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ROCA VECCHIA - SANTUARIO DI VITA di Franco Candido Inesauribile fonte di conoscenza e di emozioni, Roca vecchia, lantica citt messapica

nei pressi di Melendugno, nel cuore del Salento, tante volte distrutta e altrettante ricostruita, continua a rivelarsi fonte di segreti inattesi. Cosa sappiamo, al momento , di questo misterioso sito archeologico dove lincanto dei luoghi entra singolarmente in sintonia con il fascino della storia? Cosa ci hanno detto gli studiosi di un luogo che definire patrimonio di cultura e di conoscenze ancora dir poco? Sicuramente, rispetto a qualche anno fa, sappiamo di pi, ma considerando che stata riportata alla luce appena la decima parte di quanto nascosto da un sottile strato di terriccio, sappiamo davvero ancora troppo poco. Eppure, ogni volta, di fronte ad unaltra eccezionale scoperta, non possiamo non stupirci per come venga gestita in modo cos sconsolatamente amatoriale la divulgazione delle conoscenze dai responsabili a vari livelli che dovrebbero invece mettere a frutto le acquisizioni conseguite in anni di -faticose ricerche. Gli scavi condotti sin dal 1984 hanno riportato alla luce interessanti reperti risalenti allet del Bronzo medio e del Bronzo finale (XV-XI secolo a.C.) tanto che, oggi, possiamo affermare che a partire dal XV sec. a.C., la citt fu pi volte assediata e incendiata, pi volte distrutta e altrettante volte ricostruita. Anche se non certa lidentit degli abitanti originari, possiamo essere certi che il sito fu certamente abitato durante let del ferro e, con alterne vicende, anche in periodi successivi fino ad diventare una delle citt messapiche pi importanti del territorio sallentino. Fu anche un luogo di culto dedicato al Dio Taotor Andirabas come testimoniano le importanti iscrizioni, scoperte dal Prof. Pagliara nella Grotta della Poesia nel 1983. Il sito, ci ha spiegato, poi, il Prof. Guglielmino, docente di archeologia e antichit egea allUniversit del Salento, fu successivamente abbandonato, ma fu frequentato nellalto medioevo da anacoreti, provenienti perlopi dallImpero Romano dOriente, che col tempo costituirono una comunit, abitando in una serie di grotte scavate nel calcare, ancora oggi visibili. Le rovine che hanno sfidato il tempo e gli agenti atmosferici per pervenire fino a noi in uno stato di notevole degrado, si prestano dimessamente allo sguardo attento dei ricercatori o a quello curioso dei turisti, permettendo a tutti di indovinare senza sforzo alcuno che Roca fu anche un centro di accoglienza di notevole importanza, oltre che un santuario cristiano, per i pellegrini che si recavano in Terrasanta. Grazie agli ultimi scavi, siamo entrati in possesso di circa 200 vasi di diversa grandezza, ricostruibili pressoch per intero, numerosi pugnali, oggetti di avorio, giare in argilla, arnesi per la lavorazione della porpora e attingitoi usati durante i banchetti. Sono state trovate anche parti di ossa con carne di animali, vittime sacrificali prima delledificazione delle capanne, e sette scheletri di due individui adulti e cinque soggetti pi giovani che si immagina fossero i componenti di una stessa famiglia. Secondo recenti studi sipensa che Rocavecchia sia stato un importante centro di estrazione e lavorazione della porpora, anche grazie alla grande quantit di acqua potabile che garantiva la vita nella citt, proveniente da un fiume sotterraneo e da numerosi pozzi, ancora adesso esistenti . Tuttavia, nonostante le difficolt affrontate dagli studiosi nel corso degli anni, malgrado le incomprensioni, i ritardi e un interesse mediatico non allaltezza di un sito archeologico tra i pi importanti dellItalia meridionale, la ricostruzione della storia di Rocavecchia, lantica Thuria Sallentina, continua ad affascinare ricercatori e profani, saggisti e romanzieri, tutti innamorati di una citt che non c pi, che pur se distrutta dai Turchi nel 1480 e poi dagli aragonesi nel 1544, ancora suscita emozioni. Roca Vecchia, citt di culto, santuario di vita.

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