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Diritto ComMERCIALE

Riassunti tratti da:

G.F. CAMPOBASSO, diritto comMERCIALE, 2004

1. DIRITTO DELL’IMPRESA

2. DIRITTO DELLE SOCIETA

3. Contratti. Titoli di credito. Procedure concorsuali.


INDICE
Parte 1 – Diritto dell’impresa.
Capitolo I: L’imprenditore
Capitolo II : Le categorie di imprenditori
IMPRENDITORE AGRICOLO E IMPRENDITORE COMMERCIALE
PICCOLO IMPRENDITORE. IMPRESA FAMILIARE
IMPRESA COLLETTIVA. IMPRESA PUBBLICA
Capitolo III : L’acquisto della qualità d’imprenditore
L’IMPUTAZIONE DELL’ATTIVITÁ DI IMPRESA
INIZIO E FINE DELL’IMPRESA
CAPACITÁ E IMPRESA
Capitolo IV : Lo statuto dell’imprenditore commerciale
LA PUBBLICITÁ LEGALE
LE SCRITTURE CONTABILI
LA RAPPRESENTANZA COMMERCIALE
Capitolo V : L’azienda
Capitolo VI : I segni distintivi
Capitolo IX : I consorzi fra imprenditori
Capitolo I: Le società
LA NOZIONE DI SOCIETÁ
I TIPI DI SOCIETÁ
Capitolo II: La società semplice. La società in nome collettivo
LA COSTITUZIONE DELLA SOCIETÁ
L’ORDINAMENTO PATRIMONIALE
L’ATTIVITÁ SOCIALE
SCIOGLIMENTO DEL SINGOLO RAPPORTO SOCIALE
SCIOGLIMENTO DELLA SOCIETÁ
Capitolo III: La società in accomandita semplice
Parte 2 – Diritto delle società.
Capitolo I: La società per azioni
LA COSTITUZIONE
LA SOCIETÁ PER AZIONI UNIPERSONALE. PATRIMONI DESTINATI
I CONFERIMENTI
Capitolo II: Le azioni
Capitolo III: Le partecipazioni rilevanti. I gruppi di società
LE PARTECIPAZIONI RILEVANTI
I GRUPPI DI SOCIETÁ
Capitolo IV: L’assemblea
Capitolo V: Amministrazione. Controlli
GLI AMMINISTRATORI
IL COLLEGIO SINDACALE
I SISTEMI ALTERNATIVI
I CONTROLLI ESTERNI
Capitolo VI: Il bilancio
Capitolo VII: Le modificazioni dello statuto
Capitolo VIII: Le obbligazioni
Capitolo IX: Lo scioglimento della società per azioni
Capitolo X: La società in accomandita per azioni
Capitolo XI: La società a responsabilità limitata
Capitolo XII: Le società cooperative
Capitolo XIII: Trasformazione. Fusione e scissione
LA TRASFORMAZIONE
LA FUSIONE
LA SCISSIONE
Parte 3 – Titoli di credito. Procedure concorsuali.
Capitolo XIX: I titoli di credito in generale
Capitolo XXIV: Il fallimento
LA DICHIARAZIONE DI FALLIMENTO
GLI ORGANI DEL FALLIMENTO
GLI EFFETTI DEL FALLIMENTO
LO SVOLGIMENTO DELLA PROCEDURA
LA CESSAZIONE DEL FALLIMENTO
IL FALLIMENTO DELLE SOCIETÁ
Capitolo XXV: Il concordato preventivo
Capitolo XXVI: L’amministrazione controllata
Capitolo XXVII: La liquidazione coatta amministrativa
Codice civile Del lavoro
SCHEMA COMPLETO DI STATO PATRIMONIALE
PASSI VO
SCHEMA COMPLETO DI CONTO ECONOMICO
CONTENUTO DELLA NOTA INTEGRATIVA (ART. 2427)
Sommario del nuovo articolato del Libro V, titoli V e VI codice civile
Parte 1 – Diritto dell’impresa.
Capitolo I: L’imprenditore

Nel nostro sistema giuridico la disciplina delle attività economiche ruota intorno alla figura
dell’imprenditore definito all’art. 2082 c.c. Tre criteri di selezione sono alla base della
distinzione tra i diversi tipi d’impresa e d’imprenditore operanti su piani diversi:
1 Oggetto dell’impresa (agricola, commerciale…)
2 Dimensione dell’impresa (piccola, media…)
3 Natura del soggetto che esercita l’impresa (individuale, pubblica…)
Nel codice civile ci sono norme applicabili a tutti gli imprenditori e a tutte le imprese senza
ulteriori specificazioni e norme applicabili solo ad una categoria d’imprenditori e di aziende.
Le definizioni tra i vari tipi d’impresa ed i vari imprenditori servono a definire meglio l’ambito
di applicazione dello statuto dell’imprenditore commerciale.

Per l’art. 2082 ―è imprenditore chi esercita professionalmente un’attività economica


organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi‖.
Per gli economisti l’imprenditore è quel soggetto che nel processo economico svolge funzione
intermediaria fra chi dispone dei necessari fattori produttivi e chi domanda prodotti e servizi.
Egli coordina, organizza e dirige il processo produttivo assumendo su di sé il rischio relativo ed
è mosso dal raggiungimento del massimo profitto (ricavi – costi). La disciplina
dell’imprenditore è applicabile ad attività caratterizzate da uno specifico scopo (produzione o
scambio di beni o servizi) e da specifiche modalità di svolgimento (organizzazione, economicità,
professionalità). I requisiti dell’art. 2082 sono rilevanti ai fini della nozione civilistica
dell’imprenditore e sono solo tendenzialmente coincidenti con quelli fissati da altri settori.

L’impresa è attività finalizzata alla produzione o allo scambio di beni o servizi. È attività
produttiva. Nel qualificare un’attività come produttiva è irrilevante la natura dei beni o servizi
prodotti o scambiati, il tipo di bisogno da soddisfare, la qualificazione come attività di
godimento o di amministrazione del proprio patrimonio. Quindi sono imprese commerciali le
società d’investimento, quelle finanziarie e le holdings.

La funzione organizzativa dell’imprenditore si concretizza nella creazione di un apparato


produttivo stabile e complesso formato da persone e beni strumentali. L’organizzazione
imprenditoriale può essere anche organizzazione di soli capitali e del proprio lavoro intellettuale
e/o manuale. Non è necessario che l’attività organizzativa dell’imprenditore crei un apparato
strumentale fisicamente percepibile. Quindi la qualità d’imprenditore non può essere negata sia
quando l’attività è esercitata senza l’ausilio di collaboratori, sia quando il coordinamento degli
altri fattori produttivi non si concretizzi nella creazione di un complesso aziendale
materialmente percepibile.

Per alcuni la semplice organizzazione a fini produttivi del proprio lavoro non può essere
considerata organizzazione di tipo imprenditoriale e in mancanza di un coefficiente minimo di
eteroorganizzazione deve negarsi l’esistenza d’impresa. Per altri l’imprenditore è anche il
lavoratore autonomo. In conclusione un minimo di organizzazione di lavoro altrui o di capitale
è necessario per aversi impresa. In mancanza si avrà semplice lavoro autonomo non
imprenditoriale.

Per aversi impresa è essenziale che l’attività produttiva sia condotta con metodo economico con
modalità che consentono nel lungo periodo la copertura dei costi con i ricavi e l’autosufficienza
economica.

L’attività economica dev’essere esercitata con professionalità cioè dev’essere un esercizio


abituale e non occasionale di una data attività produttiva. Ciò non implica la presenza
d’interruzioni nell’attività. È possibile anche il contemporaneo esercizio di più attività
d’impresa. Impresa si può avere anche quando si opera per il compimento di un ―unico affare‖.
La professionalità dev’essere accertata in base ad indici esteriori e oggettivi.

Requisito minimo essenziale dell’attività d’impresa è l’economicità della gestione e non lo


scopo di lucro.
La destinazione al mercato della produzione non è richiesta da alcun dato legislativo. Ma per
alcuni l’impresa per conto proprio non è impresa.

L’impresa illegale non impedisce l’acquisto della qualità d’imprenditore e con pienezza di
effetti ferma restando l’applicazione di sanzioni amministrative e penali per l’oggetto
dell’attività. Invece l’impresa immorale non è impresa.

Il legislatore esclude la qualifica imprenditoriale per le professioni intellettuali. Per l’art. 2238
c.c. ―Se l'esercizio della professione costituisce elemento di un’ attività organizzata in forma
d'impresa, si applicano anche le disposizioni del titolo II. In ogni caso, se l'esercente una
professione intellettuale impiega sostituti o ausiliari, si applicano le disposizioni delle sezioni II,
III e IV del capo I del titolo II.‖ I requisiti dell’attività d’impresa possono ricorrere tutti anche
nell’esercizio delle professioni intellettuali quindi i professionisti non sono imprenditori ―per
libera opzione‖ del legislatore. Gli unici 2 casi d’imprenditori-professionisti sono il farmacista e
l’agente di cambio.
Capitolo II : Le categorie di imprenditori

IMPRENDITORE AGRICOLO E IMPRENDITORE COMMERCIALE


Il testo originario dell’art. 2035 c.c. stabiliva che: "E' imprenditore agricolo chi esercita
un'attività diretta alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, all'allevamento del bestiame e
attività connesse. Si reputano connesse le attività dirette alla trasformazione o all'alienazione dei
prodotti agricoli, quando rientrano nell'esercizio normale dell'agricoltura." Quindi vi erano
attività agricole essenziali ed attività agricole per connessione.
Ma la coltivazione del fondo, la silvicoltura e l’allevamento del bestiame hanno subito una
profonda evoluzione dal 1942. Il progresso tecnologico ha fatto avanzare l’agricoltura
industrializzata e ha consentito di ottenere prodotti merceologicamente agricoli con metodi che
prescindono dallo sfruttamento della terra e dei suoi prodotti. Oggi anche l’attività agricola può
dar luogo ad ingenti investimenti di capitale.
Oggi è ritenuta impresa agricola ogni impresa che produce vegetali o animali, ogni forma di
produzione basata su un ciclo biologico naturale.
Per l’odierno art. 2035 c.c. ―È imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività:
coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse.
Per coltivazione del fondo, per selvicoltura e per allevamento di animali si intendono le attività
dirette alla cura ed allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di
carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque
dolci, salmastre o marine.
Si intendono comunque connesse le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo,
dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e
valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del
fondo o del bosco o dall'allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o
servizi mediante l'utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell'azienda normalmente
impiegate nell'attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio
e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge‖.
Quindi:
● la produzione di specie vegetali ed animali è sempre qualificabile come attività agricola
essenziale;
● nella coltivazione del fondo si fanno rientrare anche le attività di orticoltura,
coltivazione in serra, ―fuori terra‖ o in vivai e floricoltura;
● la silvicoltura è quell’attività caratterizzata dalla cura del bosco per ricavarne i relativi
prodotti (no estrazione di legname disgiunta dalla coltivazione del bosco);
● per allevamento di animali s’intendono anche la zootecnia svolta fuori dal fondo, gli
allevamenti in batteria, l’allevamento con alimentazione proveniente da fuori del fondo,
l’allevamento di cavalli da corsa o di animali da pelliccia, l’attività cinotecnica
(allevamento di cani), l’allevamento di gatti, l’allevamento di animali da cortile,
l’acquacoltura (no acquisto di animali all’ingrosso con lo scopo di rivenderli).
Le attività agricole per connessione sono attività oggettivamente commerciali. Per essere
considerate attività agricole ci devono essere 2 condizioni:
1 Il soggetto che esercita una tale attività dev’essere già qualificabile come imprenditore
agricolo poiché svolge in forma d’impresa una delle 3 attività agricole tipiche e attività
coerente con quella connessa (Si considerano imprenditori agricoli le cooperative di
imprenditori agricoli ed i loro consorzi quando utilizzano per lo svolgimento delle
attività di cui all'articolo 2135 del codice civile prevalentemente prodotti dei soci,
ovvero forniscono prevalentemente ai soci beni e servizi diretti alla cura ed allo
sviluppo del ciclo biologico) [connessione soggettiva];
2 È sufficiente che le attività connesse non prevalgano, per rilievo economico, sull’attività
agricola essenziale.
L’imprenditore agricolo è esonerato dalla tenuta delle scritture contabili (art. 2214) e
dall’assoggettamento alle procedure concorsuali (art. 2221) ma è obbligato all’iscrizione nel
registro delle imprese (pubblicità notizia e legale).

L’art. 2195 c.c. individua le attività che qualificano l’imprenditore commerciale:


1 Attività industriale diretta alla produzione di beni o di servizi (industria automobilistica,
chimica…);
2 Attività intermediaria nella circolazione dei beni o servizi (commercio);
3 Attività di trasporto per terra, acqua o per aria (specificazione della categoria n°1);
4 Attività bancaria e assicurativa (specificazione delle categorie n°2 ed 1 rispettivamente);
5 Altre attività ausiliarie delle precedenti (agenzia, mediazione, deposito, commissione,
spedizione, pubblicità commerciale, marketing).
Gli elementi che individuano e distinguono l’impresa commerciale sono il carattere
industriale dell’attività di produzione di beni o servizi e il carattere intermediario
dell’attività di scambio. L’imprenditore commerciale è obbligato all’iscrizione nel registro
delle imprese (pubblicità legale), alla tenuta delle scritture contabili e all’assoggettamento alle
procedure concorsuali.

La categoria degli imprenditori civili, sottoposti solo alla disciplina generale dell’imprenditore,
non è espressamente prevista dal legislatore. C’è una tesi propensa ad ammettere l’esistenza
delle imprese civili ritenendo che il requisito dell’industrialità debba essere inteso come attività
che implichi l’impiego di materie prime e la loro trasformazione in nuovi beni ad opera
dell’uomo e che possa essere qualificata attività intermediaria nella circolazione solo quella
nella quale ricorre sia l’acquisto sia la vendita di beni. Sarebbero quindi imprese civili quelle
che producono beni senza trasformare materie prime e quelle che producono servizi senza
trasformare materie prime tranne quelle individuate dai comma 3, 4 e 5 dell’art. 2195 c.c. Ma
c’è anche una tesi contraria ad ammettere l’esistenza delle imprese civili che è quella prevalente
e ritiene che attività industriale significhi attività non agricola ed il concetto di intermediazione
debba essere inteso come equivalente di scambio. Quindi l’imprenditore commerciale è ogni
imprenditore non agricolo.

PICCOLO IMPRENDITORE. IMPRESA FAMILIARE


Il piccolo imprenditore è sottoposto allo statuto generale dell’imprenditore, è esonerato, anche
se esercita attività commerciale, dalla tenuta delle scritture contabili e dall’assoggettamento alle
procedure concorsuali mentre è obbligato all’iscrizione nel registro delle imprese (pubblicità
notizia). Nella legislazione speciale questa figura è oggetto di una ricca ed articolata disciplina
che ne favorisce l’esistenza e lo sviluppo. Ci sono 2 diverse definizioni del piccolo imprenditore
nel codice civile e in quello fallimentare:
■ L’art. 2083 c.c. dive che: ―Sono piccoli imprenditori i coltivatori diretti del fondo, gli
artigiani, i piccoli commercianti e coloro che esercitano un’attività professionale
organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia.‖ Il
carattere distintivo di tutti i piccoli imprenditori è la prevalenza del lavoro proprio e
familiare. Quindi per aversi la piccola impresa è necessario che l’imprenditore presti il
proprio lavoro nell’impresa e che il suo lavoro e quello degli eventuali familiari che
collaborano nell’impresa prevalgono sia rispetto al lavoro altrui sia rispetto al capitale
investito nell’impresa.
■ L’art. 1, comma 2°, legge fall. stabilisce: ―Sono considerati piccoli imprenditori, gli
imprenditori esercenti un’attività commerciale, i quali sono stati riconosciuti, in sede di
accertamento ai fini dell’imposta di ricchezza mobile, titolari di un reddito inferiore al
minimo imponibile. Quando è mancato l’accertamento ai fini dell’imposta di ricchezza
mobile, sono considerati piccoli imprenditori gli imprenditori esercenti un’attività
commerciale nella cui azienda risulta essere stato investito un capitale non superiore a
lire novecentomila. In nessun caso sono considerati piccoli imprenditori le società
commerciali.‖ Di questo art. ora sopravvive solo quest’ultima affermazione perché
l’imposta di ricchezza mobile è stata soppressa nel 1974, sostituita dall’IRPEF, mentre
il criterio del capitale investito non superiore a lire 900.000 è stato dichiarato
incostituzionale nel 1989.
Alla luce di tutto ciò è piccolo imprenditore il titolare di un’impresa in cui prevale il lavoro
familiare ed in nessun caso lo è la società commerciale.

La L 860/1956 diceva che: ―È artigiana, a tutti gli effetti di legge, l'impresa che risponde ai
seguenti requisiti fondamentali: a) che abbia per scopo la produzione di beni o la prestazione di
servizi, di natura artistica od usuale; b) che sia organizzata ed operi con il lavoro professionale,
anche manuale, del suo titolare e, eventualmente, con quello dei suoi familiari; c) che il titolare
abbia la piena responsabilità dell'azienda e assuma tutti gli oneri e i rischi inerenti alla sua
direzione ed alla sua gestione. La qualifica artigiana di un'impresa è comprovata dall'iscrizione
nell'albo‖. Il suo dato caratterizzante era nella natura artistica od usuale dei beni o servizi
prodotti e non più nella prevalenza del lavoro familiare nel processo produttivo. Questa
qualifica era anche riconosciuta alle imprese costituite in forma di società cooperative o s.n.c.
purché la maggioranza dei soci partecipasse personalmente al lavoro e ,nell’impresa, il lavoro
avesse funzione preminente sul capitale.
La L 443/1985 ha abrogato quella precedente dando una definizione dell’impresa artigiana
basata su:
a l’oggetto dell’impresa costituito da qualsiasi attività di produzione dei beni o di
prestazione di servizi sia pure con alcune limitazioni ed esclusioni;
b il ruolo dell’artigiano nell’impresa che deve svolgere in misura prevalente il suo lavoro
nel processo produttivo;
Il numero massimo dei dipendenti è più elevato rispetto al 1956, con la possibilità di
raggiungere le dimensioni di una piccola industria di qualità, ed è ribadito che devono essere
diretti personalmente dall’artigiano. Egli può essere titolare di una sola impresa artigiana.
Società cooperative e s.n.c., dapprima, poi anche s.r.l. unipersonali, s.a.s. e, più di recente, anche
s.r.l. pluripersonali possono essere imprese artigiani a condizione che la maggioranza dei soci,
ovvero uno nel caso di due soci, svolga in prevalenza lavoro personale, anche manuale, nel
processo produttivo e che nell'impresa il lavoro abbia funzione preminente sul capitale.
È scomparso ogni riferimento alla natura artistica o usuale, quindi si qualificano artigiane anche
imprese di costruzioni edili. Non è consentito desumere da nessuna norma che debba ricorrere
anche la prevalenza del lavoro proprio e dei componenti della famiglia sul lavoro altrui e sul
capitale investito.
Ma se non è rispettato il criterio della prevalenza dell’art. 2083 c.c., l’artigiano non è sottratto
allo statuto dell’imprenditore commerciale, sarà artigiano ai fini delle provvidenze regionali ma
non ai fini civilistici e potrà fallire. Anche la società artigiana in caso di dissesto fallirà e non
godrà più dell’esonero.
Le imprese artigiane non possono essere qualificate come imprese civili per la presenza del
requisito dell’industrialità.

È impresa familiare l’impresa nella quale collaborano il coniuge, i parenti entro il 3° grado
(nipoti) e gli affini entro il 2° grado (cognati), disciplinata dall’art. 230-bis c.c.:
―Salvo che sia configurabile un diverso rapporto il familiare che presta in modo continuativo la
sua attività di lavoro nella famiglia o nell'impresa familiare ha diritto al mantenimento secondo
la condizione patrimoniale della famiglia e partecipa agli utili dell'impresa familiare ed ai beni
acquistati con essi nonché agli incrementi della azienda, anche in ordine all'avviamento, in
proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato. Le decisioni concernenti l'impiego degli
utili e degli incrementi nonché quelle inerenti alla gestione straordinaria, agli indirizzi produttivi
e alla cessazione dell'impresa sono adottate, a maggioranza, dai familiari che partecipano
all'impresa stessa. I familiari partecipanti all'impresa che non hanno la piena capacità di agire
sono rappresentati nel voto da chi esercita la potestà su di essi.
Il lavoro della donna è considerato equivalente a quello dell'uomo.
Ai fini della disposizione di cui al primo comma si intende come familiare il coniuge, i parenti
entro il terzo grado, gli affini entro il secondo; per impresa familiare quella cui collaborano il
coniuge, i parenti entro il terzo grado, gli affini entro il secondo.
Il diritto di partecipazione di cui al primo comma è intrasferibile, salvo che il trasferimento
avvenga a favore di familiari indicati nel comma precedente col consenso di tutti i partecipi.
Esso può essere liquidato in danaro alla cessazione, per qualsiasi causa, della prestazione del
lavoro, ed altresì in caso di alienazione dell'azienda. Il pagamento può avvenire in più annualità,
determinate, in difetto di accordo, dal giudice.
In caso di divisione ereditaria o di trasferimento dell'azienda i partecipi di cui al primo comma
hanno diritto di prelazione sulla azienda. Si applica, nei limiti in cui è compatibile, la
disposizione dell'art. 732.
Le comunioni tacite familiari nell'esercizio dell'agricoltura sono regolate dagli usi che non
contrastino con le precedenti norme.‖
Con questo art. il legislatore predispone una tutela minima ed inderogabile del lavoro familiare
nell’impresa, qualora non ci sia un diverso rapporto giuridico tutelato dalla legge, riconoscendo
ai membri che lavorino in modo continuato nella famiglia o nell’impresa determinati diritti
patrimoniali ed amministrativi. I primi sono:
1 Diritto al mantenimento;
2 Diritto di partecipazione agli utili in proporzione alla quantità e alla qualità di lavoro
prestato;
3 Diritto sui beni acquistati con gli utili e sugli incrementi di valore dell’azienda in
proporzione alla quantità e alla qualità di lavoro prestato;
4 Diritto di prelazione sull’azienda in caso di divisione ereditaria o di trasferimento
dell’azienda (secondo l’art. 732 c.c.).
Sono previsti:
● l’adozione a maggioranza, dove ciascun familiare ha diritto ad un voto, di alcune
decisioni in merito alla gestione straordinaria e di altre decisioni di particolare rilievo
senza la presenza dell’imprenditore in quanto destinatario di queste;
● il trasferimento del diritto di partecipazione esclusivamente a favore di altri membri
della famiglia nucleare e con il consenso unanime degli altri partecipanti;
● il diritto alla liquidazione in caso di cessazione della prestazione di lavoro e in caso di
alienazione dell’azienda.
Gli atti di gestione ordinaria sono di competenza esclusiva dell’imprenditore. Egli agisce nei
confronti di terzi in proprio e non come rappresentante dell’impresa familiare, quindi solo a lui
saranno imputabili gli effetti degli atti che pone in essere. Se l’impresa è commerciale solo
l’imprenditore sarà esposto al fallimento in caso di dissesto.

IMPRESA COLLETTIVA. IMPRESA PUBBLICA


Le società sono le forme associative tipiche previste dal nostro ordinamento. La società
semplice è la forma utilizzabile solo per l’esercizio di attività non commerciali. La società
commerciale è quella che può svolgere attività agricola (società di tipo commerciale con
oggetto agricolo) o attività commerciale (società di tipo commerciale con oggetto
commerciale). Parte della disciplina propria dell’imprenditore commerciale si applica alle
società commerciali qualunque sia l’attività svolta. Le società non sono mai piccoli
imprenditori. Nelle s.n.c. e s.a.s. parte della disciplina dell’imprenditore si applica solo o anche
nei confronti dei soci a responsabilità illimitata.

Lo Stato e gli altri enti pubblici possono svolgere attività d’impresa in 3 modi:
a possono svolgere direttamente attività d’impresa avvalendosi di proprie strutture
organizzative dotate di un’autonomia decisionale e contabile (imprese-organo);
b possono dar vita ad enti di diritto pubblico il cui compito istituzionale esclusivo o
principale sia l’esercizio di attività d’impresa (enti pubblici economici) [dall’inizio degli
anni ’90 sono stati privatizzati prima formalmente e poi sostanzialmente]. Essi sono
sottoposti allo statuto generale dell’imprenditore con l’esonero dal fallimento e dalle
procedure concorsuali minori sostituiti da altre procedure;
c possono svolgere attività d’impresa servendosi di strutture di diritto privato (società a
partecipazione pubblica).
Per le prime 2 tipologie le regole peculiari sono dettate dagli art. 2093, 2201 e 2221 c.c. L’art.
2093 dice che ―le disposizioni‖ del libro V ―si applicano agli enti pubblici inquadrati nelle
associazioni professionali. Agli enti pubblici non inquadrati si applicano le disposizioni di
questo libro, limitatamente alle imprese da essi esercitate. Sono salve le diverse disposizioni
della legge.‖ L’art 2201 dice che ―Gli enti pubblici che hanno per oggetto esclusivo o principale
un'attività commerciale sono soggetti all'obbligo dell'iscrizione nel registro delle imprese.‖
Quindi gli enti titolari d’imprese-organo sono implicitamente esonerati dall’iscrizione nel
registro delle imprese e dall’assoggettamento alle procedure concorsuali per l’art. 2221 (―Gli
imprenditori che esercitano un'attività commerciale, esclusi gli enti pubblici e i piccoli
imprenditori, sono soggetti, in caso d'insolvenza, alle procedure del fallimento e del concordato
preventivo, salve le disposizioni delle leggi speciali.‖). Solo gli enti pubblici che svolgono
attività commerciale accessoria sono sottoposti allo statuto generale dell’imprenditore e a tutte
le restanti norme previste per l’imprenditore commerciale.

