddisfatte dalle EN 10025);
Per le veriche di resilienza (come da EC3) sono previsti
tre gradi di acciaio (B,C,D), nella tabella 2.3 sono forniti per
ogni grado, temperatura minima di servizio e condizione di
servizio (S
1
non saldati o saldati con
t
< 0.2
y
e S
2
sal-
dati con
t
< 0.67
y
) i valori massimi degli spessori degli
elementi strutturali.
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3 Membrature semplici e metodi di
verica agli stati limite (NTC 2008,
EC3)
3.1 Classicazione delle sezioni
Le sezioni delle membrature semplici, laminate e saldate, in
acciaio sono costituite dallassemblaggio di elementi piani,
alcuni posizionati internamente (anime dei proli a I, anime e
agie dei proli scatolari), altri esternamente (angie di pro-
li a I). Quando gli elementi componenti sono relativamente
sottili il loro comportamento fortemente inuenzato dalle
parti compresse e possono instabilizzare localmente (la di-
mensione delle semionde che caratterizzano la congura-
zione deformata del prolo comparabile con le dimensioni
trasversali della sezione dellelemento) limitando la capacit
portante e la resistenza essionale del prolato. Per evita-
re tale fenomeno necessario impiegare prolati le cui parti
elementari siano caratterizzate da un rapporto b/t (larghez-
za/spessore) sufcientemente basso. Lanima pu infatti es-
sere vista come una lastra indenita, appoggiata su ambo i
lati e lala come una lastra appoggiata su un lato solo (g.
3.1).
Figura 3.1:
Linstabilit in campo elastico retta dalla relazione:
cr
= k
2
E
12(1
2
)
_
t
b
_
2
(3.1)
Dove K
=
r
y
1 (3.2)
essendo
r
e
y
le curvature corrispondenti rispettiva-
mente al raggiungimento della deformazione ultima ed allo
snervamento. Si distinguono le seguenti classi di sezioni:
I Raggiungono il momento resistente plastico M
p
con
una buona capacit rotazionale, in grado di garantire
le richieste di un calcolo a rottura. Possono general-
mente classicarsi come tali le sezioni con capacit
rotazionale C
1, 5 (proli saldati);
III Quando nella sezione le tensioni calcolate nelle bre
estreme compresse superano la tensione di snerva-
mento ma linstabilit locale impedisce lo sviluppo del
momento resistente plastico;
IV Non permettono il raggiungimento del momento elasti-
co a causa di prematuri fenomeni di instabilit (proli
sottili).
Come gi detto un prolo viene classicato di classe
tre se dopo aver raggiunto f
y
instabilizza, di conseguenza
per sezioni di questo tipo si ha
cr
= f
y
. Introducendo la
snellezza adimensionale del pannello
p
=
_
f
y
/
cr
si ha:
p
=
f
y
cr
= 1, 05
_
b
t
_
_
f
y
E k
(3.3)
Ne consegue che una sezione di classe III dovr avere
una snellezza
p
1. Sostituendo tale valore in 3.3 si ha
(considerando che per le anima compresse k
= 4):
b
t
1
1.05
E k
f
y
=
b
t
39.5
235
f
y
= 39.5 (3.4)
Denendo il valore della snellezza limite per le classi di
sezioni, la normativa fornisce delle relazioni per b/t sia per
lanima che per lala al variare del tipo di sollecitazione (com-
pressione, essione, pressoessione)(g. 3.3, 3.4, 3.5). In
questo modo si pu classicare il singolo prolo in relazio-
ne alla sua forma e al processo di produzione (laminato o
saldato). In particolare la sezione viene classicata in base
della classe della componente meno favorevole (classe pi
alta). LEC3 (come le NTC) assume per lanima compressa:
-
3
= 0.7 = b/t 42 ;
-
2
= 0.6 = b/t 38 ;
-
1
= 0.5 = b/t 33 ;
Questi valori risultano pi bassi rispetto a quelli teori-
ci perch corretti in modo da considerare le imperfezioni
geometriche e le tensioni residue.
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Figura 3.2: Classicazione delle sezioni secondo NTC 2008, EC3
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Figura 3.3: Massimi rapporti b/t per parti compresse
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Figura 3.4: Massimi rapporti b/t per parti compresse
Figura 3.5: Massimi rapporti b/t per parti compresse
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3.2 Propriet efcaci per sezioni trasversali
di classe IV
Per gli elementi di sezioni inesse o compresse, quando la
snellezza
p
> 0.673 la sezione si presenta gi instabilizza-
ta, di conseguenza per valutare la resistenza devo andare a
considerare le risorse in campo post-critico della stessa. Le
sezioni di classe IV vengono quindi penalizzate introducen-
do il concetto di larghezza efcace b
eff
. Infatti, come si vede
in g. 3.6 e g. 3.7 le bre pi vicine ai vincoli tendono a non
instabilizzare, a differenza del resto della sezione. Una volta
determinata larea efcace della sezione, la tratto come un
prolo di classe III.
Figura 3.6: Sezioni trasversali di classe IV, forza assiale
Figura 3.7: Sezioni trasversali di classe IV, momento ettente
La larghezza efcace denita come b
eff
=
b, dove
il coefciente di riduzione che tiene conto dellinstabilit della
lastra e
b la larghezza pertinente del pannello.
b uguale
a h
w
per i pannelli danima, alla larghezza b della piattaban-
da per le piattabande interne, a b-3t
f
per le piattabande delle
sezioni rettangolari cave di spessore t
f
ed uguale alla lun-
ghezza c dello sbalzo per le piattabande o le ali irrigidite da
un solo lato. Il valore del coefciente di riduzione dato
da (Istruzioni NTC 2008, relazioni che derivano dalla formula
della
cr
)
15
:
Nel caso di pannelli irrigiditi su entrambi i lati
longitudinali:
= 1 per
p
0.673 (3.7)
=
p
0.055(3 + )
2
p
per
p
> 0.673 (3.8)
Nel caso di pannelli irrigiditi su un solo lato
longitudinale:
= 1 per
p
0.748 (3.9)
=
p
0.188
2
p
per
p
> 0.748 (3.10)
Dove:
p
=
f
y
cr
=
b
28.4 t
(3.11)
uguale al rapporto fra le tensioni ai bordi del pan-
nello, essendo
1
la tensione di compressione massi-
ma in valore assoluto si ha:
=
1
2
(3.12)
Il coefciente di imbozzamento k
dipende da e dalle
condizioni di vincolo ed fornito in g. 3.8 per gli elemen-
ti compressi interni e in g. 3.9 per gli elementi compressi
sporgenti.
3.3 Veriche agli S.L.U.
Gli stati limite ultimi sono quelli associati al collasso o ad
altre forme di cedimento strutturale che possono mettere in
pericolo la sicurezza delle persone. Il collasso in generale
pu avvenire per:
Collasso per raggiunta resistenza o deformazio-
ne (limite elastico, capacit plastica, formazione di
meccanismo)
Collasso per perdita di stabilit della struttura o di
una parte di essa (verica di stabilit essionale,
tensionale, ecc..)
Perdita di equilibrio della struttura o di una sua
parte, considerata come corpo rigido (verica al
ribaltamento)
15
lEC3 fornisce ununica relazione per entrambi i casi:
= 1 per
p
0.673 (3.5)
=
p
0.22
2
p
per
p
> 0.673 (3.6)
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Figura 3.8: Larghezza efcace di pannelli compressi con entrambi i bordi longitudinali irrigiditi
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Figura 3.9: Larghezza efcace di pannelli compressi con un solo bordo longitudinale irrigidito
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3.4 Tipi di analisi previste per le veriche agli
S.L.U.
3.4.1 Stato limite elastico della sezione
a) si deniscono le azioni di progetto F
d
;
b) si calcolano mediante analisi elastica le sollecitazioni
di progetto S
d
: (M
d
, T
d
, N
d
);
c) si verica che S
d
R
d
(oppure
id
(S
d
) f
d
= f
k
/
m
con R
d
calcolata al limite elastico.
Con tale metodo di verica possibile operare nello spa-
zio delle sollecitazioni vericando che S(
f
, F
k
) R(f
k
,
m
)
o nello spazio delle tensioni, in questo caso il prodotto
g
m
prossimo al coefciente di sicurezza del metodo delle ten-
sioni ammissibili. Il metodo pu applicarsi a tutte le classi di
sezioni, con lavvertenza di riferirsi al metodo delle sezioni
efcaci nel caso di sezioni di classe IV.
3.4.2 Stato limite plastico della sezione
Questo calcolo possibile quando le sezioni e i collegamen-
ti consentono di superare il limite elastico e raggiungere il
limite plastico senza che prima intervengano fenomeni di in-
stabilit (locale).
Fasi di calcolo:
a) si deniscono le azioni di calcolo F
d
;
b) si calcolano mediante un analisi elastica le ca-
ratteristiche della sollecitazione di progetto S
d
:
(M
d
, T
d
, N
d
);
c) si valuta R
d
considerando un comportamento di
tipo elastico-perfettamente plastico nella sezione pi
sollecitata;
d) si verica che S
d
R
d
.
Il metodo pu applicarsi solo a sezioni di tipo compatto,
cio di classe I e II.
N.B.: non sono possibili ridistribuzioni degli sforzi nella
struttura ma solo delle tensioni nella sezione.
3.4.3 Stato limite di collasso plastico della struttura -
Formazione di meccanismo
Questo calcolo possibile quando le sezioni, i collegamen-
ti o il tipo di struttura (a nodi ssi) consentono una ridistri-
buzione delle sollecitazioni nella struttura senza che prima
intervengano fenomeni di instabilit. E quindi richiesta una
pressata duttilit nelle sezioni e nei collegamenti.
Fasi di calcolo:
a) si deniscono le azioni di calcolo F
d
;
b) si calcolano le caratteristiche della sollecitazione di
progetto S
d
: (M
d
, T
d
, N
d
);
c) si valuta R
d
(f
d
) nelle sezioni maggiormente sollecitate;
d) calcolo il moltiplicatore di carico in corrispondenza
del collasso;
e) verico che 1;
Al posto del calcolo a collasso plastico della struttura
posso anche fare un calcolo elastico con una ridistribuzione
dei momenti pari al 15%, si pu quindi fare unanalisi elastica
purch il momento non superi 1,15M
pl
/
m
(questo perch ci
sono delle riserve di resistenza plastiche).
Il metodo pu applicarsi solo a sezioni di tipo compatto di
classe I.
Figura 3.10:
Esempio di calcolo calcolo a collasso:
Consideriamo una trave incastrata-incastrata ed incre-
mentiamo il carico distribuito no a giungere al collasso
della struttura. Supponiamo per semplicit che la struttu-
ra sia simmetrica, sezione simmetrica e materiale duttile a
comportamento simmetrico (g. 3.11).
Chiamiamo il moltiplicare del carico distribuito q ( 1).
Passo 1: gura 3.11
Figura 3.11: Calcolo plastico a rottura passo 1
Passo 2:
Quando il momento negativo massimo raggiunge il valo-
re di M
pl
, la struttura perviene al limite elastico e si raggiunge
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la plasticizzazione delle sezioni dincastro (g. 3.12); il mol-
tiplicatore di carico viene chiamato
1
, moltiplicatore al
limite elastico. Ricordiamo inoltre che:
M
pl
= Momento Plastico della sezione = W
pl
f
y
(3.13)
Dove W
pl
il modulo resistente plastico della sezione, pa-
ri a 2 volte il momento statico valutato rispetto allasse ba-
ricentrico. Il modulo resistente plastico pu anche essere
calcolato come:
W
pl
= W
el
con = fattore di forma = W
pl
/W
el
(3.14)
W
el
al solito il modulo di resistenza elastico (W
el
= J/y
max
)
Figura 3.12: Calcolo plastico a rottura passo 2
Passo 3:
Se ora si aumenta il carico per
1
, la sezione di
incastro non pu pi riprendere momento e inizia a ruotare
- vedi legame costitutivo: si formata una cerniera plasti-
ca; Da questo momento in poi, per ogni ulteriore incremento
di carico la trave si comporta come una trave in semplice
appoggio (g. 3.13).
Figura 3.13: Calcolo plastico a rottura passo 3
Passo 4:
Si pu incrementare il carico no a quando non si ha la
terza cerniera plastica, con formazione di un meccanismo
di collasso (3 cerniere allineate); il moltiplicatore trovato
2
viene denito moltiplicatore di collasso (g. 3.14).
Figura 3.14: Calcolo plastico a rottura passo 4
3.4.4 Analisi non lineare
possibile, assumendo come S.L.U. quello di collasso della
struttura, effettuare unanalisi non lineare al passo median-
te codici di calcolo opportuni che permettono di determinare
il carico di collasso tenendo conto anche degli effetti del 2
ordine.
3.5 Resistenza delle membrature
Per la verica delle travi la resistenza di calcolo da conside-
rare dipende dalla classicazione delle sezioni. La verica
in campo elastico ammessa per tutti i tipi di sezione, con
lavvertenza di tener conto degli effetti di instabilit locale per
le sezioni di classe IV.
Le veriche in campo elastico, per gli stati di sforzo piani tipici
delle travi, si eseguono con riferimento al seguente criterio:
id
=
_
2
x
+
2
y
x
y
+ 3
2
xy
f
d
=
f
yk
m0
(3.15)
La verica in campo plastico richiede che si determini
una distribuzione di tensioni interne staticamente ammis-
sibile, cio in equilibrio con le sollecitazioni applicate (N,
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M, T, ecc.) e rispettosa della condizione di plasticit. I
modelli resistenti esposti nei paragra seguenti denisco-
no la resistenza delle sezioni delle membrature nei con-
fronti delle sollecitazioni interne, agenti separatamente o
contemporaneamente.
3.5.1 Trazione
Il dimensionamento di massima di elementi soggetti ad uno
sforzo di trazione N molto semplice: basta introdurre una
sezione con unarea minima:
A
min
=
N
f
yd
(3.16)
Lazione assiale di calcolo N
Ed
deve rispettare la
seguente condizione:
N
Ed
N
t ,Rd
(resistenza di progetto a trazione) (3.17)
dove la resistenza di calcolo a trazione N
t ,Rd
di membra-
ture con sezioni indebolite da fori per collegamenti bullona-
ti o chiodati deve essere assunta pari al minore dei valori
seguenti:
a) la resistenza plastica della sezione lorda, A:
N
pl ,Rd
=
A f
yk
m0
(3.18)
b) la resistenza a rottura della sezione netta, A
net
, in
corrispondenza dei fori per i collegamenti:
N
u,Rd
=
0, 9 A f
tk
m2
(3.19)
Nel caso di elementi collegati simmetricamente e con fori
non sfalsati, larea netta si calcola semplicemente detraendo
dallarea della sezione perpendicolare allasse dellelemen-
to, larea di tutti i fori che giacciono nel piano della sezione
stessa.
Qualora il progetto preveda la gerarchia delle resistenze, co-
me avviene in presenza di azioni sismiche, la resistenza pla-
stica della sezione lorda, N
pl ,Rd
, deve risultare minore del-
la resistenza a rottura delle sezioni indebolite dai fori per i
collegamenti, N
u,Rd
(comportamento duttile).
N
pl ,Rd
N
u,Rd
=
0, 9 A
net
A
f
yk
f
tk
m2
m0
(3.20)
3.5.2 Compressione
Un elemento considerato compresso se soggetto ad
azione assiale centrata oppure se pressoinesso e lec-
centricit comunque estremamente modesta. Nella prati-
ca progettuale leccentricit si considera trascurabile se non
eccede 1/1000 della lunghezza dellelemento stesso.
La forza di compressione di calcolo N
Ed
deve rispettare la
seguente condizione:
N
Ed
N
c,Rd
(3.21)
dove la resistenza di calcolo a compressione della
sezione N
c,Rd
vale:
per le sezioni di classe I, II e III:
N
c,Rd
=
A f
yk
m0
(3.22)
per le sezioni di classe IV:
N
c,Rd
=
A
eff
f
yk
m1
(3.23)
Lo stato di sollecitazione di compressione semplice
sempre associato al fenomeno dellinstabilit. La verica di
resistenza deve essere quindi sempre accompagnata dal-
la verica di stabilit. La verica di resistenza in s
signicativa solo per elementi tozzi.
3.5.3 Flessione semplice
Il momento ettente di calcolo M
Ed
deve rispettare la
seguente condizione:
M
Ed
M
c,Rd
(3.24)
dove la resistenza di calcolo a essione retta della sezio-
ne M
c,Rd
si valuta tenendo conto della presenza di eventuali
fori in zona tesa per collegamenti bullonati o chiodati. La
resistenza di calcolo a essione retta della sezione M
c,Rd
vale:
per le sezioni di classe 1 e 2 si effettua lanalisi platica:
M
c,Rd
=
W
pl
f
yk
m0
(3.25)
per le sezioni di classe 3 lanalisi elastica:
M
c,Rd
=
W
el
f
yk
m0
(3.26)
per le sezioni di classe 4 lanalisi elastica relativa alla
sezione efcace:
M
c,Rd
=
W
eff
f
yk
m1
con W
eff
= J
n,eff
/y
max
(3.27)
Posso, andando a favore di sicurezza, effettuare
unanalisi elastica anche per le sezioni di classe 1 e 2.
3.5.4 Taglio
Il valore di calcolo dellazione tagliante V
Ed
deve rispettare
la condizione:
V
Ed
V
pl ,Rd
(3.28)
dove la resistenza a taglio plastica di progetto V
pl ,Rd
in
assenza di torsione, vale:
V
pl ,Rd
=
A
v
f
yk
3
m0
(3.29)
Rev. B 6 dicembre 2012 25
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dove A
v
larea resistente a taglio, diversa per ogni tipo
di sezione (Per prolati ad I e ad H caricati nel piano della-
nima per esempio: A
v
= A 2 b t
f
+ (t
w
+ 2r ) t
f
);
La verica a taglio della sezione pu anche essere condotta
in termini tensionali (analisi elastica) nel punto pi solleci-
tato della sezione trasversale utilizzando la formula (teoria di
Jouwrasky):
max
=
V
sd
S
y,max
J
y
f
yk
3
m0
(3.30)
Deve inoltre essere vericata la resistenza allinstabilit per
taglio. Per unanima non irrigidita questa non va vericata
se:
d
t
w
69 (3.31)
3.5.5 Flessione e Taglio
Se il taglio di calcolo V
Ed
inferiore a met della resistenza
di calcolo a taglio V
c,Rd
:
V
Ed
0, 5V
c,Rd
(3.32)
si pu trascurare linuenza del taglio sulla resistenza a
essione, eccetto nei casi in cui linstabilit per taglio riduca
la resistenza a essione della sezione.
Se il taglio di calcolo V
Ed
superiore a met della resisten-
za di calcolo a taglio V
c,Rd
bisogna tener conto dellinuenza
del taglio sulla resistenza a essione. Posto:
=
_
2V
Ed
V
c,Rd
1
_
2
(3.33)
la resistenza a essione si determina assumendo per la-
rea resistente a taglio A
v
la tensione di snervamento ridotta
(1 )f
yk
. Dovr quindi essere vericato che:
M
Ed
(1 ) M
c,Rd
(3.34)
Con M
c,Rd
calcolato come sopra nel caso di essione e
differenti classi di sezione.
Posso altrimenti effettuare unanalisi elastica assumendo il
criterio di Huber:
id
=
2
+ 3
2
f
yk
m0
(3.35)
con:
=
M
Ed
J
y
z e =
V
Ed
S
y,max
J
y
(3.36)
3.5.6 Flessione e Forza assiale
Per sezioni di classe 1 e 2 in assenza di taglio si effettua
la verica a essione con un momento plastico di progetto
ridotto dallo sforzo normale N
Ed
:
M
Ed
M
N,Rd
con M
N,Rd
= M
pl ,Rd
_
1
_
N
Ed
N
pl ,Rd
_
2
_
(3.37)
ci equivale ad applicare il criterio di resistenza:
M
Ed
M
pl ,Rd
+
_
N
Ed
N
pl ,Rd
_
2
1 (3.38)
Per sezioni di classe 3 il criterio da applicare di tipo
elastico ed una sovrapposizione degli effetti (EC3):
N
Ed
A f
yd
+
M
y,Ed
W
el ,y
f
yd
+
M
z,Ed
W
el ,z
f
yd
1 (3.39)
con:
f
yd
=
f
y
m0
My, Ed = momento sull
asse forte
Mz, Ed = momento sull
asse debole
Per sezioni di classe 4 il criterio da applicare di tipo
elastico ed una sovrapposizione degli effetti (EC3) dove
si crea un momento aggiuntivo a causa dellinstabilit del-
le parti non efcaci che sposta il baricentro creando una
eccentricit:
N
Ed
A
eff
f
yd
+
M
y,Ed
+ N
Ed
e
ny
W
eff ,y
f
yd
+
M
z,Ed
+ N
Ed
e
nz
W
eff ,z
f
yd
1 (3.40)
3.6 Linstabilit delle membrature (cenni)
Per il generico elemento compresso, nellipotesi che non sia-
no presenti imperfezioni e che sia realizzato da un materia-
le avente legame costitutivo elastico-lineare (asta ideale o
di Eulero), esiste un valore del carico, denito carico critico
elastico, N
cr
, che attiva il fenomeno dellinstabilit dellele-
mento. Generalmente la verica a instabilit sempre la pi
penalizzante.
N
cr
=
2
EJ
l
2
0
(3.41)
con l
0
lunghezza libera di inessione (g. 3.15).
Figura 3.15: Determinazione delle lunghezze libere di
inessione in funzione dello schema statico
Se si tiene conto solo della limitata resistenza del mate-
riale f
y
e si trascura linuenza delle imperfezioni meccani-
che e geometriche: il dominio di resistenza di unasta com-
pressa nel piano dato dallintersezione tra liperbole
Rev. B 6 dicembre 2012 26
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di Eulero (che individua il collasso per instabilit) e la retta
= f
y
(collasso plastico)(g. 3.16). Quando il punto rappre-
sentativo dello stato tensionale dellelemento sta allinterno
di tale dominio non si ha collasso.
Figura 3.16: Iperbole di eulero per aste ideali
Figura 3.17: Andamento della snellezza per aste reali
Il punto P di intersezione tra le due curve (retta = f
y
ed
iperbole di Eulero) denisce il limite di snellezza
y
al limite
di proporzionalit superato il quale
y
si ha collasso per
instabilit (snellezza a cui corrisponde un carico critico eu-
leriano
cr
pari alla resistenza a compressione semplice del
materiale f
y
).
N
cr
=
2
EJ
l
2
0
=
2
E A
2
min
l
2
0
=
2
EA
cr
=
2
E
2
= f
y
y
=
E
f
y
(3.42)
Nel caso di aste reali (industriali), la presenza di imper-
fezioni meccaniche e geometriche condiziona fortemente la
capacit portante nel campo delle medie snellezze. La ten-
sione di collasso delle aste con grandi snellezze
e
ancora determinata dalla legge di Eulero mentre la tensione
limite delle aste tozze < 0, 2
y
pari al limite plastico
del materiale. Il punto di inessione della curva che descri-
ve il comportamento delle aste reali determina il limite delle
medie snellezze (g. 3.17). Le aste con medie snellezze
collassano per instabilit elasto-plastica: quando lelemen-
to instabilizza alcune bre della sezione trasversale hanno
gi raggiunto lo snervamento (lo stato tensionale non uni-
forme allinterno della sezione): il carico limite (critico) non
pi funzione della sola snellezza ma dipende anche dal-
la distribuzione delle tensioni residue e dalla non linearit
dellasse dellelemento nella congurazione indeformata. A
seguito delle imperfezioni geometriche iniziali, che si pos-
sono schematizzare con uneccentricit iniziale del carico di
compressione, lasta risulta pressoinessa.
