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la Repubblica

DOMENICA 27 GENNAIO 2013

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R CULT

STRA PAR LANDO

LA RIVISTA
Nel 1951 fonda con Nicola Abbagnano i Quaderni di Sociologia ai quali dette un seguito nel 1967 con la rivista La critica sociologica di cui ancora direttore

CON OLIVETTI
Nel 1948 inizia a collaborare con Adriano Olivetti per la lotta del Movimento di Comunit e sulla strada della utopia: industrializzare senza rovinare lambiente, con la partecipazione diretta dei dipendenti e reinvestendo i profitti nella comunit

I ricordi da uomo di carta

del padre della sociologia italiana

FERRAROTTI
FRANCO

Sono nato in mezzo ai libri morir baciando la loro polvere


ANTONIO GNOLI

P
LA BIOGRAFIA
Franco Ferrarotti nasce a Palazzolo Vercellese il 7 aprile 1926 Considerato il decano della sociologia italiana insegna alla Sapienza e dirige La critica sociologica, rivista da lui fondata nel 67

er qualche curiosa coincidenza letteraria la figura di Franco Ferrarotti mi appare straripante e dissipatrice, come certi personaggi dostoevskiani. Nellesaltazione costante del s non esita a usare le tecniche di distruzione dellIo. E con sconsolata teatralit egli mette in testa alla nostra conversazione una frase che mi spiazza: Confesso di essere fin dallinizio uno sconfitto. Davvero uno strano mlange questuomo che ha inventato la sociologia in Italia e che mi riceve nel caos del suo studio, seppellito da carte e da libri. Non ha niente del vecchio accidioso. Dellaccademico risentito. Anzi, continua felicemente a insegnare alla New York University (per lultimo anno) e alla Sorbona. I suoi 86 anni comprendono una predisposizione gaia allistrionismo e alla chiacchiera sconfinata. Il suo verbo inarrestabile. Ecco, mi dico, un uomo che ha visto e conosciuto parecchio. Come ci si sente da decano della sociologia? Non poteva farmi un insulto peggiore. La sociologia morta. Morta? Forse non mai nata. O nata morta. Una scienza ibrida e dissociata. Auguste Comte, che la fond, era un noto paranoico. C una certa vicinanza tra paranoia e creativit. Lo sapeva?. Se lo dice lei le credo. Ma che ne dei fatti sociali e delle leggi che li governano? stato tutto diluito dentro una pappetta postmoderna. Anzi liquida. Ce lha con Zygmunt Bauman? Perspicace. Se la societ liquida, se la paura liquida, se lo stato liquido, se la modernit liquida, allora sa cosa faccio? Metto su dei corsi di nuoto. Fantastico. E poi? E poi, e poi! La verit che soprattutto in Italia abbiamo assistito a una svolta sorprendente. Si passati in un sol balzo dalla pesantezza opaca del marxismo alla diluizione dei problemi sociali. I vari menestrelli della societ fluida non sembrano rendersi conto che la nostra societ al tempo stesso dura, congelata, bloccata, in una parola neo-feudale. Ma lei si chiesto perch Bauman sempre in Italia?. Immagino perch invitato. E gi. Ma glielo dico io il perch: siamo un paese ancora afflitto dal tardo crocianesimo. Siamo maestri del bel canto, cultori di teorie estemporanee, e culturalmente irresponsabili. in questo brodo dionisiaco e festoso da cui peraltro stiamo drammaticamente riemergendo che Bauman ha piantato le sue palafitte. Ma che centrano Croce e il crocianesimo? Lui sempre presente. Anche quando non si vede c. nellaria culturale che respiriamo. Pensi che quando tradussi nel 1949, per Einaudi, La teoria della classe agiatadi Thorstein Veblen libro straordinariamente innovativo allora Croce lo stronc sul Corriere della Sera. Lo stesso anno su Veblen feci la mia tesi di laurea a Torino. E Augusto Guzzo, crociano, si rifiut di firmarla. Fu solo grazie a Nicola Abbagnano che potei laurearmi. Lei dove nato? Sono piemontese, di Palazzolo Vercellese. Quando nacqui mi diedero per spacciato. La mia salute era fragilissima, la mamma malata non poteva allattarmi. Fui spedito a sei mesi a Robella dai bisnonni che mi sfamarono con il latte di vacca. Ero troppo debole e per le dure leggi del mondo contadino venivo considerato uno scarto. Un peso da cui liberarsi. Non stata uninfanzia facile. Ho cominciato a parlare a cinque anni.