Le associazioni, le fondazioni e tutti gli enti privati con fini ideali o altruistici possono svolgere
attività commerciale qualificabile come attività d’impresa se fatta con metodo economico e
professionalità. Questa può essere anche l’oggetto esclusivo o principale dell’ente. Più
frequentemente costituisce un’attività accessoria. Non ci sono norme specifiche per questi enti.
Essi possono essere imprenditori a pieni effetti con l’esposizione al fallimento. Il fallimento di
un’associazione non riconosciuta non comporta però il fallimento degli associati illimitatamente
responsabili.
Capitolo III : L’acquisto della qualità d’imprenditore

L’IMPUTAZIONE DELL’ATTIVITÁ DI IMPRESA


1 Esercizio diretto dell’attività d’impresa (o con mandato con rappresentanza):
Non ci sono problemi nell’individuare il soggetto cui è imputabile la disciplina dell’attività
d’impresa quando gli atti d’impresa sono compiuti direttamente dall’interessato o da altri in suo
nome. Per il principio della spedita del nome, centro d’imputazione degli effetti dei singoli atti
giuridici posti in essere è il soggetto e solo il soggetto il cui nome è stato validamente speso nel
traffico giuridico. L’imprenditore può anche agire tramite mandato. [Il mandatario opera
nell’interesse di un altro soggetto e può porre in essere i relativi atti giuridici sia spendendo il
proprio nome (mandato senza rappresentanza) sia spendendo il nome del mandante (mandato
con rappresentanza). Quando il mandatario agisce in nome del mandante tutti gli effetti
negoziali si producono direttamente nella sfera giuridica del mandante. Il mandatario che agisce
in proprio nome acquista i diritti e assume gli obblighi derivanti dagli atti compiuti con i terzi,
anche se questi hanno avuto conoscenza del mandato.]
Quindi la qualità d’imprenditore è acquistata dal soggetto e solo dal soggetto il cui nome è stato
speso nel compimento dei singoli atti d’impresa. Diventa imprenditore colui che esercita
personalmente l’attività d’impresa compiendo in proprio nome gli atti relativi. Non diventa
imprenditore il soggetto che gestisce l’altrui impresa quando operi spendendo il nome
dell’imprenditore, per effetto del potere di rappresentanza conferitogli dall’interessato o
riconosciutogli dalla legge. L’imprenditore diventa il rappresentato quando gli atti sono
compiuti tramite rappresentante che, anche se sostanzialmente esercita l’attività d’impresa, non
è mai imprenditore.

2 Esercizio indiretto dell’attività d’impresa (≈ mandato senza rappresentanza):


In questo caso ci può essere una dissociazione tra il soggetto formalmente imprenditore e il
reale interessato: uno è il soggetto che compie in proprio nome i singoli atti d’impresa
(imprenditore palese o prestanome), l’altro è il soggetto che somministra al primo i necessari
mezzi finanziari, dirige in fatto l’impresa e fa propri tutti i guadagni (imprenditore indiretto o
occulto, dominus). Questo è il fenomeno dell’esercizio dell’impresa tramite interposta persona.
Qui il rischio d’impresa non sarà sopportato dal reale imprenditore (cioè quello occulto) ma è da
questi trasferito, attraverso lo schermo dell’imprenditore palese, sui creditori.

Secondo la teoria del potere d’impresa, quando l’attività d’impresa è esercitata tramite
prestanome, responsabili verso i creditori sono sia il prestatore, sia il dominus, per quanto solo il
primo acquisti la qualità di imprenditore e sia senz’altro esposto al fallimento.
Secondo la teoria dell’imprenditore occulto il dominus di un’impresa formalmente altrui non
solo risponderà insieme a questi, ma fallirà sempre e comunque qualora fallisca il prestanome.
Ciò sarebbe giustificato dal 2° comma dell’art. 147 l.f. per cui il fallimento della società si
estende anche ai soci la cui esistenza sia scoperta dopo la dichiarazione di fallimento della
società e dei soci palesi (fallimento del socio occulto di società palese). Se fallisce la società
occulta è inevitabile che fallisca anche l’imprenditore occulto. Quindi si afferma la
responsabilità e l’esposizione al fallimento di chiunque domini un’impresa a lui formalmente
non imputabile. È stata affermata la responsabilità del socio tiranno di una s.p.a. e quella
dell’azionista o degli azionisti sovrani. Si arriva a sanzionare con la responsabilità personale o
col fallimento ogni forma di dominio occulto o palese dell’altrui impresa.

INIZIO E FINE DELL’IMPRESA


La qualità d’imprenditore si acquista con l’effettivo inizio dell’esercizio dell’attività d’impresa,
non basta l’intenzione e l’iscrizione nel registro delle imprese non è condizione né necessaria né
sufficiente per l’attribuzione della qualità d’imprenditore commerciale.
Le società acquisterebbero la qualità d’imprenditori fin dal momento della loro costituzione
quindi prima ed indipendentemente dall’effettivo inizio dell’attività produttiva. Ma l’art. 2082
c.c. ricollega l’acquisto della qualità imprenditoriale all’esercizio e non alla mera intenzione di
esercitare un’attività d’impresa, quindi il principio dell’effettività deve trovare applicazione
anche per le società.
Se il compimento di atti tipici d’impresa non è preceduto da una fase organizzativa
oggettivamente percepibile, solo la ripetizione nel tempo di atti d’impresa coordinati ed
omogenei renderà che non si tratta di atti occasionali ma di attività professionalmente esercitata.
Se viene creata preventivamente una stabile organizzazione aziendale, indice non equivoco di
attività professionale, anche un solo atto di esercizio sarà sufficiente per affermare che l’attività
è iniziata.
Anche gli atti di organizzazione sono atti d’impresa e possono essere equiparati agli atti di
gestione non preceduti da una fase organizzativa. Questi determineranno l’acquisto della qualità
d’imprenditore quando manifestano in modo non equivoco lo stabile orientamento dell’attività
verso un determinato fine produttivo sia pure non realizzato. Ma un singolo atto o più atti non
coordinati non saranno sufficienti per l’acquisto della qualità d’imprenditore per una persona
fisica. Per le società, invece, basta un solo atto di organizzazione imprenditoriale.

La qualità d’imprenditore si perde solo con l’effettiva cessazione dell’attività. Gli avvisi al
pubblico, la cancellazione dagli albi o registri… sono solo indici presuntivi. Solo per
l’imprenditore commerciale è importante la determinazione esatta del giorno di cessazione
dell’attività per la previsione dell’art. 10 l.f. che lo stesso può fallire entro 1 anno da questa data.
La fine dell’impresa è di regola preceduta dalla liquidazione che costituisce ancora esercizio
dell’impresa e si chiude con la definitiva disgregazione del complesso aziendale. Posso
sopravvivere solo le passività.
Per quanto riguarda le società, queste perdono la qualità d’imprenditore con la cancellazione dal
registro delle imprese che presuppone la disgregazione dell’azienda e l’integrale pagamento
delle passività. L’art. 10 l.f. si applica dal giorno di questa cancellazione.

CAPACITÁ E IMPRESA
La capacità di agire è presupposto per l’acquisto della qualità d’imprenditore, si acquista al
compimento del 18° anno di età e si perde in seguito ad interdizione o inabilitazione. L’esercizio
dell’attività d’impresa in violazione di tali norme non fa sorgere la qualità d’imprenditore ma la
sorte dei singoli atti dallo stesso compiuti è regolata da disposizioni.
L’incompatibilità è un divieto di esercizio di impresa commerciale posto a carico di coloro che
esercitano determinati uffici o professioni. La violazione di ciò espone solo a sanzioni
amministrative e ad un aggravamento delle sanzioni penali per bancarotta in caso di fallimento.
L’inabilitazione temporanea all’esercizio di un’attività commerciale non impedisce l’acquisto o
il riacquisto della qualità d’imprenditore commerciale.

È possibile l’esercizio di attività d’impresa per conto e nell’interesse di un incapace o da parte di


soggetti limitatamente capaci di agire con l’osservanza delle disposizioni. Mentre per l’attività
agricola valgono le norme di diritto comune, per l’attività commerciale si osservano gli art. 320,
371, 397, 424 e 425 c.c..
Il rappresentante legale dell’incapace è legittimato a compiere solo gli atti di ordinaria
amministrazione mentre può compiere quello di straordinaria amministrazione solo in caso di
necessità o di utilità evidente.
Il legislatore pone un divieto assoluto di inizio di impresa commerciale per i minori e gli
interdetti. È consentita solo la continuazione dell’esercizio di una impresa commerciale
preesistente quando ciò sia utile per l’incapace e sia autorizzata dal tribunale (ciò amplia i poteri
del rappresentante legale). I genitori o il tutore sono legittimati a compiere tutti gli atti che
rientrano nell’esercizio dell’impresa.
L’inabilitato può compiere solo gli atti di ordinaria amministrazione ma la sua posizione è
parificata agli incapaci assoluti.
Solo il minore emancipato (minore che è ammesso dal tribunale a contrarre matrimonio prima
del compimento del 18° anno) può essere autorizzato dal tribunale anche ad iniziare una nuova
impresa commerciale, acquisendo la pena capacità di agire e esercitando l’impresa anche senza
l’assistenza di un curatore, e può compiere da solo gli atti di straordinaria amministrazione.
L’autorizzazione è soggetta ad iscrizione nel registro delle imprese come la sua revoca.
Anche il minore è assoggettato al fallimento ma è possibile evitare che le sanzioni penali
colpiscano il minore fallito e ricadano anche sul rappresentante legale.
Capitolo IV : Lo statuto dell’imprenditore commerciale

LA PUBBLICITÁ LEGALE
Gli imprenditori hanno l’esigenza di poter disporre di informazioni veritiere e non contestabili
su fatti e situazioni di carattere organizzativo delle imprese con cui entrano in contatto. Ciò
viene soddisfatto dall’introduzione di un sistema di pubblicità legale che obbliga di rendere in
pubblico dominio determinati atti o fatti della vita dell’impresa, secondo forme e modalità
predeterminate per legge. Questo oltre all’accessibilità a terzi interessati (pubblicità notizia) ha
anche effetto di opponibilità agli atti.
Lo strumento utilizzato dalle imprese e società è il registro delle imprese, previsto dal nostro
codice civile. Questo ha dovuto attendere lunghi anni prima di essere applicato per la mancanza
del relativo regolamento d’attuazione, in cui è stato applicato un regime transitorio imperniato
sull’iscrizione nei preesistenti registri di cancelleria presso il tribunale e sull’esonero degli
imprenditori commerciali individuali e degli enti pubblici economici. Per le società di capitali
era prevista anche l’iscrizione nel Busarl, per le società cooperative nel Busc. Leggi speciali
prevedevano altri adempimenti pubblicitari.
Con la L 580/1993 è stato istituito il registro delle imprese, pienamente operante solo dal 1997,
con la soppressione dei precedenti registri. Il registro delle imprese non solo è strumento di
pubblicità legale, ma è anche di informazioni di carattere organizzativo.
Il registro delle tenuto dalle camere di commercio in ciascuna provincia con tecniche
informatiche, è retto da un conservatore ed è vigilato da un giudice delegato dal presidente del
tribunale. È articolato in 2 sezioni:
1 Sezione ordinaria: vi sono iscritti gli imprenditori la cui iscrizione era prevista dal
codice civile cioè:
a gli imprenditori individuali commerciali non piccoli(art. 2195 e 2202c.c.);
b le società tranne quella semplice(art. 2200 c.c.);
c i consorzi fra imprenditori con attività esterna (art. 2612 c.c.);
d i gruppi europei di interesse economico (D.Lgs 240/1991);
e gli enti pubblici che hanno per oggetto esclusivo o principale un’attività
commerciale (art. 2201 c.c.);
f le società estere che sono soggette alla legge italiana (art. 25 L 218/1995);
L’iscrizione nella sezione ordinaria del registro delle imprese ha sempre funzione di pubblicità
legale e ha diversi tipi di efficacia a seconda dei casi:
● Efficacia dichiarativa: di regola è sempre presente. I fatti e gli atti iscritti sono
opponibili a chiunque e lo sono dalla loro registrazione, momento dal quale i terzi non
potranno eccepire la loro ignoranza (solo per le società di capitali e le cooperative
l’opponibilità è piena solo decorsi 15 giorni dall’iscrizione);
● Efficacia costitutiva: è presente in alcune ipotesi tassativamente previste, è presupposto
perché l’atto sia produttivo di effetti e può essere totale (iscrizione dell’atto costitutivo
delle società di capitali e delle cooperative) o parziale (registrazione della deliberazione
di riduzione del capitale sociale per esuberanza di una s.p.a.);
● Efficacia normativa: è presente in altre ipotesi ed è presupposto per la piena
applicazione di un determinato regime giuridico (s.n.c. e s.a.s.).
2 Sezioni speciali: sono 2 e vi sono iscritti gli imprenditori che inizialmente erano
esonerati cioè nella 1^:
a gli imprenditori agricoli individuali(art. 2136 c.c.);
b i piccoli imprenditori (art. 2083 c.c.);
c le società semplici;
d gli imprenditori artigiani.
… nella 2^:
a le società fra professionisti (ora solo quelle tra avvocati).
L’iscrizione nelle sezioni speciali ha solo funzione di certificazione anagrafica e di pubblicità
notizia, ma per gli imprenditori agricoli e le società semplice ha efficacia di pubblicità legale.
I fatti e gli atti da registrare sono specificati da una serie di norme e sono diversi a seconda della
struttura soggettiva dell’impresa. Alcuni atti delle società di capitali e delle cooperative devono
essere pubblicati nella G.U. anziché nel registro delle imprese.
Prima di procedere all’iscrizione l’ufficio deve controllare che il fatto o l’atto è soggetto ad
iscrizione e che la documentazione è regolare nonché la sua esistenza e veridicità. Il controllo
non investe anche la validità dell’atto. Per gli atti sottoposti a controllo notarile l’ufficio deve
verificare solo la regolarità formale della documentazione. L’iscrizione viene fatta nel registro
della provincia in cui ha sede l’impresa e negli atti e nella corrispondenza dev’essere indicato il
registro presso cui è stata iscritta. È eseguita su domanda o d’ufficio come la cancellazione.
L’iscrizione viene fatta nel registro della provincia in cui ha sede l’impresa e negli atti e nella
corrispondenza dev’essere indicato il registro presso cui è stata iscritta. È eseguita su domanda o
d’ufficio (come la cancellazione) entro 10 giorni dalla data di protocollazione della domanda
mediante l’inserimento dei dati nell’elaboratore elettronico e la loro messa a disposizione del
pubblico. Contro il provvedimento motivato di rifiuto dell’iscrizione il richiedente può ricorrere
entro 8 giorni al giudice del registro che provvede con decreto. Contro di esso può essere
proposto ricorso al tribunale che provvede con decreto. L’inosservanza dell’obbligo di
registrazione è punita con sanzioni amministrative pecuniarie e con sanzioni indirette.

LE SCRITTURE CONTABILI
Le scritture contabili sono i documenti che contengono la rappresentazione, in termini
quantitativi e/o monetari, dei singoli atti d’impresa, della situazione del patrimonio
dell’imprenditore e del risultato economico dell’attività svolta. Queste contribuiscono a rendere
razionale ed efficiente l’organizzazione e la gestione dell’impresa e la loro tenuta è obbligatoria
per tutti gli imprenditori commerciali individuali non piccoli, per tutte le società commerciali
non semplici e per gli enti pubblici e di diritto privato che svolgono attività commerciale in via
secondaria o accessoria. Per gli altri la tenuta è facoltativa. (art. 2214 c.c.)

Il principio generale delle scritture contabili obbligatorie è che l’imprenditore deve tenere tutte
le scritture richieste dalla natura e dalle dimensioni dell’azienda. In ogni caso devono essere
tenuti:
● Il libro giornale: registro cronologico-analitico, numerato progressivamente in ogni
pagina prima dell’uso, in cui devono essere indicate le operazioni relative all’esercizio
dell’impresa nell’ordine in cui sono compiute (art. 2216 c.c.);
● Il libro degli inventari: registro periodico-sistematico, numerato progressivamente in
ogni pagina prima dell’uso, redatto all’inizio dell’esercizio dell’impresa e ogni esercizio
che si chiude col bilancio (prospetto contabile riassuntivo dal quale devono risultare con
evidenza e verità la situazione complessiva del patrimonio e gli utili conseguite o le
perdite sofferte alla fine di ogni anno) (art. 2217 c.c.).
Devono essere ordinatamente conservati gli originali della corrispondenza commerciale ricevuta
e le copie di quella spedita. Altre scritture contabili sono richieste dalla natura e dalle
dimensioni dell’impresa: libro mastro, libro cassa, libro magazzino. Tutte le scritture devono
essere tenute secondo le norme di un’ordinata contabilità (art. 2219 c.c.)o con sistemi
informatici e devono essere conservate per 10 anni (art. 2220 c.c.). Non sono soggette ad un
controllo esterno tranne quelle di s.p.a. quotate in borsa. Le sanzioni per la mancata tenuta delle
scritture non sono generali e dirette ma eventuali e indirette.

Le scritture contabili sono destinate a restare nella sfera interna dell’imprenditore non essendo
accessibili ai terzi. Ma ci sono delle eccezioni per le società di capitali e le cooperative che
devono rendere pubblico il bilancio depositandolo presso l’ufficio del registro e per le imprese
soggette a controllo pubblico che non hanno segreti nei confronti dell’organo pubblico preposto
alla vigilanza.
Le scritture contabili possono essere rese note in un processo come mezzo di prova (efficacia
probatoria) a favore o contro l’imprenditore o contro i terzi. Il giudice può chiedere solo
l’esibizione delle singole scritture contabili. Solo in caso di controversie relative allo
scioglimento della società, alla comunione di beni e alla successione per causa di morte il
giudice può ordinare la comunicazione di tutte le scritture contabili alla controparte (art. 2709-
2711 c.c.).

LA RAPPRESENTANZA COMMERCIALE
L’imprenditore si avvale della collaborazione di altri soggetti interni ed esterni
all’organizzazione che possono agire anche in rappresentanza dell’imprenditore. In generale il
conferimento ad un altro soggetto dell’incarico di compiere uno o più atti giuridici relativi alla
propria sfera patrimoniale non abilita di per sé l’incaricato ad agire in nome dell’interessato.
Quindi il terzo che contratta con chi dichiara di agire in veste di rappresentante è tenuto ad
accertare esistenza, contenuto e regolarità della procura, senza la quale non c’è un espresso
conferimento della rappresentanza.
Vi è un sistema speciale di rappresentanza fissato dagli art. 2203-2213 c.c. determinato da 3
figure tipiche di ausiliari interni automaticamente investiti del potere di rappresentanza, effetto
naturale di quella determinata collocazione nell’impresa ad opera dell’imprenditore che potrà
essere modificata solo con atto specifico. Queste 3 figure sono:
1 L’institore (art. 2203-2208 c.c.)
È colui che è preposto dal titolare all’esercizio dell’impresa o di una sede secondaria o di un
ramo particolare della stessa (direttore generale). È un lavoratore subordinato con la qualifica di
dirigente, al vertice assoluto o relativo della gerarchia del personale. Possono essere preposti
contemporaneamente all’esercizio dell’impresa anche più institori che agiranno disgiuntamente
salvo diverse previsioni. L’institore ha un potere di gestione generale, è tenuto, congiuntamente
all’imprenditore, all’adempimento degli obblighi d’iscrizione nel registro delle imprese e di
tenuta delle scritture contabili e all’assoggettamento al fallimento. Può avere anche un ampio e
generale potere di rappresentanza sia sostanziale, compiendo in nome dell’imprenditore tutti gli
atti pertinenti all’esercizio dell’impresa (non quelli che esorbitano dalla sua gestione e non può
alienare o ipotecare i beni immobili del proponente senza autorizzazione), sia processuale,
stando in giudizio sia come attore che come convenuto per le obbligazioni dipendenti da atti
compiuti nell’esercizio dell’impresa a cui è preposto. I poteri rappresentativi possono essere
ampliati o limitati e ciò sarà opponibile a terzi solo se la procura originaria o il successivo atto
siano pubblicati nel registro delle imprese. Mancando tale pubblicità la rappresentanza si reputa
generale. L’institore deve rendere palese al terzo con cui contratta la sua qualifica spendendo il
nome dell’interessato. Per la contemplatio domini l’institore che non comunica la sua
rappresentanza fa valere ogni contratto per se stesso ed il terzo. Egli è personalmente obbligato
se omette di far conoscere al terzo che tratta per il proponente e lo è anche il proponente.
2 I procuratori (art. 2209 c.c.)
Sono coloro che, in base ad un rapporto continuativo, hanno il potere di compiere per
l’imprenditore gli atti pertinenti all’esercizio dell’impresa, pur non essendo preposti ad esso.
Sono ausiliari subordinati di grado inferiore rispetto all’institore ed il loro potere decisionale è
circoscritto ad un determinato settore operativo dell’impresa o ad una serie specifica di atti
(dirigente del personale, direttore del settore pubblicità). Non hanno rappresentanza processuale,
non sono tenuti agli obblighi d’iscrizione nel registro delle imprese e di tenuta delle scritture
contabili e l’imprenditore non risponderà degli atti senza spedita del suo nome.
3 I commessi (art. 2210-2213 c.c.)
Sono ausiliari subordinati cui sono affidate mansioni esecutive e materiali che li pongono a
contatto con terzi (commesso di negozio, cameriere). Possono compiere atti che ordinariamente
comporta la specie di operazioni di cui sono incaricati. Non possono concedere dilazioni o
sconti, non possono derogare al contratto preposto dall’imprenditore, possono ricevere per conto
dell’imprenditore le dichiarazioni che riguardano l’esecuzione dei contratti ed i reclami relativi
alle inadempienze e chiedere provvedimenti cautelari nell’interesse dell’imprenditore.
Capitolo V : L’azienda