La risposta dellasta, in termini di relazione forza-
spostamento trasversale, inizialmente coincide con quella
dellelemento ideale con imperfezione iniziale (il materiale
in campo elastico). Raggiunto a livello locale il valore della
tensione limite (snervamento) si ha un decremento di rigi-
dezza associato ad un valore ridotto (o nullo) del modulo
elastico del materiale nelle zone della sezione sollecitate in
campo plastico. Il valore del carico N
u
< N
cr
corrisponde al
raggiungimento della resistenza massima dellelemento.
La verica dellelemento compresso viene effettuata control-
lando che il valore della tensione non ecceda un valore limite
(inferiore o al pi uguale alla tensione resistente di progetto
del materiale) funzione di:
snellezza dellelemento;
forma della sezione trasversale;
tipo di acciaio.
3.6.1 Verica dellinstabilit per elementi compressi
(NTC 2008-EC3)
La normativa, in accordo con lEC3 denisce quattro curve di
instabilit in funzione delle caratteristiche della sezione tra-
sversale degli elementi. In funzione del tipo di sezione e del
tipo di acciaio considerato si ricavano i coefcienti riduttivi
in funzione della snellezza adimensionale
=
_
Af
y
/N
cr
. La
verica consiste nellaccertare che:
N
Ed
N
b,Rd
(3.43)
Dove N
b,Rd
pari a:
per le sezioni in classe 1,2 e 3:
N
b,Rd
=
A f
y
m1
(3.44)
per le sezioni in classe 4:
N
b,Rd
=
A
eff
f
y
m1
(3.45)
con:
=
1
+
_
2
+
2
1 e = 0.5[1 + (
0.2) +
2
]
(3.46)
Rev. B 6 dicembre 2012 27
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Nel caso in cui
sia minore di 0,2 oppure nel caso in
cui la sollecitazione di calcolo N
Ed
sia inferiore a 0,04N
cr
, gli
effetti legati ai fenomeni di instabilit per le aste compresse
possono essere trascurati.
3.6.2 Verica dellinstabilit per elementi inessi (NTC
2008-EC3)
Glie elementi inessi possono manifestare una particolare
forma di instabilit costituita dallinstabilit laterale, anche
chiamata svergolamento o instabilit esso-torsionale. Que-
sta dovuta alla forza di compressione che agisce su una
parte del prolo (per elementi in semplice appoggio con cari-
chi verticali lala superiore del prolo) e che pu provocare
sbandamento laterale e al contempo torsione, ossia trasla-
zione e rotazione della sezione senza che il prolo possa
esplicare le proprie risorse essionali.
Si studia il fenomeno in maniera semplicata scomponendo
il momento sollecitante M
sd
in una coppia di forze applicate
in corrispondenza delle due piattabande della trave N=M/h.
La piattabanda compressa tender a sbandare nel piano di
minor rigidezza (verticale) ma essendo vincolata allanima
trasler orizzontalmente provocando la deformazione della-
nima stessa e la torsione della trave. Con questo approccio
(comunque a favore di sicurezza) non si tiene conto in modo
accurato della rigidezza torsionale della trave e delleffetto
irrigidente dellanima.
Il carico di collasso (momento critico) per instabilit
esso-torsionale dipende da:
la distanza L tra due ritegni torsionali consecutivi;
la rigidezza essionale EJ
z
nel piano orizzontale;
la forma della sezione: sezioni compatte con po-
ca distanza tra le due piattabande garantiscono una
notevole resistenza nei confronti dello sbandamento
laterale;
landamento del momento ettente, nel caso in cui
il momento sollecitante non sia costante gli effetti
instabilizzanti risultano inferiori;
La normativa, in accordo con lEC3, impone la seguente
verica:
M
Ed
M
b,Rd
(3.47)
Dove M
b,Rd
pari a:
per le sezioni in classe 1,2 e 3:
M
b,Rd
=
LT
W
pl ,y
f
y
m1
(3.48)
per le sezioni in classe 4:
M
b,Rd
=
LT
W
eff ,y
f
y
m1
(3.49)
3.7 Stati limite di esercizio, veriche
In condizioni di esercizio lo stato tensionale ben distante
dai valori di rottura, perci la legge costitutiva del mate-
riale ed il metodo di analisi strutturale adottati sono sempre
lineari.
In quanto ai carichi, si utilizzano per essi valori aventi una
probabilit di essere superati maggiore rispetto a quelli uti-
lizzati per le veriche allo stato limite ultimo (e quindi pi
bassi). Anche in questo caso la verica positiva se:
S
d
R
d
(3.50)
3.7.1 Controllo degli spostamenti verticali
Le deformazioni delle membrature in acciaio devono esse-
re contenute entro limiti sufcientemente piccoli per evitare
che:
lutilizzazione dellopera venga impedita o ridotta
(funzionalit degli impianti, confort abitativo);
gli elementi portati (tamponamenti, pavimenti, rivesti-
menti) siano danneggiati;
la ripartizione degli sforzi sia alterata rispetto allanalisi
effettuata (solitamente analisi del I ordine).
Con riferimento alla gura 3.19 si ha:
max
=
1
+
2
c
(3.51)
dove:
1
la freccia dovuta ai carichi permanenti:
2
la freccia dovuta ai carichi variabili pi eventua-
li deformazioni variabili nel tempo dovute ai carichi
permanenti;
c
la controfreccia
La verica di deformabilit che corrisponde allo stato
limite di esercizio risulta spesso determinante nel dimen-
sionamento delle strutture metalliche. La verica consiste
nel vericare che la freccia massima si minore dei rapporti
riportati in gura 3.19 e 3.20.
3.7.2 Stato limite di vibrazioni
Nel progetto bisogna prendere idonei provvedimenti verso i
carichi imposti che possono produrre urti, vibrazioni ecc..(si
hanno frequenze vicine alla frequenza propria della struttura
questa entra in risonanza).
Nel caso di solai caricati regolarmente da persone, la fre-
quenza naturale pi bassa della struttura del solaio non
deve in generale essere minore di 3 Hz, ci soddisfatto se
linessione totale istantanea ottenuta con la combinazione
quasi permanente minore di 28 mm.
Nel caso di solai soggetti a eccitazioni cicliche la frequenza
naturale pi bassa non deve in generale essere inferiore a
Rev. B 6 dicembre 2012 28
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Figura 3.19: Limiti di deformabilit per gli elementi di impalcato delle costruzioni ordinarie
Figura 3.20: Limiti di deformabilit per costruzioni ordinarie soggette ad azioni orizzontali
Rev. B 6 dicembre 2012 29
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5 Hz, ci soddisfatto se linessione totale istantanea otte-
nuta con la combinazione quasi permanente minore di 10
mm.
Le strutture di elevata essibilit, quali edici alti e snelli,
coperture molto ampie, ecc., devono essere vericate per
gli effetti indotti dallazione dinamica del vento sia per le
vibrazioni parallele che per quelle perpendicolari allazione
del vento (secondo EC1).
Le veriche devono condursi sia per le vibrazioni indotte
dalle rafche, sia per quelle indotte dai vortici.
Rev. B 6 dicembre 2012 30
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4 La Fatica
La fatica un fenomeno che interessa principalmente le
costruzioni metalliche, in ambito strutturale pu presentar-
si nella costruzione di ponti e carroponti.
Spesso si vericano cedimenti di strutture ed organi mecca-
nici sottoposti allazione di forze ripetute nel tempo anche se
queste mantengono la struttura in campo elastico: in questi
casi si dice che il guasto avvenuto per fatica.
Gli elementi meccanici sono spesso soggetti a sollecitazio-
ni che variano ciclicamente nel tempo, cio sono soggetti a
storie di carico nelle quali si pu identicare una successio-
ne di valori massimo (picchi) e minimi (valli) alternati. Si noti
che nella vita a fatica di un materiale contano soltanto i livelli
dei picchi e dei valli della storia di carico e non la forma della
funzione compresa tra essi.
La resistenza a fatica la resistenza che il materiale offre a
carichi applicati in modo ciclico.
I vari tipi di ciclo, caratterizzati dallampiezza di oscillazione
attorno al valore medio
m
oppure tramite il parametro
R =
min
/
max
e il valore
max
, sono riassunti nella seguente
tabella:
La fatica si suddivide in:
classica: si ha quando il ndi cicli maggiore di 10
000 e questi avvengono ad una tensione
max
<
y
di
snervamento;
oligociclica: si ha quando il n di cicli compreso
tra 10 e 10 000 e questi avvengono ad una tensione
max
=
y
di snervamento (per esempio nel caso si
sisma o di piegatura).
4.1 Curve di Whler e Limite di resistenza a
fatica
Per determinare la resistenza del materiale sotto lazione di
carichi di fatica i provini vengono assoggettati a forze varia-
bili ciclicamente nel tempo tra un valore massimo
max
e un
valore minimo
min
pressati contando i cicli necessari per
la rottura. Queste prove vengono eseguite attraverso una
apposita macchina chiamata macchina di Moore. Per carat-
terizzare il ciclo, queste prove vengono eseguite con R o
m
costanti.
Riportando i risultati su di un graco in scala bi-logaritmica
si ottiene una curva con landamento tipico di g. 4.1 dove N
indica il numero di cicli alla rottura. Tale curva detta curva
di Whler
16
e stabilisce la resistenza a fatica dellacciaio.
Figura 4.1: Curva di Whler (
m
= cost )
Figura 4.2: Diagramma di Moore-Kommers-Jasper
Limite di resistenza a fatica
Dallanalisi della g. 4.1 si nota che lultimo tratto della cur-
va tende a divenire orizzontale oltre il milione di cicli. Tale
asintoto orizzontale rappresenta la tensione al limite di re-
sistenza a fatica dove per limite di resistenza a fatica si
intende il ndi cicli oltre il quale non intervengono pi per un
dato tipo di ciclo fenomeni di fatica. Per gli acciai dellordi-
ne dei 2 milioni di cicli.
Unaltra rappresentazione utilizzata nel caso di cicli di carico
ad ampiezza costante quella di Moore-Kommers-Jasper
(g. 4.2) che utilizza gli stessi parametri adottati per le curve
di Whler: N,
max
ed R.
Ad ogni valore di N corrisponde una curva che fornisce la
tensione di rottura al variare del rapporto di fatica R. Nel
diagramma, tutti i punti al di sotto della curva limite (carat-
terizzata da N = 2 10
6
cicli) rappresentano situazioni di non
rottura, cio la vita dellelemento pu essere ritenuta innita.
16
A. Whler (Soltau 1819 - Hannover 1914), della provincia di Hannover, ingegnere ferroviario, pioniere degli studi sulla fatica.
Rev. B 6 dicembre 2012 31
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4.2 La rottura
4.2.1 Fasi del danneggiamento
Il danneggiamento dovuto a fenomeni di fatica si pu
dividere in tre fasi successive:
1. Incrudimento plastico del materiale: dipendente
dallo stato iniziale del materiale e dallampiezza degli
sforzi e delle deformazioni a cui sottoposto. Que-
sta fase caratterizzata dai cambiamenti nella micro-
struttura del metallo che interessano lintero volume
caricato;
2. Enucleazione della cricca a livello microscopico:
consiste in una fessurazione del materiale che prende
luogo in una piccola parte del volume totale e speci-
camente nello strato superciale. Pertanto, risulta par-
ticolarmente importante conoscere la concentrazione
degli sforzi sulla supercie che provoca lapertura della
fessura;
3. Propagazione della cricca: la cricca si espande -
no alla rottura nale controllata da un parametro che
la deformazione plastica concentrata nella zona che si
trova alle estremit della cricca stessa.
Figura 4.3: La rottura per fatica
4.2.2 Cause
La rottura per fatica dovuta principalmente a fenomeni
derivanti da:
Difettosit interne: queste possono essere
linomogeneit e lanisotropia dei cristalli che
compongono il metallo, le inclusioni o altri difetti
interni;
Difettosit superciali: sono dovute alla lavorazione
eseguita sulla supercie, la sua rugosit infatti costi-
tuisce un invito (innesco) al formarsi della cricca per
fatica. Linuenza tanto pi grave quanto pi rugo-
sa la supercie e quanto pi duro e meno plastico il
materiale;
Forma delle sezioni: brusche variazioni della sezione
comportano brusche variazioni dello stato tensionale.
In corrispondenza di una discontinuit (foro, variazione
di sezione, ecc..) si possono raggiungere tensioni di sner-
vamento con conseguente plasticizzazione del materiale.
Aumentando i cicli di carico la zona plasticizzata si degrada
no a portare alla crisi per fatica. La deformazione plastica
oscillante la causa nale della rottura per fatica.
Altri fattori che possono inuenzare la resistenza a fatica
sono:
Frequenza di oscillazione: nel campo pratico cio
per frequenze comprese tra 1 30 Hz non incide.
Per frequenze pi alte porta ad un lieve incremen-
to della resistenza a fatica se la temperatura viene
mantenuta costante;
Dimensione dei pezzi: in generale incide molto poco
sulla resistenza. Nei provini non saldati sembra co-
munque che essa decresca leggermente allaumenta-
re del provino infatti pi la dimensione elevata e pi
si ha il propagarsi delle cricche;
Corrosione: produce ovviamente una diminuzione
della resistenza a fatica. In questo caso la curva di
Whler non raggiunge pi il limite di fatica (lasintoto
della curva non pi orizzontale) di conseguenza si
parla di resistenza a termine;
Stato di tensione: In questo caso il comportamento
a fatica non ha ancora trovato una soluzione univoca.
Sembra che in questo caso sia pi idoneo il criterio
della tensione massima principale rispetto al criterio di
Von Mises.
4.3 Veriche relative alla fatica
Fino al 1985 la normativa Italiana prevedeva che il fenome-
no di fatica, anche per giunti saldati, dipendesse oltre che
dalla anche dalla
m
. Venivano infatti forniti una serie
di diagrammi di Moore-Kommers che fornivano i valori delle
e
amm
in funzione del tipo di acciaio, del tipo di giunto
e del particolare costruttivo. Le curve erano fornite per un
pressato ndi cicli (2 10
6
, 6 10
5
, 1 10
5
) ad ampiezza
costante (cicli uniformi di fatica).
Tutto questo concordava con la teoria classica della fatica.
In realt, gi attorno agli anni 70, si visto che questo ti-
po di approccio andava rivisto, soprattutto per gli elementi
saldati. Al tempo, infatti, si era appurata sperimentalmente
liniuenza (a livello di resistenza a fatica) del processo di
distensione nei provini a scala ridotta. Questo risultato era
quindi stato erroneamente esteso anche alle strutture reali.
Le sperimentazioni degli anni 70, realizzate su strutture in
scala reale, portarono invece alle seguenti conclusioni per le
strutture saldate:
la variabile che inuenza maggiormente la fatica le-
scursione di tensione e cio la differenza tra la
max
e la
min
applicate;
particolari costruttivi simili e di analoga fabbricazione
anche se costituiti da acciaio di tipo diverso non hanno
dimostrato differenze signicative per quanto riguarda
il valore della resistenza a fatica;
Rev. B 6 dicembre 2012 32
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nessuno dei particolari costruttivi e delle travi provate
ha presentato un limite di fatica in situazioni inferiori ai
2 10
6
cicli;
la vita a fatica risulta essere distribuita secondo una
legge normale (gaussiana) a quasi tutti i livelli di
escursione (g. 4.4);
Figura 4.4: Distribuzione prove a fatica
4.3.1 CNR 10011-88
La norma CNR (molto simile allEC3) impone per procede-
re alle veriche di fatica la conoscenza delloscillogramma
di tensione (g. 4.5) e conseguentemente dello spettro di
carico (g. 4.6) che genera queste tensioni.
Figura 4.5: Oscillogramma delle tensioni
Figura 4.6: Spettro di carico
La stessa denisce poi:
Ciclo di tensione: il tratto di un diagramma tempo-
oscillazione che ha inizio in corrispondenza di una
tensione minima ed ha ne in corrispondenza della
tensione minima successiva (g. 4.5);
di tensione: la differenza algebrica fra la tensione
massima e quella minima di un ciclo di tensione. Esso
verr designato con o a seconda che sia un
relativo alle tensioni normali o tangenziali;
Spettro di carico dei di tensione: il diagramma
che mette in relazione i vari
i
che si vericano in
un punto di una struttura con il numero di cicli ad esso
relativo (g. 4.7).
Figura 4.7: Spettro dei di tensione
Per ogni particolare costruttivo la norma riporta il
a
(delta di tensione ammissibile corrispondente a sollecitazio-
ni di ampiezza costante a 2 10
6
cicli)(g. 4.14 e seguenti);
Questo
a
il parametro che li caratterizza ed chiama-
to categoria del particolare. I particolari aventi la medesi-
ma categoria hanno, dal punto di vista della fatica, la stessa
probabilit di rottura. Essi vengono poi suddivisi in quattro
gruppi principali:
Gruppo I - Particolari non saldati sollecitati
a trazione-compressione;
Gruppo II - Particolari saldati sollecitati
a trazione-compressione;
Gruppo III - Particolari sollecitati a sforzi tangenziali;
Gruppo IV - Particolari di strutture tubolari.
La norma fa inoltre corrispondere ad ogni particolare co-
struttivo una linea S-N in un diagramma di Whler in doppia
scala logaritmica. In ogni linea si ritrova il limite di resisten-
za a fatica a costante (5 10
6
10
7
) e il limite di tronca-
mento cio il limite oltre il quale non si considerano inuenti
i cicli nel calcolo a fatica (10
8
cicli)(g. 4.8 e g. 4.9). Le li-
nee S-n corrispondono allequazione
m
n = cost dove m
assume valori diversi in relazione al tipo di sollecitazione e al
numero di cicli. In particolare le linee con m=3 sono derivate
dallanalisi statistica dei valori sperimentali e rappresentano
i valori medi diminuiti di due deviazioni standard.
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Figura 4.8: Linee SN dei particolari strutturali sollecitati a
trazione o compressione
Figura 4.9: Linee SN dei particolari strutturali sollecitati a
sforzi tangenziali
La resistenza a fatica dei vari particolari costruttivi dipen-
de poi dallo spessore. In particolare se t > 25 mm la
a
dovr essere ridotta ed il suo valore calcolato con la formula:
a,t
=
a
4
_
25
t
(4.1)
dove:
a
il tabulare a 2 10
6
cicli;
t lo spessore della parte pi sollecitata del particolare
strutturale;
a,t
il corretto da impiegare per lo spessore t.
4.3.2 Veriche a fatica
In generale nessuna verica a fatica richiesta se:
se tutti i di trazione-compressione sono minori di
26N/mm
2
o comunque al limite di fatica
D
;
se tutti i di taglio sono minori di 35N/mm
2
;
se il numero totale dei cicli minore di 10
4
.
In tutti gli altri casi si deve effettuare la verica a fati-
ca considerandola relativa ad uno stato limite di servizio in
campo elastico (verica con carichi desercizio).
Indicata con
r
la resistenza a termine individuata sulle
curve S-N e con S il delta di tensione per cicli di carico ad
ampiezza costante si deve avere:
s
S =
r
m
(4.2)
ove
s
il coefciente parziale di sicurezza relativo alle
azioni di fatica (poich un carico desercizio sar
s
=1) e
m
il coefciente parziale relativo alla resistenza che tiene
conto delle incertezze sul materiale. I valori dei coefcienti
m
da adottare nelle veriche delle strutture sono riportati
in tabella 4.1 in funzione delle conseguenze delleventuale
rottura per fatica.
Tabella 4.1: Coefcienti parziali
m
Numero di derivazioni
Standard adottato 2 2,5 3 3,5
Coefciente
m
1,0 1,1 1,2 1,3
Si adotter
m
=1 se la rottura comporta solo un danneg-
giamento locale (es. struttura iperstatica), un
m
=1,3 se la
rottura comporta il collasso globale della struttura.
Se i cicli non sono ad ampiezza costante la verica a
fatica potr essere effettuata con il metodo della Regola di
Miner o con quello del equivalente. La determinazione
dello spettro dei di tensione deve essere ottenuto dallo-
scillogramma delle tensioni secondo il metodo del serba-
toio. Il diagramma dellandamento nel tempo delle tensioni
viene considerato come prolo di fondo di un serbatoio pie-
no dacqua (g. 4.10; gli estremi sono costituiti dal tratto che
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converge verso il punto di massimo assoluto del diagramma
(punto A) e da un tratto corrispondente, reale o ttizio, posto
a termine del diagramma stesso. La determinazione dei vari
cicli si effettua immaginando di svuotare il serbatoio scari-
cando dal punto pi basso D, al vuoto dacqua che si forma
corrisponde il 1ciclo ed il ad esso relativo la discesa
di livello D
1 (4.3)
dove:
D il danno;
n
i
il ndi cicli effettivi relativi al
i
o al
i
;
n
i
il numero di cicli che sulla linea SN di riferimento
corrisponde al
i
o al
i
.
4.3.4 Metodo del Delta equivalente
Viene indicato campo equivalente di uno spettro ed indica-
to con
ef
o con
ef
il campo di ampiezza costante che
operando per un numero di cicli pari al numero totale n di
cicli dello spettro da luogo al medesimo danneggiamento a
fatica dello spettro stesso. (applico la regola di Miner consi-
derando costanti equivalenti).
Esso dato dalle seguenti espressioni:
ef
=
3
_
3
i
n
i
n
nel caso di spettri relativi a tensioni
di trazione-compressione;
ef
=
5
_
5
i
n
i
n
nel caso di spettri relativi a tensioni
tangenziali.
La verica a fatica si effettua confrontando il equiva-
lente con il resistente
r
o
r
ricavato dai diagrammi
4.8 e 4.9 in corrispondenza dello stesso numero di cicli n; si
tratta pi precisamente di vericare che sia:
s
ef
r
m
o
s
ef
r
m
(4.4)
4.3.5 Sollecitazioni pluriassiali
se sono minori del 15 % delle coesistenti tensioni
normali il loro effetto pu essere trascurato;
se > 15 % e cio quando lo stato di sollecitazione
nei gradini di uno spettro caratterizzato da cicli si-
multanei di tensioni normali e tangenziali, si effettuer
per ciascun gradino il calcolo delle tensioni principa-
li in corrispondenza delle tensioni minime e massime,
se ne ricaver il relativo e la verica a fatica verr
fatta sullo spettro dei delle tensioni principali cos
ottenuto (criterio della massima tensione principale);
se le tensioni normali e tangenziali non sono contem-
poranee si pu applicare la regola di miner n
i
/n
i
(caso raro).
4.3.6 Strutture esenti da tensioni interne
Per strutture non saldate o saldate e poi trattate in modo
da eliminare le tensioni interne da ritiro della saldatura, si
possono aumentare i campi di resistenza mediante il coef-
ciente K fornito in funzione del rapporto R=
min
/
max
(g.
4.11).
Figura 4.11: Coefciente di riduzione per tensioni interne
Se invece il di calcolo ha una componente di trazione
ed una di compressione la norma stabilisce che si pu im-
piegare una ttizio ottenuto sommando alla componente
di trazione il 60% di quella di compressione.
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4.4 Prove a fatica con carichi variabili
4.4.1 Sovraccarico ed Allentamento
Quando un provino soggetto ad un ciclo base di carico,
salvo temporanei intervalli di tempo nel quale il carico si ac-
cresce o si riduce, si constata che il campione sottoposto
temporaneamente a cicli di tensioni alterne su sezioni al limi-
te di fatica. Si trova successivamente un limite pi basso di
quello che si sarebbe ottenuto senza lapplicazione tempora-
nea della sovratensione (raggiungo la rottura ad un numero
pi basso di cicli).
Questo effetto si dice di SOVRACCARICO.(g. 4.12)
Viceversa se si assoggetta il provino per brevi intervalli di
tempo ad un livello di tensione inferiore a quella del ciclo ba-
se, si ottiene una risposta a fatica con un valore superiore a
quello del ciclo base.
Si parla in questo caso si ALLENAMENTO del provino (g.
4.13).
Relativamente alle gure 4.12 e 4.13 si deniscono
poi lIndice di sovraccarico I = AE/AB e lEffetto di
sovraccarico E = FD/CD.