In compenso da allora non ha pi smesso. Pensavano fossi un ritardato mentale. Paradossalmente fu un vantaggio, perch il silenzio svilupp in me le capacit di osservazione, che arricchii leggendo. Alla biblioteca comunale passavo le giornate. Mio padre cominci a odiarmi. Diceva con disprezzo: diventerai un uomo di carta. Non ha avuto tutti i torti. Chi stato il suo padre spirituale? Pi che padri, fratelli maggiori. Uno fu Cesare Pavese. Ebbi la fortuna di incontrarlo, nel 1943 durante la Resistenza, a Casale Monferrato dove si era nascosto. Era un uomo molto timido. Io estroverso lui introverso. Tra noi funzion la legge degli opposti che si attraggono. Una sera recitammo in tedesco il finale del Faust mentre passava una colonna nemica. Poi ci perdemmo di vista e solo alla fine della guerra, nel 1947, ci rivedemmo. In che occasione? Lavorava alla Einaudi mi chiam proponendomi di tradurre La teoria della classe agiata. Era scritto in un inglese molto complicato Thorstein Veblen, lautore, era un norvegese trapiantato in America che aveva fatto desistere sia Vittorio Foa che Antonio Giolitti. Fu un bel biglietto da visita che mi serv, tra laltro, nei rapporti che in seguito stabilii con Adriano Olivetti. Come lo conobbe? A una cena. Vidi quel testone calvo, inghirlandato da una coroncina di riccioli biondi, discettare di nazionalizzazioni. Mi avvicinai e gli dissi che in questo modo gli operai non avrebbero pi avuto un padrone contro cui lottare. Mi

Bauman riduce tutto a una pappa insipida Criticai Marcuse e lui mi minacci
guard stupito. Ero molto sfrontato. E scoprii che aveva un grande rispetto per le idee altrui. Mi venga a trovare, disse. E lei and? Andai, certo. Anche perch non che a Torino in quel momento facessi chiss che. Traducevo dallinglese e dal tedesco e mi ero fidanzato con Anna Maria Levi, la sorella di Primo levi, il quale allora stava cercando unoccupazione da chimico e nessuno sapeva tutto quello che poi avrebbe raccontato nei suoi libri. Insomma, rividi Olivetti e mi propose di lavorare per lui. Con Geno Pampaloni e Renzo Zorzi diventammo i suoi collaboratori pi intimi. Si stabil un clima culturale fantastico. Ma ero un inquieto. Ivrea le stava stretta? LItalia semmai. Mi sentivo in gabbia. Poi accadde che Olivetti ebbe un infarto. Andai a trovarlo in clinica e gli dissi

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IN PARLAMENTO
Nel 1958 viene eletto in Parlamento come deputato indipendente in rappresentanza del Movimento di Comunit Nel 2005 nominato Cavaliere di Gran Croce

LE OPERE
Tra le sue numerose pubblicazioni Max Weber e il destino della ragione (Laterza, 1965); Trattato di sociologia (Utet, 1968) e La societ e lutopia (Donzelli, 2001)

DISEGNO DI RICCARDO MANNELLI

che il mio progetto era di trasferirmi per un periodo negli Stati Uniti. Mi guard con stupore e rammarico. Dal letto si sollev lentamente e con una smorfia mi rispose che non se ne parlava punto. Gli dissi che quellesperienza la facevo anche per lui e alla fine, un po a malincuore, si convinse. E cos partii. Che anno era? Feci la traversata in nave nel settembre del 1951. Giunto a New York mi trasferii allUniversit di Chicago. La roccaforte del neoliberismo. Cera Von Hayek, ma allinizio non era molto amato dagli altri economisti. Il vero punto di riferimento, lautorevolezza culturale, proveniva da Leo Strauss. Lo ha conosciuto? Dopo che gli feci la traduzione letterale del Principe di Machiavelli diventammo molto amici. Alcune volte sono stato a cena a casa sua. Un giorno mi chiese se ero ebreo. Rimasi sorpreso, ma poi seppi che era il pi grande complimento che potesse farmi. stato talmudista e caba-