Definizione di azienda. L’art. 2555 definisce l’azienda come ―il complesso dei beni organizzati
dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa‖. Da ciò emerge che l’azienda è un complesso di
singoli elementi che hanno unitaria destinazione verso uno specifico fine produttivo. Essa può
essere vista come il mezzo di cui l’imprenditore si avvale per lo svolgimento della propria
attività (rapporto mezzo/fine tra azienda e attività d’impresa).
L’azienda assume inoltre forte rilievo sul piano economico, acquistando solitamente valore
maggiore rispetto alla somma dei valori dei singoli beni (avviamento).
Si distingue tra avviamento oggettivo, quello ricollegabile a fattori suscettibili di permanere
anche se muta il titolare dell’azienda, e avviamento soggettivo, quello dovuto all’abilità
operativa dell’imprenditore sul mercato ed in particolare alla sua abilità nel formare, conservare
e accrescere la propria clientela.
Elementi costitutivi dell’azienda. Al fine di qualificare un dato bene come bene aziendale è
rilevante solo la destinazione dell’imprenditore all’esercizio all’attività d’impresa. Irrilevante è
il titolo giuridico (proprietà, usufrutto, altro) che legittima l’imprenditore ad utilizzare un dato
bene.
Riguardo a cosa ricomprendere nella parola ―beni‖, l’opinione più diffusa considera elementi
costitutivi dell’azienda solo le cose in senso proprio di cui l’imprenditore si avvale, escludendo
dunque servizi, crediti, debiti, rapporti di lavoro e rapporti contrattuali.
Tra concezione atomistica e concezione unitaria. Le teorie unitarie considerano l’azienda come
un unico bene immateriale, sul quale il titolare potrebbe avere un diritto di proprietà unitario. Le
teorie atomistiche concepiscono invece l’azienda come una semplice pluralità di beni tra loro
funzionalmente collegati e sul quale l’imprenditore può vantare diritti diversi (proprietà, diritti
reali limitai, diritti personali di godimento). Mancando una legge di circolazione propria
dell’azienda l’ipotesi unitaria va rifiutata, tuttavia bisogna sempre tenere conto, nelle
controversie, della salvaguardia dell’unità funzionale dell’azienda.
Anche per quanti vogliono considerare l’azienda un’universalità di beni mobili (che secondo
l’art. 816 sono ―la pluralità di cose che appartengono alla stessa persona e hanno una
destinazione unitaria‖), la disciplina dettata per tali universalità non è applicabile all’azienda, se
non per risolvere problemi pratici lasciati insoluti dalla disciplina dell’azienda. Infatti, l’azienda
è di regola costituita da beni eterogenei e può comprendere anche beni (mobili ma anche
immobili) che non sono di proprietà dell’imprenditore.
Trasferimento dell’azienda. Per stabilire se un determinato atto di disposizione
dell’imprenditore vada qualificato come trasferimento di azienda o come trasferimento di
singoli beni aziendali, non si guarda al nomen dato al contratto, ma al risultato realmente
perseguito e realizzato.
Con il trasferimento di azienda, saranno considerati trasferiti tutti quei beni che hanno come
funzione lo svolgimento dell’attività d’impresa: è necessaria la specificazione dei beni che
l’imprenditore non vuole includere nel trasferimento.
Si noti che il trasferimento di azienda può riguardare anche un solo ramo d’azienda, purché
dotato di organicità operativa. Non è neanche necessario che l’azienda sia in funzione al
momento della vendita, ma solo che l’insieme dei beni trasferiti sia di per sé potenzialmente
idoneo ad essere utilizzato per l’esercizio di una determinata attività d’impresa.
La forma necessaria per la validità del trasferimento deve essere ―la stessa forma stabilita dalla
legge per il trasferimento dei singoli beni che compongono l’azienda o per la particolare natura
del contratto‖. Non esiste quindi un’autonoma ed unitaria legge di circolazione dell’azienda. Di
conseguenza, ad esempio, il trasferimento di immobili comporterà la forma scritta pena la
nullità.
La forma richiesta ai fini di opponibilità ai terzi è invece quella scritta, per quanto riguarda le
imprese ―soggette a registrazione‖, includendo tra queste tutte le imprese, poiché tutte le
imprese vengono registrate, seppure con diversi tipi di pubblicità. Sempre per le imprese
soggette a registrazione, l’art. 2256 stabilisce anche che i relativi contratti, redatti per atto
pubblico o per scrittura privata autenticata, sono soggetti a iscrizione nel registro delle imprese.
Effetti della vendita dell’azienda:
Divieto di concorrenza dell’alienante. L’art. 2257 afferma che chi aliena un’azienda
commerciale deve astenersi, per un periodo massimo di cinque anni dal trasferimento,
dall’iniziare una nuova impresa che possa comunque, ―per l’oggetto, l’ubicazione o altre
circostanze‖, sviare la clientela dall’azienda ceduta.
Si vuole in questo modo contemperare l’esigenza dell’acquirente di godere dell’avviamento
soggettivo (che egli stesso ha pagato!), e quella dell’alienante a non vedere compressa la propria
libertà di iniziativa economica per troppo tempo.
Si noti che resta possibile stabilire un termine minore di cinque anni, ma mai maggiore, e che il
divieto è da ritenersi applicabile anche in caso di vendita coattiva (il divieto rimane al fallito).
Spesso si tenta inoltre di eludere il divieto attraverso inizio di impresa attraverso un prestanome,
costituendo una società di comodo o entrando in un’altra impresa concorrente come dirigente.
Si ritiene che il divieto debba considerarsi violato ogni volta si sia avuto sviamento di clientela
dall’azienda ceduta, per fatto concorrenziale direttamente o indirettamente dovuto all’alienante.
E’ comunque difficile provare l’elusione, e sono necessarie adeguate clausole per evitare tutto
ciò.
La successione nei contratti aziendali. La disciplina dettata riguardo alla successione nei
contratti aziendali deroga alla disciplina della cessione di contratti ―normali‖ di diritto comune.
L’art. 2258 stabilisce che ―se non è pattuito diversamente, l’acquirente dell’azienda subentra nei
contratti stipulati per l’esercizio dell’azienda stessa che non abbiano carattere personale‖, e
dunque automaticamente, senza bisogno di alcuna manifestazione di volontà.
Al terzo contraente è riconosciuto il diritto di recedere dal contratto ―entro tre mesi dalla notizia
del trasferimento, se sussiste una giusta causa, salvo in questo caso la responsabilità
dell’alienante‖.
Da notare in questo caso che la deroga ai principi di diritto comune è ancora più marcata: non è
necessario il consenso del contraente ceduto, che può soltanto chiedere il risarcimento danni
all’alienante dando la prova (non facile!) che questi non ha osservato la normale cautela nella
scelta dell’acquirente dell’azienda. Inoltre il recesso non determina il ritorno del contratto in
testa all’alienante ma la definitiva estinzione dello stesso.
E’ evidente dunque il favor legislativo per il mantenimento dell’unità funzionale dell’azienda.
Riguardo al carattere personale dei contratti, l’opinione prevalente ritiene che contratti
personali siano quei contratti nei quali l’identità e le qualità dell’imprenditore alienante sono
state in concreto determinanti del consenso del terzo contraente (e non viceversa). Per il
trasferimento di tali contratti si ritorna alla disciplina di diritto comune di cessione del contratto.
Anche al fine di provare la giusta causa, il terzo deve dimostrare che l’identità
dell’imprenditore era essenziale ai fini del contratto.
I crediti e i debiti aziendali. A) Riguardo ai crediti, la legge non dice, come invece fa con i
contratti, se crediti e debiti si trasferiscono direttamente con l’azienda o meno. L’opinione
seguita è che il trasferimento non è automatico, in mancanza di espressa previsione.
Inoltre, come recita l’art. 2259, dal momento dell’iscrizione del trasferimento dell’azienda nel
registro delle imprese, la cessione dei crediti relativi all’azienda ceduta ha effetto nei confronti
dei terzi, anche in mancanza di notifica al debitore o di sua accettazione. Tuttavia, ―il debitore
ceduto è liberato se paga in buona fede all’alienante‖ (l’alienante deve naturalmente impegnarsi
a pagare a sua volta il debito all’acquirente). Nel caso di imprese non soggette a registrazione,
vige invece la disciplina generale della cessione dei crediti.
B) Riguardo ai debiti, l’art. 2560, al fine di tutelare i terzi creditori e l’esigenza di certezza,
afferma che l’alienante non è liberato dai debiti anteriori al trasferimento, se non ha il consenso
dei creditori. Per quanto riguarda le sole imprese commerciali, è previsto invece che ―nel
trasferimento di un’azienda commerciale risponde dei debiti suddetti anche l’acquirente
dell’azienda, se essi risultano dai libri contabili obbligatori.
Usufrutto e affitto dell’azienda. L’azienda può essere costituita in usufrutto o concessa in affitto.
La costituzione in usufrutto comporta il riconoscimento di poteri-doveri in testa
all’usufruttuario, per tutelare sia la libertà dell’usufruttuario, sia l’interesse del concedente.
A tal fine, l’art. 2561 dispone che l’usufruttuario deve esercitare l’azienda sotto la ditta che la
contraddistingue, conducendo l’azienda senza modificarne la destinazione ed in modo da
conservarne l’efficienza dell’organizzazione e degli impianti e le normali dotazioni di scorte. La
violazione di tali obblighi o la cessazione arbitraria dalla gestione dell’azienda determinano la
cessazione dell’usufrutto per abuso dell’usufruttuario. L’usufruttuario ha inoltre il potere-dovere
non solo di godere dei beni aziendali, ma anche di disporne nei limiti delle esigenze della
gestione.
L’usufruttuario potrà comprare nuovi beni, che diventeranno di proprietà del nudo proprietario e
sui quali l’usufruttuario avrà diritto di godimento e potere di disposizione.
L’affitto di azienda ha come oggetto del contratto un complesso di beni organizzati ed è
decisamente diverso dalla locazione di un immobile destinato all’esercizio di attività d’impresa,
che ha per oggetto il locale in quanto tale. Nella pratica non è facile distinguerli.
Sia all’affitto, sia all’usufrutto si applicano le norme riguardo il divieto di concorrenza e la
successione nei contratti aziendali, al solo usufrutto la disciplina dei crediti aziendali, a nessuno
dei due le norme riguardanti i debiti aziendali anteriori, dei quali risponderanno unicamente il
nudo proprietario o il locatore.
Capitolo VI : I segni distintivi

I segni distintivi consentono all’imprenditore di essere individuato sul mercato e di essere


distinto dagli altri. I 3 segni principali sono la ditta, l’insegna ed il marchio. La loro funzione è
di favorire la formazione ed il mantenimento della clientela poiché consentono ai consumatori
di distinguere fra i vari operatori economici e di effettuare scelte consapevoli. L’imprenditore ha
un’ampia libertà nella formazione dei propri segni distintivi. È tenuto a rispettare però alcune
regole. Egli ha diritto all’uso esclusivo dei propri segni, relativo e strumentale alla realizzazione
della funzione distintiva rispetto agli imprenditori concorrenti. Può anche trasferire ad altri i
propri segni distintivi.

La ditta è il nome commerciale dell’imprenditore e lo individua come soggetto di diritto


nell’esercizio dell’attività d’impresa. È un segno necessario, in mancanza del quale si usa il
nome civile dell’imprenditore.
Il nome civile è quello attribuito per legge: è a struttura fissa, unico e non liberamente
modificabile (art. 6 c.c.). È attributo della personalità ed è indisponibile ed intrasmissibile.
La ditta è regolata dagli art. 2563-2567 c.c.. I limiti che incontra l’imprenditore sono
rappresentati dal rispetto dei principi della verità e della novità. Il principio della verità (art.
2563 c.c.) ha contenuto diverso a seconda che si tratti di ditta originaria o di ditta derivata. La
prima è la ditta formata dall’imprenditore che la utilizza e deve contenere almeno il cognome o
la sigla dell’imprenditore con la libertà di essere completata come si preferisce. Non è imposta
però la corrispondenza con il nome civile dell’imprenditore. Egli non è neppure tenuto a
modificare la ditta patronimica qualora intervengano mutamenti nel suo nome civile. La
seconda è la ditta formata da un certo imprenditore e successivamente trasferita ad un altro
insieme all’azienda. Non è imposta l’integrazione della ditta col proprio cognome o con la
propria sigla. Per il principio della novità (art. 2564 c.c.) quando la ditta è uguale o simile a
quella usata da un altro imprenditore e può creare confusione per l'oggetto dell'impresa e per il
luogo in cui questa è esercitata, deve essere integrata o modificata con indicazioni idonee a
differenziarla. Per le imprese commerciali l'obbligo dell'integrazione o modificazione spetta a
chi ha iscritto la propria ditta nel registro delle imprese in epoca posteriore. Però il diritto all’uso
esclusivo della ditta e l’obbligo di differenziazione sussistono solo se i due imprenditori sono in
rapporto concorrenziale fra loro e quindi possa determinarsi confusione per l’oggetto
dell’impresa e/o per il luogo in cui questa è esercitata. La confondibilità delle ditte dev’essere
valutata sul nucleo caratterizzante e dominante di ditte effettivamente utilizzate.
Per l’art 2565 c.c. ―la ditta non può essere trasferita separatamente dall'azienda. Nel
trasferimento dell'azienda per atto tra vivi la ditta non passa all'acquirente senza il consenso
dell'alienante. Nella successione nell'azienda per causa di morte la ditta si trasmette al
successore, salvo diversa disposizione testamentaria‖. La ditta può essere trasferita anche
quando non è trasferita l’intera azienda ma solo un ramo della stessa purché dotato di organica
unità. Chi ha trasferito l’azienda è responsabile in solido con l’acquirente per i debiti da questo
contratti spendendo la ditta derivata qualora il terzo contraente abbia potuto ragionevolmente
ritenere di trattare col cedente. Quindi è l’alienante ad avere l’onere di portare a conoscenza dei
terzi l’avvenuto trasferimento.
Per quanto riguarda le società alla ragione sociale e alla denominazione sociale si applica l’art.
2564. Queste però non vanno identificate con la ditta ma vanno poste sullo stesso piano del
nome civile. Le società le devono avere e possono avere anche una ditta originaria nonché una o
più ditte derivate.

L’insegna individua i locali in cui l’attività d’impresa è esercitata ed è disciplinata dall’art.


2568 c.c..

Il marchio individua e distingue i beni o i servizi prodotti ed è disciplinato dagli art. 2569-2574
c.c. e dal R.D. 929/1942.
Capitolo IX : I consorzi fra imprenditori

Per l’art. 2602 c.c. ―Con il contratto di consorzio più imprenditori istituiscono un'organizzazione
comune per la disciplina o per lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive imprese‖. Ciò è
stato introdotto dalla L 377/1976 ed è regolato dagli art. 2602-2620 c.c..
Ci sono 2 tipi di consorzi:
1 Consorzi anticoncorrenziali: sono costituiti prevalentemente o esclusivamente per
disciplinare la reciproca concorrenza sul mercato fra imprenditori che svolgono la stessa
attività o attività similari, presentandosi così come una manifestazione di patti limitativi
della concorrenza. Essi sollecitano controlli per impedire che s’instaurino situazioni di
monopolio di fatto contrastanti con l’interesse generale (disciplina antimonopolistica);
2 Consorzi di coordinamento: sono costituiti per lo svolgimento di determinate fasi
delle rispettive imprese, presentandosi così come strumenti di cooperazione
interaziendale finalizzati alla riduzione dei costi di gestione delle singole imprese
consorziate. Questi ricorrono soprattutto nelle piccole e medie imprese. Rispondono
all’esigenza di conservare e di accrescere la competitività delle imprese e concorrono a
preservare la struttura concorrenziale del mercato. Perciò sono agevolati dal legislatore.

Il contratto di consorzio può essere stipulato solo fra imprenditori. Per l’art. 2603 c.c. ―il
contratto deve essere fatto per iscritto sotto pena di nullità. Esso deve indicare:
1) l'oggetto e la durata del consorzio;
2) la sede dell'ufficio eventualmente costituito;
3) gli obblighi assunti e i contributi dovuti dai consorziati;
4) le attribuzioni e i poteri degli organi consortili anche in ordine alla rappresentanza in
giudizio;
5) le condizioni di ammissione di nuovi consorziati;
6) i casi di recesso e di esclusione;
7) le sanzioni per l'inadempimento degli obblighi dei consorziati.
Se il consorzio ha per oggetto il contingentamento della produzione o degli scambi, il contratto
deve inoltre stabilire le quote dei singoli consorziati o i criteri per la determinazione di esse.‖
La durata del contratto può essere liberamente decisa dalle parti. In mancanza di determinazione
questo è valido per dieci anni (art. 2604 c.c.).
Il contratto di consorzio è un contratto tendenzialmente aperto ed ammette nuovi consorziati con
le condizioni stabilite nel contratto. Comunque i nuovi imprenditori potranno aderirvi solo con il
consenso di tutti i consorziati. Infatti il contratto, se non è diversamente convenuto, non può
essere modificato senza il consenso di tutti i consorziati e le modificazioni devono essere fatte
per iscritto sotto pena di nullità (art. 2607 c.c.).
Salvo patto contrario, in caso di trasferimento a qualunque titolo dell'azienda, l'acquirente
subentra nel contratto di consorzio. Tuttavia, se sussiste una giusta causa, in caso di
trasferimento dell'azienda per atto fra vivi, gli altri consorziati possono deliberare, entro un
mese dalla notizia dell'avvenuto trasferimento, l'esclusione dell'acquirente dal consorzio (art.
2610 c.c.).
Il contratto di consorzio può sciogliersi limitatamente ad un consorziato per recesso o per
esclusione. Le cause dell’una e dell’altra devono essere indicate nel contratto. Quando non sono
indicate opererà la clausola di esclusione prevista dall’art. 2610 c.c. Nei casi di recesso e di
esclusione previsti dal contratto, la quota di partecipazione del consorziato receduto o escluso
(cioè la quota di produzione riservata a quel consorziato e non la quota di partecipazione al
patrimonio del consorzio) si accresce proporzionalmente a quelle degli altri.
Per l’art. 2611 c.c. ―il contratto di consorzio si scioglie:
1) per il decorso del tempo stabilito per la sua durata;
2) per il conseguimento dell'oggetto o per l'impossibilità di conseguirlo;
3) per volontà unanime dei consorziati;
4) per deliberazione dei consorziati, presa a norma dell'art. 2606, se sussiste una giusta
causa;
5) per provvedimenti dell'autorità governativa, nei casi ammessi dalla legge;
6) per le altre cause previste nel contratto.

Sul piano civilistico ci sono 2 tipi di consorzi:


1 Consorzi con (sola) attività interna: regolano i rapporti reciproci fra consorziati e
controllano il rispetto di quanto convenuto;
2 Consorzi con (anche) attività esterna: costituiscono un ufficio comune che svolge
attività con i terzi nell’interesse delle imprese consorziate.
Il carattere strutturale essenziale dei consorzi è la creazione di un’organizzazione comune cui è
demandato il compito di attuare il contratto assumendo e portando ad esecuzione le decisioni a
tal fine necessarie.
La struttura organizzativa di ogni consorzio si fonda sulla presenza di un’assemblea, organo con
funzioni deliberative composto da tutti i consorziati, e di un organo direttivo, con funzioni
gestorie ed esecutive. Le deliberazioni relative all'attuazione dell'oggetto del consorzio sono
prese col voto favorevole della maggioranza dei consorziati (art. 2606 c.c.). È richiesto il
consenso di tutti i consorziati per le modificazioni del contratto. Le deliberazioni che non sono
prese in conformità alle disposizioni possono essere impugnate davanti all'autorità giudiziaria
entro trenta giorni. Per i consorziati assenti il termine decorre dalla comunicazione o, se si tratta
di deliberazione soggetta ad iscrizione, dalla data di questa. I consorziati devono consentire i
controlli e le ispezioni da parte degli organi previsti dal contratto, al fine di accertare l'esatto
adempimento delle obbligazioni assunte. La responsabilità verso i consorziati di coloro che sono
preposti al consorzio è regolata dalle norme sul mandato (art. 2608 c.c.).

Se il contratto prevede l'istituzione di un ufficio destinato a svolgere un'attività con i terzi


(consorzi con attività esterna), un estratto del contratto deve, a cura degli amministratori, entro
trenta giorni dalla stipulazione, essere depositato per l'iscrizione (pubblicità legale) presso
l'ufficio del registro delle imprese del luogo dove l'ufficio ha sede. L'estratto deve indicare:
1) la denominazione e l'oggetto del consorzio e la sede dell'ufficio;
2) il cognome e il nome dei consorziati;
3) la durata del consorzio;
4) le persone a cui vengono attribuite la presidenza, la direzione e la rappresentanza del
consorzio ed i rispettivi poteri;
5) il modo di formazione del fondo consortile e le norme relative alla liquidazione.
Del pari devono essere iscritte nel registro delle imprese le modificazioni del contratto
concernenti gli elementi sopra indicati (art. 2612 c.c.).
Entro due mesi dalla chiusura dell'esercizio annuale le persone che hanno la direzione del
consorzio redigono la situazione patrimoniale osservando le norme relative al bilancio di
esercizio delle s.p.a. e la depositano presso l'ufficio del registro delle imprese (art. 2615-bis
c.c.).
I consorzi possono essere convenuti in giudizio in persona di coloro ai quali il contratto
attribuisce la presidenza o la direzione, anche se la rappresentanza è attribuita ad altre persone
(art. 2613 c.c.). Quindi la mancanza di rappresentanza processuale passiva è inopponibile ai
terzi.
Nei consorzi con attività esterna, i contributi dei consorziati e i beni acquistati con questi
contributi costituiscono il fondo consortile. Per la durata del consorzio i consorziati non possono
chiedere la divisione del fondo, e i creditori particolari dei consorziati non possono far valere i
loro diritti sul fondo medesimo (art. 2614 c.c.).
Ci sono obbligazioni assunte in nome del consorzio dai suoi rappresentanti, per le quali risponde
esclusivamente il consorzio e i creditori possono far valere i loro diritti solo sul fondo consortile
(ma non c’è nessuna forma di controllo sulla consistenza del patrimonio consortile, sulla
rispondenza al vero della situazione patrimoniale e sul rispetto del vincolo di destinazione del
patrimonio consortile), e obbligazioni assunte dagli organi del consorzio per conto dei singoli
consorziati, per le quali rispondono solidalmente sia il consorzio o i consorziati interessati, sia il
fondo consortile ed in caso d'insolvenza nei rapporti tra i consorziati il debito dell'insolvente si
ripartisce tra tutti in proporzione delle quote.

Consorzi e società sono istituti diversi per la diversità dei loro scopi. Il consorzio ha la funzione
tipica di produrre beni o servizi necessari alle imprese consorziate e tendenzialmente destinati
ad essere assorbiti dalle stesse. Quindi il suo intento non è lo scopo di ricavare un utile ma
quello di usufruire dei beni e servizi prodotti e messi a loro disposizione dall’impresa consortile
in modo da conseguire un vantaggio patrimoniale diretto nelle rispettive economie sotto forma
di minori costi sopportati o di maggiori ricavi conseguiti delle proprie imprese. Lo scopo
consortile è simile a quello mutualistico delle cooperative ma è specifico e tipico. Nel 1976 è
stata riconosciuta la prassi dell’utilizzazione delle forme societarie per il perseguimento di uno
scopo consortile. L’art. 2615-ter dice che ―Le società previste nei capi III e seguenti del titolo V
possono assumere come oggetto sociale gli scopi indicati nell'art. 2602‖. Le società consortili
sono integralmente soggette alla disciplina del tipo societario prescelto e non sono regolate per i
profili formali dalle norme societarie e per quelli sostanziali dalle norme del consorzio.
Capitolo I: Le società

Le società sono organizzazioni di persone e di mezzi create dall’autonomia privata per


l’esercizio in comune di un’attività produttiva. Sono strutture organizzative tipiche, previste dal
nostro ordinamento per l’esercizio in forma associata dell’attività d’impresa. Il legislatore pone
a disposizione 8 tipi di società:
1 la società semplice (art. 2251-2290 c.c.);
2 la s.n.c. (art. 2291-2312 c.c.);
3 la s.a.s. (art. 2313-2324 c.c.);
4 l’s.p.a. (art. 2325-2461 c.c.);
5 la s.a.p.a. (art. 2462-2471 c.c.);
6 l’s.r.l. (art. 2472-2497-bis c.c.);
7 la società cooperativa (art. 2511-2545 c.c.);
8 le mutue assicuratrici (art. 2546-2548 c.c.).
I singoli tipi di società sono diversi ma presentano alcuni elementi in comune che permettono
loro di essere raggruppati in categorie omogenee:
1 la società semplice, la s.n.c. e la s.a.s. sono società di persone;
2 l’s.p.a., la s.a.p.a. e l’s.r.l. sono società di capitali.

LA NOZIONE DI SOCIETÁ
L’art. 2247 c.c. dice che ―Con il contratto di società due o più persone conferiscono beni o
servizi per l'esercizio in comune di un'attività economica allo scopo di dividerne gli utili‖. Fino
al 1993 non era consentita la costituzione di una società da parte di una sola persona. Con il
D.Lgs. 88/1993 ciò è stato eccezionalmente previsto per la s.r.l. che quindi può essere costituita
anche con atto unilaterale.
Le società sono enti associativi a base contrattuale e possono essere inquadrate nella categoria
dei contratti associativi o con comunione di scopo. I caratteri strutturali dei contratti associativi
e quindi del contratto di società sono:
a Le prestazioni di ciascuna parte possono anche essere di diversa natura e di diverso
ammontare ma tutte sono finalizzate alla realizzazione di uno scopo comune e trovano il
loro corrispettivo nella partecipazione ai risultati dell’attività comune o nell’acquisto
della partecipazione sociale;
b Il contratto associativo è un contratto plurilaterale ed aperto (in aumento o in
diminuzione);
c Il contratto associativo è un contratto di organizzazione di una futura attività e non
esaurisce la sua funzione con l’esecuzione delle prestazioni.
d La nullità, l’annullabilità, la risoluzione per inadempimento o per impossibilità
sopravvenuta che colpiscono il vincolo di una delle parti non comportano la nullità,
l’annullabilità, la risoluzione per inadempimento o per impossibilità sopravvenuta
dell’intero contratto.
Essendo la società definita un contratto, ad essa sarà applicata la disciplina generale sui contratti
nei limiti della compatibilità con i caratteri propri del contratto associativo e del tipo di società
in questione.

Le società si caratterizzano per la contemporanea presenza di 3 elementi:


1 I conferimenti dei soci:
Sono costituiti dai contributi dei soci alla formazione del patrimonio iniziale della società e
hanno la funzione di dotare la società del capitale di rischio iniziale per lo svolgimento
dell’attività d’impresa. Con i conferimenti, quindi, ciascun socio destina stabilmente parte della
propria ricchezza personale all’attività comune e si espone al rischio d’impresa. È essenziale che
ciò sia fatto da tutti i soci.
Può costituire oggetto di conferimento ogni entità (beni e servizi) suscettibile di valutazione
economica che le parti ritengono utile o necessaria per lo svolgimento della comune attività
d’impresa.

Il patrimonio sociale è costituito dai conferimenti eseguiti o promessi dai soci e


successivamente modificato qualitativamente e quantitativamente in relazione alle vicende
economiche della società. La sua consistenza è accertata annualmente col bilancio d’esercizio
dove la differenza tra attività e passività è chiamata patrimonio netto. L’attivo patrimoniale
costituisce la garanzia generica principale od esclusiva dei creditori della società.
Il capitale sociale nominale è un’entità numerica che esprime il valore in denaro dei
conferimenti quale risulta dalla valutazione compiuta nell’atto costitutivo della società. Esso
rimane immutato finché, con modifica dell’atto costitutivo, non se ne decide l’aumento o la
riduzione. Il capitale sociale nominale assolve a 2 funzioni:
● Funzione vincolistica: il capitale sociale indica il valore delle attività patrimoniali che i
soci si sono impegnati a non distrarre dall’attività d’impresa e che non possono
liberamente ripartirsi per tutta la durata della società. Ciò è un margine di garanzia
patrimoniale supplementare per i creditori.
● Funzione organizzativa: il capitale sociale è termine di riferimento per accertare
periodicamente se c’è un utile o se ci sono perdite.
● Funzione di base di misurazione: solo nelle società di capitali il capitale sociale è base
di misurazione di alcune situazioni soggettive dei soci sia di carattere amministrativo,
sia di carattere patrimoniale.

1 L’esercizio in comune di attività economica (scopo-mezzo):


L’oggetto sociale è la specifica attività economica, cioè quell’attività produttiva esercitata in
comune che presenta i caratteri propri dell’attività d’impresa, che i soci si propongono di
svolgere, predeterminata nell’atto costitutivo della società e modificabile nel corso della vita
della stessa seguendo alcune norme. L’attività economica dev’essere preordinata alla
realizzazione di un risultato unitario e comune, giuridicamente imputabile al gruppo in modo
che tutti siano partecipi del suo risultato positivo o negativo.