Figura 4.12: Sovraccarico
Figura 4.13: Allenamento
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Figura 4.14:
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Figura 4.15:
Rev. B 6 dicembre 2012 38
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Figura 4.16:
Rev. B 6 dicembre 2012 39
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Figura 4.17:
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Figura 4.18:
Rev. B 6 dicembre 2012 41
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Figura 4.19:
Rev. B 6 dicembre 2012 42
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Figura 4.20:
5 Unioni chiodate
Lutilizzo dei chiodi come come metodo di unione tra elemen-
ti metallici non pi ormai molto utilizzato, principalmente
per gli alti costi di legati alla manodopera e alla poca prati-
cit propria di questo metodo. Il chiodo costituito da una
testa forgiata assieme al gambo, laltra testa viene ottenuta
per battitura dopo aver riscaldato alla temperatura del ros-
so il gambo e posto il chiodo in opera nellapposito foro. Il
raffreddamento del chiodo comporta una contrazione dello
stesso che comprime i pezzi con cui a contatto, realizzan-
do ununione che trasmette sforzi anche per attrito (anche
se nel calcolo la resistenza per attrito di questo sistema non
viene considerata) e che garantisce nel tempo unadeguata
assenza di inltrazioni. Il sistema a chiodi non permette nes-
sun gioco tra gambo e foro, realizzando unioni molto rigide.
Per il calcolo si considera esclusivamente la resistenza a
taglio del chiodo.
Sono previsti chiodi dei seguenti diametri (misure in mm):
chiodo 10 13 16 19 22 25
foro 10,5 14 17 20 23 26
Le tensioni ammissibili sono:
b,adm
= 50 MPa
b,adm
= 120 MPa
La forma dei chiodi pu essere di diverso tipo, la
normativa CNR 10011 ne specica le caratteristiche:
Figura 5.1: Tipologie di chiodo
In relazione allo spessore complessivo t da chiudere si
impiegheranno diversi tipi di chiodi:
chiodi a testa tonda e a testa svasata piana per
t
d
4, 5mm ;
chiodi a testa svasata con calotta per 4, 5mm
t
d
6, 5mm .
Le caratteristiche dimensionali sono da calcolarsi sul-
la base del diametro del foro e sul sistema usato per la
ribaditura.
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Figura 5.2: Dimensioni dei chiodi
=
4
3
d (a macchina); =
7
4
d (a mano)
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6 Unioni bullonate
Questo tipo di unione risulta risulta pi deformabile delle
unioni chiodate (a causa del foro pi grande del gambo), ma
grazie ad una maggiore praticit nella posa in opera e nel
recupero, stanno trovando un uso sempre pi vasto. Questa
deformabilit comunque manifesta solo ben oltre il carico
di servizio in quanto il preserraggio imposto dalle norme fa
lavorare il giunto prevalentemente ad attrito e, solo nellulti-
ma fase, a taglio. Nelle giunzioni ad attrito possono essere
impiegati solo bulloni ad alta resistenza.
6.1 Classicazione dei bulloni
I bulloni sono organi di unione costituiti da:
vite con testa per lo pi esagonale e gambo
completamente o parzialmente lettato;
dado, anchesso di forma per lo pi esagonale;
rondelle per lo pi di forma circolare.
Figura 6.1: Bulloni
Le classi delle viti e bulloni che possono essere
accoppiati sono le seguenti (CNR 10011):
Normali Alta resistenza
Vite 4.6 5.6 6.8 8.8 10.9
Dado 4A 5D 5S 6S 8G
Le tensioni ammissibili espresse in MPa per le varie
classi di viti:
Classe f
bt
f
y
f
k,N
b,adm
b,adm
4.6 400 240 240 160 113
5.6 500 300 300 200 141
6.8 600 480 360 240 170
8.8 800 640 560 373 264
10.9 1000 900 700 467 330
Ai ni del calcolo quello che interessa il valore ca-
ratteristico f
k,N
della resistenza del materiale costituente la
vite (o, in sua assenza, il valore il valore della tensione li-
mite di deformazione permanente dello 0,2%). Si assume,
convenzionalmente:
f
k,N
= min
_
0, 7 f
t
f
y
(6.1)
6.2 Geometria dei bulloni
I bulloni che vengono usati per carpenteria metallica
possono avere i seguenti diametri nominali:
d [mm] 12 14 16 18 20 22 24 27 30
A
res
[mm
2
] 84,3 115 157 192 245 303 353 459 581
Le varie dimensioni utili alla denizione della geometria
dei bulloni possono riassumersi in:
Figura 6.2: Dimensioni dei bulloni
p - passo della lettatura
d - diametro nominale del gambo
d
n
- diametro del nocciolo
d
m
- diametro medio
d
res
= ( d
n
+ d
m
) / 2 - diametro della sezione resistente
A questi diametri possibile associare le seguenti aree:
A = d
2
/ 4 - area della parte non lettata del gambo
A
res
= d
2
res
/ 4 - area resistente della parte lettata
6.2.1 Tolleranze dei bulloni
Laccoppiamento fra bulloni e piastre richiede delle tolleran-
ze, sia per quanto riguarda il gioco foro-bullone, sia per
quanto concerne leventuale lunghezza del tratto non let-
tato del gambo.
Indicato con il diametro del foro, viene normalmente
ammesso un gioco foro-bullone d pari a :
d 1mm per d 20mm
d 1, 5mm per d > 20mm
Con lausilio di accoppiamenti di precisione e possibile
scendere a valori minori:
d 0, 3mm per d 20mm
d 0, 5mm per d > 20mm
La lunghezza della parte non lettata deve essere tale
da intersecare tutti i piani di taglio delle piastre da unire. Nel
caso in cui ci non fosse possibile, ovvero quando il gambo
lettato intersecasse un piano di taglio, larea di calcolo per
la verica a taglio sar lA
res
.
Rev. B 6 dicembre 2012 45
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6.3 Serraggio
Nel serraggio del bullone, allavvitamento del dado corri-
sponde un allungamento del gambo che, unitamente al tor-
cente applicato, crea uno stato di autotensioni che si esplica
in:
una pretrazione del bullone equilibrata da una
precompressione delle piastre;
una torsione nel bullone equilibrata dallattrito fra
piastra e bullone;
Il serraggio beneco in quanto aumenta le prestazioni
dellunione nei confronti degli stati limite di esercizio quali:
lo scorrimento delle piastre con conseguente ripresa
del gioco foro-bullone per unioni in cui i bulloni lavorino
a taglio;
il distacco delle piastre per unioni in cui i bulloni la-
vorino a trazione, con conseguente eliminazione dei
pericoli di corrosione.
Daltra parte il serraggio non deve essere spinto oltre un cer-
to limite per non compromettere la capacit ultima dellunio-
ne. Nei giunti con bulloni ad alta resistenza precaricati la
resistenza ad attrito dipende dalle modalit di preparazione
delle superci a contatto, dalle modalit di esecuzione e dal
gioco foro-bullone. In via semplicativa la resistenza di pro-
getto allo scorrimento di un bullone ad attrito si calcoler as-
sumendo una forza di precarico pari al 70% della resistenza
ultima a trazione del bullone. (4.2.8.1.1 delle NTC)
F
p,Cd
= 0, 7
f
tb
A
res
M7
(6.2)
La norma armonizzata UNI EN 13499-1 prescrive che viti,
dadi e rondelle siano forniti dal medesimo produttore e che
rechino la marchiatura CE. La norma armonizzata prevede
che vengano eseguite, tra laltro, prove sistematiche di ser-
raggio del complesso vite, dado e rondella(e); queste pro-
ve forniscono informazioni sul fattore k che lega la forza di
precarico F
p,Cd
ed il momento di serraggio M. Si ha:
M = k d F
p,Cd
(C4.2.106 circolare esplicativa) dove d il diametro nomi-
nale della vite. Il valore del fattore k, secondo le prescri-
zioni della norma, indicato sulle targhette delle confezioni
(dei bulloni, oppure delle viti) per le differenti classi funzionali
(4.4.4 NTC).
Nel caso il momento di serraggio non sia riportato sulle tar-
ghette delle confezioni, ma compaia il solo fattore k secon-
do la classe funzionale, per facilitare gli operatori addetti
ai montaggi, si pu fare riferimento alle Tabelle C4.2.XX e
C4.2.XXI (g. 6.3) (che si riferiscono alle viti di classe 8.8
e 10.9 rispettivamente) per denire il momento di serraggio
dei bulloni.
6.4 Stato limite ultimo
Per ogni tipo di unione si ha interesse a valutare, oltre alle
condizioni in esercizio, anche le prestazioni al collasso. I va-
ri meccanismi che interessano le componenti di ununione
bullonata sono i seguenti:
rottura per taglio del bullone;
rottura per rifollamento della lamiera;
rottura per taglio della lamiera;
rottura per trazione della lamiera.
Figura 6.4: Meccanismi di rottura
La resistenza delle unioni bullonate pu venir determi-
nata convenzionalmente sulla base di veriche numeriche,
che interpretano dei comportamenti statici semplicati. Si
distinguono le unioni in cui il bullone sollecitato:
a taglio;
a trazione;
a trazione e taglio.
Per ognuno di questi tipi di unione si deve distinguere la
resistenza nei riguardi:
dello stato limite ultimo;
dello stato limite di esercizio.
In questa sezione (quella relativa allo stato limite ultimo)
verranno trattati sia il funzionamento dei diversi tipi di unione
che il metodo di verica a stato limite ultimo; mentre nella
sezione successiva verranno solo spiegate le veriche allo
stato limite di esercizio.
6.5 Unioni a taglio
6.5.1 Verica a taglio (meccanismo a) gura 6.4)
I valori di resistenza che seguono, possono essere utilizzati
come valori della resistenza di progetto, ma non hanno un
chiaro signicato statistico: sono valori convenzionali per i
quali lesperienza costruttiva e levidenza sperimentale han-
no mostrato un corretto funzionamento.
Ununione bullonata tanto pi correttamente concepita
quanto pi vicini fra loro sono i carichi di rottura corrispon-
denti ai meccanismi sopra elencati.
Per denire la resistenza di progetto a taglio di ogni sezione
Rev. B 6 dicembre 2012 46
Corso di Costruzioni in Acciaio Universit degli Studi di Trieste - Facolt di Ingegneria Civile
Figura 6.3: Tabelle C4.2.XX e C4.2.XXI
resistente non ha senso ricorrere al criterio di Huber Von Mi-
ses, in quanto la lunghezza della vite dello stesso ordine di
grandezza del diametro (quindi non pu essere considerato
una trave inessa).
Per ogni piano di taglio che interessa il gambo dellelemento
di connessione viene quindi assunta una resistenza pari a:
F
v,Rd
=
0, 6 f
tb
A
res
M2
(6.3)
per bulloni di classe 4.6, 5.6 e 8.8. Mentre
F
v,Rd
=
0, 5 f
tb
A
res
M2
(6.4)
per bulloni di classe 6.8 e 10.9.
A
res
indica larea resistente della vite e si adotta quando
il piano di taglio interessa la parte lettata della vite. Nei casi
in cui il piano di taglio interessa il gambo non lettato della
vite si ha una resistenza pari a:
F
v,Rd
=
0, 6 f
tb
A
res
M2
(6.5)
La verica sul bullone viene condotta vericando che lo
sforzo di taglio agente F
v,Ed
sia minore del valore resistente
F
v,Rd
. Ovvero:
F
v,Ed
F
v,Rd
(6.6)
La resistenza complessiva della singola unione a taglio
perci data da min(F
v,Rd
; F
b,Rd
)
17
.
6.5.2 Verica a rifollamento della lamiera (meccanismo
b) gura 6.4)
La verica a rifollamento della lamiera consiste nellassicu-
rare che lo stato tensionale in prossimit del foro sia com-
patibile con le caratteristiche del materiale. La verica vie-
ne condotta ipotizzando una distribuzione delle tensioni a
plasticizzazione avvenuta. La norma impone che:
rif
adm
con
rif
=
N
d t
dove [CNR 10011]
_
=
a
d
2, 5
Appare chiaro come convenga quindi assumere a =
2, 5 d. In generale si assume = 2, cio a = 2d.
La resistenza della lamiera a rifollamento [NTC 2008] si
calcola nel seguente modo:
F
b,Rd
=
k f
tk
t d
M2
(6.7)
17
F
b,Rd
la resistenza a rifollamento della lamiera, denita nel prossimo paragrafo.
Rev. B 6 dicembre 2012 47
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dove d il diametro nominale del gambo del bullone, t lo
spessore della piastra collegata, f
tk
la resistenza a rottura
del materiale della piastra collegata,
= min
_
e
1
3d
0
;
f
tb
f
t
; 1
_
per bulloni di bordo nella direzione del carico applicato,
= min
_
p
1
3d
0
0, 25;
f
tb
f
t
; 1
_
per bulloni interni nella direzione del carico applicato,
k = min
_
2, 8
e
2
d
0
0, 17; 2, 5
_
per bulloni di bordo nella direzione perpendicolare al carico
applicato,
k = min
_
1, 4
p
2
d
0
0, 17; 2, 5
_
per bulloni interni nella direzione perpendicolare al carico
applicato,
essendo e
1
, e
2
, p
1
e p
2
le dimensioni indicate in gura 6.5 e
d
0
il diametro nominale del foro di alloggiamento del bullone.
Figura 6.5: Dimensioni sulle piastre
La verica consiste nellassicurare che
F
v,Ed
F
b,Rd
(6.8)
6.5.3 Verica a taglio della lamiera (distanze dai bordi)
(meccanismo c) gura 6.4)
Per cautelarsi da questo tipo di rottura vengono denite delle
distanze per il posizionamento dei fori, alle quali si assume
che altri tipi di rotture prevalgano su quella a taglio della la-
miera.
Sempre con riferimento alla gura 6.5 possibile denire
due condizioni per i passi p
1
e p
2
: per elementi tesi avremo
25 t
min
p
i
3 d
0
mentre per elementi compressi
15 t
min
p
i
3 d
0
dove t
min
il minore tra gli spessori delle lamiere componenti
lunione.
Per quanto riguarda le distanze dai bordi abbiamo:
e
1
> 2 d
0
e
e
2
> 1, 5 d
0
Le limitazioni superiori sono da distinguersi per lamiere con
bordo irrigidito:
e
1
6 t
min
e
e
2
6 t
min
e per lamiere senza bordo irrigidito
e
1
9 t
min
e
e
2
9 t
min
Valori pi aggiornati sono disponibili nella Tabella
4.2.XIII (Posizione dei fori per unioni bullonate e chiodate)
delle NTC 2008.
6.5.4 Verica a trazione dei piatti (meccanismo d)
gura 6.4)
Figura 6.6: Distribuzione degli sforzi
Anche la resistenza di progetto per rottura a trazione del
piatti costituenti lunione viene determinata in modo conven-
zionale. In effetti la distribuzione degli sforzi in una sezione
forata del tipo di quella illustrato in gura 6.6 in campo
elastico. La ridistribuzione degli sforzi al collasso consente
luso di un valore medio.
Chiameremo in maniera del tutto convenzionale questa
resistenza B
v,Rd
18
.
B
v,Rd
= f
bt
A
nom
(6.9)
dove A
nom
= t
min
(b ).
Nel caso che vi siano pi bulloni la scelta della sezione cri-
tica pu diventare complessa: essa deve venir fatta sulla
base della resistenza a collasso per trazione e taglio della
piastra, in funzione delle possibili linee di rottura. Una regola
empirica, che si sempre dimostrata a favore di sicurezza
quella che corrisponde al minimo percorso passante per
uno o pi fori.
18
non prevista nella nomenclatura delle NTC 2008. Si veda nei paragra successivi la Resistenza di progetto a rottura per taglio (V
u,Rd
)
Rev. B 6 dicembre 2012 48
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Figura 6.7: Scelta della sezione critica
Ad esempio, la sezione critica della piastra illustrata in
gura 6.7 quella caratterizzata dal valore minimo di area
fra:
2L
1
+ 2L
2
2L
1
+ 2L
3
+ L
4
2L
1
+ 2L
3
+ 2L
5
Nel determinare il valore di sollecitazione corrispondente
B
v,Ed
19
si utilizza il metodo delle corde. Posto che lunione
sia sollecitata da uno sforzo di trazione pari a N, questo vie-
ne ripreso in maniera distribuita dalle n le di bulloni che la
compongono. La distribuzione reale di tale sollecitazione ri-
sulta essere parabolica (vedi gura ??), ma, per semplicit,
essa viene assunta costante per tutte le n le. Il metodo con-
siste nel considerare il numero di corde tagliate dal percorso
condiderato per calcolare il B
v,Rd
. La formula sar quindi:
B
v,Ed
=
c
C
c
T
N
Sd
(6.10)
dove per c
C
si intende il numero di corde tagliate dal per-
corso considerato, mentre per c
T
il numero totale di corde
(numero totale di bulloni).
Figura 6.8: Determinazione del carico
Quindi, come illustrato in gura, ai percorsi sopra
determinati corrisponderanno i seguenti sforzi:
2L
1
+ 2L
2
3
8
N
Sd
2L
1
+ 2L
3
+ L
4
5
8
N
Sd
2L
1
+ 2L
3
+ 2L
5
6
8
N
Sd
Nel caso di giunto non simmetrico si ipotizza un compor-
tamento plastico (materiale snervato con tensione uniforme
in tutti i pezzi). Varr dunque la seguente equazione:
=
F
1
A
1
=
F
2
A
2
da cui le forze sulle singole lamiere
F
1
=
F A
1
A
1
+ A
2
; F
2
=
F A
2
A
1
+ A
2
ci provoca linsorgere di un momento ettente rispetto alla
linea media della lamiera centrale pari a:
M = F
2
_
t
2
2
+
t
0
2
_
F
1
_
t
1
2
+
t
0
2
_
6.6 Unioni a trazione
Le unioni a trazioni si ritrovano ogni qualvolta si vuole ripristi-
nare la continuit degli elementi strutturali mediante giunzio-
ni angiate. Per comprenderne il comportamento si consi-
deri lunione costituita da due elementi giuntati con un unico
bullone e sollecitati da una forza esterna F
N
.
Prima dellapplicazione del carico esterno F
N
ciascuna
testa del bullone trasmette alle lamiere del giunto uno sfor-
zo totale di compressione di risultante pari allazione assiale
N
S
presente nel gambo del bullone dovuta al serraggio: a
tale azione corrisponde un allungamento iniziale del gam-
bo del bullone. Allagire del carico F
N
lo sforzo del gambo
del bullone si aumenta di un aliquota X che determina un
19
notazione assunta nellambito di questo testo e non prevista nella nomenclatura delle NTC 2008.
Rev. B 6 dicembre 2012 49
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leggero allungamento del bullone: la risultante di compres-
sione sulle lamiere si riduce di conseguenza di una quan-
tit Y. Se Y risulta inferiore a N
S
le parti restano ancora
in contatto e lallungamento L
1
del bullone coincide con la
decompressione L
2
della lamiera. Questi risultano:
L
1
=
X
k
1
; L
2
=
Y
k
2
dove k
1
e k
2
sono le rigidezze estensionali del bullone e delle
piastre rispettivamente. La rigidezza del bullone vale:
1
k
1
=
L
1
EA
+
L
2
EA
res
essendo A e A
res
rispettivamente larea della sezione del
gambo e di quella resistente, L
1
e L
2
la lunghezza della parte
non lettata e di quella lettata interessata dal collegamento.
Pi difcile la valutazione della rigidezza delle piastre:
lo stato tensionale infatti tridimensionale e dipende dalla
estensione della zona di contatto. In prima approssimazione
si pu porre k
2
=
EA
eff
t
, dove A
eff
larea convenzionale della
zona soggetta a compressione ipotizzando una diffusione a
45e t lo spessore della piastra. Per disposizioni costrutti-
ve iniziali che presuppongono spessori t maggiori od egua-
li al diametro d del bullone k
2
10k
1
. Diagrammando
gli allungamenti con lo sforzo normale applicato possibile
notare il diverso ordine di grandezza esistente tra piastre e
bullone:
Per lequilibrio del bullone deve risultare:
X + Y = F
N
Per la congruenza deve essere:
L
1
= L
2
=
X
k
1
=
Y
k
2
Risulta pertanto:
X =
F
N
1 +
k
2
k
1
F
N
11
Y =
_
1
1
1 +
k
2
k
1
_
10
11
F
N
Lincremento X dello sforzo di trazione nel gambo corrispon-
de quindi a non pi del 10% dello sforzo di trazione esterno
F
n
applicato. Nelleventualit poi che il bullone, sempre per
effetto di N
S
sia inizialmente sollecitato oltre il limite elastico
si ottiene una rigidezza del bullone k
1
tendente a zero; per-
tanto lincremento X risulta del tutto trascurabile.
Le relazioni precedentemente dedotte hanno valore no a
quando le piastre restano a contatto: cio per Y < N
S
. Per
Y > N
S
si determina il distacco delle piastre ed il bullone
viene cos a sopportare lintero valore del carico esterno F
N
.
Linizio del distacco avviene quindi per F
N
1.1N
S
. In gu-
ra 6.11 a) diagrammato il legame tra carico esterno F
N
e
allungamento del bullone L, mentre in b) viene rappresen-
tato il legame che intercorre tra carico esterno F
N
e azione
assiale N agente nel gambo del bullone. Se il bullone non
serrato, al crescere di F
N
cresce in egual misura N (curva a)
e, raggiunto il limite elastico, si entra in campo plastico no
al raggiungimento della rottura per un valore del carico N
U
.
Se il bullone serrato, anche per forza esterna nulla, pre-
sente nel gambo unazione assiale N
S
cui corrisponde un al-
lungamento L
S
. Al crescere della forza esterna F
N
lazione
assiale nel gambo N cresce molto lentamente no a quan-
do F
N
= N
P
1, 1 N
S
, cio no al valore che porta alla
decompressione delle piastre (curva b). Per F
N
> N
P
lazio-
ne assiale N ritorna ad essere uguale al carico applicato F
N
no a rottura.
La resistenza di calcolo a trazione semplice degli
elementi di connessione F
t ,Rd
pu essere assunta pari a:
F
t ,Rd
= 0, 9
f
tb
A
res
M2
(6.11)
Inoltre, nelle unioni bullonate soggette a trazione ne-
cessario vericare la piastra a punzonamento; ci non
richiesto per le unioni chiodate. La resistenza a
punzonamento del piatto collegato pari a
B
p,Rd
=
0, 6 d
m
t
p
f
tk
M2
(6.12)
dove d
m
il minimo tra il diametro del dado e il diametro me-
dio della testa del bullone; t
p
lo spessore del piatto e f
tk
la tensione di rottura dellacciaio del piatto.
La verica a stato limite ultimo viene condotta
assicurando che:
F
t ,Ed
F
t ,Rd
(6.13)
La resistenza della singola unione a trazione quindi
ottenuta come min(B
p,Rd
; F
t ,Rd
).
6.7 Unioni a taglio e trazione
Nel caso in cui vi sia la presenza combinata di taglio e
trazione si pu adottare la formula di interazione lineare:
F
v,Ed
F
v,Rd
+
F
t ,Ed
1, 4 F
t ,Rd
1 (6.14)
Questa formula (NTC 2008) risulta particolarmente cau-
telativa in quanto risultati sperimentali hanno evidenziato un
dominio ultimo ellittico di equazione:
_
F
v,Ed
F
v,Rd
_
2
+
_
F
t ,Ed
F
t ,Rd
_
2
1
6.8 Stato limite di esercizio
6.8.1 Unioni a taglio
Per i bulloni di classe 8.8 e 10.9 (alta resistenza), nella veri-
ca di deformabilit in condizioni di esercizio, si pu tenere
conto del funzionamento ad attrito del giunto. Si ammette
cio che per carichi minori del limite di scorrimento per attri-
to, il giunto sia rigido.
