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XXXV*

Partimmo da Venezia allalba, sotto scorta. Pi che un trasferimento di routine sembrava trattarsi di un trasporto di materiale esplosivo. Ci fu chiesto di non uscire dal camion e di non interagire con elementi estranei alla squadra. Le nostre attrezzature vennero caricate su di un mezzo blindato che spar quasi immediatamente alla nostra vista. Facemmo soltanto una sosta nellarco di una decina dore per permetterci di liberarci, circondati da uomini armati che ci davano le spalle. Intorno una vegetazione rigogliosa di cui avevo dimenticato lesistenza. Isolati dal mondo venivamo sballottati dalle continue accelerazioni e rallentamenti dovuti alle condizioni delle strade che percorrevamo. Man mano che il viaggio si allungava limpazienza e langoscia lasciarono il campo alla noia e alla sicurezza che avevamo una destinazione diversa dalla morte per mano dei nostri simili. Al massimo sarebbe stato qualcuno di molto pi in alto di noi a decidere la nostra sorte, e forse avremmo potuto guardarlo addirittura negli occhi, per una volta. Qualcuno della squadra riusc addirittura ad addormentarsi. Io non potevo. La mia mente viaggiava a velocit superiori al normale allinseguimento delle ipotesi pi disparate su ci che ci attendeva. Nei deliri provocati dallansia immaginavo di morire per mano dello stesso Khn, cosa che in molti avrebbero considerato un onore, e in quel momento riuscivo a vedere soltanto la disperazione per la fine di tutto. Alternavo questa versione ad altre pi trionfalistiche in cui veniva riconosciuta pubblicamente limportanza del lavoro svolto in laguna, e venivamo per questo decorati e promossi a squadra deccellenza. Un ruolo del quale non riuscivo nemmeno a immaginare le funzioni e il conseguente tenore di vita. Lunica

aspettativa era lallontanamento irreversibile dai campi fangosi e puzzolenti in cui avevamo prestato servizio fino a quel momento. Desideravo ardentemente soltanto di poter mettere a riposo le mie scarpe su di un normale pavimento. Non chiedevo altro. Ma il vuoto di soddisfazione fantastica che si creava in seguito a questo immaginario sollievo, si riempiva immediatamente delle ipotesi pi torve che la mia eccitazione riusciva a partorire. Mi sentivo solo di fronte allineluttabile. E la presenza al mio fianco di uomini di cui conoscevo ogni minima sfumatura, non mi era di nessun conforto. Quando il viaggio giunse al termine era ormai notte. Nelloscurit fummo invitati a scendere dal mezzo e condotti allinterno di una struttura in cemento piuttosto strana, fatta di ampi spazi tenuemente illuminati coi soffitti bassi. Scendemmo di un piano e in silenzio fummo condotti attraverso un corridoio in discesa che aveva la forma circolare della carlinga di un aereo. Poi ancora pi in basso, per un paio di rampe di scale fino a una porta e di l in un ambiente accogliente su due piani, leggermente illuminato da un finestrone sul soffitto che lasciava intravedere una luna intensa oltre il nuvoloso del cielo. Ognuno ebbe una stanza e per la prima volta dopo anni potemmo dormire in un letto vero, stabile, su di un materasso che profumava di disinfestante e affondava in qualche modo sotto il peso del nostro corpo. Niente a che vedere con la tensione costante della tela impermeabile delle brande da campo. Mi sentii immerso in un lusso che non poteva che essere una ricompensa. Decisi che mi sarei goduto quel momento di agio indipendentemente da ci che mi aspettava per lindomani, e finalmente il mio cervello si spense, regalandomi uno dei sonni pi profondi che mi fosse mai capitato di sperimentare in vita mia.

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