Ma le società possono essere utilizzate anche per l’esercizio di attività produttiva a carattere in
imprenditoriale come le società occasionali e le società fra professionisti.
Le società occasionali prevedono l’esercizio in comune di un’attività economica ma senza
professionalità (cioè occasionalmente). Quindi a loro è applicabile solo la disciplina della
società prescelta ma non quella dell’impresa. Si ha società senza impresa quando si è in
presenza di un esercizio in comune di un’attività oggettivamente non duratura.
Le società fra professionisti sono società formate da professionisti intellettuali che hanno per
oggetto unico ed esclusivo l’esercizio in comune dell’attività professionale. Essi esercitano
un’attività economica non considerabile per legge attività d’impresa. Gli incarichi professionali
sono assunti dalla società che giuridicamente si obbliga ad eseguire le relative prestazioni
professionali. Le professioni intellettuali hanno un carattere rigorosamente personale ed i
professionisti intellettuali, per la L 1815/1939, devono usare nella denominazione del loro
ufficio e nei rapporti con terzi esclusivamente la dizione ―studio tecnico, legale…‖ seguito dal
nome e cognome, con i titoli professionali, dei singoli associati.
Però l’evoluzione delle professioni intellettuali ha spinto verso l’utilizzazione di strutture
organizzative di tipo imprenditoriale per il loro esercizio in forma associata. La L 266/1997 ha
conferito al Ministro della Giustizia il potere di fissare con proprio decreto i requisiti per
l’esercizio in forma societaria delle attività previste dalla L 1815/1939 ma nel 1998 il governo
ha rinunciato ad emanare il regolamento sulle società di professionisti affidandolo ad una futura
legge delega.
Ma la società fra professionisti non va confusa con l’assunzione congiunta di un incarico da
parte di più professionisti poiché questi eseguono personalmente una propria prestazione
intellettuale, né va confusa con la società di mezzi, costituita per l’acquisto e la gestione in
comune di beni strumentali all’esercizio individuale e personale delle rispettive professioni, né
va confusa con la società di servizi che offre sul mercato un prodotto complesso per la cui
realizzazione sono necessarie anche prestazioni professionali dei soci o dei terzi (società di
ingegneria, società di elaborazione elettronica dei dati contabili, società di revisione contabile).
Per le professioni non protette la forma societaria può essere assunta senza limitazioni ma per
costituire una società quanti esercitano professioni non protette esercitano un’opzione che li
pone fuori della categoria dei professionisti intellettuali e che impedisce di qualificare l’attività
della società come esercizio di una professione intellettuale. Per le professioni protette è esclusa
l’ammissibilità di qualsiasi forma societaria. È necessario che il legislatore definisca uno
specifico statuto per le società fra professionisti.

L’unica società fra professionisti attualmente esistente è la società per avvocati, introdotta dal
D.Lgs 96/2001. Questa ha come oggetto esclusivo l’esercizio in comune dell’attività
professionale dei propri soci e può acquistare beni e diritti strumentali all’esercizio della
professione e compiere qualsiasi attività diretta a tale scopo. È regolata dalle norme della s.n.c..
Tutti i soci devono essere avvocati e non devono partecipare a nessun’altra società tra avvocati.
Il socio cancellato o radiato dall’albo viene automaticamente cancellato dalla società, per quello
sospeso l’esclusione è facoltativa. La ragione sociale è costituita dal nome e dal titolo
professionale di tutti i soci o di 1 o più seguito da ―s.t.p.‖. La costituzione della società per
avvocati è uguale a quella della s.n.c. ma l’iscrizione viene fatta in una sezione speciale del
registro delle imprese ed ha funzione di certificazione anagrafica e di pubblicità notizia. È
iscritta anche in una sezione speciale dell’albo degli avvocati. L’invalidità della suddetta società
è regolata: le cause sono le stesse di quelle dei contratti, per gli effetti c’è una disciplina
speciale. La società per avvocati non è soggetta a fallimento. La disciplina è volta a conciliare
l’esercizio in forma societaria della professione forense con il rispetto del principio della
personalità della prestazione e di quello della diretta responsabilità del professionista nei
confronti del cliente. Il cliente può scegliere il proprio difensore. L’incarico professionale può
essere svolto solo dai soci in possesso degli specifici requisiti prescritti per l’esercizio
dell’attività richiesta. Solo gli incaricati sono personalmente ed illimitatamente responsabili per
l’attività svolta in esecuzione dell’incaricato. Con essi risponde la società con il proprio
patrimonio.

2 Lo scopo di divisione degli utili (scopo-fine):


Sotto il profilo dello scopo perseguibile le società possono essere distinte in 3 grandi categorie:
a Società lucrative (art. 2247 c.c.) con lo scopo di conseguire utili destinati ad essere
divisi tra i soci;
b Società mutualistiche (art 2511 c.c.) con lo scopo di procurare ai soci un vantaggio
patrimoniale diretto fornendo servizi o occasioni di lavoro a condizioni più vantaggiose;
c Società consortili (art. 2615-ter c.c.) con lo scopo di far usufruire i soci dei beni e
servizi prodotti e messi a loro disposizione in modo da conseguire un vantaggio
patrimoniale diretto nelle rispettive economie sotto forma di minori costi sopportati o di
maggiori ricavi conseguiti.

Gli elementi di distinzione tra le società e le associazioni risiedono nella natura dell’attività e
nello scopo-fine perseguibile:
● l’attività delle società dev’essere produttiva e condotta con metodo lucrativo o quanto
meno economico;
● lo scopo-fine delle società è uno scopo economico mentre quello delle associazioni è la
devoluzione a terzi degli eventuali risultati positivi dell’attività comune.
Quindi un’associazione per essere definita tale o non usa il metodo economico, o lo usa ma
devolve istituzionalmente gli utili conseguiti a scopi altruistici. Ma spesso gruppi associativi con
scopi ideali si servono dello strumento delle s.p.a. dichiarando nell’atto costitutivo un’attività
economica ed uno scopo lucrativo poi non perseguiti. Queste forme non sono legittime. Non
poche sono le società di diritto speciale senza scopo di lucro.

La differenza tra società e comunione è che la prima è un contratto che ha per oggetto
l’esercizio in comune di un’attività economica, la seconda è una situazione giuridica che sorge
quando la proprietà o altro diritto reale spetta in comune a più persone o un contratto che ha per
oggetto il semplice godimento della cosa comune. Anche nella comunione è previsto lo
svolgimento di attività a contenuto patrimoniale nell’interesse comune attraverso
l’organizzazione di un gruppo ma il rapporto beni-attività ed i poteri di cui l’organizzazione è
investita sono diversi nei 2 istituti: nella società i beni comuni hanno funzione servente, nella
comunione è l’attività che svolge funzione servente rispetto ai beni. Nella società i beni che
fanno parte del patrimonio sociale hanno un vincolo di stabile destinazione allo svolgimento
dell’attività d’impresa, ma ciò non è presente nella comunione. Nella società e nella comunione
operano i seguenti differenti principi cardine:
Società Comunione
Il socio non può servirsi, senza il consenso Ciascun partecipante può servirsi della cosa
degli altri soci, delle cose appartenenti al comune, purché non ne alteri la destinazione e
patrimonio sociale per fini estranei a quelli non impedisca agli altri partecipanti di farne
della società. parimenti uso secondo il loro diritto.
Il singolo socio non può provocare a sua
discrezione lo scioglimento anticipato della Ciascuno dei partecipanti può sempre
società e la conseguente divisione del domandare lo scioglimento della comunione.
patrimonio sociale.
Il creditore particolare del socio non può Il creditore particolare dei singoli
soddisfarsi direttamente sul patrimonio della comproprietari può liberamente aggredire
società. anche la cosa comune per soddisfarsi.
La comunione non gode di autonomia patrimoniale. Il regime patrimoniale delle società è
applicabile solo quando i beni sono destinati allo svolgimento di un’attività d’impresa. Sono
vietate le società di mero godimento.

Il discriminante tra comunione e società è la presenza o meno di un’attività comune d’impresa.


È possibile che dalla comunione si passi alla società e ciò avviene quando i comproprietari si
servono dei beni relativi per l’esercizio di una comune attività d’impresa. Non è possibile
l’esercizio di un’impresa collettiva priva di autonomia patrimoniale, definibile come comunione
d’impresa. Ciò accade quando un’azienda in comunione viene utilizzata dai comproprietari per
l’esercizio in comune di attività d’impresa, senza precisi accordi in merito al conferimento in
società dei relativi beni. Un contratto di società può essere concluso anche per fatti concludenti
e per questi può avvenire anche il conferimento. L’effettivo esercizio di un’attività d’impresa è
oggettivamente apprezzabile come non equivoco atto di destinazione societaria dei relativi beni.

Con l’impresa familiare si è in presenza di un’impresa collettiva il cui esercizio non dà vita alla
formazione di un patrimonio autonomo ed il cui regime non è accostabile né a quello
dell’ordinaria comunione né a quello della società di fatto. I creditori d’impresa potranno
soddisfarsi su tutti i beni della comunione alla pari con gli altri creditori della comunione senza
diritto di preferenza e possono aggredire anche il patrimonio personale dei coniugi ma solo per
la metà del credito e solo se i beni comuni non soddisfano i debiti. I creditori particolari possono
soddisfarsi direttamente anche sui beni della comunione legale.

I TIPI DI SOCIETÁ
Le società si distinguono in base a vari criteri:
1 lo scopo istituzionale perseguibile: società lucrative e società mutualistiche;
2 la natura dell’attività esercitabile: la società semplice è utilizzabile solo per attività non
commerciali mentre tutte le altre società sono utilizzabili per attività commerciali e non;
3 la personalità giuridica: le società di capitali e le cooperative ce l’hanno, le società di
persone no, quindi:
Società di capitali Società di persone
Organizzazione di tipo corporativo
Non è prevista l’organizzazione di tipo
basata sulla presenza di una pluralità
corporativo.
di organi.
Modello organizzativo che riconosce ad ogni
socio a responsabilità illimitata il potere di
Principio maggioritario domina il
amministrare la società ma richiede il
funzionamento degli organi sociali.
consenso di tutti i soci per le modifiche
dell’atto costitutivo.
Singolo socio senza potere diretto di
amministrazione e di controllo, solo Singolo socio a responsabilità illimitata con
con diritto di concorrere alla potere di amministrazione e di rappresentanza
designazione dei membri dell’organo della società.
di amministrazione e di controllo.
4 il regime di responsabilità per le obbligazioni sociali: nelle s.n.c. e nella società
semplice rispondono sia il patrimonio sociale sia i singoli soci personalmente ed
illimitatamente; nelle s.a.s. e s.a.p.a. ci sono soci a responsabilità limitata e soci a
responsabilità illimitata; nelle s.p.a. e s.r.l. risponde solo il patrimonio sociale.

Personalità giuridica ed autonomia patrimoniale costituiscono 2 diverse tecniche legislative per


creare le condizioni di diritto privato più propizie per la diffusione e lo sviluppo delle imprese
societarie. Il legislatore concede ai creditori sociali un trattamento preferenziale rispetto ai
creditori personali dei soci e consente a chi costituisce una società di creare un diaframma fra il
proprio patrimonio e le obbligazioni contratte collettivamente nell’esercizio in comune
dell’attività d’impresa.
● Nelle società di capitali e nelle cooperative ciò è conseguito in modo diretto e lineare
con il riconoscimento della personalità giuridica. Le società sono trattate come soggetti
di diritto formalmente distinti dalle persone dei soci. Quindi queste godono di una
perfetta autonomia patrimoniale. I beni conferiti diventano formalmente beni di
proprietà della società. Comunque questa alterità società-soci è formale e sussiste nei
limiti in cui essa è riconosciuta dall’ordinamento. In alcuni casi, in questi tipi di società,
ci sono anche soggetti responsabili personalmente.
● Nelle società di persone, che non hanno personalità giuridica, i creditori personali dei
soci non possono aggredire il patrimonio della società per soddisfarsi (solo gli utili
spettanti al proprio debitore) mentre i creditori della società non possono aggredire il
patrimonio personale dei soci illimitatamente responsabili (possono farlo solo dopo aver
tentato con esito negativo di soddisfarsi sul patrimonio della società). I beni sociali sono
considerati beni in comproprietà, le obbligazioni sociali sono qualificate come
obbligazioni proprie dei soci e la responsabilità come responsabilità per debito proprio.
La società acquista diritti e assume obbligazioni per mezzo dei soci che ne hanno la
rappresentanza e sta in giudizio nella persona dei medesimi. Le società di persone sono
trattate come autonomi centri d’imputazione, come soggetti di diritto distinti dalle
persone dei soci.

Quanti costituiscono una società possono liberamente scegliere fra tutti i tipi di società previsti
se l’attività non è commerciale, fra tutti i tipi tranne la società semplice se l’attività è
commerciale. Se l’attività non è commerciale, si applica la disciplina della società semplice a
meno che i soci abbiano voluto costituire le società secondo uno degli altri tipi. Se l’attività è
commerciale, si applica la disciplina della s.n.c.. Scelto un determinato tipo, le parti possono
disegnare con clausole contrattuali un assetto organizzativo della loro società parzialmente
diverso da quello risultante dalla disciplina legale del tipo prescelto. Se le clausole sono
incompatibili con il tipo di società scelto, queste verranno annullate con l’applicazione
automatica della corrispondente disciplina legale. Non può essere costituita una società
stravagante che non risponde per nome e per criteri organizzativi ai tipi stabiliti dalla legge. In
questo caso la sanzione è la nullità della società atipica. I patti parasociali sono quegli accordi
che vengono stipulati dai soci al di fuori dell’atto costitutivo, al momento della costituzione
della società, per regolare il loro comportamento nella società o verso la società. Questi
vincolano solo gli attuali soci e la loro invalidità non incide sulla validità della società e degli
atti sociali.

Con la stipula del contratto le parti contraenti divengono membri della struttura organizzativa
creata, acquistano la qualità di soci e diventano titolari di una serie articolata di situazioni
soggettive di natura amministrativa e di natura patrimoniale. Queste situazioni sono destinate ad
esplicarsi all’interno e nei confronti di un gruppo organizzato per la realizzazione di uno scopo
comune.
Capitolo II: La società semplice. La società in nome collettivo

La società semplice (art. 2251-2290 c.c.) è un tipo di società che può esercitare solo attività non
commerciale ed è il regime residuale dell’attività societaria non commerciale. È il prototipo
normativo delle società di persone in quanto la sua disciplina è in linea di principio applicabile
anche alla s.n.c. e alla s.a.s. per i rinvii operati dal legislatore.
La s.n.c. (art. 2291-2312 c.c.) è un tipo di società che può essere utilizzato sia per l’esercizio di
attività commerciale, sia per l’esercizio di attività non commerciale ed è il regime residuale
dell’attività societaria commerciale. Tutti i soci rispondono solidalmente ed illimitatamente per
le obbligazioni sociali e il patto contrario non ha effetto nei confronti dei terzi (art. 2291 c.c.).

LA COSTITUZIONE DELLA SOCIETÁ


Nella società semplice il contratto non è soggetto a forme speciali, salve quelle richieste dalla
natura dei beni conferiti (art. 2251 c.c.). Non sono dettate disposizioni specifiche per quanto
riguarda il contenuto dell’atto costitutivo. Fino al 1993 questo tipo di società non era
assoggettata all’iscrizione nel registro delle imprese. Fino al 2001 l’iscrizione, che avviene nella
sezione speciale del registro, ha avuto funzione di certificazione anagrafica e di pubblicità
notizia. Ora ha funzione di pubblicità legale. La registrazione, però, non incide né sull’esistenza
né sulla disciplina.
Per la s.n.c. sono dettate regole di forma e di contenuto per l’atto costitutivo. L’iscrizione nel
registro delle imprese è condizione di regolarità della società ma non è condizione di esistenza
della stessa. L’omessa registrazione incide solo sulla disciplina della s.n.c.: i rapporti tra società
e terzi vengono regolati sotto alcuni aspetti dalla disciplina della società semplice e la società si
dice irregolare. Di contro una s.n.c. è regolare quando è iscritta nel registro delle imprese e
quindi è disciplinata integralmente dalle norme della s.n.c. L’atto costitutivo della società
dev’essere redatto per atto pubblico o per scrittura privata autenticata e deve contenere, per
l’art. 2295 c.c.:
1) il cognome e il nome, il luogo e la data di nascita, il domicilio, la cittadinanza dei soci;
2) la ragione sociale, ―costituita dal nome di uno o più soci con l'indicazione del rapporto
sociale‖ (art. 2292 c.c.);
3) i soci che hanno l'amministrazione e la rappresentanza della società;
4) la sede della società e le eventuali sedi secondarie;
5) l'oggetto sociale;
6) i conferimenti di ciascun socio, il valore ad essi attribuito e il modo di valutazione;
7) le prestazioni a cui sono obbligati i soci di opera;
8) le norme secondo le quali gli utili devono essere ripartiti e la quota di ciascun socio
negli utili e nelle perdite;
9) la durata della società.
La forma scritta, a pena di nullità, è richiesta quando il conferimento ha per oggetto immobili o
diritti reali immobiliari ma ciò è richiesto solo per la validità del conferimento immobiliare e se
manca sarà nullo solo il vincolo col conferente. Se il conferimento non è indispensabile per lo
svolgimento dell’attività sociale ciò s’interpreta dicendo che l’immobile è stato conferito a titolo
di godimento infranovennale.

Si parla di società di fatto quando il contratto di società si perfeziona per fatti concludenti. Essa
è regolata dalla disciplina della società semplice, se l’attività non è commerciale, o da quella
della s.n.c. irregolare, se l’attività è commerciale. Nel secondo caso è anche esposta al
fallimento che determina automaticamente il fallimento di tutti i soci, anche di quelli occulti.
La società occulta è la società costituita con l’espressa e concorde volontà dei soci di non
rivelarne l’esistenza all’esterno. Può essere una società di fatto o può risultare da atto scritto
tenuto segreto dai soci. Per comune accordo l’attività d’impresa dev’essere svolta per conto
della società ma senza spenderne il nome. Non vi è l’esteriorizzazione della società. Nei
rapporti esterni l’impresa si presenta come impresa individuale di uno dei soci o anche di un
terzo. Lo scopo è quello di limitare la responsabilità nei confronti dei terzi al patrimonio del
solo gestore. Ma, se si acquisisce la prova dell’esistenza tramite alcuni indici probatori, la
società occulta può anche fallire e si applica il 2° comma dell’art. 147 l.f..
Una società, ancorché non esistente nei rapporti tra i presunti soci, deve considerarsi esistente
all’esterno quando 2 o più persone operano in modo da ingenerare nei terzi l’opinione che essi
agiscono come soci e da determinare in essi l’incolpevole affidamento circa l’esistenza effettiva
della società. Questa è la società apparente. Ciò non permette ai soci appartenenti di eccepire
l’inesistenza della società e la società apparente è assoggettata al fallimento.

La partecipazione ad una società di persone richiede la capacità di agire. Per quanto riguarda la
partecipazione degli incapaci:
● il minore, l’interdetto e l’inabilitato possono solo conservare la partecipazione
proveniente per donazione o per successione mentre gli interdetti e gli inabili possono
continuare la partecipazione con autorizzazione del tribunale;
● il minore emancipato può partecipare alla costituzione o aderirvi successivamente, con
autorizzazione del tribunale.

Non esiste alcuna norma che vieta la partecipazione delle società di capitali in società di
persone. Ma la partecipazione di queste deve ritenersi inammissibile e nulla quando essa
partecipa ad una s.n.c. o come accomandatario di una s.a.s..

Il contratto di costituzione di una società di persone è invalido per le stesse cause previste dalla
disciplina generale dei contratti:
● nullità (quando il contratto è contrario a norme imperative, quando l’oggetto è
impossibile o illecito, quando il motivo comune determinante è illecito);
● annullabilità (in caso d’incapacità delle parti o di consenso viziato per errore, violenza
o dolo).
L’invalidità della singola partecipazione determinerà invalidità dell’intero contratto solo quando
la partecipazione viziata è essenziale per il conseguimento dell’oggetto sociale.
La dichiarazione di nullità o l’annullamento dell’intero contratto se l’attività non è ancora
iniziata produrrà l’effetto ex nunc di liberare le parti dall’obbligo di eseguire i conferimenti
promessi ed il diritto di restituzione di quelli eseguiti.
La sentenza di nullità intervenuta dopo l’inizio dell’attività opererà come semplice causa di
scioglimento della società. L’art. 2332 c.c. è applicabile anche alle società di persone:
―Avvenuta l'iscrizione nel registro delle imprese, la nullità della società può essere pronunciata
soltanto nei seguenti casi:
1) mancanza dell'atto costitutivo;
2) mancata stipulazione dell'atto costitutivo nella forma di atto pubblico;
3) (Numero soppresso dall'art. 32, comma 3, della L. 24.11.2000, n. 340, in G.U.
275/2000).
4) illiceità o contrarietà all'ordine pubblico dell'oggetto sociale;
5) mancanza nell'atto costitutivo o nello statuto di ogni indicazione riguardante la
denominazione della società, o i conferimenti, o l'ammontare del capitale sottoscritto o
l'oggetto sociale;
6) inosservanza della disposizione di cui all'art. 2329, n. 2;
7) incapacità di tutti i soci fondatori;
8) mancanza della pluralità dei fondatori.
La dichiarazione di nullità non pregiudica l'efficacia degli atti compiuti in nome della società
dopo l'iscrizione nel registro delle imprese.
I soci non sono liberati dall'obbligo dei conferimenti fino a quando non sono soddisfatti i
creditori sociali.
La sentenza che dichiara la nullità nomina i liquidatori.
La nullità non può essere dichiarata quando la causa di essa è stata eliminata per effetto di una
modificazione dell'atto costitutivo iscritta nel registro delle imprese.‖

L’ORDINAMENTO PATRIMONIALE
Il socio è obbligato a eseguire i conferimenti determinati nel contratto sociale (art. 2253 c.c.). La
determinazione convenzionale del conferimento non è condizione essenziale per la valida
costituzione delle società di persona. Nel silenzio del contratto si presume che tutti i
conferimenti debbano essere eseguiti in denaro e se i conferimenti non sono determinati, si
presume che i soci siano obbligati a conferire, in parti eguali tra loro, quanto è necessario per il
conseguimento dell'oggetto sociale (art. 2253 c.c.).
Può essere conferita ogni entità (bene o servizio) suscettibile di valutazione economica ed utile
per il conseguimento dell’oggetto sociale. Il conferimento può essere costituito anche dal
trasferimento in proprietà o in godimento di un’azienda pur se gravata da debiti, dalla
prestazione di garanzie, dall’inserimento del nome del socio nella ragione sociale ma non dalla
semplice responsabilità personale ed illimitata per le obbligazioni sociali.

Per le cose conferite in proprietà la garanzia dovuta dal socio e il passaggio dei rischi sono
regolati dalle norme sulla vendita (art. 2254 c.c.). Quindi il socio è tenuto alla garanzia per
evizione e per vizi e su di lui grava il rischio del perimento per caso fortuito della cosa conferita
finché la proprietà non sia passata alla società. Il perimento della cosa, prima che la proprietà sia
passata alla società, comporta che il socio può essere escluso dalla società ma finché ciò non è
stato deliberato, il socio partecipa ai risultati attivi e passivi dell’attività.
Il rischio delle cose conferite in godimento resta a carico del socio che le ha conferite come la
loro proprietà. La garanzia per il godimento è regolata dalle norme sulla locazione (art. 2254
c.c.). Il socio potrà essere escluso dalla società qualora la cosa perisca o il godimento diventi
impossibile per causa non imputabile agli amministratori. Il socio ha diritto alla restituzione del
bene al termine della società nello stato in cui si trova o al risarcimento danni a carico del
patrimonio sociale in caso contrario.
Il socio che ha conferito un credito risponde dell'insolvenza del debitore, nei limiti indicati
dall'art. 1267 per il caso di assunzione convenzionale della garanzia (art. 2255 c.c.).

Il socio d’opera è quel socio il cui conferimento è l’obbligo di prestare la propria attività
lavorativa a favore della società. Egli non è un lavoratore subordinato e non ha diritto al
trattamento salariale e previdenziale: il suo compenso è la partecipazione ai guadagni della
società. Su di lui grava il rischio dell’impossibilità di svolgimento della prestazione. In sede di
liquidazione egli parteciperà solo alla ripartizione dell’eventuale attivo che residua dopo il
rimborso del valore nominale del conferimento ai soci che hanno apportato capitali, mentre non
ha diritto al rimborso del valore del suo apporto, ciò compete solo a chi conferisce denaro o beni
in proprietà. In mancanza di pattuizioni la parte del socio d’opera è determinata dal giudice
secondo equità.

Il socio non può servirsi, senza il consenso degli altri soci, delle cose appartenenti al patrimonio
sociale per fini estranei a quelli della società (art. 2256 c.c.). In caso contrario egli è tenuto al
risarcimento dei danni e ad essere escluso dalla società. Ciò è derogabile solo col consenso di
tutti gli altri soci.
Nella disciplina della società semplice è assente la nozione di capitale sociale. Non c’è nessuna
norma che garantisce che il patrimonio netto presenta un’eccedenza pari almeno alla cifra del
capitale sociale. Non è richiesta la valutazione iniziale dei conferimenti.
Nella disciplina della s.n.c. è prescritto che l’atto costitutivo della società deve indicare i
conferimenti di ciascun socio, il valore ad essi attribuito e il modo di valutazione (art. 2295 c.c.)
ma non c’è nulla sulla valutazione dei conferimenti diversi dal denaro. Non può farsi luogo a
ripartizione di somme tra soci se non per utili realmente conseguiti. Se si verifica una perdita del
capitale sociale, non può farsi luogo a ripartizione di utili fino a che il capitale non sia
reintegrato o ridotto in misura corrispondente (art. 2303 c.c.). La riduzione del capitale sociale è
sempre facoltativa. La deliberazione di riduzione di capitale, mediante rimborso ai soci delle
quote pagate o mediante liberazione di essi dall'obbligo di ulteriori versamenti, può essere
eseguita soltanto dopo 3 mesi dal giorno dell'iscrizione nel registro delle imprese, purché entro
questo termine nessun creditore sociale anteriore all'iscrizione abbia fatto opposizione. Il
tribunale, nonostante l’opposizione, può disporre che l'esecuzione abbia luogo, previa
prestazione da parte della società di un’idonea garanzia (art. 2306 c.c.).