Si riporti in un diagramma (gura 6.12) lo scorrimento re-
lativo L fra i punti A e B delle piastre in funzione del
carico applicato F
V
. Si possono osservare quattro fasi di
comportamento ben distinte fra loro:
Rev. B 6 dicembre 2012 50
Corso di Costruzioni in Acciaio Universit degli Studi di Trieste - Facolt di Ingegneria Civile
Figura 6.10: Rigidezza delle lamiere e dei bulloni
Figura 6.11: Relazione tra azione applicata e allungamento / azione interna
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Figura 6.12: Scorrimento di un giunto da attrito
1. Lo scorrimento praticamente nullo al crescere del
carico: la trasmissione della forza avviene quindi per
attrito fra le lamiere. La fase ha termine per un
valore F
V,f
del carico applicato che corrisponde al
superamento dellattrito fra le lamiere.
2. Si manifesta un brusco scorrimento della giunzione in
corrispondenza del carico esterno F
V
F
V,f
. La fase
ha termine con la ripresa del gioco foro-bullone.
3. Lo scorrimento praticamente proporzionale al cari-
co, evidenziando il comportamento elastico dellunio-
ne. La fase elastica ha termine con il raggiungimen-
to del limite elastico o nelle piastre collegate o nel
bullone.
4. Si manifestano grandi scorrimenti per piccoli incre-
menti di carico. La fase ha un termine con il collas-
so della giunzione in corrispondenza del carico ultimo
F
V,u
.
La norma prevede che per le unioni a taglio per attrito
con bulloni ad alta resistenza la massima forza trasmissibile
sia pari a:
F
s,Rd
=
k
s
n
M3
F
p,Cd
(6.15)
dove:
F
p,Cd
la forza di progetto di precarico denita al punto
6.5.8.2 dell EC3, n il numero delle superci di attrito,
il coefciente di attrito tra le piastre (denito in seguito).
Il coefciente k
s
deve essere determinato come segue:
k
s
= 1, 0 Quando i fori in tutti i piatti hanno gioco foro-bullone
normale;
k
s
= 0, 85 Per i fori maggiorati o per fori ad asola corta;
k
s
= 0, 7 Per fori ad asola lunga.
Per i bulloni disposti in fori aventi il gioco foro-bullone nor-
male e per bulloni in fori asolati con lasse dellasola perpen-
dicolare alla direzione di applicazione del carico, il corfcien-
te parziale di sicurezza
Ms
per la resistenza allo scorrimento
deve essere preso pari a:
Ms,ult
= 1, 25
Ms,ser
= 1, 10
I collegamenti con bulloni in fori maggiorati o in fori asolati
con lasse dellasola parallelo alla direzione di applicazione
del carico devono essere calcolati come appartenenti alla
categoria C, resistenti allo scorrimento allo stato limite ulti-
mo.
In questo caso il coefciente parziale di sicurezza per la
resistenza allo scorrimento deve essere preso pari a:
Ms,ult
= 1, 40
La forza di precarico F
p,Cd
in caso di serraggio controlla-
to, pu essere assunta pari a 0, 7 f
tb
A
res
, invece che pari
a 0, 7 f
tb
A
res
M7
.
Il coefciente di attrito dipende dalla classe del trattamento
superciale (Norma di riferimento 8):
= 0, 50 per superci di classe A: superci sabbiate mec-
canicamente o a graniglia, esenti da incrostazioni di
ruggine e da vaiolature; superci sabbiate meccanica-
mente o a graniglia e metallizzate a spruzzo di allumi-
nio; superci sabbiate meccanicamente o a graniglia e
metallizzate a spruzzo con una vernice a base di zinco
certicata per assicurare un coefciente non minore di
0,5.
= 0, 40 per superci di classe B: superci sabbiate mec-
canicamente o a graniglia e verniciate con silicato di
zinco alcalino applicando uno spessore dello strato di
50 80m;
= 0, 30 per superci di classe C: superci pulite median-
te spazzolatura o alla amma, esenti da icrostazioni di
ruggine;
= 0, 20 per superci di classe D: superci non trattate;
Qualora un collegamento ad attrito sia soggetto ad una
forza di trazione F
t
, oltre allazione di taglio F
v
che tende a
provocare lo scorrimento, la resistenza allo scorrimento di
un bullone deve essere assunta come segue:
Categoria B: il collegamento resistente allo scorrimento allo
stato limite di sevizio:
F
s,Rd,ser
= k
s
n
F
p,Cd
0, 8 F
t ,Sd,ser
Ms,ser
Categoria C: collegamento resistente allo scorrimento allo
stato limite ultimo.
F
s,Rd
= k
s
n
F
p,Cd
0, 8 F
t ,Sd
Ms,ult
Rev. B 6 dicembre 2012 52
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6.8.2 Unioni a trazione
Figura 6.13: Effetto leva
La principale differenza fra lo schema illustrato in gura 6.11
e il comportamento reale della unione consiste nel fatto che
il carico F
N
non applicato alla testa del bullone, ma vi
trasmesso attraverso le lamiere che subiscono deformazio-
ni essionali in conseguenza delle quali il completo distacco
non mai possibile. (Figura 6.13) Ne risulta che il valore
N
P
1.1N
S
sopra dedotto rappresenta il limite superiore
della forza assegnabile al bullone prima del distacco della
unione. Lassumere come resistenza allo stato limite di de-
compressione un valore della forza pari a quello della azio-
ne assiale N
S
indotta dal serraggio del bullone risulta quindi
sempre cautelativo.
Da un punto di vista costruttivo evidente che se si vuol eli-
minare leventualit di un distacco delle piastre si deve ope-
rare un serraggio secondo le modalit indicate nella norma-
tiva NTC 2008 e si devono adoperare bulloni di classe 8.8,
10.9 o 12.9 per evitare la perdita di serraggio nel tempo per
effetti di rilassamento del materiale.
6.8.3 Unioni a taglio e trazione
Il carico F
v
per cui avviene lo scorrimento di una giunzione
a taglio, a parit di coefciente di attrito, proporzionale alla
forza di precompressione fra le superci a contatto. Il domi-
nio della resistenza quindi rappresentato in gura 6.14 ed
espresso dalla relazione F
v
= F
v,Rd
(1
F
b
F
p,Cd
), dove F
b
la forza assiale sul bullone. opportuno limitare il campo di
validit della formula a valori in F
b
0, 8 F
p,Cd
per garan-
tire un adeguato margine nei riguardi della decompressione
delle piastre.
Figura 6.14: Concomitanza di taglio e trazione
6.9 Effetti delle caratteristiche di sollecitazio-
ne e veriche
Le unioni bullonate possono essere sostanzialmente
sollecitate in due modi diversi:
sollecitazioni di taglio e torsione che agiscono nel pia-
no delle lamiere collegate dai bulloni e i cui effetti ne
impegnano a taglio i gambi;
sollecitazioni assiali e ettenti che agiscono in piani
paralleli al gambo dei bulloni e che quindi li impegnano
a trazione.
La ripartizione di tali effetti sui singoli bulloni viene ese-
guita sulla base di metodi convenzionali, suffragati da ri-
sultati sperimentali. Nel seguito si riportano i metodi pi
comunemente adottati e le ipotesi su cui questi si fondano.
Figura 6.15: Concomitanza di taglio e torsione
6.9.1 Sollecitazione di taglio e torsione
Con riferimento al problema indicato in gura, risulta ne-
cessario individuare il punto pi adeguato alla denizione
del momento torcente che impegna lunione. Le ipotesi che
stanno alla base di questo calcolo sono due:
lamiere innitamente rigide;
bulloni perfettamente elastici.
Rev. B 6 dicembre 2012 53
Corso di Costruzioni in Acciaio Universit degli Studi di Trieste - Facolt di Ingegneria Civile
Figura 6.16: Concomitanza di taglio e torsione
Lo spostamento relativo di ogni bullone costante per
effetto del taglio e proporzionale alla distanza dal baricentro
dei bulloni per effetto del momento F e. In questo modo non
si considera la ridistribuzione delle dai bulloni pi sollecitati
a quelli meno sollecitati, si ipotizza invece una plasticizza-
zione locale (ovalizzazione) attorno ai fori per distribuire gli
sforzi nei bulloni.
Il ruolo del gioco foro-bullone e delle ovalizzazioni dei fori
messo in evidenza dal giunto in gura ??. Se si ammettes-
se un comportamento perfettamente elastico delle lamiere
e dei bulloni e si escludesse ogni gioco foro-bullone, la di-
stribuzione delle forze sui bulloni, anzich costante, avrebbe
un andamento a catenaria e i bulloni estremi sarebbero i
pi caricati. Proprio per lesistenza del gioco foro-bullone
invece pi aderente alla realt equiripartire la forza esterna
fra tutti i bulloni, a patto che il giunto non sia troppo lun-
go: ci implica contenere gli interassi entro i limiti indicati in
precedenza e soprattutto ridurre la lunghezza del giunto in
direzione parallela alla forza F
V
applicata.
Distribuzione della componente tagliante
Conseguentemente alle ipotesi sopra discusse la compo-
nente tagliante pu essere considerata ripartita in egual mi-
sura su tutti i bulloni.
Il carico agente su ogni faccia risulta pertanto:
V =
F
V
n n
V
dove n il numero di bulloni presenti nel giunto e n
V
il
numero di sezioni resistenti per ogni bullone.
Distribuzione della componente torcente
Il momento torcente si ripartisce sui bulloni in ragione del-
la loro distanza dal baricentro. Risulta quindi sul bullone
i-esimo:
V
T,i
= k a
i
essendo a
i
la distanza fra il centro del bullone ed il baricentro
della bullonatura. Dallequilibrio alla rotazione:
T = n
V
n
1
V
T,i
a
i
si ricava:
V
T,i
=
Ta
i
n
V
a
2
i
6.10 Categorie di collegamenti bullonati
Leurocodice 3 prescrive che il progetto del collegamen-
to bullonato debba essere conforme ad una delle seguenti
categorie:
Categoria A Collegamenti a taglio - In questa categoria si
devono impiegare bulloni ordinari o bulloni ad alta resi-
stenza dalla classe 4.6 no alla classe 10.9 compresa.
Non sono richiesti precarico e prescrizioni particolari
per le superci di di contatto. Il carico ultimo di pro-
getto non deve eccedere n la resistenza di progetto
a taglio, n la resistenza di progetto a rifollamento.
Categoria B Collegamenti ad attrito resistenti allo stato li-
mite di servizio - In questa categoria si devono impie-
gare bulloni ad alta resistenza precaricati con coppia
di serraggio controllata. Non si deve avere scorrimen-
to allo stato limite di servizio. La combinazione delle
azioni da considerare deve essere selezionata in fun-
zione delle condizioni di carico per le quali richiesta
la resistenza allo scorrimento. Il carico di progetto a
taglio allo stato limite di servizio non deve eccedere la
resistenza di progetto allo scorrimento. Il carico ultimo
di progetto a taglio non deve eccedere n la resisten-
za di progetto a taglio, n la resistenza di progetto a
rifollamento.
Categoria C Collegamenti ad attrito resistenti allo stato li-
mite ultimo - In questa categoria si devono impiega-
re bulloni ad alta resistenza precaricati con coppia di
serraggio controllata. Non si deve avere scorrimen-
to allo stato limite ultimo. Il carico ultimo di progetto
a taglio non deve eccedere n la resistenza di pro-
getto allo scorrimento, n la resistenza di progetto a
rifollamento.
Categoria D Collegamenti caricati a trazione con bulloni
non precaricati - In questa categoria devono essere
impiegati bulloni ordinari (prodotti con acciaio a bas-
so contenuto di carbonio) o bulloni ad alta resistenza
no alla classe 10.9 compresa. Non richiesto preca-
rico. Questa categoria non deve essere usata qualora
i collegamenti siano frequentemente soggetti a varia-
zioni della forza di trazione. Essi tuttavia possono es-
sere impiegati nei collegamenti calcolati per resistere
ai normali carichi di vento.
Categoria E Collegamenti caricati a trazione con bulloni ad
alta resistenza precaricati - In questa categoria si de-
vono impiegare bulloni ad alta resistenza precaricati
con coppia di serraggio controllata. Tale precarico mi-
gliora la resistenza a fatica. Lentit del miglioramen-
to dipende comunque dai dettagli costruttivi e dalle
tolleranze.
Rev. B 6 dicembre 2012 54
Corso di Costruzioni in Acciaio Universit degli Studi di Trieste - Facolt di Ingegneria Civile
Per i collegamenti caricati a trazione di entrambe le cate-
gorie D e E non necessario alcun trattamento delle super-
ci di contatto, ad eccezione dei collegamenti di categoria E
soggetti alla combinazione di trazione e taglio (combinazio-
ne E-B oppure E-C). Si veda la tabella in gura 6.18 di cui
indichiamo la simbologia:
F
v,Sd,eser
Forza di progetto a taglio per ogni bullone
allo stato limite di servizio
F
v,Sd
Forza di progetto a taglio per ogni bullone
allo stato limite ultimo
F
v,Rd
Resistenza di progetto a taglio di un bullone
F
b,Rd
Resistenza di progetto a rifollamento
di un bullone
F
s,Rd,eser
Resistenza di progetto allo scorrimento
di un bullone allo stato limite di servizio
F
s,Rd
Resistenza di progetto allo scorrimento
di un bullone allo stato limite ultimo
F
t ,Sd
Forza di progetto a trazione per ogni bullone
allo stato limite ultimo
F
t ,Rd
Resistenza di progetto a trazione di un bullone
6.11 Distribuzione delle forze fra i dispositivi
di giunzione
La distanza delle forze interne fra i dispositivi di giunzione al-
lo stato limite ultimo deve essere proporzionale alla distanza
dal centro di rotazione solo per:
collegamenti resistenti ad attrito di categoria C;
altri collegamenti a taglio dove la resistenza di progetto
a taglio F
v,Rd
di un dispositivo di giunzione inferiore
alla resistenza di progetto a rifollamento F
b,Rd
.
Negli altri casi la distribuzione delle forze interne fra i dispo-
sitivi di giunzione allo stato limite ultimo pu essere o come
indicato sopra o altrimenti plastica. Pu essere ipotizzata
ogni ragionevole distribuzione purch essa soddis determi-
nati requisiti
20
In un giunto a sovrapposizione, si deve assumere per
ciascun dispositivo di giunzione la stessa resistenza al
rifollamento in ogni particolare direzione.
6.12 Detrazione dellarea dei fori per disposi-
tivi di giunzione
Il calcolo dei collegamenti di membrature compresse nor-
malmente richiesto senza considerare alcuna detrazione dei
fori per i dispositivi di giunzione ad eccezione del caso di fori
maggiorati o asolati.
Per il progetto dei collegamenti degli altri tipi di membrature
si applica quanto indicato al paragrafo 5.4 dellEC3.
Il meccanismo di collasso block shear in una serie di fo-
ri per dispositivi di giunzione vicini allestremit dellanima
di una trave o di una squadretta deve essere prevenuto
mediante unopportuna spaziatura dei fori. Questo tipo di
collasso consiste generalmente in una rottura a trazione,
lungo la linea dei fori, sulla supercie tensionata del gruppo
di fori e in uno snervamento a taglio nella sezione lorda, in
corrispondenza della la di fori, lungo la faccia sollecitata a
taglio dei fori stessi. La resistenza a taglio ultima di progetto
V
u,Rd
lungo la linea di rottura per meccanismo tipo block
shear dovr essere assunta pari a:
V
u,Rd
=
(f
y
/
3) A
v,eff
M0
(6.16)
dove A
v,eff
larea netta del meccanismo block shear che
deve essere determinata nel modo seguente:
A
v,eff
= t L
v,eff
dove
L
v,eff
= L
v
+ L
1
+ L
2
con la limitazione L
v,eff
L
3
nella quale
L
1
= a
1
con la limitazione L
1
5 d
L
2
= (a
2
k d
0,t
)(f
u
/f
y
)
L
3
= L
v
+ a
1
+ a
3
con la limitazione
L
3
(L
v
+ a
1
+ a
3
nd
0,v
)(f
u
/f
y
)
dove
a
1
, a
2
, a
3
e L
v
sono indicate in gura;
d il diametro nominale del dispositivo
di giunzione;
d
0,t
la larghezza della supercie trazionata del
foro, in genere il suo diametro, ma per fori
asolati orizzontali si deve considerare
la lunghezza dellasola;
d
0,v
la larghezza della supercie del foro
soggetta a taglio, in genere il diametro del
foro, ma per fori asolati verticali si deve
considerare la lunghezza dellasola;
n il numero dei fori per dispositivi di
20
I collegamenti possono essere progettati distribuendo le forze ed i momenti interni nel modo che risulta il pi razionale purch:
le forze ed i momenti interni assunti siano in equilibrio con le forze ed i momenti applicati;
ciascun elemento del collegamento sia in grado di resistere alle forze ed alle sollecitazioni considerate nellanalisi;
le deformazioni derivanti da questa distribuzione non superino la capacit di deformazione dei dispositivi di giunzione o saldature delle parti
collegate;
le deformazioni assunte in qualsiasi modello di progetto basato sulle linee si snervamento siano basate su rotazioni rigide (e deformazioni nel
piano) che siano sicamente possibili.
Inoltre, la distribuzione assunta delle forze interne deve essere realistica per quanto riguarda le rigidezze relative nel giunto. Le forze interne cerche-
ranno di seguire il percorso di maggior rigidit. Tale percorso deve essere identicato con chiarezza e coerentemente seguito lungo tutto il progetto del
collegamento.
Rev. B 6 dicembre 2012 55
Corso di Costruzioni in Acciaio Universit degli Studi di Trieste - Facolt di Ingegneria Civile
Figura 6.18: Connessioni EC3
Rev. B 6 dicembre 2012 56
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Figura 6.19: Distribuzione delle forze fra i dispositivi di giunzione
giunzione nella supercie soggetta a taglio;
t lo spessore dellanima o della squadretta;
k un coefciente con i seguenti valori:
per una la di bulloni: k = 0, 5;
per due le di bulloni: k = 2, 5;
6.13 Membrature soggette a trazione assiale
Per membrature soggette a trazione assiale il valore di pro-
getto della forza N
Sd
in corrispondenza di ciascuna sezione
trasversale deve soddisfare la relazione
N
Sd
N
t ,Rd
dove N
t ,Rd
la resistenza di progetto a trazione della
sezione trasversale, pari al valore minore fra:
1. la resistenza plastica della sezione lorda: N
pl ,Rd
=
A f
y
/
M0
2. la resistenza ultima di progetto della sezione netta in
corrispondenza dei fori per i dispositivi di giunzione:
N
u,Rd
= 0, 9 A
net
f
u
/
M0
Per le giunzioni di categoria C progettate per resistere allo
scorrimento allo stato limite ultimo, la resistenza plastica di
progetto della sezione netta in corrispondenza dei fori per
i dispositivi di giunzione N
net ,Rd
non deve essere assunta
maggiore di
N
net ,Rd
= A
net
f
y
/
M0
Qualora sia richiesto un comportamento duttile, la resistenza
plastica di progetto N
pl
deve risultare inferiore alla resisten-
za ultima di progetto della sezione netta in corrispondenza
dei fori per i dispositivi di giunzione N
u,Rd
cio:
N
u,Rd
N
pl ,Rd
ci sar soddisfatto se: 0, 9[A
net
/A] [f
y
/f
u
][
M2
/
M0
]
Cio se il rapporto A
net
/A sar maggiore delle seguenti
percentuali:
82% Fe360
81% Fe430
87% Fe510
Rev. B 6 dicembre 2012 57
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7 Unioni saldate
La saldatura un processo di giunzione che consente di
unire elementi metallici in modo permanente realizzando la
continuit del materiale mediante fusione. Confrontando le
unioni saldate con le unioni bullonate si nota che i collega-
menti saldati risultano pi rigidi e semplici ma necessitano
un maggiore controllo al ne di evitare possibili riduzioni di
resistenza o rotture fragili associate al procedimento di sal-
datura stesso. Per tale motivo, nella realizzazione di una
struttura metallica si preferisce eseguire la maggior parte
delle unioni saldate in ofcina dove vi maggiore control-
lo e la possibilit di utilizzare attrezzature automatizzate e
sosticate.
7.1 Generalit delle unioni saldate
7.1.1 Procedimenti di saldatura
Nelle unioni saldate il materiale base quello dei pezzi da
collegare mentre il materiale di apporto il materiale che
viene introdotto allo stato fuso tra gli elementi. I procedi-
menti di saldatura si distinguono in procedimenti autogeni e
procedimenti eterogeni:
nei primi si ha fusione sia del materiale base sia del mate-
riale di apporto eventualmente introdotto tra gli elementi da
collegare. I procedimenti eterogeni prevedono invece solo
la fusione del materiale di apporto ad una temperatura in-
feriore. Generalmente si impiegano procedimenti autogeni
distinti a seconda dei metodi impiegati per ottenere la sor-
gente termica e per proteggere il bagno di fusione, questi
sono:
saldatura ad arco con elettrodi rivestiti: Rappre-
senta la tecnica pi usata e semplice da eseguire. In-
fatti bastano un semplice generatore di corrente dal
quale si dipartono due cavi, uno da collegare al pez-
zo da saldare e laltro munito di una speciale pinza
portaelettrodo. Lelettrodo viene posto a brevissima di-
stanza dai pezzi da saldare in modo da far scoccare
larco elettrico tra i due elementi. La sorgente di calo-
re che si viene a formare risulta localizzata e produce
altissime temperature (3000-5000 C) che fanno fon-
dere rapidamente sia il materiale base che lelettrodo
dando luogo ad un bagno di fusione il cui successivo
raffreddamento forma il cordone di saldatura che uni-
sce i pezzi saldati.
Lelettrodo formato da un metallo analogo a quello
da saldare ed rivestito da un materiale le cui funzio-
ni sono quelle di formare una atmosfera gassosa che
protegge larco elettrico e dare luogo a una scoria pi
leggera del metallo che galleggia nel bagno di fusio-
ne che solidicandosi protegge il bagno fuso e limita
la velocit di raffreddamento del bagno stesso preve-
nendo la formazioni di difetti. Gli elettrodi impiegati
dovranno essere del tipo omologato dalle norme UNI
5132;
saldatura ad arco sommerso: lelettrodo costituito
da un lo avvolto a matassa (bobina) che un opportu-
no dispositivo provvede a far avanzare man mano che
questo si fonde per formare il cordone di saldatura (lo
continuo); la protezione del bagno di fusione afda-
ta ad una polvere granulare (usso) che ha la stessa
funzione degli elettrodi rivestiti. Questo usso viene di-
stribuito sul giunto ed al suo interno scocca larco che
di conseguenza risulta sommerso ed invisibile;
saldatura con protezione di gas ed elettrodo fusibi-
le (MIG e MAG): sono anchesse saldature a lo conti-
nuo dove la protezione del bagno afdata ad un gas
inerte (saldature MIG) o ad un gas chimicamente atti-
vo (MAG). Tali procedimenti hanno un costo elevato e
vengono impiegati per saldare acciai particolari (acciai
al nichel-cromo, acciai inossidabili ecc.) La presenza
del gas previene la formazione di ossidi e nitruri.
7.1.2 Qualica dei procedimenti di saldatura (CNR
10011)
Limpiego di elettrodi omologati secondo UNI 5132 esime da
ogni prova di qualica del procedimento.
Per limpiego di altri procedimenti di saldatura (arco som-
merso o sotto protezione di gas) occorre eseguire prove
preliminari di qualica atte ad accertare:
lattitudine ad eseguire i principale tipi di giunto del-
la struttura ottenendo giunti senza difetti (da accertare
con radiograe e prove di rottura del giunto);
la resistenza a trazione su giunti testa a testa median-
te provette trasversali al giunto, resistenza che deve
essere maggiore di quella del materiale base;
capacit di deformazione del giunto mediante prove
di piegatura a 180 su mandrino con = 3t per
S235-275 (Fe 360,430) e = 4t per S375 (Fe 510);
prove di resilienza su provette intagliate a V secondo
UNI 4713 ricavate trasversalmente al giunto saldato.
E richiesta una resilienza maggiore a 27 J a 20 C se
la struttura deve essere impiegata a temperatura mag-
giore di 0 C, a 0 C se deve lavorare a temperature
minori.