lista. Un grandissimo erudito che non amava la modernit. Spesso ripeteva: le leggi non valgono nulla, ci che conta il costume di un popolo. Un chiaro richiamo al mondo classico. Era affascinato dalla tradizione. Tutto il contrario di Herbert Marcuse che conobbi, molti anni dopo, allUniversit del Massachusetts prima che si trasferisse in California. Che tipo era? Burbanzoso. Il pi tedesco, per mentalit, tra tutti quelli che erano finiti in America. Si dava laria del profeta. Ma lunica, tra gli assistenti, che pendeva dalle sue labbra era Angela Davis. Bellissima, uno splendore. Marcuse era gratificato da quella presenza femminile. Come del resto dal seguito che aveva tra gli studenti. Era appena uscito Luomo a una dimensione, il libro che avrebbe influenzato il movimento studentesco. Gli dissi che trovavo fiacche le sue analisi. Mi guard fisso negli occhi, poi si tolse il grande sigaro spento che aveva tra i denti. Lo impugn e fece il gesto di pugnalarmi. Che tipo! Mi fa venire in mente Marshall McLuhan. Perch questo accostamento? Perch se c stato un grande pensatore rivoluzionario, per niente legato al canone della tradizione, questi fu McLuhan e non Marcuse. Lo conobbi al Trinity College di Toronto, dove tenevo un seminario su Max Weber. E mi stup lagilit di mettere assieme San Tommaso e le fibre ottiche. Le sue analisi seppellirono la figura dellintellettuale umanista. Ci rivedemmo altre volte. Era ossessionato dalla televisione. Ne intu tutte le conseguenze. Nessuno era in grado, neppure lui, di valutare gli effetti di quella protesi. Annientamento delluomo o nascita del post-umano? Questo era il dilemma nellultima fase della sua vita. E lei da quali dilemmi era preso? Stavo benissimo: insegnavo, mi ero sposato, avevo comprato una macchina, guadagnavo bene. Olivetti mi chiamava tutti i sabato. Quando torni? Mi chiedeva. E non resistette. Rimisi piede in Italia nel 1953. Mi rituffai nella comunit di Ivrea. Poi nel 1958 Olivetti fu messo da parte nellazienda. Lo estromisero dalla carica di amministratore. La lunga contesa con la famiglia fin con la sua sconfitta. A lui non rimase che leggere il futuro nei fondi del caff. Vuole dire che ci fu un conflitto interno? Voglio dire che parte della famiglia non amava quel modello di impresa e non amava me reputandomi una specie di anima nera. Di fatto mi ritrovai disoccupato. Adriano mor di infarto un paio danni dopo nel corridoio di un treno. Meglio che nel suo letto. Io partii per Parigi e mi rifeci una verginit. Fu un colpo di fortuna. Mi venne offerto il ruolo di diplomatico speciale come membro osservatore dellOece. Una pacchia. Poi divenni deputato, professore universitario. E inventai la cattedra di sociologia che diventata la scienza allegra dove tutti dicono la loro. Ancora Bauman! pi forte di me. Pensi che negli anni Quaranta stato perfino nel Kgb. Non possibile. Me lo disse Adam Podgureski, un valente sociologo polacco, che lo aveva incrociato a Varsavia nel 1945 con luniforme del Kgb. Non che invidioso del suo successo? Alla mia et me ne frego. Non ho mai fatto progetti nella mia vita e sono vissuto sempre nel disordine. Ma unanalisi sociale seria non pu fondarsi sullacqua. Neppure Ges Cristo potrebbe camminarci sopra. Spieghi lattuale crisi economica e sociale con le categorie liquide e tra qualche anno ci rideranno appresso. A lei cosa evoca la parola crisi? Una volta dissi al mio vecchio amico John Kenneth Galbraith che aveva scritto un bel libro sul 1929 e la Grande Depressione che avrebbe dovuto farsi un giro nella campagna piemontese per capire cosa fu il dramma della depressione. Si spieghi. Sono nato nel 1926. E tutte le sere per alcuni anni si sentiva nelle campagne un odore acre di bruciato: udur ad brus, dicevano le madri. La notte si illuminava e dalla collina si vedevano lungo tutta la pianura bagliori di fiamme e folate di fumo. Erano i contadini che davano fuoco alle loro cascine. Strangolati dai debiti, vessati dallusura, piuttosto che cedere alle banche le loro propriet preferirono bruciare le case e poi impiccarsi. Ecco cosa fu la crisi. E sono troppo vecchio per poter piangere. Ma non abbastanza per dimenticare. Come immagina la sua fine? Lho anche scritto: sono nato in mezzo ai libri. Morir baciando la loro polvere. Aveva ragione mio padre: sono un uomo di carta.
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