Tutti i soci hanno diritto di partecipare agli utili e partecipano alle perdite della gestione sociale.
Godono della massima libertà nella determinazione della parte a ciascuno spettante e non è
necessario che la ripartizione sia proporzionale ai conferimenti. C’è solo un limite: è nullo il
patto (patto leonino) con il quale uno o più soci sono esclusi da ogni partecipazione agli utili o
alle perdite (art. 2265 c.c.) e nulli sono anche i criteri di ripartizione congegnati per escluderlo/i,
le convenzioni fra soci non risultanti dall’atto costitutivo che violano il precedente art.. Ma i
patti sono nulli se sono privi di una propria giustificazione causale fra le parti stipulanti e
configurano un negozio in frode alla legge. Se il contratto nulla dispone, le parti spettanti ai soci
nei guadagni e nelle perdite si presumono proporzionali ai conferimenti. La parte spettante al
socio che ha conferito la propria opera, se non è determinata dal contratto, è fissata dal giudice
secondo equità (art. 2263 c.c.). La determinazione della parte di ciascun socio nei guadagni e
nelle perdite può essere rimessa ad un terzo (art. 2264 c.c.). Nella società semplice, salvo patto
contrario, ciascun socio ha diritto di percepire la sua parte di utili dopo l'approvazione del
rendiconto (art. 2262 c.c.), predisposto dagli amministratori al termine di ogni anno, salvo
quanto stabilito. Nella s.n.c. ciò va coordinato con l’obbligo della tenuta delle scritture contabili
ed il bilancio dev’essere approvato da tutti i soci. L’approvazione del rendiconto o del bilancio è
condizione sufficiente perché ciascun socio possa pretendere l’assegnazione della sua parte di
utili. Nelle società di persone la maggioranza dei soci non può legittimamente deliberare la non
distribuzione degli utili accertati ed il loro reinvestimento nella società, sarà necessario il
consenso di tutti i soci.
Le perdite incidono direttamente sul valore della singola partecipazione sociale riducendolo
proporzionalmente. In sede di liquidazione il socio si vedrà rimborsare una somma inferiore al
valore originario del capitale conferito e solo all’atto di scioglimento della società i liquidatori
possono richiedere ai soci illimitatamente responsabili le somme necessarie per il pagamento dei
debiti sociali in proporzione alla parte di ciascuno nelle perdite.

Nella società semplice e nella s.n.c. delle obbligazioni sociali risponde innanzitutto la società
col proprio patrimonio: i creditori della società possono far valere i loro diritti sul patrimonio
sociale. Nella società semplice per le obbligazioni sociali rispondono inoltre personalmente e
solidalmente i soci che hanno agito in nome e per conto della società e, salvo patto contrario, gli
altri soci. Il patto deve essere portato a conoscenza dei terzi con mezzi idonei; in mancanza, la
limitazione della responsabilità o l'esclusione della solidarietà non è opponibile a coloro che non
ne hanno avuto conoscenza (art. 2267 c.c.). Nella s.n.c. tutti i soci rispondono solidalmente e
illimitatamente per le obbligazioni sociali e il patto contrario non ha effetto nei confronti dei
terzi. In entrambe le società la responsabilità per le obbligazioni sociali precedentemente
contratte è estesa anche ai nuovi soci. Lo scioglimento parziale del rapporto sociale non fa venir
meno la responsabilità personale del socio per le obbligazioni anteriori al verificarsi di tali
eventi. Ma lo scioglimento deve essere portato a conoscenza dei terzi con mezzi idonei; in
mancanza non è opponibile ai terzi che lo hanno senza colpa ignorato. Nella collettiva regolare e
nella società semplice l’opponibilità ai terzi delle cause di scioglimento resta soggetta al regime
di pubblicità legale delle modificazioni dell’atto costitutivo, quindi, avvenuta l’iscrizione nel
registro delle imprese, la cessazione della responsabilità personale per le obbligazioni
successive sarà opponibile anche ai terzi che l’abbiano ignorato.

I creditori sociali sono tenuti a tentare di soddisfarsi sul patrimonio della società prima di poter
aggredire il patrimonio personale dei soci. Nella società semplice il creditore sociale può
rivolgersi direttamente al singolo socio illimitatamente responsabile e sarà questi a dover
invocare la preventiva escussione del patrimonio sociale indicando i beni sui quali il creditore
possa agevolmente soddisfarsi. Nella s.n.c. regolare il beneficio di escussione opera
automaticamente: i creditori sociali, anche se la società è in liquidazione, non possono
pretendere il pagamento dai singoli soci, se non dopo l'escussione del patrimonio sociale (art.
2304 c.c.). Se ci sono le condizioni per poter agire contro i soci, il creditore sociale potrà
chiedere a ciascuno di essi il pagamento integrale del proprio credito. Il socio che ha pagato
potrà esercitare azione di regresso verso gli altri soci secondo la partecipazione di ciascuno nelle
perdite ma prima dovrà agire in regresso verso la società per l’intero debito. Spesso i creditori
più forti si fanno rilasciare dai soci specifiche garanzie personali per sottrarsi alle lungaggini
della preventiva escussione del patrimonio sociale in caso d’inadempimento.

Il patrimonio della società è insensibile alle obbligazioni personali dei soci ed intangibile da
parte dei loro creditori. Il creditore personale del socio non può aggredire direttamente il
patrimonio della società e se è anche debitore della società non può compensare il suo debito
con il credito che ha verso il socio. Egli però può far valere i suoi diritti sugli utili spettanti al
socio suo debitore e compiere atti conservativi sulla quota allo stesso spettante nella
liquidazione della società. Nella società semplice e nella s.n.c. irregolare il creditore particolare
del socio può chiedere anche la liquidazione della quota del suo debitore provato che gli altri
beni del debitore sono insufficienti a soddisfare i suoi crediti. La richiesta opera come causa di
esclusione di diritto del socio. La società sarà tenuta a versare una somma di denaro
corrispondente al valore della quota al momento della domanda. Per la s.n.c. regolare il
creditore particolare del socio, finché dura la società, non può chiedere la liquidazione della
quota del socio debitore. Ma i soci possono prorogare la durata della società: se la proroga è
espressa ed iscritta nel registro delle imprese, il creditore particolare del socio può fare
opposizione alla proroga della società, entro 3 mesi dalla iscrizione della deliberazione. Se
l'opposizione è accolta, la società deve, entro 3 mesi dalla notificazione della sentenza, liquidare
la quota del socio debitore dell'opponente; se la proroga è tacita ciascun socio può sempre
recedere dalla società, dando preavviso, e il creditore particolare del socio può chiedere la
liquidazione della quota del suo debitore a norma dell'art. 2270 (se gli altri beni del debitore
sono insufficienti a soddisfare i suoi crediti, il creditore particolare del socio può inoltre
chiedere in ogni tempo la liquidazione della quota del suo debitore).

L’ATTIVITÁ SOCIALE
È previsto un modello di organizzazione fondato sulla distinzione amministrazione-
modificazioni dell’atto costitutivo e basato sui seguenti principi:
a Ogni socio illimitatamente responsabile è investito del potere di amministrazione e di
rappresentanza della società;
b È necessario il consenso di tutti i soci per le modificazioni del contratto sociale.

L’amministrazione della società è l’attività di gestione dell’impresa sociale. Il potere di


amministrare è il potere di compiere tutti gli atti che rientrano nell’oggetto sociale. Ogni socio
illimitatamente responsabile è amministratore ma l’atto costitutivo può limitare l’esercizio
dell’attività amministrativa ad alcuni soci. Ci sono 2 tipi di amministrazione:
1 Amministrazione disgiuntiva (art. 2257 c.c.): ―Salvo diversa pattuizione (nell’atto
costitutivo), l'amministrazione della società spetta a ciascuno dei soci disgiuntamente
dagli altri (ciascun socio può intraprendere da solo e senza il consenso o il parere degli
altri amministratori tutte le operazioni che rientrano nell’oggetto sociale). Se
l'amministrazione spetta disgiuntamente a più soci, ciascun socio amministratore ha
diritto di opporsi all'operazione che un altro voglia compiere, prima che sia compiuta.
La maggioranza dei soci, determinata secondo la parte attribuita a ciascun socio negli
utili, decide sull'opposizione‖.
2 Amministrazione congiuntiva (art. 2258 c.c.): ―Se l'amministrazione spetta
congiuntamente a più soci (stabilito ciò nell’atto costitutivo), è necessario il consenso di
tutti i soci amministratori per il compimento delle operazioni sociali. Se è convenuto
che per l'amministrazione o per determinati atti sia necessario il consenso della
maggioranza, questa si determina a norma dell'ultimo comma dell'articolo precedente.
Nei casi preveduti da questo articolo, i singoli amministratori non possono compiere da
soli alcun atto, salvo che vi sia urgenza di evitare un danno alla società‖.

Il potere di rappresentanza è il potere di agire nei confronti dei terzi in nome della società,
dando luogo all’acquisto di diritti e all’assunzione di obbligazioni da parte della stessa. Esso
coincide puntualmente col potere gestorio. In mancanza di diversa disposizione dell’atto
costitutivo esso spetta a ciascun socio amministratore. Nell’amministrazione disgiuntiva ogni
socio può decidere da solo e stipulare atti in nome della società. Nell’amministrazione
congiuntiva tutti gli amministratori devono partecipare alla stipulazione dell’atto. Il potere
gestorio e quello di rappresentanza si estendono a tutti gli atti che rientrano nell’oggetto sociale
e la rappresentanza è anche processuale. L’atto costitutivo può prevedere una diversa
regolazione del potere gestorio e di rappresentanza. Ci possono essere anche delle limitazioni
all’estensione del potere di rappresentanza del singolo amministratore. Nella s.n.c. regolare
essere non sono opponibili ai terzi se non iscritte nel registro delle imprese o se non si provi che
i terzi ne hanno avuto effettiva conoscenza. Nella s.n.c. irregolare l’omessa registrazione si
ritorce contro i soci. Nella società semplice si applica la disciplina della s.n.c. regolare mentre
prima si distingueva tra limitazioni originarie, sempre opponibili a terzi, e successive, portate a
conoscenza dei terzi con mezzi idonei.

I soci amministratori possono essere nominati direttamente nell’atto costitutivo o ivi può essere
stabilito che saranno nominato con atto separato. È rilevante ai fini della revoca la distinzione
fra amministratori nominati nell’atto costitutivo e amministratori nominati con atto separato: la
revoca del primo porta una modifica dell’atto costitutivo, dev’essere decisa all’unanimità e non
ha effetto se non ricorre una giusta causa, la revoca del secondo è fatta secondo le norme del
mandato anche se non ricorre una giusta causa. La revoca per giusta causa può in ogni caso
essere chiesta giudizialmente da ciascun socio.
Il rapporto di amministrazione costituisce rapporto autonomo e distinto dal rapporto sociale.
Esso è un rapporto sui generis non risolubile in quello del mandato. L’amministratore è investito
per legge del potere di compiere tutti gli atti che rientrano nell’oggetto sociale. Restano esclusi
solo gli atti che modificano l’atto costitutivo. Nella s.n.c. gli amministratori devono tenere le
scritture contabili e redigere il bilancio d’esercizio e devono provvedere agli adempimenti
pubblicitari connessi all’iscrizione nel registro delle imprese. Sono solidamente responsabili
verso la società degli obblighi imposti. Hanno diritto ad un compenso per il loro ufficio.

I soci non amministratori hanno:


● il diritto di avere notizie dello svolgimento degli affari sociali;
● il diritto di consultare i documenti relativi all’amministrazione;
● il diritto di ottenere il rendiconto degli affari sociali.
La s.n.c. ammette la figura dell’amministratore estraneo. Egli gestisce l’impresa nell’interesse
esclusivo dei soci ma è revocabile ad nutum ed è tenuto a rispettare le direttive provenienti dai
soci.

Per l’art. 2301 c.c., nella s.n.c., ―il socio non può, senza il consenso degli altri soci, esercitare
per conto proprio o altrui un’attività concorrente con quella della società, né partecipare come
socio illimitatamente responsabile ad altra società concorrente. Il consenso si presume, se
l'esercizio dell'attività o la partecipazione ad altra società preesisteva al contratto sociale, e gli
altri soci ne erano a conoscenza. In caso d'inosservanza delle disposizioni del primo comma la
società ha diritto al risarcimento del danno, salva l'applicazione dell'art. 2286.‖ Il divieto non
impedisce di partecipare come socio limitatamente responsabile in un’altra società concorrente
né lo svolgimento di altra attività della società quando si esclude un rapporto concorrenziale e
può essere rimosso dagli altri soci.

Il contratto sociale può essere modificato soltanto con il consenso di tutti i soci, se non é
convenuto diversamente. Nella s.n.c., ed ora anche nella società semplice, le modificazioni
dell’atto costitutivo sono soggette a pubblicità legale e finché non sono state iscritte nel registro
delle imprese non sono opponibili a terzi, a meno che si provi che questi ne erano a conoscenza.
Nella s.n.c. irregolare le modificazioni devono essere portate a conoscenza dei terzi con mezzi
idonei e non sono opponibili a coloro che le hanno ignorate. Può essere prevista nell’atto
costitutivo una clausola che delibera la modificabilità a maggioranza dell’atto costitutivo.

Il consenso di tutti i soci è necessario quando la decisione tocca le basi organizzative della
società (revoca dell’amministratore nominato nell’atto costitutivo, trasformazione della società,
cambiamento del metodo di amministrazione, V art. 2256 e 2301 c.c.)mentre la regola della
maggioranza e della maggioranza calcolata per quote d’interesse trova applicazione quando si
tratta di decisioni che attengono alla gestione dell’impresa comune (nomina e revoca degli
amministratori per atto separato, approvazione del bilancio…).

SCIOGLIMENTO DEL SINGOLO RAPPORTO SOCIALE


Il singolo socio può cessare di far parte della società per:
● Morte: produce come effetto ex-lege lo scioglimento del rapporto con la società con il
conseguente obbligo per i soci superstiti di liquidare la quota del socio defunto ai suoi
eredi entro 6 mesi a meno che preferiscano decidere entro 6 mesi tra sciogliere la
società (così gli eredi non hanno più diritto alla liquidazione della quota nel termine dei
6 mesi ma devono attendere la conclusione delle operazioni di liquidazione della società
per partecipare alla divisione dell’attivo residuo) ovvero continuarla con gli eredi stessi
e questi vi acconsentano (diventano soci per atto tra i vivi ma anche tutti i soci superstiti
devono acconsentire), salvo contraria disposizione del contratto sociale. I soci possono
stabilire diversamente con alcune clausole:
● la clausola di consolidazione (agli eredi verrà liquidato il valore della quota del
defunto che resterà nella società);
● la clausola di continuazione con gli eredi (consenso al trasferimento della quota
mortis causa precludendosi le altre alternative) può essere:
● vincolante solo per i superstiti;
● vincolante gli eredi all’entrata in società;
● deliberante l’automatico subingresso degli eredi in società.
● Recesso: è lo scioglimento del rapporto sociale per volontà del socio. Ogni socio può
recedere liberamente dalla società quando questa è contratta a tempo indeterminato o
per tutta la vita di uno dei soci. Può inoltre recedere nei casi previsti nel contratto
sociale ovvero quando sussiste una giusta causa nel caso di contratto a tempo
determinato (in tal caso il recesso ha effetto immediato. Nei casi previsti nel primo
comma il recesso deve essere comunicato agli altri soci con un preavviso di almeno 3
mesi (art. 2285 c.c.).
● Esclusione: è escluso di diritto il socio che sia dichiarato fallito dal giorno stesso della
dichiarazione di fallimento. Parimenti è escluso di diritto il socio nei cui confronti un
suo creditore particolare abbia ottenuto la liquidazione della quota a norma dell'art.
2270 e solo quando la liquidazione è effettivamente avvenuta (art. 2288 c.c.).
L'esclusione di un socio può avere luogo per gravi inadempienze delle obbligazioni che
derivano dalla legge o dal contratto sociale, nonché per l'interdizione, l'inabilitazione
del socio o per la sua condanna ad una pena che importa l'interdizione, anche
temporanea, dai pubblici uffici. Il socio che ha conferito nella società la propria opera o
il godimento di una cosa può altresì essere escluso per la sopravvenuta inidoneità a
svolgere l'opera conferita o per il perimento della cosa dovuto a causa non imputabile
agli amministratori. Parimenti può essere escluso il socio che si è obbligato con il
conferimento a trasferire la proprietà di una cosa, se questa è perita prima che la
proprietà sia acquistata alla società (art. 2286 c.c.). L’esclusione è deliberata dalla
maggioranza dei soci calcolata per teste col rispetto del metodo assembleare. La
deliberazione dev’essere comunicata all’escluso e ha effetto 30 giorni dopo la data di
comunicazione. Entro tale termine il socio può fare opposizione davanti al tribunale che
può sospendere l’esecuzione della delibera. Se non ottiene la sospensiva il socio cessa
di far parte della società ma in caso di accoglimento dell’opposizione è reintegrato nella
società con effetto retroattivo. Se la società si compone di due soci, l'esclusione di uno
di essi è pronunciata dal tribunale, su domanda dell'altro.

Nei casi in cui il rapporto sociale si scioglie limitatamente a un socio, questi o i suoi eredi hanno
diritto soltanto ad una somma di danaro che rappresenti il valore della quota. La liquidazione
della quota è fatta in base alla situazione patrimoniale della società nel giorno in cui si verifica
lo scioglimento ed il suo valore è determinato attribuendo ai beni il loro valore effettivo nonché
tenendo conto del valore dell’avviamento dell’azienda e degli utili e delle perdite sulle
operazioni in corso. Salvo quanto è disposto nell'art. 2270, il pagamento della quota spettante al
socio deve essere fatto entro 6 mesi dal giorno in cui si verifica lo scioglimento del rapporto.

SCIOGLIMENTO DELLA SOCIETÁ


L’art. 2272 c.c. dice che la società semplice e la s.n.c. si sciolgono:
1 per il decorso del termine fissato nell’atto costitutivo (ma è possibile prorogare questo
termine sia espressamente sia tacitamente quando, decorso il tempo per cui fu contratta,
i soci continuano a compiere le operazioni sociali);
2 per il conseguimento dell'oggetto sociale o per la sopravvenuta impossibilità di
conseguirlo (ostacoli al funzionamento della società determinati dall’insanabile
discordia tra soci);
3 per la volontà di tutti i soci (salvo che l’atto costitutivo non preveda la deliberazione a
maggioranza);
4 quando viene a mancare la pluralità dei soci, se nel termine di sei mesi questa non è
ricostituita;
5 per le altre cause previste dal contratto sociale;
6 per fallimento e per provvedimento dell’autorità governativa con cui dispone la
liquidazione coatta amministrativa della società (solo per la s.n.c.).

Le cause di scioglimento operano automaticamente, la società entra automaticamente in stato di


liquidazione e la s.n.c. deve espressamente indicarlo negli atti e nella corrispondenza. Prima
dell’estinzione si deve provvedere al soddisfacimento dei creditori sociali e alla distribuzione
del residuo attivo ai soci. I poteri degli amministratori sono limitati al compimento degli affari
urgenti poiché la loro attività è esercitata dai liquidatori, nominati con il consenso di tutti i soci
o, in caso di disaccordo, dal presidente del tribunale, che però non possono intraprendere nuove
operazioni e rispondono solidalmente e personalmente per gli affari sociali intrapresi noncuranti
del divieto. Se i fondi disponibili risultano insufficienti per il pagamento dei debiti sociali, i
liquidatori possono chiedere ai soci i versamenti ancora dovuti sulle rispettive quote e, se
occorre, le somme necessarie, nei limiti della rispettiva responsabilità e in proporzione della
parte di ciascuno nelle perdite. I creditori personali dei soci dovranno attendere l’espletamento
della liquidazione per potersi rivalere sulla quota di liquidazione. Non muta la posizione dei
creditori della società. Lo stato di liquidazione può essere revocato dall’unanimità dei soci con il
ritorno alla normale attività di gestione e con la continuazione della stessa società.

Il procedimento di liquidazione è regolato dagli art. 2275-2283 c.c. e dagli art. 2309-2312 per la
s.n.c. ma può essere anche determinato dai soci nel contratto sociale o al momento dello
scioglimento. Ha inizio con la nomina di 1 o più liquidatori con il consenso di tutti i soci o, in
caso di disaccordo, con l’intervento del presidente del tribunale. I liquidatori possono essere
revocati per volontà di tutti i soci e in ogni caso dal tribunale per giusta causa su domanda di
uno o più soci. Nella s.n.c. la deliberazione dei soci o la sentenza che nomina i liquidatori e ogni
atto successivo che importa cambiamento nelle persone dei liquidatori devono essere, entro 30
giorni dalla notizia della nomina, depositati in copia autentica a cura dei liquidatori medesimi
per l'iscrizione presso l'ufficio del registro delle imprese. Nella s.n.c. irregolare dev’essere
portata a conoscenza dei terzi con mezzi idonei.
Con l’accettazione della nomina i liquidatori prendono il posto degli amministratori che devono
consegnare ai liquidatori i beni e i documenti sociali e presentare ad essi il conto della gestione
relativo al periodo successivo all'ultimo rendiconto. I liquidatori devono prendere in consegna i
beni e i documenti sociali, e redigere, insieme con gli amministratori, l'inventario dal quale
risulti lo stato attivo e passivo del patrimonio sociale. L'inventario deve essere sottoscritto dagli
amministratori e dai liquidatori.. I liquidatori devono definire i rapporti che si ricollegano
all’attività sociale: convertire in denaro i beni, pagare i creditori, ripartire il residuo attivo tra i
soci. I liquidatori possono compiere gli atti necessari per la liquidazione e, se i soci non hanno
disposto diversamente, possono vendere anche in blocco i beni sociali e fare transazioni e
compromessi. Essi rappresentano la società anche in giudizio. Se i fondi disponibili risultano
insufficienti per il pagamento dei debiti sociali, i liquidatori possono chiedere ai soci i
versamenti ancora dovuti sulle rispettive quote e, se occorre, le somme necessarie, nei limiti
della rispettiva responsabilità e in proporzione della parte di ciascuno nelle perdite. Nella stessa
proporzione si ripartisce tra i soci il debito del socio insolvente. Ma i liquidatori non possono
intraprendere nuove operazioni. Contravvenendo a tale divieto, essi rispondono personalmente e
solidalmente per gli affari intrapresi. Inoltre non possono ripartire tra i soci, neppure
parzialmente, i beni sociali, finché non siano pagati i creditori della società o non siano
accantonate le somme necessarie per pagarli. Gli obblighi e la responsabilità dei liquidatori sono
regolati dalle disposizioni stabilite per gli amministratori, in quanto non sia diversamente
disposto dalle norme seguenti o dal contratto sociale.
Estinti tutti i debiti i liquidatori devono restituire ai soci i beni conferiti in godimento nello stato
in cui si trovano. Se i beni sono periti o deteriorati per causa imputabile agli amministratori, i
soci hanno diritto al risarcimento del danno a carico del patrimonio sociale, salva l'azione contro
gli amministratori. Se è convenuto che la ripartizione dei beni sia fatta in natura, si applicano le
disposizioni sulla divisione delle cose comuni. Estinti i debiti sociali, l'attivo residuo é destinato
al rimborso del valore nominale dei conferimenti. L'eventuale eccedenza é ripartita tra i soci in
proporzione della parte di ciascuno nei guadagni. L'ammontare dei conferimenti non aventi per
oggetto somme di danaro è determinato secondo la valutazione che ne è stata fatta nel contratto
o, in mancanza, secondo il valore che essi avevano nel momento in cui furono eseguiti.
Nella società semplice non vi è nessuna regola procedimentale per la chiusura del procedimento
di liquidazione.
Nella s.n.c. compiuta la liquidazione, i liquidatori devono redigere il bilancio finale e proporre
ai soci il piano di riparto (proposta di divisione dell’attivo residuo fra i soci). Il bilancio,
sottoscritto dai liquidatori, e il piano di riparto devono essere comunicati mediante
raccomandata ai soci, e s'intendono approvati se non sono stati impugnati nel termine di 2 mesi
dalla comunicazione. In caso d'impugnazione del bilancio e del piano di riparto, il liquidatore
può chiedere che le questioni relative alla liquidazione siano esaminate separatamente da quelle
relative alla divisione, alle quali il liquidatore può restare estraneo. Con l'approvazione del
bilancio i liquidatori sono liberati di fronte ai soci.

Nella s.n.c. irregolare la chiusura del procedimento di liquidazione determina l’estinzione della
società sempreché la disciplina sia stata interamente rispettata e siano stati soddisfatti tutti i
creditori sociali.
Nella s.n.c. regolare, approvato il bilancio finale di liquidazione, i liquidatori devono chiedere la
cancellazione della società dal registro delle imprese. Dalla cancellazione della società i
creditori sociali che non sono stati soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei
soci e, se il mancato pagamento è dipeso da colpa dei liquidatori, anche nei confronti di questi.
Le scritture contabili e i documenti che non spettano ai singoli soci sono depositati presso la
persona designata dalla maggioranza. Le scritture contabili e i documenti devono essere
conservati per dieci anni a decorrere dalla cancellazione della società dal registro delle imprese
(art. 2312 c.c.). I creditori della s.n.c. possono chiedere il fallimento dei soci entra 1 anno dalla
cancellazione della società dal registro delle imprese.
Capitolo III: La società in accomandita semplice

La s.a.s. risponde alla funzione economica di consentire l’aggregazione di soggetti che


intendono gestire personalmente gli affari sociali assumendo la responsabilità illimitata e di
soggetti che intendono finanziare l’attività dei primi con rischio e poteri limitati ma assumendo
la veste di soci.
Infatti la s.a.s. è una società di persone che si differenzia dalla s.n.c. per la presenza di 2
categorie di soci:
1 Soci Accomandatari: rispondono solidalmente ed illimitatamente per le obbligazioni
sociali e solo a loro compete l’amministrazione della società;
2 Soci Accomandanti: rispondono limitatamente alla quota conferita per le obbligazioni
sociali.
Questa struttura consente l’esercizio di un’impresa commerciale con limitazioni del rischio e
non esposizione a fallimento personale per alcuni soci.