7.1.3 Classicazioni delle saldature
Le unioni saldate si possono classicare in vari modi che
tengono in conto di alcune caratteristiche della saldatura
stessa:
- in funzione della posizione dei cordoni di saldatura
(g. 7.1):
saldature in piano;
saldature frontali;
saldature verticali;
saldatura sovratesta (quando si esegue dal
basso verso lalto).
- in relazione alla posizione dei pezzi da saldare(g. 7.2):
a) giunti testa a testa;
b) giunti dorlo;
Rev. B 6 dicembre 2012 58
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c) giunti dangolo;
d) giunti a T;
e) giunti a L;
f) giunti per sovrapposizione.
- in funzione della lavorazione delle parti a contatto,
limitatamente ai giunti testa a testa:
giunti a V;
giunti a U;
giunti a X;
giunti a Y.
- in funzione della sezione trasversale di un cordone
dangolo(g. 7.3): pu essere piana, concava o
convessa.
- in funzione della direzione dello sforzo le saldature
possono essere(g. 7.4):
a) laterali;
b) frontali;
c) oblique.
Ai ni delle veriche di resistenza le norme (CNR10011,
D.M. 2008) fanno riferimento a due categorie di unioni
saldate (g. 7.7):
1. giunti a completa penetrazione (testa a testa, a
croce, a T);
2. giunti a cordone dangolo e a parziale penetrazio-
ne (g. 7.5,7.6).
Figura 7.1: Classicazione in funzione della posizione dei
cordoni
Figura 7.2: Classicazione in funzione della posizione dei
pezzi
Figura 7.3: Classicazione in funzione della sezione
trasversale di un cordone dangolo
Figura 7.4: Classicazione in funzione della direzione dello
sforzo le saldature possono essere
Figura 7.5: Saldature di testa a parziale penetrazione (EC3)
Rev. B 6 dicembre 2012 59
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Figura 7.6: Saldature di testa a T (EC3)
Limitatamente ai giunti a completa penetrazione, le
norme (CNR10011) distinguono due classi di saldatura:
CLASSE I: comprende i giunti effettuati con elettrodi
di classe 3 o 4 secondo UNI 5132 o altri procedimen-
ti qualicati di saldatura. Devono soddisfare lesame
ai raggi x con i risultati richiesti per il raggruppamen-
to B, UNI 7278. Laspetto della saldatura deve essere
regolare e non ci devono essere discontinuit con il
materiale base (realizzati in ofcina);
CLASSE II: possono essere effettuati con elettrodi
di clesse 2,3,4 secondo UNI 5132, devono soddisfa-
re ai requisiti del raggruppamento F, UNI 7278. La-
spetto della saldatura deve essere quello della clas-
se I (realizzati in cantiere, sono ammesse piccole
diffetosit).
Gli elementi tipici di giunti a completa penetrazione sono
(g. 7.8):
langolo di smusso ;
la sua profondit d;
la spalla rettilinea s;
la distanza fra i lembi g.
La distinzione tra queste due classi associata alla bon-
t di esecuzione dellunione saldata e si traduce in una diffe-
rente capacit portante dellunione: maggiore per le unioni
di prima classe rispetto a quelle della seconda.
I giunti con cordoni dangolo, effettuati con elettrodi di qualit
2,3 o 4 devono essere considerati come appartenenti ad un
unica classe caratterizzata da una ragionevole assenza di
difetti interni e di assenza di incrinature interne o di cricche
a strappo sui lembi dei cordoni.
7.1.4 Difettosit delle saldature
Come conseguenza dei fenomeni metallurgici (solidicazio-
ne del materiale fuso e trattamento termico del materiale
di base che circonda la saldatura) si possono avere difetti
dellunione saldata: difetti metallurgici (cricche, strappi la-
mellari, inclusioni) e geometrici (mancanza di penetrazione,
disassamento).
Le cricche (g. 7.9) sono microlesioni che interrompo-
no la continuit della saldatura. Si distinguono le cricche a
caldo che si generano nella zona fusa a causa di un elevato
tenore di impurezze presente e le cricche a freddo che si
manifestano ai margini del cordone di saldatura e sono pro-
vocate dalleccessiva durezza che si produce nel materiale
base in seguito al rapido raffreddamento del bagno di fusio-
ne (tempra).
Figura 7.8: Elementi dei giunti a completa penetrazione
Figura 7.9: Cricche nei cordoni di saldatura
Gli strappi lamellari (g. 7.10) corrispondono a cricche
dovute ad una sollecitazione di trazione ortogonale al pia-
no di laminazione del materiale base (sono generate dalle
tensioni di ritiro successive al raffreddamento e dal notevole
Rev. B 6 dicembre 2012 60
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Figura 7.7: Tipologie comuni di giunti saldati (EC3)
Rev. B 6 dicembre 2012 61
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spessore del materiale base).
La mancanza di penetrazione (g. 7.11)si manifesta quan-
do esistono zone in cui il materiale fuso non penetrato
e la saldatura dellunione non risulta pertanto continua. Il
disassamento (g. 7.11) dei lembi dovuto invece ad un
montaggio imperfetto delle componenti da unire che pu
provocare una variazione della geometria del prolo assem-
blato.
Figura 7.10: Tipici strappi lamellari
Figura 7.11: Difetti nelle saldature
Tutti questi difetti possono arrecare notevoli danni alla
resistenza dei giunti. I mezzi pi diffusi per il loro ricono-
scimento sono: lesame radiograco che utilizza i raggi x o
gamma, lesame agli ultrasuoni, lesame magnetoscopico e
lesame con liquidi penetranti.
7.1.5 Particolari imposizioni normative (CNR 10011)
Il progetto deve essere redatto col criterio di limitare il pi
possibile le saldature in opera. La posizione dei giunti deve
essere tale da agevolare lesecuzione, da evitare la concen-
trazione di saldature in zone ristrette e da permettere che i
giunti di testa siano suscettibili di controlli non distruttivi (in
corso dopera o a opera nita). In particolare:
Figura 7.12:
nelle saldature di testa gli elementi di spessore di-
verso sollecitati normalmente al giunto, lelemento di
spessore maggiore deve essere rastremato come in
g. 7.12. I valori maggiori di L sono da adottarsi in
presenza di sollecitazioni a fatica;
Per gli attacchi di estremit di aste sollecitate da sforzo
normale, realizzati soltanto con cordoni dangolo pa-
ralleli allo sforzo di sollecitazione, la lunghezza minima
degli stessi cordoni deve essere maggiore di 15 volte
lo spessore t;
limpiego di saldature entro fori o intagli deve essere
considerato eccezionale; qualora non si possa evitar-
lo il loro contorno non deve presentare punti angolosi
ne raggi di curvatura minori di met della dimensione
minima dellintaglio;
devono essere previsti di classe I i giunti a testa di
maggior importanza appartenenti a membrature tese
esposte a temperature minori di 0 C;
devono essere evitate per quanto possibili le discon-
tinuit locali; tale regola deve essere sempre osser-
vata in presenza di sollecitazioni a fatica o di basse
temperature;
la saldatura a tratti ammessa solo per cordo-
ni dangolo e deve essere evitata nelle membrature
sollecitate a fatica (g. 7.14);
i cordoni dangolo che uniscono due laminati di spes-
sore t
1
e t
2
devono avere il lato b (g. 7.13) sod-
disfacente le condizioni di calcolo e la limitazione
seguente:
t
2
2
b t
2
(7.1)
Per spessori t
1
20 mm invece conviene di regola
che sia b b
1
purch non in contrasto con la prece-
dente limitazione; i valori di b
1
sono riportati in tabella
7.1;
nei giunti a croce o a T a completa penetrazione deve
essere previsto un graduale allargamento della salda-
tura (g. 7.13), la cui larghezza deve essere almeno
pari al 1,3 volte t in corrispondenza della lamiera in cui
viene ad innescarsi.
Figura 7.13:
Rev. B 6 dicembre 2012 62
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Figura 7.14: Saldature a cordoni dangolo discontinue (EC3)
Tabella 7.1: Altezza limite b
1
del cordone
t
1
b
1
mm mm
20 6
30 8
50 11
70 13
100 14
7.2 Le sollecitazioni nelle unioni saldate
Nei giunti a testa a completa penetrazione, in assenza di
difetti interni, lo stato di tensione pu essere assimilato a
quello di un pezzo continuo. La sezione resistente della sal-
datura ha come lunghezza lintera lunghezza L della salda-
tura e come altezza t il minore dei due spessori collegati nel
caso di giunti testa a testa oppure lo spessore dellelemen-
to completamente penetrato nel caso di giunti a T o a croce
(g. 7.15).
Figura 7.15:
Nei giunti a cordone dangolo la sezione resistente
chiamata sezione di gola viene identicata dalla lunghez-
za L del cordone di saldatura moltiplicata per laltezza di
gola a ovvero laltezza del triangolo inscritto nella sezione
trasversale del cordone di saldatura (g. 7.16, 7.17).
Figura 7.16: Altezza di gola di una saldatura a cordoni
dangolo
Rev. B 6 dicembre 2012 63
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Figura 7.17: Altezza di gola di una saldatura a cordoni
dangolo a forte penetrazione
Si assume lipotesi semplicativa di considerare le ten-
sioni uniformemente distribuite nella sezione di gola e si indi-
viduano convenzionalmente con la seguente simbologia (g.
7.18):
Figura 7.18: Stato tensionale nella sezione di gola
//
rappresenta la tensione che agisce nella sezione di
gola in direzione parallela allasse del cordone;
//
rappresenta la tensione che agisce in direzione
parallela allasse del cordone sulla sua sezione
trasversale.
La sezione di gola pu essere ribaltata, a seconda della
convenienza, sul piano verticale o su quello orizzontale, ov-
vero secondo qualsiasi altra giacitura, al ne di semplicare
la quanticazione delle sollecitazioni per la fase di progetto
e di verica.
7.2.1 La trazione
Nel caso di unione saldata interessata da una forza di
trazione F i cordoni possono essere paralleli alla for-
za (cordoni laterali), perpendicolari (cordoni frontali) o
inclinati (cordoni inclinati).
Cordoni laterali
Con riferimento alla gura 7.19 le tensioni possono essere
determinate direttamente sulla sezione di gola di ogni cor-
done nella sua posizione effettiva oppure ribaltato sul pia-
no verticale o su quello orizzontale. In ogni caso si hanno
contributi tensionali
//
il cui valore dato dallespressione:
//
=
F
4 L a
(7.2)
Figura 7.19: Unione con cordoni laterali
Cordoni frontali
Con riferimento alla gura 7.20 non risulta agevole effettua-
re la stima delle tensioni direttamente sulla sezione di gola
di ogni cordone. Ipotizzandola ad esempio inclinata di 45
sullorizzontale (piano x-z) si ha:
=
F
2 L a
2
2
=
F
2 L a
2
2
(7.3)
Figura 7.20: Unione con cordoni frontali
Se per ribaltiamo la sezione di gola sul piano verticale
(y-z) o su quello orizzontale (x-z) si pu semplicare la stima
delle tensioni. Nel piano verticale si hanno tensioni normali
alla sezione di gola date da:
=
F
2 L a
(7.4)
Nel piano orizzontale si ha invece:
=
F
2 L a
(7.5)
Rev. B 6 dicembre 2012 64
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Cordoni inclinati
Nel caso di due cordoni inclinati nella sezione di gola agi-
sce una forza scomponibile in un contributo tangente (V=F
cos ) ed uno normale (N= sin) allasse del cordone. Fa-
cendo riferimento alla gura 7.21 se la sezione di gola vie-
ne ribaltata sul piano orizzontale le tensioni associate sono
interamente contenute in questo. Le componenti sono:
Figura 7.21: Unione con cordoni inclinati
=
F sin
2 L a
//
=
F cos
2 L a
(7.6)
Ribaltando la sezione di gola nel piano verticale si hanno
invece i seguenti contributi tensionali:
=
F sin
2 L a
//
=
F cos
2 L a
(7.7)
Combinazione di cordoni
Nel caso siano presenti pi tipologie di cordoni bene afda-
re lintero carico ad un solo tipo di cordone. E buona norma
che le altezze di gola dei cordoni di saldatura siano uguali,
in modo da poter sfruttare la loro mutua collaborazione.
7.3 La essione e il taglio
Questo tipo di sollecitazione estremamente frequente nelle
unioni saldate per costruzioni ad uso civile e industriale.
Cordoni frontali longitudinali
Figura 7.22: Unione inessa con cordoni frontali longitudinali
La sezione resistente (g. 7.22) giace nel piano verticale (y-
z) ed costituita da due sezioni rettangolari, corrispondenti
alla sezione di gola di ogni cordone di altezza a e lunghezza
h:
,max
=
F L
b
W
=
F L
b
2 a h
2
/6
//
=
F
2 h a
(7.8)
Cordoni frontali trasversali
Figura 7.23: Unione inessa con cordoni frontali trasversali
La sezione resistente (g. 7.23) giace nel piano verticale
(y-z) ed costituita da due sezioni rettangolari orizzontali,
corrispondenti alla sezione di gola di ogni cordone di altezza
a e lunghezza b:
,max
=
F L
b
W
=
F L
b
(b a) h
=
F
2 b a
(7.9)
Rev. B 6 dicembre 2012 65
Corso di Costruzioni in Acciaio Universit degli Studi di Trieste - Facolt di Ingegneria Civile
Combinazione di cordoni
Figura 7.24: Combinazione di cordoni frontali longitudinali e
trasversali
Nel caso di collegamenti saldati per prolati con sezioni a I o
ad H si possono utilizzare cordoni trasversali combinati con
cordoni longitudinali (g. 7.24). Se le dimensioni dei cordo-
ni sono appropriate allo spessore delle ali e dellanima del
prolo da collegare le tensioni nella saldatura possono es-
sere valutate considerando le caratteristiche inerziali di una
sezione resistente composta dai cordoni danima (assorbo-
no il taglio) e dai cordoni perimetrali della ali (assorbono la
essione). Ribaltando le sezioni di gola nel piano verticale
y-z si ha:
,max
=
F L
b
W
=
F L
b
(L
1
a
1
h
1
) + 2 (L
2
a
2
h
2
)
//
=
F
2 a
3
L
3
7.3.1 La torsione e il taglio
Per effetto di azioni eccentriche su unioni saldate in cui i
cordoni resistenti e la retta di applicazione del carico ap-
partengono ad un unico piano si pu originare uno stato di
sollecitazione caratterizzato da contemporanea presenza di
torsione e taglio.
Cordoni laterali
Figura 7.25: Unione a torsione e taglio con cordoni laterali
Lazione torcente viene bilanciata da una coppia di forze dei
cordoni di intensit H (g. 7.25):
H =
F e
h
(7.10)
Allazione H associata nei cordoni una tensione
tangenziale riferita alla sezione di gola
//
pari a:
//
=
F e
h a L
(7.11)
Nel piano orizzontale:
=
F
2 a L
(7.12)
Nel piano verticale:
=
F
2 a L
(7.13)
Cordoni frontali
Lazione torcente viene bilanciata da una coppia di forze dei
cordoni di intensit V (g. 7.26):
Figura 7.26: Unione a torsione e taglio con cordoni laterali
V =
F e
z
(7.14)
Allazione V associata una tensione tangenziale nei
cordoni:
//,1
=
F e
2 (a L)
(7.15)
Al carico F associata:
//,2
=
F e
2 (a L)
(7.16)
La tensione massima totale risulta quindi:
//
=
//,1
+
//,2
(7.17)
Rev. B 6 dicembre 2012 66
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7.4 Resistenza e verica delle unioni saldate
Lapproccio seguito nei criteri di verica consiste nel ricon-
durre lo stato tensionale pluriassiale ad uno stato equiva-
lente ideale monoassiale e confrontarlo con la resistenza
del materiale opportunamente ridotta per tener conto della
presenza di eventuali difetti.
7.4.1 Unioni a completa penetrazione
Nel caso di unioni a completa penetrazione (g. 7.27) le veri-
che andranno effettuate solo per i giunti di classe II (0.85f
d
)
in quanto per i giunti di classe I la resistenza di progetto
della saldatura uguale a quella del materiale base (CNR
10011). Se nel giunto agiscono contemporaneamente ten-
sioni normali e tangenziali si adotta il criterio di Hencky - von
Mises:
Figura 7.27: Tensioni nei cordoni di saldatura
id
=
_
+
2
//
//
+ 3
2
//
0, 85f
d
(7.18)
Dove f
d
= resistenza di progetto del materiale base.
7.4.2 Giunti con cordoni dangolo
I metodi proposti a livello normativo per la verica dei cor-
doni dangolo sono di origine sperimentale. Si visto che le
//
non inuenzano il comportamento del cordone e quindi
possono essere trascurate. Le prime esperienze (anni 50)
su cordoni soggetti a sforzi interni comunque diretti nel piano
normale allasse del cordone (
,
/
) furono condotte da
Van den Eb con la nalit di denire il dominio spaziale del-
le resistenze. Il dominio spaziale corrispondente a suddette
prove fu chiamato peroide(g. 7.28).
Il peroide pu essere approssimato mediante un elissoi-
de con semiasse nella direzione
C
1
= 0.58
mentre
nella direzione delle
//
C
2
0.7
+ 3 (
2
+
2
//
)
f
tk
M2
(7.19)
Dove:
f
tk
rappresenta la resistenza a rottura dellelemento pi
debole;
uguale a:
Rev. B 6 dicembre 2012 67
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Figura 7.28: Peroide sperimentale
Figura 7.29: Dominio a sfera mozza
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0,80 per acciaio S235 (Fe 360);
0,85 per acciaio S275 (Fe 430);
0,90 per acciaio S355 (Fe 510);
M2
coefciente di sicurezza (Tabella 4.2.V NTC 2008).
Tale metodo contenuto anche nellallegato M del-
lEC3 dove per contemporaneamente a 7.19 deve essere
vericato che risulti anche:
f
u
Mw
(7.20)
Dove:
f
u
rappresenta la resistenza a rottura dellelemento pi
debole;
Mw
coefciente di sicurezza per la resistenza dei giunti
saldati;
-In alternativa sempre per le NTC 2008 (metodo usa-
to anche nellEC3) si pu usare un metodo che sempli-
ca il dominio assumendolo pari ad una sfera di raggio
f
vw
= f
tk
/
M2
3
M2
(7.22)
con f
vw
resistenza a taglio di progetto.
Ci equivale a dire che deve essere vericata la
seguente disuguaglianza:
_
2
d
+ (
2
d
+
2
//d
) f
vw
(7.23)
(nell EC3 tale verica viene utilizzata anche per le se-
zione di gola in posizione ribaltata ovviamente proiettando le
tensioni sul piano di attacco del cordone
_
t
2
nd
+ t
2
d
+
2
//d
f
vw
, le
//d
restano le stesse)
Verica della sezione di gola in posizione ribaltata
In questo caso le NTC 2008 adottano un dominio a sfe-
ra mozza (g. 7.29) ottenuta dallintersezione di una sfe-
ra di raggio 0.7 f
uw
con un cubo di lato 2 0.58f
uw
dove
f
uw
= 1.2 f
u
per Fe 360 e f
uw
= f
u
per Fe 430 e 510 (CNR
10011) rappresenta la resistenza a trazione della sezione di
gola.
Dovranno quindi essere vericate contemporaneamente
la condizione di appartenenza alla sfera:
_
t
2
nd
+ (t
2
d
+
2
//d
)
1
f
yk
(7.24)
e al cubo:
[t
d
[ + [t
nd
[
2
f
yk
(7.25)
Dove
1
,
2
hanno i valori riportati in tabella 7.2.
Tabella 7.2: Valori dei coefcienti
1
,
2
S235 S275-S355 S420-460
1
0.85 0.70 0.62
2
1.00 0.85 0.75
Rev. B 6 dicembre 2012 69
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8 Giunzioni
La giunzione fra membrature pu essere realizzata intera-
mente saldata o completamente bullonata o in parte saldata
e in parte bullonata. Si denisce quindi come collegamento
un insieme di pi unioni bullonate e/o saldate.
estremamente difcile sistematizzare in modo organico
una materia siffatta soprattutto perch essa in continua
evoluzione. Infatti la concezione di un giunto dipende sia dal
tipo di attrezzature e di lavorazione che la carpenteria metal-
lica in grado di prestare, sia dalla destinazione dellopera e
delle modalit di trasporto e di montaggio. sufciente che
lintroduzione di una nuova macchina permetta nuovi tipi di
lavorazione o che divenga determinante il volume rispetto al
peso trasportato via mare, per rendere ottimale un tipo di
giunzione rispetto ad un altro.
Gli sforzi attuali di molti progettisti e sperimentatori sono
quelli di concepire collegamenti sempre pi semplici, al ne
di eliminare quei dettagli costruttivi che incidono sul costo
della giunzione, ma non risultano determinanti ai ni della
resistenza della giunzione stessa.
questo uno degli studi pi difcili, in quanto, per denizio-
ne, il giunto costituisce un particolare costruttivo in cui vi
una concentrazione di sforzi e pertanto il suo comportamen-
to non pu comunque essere colto nellambito delle ipotesi
che stanno alla base dei casi classici di St. Venant. La mo-
dellazione di una giunzione pu essere fatta solo sulla base
del calcolo a rottura, andando ad individuare delle soluzioni
equilibrate e conformi ai criteri di resistenza.
8.1 Classicazione dei giunti
Figura 8.1:
Nella progettazione di una trave continua esistono svaria-
ti modi per realizzare il giunto dellappoggio centrale. Esso
pu essere realizzato in modo da assicurare diversi valori di
M
u
trasmissibile, garantendo in ogni caso lequilibrio.
1. Se, ad esempio, si realizza un collegamento a com-
pleto ripristino della sola resistenza a taglio, si deve
avere che la trave AB e BC deve poter assorbire in
campo elastico un momento M =
1
8
ql
2
e la giunzione
deve poter consentire una rotazione
B
= ql
3
/24EJ in
semplice appoggio.
2. Se il giunto, viceversa, a completo ripristino del-
la sezione M
B
=
1
8
ql
2
allora non richiesta nessuna
capacit di rotazione del giunto.
3. Se il giunto a parziale ripristino della resistenza
essionale (M
B
= ql
2
con 0
1
8
), bisogna
assicurare che la trave possa sopportare il carico q
ed il momento M
B
oltre poter consentire la rotazione
B
= (q q
1
)l
3
/24EJ con q
1
= 8M
B
/l
2
Si possono allora trarre le seguenti conclusioni:
I giunti a completo ripristino della sezione possono
essere localizzati in qualsiasi sezione della struttura.
I giunti a completo ripristino della sola resistenza
essionale possono essere collocati in ogni sezione
in cui V V
lim
/3 (in questo caso trascurabile la
deformazione aggiuntiva da taglio del collegamento),
deve comunque essere vericato che il taglio V sia
trasmissibile dal collegamento.
i giunti a parziale ripristino della resistenza essio-
nale devono essere in grado di consentire le rotazio-
ni conseguenti la distribuzione dei momenti ettenti
assunti.
C poi da fare unimportante distinzione per quanto riguar-
da la possibilit di consentire o meno spostamenti relativi tra
i pezzi da collegare:
le articolazioni consentono, nelle usuali condizioni di
esercizio, spostamenti relativi fra i pezzi collegati sen-
za per provocare plasticizzazioni localizzate negli
elementi costituenti il collegamento. Queste, che rea-
lizzano un cinematismo attivo e funzionante nelle nor-
mali condizioni di esercizio, possono essere distinte in
articolazioni a perno, articolazioni per contatto o arti-
colazioni in materiale sintetico. Le articolazioni, diffuse
e comuni nel mondo delle costruzioni in acciaio no ai
primi decenni del secolo scorso, sono ancora frequen-
temente utilizzate soltanto per applicazioni particolari
quali principalmente appoggi per ponti e viadotti.
i giunti, che non consentono invece spostamenti rela-
tivi a meno che non si generino plasticizzazioni locali
nei dettagli componenti lunione. In questi particolari
costruttivi si hanno concentrazioni di sforzi e pertanto
la modellazione basata sui casi classici della Teoria di
De Saint Venant non pu essere utilizzata.