Alla s.a.s. si applicano le disposizioni relative alla s.n.c. (art. 2315 c.c.). L'atto costitutivo deve
indicare i soci accomandatari e i soci accomandanti (art. 2316 c.c.) e la sua omessa registrazione
nel registro delle imprese comporta solo l’irregolarità della società.
La s.a.s. agisce sotto una ragione sociale costituita dal nome di almeno 1 dei soci
accomandatari, con l'indicazione di ―s.a.s.‖. L'accomandante, il quale consente che il suo nome
sia compreso nella ragione sociale, risponde di fronte ai terzi illimitatamente e solidalmente con
i soci accomandatari per le obbligazioni sociali (art. 2314 c.c.).
La partecipazione di un incapace alla s.a.s. è subordinata in ogni caso all'osservanza delle
disposizioni degli articoli 320, 371, 397, 424 e 425. Ma si ritiene che questo regime non sia
applicabile quando l’incapace è accomandante.

I soci accomandatari hanno i diritti e gli obblighi dei soci della s.n.c.. L'amministrazione della
società può essere conferita soltanto a loro (art. 2318 c.c.).
I soci accomandanti hanno il diritto di concorrere con gli accomandatari alla nomina e alla
revoca degli amministratori quando l’atto costitutivo prevede la designazione degli stessi con
atto separato (per l’art. 2319 c.c. ―se l'atto costitutivo non dispone diversamente, per la nomina
degli amministratori e per la loro revoca nel caso indicato nel secondo comma dell'art. 2259
sono necessari il consenso dei soci accomandatari e l'approvazione di tanti soci accomandanti
che rappresentino la maggioranza del capitale da essi sottoscritto.‖)e il diritto a chiedere la
revoca per giusta causa degli amministratori.
I soci accomandanti non possono compiere atti di amministrazione, né trattare o concludere
affari in nome della società, se non in forza di procura speciale per singoli affari. Il socio
accomandante che contravviene a tale divieto assume responsabilità illimitata e solidale verso i
terzi per tutte le obbligazioni sociali e può essere escluso a norma dell'art. 2286. I soci
accomandanti possono tuttavia prestare la loro opera sotto la direzione degli amministratori e, se
l'atto costitutivo lo consente, dare autorizzazioni e pareri per determinate operazioni e compiere
atti di ispezione e di sorveglianza. In ogni caso essi hanno diritto di avere comunicazione
annuale del bilancio e del conto dei profitti e delle perdite, e di controllarne l'esattezza,
consultando i libri e gli altri documenti della società (art. 2320 c.c.). I soci accomandanti non
sono tenuti alla restituzione degli utili riscossi in buona fede secondo il bilancio regolarmente
approvato (art. 2321 c.c.).

Per quanto riguarda il trasferimento della partecipazione sociale per i soci accomandatari
valgono le regole dei soci della s.n.c., per gli accomandanti l’art. 2322 c.c. dice che ―La quota di
partecipazione del socio accomandante è trasmissibile per causa di morte. Salvo diversa
disposizione dell'atto costitutivo, la quota può essere ceduta, con effetto verso la società, con il
consenso dei soci che rappresentano la maggioranza del capitale.‖

La s.a.s. si scioglie, oltre che per le cause previste nell'art. 2308, quando rimangono soltanto
soci accomandanti o soci accomandatari, sempreché nel termine di 6 mesi non sia stato
sostituito il socio che è venuto meno. Se vengono a mancare tutti gli accomandatari, per il
periodo indicato dal comma precedente gli accomandanti nominano un amministratore
provvisorio per il compimento degli atti di ordinaria amministrazione. L'amministratore
provvisorio non assume la qualità di socio accomandatario. Scaduti i 6 mesi senza che venga
ricostituita la categoria mancante, la s.a.s. si trasforma tacitamente in una s.n.c. irregolare. I
procedimenti di liquidazione e di estinzione sono uguali a quelli della s.n.c.. Salvo il diritto
previsto dal secondo comma dell'art. 2312 nei confronti degli accomandatari e dei liquidatori, i
creditori sociali che non sono stati soddisfatti nella liquidazione della società possono far valere
i loro crediti anche nei confronti degli accomandanti, limitatamente alla quota di liquidazione.

È irregolare la s.a.s. il cui atto costitutivo non sia stato iscritto nel registro delle imprese. In
questo tipo di società il divieto d’immistione degli accomandanti ha carattere assoluto. La
disciplina da seguire è quella della s.n.c. irregolare.
Parte 2 – Diritto delle società.
Capitolo I: La società per azioni

La s.p.a. forma con la s.r.l. e la s.a.p.a. la categoria delle società di capitali ed è una società nella
quale:
1 per le obbligazioni sociali risponde soltanto la società col suo patrimonio, a differenza
della s.a.p.a.;
2 la partecipazione sociale è rappresentata da azioni, a differenza della s.r.l..
La s.p.a. è il prototipo normativo delle società di capitali in quanto la sua disciplina è in gran
parte applicabile anche alla s.r.l. e alla s.a.p.a.. È il tipo di società più importante nella realtà
economica a causa della sua ampia diffusione e perché è la forma elettiva delle imprese di
media e grande dimensione.
Le caratteristiche della s.p.a. sono:
a Personalità giuridica: la s.p.a. è un soggetto di diritto formalmente distinto dalle
persone dei soci e gode di una perfetta autonomia patrimoniale;
b Responsabilità limitata dei soci: tutti i soci non assumono alcuna responsabilità
personale per le obbligazioni sociali, sono obbligati solo ad eseguire i conferimenti,
perciò i creditori della società possono far affidamento solo sul patrimonio per
soddisfarsi;
c Organizzazione corporativa: è basata sulla presenza dell’assemblea, degli
amministratori e del collegio sindacale. Il singolo socio ha solo il diritto di concorrere
col suo voto alla designazione dei membri dell’organo amministrativo e di controllo.
Solo questi ultimi rispondono personalmente dei danni arrecati alla società.
L’assemblea è regolata dal regime maggioritario e il peso di ogni socio è proporzionato
alla quota di capitale sottoscritto e al numero di azioni possedute. C’è un adeguato
equilibrio fra ponderazione nelle decisioni ed efficienza e rapidità nella condotta degli
affari sociali;
d Quote di partecipazione rappresentate da azioni: sono partecipazioni-tipo omogenee e
standardizzate con uguale valore e conferenti uguali diritti. La divisione del capitale
sociale è fatta con un criterio astratto-matematico, dividendolo con il valore nominale
delle azioni e ciò rende le azioni liberamente trasferibili e consentono la loro
circolazione attraverso idonei documenti.

La grande impresa sceglie la tipologia della s.p.a. per la limitazione del rischio individuale dei
soci e la possibilità di pronta mobilitazione dell’investimento che favoriscono la raccolta
d’ingenti capitali. Si rende possibile la compartecipazioni di azionisti imprenditori, di numero
più ristretto ed animati da spirito imprenditoriale, e azionisti risparmiatori, animati solo
dall’intento d’investire fruttuosamente il proprio risparmio e rassicurati dalla possibilità di
pronto disinvestimento. Ma la s.p.a. viene utilizzata anche per società a ristretta base azionaria.

La disciplina della s.p.a. ha subito numerosi interventi legislativi che hanno dato risposta ai
problemi irrisolti dal legislatore del 1942 e che hanno dato attuazione alle direttive emanate
dall’UE. Le tendenze sono queste:
1 È stato frenato il proliferare di mini s.p.a. con capitale del tutto irrisorio innalzando il
capitale minimo richiesto da £ 1.000.000 del 1942 a £ 200.000.000 del 1977 e a €
120.000 del 2004;
2 Si è dettata una specifica disciplina per le s.p.a. quotate in mercati regolamentati:
● L. 216/1974: introduzione delle azioni di risparmio, maggior trasparenza degli
assetti proprietari, certificazione del bilancio, istituzione della CONSOB, organo
pubblico di controllo;
● Riforma del mercato mobiliare del 1983: introduzione di nuove figure
d’intermediari, di organismi d’investimento collettivo e di specifiche regole di
comportamento per l’offerta al pubblico di valori mobiliari;
● TUF (1998): revisione di tutti gli istituti delle società quotate precedentemente
introdotti, potenziamento dell’informazione societaria, rafforzamento degli
strumenti di tutela delle minoranze ed introduzione di altri, disciplina dei sindacati
di voto, ridefinizione del ruolo del collegio sindacale.
1 Si è riformata la disciplina delle società non quotate. L’obiettivo della riforma è quello
di semplificare la disciplina delle società di capitali e di ampliare lo spazio riconosciuto
all’autonomia statutaria per favorire la nascita, la crescita e la competitività delle
imprese italiane. Le caratteristiche della riforma sono:
● Introduzione delle s.p.a. unipersonale r.l.;
● Disciplina più flessibile dei conferimenti con possibilità di costituire patrimoni
autonomi destinati ad un singolo affare;
● Previsione di nuove categorie di azioni;
● Semplificazione della disciplina delle assemblee e introduzione di una disciplina dei
patti parasociali anche per le società non quotate;
● Previsione di nuovi modelli di amministrazione e di controllo della società.
2 Si va delineando una disciplina specifica per i gruppi di società.

La s.p.a. è disciplinata dagli art. 2325-2451 c.c..

LA COSTITUZIONE
La costituzione della s.p.a. si articola in 2 fasi essenziali:
1 la stipulazione dell’atto costitutivo per atto pubblico
Può avvenire secondo 2 procedimenti:
a stipulazione simultanea: l’atto costitutivo è stipulato immediatamente da coloro che
assumono l’iniziativa per la costituzione della società e questi provvedono
contestualmente all’integrale sottoscrizione del capitale iniziale;
b stipulazione per pubblica sottoscrizione: l’atto costitutivo è stipulato al termine di un
procedimento che consente la raccolta fra il pubblico del capitale iniziale ed è
congegnato in modo da subordinare la stipulazione dell’atto costitutivo alla preventiva
sottoscrizione del capitale sociale. Il procedimento si articola in 4 fasi:
I I promotori predispongono un programma che ne indichi l'oggetto e il capitale, le
principali disposizioni dell'atto costitutivo e dello statuto, l'eventuale
partecipazione che i promotori si riservano agli utili e il termine entro il quale
deve essere stipulato l'atto costitutivo. Il programma con le firme autenticate dei
promotori, prima di essere reso pubblico, deve essere depositato presso un notaio
(art. 2333).
II Raccolte le sottoscrizioni, i promotori, con raccomandata o nella forma prevista
nel programma, devono assegnare ai sottoscrittori un termine non superiore a 30
giorni per fare il versamento. Decorso inutilmente questo termine, è in facoltà dei
promotori di agire contro i sottoscrittori morosi o di scioglierli dall'obbligazione
assunta. Qualora i promotori si avvalgano di quest’ultima facoltà, non può
procedersi alla costituzione della società prima che siano collocate le azioni che
quelli avevano sottoscritte (art. 2334).
III Salvo che il programma stabilisca un termine diverso, i promotori, nei 20 giorni
successivi al termine fissato per il versamento, devono convocare l'assemblea dei
sottoscrittori mediante raccomandata, da inviarsi a ciascuno di essi almeno 10
giorni prima di quello fissato per l'assemblea, con l'indicazione delle materie da
trattare. L'assemblea dei sottoscrittori:
- accerta l'esistenza delle condizioni richieste per la costituzione della società;
- delibera sul contenuto dell'atto costitutivo e dello statuto;
- delibera sulla riserva di partecipazione agli utili fatta a proprio favore dai
promotori;
- nomina gli amministratori, i membri del collegio sindacale e, quando previsto, il
soggetto cui è demandato il controllo contabile.
IV L'assemblea è validamente costituita con la presenza della metà dei
sottoscrittori. Ciascun sottoscrittore ha diritto a un voto, qualunque sia il numero
delle azioni sottoscritte, e per la validità delle deliberazioni si richiede il voto
favorevole della maggioranza dei presenti. Tuttavia per modificare le condizioni
stabilite nel programma è necessario il consenso di tutti i sottoscrittori (art. 2335).
Gli intervenuti all'assemblea, in rappresentanza anche dei sottoscrittori assenti,
stipulano l'atto costitutivo (art. 2336).
I promotori sono solidalmente responsabili verso i terzi per le obbligazioni assunte per
costituire la società. La società è tenuta a rilevare i promotori dalle obbligazioni assunte
e a rimborsare loro le spese sostenute, sempre che siano state necessarie per la
costituzione della società o siano state approvate dall'assemblea. Se per qualsiasi
ragione la società non si costituisce, i promotori non possono rivalersi verso i
sottoscrittori delle azioni (art. 2338). Essi sono solidalmente responsabili verso la
società e verso i terzi:
1) per l'integrale sottoscrizione del capitale sociale e per i versamenti richiesti per la
costituzione della società;
2) per l'esistenza dei conferimenti in natura in conformità della relazione giurata
indicata nell'art. 2343;
3) per la veridicità delle comunicazioni da essi fatte al pubblico per la costituzione della
società.
Sono del pari solidalmente responsabili verso la società e verso i terzi coloro per conto
dei quali i promotori hanno agito (art 2339).
I promotori possono riservarsi nell'atto costitutivo, indipendentemente dalla loro qualità
di soci, una partecipazione non superiore complessivamente a un decimo degli utili netti
risultanti dal bilancio e per un periodo massimo di cinque anni. Essi non possono
stipulare a proprio vantaggio altro beneficio (art. 2340). Ciò si applica anche ai soci che
nella costituzione simultanea o in quella per pubblica sottoscrizione stipulano l'atto
costitutivo (art. 2341).

La s.p.a. può essere costituita per contratto o per atto unilaterale. L'atto costitutivo deve essere
redatto per atto pubblico e deve indicare:
1 il cognome e il nome o la denominazione, la data e il luogo di nascita o di costituzione,
il domicilio o la sede, la cittadinanza dei soci e degli eventuali promotori, nonché il
numero delle azioni assegnate a ciascuno di essi;
2 la denominazione (deve contenere ―s.p.a.‖) e il comune ove sono poste la sede della
società e le eventuali sedi secondarie;
3 l'attività che costituisce l'oggetto sociale (è pratica diffusa indicare una pluralità di
attività);
4 l'ammontare del capitale sottoscritto e di quello versato;
5 il numero e l'eventuale valore nominale delle azioni, le loro caratteristiche e le modalità
di emissione e circolazione;
6 il valore attribuito ai crediti e beni conferiti in natura;
7 le norme secondo le quali gli utili devono essere ripartiti (solo se si vuole modificare la
disciplina legale);
8 i benefici eventualmente accordati ai promotori o ai soci fondatori;
9 il sistema di amministrazione adottato, il numero degli amministratori e i loro poteri,
indicando quali tra essi hanno la rappresentanza della società;
10 il numero dei componenti il collegio sindacale;
11 la nomina dei primi amministratori e sindaci e, quando previsto, del soggetto al quale è
demandato il controllo contabile;
12 l'importo globale, almeno approssimativo, delle spese per la costituzione poste a carico
della società;
13 la durata della società ovvero, se la società è costituita a tempo indeterminato, il periodo
di tempo, comunque non superiore ad un anno, decorso il quale il socio potrà recedere.
L’omissione di uno o più punti legittima il rifiuto del notaio di stipulare l’atto. Lo statuto
contenente le norme relative al funzionamento della società, anche se forma oggetto di atto
separato, costituisce parte integrante dell'atto costitutivo e in caso di mancanza della forma di
atto pubblico è nullo. In caso di contrasto tra le clausole dell'atto costitutivo e quelle dello
statuto prevalgono le seconde (art. 2328).

La s.p.a. deve costituirsi con un capitale non inferiore a € 120.000 (art. 2327), salvo i casi in cui
leggi speciali impongono un capitale minimo più elevato. Per procedere alla costituzione della
società è necessario:
1 che sia sottoscritto per intero il capitale sociale;
2 che siano rispettate le disposizioni relative ai conferimenti in sede di costituzione;
3 che sussistano le autorizzazioni e le altre condizioni richieste dalle leggi speciali per la
costituzione della società, in relazione al suo particolare oggetto.

La stipulazione dell’atto costitutivo produce una serie di effetti immediati e preliminari. I


contraenti restano vincolati dalla dichiarazione di costituire la società e non possono ritirare il
loro consenso finché non risulti che alla costituzione della società non si può giungere per fatti
estranei alla loro volontà: le somme depositate a titolo di conferimento restano vincolate fino al
completamento del procedimento di costituzione e possono essere consegnate solo agli
amministratori che provano l’avvenuta iscrizione nel registro delle imprese, solo se entro 90
giorni dalla stipulazione dell'atto costitutivo o dal rilascio delle autorizzazioni previste dall’art.
2329 l'iscrizione non ha avuto luogo, esse sono restituite ai sottoscrittori e l’atto costitutivo
perde efficacia (art. 2331).
Il notaio che ha ricevuto l'atto costitutivo deve depositarlo entro 20 giorni presso l'ufficio del
registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sede sociale, allegando i documenti
comprovanti l’osservanza delle condizioni richieste per la costituzione. Se il notaio o gli
amministratori non provvedono al deposito nel termine indicato nel comma precedente, ciascun
socio può provvedervi a spese della società (art. 2330).

Fino al 2000 con il deposito dell’atto costitutivo si apriva la fase del giudizio di omologazione
da parte del tribunale che doveva verificare l’adempimento delle condizioni stabilite dalla legge
per costituire la s.p.a.. Ora il controllo della legalità dell’atto è affidato solo al notaio che lo
redige. Ma questo è un controllo non solo formale ma anche sostanziale dell’atto costitutivo. Il
notaio, infatti, potrà e dovrà rifiutare di chiedere l’iscrizione nel registro delle imprese se l’atto e
lo statuto contengono clausole contrastanti con l’ordine pubblico o col buon costume nonché
con norme imperative della disciplina della s.p.a..

Fra la stipulazione dell’atto costitutivo e l’iscrizione nel registro delle imprese possono essere
compiute operazioni in nome della costituenda società. Per le operazioni compiute in nome della
società prima dell'iscrizione sono illimitatamente e solidalmente responsabili verso i terzi coloro
che hanno agito. Sono altresì solidalmente e illimitatamente responsabili il socio unico
fondatore e quelli tra i soci che nell'atto costitutivo o con atto separato hanno deciso, autorizzato
o consentito il compimento dell'operazione.
Prima dell'iscrizione nel registro è vietata l'emissione delle azioni ed esse, salvo l'offerta
pubblica di sottoscrizione, non possono costituire oggetto di una sollecitazione all'investimento.
La società è tenuta a rilevare i promotori dalle obbligazioni assunte e a rimborsare loro le spese
sostenute, sempre che siano state necessarie per la costituzione della società o siano state
approvate dall'assemblea. Ma è libera di accollarsi o meno le obbligazioni derivanti da
operazioni non necessarie per la costituzione.
Se il procedimento di costituzione non giunge a compimento perché l’iscrizione è rifiutata, la
società è tenuta a rilevare i promotori dalle obbligazioni assunte e a rimborsare loro le spese
sostenute, sempre che siano state necessarie per la costituzione della società o siano state
approvate dall'assemblea.
Nei confronti di terzi che entrano in contatto con la costituenda società sono responsabili non
solo coloro che hanno agito ma anche i soci fondatori che hanno autorizzato o consentito il
compimento dell’operazione.
Qualora successivamente all'iscrizione la società abbia approvato un'operazione, è responsabile
anche la società ed essa è tenuta a rilevare coloro che hanno agito.

Il procedimento di costituzione e l’atto costitutivo possono essere affetti da vizi ed anomalie.


Prima della registrazione vi è solo un contratto di società che può essere dichiarato nullo o
annullato nei casi e con gli effetti previsti dalla disciplina generale dei contratti. Con la
registrazione nel registro delle imprese la sanzione deve colpire la società-organizzazione e può
consistere solo nello scioglimento della società. Avvenuta l'iscrizione nel registro delle imprese,
la nullità della società può essere pronunciata soltanto nei seguenti casi:
1 mancata stipulazione dell'atto costitutivo nella forma dell'atto pubblico;
2 illiceità dell'oggetto sociale;
3 mancanza nell'atto costitutivo di ogni indicazione riguardante la denominazione della
società, o i conferimenti, o l'ammontare del capitale sociale o l'oggetto sociale.
La dichiarazione di nullità non pregiudica l'efficacia degli atti compiuti in nome della società
dopo l'iscrizione nel registro delle imprese. I soci non sono liberati dall'obbligo di conferimento
fino a quando non sono soddisfatti i creditori sociali. La sentenza che dichiara la nullità nomina
i liquidatori. La nullità non può essere dichiarata quando la causa di essa è stata eliminata e di
tale eliminazione è stata data pubblicità con iscrizione nel registro delle imprese (per impedire la
dichiarazione di nullità basterà che si provveda alla redazione per atto pubblico dell’atto
costitutivo e sarà sufficiente una modificazione dell’atto costitutivo deliberata a maggioranza
dall’assemblea straordinaria per sanare l’illiceità dell’oggetto sociale). Il dispositivo della
sentenza che dichiara la nullità deve essere iscritto, a cura degli amministratori o dei liquidatori,
nel registro delle imprese (art. 2332). L’invalidità della singola partecipazione non determina la
nullità della società, opera come causa di recesso ex lege del socio e la dichiarazione
d’invalidità non ha effetto retroattivo.

2 l’iscrizione dell’atto costitutivo nel registro delle imprese


L'ufficio del registro delle imprese, verificata la regolarità formale della documentazione,
iscrive la società nel registro. Con l'iscrizione nel registro la società acquista la personalità
giuridica e viene ad esistenza (art. 2331).

LA SOCIETÁ PER AZIONI UNIPERSONALE. PATRIMONI DESTINATI


La s.p.a. unipersonale è una forma di s.p.a. consentita dalla riforma del 2003. Infatti ora è
consentita la costituzione della s.p.a. con atto unilaterale di un unico socio fondatore. Nella
s.p.a. unipersonale per le obbligazioni sociali di regola risponde solo la società col proprio
patrimonio salvo alcuni casi eccezionali. L’unico socio fondatore risponde in solido con coloro
che hanno agito per le operazioni compiute in nome della società prima dell’iscrizione nel
registro dell’impresa mentre risponde limitatamente alla sua quota per le obbligazioni sorte
dopo l’acquisto della personalità giuridica da parte della società. Al momento della
sottoscrizione egli è tenuto a versare integralmente i conferimenti in denaro mentre se viene
meno la pluralità dei soci, i versamenti ancora dovuti devono essere effettuati entro 90 giorni.
Negli atti e nella corrispondenza dev’essere indicata l’unilateralità. Gli amministratori devono
depositare per l’iscrizione nel registro delle imprese una dichiarazione contenente i dati
dell’unico socio. Quando si costituisce o ricostituisce la pluralità dei soci, gli amministratori ne
devono depositare apposita dichiarazione per l'iscrizione nel registro delle imprese. L'unico
socio o colui che cessa di essere tale può provvedere alla pubblicità.
I contratti della società con l'unico socio o le operazioni a favore dell'unico socio sono
opponibili ai creditori della società solo se risultano dal libro delle adunanze e delle
deliberazioni del consiglio di amministrazione o da atto scritto avente data certa anteriore al
pignoramento.
L’unico socio risponde illimitatamente per le obbligazioni sociali solo quando non è stata
osservata la disciplina dell’integrale liberazione dei conferimenti e fino a quando non è stata
attuata la specifica pubblicità dell’art. 2362.

La tecnica dei patrimoni destinati ad uno specifico affare (art. 2247-bis-2447-decies)consente di


evitare la moltiplicazione formale delle società dei i relativi costi e permette di raggiungere
risultati sostanzialmente identici operando direttamente sul patrimonio dell’impresa societaria.
Ci sono 2 modelli di patrimoni destinati:
a la s.p.a. può costituire uno o più patrimoni ciascuno dei quali è destinato in via esclusiva
ad uno specifico affare, entro il 10% del proprio patrimonio netto e purché non si tratti di
affari attinenti ad attività riservate in base a leggi speciali. La costituzione avviene con
delibera a maggioranza assoluta del consiglio di amministrazione che deve contenere
alcuni dati identificativi dell’affare e dei beni e rapporti giuridici compresi nel patrimonio
destinato. Questa dev’essere verbalizzata da un notaio ed iscritta nel registro delle
imprese. Diventa produttiva di effetti della separazione patrimoniale solo 2 mesi dopo
l’iscrizione, entro i quali i creditori della società possono fare opposizione al tribunale.
Per le obbligazioni contratte in relazione allo specifico affare la società risponde nei limiti
del patrimonio ad esso destinato. Resta salva tuttavia la responsabilità illimitata della
società per le obbligazioni derivanti da fatto illecito. Gli atti compiuti in relazione allo
specifico affare debbono recare espressa menzione del vincolo di destinazione; in
mancanza ne risponde la società con il suo patrimonio residuo. Con riferimento allo
specifico affare cui un patrimonio è destinato, gli amministratori o il consiglio di gestione
tengono separatamente i libri e le scritture contabili prescritti dagli art. 2214 e seguenti.
Qualora siano emessi strumenti finanziari, la società deve altresì tenere un libro indicante
le loro caratteristiche, l'ammontare di quelli emessi e di quelli estinti, le generalità dei
titolari degli strumenti nominativi e i trasferimenti e i vincoli ad essi relativi. I beni e i
rapporti compresi nei patrimoni destinati sono distintamente indicati nello stato
patrimoniale della società. Quando si realizza ovvero è divenuto impossibile l'affare cui è
stato destinato un patrimonio, gli amministratori o il consiglio di gestione redigono un
rendiconto finale che, accompagnato da una relazione dei sindaci e del soggetto incaricato
della revisione contabile, deve essere depositato presso l'ufficio del registro delle imprese.
b la s.p.a. può stipulare un contratto di finanziamento di un affare pattuendo che al rimborso
siano destinati i proventi dell’affare stesso o parte di essi. Il contratto deve indicare gli
elementi essenziali dell’operazione. I proventi dell'operazione costituiscono patrimonio
separato da quello della società, e da quello relativo ad ogni altra operazione di
finanziamento effettuata ai sensi della presente disposizione, a condizione:
1) che copia del contratto sia depositata per l'iscrizione presso l'ufficio del registro delle
imprese;
2) che la società adotti sistemi di incasso e di contabilizzazione idonei ad individuare in
ogni momento i proventi dell'affare ed a tenerli separati dal restante patrimonio della
società.
Se il fallimento della società impedisce la realizzazione o la continuazione dell'operazione
cessano le limitazioni ed il finanziatore ha diritto di insinuazione al passivo per il suo
credito.

I CONFERIMENTI
I conferimenti costituiscono i contributi dei soci alla formazione del patrimonio iniziale della
società e hanno la funzione di dotare la società del capitale di rischio iniziale per lo svolgimento
dell’attività d’impresa.
Nella s.p.a., se nell'atto costitutivo non è stabilito diversamente, il conferimento deve farsi in
danaro. Alla sottoscrizione dell'atto costitutivo deve essere versato presso una banca almeno il
25% dei conferimenti in danaro o, nel caso di costituzione con atto unilaterale, il loro intero
ammontare (art. 2342). Costituita la società, gli amministratori possono chiedere in ogni
momento ai soci i versamenti ancora dovuti e non sono tenuti a rispettare eventuali termini
presenti nell’atto costitutivo. Dal titolo azionario devono risultare i versamenti ancora dovuti e
coloro che hanno trasferito azioni non liberate sono obbligati in solido con gli acquirenti per
l'ammontare dei versamenti ancora dovuti, per il periodo di 3 anni dall'annotazione del
trasferimento nel libro dei soci. Il pagamento non può essere ad essi domandato se non nel caso
in cui la richiesta al possessore dell'azione sia rimasta infruttuosa (art. 2356).
Se il socio non esegue i pagamenti dovuti, decorsi 15 giorni dalla pubblicazione di una diffida
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, gli amministratori, se non ritengono utile promuovere
azione per l'esecuzione del conferimento, offrono le azioni agli altri soci, in proporzione della
loro partecipazione, per un corrispettivo non inferiore ai conferimenti ancora dovuti. In
mancanza di offerte possono far vendere le azioni a rischio e per conto del socio, a mezzo di una
banca o di un intermediario autorizzato alla negoziazione nei mercati regolamentati. Qualora la
vendita non possa aver luogo per mancanza di compratori, gli amministratori possono dichiarare
escluso il socio, trattenendo le somme riscosse, salvo il risarcimento dei maggiori danni. Le
azioni non vendute, se non possono essere rimesse in circolazione entro l'esercizio in cui fu
pronunziata la decadenza del socio moroso, devono essere estinte con la corrispondente
riduzione del capitale. Il socio in mora nei versamenti non può esercitare il diritto di voto (art.
2344).

Non possono formare oggetto di conferimento le prestazioni di opera o di servizi. Ci sono


limitazioni per i conferimenti dei beni in natura e dei crediti. Le azioni corrispondenti a tali
conferimenti devono essere integralmente liberate al momento della sottoscrizione. Ci sono
limitazioni anche per l’apporto a titolo di conferimento di cose generiche, future o altrui nonché
di prestazioni periodiche di beni. È ammissibile il conferimento di diritti di godimento ed è
conferibile ogni prestazione di dare suscettibile di valutazione economica oggettiva e di
immediata messa a disposizione della società.
Chi conferisce beni in natura o crediti deve presentare la relazione giurata di stima di un esperto
designato dal tribunale nel cui circondario ha sede la società, contenente la descrizione dei beni
o dei crediti conferiti, l'attestazione che il loro valore è almeno pari a quello ad essi attribuito ai
fini della determinazione del capitale sociale e dell'eventuale soprapprezzo e i criteri di
valutazione seguiti. La relazione deve essere allegata all'atto costitutivo e deve restare depositata
nel registro delle imprese. L'esperto risponde dei danni causati alla società, ai soci e ai terzi. Gli
amministratori devono, nel termine di 6 mesi dall’iscrizione della società, controllare le
valutazioni contenute nella relazione e, se sussistano fondati motivi, devono procedere alla
revisione della stima. Fino a quando le valutazioni non sono state controllate, le azioni
corrispondenti ai conferimenti sono inalienabili e devono restare depositate presso la società. Se
risulta che il valore dei beni o dei crediti conferiti era inferiore di oltre un quinto a quello per cui
avvenne il conferimento, la società deve proporzionalmente ridurre il capitale sociale,
annullando le azioni che risultano scoperte. Tuttavia il socio conferente può versare la
differenza in danaro o recedere dalla società; il socio recedente ha diritto alla restituzione del
conferimento, qualora sia possibile in tutto o in parte in natura. L'atto costitutivo può prevedere
che per effetto dell'annullamento delle azioni si determini una loro diversa ripartizione tra i soci
(art. 2343).

L'acquisto da parte della società, per un corrispettivo pari o superiore al decimo del capitale
sociale, di beni o di crediti dei promotori, dei fondatori, dei soci o degli amministratori, nei 2
anni dall’iscrizione della società nel registro delle imprese, deve essere autorizzato
dall'assemblea ordinaria. L'alienante deve presentare la relazione giurata di un esperto designato
dal tribunale nel cui circondario ha sede la società contenente la descrizione dei beni o dei
crediti, il valore a ciascuno di essi attribuito, i criteri di valutazione seguiti, nonché l'attestazione
che tale valore non è inferiore al corrispettivo, che deve comunque essere indicato. La relazione
deve essere depositata nella sede della società durante i 15 giorni che precedono l'assemblea. I
soci possono prenderne visione. Entro 30 giorni dall'autorizzazione il verbale dell'assemblea,
corredato dalla relazione dell'esperto designato dal tribunale, deve essere depositato a cura degli
amministratori presso l'ufficio del registro delle imprese. Queste disposizioni non si applicano
agli acquisti che siano effettuati a condizioni normali nell'ambito delle operazioni correnti della
società né a quelli che avvengono nei mercati regolamentati o sotto il controllo dell'autorità
giudiziaria o amministrativa. In caso di violazione delle disposizioni gli amministratori e
l'alienante sono solidalmente responsabili per i danni causati alla società, ai soci ed ai terzi (art.
2343-bis).
Oltre l'obbligo dei conferimenti, l'atto costitutivo può stabilire l'obbligo dei soci di eseguire
prestazioni accessorie non consistenti in danaro, determinandone il contenuto, la durata, le
modalità e il compenso, e stabilendo particolari sanzioni per il caso di inadempimento. Le azioni
alle quali è connesso l'obbligo delle prestazioni anzidette devono essere nominative e non sono
trasferibili senza il consenso degli amministratori. Se non è diversamente disposto dall'atto
costitutivo, gli obblighi previsti non possono essere modificati senza il consenso di tutti i soci
(art. 2345).
Capitolo II: Le azioni

Le azioni sono le quote di partecipazione dei soci nella s.p.a. e sono omogenee, standardizzate,
liberamente trasmissibili e rappresentate da documenti che circolano secondo la disciplina dei
titoli di credito.

Le azioni devono essere tutte di uguale valore. Possono essere emesse, ma non
contemporaneamente:
● azioni senza indicazione del valore nominale: lo statuto deve indicare solo il capitale
sottoscritto ed il numero di azioni emesse. La partecipazione del singolo azionista sarà
espressa in una percentuale del numero complessivo delle azioni emesse;
● azioni con indicazione del valore nominale: lo statuto deve specificare il capitale
sottoscritto e il valore nominale di ciascuna azione (che potrà essere modificato solo
attraverso una modifica dell’atto costitutivo) nonché il loro numero complessivo.
In nessun caso il valore dei conferimenti può essere complessivamente inferiore all'ammontare
globale del capitale sociale. Le azioni non possono essere complessivamente emesse per somma
inferiore al loro valore nominale ma possono essere emesse per somma superiore e ciò è
obbligatorio quando è escluso o limitato il diritto di opzione degli azionisti sulle azioni di nuova
emissione ed il valore reale è superiore a quello nominale.
Il valore di bilancio delle azioni si ottiene dividendo il patrimonio netto per il numero delle
azioni. Il valore di mercato indica il prezzo di scambio delle azioni in un determinato giorno e
risulta giornalmente dai listini ufficiali quando si tratta di azioni quotate.

Le azioni conferiscono ai loro possessori uguali diritti. Questa uguaglianza è relativa poiché è
possibile creare categorie di azioni fornite di diritti diversi ed è oggettiva poiché sono uguali i
diritti che ogni azione attribuisce, non i diritti di cui ciascun azionista globalmente dispone.

Le categorie speciali di azioni sono fornite di diritti diversi da quelli tipici e possono essere
create con lo statuto o con successiva modificazione dello stesso. Tutte le s.p.a. possono
emetterle. Le assemblee speciali approvano le deliberazioni dell’assemblea ordinaria che
pregiudicano i diritti delle azioni speciali. La società, nei limiti imposti dalla legge (divieto di
emettere azioni a voto plurimo), può liberamente determinare il contenuto delle azioni delle
varie categorie. Possono essere create azioni con diritto di voto limitato a particolari argomenti e
azioni con diritto di voto subordinato al verificarsi di particolari condizioni non meramente
potestative. Ma le azioni senza voto non possono complessivamente superare la metà del
capitale sociale. Le società non quotate possono prevedere che il diritto di voto sia limitato ad
una misura massima e che sia introdotto il voto scalare. Inoltre per loro non vale più il principio
che il voto può essere escluso o limitato solo se le relative azioni sono assistite da privilegi
patrimoniali ma vale ancora il principio che possono essere emesse azioni privilegiate anche
senza limitazione dei diritti amministrativi.
Le azioni privilegiate attribuiscono un diritto di preferenza nella distribuzione degli utili e/o nel
rimborso del capitale al momento dello scioglimento della società. Le azioni correlate sono
fornite di diritti patrimoniali correlati ai risultati dell’attività sociale di un determinato settore.
Lo statuto stabilisce i criteri di individuazione dei costi e ricavi imputabili al settore, le modalità
di rendicontazione, i diritti attribuiti a tali azioni, nonché l'eventuali condizioni e modalità di
conversione in azioni di altra categoria. Non possono essere pagati dividendi ai possessori delle
azioni correlate se non nei limiti degli utili risultanti dal bilancio della società.

Le azioni di risparmio incentivano l’investimento in azioni offrendo ai risparmiatori titoli


meglio rispondenti ai loro specifici interessi. Possono essere emesse solo da società quotate in
mercati regolamentari dell’UE e non possono superare la metà del capitale sociale. Possono
essere emesse al portatore e sono prive del diritto di voto nelle assemblee ordinarie e
straordinarie. I possessori non possono intervenire in assemblea ed impugnare le delibere
assembleari invalide. Le azioni di risparmio sono dotate di particolari privilegi di natura
patrimoniale e l’atto costitutivo determina il contenuto del privilegio, le condizioni, i limiti, le
modalità e i termini per il suo esercizio. È prevista un’organizzazione di gruppo per la tutela
degli interessi comuni che si articola nell’assemblea speciale, che delibera in particolare
sull’approvazione delle delibere dell’assemblea della società che pregiudicano i diritti degli
azionisti di risparmio e sulla transizione delle controversie con la società, e nel rappresentante
comune, che provvede all’esecuzione delle delibere dell’assemblea e tutela gli interessi comuni
degli azionisti di risparmio nei confronti della società.
Se lo statuto lo prevede, l'assemblea straordinaria può deliberare l'assegnazione di utili ai
prestatori di lavoro dipendenti delle società o di società controllate mediante l'emissione, per un
ammontare corrispondente agli utili stessi, di speciali categorie di azioni da assegnare
individualmente ai prestatori di lavoro, con norme particolari riguardo alla forma, al modo di
trasferimento ed ai diritti spettanti agli azionisti. Il capitale sociale deve essere aumentato in
misura corrispondente. L'assemblea straordinaria può altresì deliberare l'assegnazione ai
dipendenti della società o di società controllate di strumenti finanziari, diversi dalle azioni,
forniti di diritti patrimoniali o diritti amministrativi, escluso il voto nell'assemblea generale degli
azionisti. In tal caso possono essere previste norme particolari riguardo alle condizioni di
esercizio dei diritti attribuiti, alla possibilità di trasferimento ed alle eventuali cause di
decadenza o riscatto.

Dal 2003 è prevista anche l’emissione di azioni e strumenti finanziari partecipativi che però non
sono parti del capitale sociale e non attribuiscono la qualità di azionista. Questi possono dotare
di diritto di voto su argomenti specificatamente indicati. Gli strumenti finanziari conferiscono
anche diritti amministrativi.

I titoli azionari sono i documenti che rappresentano le quote di partecipazione. La loro


emissione è normale ma non essenziale nelle s.p.a. non quotate. Nelle s.p.a. quotate e nelle
società con azioni ed obbligazioni diffuse in modo rilevante le azioni non possono più essere
rappresentate da titoli ma la loro circolazione è basata su semplici registrazioni contabili. Le
azioni rientrano nella categoria dei titoli di credito causali che possono essere emessi solo in
base ad un determinato rapporto causale e che si caratterizzano per la parziale sensibilità del
rapporto documentato dal titolo alle eccezioni della disciplina del rapporto societario. Le azioni
possono essere nominative o al portatore. Tutte le azioni devono essere nominative, salvo quelle
di risparmio e quelle emesse dalle Sicav. Le azioni al portatore si trasferiscono con la consegna
del titolo, per le azioni nominative c’è una specifica disciplina.

Le azioni possono essere costituite in usufrutto o in pegno e possono formare oggetto di misure
cautelari ed esecutive. In questo caso il diritto di voto spetta al creditore pignoratizio o
all’usufruttuario che però non devono ledere l’interesse del socio, gli altri diritti amministrativi
spettano anche al socio. Se le azioni attribuiscono un diritto di opzione, questo spetta al socio ed
al medesimo sono attribuite le azioni in base ad esso sottoscritte. Qualora il socio non provveda
almeno 3 giorni prima della scadenza al versamento delle somme necessarie per l'esercizio del
diritto di opzione e qualora gli altri soci non si offrano di acquistarlo, questo deve essere
alienato per suo conto a mezzo banca od intermediario autorizzato alla negoziazione nei mercati
regolamentati. Nel caso di aumento del capitale sociale, il pegno, l'usufrutto o il sequestro si
estendono alle azioni di nuova emissione. Se sono richiesti versamenti sulle azioni, nel caso di
pegno, il socio deve provvedere al versamento delle somme necessarie almeno 3 giorni prima
della scadenza; in mancanza il creditore pignoratizio può vendere le azioni. Nel caso di
usufrutto, l'usufruttuario deve provvedere al versamento, salvo il suo diritto alla restituzione al
termine dell'usufrutto.

Ci sono dei limiti alla circolazione delle azioni:


● Fino a quando le valutazioni non sono state controllate, le azioni corrispondenti ai
conferimenti sono inalienabili e devono restare depositate presso la società;
● Le azioni con prestazioni accessorie devono essere nominative e non sono trasferibili
senza il consenso degli amministratori;
● I soci possono determinare limiti convenzionali;
● Sindacati di blocco possono limitare la circolazione delle azioni ed evitare l’ingresso in
società di terzi non graditi e vincolano solo le parti contraenti;
● L’atto costitutivo può contenere limiti particolari. Nel caso di azioni nominative ed in
quello di mancata emissione dei titoli azionari, lo statuto può sottoporre a particolari
condizioni il loro trasferimento e può, per un periodo non superiore a 5 anni dalla
costituzione della società o dal momento in cui il divieto viene introdotto, vietarne il
trasferimento. Le clausole finalizzate a limitare la circolazione delle azioni sono:
○ Clausola di prelazione: impone al socio che vuole vendere le azioni di offrirle
prima agli altri soci e di preferirli a terzi a parità di condizioni;
○ Clausole di gradimento: sono clausole che richiedono il possesso di determinati
requisiti da parte dell’acquirente e clausole che subordinano il trasferimento
delle azioni al consenso di un organo sociale quasi sempre costituito dal
consiglio di amministrazione (clausole di mero godimento).
○ Clausola di riscatto: prevede un potere di riscatto delle azioni da parte della
società o dei soci al verificarsi di determinati eventi.
Queste clausole possono essere introdotte o rimosse con delibera di assemblea
straordinaria.

In nessun caso la s.p.a. può sottoscrivere azioni proprie. L’unica deroga è per l’esercizio del
diritto di opzione sulle azioni proprie detenute dalla società. Il divieto è assoluto. Se questo è
violato le azioni s’intendono sottoscritte e devono essere liberate dai soggetti che materialmente
hanno violato il divieto. In caso di sottoscrizione diretta le azioni s’intendono sottoscritte e
devono essere liberate dai promotori e dai soci fondatori o dagli amministratori. In caso di
sottoscrizione indiretta il terzo che ha sottoscritto le azioni è considerato sottoscrittore per conto
proprio.
La società non può acquistare azioni proprie se non nei limiti degli utili distribuibili e delle
riserve disponibili risultanti dall'ultimo bilancio regolarmente approvato. Possono essere
acquistate soltanto azioni interamente liberate. L’acquisto dev’essere deliberato dall’assemblea
ordinaria, la quale ne fissa le modalità, indicando in particolare il numero massimo di azioni da
acquistare, la durata, non superiore ai 18 mesi, per la quale l'autorizzazione è accordata, il
corrispettivo minimo ed il corrispettivo massimo. Il valore nominale delle azioni acquistate non
può eccedere la decima parte del capitale sociale. Le azioni acquistate in violazione debbono
essere alienate secondo modalità da determinarsi dall'assemblea, entro un anno dal loro
acquisto. In mancanza, deve procedersi senza indugio al loro annullamento e alla corrispondente
riduzione del capitale. Le limitazioni contenute nell'art. 2357 non si applicano quando l'acquisto
di azioni proprie avvenga in esecuzione di una deliberazione dell'assemblea di riduzione del
capitale, da attuarsi mediante riscatto e annullamento di azioni, a titolo gratuito, sempre che si
tratti di azioni interamente liberate, per effetto di successione universale o di fusione o scissione,
in occasione di esecuzione forzata per il soddisfacimento di un credito della società, sempre che
si tratti di azioni interamente liberate. Gli amministratori non possono disporre delle azioni
acquistate se non previa autorizzazione dell'assemblea, la quale deve stabilire le relative
modalità. A tal fine possono essere previste, operazioni successive di acquisto ed alienazione.
Finché le azioni restano in proprietà della società, il diritto agli utili e il diritto di opzione sono
attribuiti proporzionalmente alle altre azioni; l'assemblea può tuttavia autorizzare l'esercizio
totale o parziale del diritto di opzione. Il diritto di voto è sospeso, ma le azioni proprie sono
tuttavia computate nel capitale ai fini del calcolo delle quote richieste per la costituzione e per le
deliberazioni dell'assemblea. Una riserva indisponibile pari all'importo delle azioni proprie
iscritto all'attivo del bilancio deve essere costituita e mantenuta finché le azioni non siano
trasferite o annullate. La società non può accordare prestiti, né fornire garanzie per l'acquisto o
la sottoscrizione delle azioni proprie. La società non può, neppure per tramite di società
fiduciaria, o per interposta persona, accettare azioni proprie in garanzia.

E' vietato alle società di costituire o di aumentare il capitale mediante sottoscrizione reciproca di
azioni, anche per tramite di società fiduciaria o per interposta persona. La disciplina e le
sanzioni sono identiche alla fattispecie della sottoscrizione di azioni proprie. La società
controllata non può sottoscrivere azioni o quote della società controllante. Le azioni o quote
sottoscritte in violazione di tali disposizioni si intendono sottoscritte e devono essere liberate
dagli amministratori, che non dimostrino di essere esenti da colpa. Chiunque abbia sottoscritto
in nome proprio, ma per conto della società controllata, azioni o quote della società controllante
è considerato a tutti gli effetti sottoscrittore per conto proprio. Della liberazione delle azioni o
quote rispondono solidalmente gli amministratori della società controllata che non dimostrino di
essere esenti da colpa.
L’acquisto reciproco di azioni è possibile senza alcun limite solo quando fra le 2 società non
intercorre un rapporto di controllo e nessuna delle 2 è quotata in borsa. La società controllata
non può acquistare azioni o quote della società controllante se non nei limiti degli utili
distribuibili e delle riserve disponibili risultanti dall'ultimo bilancio regolarmente approvato.
Possono essere acquistate soltanto azioni interamente liberate. L'acquisto deve essere
autorizzato dall'assemblea ordinaria. Il valore nominale delle azioni o quote acquistate non può
eccedere la decima parte del capitale della società controllante. La società controllata da altra
società non può esercitare il diritto di voto nelle assemblee di questa. Le azioni o quote
acquistate in violazione di tali condizioni devono essere alienate secondo modalità da
determinarsi dall'assemblea entro un anno dal loro acquisto. In mancanza, la società controllante
deve procedere senza indugio al loro annullamento e alla corrispondente riduzione del capitale,
con rimborso del valore delle azioni annullate.
Nel caso di incroci azionari quando una o entrambe le società hanno azioni quotate in borsa ma
tra di loro non sussiste un rapporto di controllo, ci sono solo limiti quantitativi: se entrambe le
società sono quotate l’incrocio non può superare il 2% del capitale con diritto di voto, se solo
una è quotata non può superare il 10%. Se questi limiti sono superati la società non può
esercitare il diritto di voto per le azioni possedute in eccedenza, deve alienare l’eccedenza entro
1 anno se no la sospensione del diritto di voto si estende all’intera partecipazione.
Capitolo III: Le partecipazioni rilevanti. I gruppi di società

LE PARTECIPAZIONI RILEVANTI
La disciplina sulla trasparenza della compagine azionaria è dettata solo per le s.p.a. quotate
dall’art. 120 del TUF: coloro che partecipano in una società con azioni quotate in misura
superiore al 2% del capitale ne danno comunicazione alla società partecipata e alla CONSOB; le
società con azioni quotate che partecipano in misura superiore al 10% del capitale in una società
con azioni non quotate o in una s.r.l., anche estere, ne danno comunicazione alla società
partecipata e alla CONSOB. Quest’ultima determina con proprio regolamento le variazioni delle
partecipazioni rilevanti che comportano l’obbligo di successive comunicazioni. Queste servono
a rendere note le reali posizioni di potere dei maggiori azionisti. In mancanza del rispetto di tali
condizioni è prevista una sanzione pecuniaria e per le partecipazioni in società quotate la
sospensione del voto inerente alle azioni per le quali sia stata omessa la comunicazione.
Per le società non quotate è prevista una disciplina che sostanzialmente ricalca quella per le
quotate.

Il passaggio di proprietà di pacchetti azionari di controllo di società quotate deve avvenire con
la massima trasparenza e con modalità che consentano a tutti gli azionisti di partecipare al
premio di maggioranza che l’operazione può comportare. Il lancio di un’offerta pubblica è
obbligatorio quando è trasferito il pacchetto di controllo di una società quotata:
● L’opa successiva totalitaria: consente agli azionisti di minoranza di uscire dalla società
a seguito del mutamento dell’azionista di controllo. Chiunque detiene un partecipazione
superiore al 30% delle azioni ordinarie di una s.p.a. quotata è tenuto a promuovere
un’opa sulla totalità delle azioni ordinarie ancora in circolazione. Il prezzo minimo
offerto è la media aritmetica fra il prezzo medio ponderato di mercato dell’ultimo anno
e quello più elevato pattuito nello stesso periodo dall’offerente per acquisti fuori borsa
di azioni ordinarie. Ci si può sottrarre dall’obbligo di un’opa successiva totalitaria
lanciando un’opa preventiva che porta a detenere una partecipazione superiore al 30%.
L’opa preventiva totale è diretta a conseguire tutte le azioni ordinarie e non è soggetta a
condizioni. L’opa preventiva parziale deve avere a soggetto almeno il 60% delle azioni
ordinarie.
● L’opa residuale: consente agli azionisti di minoranza l’uscita dalla società ad un prezzo
equo quando la stessa è in pugno di un gruppo di controllo e manca un adeguato
flottante. Chiunque detiene un partecipazione superiore al 90% delle azioni ordinarie di
una s.p.a. quotata è tenuto a promuovere un’opa sulla totalità delle azioni ordinarie
ancora in circolazione al prezzo fissato dalla Consob se non ripristina entro 4 mesi un
flottante sufficiente ad assicurare il regolare andamento delle negoziazioni. Chi, a
seguito di un’opa totalitaria, detiene più del 98% delle azioni ordinarie ha diritto ad
acquistare coattivamente le azioni residue ad un prezzo fissato da un esperto nominato
dal presidente del tribunale.
Nel caso in cui l’obbligo di promuovere un’opa non è rispettato, il diritto di voto inerente
all’intera partecipazione detenuta non può essere esercitato, le azioni eccedenti il 30% e il 90%
devono essere alienate entro 1 anno e ci sono sanzioni pecuniarie.