8.1.1 Giunti intermedi
La struttura in acciaio nasce dallassemblaggio di elementi
monodimensionali, lavorati in ofcina ed assemblati in sito.
Generalmente possibile trasportare, in condizioni normali,
elementi di lunghezza non superiore a 12-13 m, e pertan-
to, nel caso di prolati singoli (tipicamente i prolati ad I ed
a H, correntemente utilizzati per realizzare travi e colonne),
lunghezze maggiori possono essere movimentate soltanto
ricorrendo a trasporti eccezionali.
Giunti trave-trave
I giunti intermedi tra travi possono costituire, come anche per
tutte le altre tipologie di giunto, soluzioni a parziale ripristino
come a completo ripristino delle sollecitazioni. Nel primo
caso conviene posizionare il giunto in zone opportune (ad
esempio, se il giunto non garantisce un signicativo grado
Rev. B 6 dicembre 2012 70
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di continuit essionale, in prossimit delle zone a momento
nullo). In dettaglio possibile individuare:
giunto con piastre in acciaio (ange) saldate allestre-
mit di ogni trave e bullonate in opera;
giunto con piastre coprigiunto saldate (interamente in
opera oppure allestremit di una trave in stabilimento
ed a quella dellaltra in opera);
giunto con saldature testa a testa nelle ali e nellanima
delle estremit delle travi collegate. Usualmente, per
questa soluzione, conveniente che le estremit delle
travi siano opportunamente lavorate in ofcina.
Figura 8.2: Giunti tra travi
Giunti colonna-colonna
I giunti intermedi tra le colonne sono prevalentemente com-
pressi o presso-inessi e di conseguenza anche la pro-
blematica dellinstabilit deve essere tenuta debitamente in
conto.
a) giunto con doppie piastre coprigiunto dala e danima
bullonate in opera;
b) giunto con doppie piastre coprigiunto dala bullonate in
opera;
c) giunto con piastre coprigiunto dala singole e piastre
coprigiunto danima doppie bullonate in opera;
d) giunto per contatto con piastre coprigiunto interne
saldate alle ali dei proli;
e) giunto per contatto con piastre coprigiunto dala interne
al prolo e bullonate;
f) giunto per contatto con angia saldata in stabilimento
allestremit della colonna inferiore ed in opera alla
colonna superiore;
g) giunto per solo contatto tra ange saldate in stabilimento
allestremit di ogni colonna.
Figura 8.3: Giunti tra colonne
8.1.2 Giunti di estremit
Esistono differenti tipologie di giunti di estremit, classica-
bili in base agli elementi che vengono collegati. Ci si ririferir
ai seguenti tipi:
giunto tra travi, ossia tra elementi orizzontali inessi ed
ortogonali tra loro;
giunto tra trave e colonna;
attacco per controventi;
giunto di base delle colonne.
Giunti tra travi
Innumerevoli sono le soluzioni di collegamento tra trave
principale e trave secondaria ed in gura 8.4 ne vengono
proposte alcune a titolo di esempio:
Rev. B 6 dicembre 2012 71
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Figura 8.4: Giunti tra travi
Giunti tra trave e colonna
I giunti trave-colonna possono essere realizzati collegando
la trave allala della colonna oppure vincolandola alla sua
anima. In gura 8.5 sono presentati alcuni tipici collegamen-
ti allala della colonna. In dettaglio, le soluzioni considerate,
possono essere comunque utilizzate anche per vincolare la
trave allanima alla colonna.
Giunti per elementi di controventi
Le giunzioni tra le membrature principali e le diagonali che
realizzano i controventi trasferiscono forze tra elementi diffe-
rentemente orientati. Usualmente il dimensionamento dei
controventi viene eseguito considerando gli elementi dia-
gonali soggetti soltanto ad azioni assiali, ossia ipotizzando
cerniere allestremit. (gura 8.6)
Figura 8.5: Giunti tra travi e colonne
Figura 8.6: Giunti per controventi
Rev. B 6 dicembre 2012 72
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Giunti di base
Una componente sempre presente nel giunto di base delle
colonne la piastra saldata, generalmente con cordoni dan-
golo, allestremit inferiore della colonna, che usualmente
poggia su uno strato di malta di livellamento, allestrados-
so della fondazione in conglomerato cementizio (eventual-
mente armato). In questultima vengono annegati i tirafondi
(generalmente barre in acciaio lettate alle estremit) uni-
tamente ad eventuali perni di centraggio che agevolano la
fase di assemblaggio del giunto stesso. La piastra deve ave-
re le superci spianate e forate per consentire il passaggio
dei tirafondi.
Figura 8.7: Giunti di base
Giunti tra elementi in acciaio ed elementi in calcestruzzo
(gura 8.8)
Negli edici in acciaio, i controventi verticali possono esse-
re costituiti, in alternativa a specici sistemi in acciaio, dai
vani scala e/o vani vani ascensore o da pareti a taglio in
conglomerato cementizio armato. Sorge quindi lesigenza di
vincolare le componenti in acciaio alle pareti del controvento
in calcestruzzo.In gura vengono preposte alcune soluzio-
ni per i collegamenti di elementi di differente materiale, per
i quali possono essere garantite inevitabilmente tolleranze
dimensionali sensibilmente diverse (per lacciaio nellordine
dei millimetri e per il calcestruzzo dei centimetri).
Figura 8.8: Giunti tra elementi in acciaio ed elementi in
calcestruzzo
8.2 Modellazione dei giunti
Preliminarmente alla trattazione di alcuni concetti relativi alla
modellazione dei giunti viene introdotta la specica termino-
logia. In dettaglio, intendendo il nodo come il punto di inter-
sezione tra gli assi di due o pi elementi, appare evidente
che che la teoria di base per la progettazione degli elemen-
ti mono-dimensionali non risulta pi direttamente applicabile
in queste zone in quanto vengono trasferite forze di elevata
entit in zone di dimensioni limitate. Facendo riferimento alla
gura, relativa ad un nodo tra due travi ed una colonna inter-
na ad un sistema intelaiato piano, si distinguonole seguenti
componenti:
il collegamento , ossia il dettaglio o linsieme degli ele-
menti che rendono possibile lunione tra due diffe-
renti membrature (piastre, angolari, bulloni, saldature,
ecc.);
il giunto , ossia la zona in prossimit del collegamen-
to in cui si manifestano interazioni speciche tra gli
elementi collegati;
la zona nodale , ossia la zona individuata da tutti i giunti
che concorrono in un nodo.
Rev. B 6 dicembre 2012 73
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8.2.1 Giunti a cerniera
In questa sezione si illustrer il funzionamento di alcuni tipi
di collegamento tra travi principali e secondarie funzionanti
con uno schema statico assimilabile a quello di una cerniera.
Nodo cerniera per travi appoggiate
Il nodo tra trave principale e trave secondaria che pu essere
assimilato ad una cerniera presenta solamente resistenza a
taglio. La squadretta consente infatti rotazioni relative tra le
due travi senza che insorga alcun momento ettente aggiun-
tivo allappoggio. La giunzione pu essere provvista, inoltre,
di squadrette inferiori, utili allappoggio e al centraggio della
trave secondaria al momento della posa in opera, o di piatti
di irrigidimento trasversali alla trave principale, utili a preve-
nire fenomeni di instabilit locale.
Lancoraggio alla trave secondaria (della squadretta o del
piatto) pu avvenire tramite bullonatura o saldatura.
Nodo cerniera bullonato
Figura 8.9: Fila singola
Per travi secondarie molto basse (g. 8.9) possibile che le
restrizioni dimensionali consentano di collocare solo una la
di bulloni: Dallequilibrio alla rotazione rispetto al bullone pi
esterno si ha:
V
max
= T
g
c
Ne consegue che:
V
min
= T V
max
H = 0
R
max
= V
max
Per la squadretta connessa con una la di n bulloni
avremo che il taglio che si scarica su ogni bullone pari
a:
V =
T
n
mentre per quanto riguarda la reazione orizzontale
massima, essa risulta ricavabile tramite
H
max
= f
1
Ta
h
dove f
1
=
6
n
n 1
n + 1
.
In questo caso
R
max
=
_
H
2
max
+ V
2
Nel caso siano presenti pi le di bulloni, ad esempio
due, disposte parallele o sfasate, si ritrovano i seguenti valori
di sollecitazione:
Per le le parallele indicate in gura 8.10 il massimo
sforzo verticale agente sar pari a
V =
T
2n
Rev. B 6 dicembre 2012 74
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Figura 8.10: Fila doppia con n+n bulloni
Figura 8.11: Unione tra trave principale e trave secondaria
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dove n il numero di bulloni per la. Lo sforzo orizzontale
massimo viene invece valutato come
H
max
= f
2p
Ta
h
dove f
2p
=
6
2n
n 1
n + 1
=
f
1
2
. In questo caso la reazione di
taglio massima sul bullone pari a
R
max
=
_
H
2
max
+ V
2
Nel caso di bulloni a le sfasate le formule saranno
analoghe: per la massima reazione verticale
V =
T
n
1
+ n
2
mentre per quella orizzontale
H
max
= f
2v
Ta
h
dove f
2v
questa volta viene denito come f
2v
= 6
n
2
1
n
2
(2n
2
1)
e a =
n
1
a
1
+ n
2
a
2
n
1
+ n
2
. La R
max
si ottiene come sopra.
Per altre congurazioni di bulloni si faccia riferimento alla
seguente tabella:
Esempio - Unione trave-trave
Nellesempio indicato in gura 8.11 dovremo determinare le
azioni che nascono sulla squadretta e sulla trave sia princi-
pale che secondaria, e controllare che esse siano compati-
bili con la resistenza dei materiali. Con riferimento alla gura
avremo che:
M = Ta V = T
M =
T
2
b
V =
T
2
dove M viene detto momento parassita e
M momento
di trasporto. Conseguentemente le reazioni sui bulloni
saranno:
V =
T
n
V =
T/2
n
H
max
=
M
h
f
H
max
=
M
h
f
R
max
=
_
V
2
+ H
2
max
R
max
=
_
V
2
+
H
2
max
21
Si esegue la verica nella sezione 1:
Bulloni (1)
La verica consiste nel vericare che F
v,Ed
= R
max
sia mino-
re di F
v,Rd
(gi denito precedentemente al 6.5 pag. 46).
Supponendo di utilizzare bulloni di classe 8.8:
F
v,Rd
=
0, 6 f
bt
A
res
M2
F
v,Ed
= R
max
=
_
V
2
+ H
2
max
Angolari (1)
La resistenza degli angolari va vericata sia a essione che
a taglio, considerando larea efcace (al netto dei fori). La
presenza contemporanea di essione e taglio impone un
controllo delle tensioni considerando la
id
:
max
=
M
W
eff
m
=
T
A
eff
id
=
_
2
max
+ 3
2
m
Per quanto riguarda poi le distanze dai bordi vale quan-
to gi riportato al 6.5.3 pag. 48. Anche per il rifollamento,
la verica da condurre riportata al 6.5.2 pag. 47. Le
veriche da condurre sulla trave secondaria prevedono poi
che nel caso le estremit della trave siano mortesate, venga
valutato lindebolimento della sezione (6.12 pag. 55).
Nodo cerniera saldato
Pu essere conveniente saldare gli angolari alla trave se-
condaria in modo da evitare due bullonature in opera (g.
8.13).
In questo caso non si tratterebbe pi di angolari ma di un
piatto saldato ortogonalmente allanima della trave secon-
daria, successivamente bullonato allanima della trave prin-
cipale. Solitamente le saldature sono a cordoni dangolo.
In questo caso leccentricit del taglio T rispetto al baricentro
della lunghezza di gola molto piccola quindi si pu trascu-
rare il momento parassita.
La verica che si conduce in questo tipo di giunzioni riguarda
la resistenza a taglio del cordone dangolo: si deve vericare
che la
//
, calcolabile come
//
=
T
2 L t
sia minore della
adm
, calcolabile con i metodi gi illustrati al
7.4.2 pag. 67.
21
in questo caso f = f
1
Rev. B 6 dicembre 2012 76
Corso di Costruzioni in Acciaio Universit degli Studi di Trieste - Facolt di Ingegneria Civile
Figura 8.12: Da A. Gregor - Der Fraktische Stahlbau - Band IV - Trgerbau - pag. 284
Figura 8.13: Unione tra trave principale e trave secondaria mediante saldature
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Esempio - Unione trave-trave, con trave secondaria
continua
Nel caso si voglia realizzare la continuit della trave secon-
daria, possibile prevedere, oltre alle giunzioni con squa-
drette o saldature per collegare le due anime, un coprigiun-
to, atto a realizzare la continuit di trasmissione dello sforzo
e dei piatti inferiori per riprendere eventuali giochi.
Figura 8.14: Unione tra trave principale e trave secondaria
continua
Si suppone che il momento M venga trasmesso solo dal-
le piattabande e che il taglio T venga ripreso solo dagli an-
golari. Il taglio a destra diverso da quello a sinistra e i
bulloni di destra portano solo il taglio T
2
. Per i bulloni sulla
trave secondaria bisogna tener conto di un momento paras-
sita dovuto al braccio a.
Si vericheranno ora i vari elementi componenti lunione:
1) Bulloni Angolari
Le azioni agenti si determinano come riportato sopra.
Le resistenze a taglio dei bulloni sono gi state esposte al
6.5 pag. 46.
2) Angolari (sezione )
La verica degli angolari la stessa esposta precedente-
mente. In pi necessario vericare anche la sezione in
quanto, pur non essendoci fori, sollecitata da un momento
T
2
a
//
ed ricavabile come:
//
=
S
2 a
a
per le veriche si rimanda al capitolo sui collegamenti
saldati.
Rev. B 6 dicembre 2012 78
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Cordone danima
Il cordone verticale deputato al trasferimento degli sforzi di
taglio pu essere vericato mediante un calcolo rigoroso o
approssimato.
Il calcolo rigoroso prevede che le azioni di calcolo siano:
T
verif
= T
2
M
verif
= M
anima,rid
=
J
anima,rid
J
x
M
dove
J
anima,rid
=
1
12
s
a,s
h
3
con s
a,s
spessore dellanima della trave secondaria.
Nel calcolo approssimato non si considera il momento di ve-
rica. Si tiene conto per del M
anima,rid
al ne di pervenire
alla denizione dello stato pluriassiale di tensione:
T
verif
= T
2
M
verif
= 0
W
=
1
6
2a h
2
=
M
anima,rid
W
//
=
T
2
2a h
id
=
_
+
2
//
8.2.2 Giunti angiati
I giunti angiati sono molto utilizzati nella pratica struttura-
le per la loro notevole semplicit di esecuzione e praticit
di collegamento. Possono essere utilizzati sia per giunti di
estremit, che per giunti intermedi. A seconda della resi-
stenza della piastra o dei bulloni possono essere considerati
a completo o parziale ripristino della resistenza a essione
della sezione.
Unimmediata considerazione sulla differenza tra queste due
categorie riguarda il diverso posizionamento che i giunti han-
no allinterno della trave. Poich i giunti a completo ripristino
sono pi complessi e necessitano di maggiori lavorazioni
rispetto a quelli a parziale ripristino, si preferisce in genere
utilizzare questultimi, posizionando il giunto in una sezione
intermedia non particolarmente impegnata; i giunti di estre-
mit saranno considerati delle cerniere plastiche capaci di
trasmettere un momento inferiore a quello delle membrature
collegate. Seguendo tale criterio si possono individuare due
tipologie di giunti a parziale ripristino, ambedue capaci di
adattarsi plasticamente.
Questo tipo di giunzione angiata in grado di trasmet-
tere il taglio di calcolo V
d
insieme a momenti ettenti di una
certa entit. Il criterio di calcolo il seguente:
Si ripartisce il taglio in parti uguali sui bulloni V
Ed
=
V
tot
n
b,tot
;
Si calcola lazione assiale N
f
trasmessa allala tesa
N
f
=
F
2
+
M
D
;
Si determina lazione assiale trasmissibile da ogni
bullone tenuto conto della presenza del taglio V
ed
:
_
N
Ed
N
Rd
_
2
+
_
V
Ed
V
Rd
_
2
= 1 N
Ed
= N
Rd
1
_
V
Ed
V
Rd
_
2
Rev. B 6 dicembre 2012 79
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Si controlla che sia vericata la resistenza essio-
nale delle sezioni della angia assumendo un valore
arbitrario per la forza di contatto. Deve quindi essere:
Q e =
_
nN
N
f
2
_
e M
res,2
N
f
a
2
=
_
nN
N
f
2
_
e M
res,1
essendo M
res,1
il momento resistente della sezione a
contatto con lala tesa, M
res,2
il momento resistente della se-
zione forata della angia e n il numero di bulloni disposti su
una la. La angia di gura viene dimensionata per trasferire
la sola azione tagliante: essa pu quindi essere assimilata
ad una cerniera. La fabbricazione di tale giunto necessita
di una certa precauzione nei riguardi delle tolleranze dimen-
sionali relative sia alla lunghezza della trave, che alla orto-
gonalit delle superci: la sua la sua lavorazione deve quindi
essere pi accurata di quelle necessarie per i giunti a squa-
drette. Per garantire una sufciente capacit di rotazione
opportuno che lo spessore della angia sia compreso fra i
6 e i 10 mm. La verica del giunto va condotta sulla base
delle reazioni R della trave. Essa infatti impegna i cordoni
di saldatura che connettono la angia alla trave e va ripar-
tita egualmente fra tutti i bulloni per calcolarne il diametro.
Inne la verica a rifollamento o la resistenza nei confronti
di un valore convenzionale del momento ettente M =
1
2
R
p
2
d la misura dello spessore della angia di estremit. Per
un giunto di questo tipo non sono necessarie veriche nella
zona compressa.
Come sezione resistente della angia di ipotizza una distri-
buzione delle forze secondo una legge lineare che comporta
unarea resistente ottenuta secondo una distribuzione a 48
- 45.
In linea di principio, il valore della larghezza collaborante pu
essere stabilito istituendo una equivalenza fra il comporta-
mento reale bidirezionale della angia e quello monodimen-
sionale di una trave di rigidezza opportuna: si pu cos isti-
tuire un modello convenzionale di calcolo, semplice ed utile
ai ni progettuali. Lequivalenza fra sistema reale e modello
pu essere stabilita in campo elastico e a collasso, indipen-
dentemente dallo stato limite che si considera.
Lequivalenza in campo elastico sempre prudenziale: sot-
tovalutando le risorse statiche della angia ne limita le de-
formazioni. Essa quindi consigliabile quando si desidera
equiripartire le forze su pi ordini di bulloni.
Lequivalenza in campo plastico valuta in modo realistico
la resistenza della angia, considerando il comportamento a
rottura. Essa tiene conto delle forze di contatto e pertanto
utilizzabile per coglierne i meccanismi; mal si presta invece
al calcolo delle ange con pi ordini di bulloni.
Lequivalenza in campo elastico basata sui risultati della-
nalisi di una lastra indenita caricata da un carico concen-
trato F. Nel punto O pi sollecitato risultano i valori seguenti
dei momenti ettenti per unit di lunghezza (vedi g. 8.16):
m
x
= 0, 509 F m
y
= m
x
= 0, 1527 F
Il limite elastico del materiale viene raggiunto per:
id
=
_
2
x
+
2
y
x
y
=
6
t
2
_
m
2
x
+ m
2
y
m
x
m
y
= f
y
Il valore del limite elastico risulta pertanto
F
e
=
1
6
t
2
f
y
0, 509
2
+ 0, 1527
2
0, 509 0, 1527
2, 21
6
t
2
f
y
Per una trave incastrata di larghezza b
eff
e del medesi-
mo spessore t e aggetto a della angia il valore del limite
elastico F
I
e
risulta:
F
I
e
=
1
6
b
eff
t
2
f
y
a
Lequivalenza fra trave e angia pu quindi istituirsi
ponendo F
e
= F
I
e
e quindi per:
b
eff
a
2, 21
e cio per un angolo di diffusione = arctg
_
b
eff
2a
_
48.
Il problema del calcolo della larghezza b
eff
rappresenta un
problema non ancora risolto in modo esauriente.
La gura 8.17 indica come sia possibile ricavare la larghezza
efcace per diverse geometrie.
Figura 8.17: Larghezza efcace per diverse geometrie
Sollecitazioni di trazione e essione
La ripartizione delle sollecitazioni assiali e ettenti su un
giunto bullonato di pi difcile individuazione in quanto di-
pende essenzialmente dalla rigidezza della lamiera (angia)
attraverso la quale lazione esterna applicata.
Per analizzare il problema da un punto di vista qualitativo
si fa riferimento alla gura 8.18 che illustra la pi semplice
unione a trazione. Se la angia sufcientemente rigida
possibile trascurare la sua deformazione: i bulloni risultano
semplicemente tesi e quindi privi di essioni parassite (g.
8.18 a ). Viceversa se la angia pi deformabile nascono
delle forze Q di contatto e li bullone, per seguire linessione
della angia impegnato anche a essione (g. 8.18 b).
Levidenza sperimentale ha messo in luce limportanza di
tale fenomeno, anche se ben difcile dare delle leggi di
tipo generale per calcolare le forze Q.
Rev. B 6 dicembre 2012 80
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Figura 8.16: Modello
Figura 8.18: Flangia rigida e angia deformabile
Se si analizza in dettaglio no a collasso un giunto del
tipo di quello illustrato si pu affermare che le forze di con-
tatto Q dipendono dalla rigidezza della angia, da quella del
bullone, dal carico applicato e che il collasso pu avvenire:
per snervamento del bullone penalizzato dallinterven-
to di essioni parassite e sollecitato assialmente dalla
forza F
N
= F + Q;
per la formazione di una o pi cerniere plastiche nella
angia che risulta impegnata a essione.
Da queste sommarie considerazioni si evince che si posso-
no seguire due metodi distinti per analizzare la ripartizione di
componenti di trazione e di essione sulle giunzioni. La scel-
ta di uno dei due metodi dipende dalla deformabilit della
angia.
a) Si pu considerare la angia deformabile a fare appello
alle forze Q di contatto per limitare le azioni ettenti in
esse presenti. In questo caso la distribuzione delle for-
ze sui bulloni dipende sia dalla geometria della sezio-
ne che dalla rigidezza della angia. I bulloni andranno
vericati tenendo conto della essione parassita nel
gambo e quindi assumendo valori
M
pi sfavorevoli.
Nelle ange invece possibile superare il limite elasti-
co e tener quindi conto della ridistribuzione degli sforzi
dovuti alla plasticizzazione dei punti pi sollecitati.
Il metodo di analisi non quindi univoco: va determi-
nato caso per caso ricercando soluzioni equilibrate e
compatibili con la resistenza dei bulloni e delle ange.
b) Si pu trascurare la deformabilit della angia. Si sche-
matizza allora la sezione come parzialmente reagente:
le trazioni sono assorbite dai bulloni, le eventuali com-
pressioni per contatto. La distribuzione delle forze sui
bulloni dipende quindi dalla geometria della giunzione.
I bulloni potranno essere vericati trascurando leffet-
to delle essioni parassite nel gambo e quindi assu-
mendo i valori
M
pi favorevoli. Lo spessore delle
ange dovr essere adeguato per garantire il rispetto
delle ipotesi alla base del calcolo. quindi opportu-
no, in assenza di analisi pi sosticate, vericare che
in ogni punto delle ange non venga superato il limi-
te elastico: ogni ridistribuzione degli sforzi dovute alla
plasticit del materiale comporta infatti un incremento
di deformabilit, che pu risultare inammissibile con le
ipotesi di partenza.
Rev. B 6 dicembre 2012 81
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Giunti angiati simmetrici
Figura 8.19: Meccanismi di rottura della angia
In gura 8.19 rappresentata una angia con due bulloni
sollecitata a trazione da un carico F e i suoi tre possibili
meccanismi di rottura.
Se la angia ha delle deformazioni essionali piccole rispetto
a quelle assiali dei bulloni il meccanismo illustrato in gura
8.19a. I bulloni saranno sollecitati da uno sforzo N = F/2
e non saranno aggravati da essioni parassite importanti,
mentre la angia dovr avere uno spessore adeguato per
assorbire un momento ettente M
2
=
F
2
a.
Se la angia ha delle deformazioni essionali di un or-
dine di grandezza pari a quelle dei bulloni il meccanismo di
rottura del tipo di quello illustrato in gura 8.19b. Nasce-
r una forza di contatto Q di verso eguale a quello di F. I
bulloni saranno caricati di una forza N =
F
2
+ Q e saranno
impegnati anche a essione in modo non trascurabile, men-
tre la angia sar impegnata da un diagramma di momenti
ettenti intrecciato con valori massimi M
1
e M
2
.
La forza Q a priori indeterminata: si dovr trovare una
soluzione equilibrata e conforme col criterio di resistenza.
Sia M
d,A
il momento resistente della sezione A-A (al netto
del foro), M
d,B
quello della sezione B-B e F
t ,Rd
il tiro massimo
ammesso per il bullone. Deve risultare:
N =
F
2
+ Q F
t ,Rd
Q c M
d,A
Q(c + a) + N a M
d,B
Il valore della forza Q potr essere scelto arbitrariamente
in modo da soddisfare tutte le disuguaglianze. Operativa-
mente si pu ssare il diametro e la classe del bullone e
quindi F
t ,Rd
. Risulta allora che, al massimo, pu essere
Q = F
t ,Rd
F/2. La angia avr allora uno spessore tale
da soddisfare le seguenti limitazioni:
_
F
t ,Rd
F
2
_
c M
d,A
F
2
(a + c) F
t ,Rd
c M
d,B
Inne le deformazioni della angia possono essere gran-
di rispetto a quella dei bulloni. Il meccanismo di rottura
quello di gura 8.19c: si formano due cerniere plastiche in
corrispondenza delle sezioni A-A e B-B. Risulta cio:
N =
F
2
+ Q Q c = M
d,A
F
2
a Q c = M
d,B
da cui:
F = 2
M
d,A
+ M
d,B
a
Q =
M
d,A
c
N =
M
d,A
+ M
d,B
a
+
M
d,A
c
Ricapitolando, nel caso di:
Mensola rigida
Vale lequazione F a = 2 M
pl
dove M
pl
=
t
2
f
4
f
y
l (con t
f
spessore della angia e l lunghezza).
F assunto pari alla sommatoria degli N:
F = N = 2 N
Avremo quindi:
2N a = 2
t
2
f
4
f
y
l
Nominando
t
2
f
f
y
l
a N
come - coefciente di rigidezza della
angia - otteniamo:
1 =
1
2
t
2
f
f
y
l
a 2N
t
2
f
f
y
l
a 2N
= 2 = 2
Mensola deformabile
Nel caso in cui la mensola abbia una rigidezza tale da
deformarsi sotto lazione dei carichi abbiamo detto che vale:
F = 2
M
d,A
+ M
d,B
a
che possibile approssimare a come:
F = 2
2 M
pl
a
= 4
t
2
f
f
y
l
4 a
=
t
2
f
f
y
l
a
(8.1)
Il valore della forza Q potr quindi essere scritto come:
Q =
M
d,A
c
M
pl
c
=
1
c
F a
4
(8.2)
Per avere equilibrio deve essere:
F + 2Q
_
= F +
F
2
a
c
_
= N
Ponendo =
c
a
avremo:
F
_
1 +
1
2
_
= N F =
2
2 + 1
N (8.3)
Combinando 8.1 e 8.2 con 8.3 si ottiene che il coefciente
per le ange deformabili vale:
=
2
1 + 2
Rev. B 6 dicembre 2012 82
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Diagrammando il coefciente con la forza F applicata
otteniamo una rappresentazione dei valori limite dei vari
meccanismi di collasso (gura 8.20).
Figura 8.20: Rigidezza della angia
Si evince quindi come, nellipotesi che tutta la larghezza
l della angia sia efcace, sia un parametro che lega la
rigidezza del bullone a quella della piastra (Eurocodice 3 - J
3.3).
Riassumendo, per calcolare ange di rigidezza intermedia,
per le quali Q indeterminato, la procedura da seguire la
seguente:
si sceglie un valore di Q arbitrariamente in modo
da soddisfare tutte le disuguaglianze, in modo che
lequilibrio sia comunque soddisfatto;
si sceglie il diametro e la classe del bullone;
il valore massimo di trazione nel bullone sar Q =
F
t ,Rd
F/2;
si dimensiona la angia con uno spessore tale da
soddisfare le:
_
F
t ,Rd
F
2
_
c M
d,A
F
2
(a + c) F
t ,Rd
c M
d,B
Le stesse considerazioni fatte per la piastra saldata val-
gono anche per le ali dei prolati giuntati come giunti angiati
(T-Stub).
Nel caso in cui la angia rigida non sia soggetta sola-
mente ad uno sforzo normale che potremmo denire centra-
to, occorre vericare le propriet statiche della giunzione al
ne di determinare leffettiva distribuzione di trazioni e com-
pressioni.
Con riferimento alla gura 8.21 si supponga che la forza as-
siale di trazione F
N
agente sulla giunzione costituita da n bul-
loni di egual diametro sia applicata internamente al nocciolo
dinerzia della sezione formata dai soli bulloni. In questo ca-
so la forza N
i
agente sul generico bullone i-esimo, pu es-
sere valutata ipotizzando che la sezione resistente formata
dagli n bulloni resti piana.
N
i
=
F
N
n
+
F
N
e
n
i =1
y
2
i
y
i
essendo e la eccentricit della forza applicata rispetto al
baricentro e y
i
la distanza dallasse baricentrico dal bullone
i-esimo.
Figura 8.21: Flangia rigida
Se la forza assiale di trazione applicata esternamen-
te al nocciolo dinerzia della sezione formata dai soli bulloni,
oppure la forza assiale di compressione applicata esterna-
mente al nocciolo dinerzia della sezione rettangolare costi-
tuita dalla angia, la sezione risulta parzializzata. La piastra
reagisce a compressione per contatto, i bulloni a trazione.
Di regola si trascura leffetto dei fori per cui la sezione viene
considerata di forma rettangolare e non reagente a trazione,
se non per la presenza dei bulloni.
Con riferimento alla gura, se la zona compressa della an-
gia risulta estesa e non irrigidita nelle zone pi esterne,
ragionevole assumere una distribuzione delle deformazioni
e delle tensioni lineari. In tal caso la sezione ruota attor-
no allasse passante per il punto C: la forza agente sui bullo-
ni e la tensione massima di compressione possono essere
espresse dalle seguenti relazioni:
N
i
= A
i
k(y
i
y
c
) ;
c
= k y
c
essendo k una costante di proporzionalit ed A
i
larea del
singolo bullone.
Figura 8.22: Flangia rigida
Imponendo lequilibrio alla rotazione e alla traslazione
della sezione si ottengono le seguenti equazioni determina-
Rev. B 6 dicembre 2012 83
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trici dellasse neutro in base alle quali possibile determi-
nare i valori della pressione massima di contatto
c
e delle
forze assiali agenti sui bulloni:
essione semplice (N = 0):
y
2
c
b
2
+ y
c
n
i =1
A
i
n
i =1
A
i
y
i
= 0
c
=
M y
c
J
con J =
b y
3
c
3
+
n
i =1
A
i
(y
i
y
c
)
2
N
i
=
M
J
(y
i
y
c
)A
i
essione e azione assiale:
y
3
c
b
6
+y
2
c
b
2
(e
a
2
)+y
c
n
i =1
A
i
(e
a
2
+y
i
)
n
i =1
A
i
y
i
(e
a
2
+y
i
) = 0
con e > 0 se N di compressione o con e < 0 se N di
trazione.
c
=
y
c
y
2
c
b
2
A
i
(y
i
y
c
)
[F
N
[
N
i
= [
c
[
A
i
(y
i
y
c
)
y
c
Le sommatorie sopra indicate si estendono ai soli bulloni te-
si; se lasse neutro cos determinato ha un ordinata y
c
mag-
giore dellordinata y
1
del primo bullone che considerato te-
so, bisogner ripetere il calcolo non considerando nella som-
matoria il bullone corrispondente.
Quando presumibile che la zona di contatto sia di limitata
estensione o la angia irrigidita (g. 8.23) non ha pi senso
ipotizzare una distribuzione lineare delle pressioni di contat-
to. Appare pi realistico concentrare la risultante delle pres-
sioni di contatto in un punto C ragionevole e attorno a questo
punto imporre lequilibrio alla rotazione, assumendo una di-
stribuzione lineare delle forze dei bulloni. Essendo quindi
y
c
determinato a priori ed F
N
positivo de di compressione,
risulta:
N
i
= k A
i
(y
i
y
c
)
n
i =1
N
i
(y
i
y
c
) = M F
N
(
a
2
y
c
)
Figura 8.23: Flangia irrigidita
Si ha in denitiva:
N
i
=
M F
N
(
a
2
y
c
)
n
i =1
A
i
(y
i
y
c
)
2
A
i
(y
i
y
c
)
Imponendo lequilibrio alla traslazione orizzontale si ottiene
il valore della risultante R delle pressioni di contatto. Esso
dato da:
R =
n
i =1
N
i
+ F
N
Tale risultante pu essere ragionevolmente ipotizzato unifor-
memente distribuito su unarea rettangolare di lati b e 2y
c
di
cui il punto C il baricentro. Risulta quindi:
c
=
n
i =1
N
i
+ F
N
2y
c
b
Si possono inne ricercare le prestazioni ultime della giun-
zione. In questo caso lecito assumere una distribuzione
del tipo illustrato in gura 8.24.
Figura 8.24: Prestazioni ultime
Tutti i bulloni sono impegnati dalle forze assiali di progetto
F
t ,Rd
(= N
d,0
) e la pressione di contatto ha il valore di progetto
f
d
pari alla resistenza di progetto del materiale costituente la
angia. Lunica incognita del problema la posizione dellas-
se neutro. Essa denita dallequilibrio alla traslazione della
sezione. Assumendo per lazione assiale il valore positivo se
di compressione :
n N
d,0
+ f
d
y
c
b = F
N
essendo n il numero dei bulloni reagenti a trazione.
Risulta:
y
c
=
F
N
+ n N
d,0
f
d
b
Noto y
c
possibile determinare il momento ultimo soppor-
tabile, concomitante con lazione assiale F
N
. Dallequilibrio
alla rotazione attorno a O :
M
u
= F
N
e = N
d,0
n
i =1
(y
i
y
c
2
) + F
N
(
a
2
y
c
2
)
Tale valore del momento non pu per essere sempre as-
sunto come valore del momento ultimo sopportabile dalla
sezione. Afnch ci sia vero il bullone pi vicino allasse
neutro considerato nella verica, deve poter esplicare il suo
carico massimo senza che il bullone pi lontano abbia rag-
giunto un allungamento pari a quello di rottura. Con riferi-
mento alla gura 8.24 deve cio essere
max
t
. Il valore
max
determinato dalla deformazione
1
= f
d,N
/E conse-
guente la resistenza di progetto f
d,N
del bullone pi vicino
Rev. B 6 dicembre 2012 84
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allasse neutro che stato considerato nel calcolo. Risulta
cio:
max
=
1
y
max
2y
c
y
1
2y
c
=
f
d,N
E
y
max
2y
c
y
1
2y
c
<
t
Il valore di progetto dellallungamento a rottura
t
del bullo-
ne sar da assumersi in modo cautelativo e comunque non
superiore ai valori minimi prescritti dalla UNI 3740-65.
Per comprendere i limiti di applicabilit dei metodi sopra in-
dicati si deve osservare che questi sono basati sullipotesi
seguente: il comportamento dei bulloni sia indipendente dal-
le deformazioni della angia. In realt questa affermazione
non veritiera e per questa ragione le previsioni dei calcoli
sono spesso disattese dallevidenza sperimentale. A riprova
di ci utile riportare, almeno qualitativamente, i risultati di
una esperienza (g. 8.25a). Essa relativa ad una trave
su due appoggi realizzata da due pezzi solidarizzati da un
collegamento angiato. La trave composta da un prolo
della serie statunitense (W 16x36) di circa 400 mm di altez-
za. Le sue prestazioni essionali sono nellordine dell80%
di quelle di una IPE 400. Il giunto (g. 8.25c) costituito
da 8 bulloni equivalenti a bulloni 20 di qualit 8.8 e da una
piastra di spessore di circa 64 mm per il primo campione e
38 mm per il secondo campione.
Figura 8.25: Prove sperimentali
La gura 8.25b mostra il risultato ottenuto. La trave con
la piastra pi spessa raggiunge il massimo valore compati-
bile con le sue prestazioni essionali e il collasso avviene
per cedimento dellala compressa della trave. La trave con
angia di spessore pari a 38 mm cede prematuramente per
rottura dei bulloni pi vicini al lembo teso.
Le misure delle forze agenti sui singoli bulloni hanno messo
in evidenza il comportamento rappresentato qualitativamen-
te in gura 8.25d,e.
La angia di spessore elevato praticamente indeformabile
e la distribuzione delle forze sui bulloni lineare.
La deformazione della angia da 38 mm provoca invece una
zona di contatto anche nella parte inferiore del giunto e per-
tanto la distribuzione delle forze sui bulloni sostanzialmen-
te diversa da quella assunta alla base del calcolo.
Al ne di evitare collassi di questo tipo sono state effettuate
analisi sperimentali che hanno portato a determinare degli
schemi geometrici di progettazione delle giunzioni angiate.
8.2.3 Giunti tesi
La tipologia dei giunti per elementi tesi essenzialmente
legata a quella degli elementi da collegare.
La gura 8.30a,b illustra dei tipici giunti fra tondi. Questi
possono essere considerati a parziale ripristino, in quanto
la sezione lettata ricavata per asportazione del materiale
della barra: il tirante dovr essere dimensionato in relazione
allarea resistente della lettatura, che costituisce comunque
un punto di debolezza della struttura: la rottura del tirante
pu avvenire quando nella sezione corrente non si ancora
raggiunto il limite elastico.
Per tale ragione preferibile, ove si voglia tener conto della
redistribuzione plastica delle azioni interne nella struttura,
ricorrere a tiranti la cui lettatura sia ricavata per rullatura
(g. 8.30c).
Figura 8.30: Giunti tesi
In gura 8.30d illustrato un attacco a martello per
un tondo teso. composto da due piatti di lamiera che
vengono saldati al tondo e che per contatto trasmettono
la forza N ai due proli a C. Mentre la verica dellunione
saldata fra piastre e tondo banale, pi delicata appare la
trasmissione della forza N ai due proli, anche in relazione
alla necessit o meno di disporre delle costole con la funzio-
ne di raccogliere il carico e trasmetterlo alle anime dei proli.
Figura 8.31: Giunti tesi (prolati)
Nel caso di collegamento tra prolati tesi, essi possono
essere realizzati con saldature a completa penetrazione o
con coprigiunti saldati o bullonati. Il primo, se realizzato con
Rev. B 6 dicembre 2012 85
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Figura 8.26: Collegamenti unicati - Travi IPE con ange sporgenti in acciaio St 37; qualit bulloni 10K
Figura 8.27: Collegamenti unicati - Travi IPE con ange a lo in acciaio St 37; qualit bulloni 10K
Rev. B 6 dicembre 2012 86
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Figura 8.28: Collegamenti unicati - Travi HEB con ange sporgenti in acciaio St 37; qualit bulloni 10K
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Figura 8.29: Rapporto delle frecce in una trave collegata mediante ange in confronto ad una trave senza giunto
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saldature opportune, a completo ripristino e non necessita
nemmeno di veriche, il secondo e il terzo devono essere
vericati con maggior accuratezza.
I collegamenti tra elementi tesi possono essere costruiti an-
che con giunti angiati. In gura 8.32a mostrato un colle-
gamento fra due tubi; in gura 8.32b quello tra due prolati e
in gura 8.32c,d quello tra due lamiere, simmetrico il primo,
eccentrico il secondo.
Figura 8.32: Giunti tesi (angiati)
Prima di passare allo studio dei giunti compressi va-
le la pena approfondire la verica di alcuni componenti dei
collegamenti tesi appena visti.
Giunto a martello
La verica della saldatura che collega il tondo alle due ali
si effettua tenendo conto dello sforzo di taglio causato dalla
trazione diretta della barra, ma anche della essione paras-
sita che viene ad innescarsi a causa della larghezza dellala
componente il martello:
W =
t l
2
6
=
F
2 t l
;
max
=
F
2
a/2
W
id
=
_
2
max
+ 3
2
Dove l laltezza dellala del martello, mentre a rappresen-
ta la base.
Oltre alla saldatura necessario vericare che lazione
agente sui due prolati non superi valori che portino alla crisi
il pezzo.
Si pu ritenere che i piatti distribuiscano il carico N sulle ali
superiori; queste per essione e taglio lo riportano sullanima
della trave. Si ha allora una pressione specica (g. 8.33a)
di contatto p =
N
2at
che sollecita a essione la angia in-
teressandone una certa zona di larghezza collaborante b
eff
.
Consegue un momento per unit di lunghezza:
m =
N
2
a
2
b
eff
che impegna le ali e lanima del prolato. Se questa solleci-
tazione incompatibile con lo stato di tensione ammissibile
necessario ridimensionare la giunzione.
Si pu poi ritenere che il carico N si scarichi direttamen-
te sullanima della trave. In tal caso si potr ammettere (g.
8.33b) una distribuzione a 45e ritenere lanima compressa
da una pressione specica pari a:
p =
N/2
(t + 2t
f
)t
w
In conseguenza di tale pressione specica lanima pu esse-
re soggetta sia a schiacciamento per eccesso di pressio-
ne specica che da instabilit locale. Le veriche nei con-
fronti di questi fenomeni sono convenzionali e basate su evi-
denze sperimentali. Secondo tale procedimento, non si deve
sommare la pressione p sopra dedotta alle altre componenti
di tensione presenti nellanima: sufciente controllare che:
p f
d
con 1 (secondo le CNR-UNI = 1, 15)
per premunirsi dalla possibilit di schiacciamento.
Potr essere necessario predisporre delle costole che col-
leghino le ali allanima. Questo collegamento irrigidisce lo-
calmente il prolo rendendo collaboranti anche le ali dello
stesso. Quello che bisogna vericare che la pressione
specica di contatto
p =
N/2
t a
sia inferiore al valore f
d
.
A causa della eccentricit e = a/2 del carico, la sezione
a L tender a ruotare e pertanto sar opportuno collegare
fra loro le ange inferiori e superiori per chiudere fra di loro
i momenti N/2 a/2 che insorgono, scomponendoli in due
forze:
H =
N
2
a
2
/d
Giunto a coprigiunto
Nei collegamenti con coprigiunto fra due prolati, oppor-
tuno distribuire le varie unioni in modo da deviare il meno
possibile il usso delle tensioni presenti nella membratura.
Se i proli sono soggetti a forza assiale, conviene quindi di-
stribuire i coprigiunti in parti proporzionali allarea della se-
zione del prolo stesso. Con riferimento alla gura , detto
N il valore del carico assiale e A = A
f
+ A
I
f
+ A
w
larea tota-
le della sezione del prolo, converr dimensionare le unioni
contrassegnate con A, B, C rispettivamente per una forza di
trazione pari:
N
A
= N
A
f
A
; N
B
= N
A
I
f
A
; N
C
= N
A
w
A
Rev. B 6 dicembre 2012 89
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Figura 8.33: Giunto a martello
Figura 8.34: Giunto a coprigiunto
Ovviamente le unioni potranno essere saldate o bullo-
nate. Quelle saldate, se progettate a completo ripristino di
sezione (cio N = f
d
A), danno buone garanzie di duttilit:
la rottura pu cio avvenire fuori dal giunto e per un valore
del carico tale da consentire il raggiungimento del limite ela-
stico in tutto il prolo.Pi fragili risultano invece le giunzioni
bullonate. Infatti anche se progettate a completo ripristino
esse collassano per rottura della sezione netta e pertanto
non sempre consentono deformazioni plastiche nelle altre
sezioni dellelemento collegato.
Se il coprigiunto non doppio ma semplice, si effettua co-
munque la verica a solo taglio, trascurando il momento
secondario.
Giunto angiato eccentrico
Nel caso in cui non sia possibile eseguire un giunto angiato
simmetrico, si pu procedere alla giunzione tramite un colle-
gamento tipo quello indicato in gura 8.35a. In questo caso
possibile ritrovare uno schema equilibrato solo mettendo
in conto la forza di contatto Q, che si esercita agli estremi
della angia.
Lo schema statico della trave equivalente illustrato in gu-
ra 8.35b: si ha N = F(a+c)/c, mentre la angia deve essere
dimensionata per un momento M = F a in corrispondenza
di una sezione di larghezza collaborante b
eff
. Il valore di b
eff
potr essere desunto secondo il metodo illustrato nel para-
grafo precedente.
Se si segue un criterio di equivalenza elastico e si ipotizza
una diffusione a 45risulta, (g. 8.35c):
b
eff
= 2a + d
essendo d il diametro della rondella e quello del foro.
Naturalmente per b
eff
> b si assumer b
eff
= b .
Se invece si utilizza il criterio di equivalenza a collasso, si
pu utilizzare il meccanismo di gura 8.35d. La angia
per pi deformabile di quelle simmetriche; appare quindi
prudente trascurare il beneco effetto della ripartizione del
carico da parte della testa del bullone o della rondella.
Avremo quindi:
per la lastra: N = F
lim
(
a
c
+ 1) m
lim
2
per la trave: F
lim
a m
lim
b
eff
Risulta per lequivalenza:
b
eff
= a
2
1 + a/c
valida per b
eff
b . Per b
eff
b si
utilizzer una larghezza pari a b .
Se la angia non sufcientemente rigida e quindi non ido-
nea a trasmettere le azioni ettenti dovute alla eccentricit
del carico, si manifestano delle vistose deformazioni trasver-
sali, che portano a un ricentramento del carico applicato.
Questo fenomeno illustrato in gura 8.36 dove rappre-
sentato il comportamento di giunti di differente rigidezza.
La soluzione a) rappresenta un giunto in cui la angia e il
bullone sono dimensionati secondo lo schema precedente-
mente illustrato.
La soluzione b) simula invece un giunto per cui la angia e
il bullone sono calcolati a semplice azione assiale, senza te-
ner conto delleffetto della eccentricit. Si pu notare dalla
gura che, il giunto a) dopo una prima fase in cui manifesta
un comportamento praticamente rigido dovuto al serraggio,
Rev. B 6 dicembre 2012 90
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Figura 8.35: Giunto eccentrico
evolve in fase elastica no a circa 38 kN e la componente
trasversale di spostamento v estremamente contenuta: il
giunto cio si discosta poco dalla sua congurazione inde-
formata. Il giunto b) invece non manifesta un tratto elastico.
Iniziano subito le plasticizzazioni nella angia e il carico pu
aumentare solo se si mantiene costante il momento etten-
te: ci possibile se il braccio della forza diminuisce e cio
se le componenti di spostamento trasversai v diventano del-
lo stesso ordine di grandezza delle eccentricit del bullone
rispetto alla forza esterna.
Le forme dei provini al temine delle prove mostrano con chia-
rezza quanto sopra illustrato. Il giunto a) ancora perfetta-
mente rettilineo, il giunto b) si deformato trasversalmente
no a portare lasse del bullone in corrispondenza della retta
di applicazione del carico.
Figura 8.36: Test sperimentale su giunti eccentrici
8.2.4 Giunti compressi
Figura 8.37: Giunti compressi
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Poich a causa dei fenomeni di instabilit non possono in
generale essere raggiunti i limiti di resistenza del materiale,
perde di importanza la realizzazione di un giunto a completo
ripristino di resistenza della sezione. Basta infatti che il colle-
gamento possa trasmettere il carico in corrispondenza delle
instabilit del prolo che non si ha nessuna penalizzazione
dellelemento. Il collegamento viene in genere realizzato ad
una distanza di 80 50 cm dal nodo, in modo che sia facile
la sua realizzazione e la sezione sia poco inuenzata dal fe-
nomeno della instabilit.
I collegamenti spesso interessano proli di sezione poco di-
verse tra loro. In questo caso i giunti risultano molto semplici
e possono essere:
giunti saldati;
giunti bullonati;
giunti a contatto.
Giunti saldati
Quando il giunto viene realizzato a completa penetrazione
non necessario il calcolo della portata, in quanto il cor-
done ripristina completamente la resistenza della sezione.
Lelemento superiore (g. 8.37b) avr le superci prepara-
te, mentre su una parte di quello inferiore saranno saldate o
bullonate opportune piastre a L o a C atte a posizionare in
via provvisoria lelemento superiore e tenerlo sso durante
la saldatura.
Giunti bullonati
I giunti bullonati possono essere a doppio coprigiunto e a
semplice coprigiunto. Talvolta il collegamento eseguito so-
lo fra alcune parti della sezione, mentre altre sono lasciate
non collegate.
Se il collegamento coinvolge tutte le parti della sezione
opportuno suddividere le forze fra le varie unioni in modo
proporzionale alle aree delle parti collegate. comunque
preferibile, negli elementi compressi, a I e a C, solidarizzare
meglio le ali che non le due anime: sono infatti le prime che
risultano pi impegnate da eventuali effetti essionali.
Nelle giunzioni di colonne importanti inoltre opportuno
adottare bulloni ad alta resistenza e vericare lunione ad
attrito, in concomitanza dei carichi di servizio. Infatti lo scor-
rimento delle giunzioni pu comportare deformate residue
della struttura, incompatibili con la sua utilizzazione.
Giunti a contatto
Quando gli spessori dei prolati divengono notevoli, non
pi possibile eseguire dei giunti saldati; analogamente non
pi possibile realizzare dei giunti bullonati.
Figura 8.38: Giunti a contatto
Si preferisce ricorrere a ricorrere al contatto fra superci
per trasferire il carico. Ci pu essere realizzato:
direttamente fra i proli saldati di testa a parziale
penetrazione o bullonati (g. 8.38a,b);
interponendo una piastra saldata con cordoni dangolo
(g. 8.38c);
interponendo due ange bullonate tra loro (g. 8.38d).
Afnch il giunto sia corretto necessario che il contatto
sia assicurato per tutta la supercie e non solo per alcune
sue parti. In particolare deve essere garantita lortogonali-
t fra la supercie a contatto e gli assi delle membrature e
se le estremit non sono provviste di ange, devono essere
segate o lavorate con macchina utensile. I giunti a contatto
devono rispondere ai seguenti requisiti:
assorbire le eventuali azioni taglianti e di trazione;
non costituire un punto di crisi nei confronti dellinsta-
bilit dellelemento compresso.
Per rispettare la prima condizione i cordoni di saldatura o le
bullonature dovranno essere vericati:
per lintero valore delle azioni taglianti;
per gli eventuali effetti di trazione conseguenti a
particolari combinazioni di carico.
Per rispettare la seconda condizione i giunti devono essere
disposti il pi vicino possibile ai vincoli e comunque a una
distanza non superiore a una distanza non superiore al 20%
della lunghezza libera di inessione assunta nei calcoli.
Variazione di sezione
Quando la variazione di sezione si mantiene contenuta, si
pu effettuare una verica della piastra di collegamento ve-
ricandone lidoneit a trasferire il carico assiale tramite un
comportamento essionale. Se il collegamento fra due
prolati si deve trasferire solo la quota parte di carico as-
sorbito dalle ali, in quanto le anime sono allineate. Indicato
con il valore della tensione media agente nel prolo, con
f
d
quella di progetto della piastra, e con A
f
= b
f
t
f
larea della
sezione di un ala, risulta:
N
f
= b
f
t
f
; M = N
f
e = b
f
t
f
e
Rev. B 6 dicembre 2012 92
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Figura 8.39: Modesta variazione di sezione
essendo N
f
laliquota del carico totale N assorbita da unala.
La condizione di verica allo stato limite elastico:
1
6
b t
2
f
d
b
f
t
f
e
comporta che lo spessore della angia risulti tale che sia
soddisfatta la seguente disuguaglianza:
_
t
t
f
_
2
6
b
f
b
e
t
f
f
d
(in condizioni normali risulta quindi che si debba disporre
una piastra di spessore pari a circa due volte lo spessore
dellala)
La piastra sar sollecitata da un momento pari a:
M =
1
2
N e
Nel caso in cui la variazione di sezione sia importante
occorre predisporre dei dispositivi atti a distribuire il carico
ed evitare pressioni localizzate che porterebbero al collasso
del giunto.
Se lo stato di sollecitazione non particolarmente impegna-
tivo pu risultare sufciente un dettaglio del tipo di quello
indicato in gura 8.40a. La piastra, solidarizzata in ofcina
con lelemento inferiore, utile per facilitare le saldature in
opera dellelemento superiore, tenuto fermo dalle squadrette
bullonate in fase di montaggio.
Opportune costole ricevono il carico trasmesso dallala del-
lelemento superiore e lo trasferiscono allanima inferiore,
che a sua volta lo distribuisce nella parte sottostante. Tra-
scurando le variazioni delle tensioni normali nello spessore,
la forza agente nellala vale:
N
f
= A
f
Essendo A
f
larea dellala e =
N
A
+
M
W
la tensione massi-
ma presente. La forza N
f
impegna trasversalmente i cordo-
ni W
1
e W
2
e longitudinalmente il cordone W
3
. Lanima
deve essere in grado di di resistere alla concentrazione degli
sforzi. Assumendo una distribuzione del carico a 30deve
risultare:
N
f
b t
w
f
d
Questultima verica pu non essere soddisfatta se i carichi
agenti sulle colonne sono notevoli. Si pu allora ricorrere
a un particolare analogo a quello illustrato in g. 8.40b: si
realizza una trave a doppio T che pu essere considerata
caricata da due forze concentrate:
N
f ,1
=
N
2
M
d
Esse impegnano trasversalmente i cordoni di tipo W
1
e
W
2
, e longitudinalmente quelli di tipo W
3
. I cordoni tipo
W
4
assorbono invece le azioni di scorrimento della trave a
doppio T.
Unaltra possibilit illustrata in gura 8.40c. Il giunto ri-
sulta rastremato e la risultante degli sforzi presenti nelle ali
viene deviata mediante le due ange saldate, che fungono
da tirante e puntone. Se presente solo una azione assia-
le N, lazione di trazione o compressione nelle costole vale
N
f
tg essendo N
f
= N A
f
/A. Il momento ettente M in-
genera invece unazione tangenziale nel pannello di lamiera
il cui valore massimo pu essere valutato in = 2N tg/A
w
essendo A
w
larea dellanima e N
f
= M A
f
/W. Combi-
nando gli effetti dellazione assiale e del momento etten-
te si dovr controllare la resistenza del pannello danima:
_
2
w
+ 3
2
f
d
, con
w
= N
f
/A.
8.2.5 Giunti trave-colonna
I giunti fra travi e colonne non si differenziano sostanzial-
mente, almeno per quanto riguarda la loro funzione e il loro
comportamento, dai giunti inessi. Anche per i giunti trave-
colonna si pu mantenere la distinzione fra giunti a completo
ripristino e a parziale ripristino di resistenza, con la seguen-
te precisazione. Se il giunto collega la colonna a una trave
disposta da una sola parte (giunto a ) si intende per ripri-
stino quello della sezione pi debole collegata. Se il giunto
collega la colonna a due travi disposte d lati opposti (giunto
a croce +) si intende per ripristino quello della sezione pi
debole delle due travi collegate.
Esso pu essere realizzato mediante angolari o ange, in
modo da trasmettere solo il taglio, garantendo nel contempo
la possibilit di una sufciente rotazione del giunto. Il calcolo
dei bulloni e dei fazzoletti viene fatto allo stesso modo del
giunto incernierato trave-trave.
Appoggio a sedia
Un giunto che realizza in modo altrettanto semplice uno
schema pendolare per la trave quello con appoggio a se-
Rev. B 6 dicembre 2012 93
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Figura 8.40: Sensibile variazione di sezione
dia. Gli appoggi a sedia possono essere di tipo con sedia a
tacco, a sedia irrigidita, e a sedia non irrigidita.
Le veriche da condurre sono due:
verica della pressione specica sullanima della trave
allattacco del raggio di raccordo con lala inferiore;
verica della sedia.
Figura 8.41: Appoggio a sedia
Per la sedia a tacco il valore delleccentricit trascu-
rabile. quindi sufciente determinare la sezione dei cor-
doni di saldatura che uniscono il tacco alla colonna. Le
sollecitazioni possono essere assunte pari a:
T = R ; M = R(a +
b
2
)
essendo a la distanza fra la sezione terminale della trave e
la colonna.
Figura 8.42: Calcolo dellappoggio a sedia
Per la sedia irrigidita sufciente calcolare la dimensio-
ne dei cordoni di saldatura che uniscono alla colonna la co-
stola verticale, purch questa e il piatto orizzontale risulti-
no di spessore almeno pari a quella dellanima della tra-
ve. La pressione su questultima non deve essere supe-
riore a 1, 3 f
d
; per la sedia non irrigidita la larghezza di
sovrapposizione si calcola quindi come:
b =
R
1, 30 f
d
t
w
Per quanto riguarda langolare, la verica a taglio e a
essione viene condotta nel seguente modo:
max
=
M
W
=
R e
b
a
t
2
a
6
; =
R
b
a
t
a
;
id
adm
Rev. B 6 dicembre 2012 94
Corso di Costruzioni in Acciaio Universit degli Studi di Trieste - Facolt di Ingegneria Civile
Trave continua
Un collegamento molto semplice che rende la colonna in-
cernierata alla trave quella quello riportato in gura. In
questo caso le veriche sul pannello danima si effettua co-
me per il collegamento tra colonne compresse. La colonna,
in questo caso, viene impiegata solo assialmente. Lo sche-
ma che ne segue una schematizzazione a pendolo della
colonna. Pu essere pi oneroso di quello a squadretta visto
in precedenza.
Giunti standard trave-colonna
Come gi esposto prima, i giunti trave colonna soggetti ad
elevati valori di momenti ettenti sono tipici delle strutture
intelaiate. Per esse i nodi possono risultare:
a completo ripristino;
a completo ripristino delle sole capacit essionali;
a parziale ripristino con sufciente capacit di
rotazione.
Figura 8.43: Giunti trave colonna
Il giunto a completo ripristino pi naturale quello intera-
mente saldato in gura 8.43a. Come anche il collegamento
b), anche se costoso, si dimostrato molto valido in zona si-
smica per il buon comportamento sotto carico alterno. Par-
ticolare attenzione deve essere fatta al problema della for-
mazione di strappi lamellari nelle ali delle colonne dovuti alle
deformazioni localizzate nella lamiera per effetto della sal-
datura. Questo fenomeno tanto pi importante quanto pi
spessa lala e resistente lacciaio di cui composta (per
la sua minore duttilit).
Questi collegamenti hanno inoltre il vantaggio di non gene-
rare ingombri aggiuntivi per la struttura.
Se la colonna non viene nervata, si deve vericare lanima
allimbozzamento in zona compressa, allo strappamento le
ali della colonna e la resistenza del pannello danima.
Verica in corrispondenza del lembo compresso
Nella zona compressa lanima pu divenire instabile prima di
raggiungere i suoi limiti di resistenza. Si evita tale fenomeno
controllando che lo spessore t
w
dellanima, soddis la formu-
la seguente, che interpola, a favore di sicurezza, i risultati di
esperienze statunitensi:
t
w
h
w
30
_
235
f
d
Se questa limitazione non soddisfatta si devono comunque
disporre delle costole.
Dalle numerose esperienze condotte negli Stati Uniti e in
Olanda si pu ritenere che, in assenza di irrigidimenti, gli ef-
fetti di una forza di compressione F possano essere ripartiti
su una lunghezza b
eff
ricavabile come da g. 8.44.
Avremo quindi:
=
F
t
w
b
eff
adm
Verica in corrispondenza del lembo teso
Lala della colonna inessa dal carico trasmesso dalla tra-
ve. La sua resistenza dalla modalit dellattacco. Se es-
so saldato o con coprigiunto saldato, si pu manifestare il
meccanismo di collasso di gura 8.45b. Per prevenirlo deve
risultare:
F 24 m
res
essendo F = M/d la forza agente dellala della trave
ed m
res
il momento resistente per unit di lunghezza della-
la della colonna. Per i giunti a completo ripristino risulta a
collasso:
F
u
= A
f
f
y,b
; m
res
= m
u
=
1
4
f
y,c
t
2
f
da cui t
f
0.4
_
k A
f
essendo k = f
y,b
/f
y,c
il rapporto fra la tensione di snerva-
mento della trave e della colonna.
Inoltre le evidenze sperimentali hanno mostrato che si pu ri-
tenere effettiva solo una lunghezza del cordone di saldatura
pari a
b
eff
= 2t
w
+ 7t
f
se lattacco a angia o con coprigiunti bullonati, lala della
colonna si comporta come una angia simmetrica. lecito
assumere una larghezza collaborante sulla base di una ve-
rica a collasso della angia per i meccanismi gi studiati in
precedenza.
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Figura 8.44: Valutazione della larghezza efcace al lembo compresso
Figura 8.45: Valutazione della larghezza efcace al lembo teso
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Lo snervamento dellanima pu provocare il distacco della-
la. Se lattacco saldato, si pu ripartire la forza di trazione
su una lunghezza b
eff
= t
b
+5(t
c
+r
c
) eguale a quella utilizza-
ta per le compressioni (g. 8.44a). Pi favorevole invece la
diffusione dello sforzo di trazione nel caso di giunti angiati e
coprigiunti bullonati (g. 8.45c,d): per essi si pu assumere
la stessa larghezza utilizzata per il calcolo a angia dellala
della colonna.
In ogni caso si pu comunque considerare nellanima della
colonna una tensione pari a:
=
F
b
eff
t
w
Verica dei pannelli danima
I pannelli danima delle colonne sono sottoposte ad azioni
taglianti quando:
Le travi sono di altezza diversa (d
1
,= d
2
);
I momenti applicati sono diversi (M
1
,= M
2
).
Se infatti le due travi sono di altezza diversa ma trasmettono
lo stesso momento M
1
, nel pannello danima, per ragioni di
equilibrio, discende:
S
1
=
M
1
d
1
M
2
d
2
= M
1
_
1
d
1
1
d
2
_
se M
1
= M
2
S
3
=
1
d
3
S
1
_
d
1
+ d
2
2
_
Se invece i momenti applicati sono diversi ma le travi sono di
altezza uguale, allora lo sforzo di taglio sul pannello risulta:
S
1
=
M
2
M
1
d
2
; S
3
=
M
2
M
1
d
3
Evidentemente questi effetti possono vericarsi contem-
poraneamente e possono dar luogo a
=
_
M
2
M
1
d
2
M
1
_
1
d
1
1
d
2
__
1
t
w
h
w
=
_
M
2
d
2
M
1
d
1
_
1
t
w
h
w
Per una trave di bordo dove presente solamente un
momento M la tensione tangenziale valutabile come:
=
M
d
1
t
w
h
w
Per la verica del pannello baster quindi vericare che la
adm
.
Se la verica non soddisfatta si dovr irrigidire lanima con
piatti saldati o con opportune costolature diagonali.
8.2.6 Veriche su un incastro a ange
Gli spessori dei piatti della colonna sono uguali a quelli della
piattabanda della trave. I piatti servono per evitare gli strappi
al lembo teso e gli imbozzamenti al lembo compresso. Si
dividono gli effetti essionali da quelli taglianti.
Gli spessori possono essere assunti pari a:
sp
rinf
= sp
trave
sp
piastra
= sp
colonna
sp
piastra
2 sp
trave,piattabanda
in IPE
Il calcolo del nodo si conduce dimensionandolo in modo che
resista no al momento ultimo della trave. Per fare ci ne-
cessario determinare il momento ultimo raggiungibile dalla
sezione in campo plastico.
Avremo quindi:
M
pl
= f
yd
W
pl
; M
el
= f
yd
W
el
Il collasso del pannello si ha per un valore pari a:
s
=
f
yd
3
Il momento plastico massimo sopportabile dal nodo pari a:
M
pl
=
s
sp
anima
h
r
h
t
dove per h
r
si intende linterasse tra le ali della colonna e
per h
t
linterasse tra le ali della trave. Confrontando le due
equazioni (M
pl
=
M
pl
), risulta:
f
yd
W
pl
=
f
yd
3
sp
pan
h
r
h
t
da cui
sp
pan
=
3
M
pl
h
r
h
t
Denito pari a
sp
col
sp
pan
, avremo:
=
sp
col
3
h
r
h
t
W
pl
Nel caso in cui 1 il nodo funziona adeguatamente,
mentre se < 1 risulta necessario disporre una costola
diagonale.
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Figura 8.46: Valutazione dellazione tagliante nei pannelli danima
Questo rinforzo assorbe la compressione diagonale che
si viene a creare a causa del momento ettente: lo sforzo
pari a:
N =
M
pl
(1 )
h
t
cos
=
M
pl
(1 )
h
t
h
r
_
h
2
r
+ h
2
t
= A
d
f
yd
dove A
d
=
_
h
2
r
+ h
2
t
_
W
pl
h
r
h
t
sp
col
3
_
.
8.2.7 Nodi di travature reticolari
Molti elementi strutturali di un edicio civile o industriale
possono essere realizzati mediante uno schema statico re-
ticolare. In particolare, nelledicio civile, si ricorre di norma
ad una struttura reticolare per realizzare i controventi di pia-
no ed i controventi verticali.
Dal punto di vista teorico di assume che tutti gli assi geome-
trici delle aste conuiscano in un unico punto e che il vincolo
tra le aste sia un vincolo di cerniera.
Al ne di avvicinarsi a questa ipotesi si deve realizzare
la piastra di nodo pi piccola possibile al ne di contene-
re la rigidezza del nodo. Si deve inoltre fare in modo che
gli assi baricentrici delle aste (per collegamenti saldati) o gli
assi delle bullonature (assi di truschino, per i collegamenti
bullonati) concorrano in un unico punto che si assume come
cerniera ideale.
Se il nodo bullonato si devono seguire le seguenti
operazioni:
disegno dello schema geometrico del nodo;
disegno delle aste che concorrono al nodo, facendo
coincidere lasse di truschino delle forature di ogni asta
con lasse geometrico corrispondente conuente nel
nodo;
verica del numero di bulloni strettamente necessa-
ri, in funzione degli sforzi nelle aste conuenti e delle
caratteristiche geometriche del nodo;
disegno della posizione dei bulloni nel nodo, compati-
bilmente con le limitazioni imposte dalla norma;
disegno della piastra di nodo ed indicazione del suo
spessore;
verica dei bulloni;
verica delle piastre;
verica delle aste.
Un collegamento teoricamente corretto presuppone, come
detto, il rispetto delle seguenti condizioni:
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a) Gli assi baricentrici delle aste conuenti nel nodo devo-
no appartenere ad un unico piano (piano di simmetria
della travatura reticolare);
b) Gli assi baricentrici delle aste conuenti nel nodo devo-
no coincidere con gli assi dello schema geometrico del
nodo.
Di norma la condizione a) sempre rispettata (a meno che
non si tratti di elementi secondari o poco sollecitati) e pu
essere perseguita sia con prolati singoli che accoppiati. La
seconda condizione sempre rispettata nelle unioni saldate,
nelle unioni bullonate, esiste talvolta (per esigenze geome-
triche di bullonatura) una eccentricit fra lasse baricentrico
dellasta e quello della bullonatura (gura 8.47a).
Quando possibile comunque si cerca di realizzare il nodo in
gura 8.47b poich non genera momenti secondari nel nodo
e quindi nelle aste. Lo schema b) per richiede una maggio-
re difcolt nella realizzazione del nodo poich molto pi
scomodo disegnare la piastra di nodo e le relative forature.
La norma consente il trascinamento sullasse di truschino
per strutture reticolari composte da angolari purch si di-
mensioni la bullonatura tenendo conto del momento N e.
Gli effetti secondari sul nodo in questo caso si considerano
trascurabili. Per il calcolo della lunghezza libera l
0
delle aste
compresse si deve in ogni caso considerare la distanza tra
le cerniere ideali e non tra i centri della bullonatura. Quando
possibile ovviamente si fa coincidere lasse di truschino con
lasse geometrico dellasta.
Figura 8.47: Posizionamento delle bullonature
Per il dimensionamento dei bulloni si consideri lo
schema:
La normativa impone:
25 t
min
p 3 d
0
mentre per elementi compressi
15 t
min
p 3 d
0
dove t
min
il minore tra gli spessori delle lamiere componenti
lunione.
Poi
a > 2 d
0
; a
1
> 1, 5 d
0
Le limitazioni superiori per lamiere senza bordo irrigidito
a 9 t
min
; a
1
9 t
min
Lo sforzo ripreso dai bulloni risulta essere pari a:
V =
N
n b
; H
max
= f
N e
h
F
v,Ed
=
_
V
2
+ H
2
max
con
f =
6(n
b
1)
n
b
(n
b
+ 1)
la verica nei bulloni consiste quindi nel vericare che
F
v,Rd
F
v,Ed
Ponendo particolare attenzione al numero di sezioni resi-
stenti nei casi di angolare singolo () o accoppiato (|).
Oltre ai bulloni occorre bisogna vericare la piastra di col-
legamento e lasta ed effettuare le veriche a rifollamento
(6.5.2 pag.47).
Verica sulla piastra
Per la verica della piastra si ipotizza una diffusione dello
sforzo a 60. La verica va quindi effettuata nella sezione A-
A, su una lunghezza c, depurata dei fori. Ne consegue che
si deve avere:
=
N
(c )s
adm
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dove
il diametro del foro interessato dalla sezione A-A
s lo spessore della piastra.
Verica sulla piastra
Quando si effettuano le veriche delle aste si deve fare atten-
zione ai tipi di proli collegati ed al modo con cui si realizza
il collegamento. Possono infatti instaurarsi nelle aste del-
le sollecitazioni secondarie dovute ad effetti essionali che
talvolta incrementano notevolmente le tensioni dovute allo
sforzo normale N se di trazione. La norma specica che per
un singolo angolare collegato si deve considerare come area
resistente o efcace:
Figura 8.48: Valutazione dellarea efcace
Per un angolare collegato su entrambe le ali larea
resistente da considerare coincide con larea netta:
A
res
= A
n
Per un angolare collegato su una sola ala (g. 8.48a) larea
resistente data da:
A
res
= A
1
+ A
2
dove:
A
1
larea netta dellala collegata;
A
2
larea netta dellala non collegata;
=
3A
1
3A
1
+ A
2
Nel caso di due angolari eguali accoppiati a T e collega-
ti alla piastra di nodo nel piano delle ali (g. 8.48b), larea
resistente data da:
A
res
= 2A
1
+ 2A
2
dove A
1
e A
2
hanno il signicato precedente e
=
5A
1
5A
1
+ A
2
Se i due angolari accoppiati a T sono collegati alla piastra di
nodo nel piano dellanima (g. 8.48c) si avr:
A
res
= 2A
n
dove A
n
larea netta di ciascun angolare.
Queste regole pratiche, ispirate a ricerche di Nelson, sono
contenute nelle norme inglesi BS 449 e sono state parimenti
adottate anche nelle Raccomandazioni Europee (CECM),
nonch dalle Istruzioni CNR-UNI 10011.
Per i proli a C collegati sullanima e a T sullala (g.
8.48d,e,f,g) possono adottarsi gli stessi criteri preceden-
temente esposti per gli angolari. Sono da sconsigliare i
collegamenti che interessano una sola delle ali di un prolo
a T o a doppio T (g. 8.48h,i).
Nel caso di aste compresse si deve ovviamente effettua-
re una verica di resistenza ed una verica di instabilit.
Per la