L’offerta pubblica di acquisto o di scambio è una proposta irrevocabile rivolta a parità di


condizioni a tutti i titolari dei prodotti finanziari che ne formano oggetto. Ogni clausola
contraria è nulla. L’offerta può essere aumentata o modificata durante la pendenza
dell’operazione e si svolge sotto il controllo della Consob. Coloro che effettuano un'offerta
pubblica di acquisto o di scambio ne danno preventiva comunicazione alla società bersaglio e
alla Consob, allegando un documento, destinato alla pubblicazione, contenente le informazioni
necessarie per consentire ai destinatari di pervenire a un fondato giudizio sull'offerta. La
Consob, entro 15 giorni dalla comunicazione, può indicare agli offerenti informazioni
integrative da fornire e specifiche modalità di pubblicazione del documento d'offerta, nonché
particolari garanzie da prestare. Decorso tale termine, il documento può essere pubblicato.
Iniziano le adesioni all’offerta che possono essere raccolte dall’offerente o dagli intermediari.
Gli amministratori della società bersaglio devono astenersi dal compiere atti o operazioni che
possano contrastare gli obiettivi dell’offerta. Questo divieto può essere rimosso con delibera
dell’assemblea con una maggioranza pari al 30% del capitale sociale. Alla scadenza del termine
l’offerta diventa irrevocabile.
I GRUPPI DI SOCIETÁ
Il gruppo di società è un’aggregazione di imprese societarie formalmente autonome ed
indipendenti l’una dall’altra ma assoggettate tutte ad una direzione unitaria che le controlla e
dirige secondo un disegno unitario la loro attività d’impresa per il perseguimento dell’interesse
di gruppo. Ad un’unica impresa sotto il profilo economico corrispondono più imprese sotto il
profilo giuridico. Si distinguono gruppi a catena, stellari o a raggiera.

Per l’art. 2359 c.c. sono considerate società controllate:


1 le società in cui un'altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili
nell'assemblea ordinaria;
2 le società in cui un'altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un'influenza
dominante nell'assemblea ordinaria;
3 le società che sono sotto influenza dominante di un'altra società in virtù di particolari
vincoli contrattuali con essa.
Ai fini del controllo azionario si computano anche i voti spettanti a società controllate, a società
fiduciarie e a persona interposta: non si computano i voti spettanti per conto di terzi.
Si presume salvo prova contraria che l'attività di direzione e coordinamento di società è
esercitata dalle società o enti tenuti al consolidamento dei loro bilanci o che comunque le
controllano. È assoggettato ala relativa disciplina chi esercita attività di direzione e
coordinamento di società sulla base di un contratto con le società medesime o di clausole dei
loro statuti.
Sono considerate collegate le società sulle quali un'altra società esercita un'influenza notevole.
L'influenza si presume quando nell'assemblea ordinaria può essere esercitato almeno un quinto
dei voti ovvero un decimo se la società ha azioni quotate in borsa.

E' istituita presso il registro delle imprese apposita sezione nella quale sono indicati i soggetti
che esercitano attività di direzione e coordinamento e quelle che vi sono soggette. Quest’ ultime
devono indicare la propria soggezione all'altrui attività di direzione e coordinamento negli atti e
nella corrispondenza. Gli amministratori che omettono di provvedere all'indicazione o
all'iscrizione, o le mantengono quando la soggezione è cessata, sono responsabili dei danni che
la mancata conoscenza di tali fatti abbia recato ai soci o ai terzi.

I principi cardine del gruppo sono: la distinta soggettività e la formale indipendenza giuridica
delle società del gruppo. L’indipendenza formale porta ad escludere che la capogruppo sia
responsabile per le obbligazioni assunte dalle controllate e comporta che la capogruppo non può
imporre alle ―figlie‖ il compimento di atti che contrastino con gli interessi delle stesse
separatamente considerate.
Le decisioni delle società soggette ad attività di direzione e coordinamento, quando da questa
influenzate, debbono essere analiticamente motivate e recare puntuale indicazione delle ragioni
e degli interessi la cui valutazione ha inciso sulla decisione.
Ai finanziamenti effettuati a favore della società da chi esercita attività di direzione e
coordinamento nei suoi confronti o da altri soggetti ad essa sottoposti si applica l'art. 2467: ―Il
rimborso dei finanziamenti dei soci a favore della società è postergato rispetto alla
soddisfazione degli altri creditori e, se avvenuto nell'anno precedente la dichiarazione di
fallimento della società, deve essere restituito. S'intendono finanziamenti dei soci a favore della
società quelli, in qualsiasi forma effettuati, che sono stati concessi in un momento in cui, anche
in considerazione del tipo di attività esercitata dalla società, risulta un eccessivo squilibrio
dell'indebitamento rispetto al patrimonio netto oppure in una situazione finanziaria della società
nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento.‖
La capogruppo è tenuta ad indennizzare direttamente azionisti e creditori delle società
controllate per i danni subiti poiché la propria società si è attenuta alle direttive di gruppo lesive
del proprio patrimonio. Risponde in solido chi abbia comunque preso parte al fatto lesivo e, nei
limiti del vantaggio conseguito, chi ne abbia consapevolmente tratto beneficio. Nel caso di
fallimento, liquidazione coatta amministrativa e amministrazione straordinaria di società
soggetta ad altrui direzione e coordinamento, l'azione spettante ai creditori di questa è esercitata
dal curatore o dal commissario liquidatore o dal commissario straordinario. Il socio ed il
creditore sociale possono agire contro la società o l'ente che esercita l'attività di direzione e
coordinamento, solo se non sono stati soddisfatti dalla società soggetta alla attività di direzione
e coordinamento. Il danno dev’essere valutato considerando il risultato complessivo dell’attività
di direzione e di coordinamento e i vantaggi compensativi che possono derivare
dall’appartenenza al gruppo.
Il socio di società soggetta ad attività di direzione e coordinamento può recedere:
a quando la società o l'ente che esercita attività di direzione e coordinamento ha deliberato
una trasformazione che implica il mutamento del suo scopo sociale, ovvero ha
deliberato una modifica del suo oggetto sociale consentendo l'esercizio di attività che
alterino in modo sensibile e diretto le condizioni economiche e patrimoniali della
società soggetta ad attività di direzione e coordinamento;
b quando a favore del socio sia stata pronunciata, con decisione esecutiva, condanna di
chi esercita attività di direzione e coordinamento; in tal caso il diritto di recesso può
essere esercitato soltanto per l'intera partecipazione del socio;
c all'inizio ed alla cessazione dell'attività di direzione e coordinamento, quando non si
tratta di una società con azioni quotate in mercati regolamentati e ne deriva
un'alterazione delle condizioni di rischio dell'investimento e non venga promossa
un'offerta pubblica di acquisto.

In caso di direzione unitaria del gruppo gli amministratori delle società che hanno abusato di
tale direzione rispondono in solido con gli amministratori della società dichiarata insolvente dei
danni da questi cagionati alla società stessa.
Capitolo IV: L’assemblea

La s.p.a. si caratterizza per la presenza necessaria di 3 organi:


1 l’assemblea dei soci;
2 l’organo amministrativo;
3 l’organo di controllo interno.
Oggi ci sono 3 sistemi di amministrazione e controllo:
● Sistema tradizionale: è basato sulla presenza dell’organo amministrativo e del collegio
sindacale, il cui controllo contabile è stato sottratto ed affidato al revisore contabile o
alla società di revisione;
● Sistema dualistico: in esso l’amministrazione ed il controllo sono esercitati da un
consiglio di sorveglianza e da un consiglio di gestione;
● Sistema monistico: in esso l’amministrazione ed il controllo sono esercitati dal
consiglio di amministrazione e da un comitato per il controllo sulla gestione.

L’assemblea è l’organo composto dalle persone dei soci ed ha la funzione di formare la volontà
della società nelle materie riservate alla sua competenza dalla legge o dall’atto costitutivo
secondo il principio maggioritario. L’assemblea si distingue in:
● Ordinaria: nelle società prive di consiglio di sorveglianza, l'assemblea ordinaria:
1 approva il bilancio;
2 nomina e revoca gli amministratori; nomina i sindaci e il presidente del
collegio sindacale e, quando previsto, il soggetto al quale è demandato il
controllo contabile;
3 determina il compenso degli amministratori e dei sindaci, se non è stabilito
dallo statuto;
4 delibera sulla responsabilità degli amministratori e dei sindaci;
5 delibera sugli altri oggetti attribuiti dalla legge alla competenza
dell'assemblea, nonché sulle autorizzazioni eventualmente richieste dallo
statuto per il compimento di atti degli amministratori, ferma in ogni caso la
responsabilità di questi per gli atti compiuti;
6 approva l'eventuale regolamento dei lavori assembleari.
Nelle società ove è previsto il consiglio di sorveglianza, l'assemblea ordinaria:
1 nomina e revoca i consiglieri di sorveglianza;
2 determina il compenso ad essi spettante, se non è stabilito
3 nello statuto;
4 delibera sulla responsabilità dei consiglieri di sorveglianza;
5 delibera sulla distribuzione degli utili;
6 nomina il revisore.
● Straordinaria: delibera sulle modificazioni dello statuto, sulla nomina, sulla sostituzione
e sui poteri dei liquidatori e su ogni altra materia espressamente attribuita dalla legge
alla sua competenza. Lo statuto può attribuire alla competenza dell'organo
amministrativo o del consiglio di sorveglianza o del consiglio di gestione le
deliberazioni concernenti la fusione nei casi previsti dagli art. 2505 e 2505-bis,
l'istituzione o la soppressione di sedi secondarie, la indicazione di quali tra gli
amministratori hanno la rappresentanza della società, la riduzione del capitale in caso di
recesso del socio, gli adeguamenti dello statuto a disposizioni normative, il
trasferimento della sede sociale nel territorio nazionale.
Se i soci partecipanti all'assemblea non rappresentano complessivamente la parte di capitale
richiesta l'assemblea deve essere nuovamente convocata.

La convocazione dell’assemblea è di regola decisa dagli amministratori. Essa è obbligatoria nei


seguenti casi:
● L'assemblea ordinaria deve essere convocata almeno una volta l'anno, entro il termine
stabilito dallo statuto e comunque non superiore a 120 giorni dalla chiusura
dell'esercizio sociale. Lo statuto può prevedere un maggior termine, comunque non
superiore a 180 giorni, nel caso di società tenute alla redazione del bilancio consolidato
e quando lo richiedono particolari esigenze relative alla struttura ed all'oggetto della
società; in questi casi gli amministratori segnalano nella relazione prevista dall'art. 2428
le ragioni della dilazione.
● Gli amministratori o il consiglio di gestione devono convocare senza ritardo
l'assemblea, quando ne è fatta domanda da tanti soci che rappresentino almeno il 10%
del capitale sociale o la minore percentuale prevista nello statuto, e nella domanda sono
indicati gli argomenti da trattare. Se gli amministratori o il consiglio di gestione, oppure
in loro vece i sindaci o il consiglio di sorveglianza o il comitato per il controllo sulla
gestione, non provvedono, il tribunale, sentiti i componenti degli organi amministrativi
e di controllo, ove il rifiuto di provvedere risulti ingiustificato, ordina con decreto la
convocazione dell'assemblea, designando la persona che deve presiederla. La
convocazione su richiesta di soci non è ammessa per argomenti sui quali l'assemblea
delibera, a norma di legge, su proposta degli amministratori o sulla base di un progetto
o di una relazione da essi predisposta.
Nelle società quotate il potere di convocare l’assemblea può essere esercitato anche solo da 2
membri effettivi del collegio sindacale. Il collegio sindacale può, previa comunicazione al
presidente del consiglio di amministrazione, convocare l'assemblea dei soci, il consiglio di
amministrazione o il comitato esecutivo e avvalersi di dipendenti della società per
l'espletamento delle proprie funzioni.
L'assemblea è convocata nel comune dove ha sede la società, se lo statuto non dispone
diversamente.
L'assemblea è convocata dagli amministratori o dal consiglio di gestione mediante avviso
contenente l'indicazione del giorno, dell'ora e del luogo dell'adunanza e l'elenco delle materie da
trattare. L'avviso deve essere pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica o in almeno
un quotidiano indicato nello statuto almeno 15 giorni prima di quello fissato per l'assemblea. Lo
statuto delle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio può consentire la
convocazione mediante avviso comunicato ai soci con mezzi che garantiscano la prova
dell'avvenuto ricevimento almeno 8 giorni prima dell'assemblea. Pur in assenza di
convocazione, l'assemblea si reputa regolarmente costituita, quando è rappresentato l'intero
capitale sociale e partecipa all'assemblea la maggioranza dei componenti degli organi
amministrativi e di controllo. Tuttavia in tale ipotesi ciascuno dei partecipanti può opporsi alla
discussione degli argomenti sui quali non si ritenga sufficientemente informato e dovrà essere
data tempestiva comunicazione delle deliberazioni assunte ai componenti degli organi
amministrativi e di controllo non presenti. È questa l’assemblea totalitaria. Essa può deliberare
su qualsiasi argomento ma la sua competenza è instabile e precaria.
L'assemblea è presieduta dalla persona indicata nello statuto o, in mancanza, da quella eletta con
il voto della maggioranza dei presenti. Il presidente è assistito da un segretario designato nello
stesso modo. Il presidente dell'assemblea verifica la regolarità della costituzione, accerta
l'identità e la legittimazione dei presenti, regola il suo svolgimento ed accerta i risultati delle
votazioni; degli esiti di tali accertamenti deve essere dato conto nel verbale. L'assistenza del
segretario non è necessaria quando il verbale dell'assemblea è redatto da un notaio.
I soci intervenuti che riuniscono un terzo del capitale rappresentato nell'assemblea, se
dichiarano di non essere sufficientemente informati sugli oggetti posti in deliberazione, possono
chiedere che l'assemblea sia rinviata a non oltre 5 giorni. Questo diritto non può esercitarsi che
una sola volta per lo stesso oggetto.
Le deliberazioni dell'assemblea devono constare da verbale sottoscritto dal presidente e dal
segretario o dal notaio. Il verbale deve indicare la data dell'assemblea e, anche in allegato,
l'identità dei partecipanti e il capitale rappresentato da ciascuno; deve altresì indicare le modalità
e il risultato delle votazioni e deve consentire, anche per allegato, l'identificazione dei soci
favorevoli, astenuti o dissenzienti. Nel verbale devono essere riassunte, su richiesta dei soci, le
loro dichiarazioni pertinenti all'ordine del giorno. Il verbale dell'assemblea straordinaria deve
essere redatto da un notaio. Il verbale deve essere redatto senza ritardo, nei tempi necessari per
la tempestiva esecuzione degli obblighi di deposito o di pubblicazione.

Il quorum costitutivo è quella parte del capitale sociale che deve essere rappresentata in
assemblea perché questa sia regolarmente costituita e possa iniziare i lavori. Il quorum
deliberativo è la parte di capitale sociale che si deve esprimere a favore di una determinata
deliberazione perché questa sia approvata.
L'assemblea ordinaria è regolarmente costituita con l'intervento di tanti soci che rappresentino
almeno la metà del capitale sociale, escluse dal computo le azioni prive del diritto di voto
nell'assemblea medesima. Essa delibera a maggioranza assoluta, salvo che lo statuto richieda
una maggioranza più elevata. Per la nomina alle cariche sociali lo statuto può stabilire norme
particolari.
L'assemblea straordinaria delibera con il voto favorevole di tanti soci che rappresentino più
della metà del capitale sociale, se lo statuto non richiede una maggioranza più elevata. Nelle
società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio l'assemblea straordinaria è
regolarmente costituita con la presenza di tanti soci
che rappresentino almeno la metà del capitale sociale o la maggiore percentuale prevista dallo
statuto e delibera con il voto favorevole di almeno i due terzi del capitale rappresentato in
assemblea. Salvo diversa disposizione di legge le azioni per le quali non può essere esercitato il
diritto di voto sono computate ai fini della regolare costituzione dell'assemblea. Le medesime
azioni e quelle per le quali il diritto di voto non è stato esercitato a seguito della dichiarazione
del socio di astenersi per conflitto di interessi non sono computate ai fini del calcolo della
maggioranza e della quota di capitale richiesta per l'approvazione della deliberazione.
Se i soci partecipanti all'assemblea non rappresentano complessivamente la parte di capitale
richiesta l'assemblea deve essere nuovamente convocata. Nell'avviso di convocazione
dell'assemblea può essere fissato il giorno per la seconda convocazione. Questa non può aver
luogo nello stesso giorno fissato per la prima. Se il giorno per la seconda convocazione non è
indicato nell'avviso, l'assemblea deve essere riconvocata entro 30 giorni dalla data della prima, e
il termine stabilito dal secondo comma dell'art. 2366 è ridotto ad 8 giorni.
In seconda convocazione l'assemblea ordinaria delibera sugli oggetti che avrebbero dovuto
essere trattati nella prima, qualunque sia la parte di capitale rappresentata dai soci partecipanti, e
l'assemblea straordinaria è regolarmente costituita con la partecipazione di oltre un terzo del
capitale sociale e delibera con il voto favorevole di almeno i due terzi del capitale rappresentato
in assemblea. Lo statuto può richiedere maggioranze più elevate, tranne che per l'approvazione
del bilancio e per la nomina e la revoca delle cariche sociali. Nelle società che non fanno ricorso
al mercato del capitale di rischio è necessario, anche in seconda convocazione, il voto
favorevole di tanti soci che rappresentino più di un terzo del capitale sociale per le deliberazioni
concernenti il cambiamento dell'oggetto sociale, la trasformazione della società, lo scioglimento
anticipato, la proroga della società, la revoca dello stato di liquidazione, il trasferimento della
sede sociale all'estero e l'emissione di azioni privilegiate. Lo statuto può prevedere eventuali
ulteriori convocazioni dell'assemblea. Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di
rischio l'assemblea straordinaria è costituita, nelle convocazioni successive alla seconda, con la
presenza di tanti soci che rappresentino almeno un quinto del capitale sociale, salvo che lo
statuto richieda una quota di capitale più elevata.

Possono intervenire all'assemblea gli azionisti cui spetta il diritto di voto ed i soggetti che pur
non essendo soci hanno diritto di voto. Non è più necessario il preventivo deposito delle azioni
presso la sede della società o le banche. Ma lo statuto può richiedere il preventivo deposito delle
azioni o della relativa certificazione presso la sede sociale o le banche indicate nell'avviso di
convocazione, fissando il termine entro il quale debbono essere depositate ed eventualmente
prevedendo che non possano essere ritirate prima che l'assemblea abbia avuto luogo. Nelle
società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio il termine non può essere superiore a
2 giorni. Lo statuto può consentire l'intervento all'assemblea mediante mezzi di
telecomunicazione o l'espressione del voto per corrispondenza. Chi esprime il voto per
corrispondenza si considera intervenuto all'assemblea.

Gli azionisti possono partecipare all’assemblea sia personalmente sia a mezzo di rappresentante.
Salvo disposizione contraria dello statuto, i soci possono farsi rappresentare nell'assemblea. La
rappresentanza deve essere conferita per iscritto e i documenti relativi devono essere conservati
dalla società. Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio la rappresentanza
può essere conferita solo per singole assemblee, con effetto anche per le successive
convocazioni, salvo che si tratti di procura generale o di procura conferita da una società,
associazione, fondazione o altro ente collettivo o istituzione ad un proprio dipendente. La delega
non può essere rilasciata con il nome del rappresentante in bianco ed è sempre revocabile
nonostante ogni patto contrario. Il rappresentante può farsi sostituire solo da chi sia
espressamente indicato nella delega. Se la rappresentanza è conferita ad una società,
associazione, fondazione od altro ente collettivo o istituzione, questi possono delegare soltanto
un proprio dipendente o collaboratore. La rappresentanza non può essere conferita né ai membri
degli organi amministrativi o di controllo o ai dipendenti della società, né alle società da essa
controllate o ai membri degli organi amministrativi o di controllo o ai dipendenti di queste. La
stessa persona non può rappresentare in assemblea più di 20 soci o, se si tratta di società che
fanno ricorso al mercato del capitale di rischio più di 50 soci se la società ha capitale non
superiore a € 5.000.000, più di 100 soci se la società ha capitale superiore a € 5.000.000 e non
superiore a € 25.000.000, e più di 200 soci se la società ha capitale superiore a € 25.000.000.
Per le società non quotate sono stati introdotti 2 istituti:
1 la sollecitazione: è la richiesta di conferimento di deleghe di voto rivolta a tutti gli
azionisti da parte di uno o più soggetti che richiedono l’adesione a specifiche proposte
di voto.
2 la raccolta delle deleghe: è la richiesta di conferimento di deleghe di voto effettuata da
associazioni di azionisti esclusivamente nei confronti dei propri associati.

Versa in conflitto d’interesse l’azionista che in una determinata deliberazione ha un interesse


personale contrastante con quello della società. In questa situazione al socio non è più vietato di
votare, ma la deliberazione approvata con il voto determinante di soci che abbiano, per conto
proprio o di terzi, un interesse in conflitto con quello della società è impugnabile a norma
dell'art. 2377 qualora possa recarle danno. Quindi per essere annullata la delibera adottata col
voto del socio in conflitto d’interessi occorre che il suo voto sia stato determinante e che la
delibera possa danneggiare la società. Gli amministratori non possono votare nelle deliberazioni
riguardanti la loro responsabilità. Nel sistema dualistico i componenti del consiglio di gestione
non possono votare nelle deliberazioni riguardanti la nomina, la revoca o la responsabilità dei
consiglieri di sorveglianza (art. 2373). Quando una deliberazione è adottata dalla maggioranza
per danneggiare i soci di minoranza l’art. 2373 non è invocabile. Inoltre l’annullabilità della
delibera è affermata quando la stessa sia ispirata dal solo scopo di danneggiare singoli soci.

I sindacati di voto sono accordi con i quali alcuni soci s’impegnano a concordare
preventivamente il modo in cui votare in assemblea. Possono avere carattere occasionale o
permanente ed in quest’ultimo caso possono essere a tempo determinato o indeterminato nonché
riguardare tutte le delibere o solo quelle di un determinato tipo. Si può stabilire che il modo
come votare sarà deciso all’unanimità o a maggioranza dei soci sindacati. I sindacati di voto
danno un indirizzo di voto unitario all’azione dei soci sindacati, consente una migliore difesa
dei comuni interessi quando è stipulato fra soci di maggioranza. Ma i sindacati cristallizzano il
gruppo di controllo, il principio maggioritario finisce per essere rispettato solo formalmente.
Nelle società non quotate sia i sindacati di voto e sia gli altri patti parasociali non possono avere
durata superiore a 5 anni ma sono rinnovabili alla scadenza. Possono essere anche a tempo
indeterminato ma il contraente può recedere con preavviso di 6 mesi. La stessa disciplina vale
per le società quotate e quelle che le controllano ma i patti a tempo determinato non possono
avere durata superiore a 3 anni.
Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio i patti parasociali devono
essere comunicati alla società e dichiarati in apertura di ogni assemblea. La dichiarazione deve
essere trascritta nel verbale e questo deve essere depositato presso l'ufficio del registro delle
imprese. In caso di mancanza della dichiarazione i possessori delle azioni cui si riferisce il patto
parasociale non possono esercitare il diritto di voto e le deliberazioni assembleari adottate con il
loro voto determinante sono impugnabili a norma dell'art. 2377. Nelle società quotate i patti
devono essere comunicati alla Consob pubblicati per estratto sulla stampa quotidiana e
depositati presso il registro delle imprese del luogo dove la società ha sede legale. La violazione
di tali obblighi comporta la nullità dei patti e la sospensione del diritto di voto relativo alle
azioni sindacate. Nessuna pubblicità è prevista per i patti riguardanti società non quotate che
non fanno appello al mercato del capitale di rischio.

Le deliberazioni che non sono prese in conformità della legge o dello statuto possono essere
impugnate dai soci assenti, dissenzienti od astenuti, dagli amministratori, dal consiglio di
sorveglianza e dal collegio sindacale. L'impugnazione può essere proposta dai soci quando
possiedono tante azioni aventi diritto di voto con riferimento alla deliberazione che
rappresentino, anche congiuntamente, l'uno per mille del capitale sociale nelle società che fanno
ricorso al mercato del capitale di rischio e il 5% nelle altre; lo statuto può ridurre o escludere
questo requisito. Per l'impugnazione delle deliberazioni delle assemblee speciali queste
percentuali sono riferite al capitale rappresentato dalle azioni della categoria. I soci che non
rappresentano la parte di capitale indicata e quelli che, in quanto privi di voto, non sono
legittimati a proporre l'impugnativa hanno diritto al risarcimento del danno loro cagionato dalla
non conformità della deliberazione alla legge o allo statuto.
La deliberazione non può essere annullata:
1 per la partecipazione all'assemblea di persone non legittimate, salvo che tale
partecipazione sia stata determinante ai fini della regolare costituzione dell'assemblea;
2 per l'invalidità di singoli voti o per il loro errato conteggio, salvo che il voto invalido o
l'errore di conteggio siano stati determinanti ai fini del raggiungimento della
maggioranza richiesta;
3 per l'incompletezza o l'inesattezza del verbale, salvo che impediscano l'accertamento del
contenuto, degli effetti e della validità della deliberazione.
L'impugnazione o la domanda di risarcimento del danno sono proposte nel termine di 90 giorni
dalla data della deliberazione, ovvero, se questa è soggetta ad iscrizione nel registro delle
imprese, entro 90 giorni dall'iscrizione o, se è soggetta solo a deposito presso l'ufficio del
registro delle imprese, entro 90 giorni dalla
data di questo. L'annullamento della deliberazione ha effetto rispetto a tutti i soci ed obbliga gli
amministratori, il consiglio di sorveglianza e il consiglio di gestione a prendere i conseguenti
provvedimenti sotto la propria responsabilità. In ogni caso sono salvi i diritti acquistati in buona
fede dai terzi in base ad atti compiuti in esecuzione della deliberazione. L'annullamento della
deliberazione non può aver luogo, se la deliberazione impugnata è sostituita con altra presa in
conformità della legge e dello statuto. In tal caso il giudice provvede sulle spese di lite,
ponendole di norma a carico della società, e sul risarcimento dell'eventuale danno. Restano salvi
i diritti acquisiti dai terzi sulla base della deliberazione sostituita (art. 2377). L'impugnazione è
proposta con atto di citazione davanti al tribunale del luogo dove la società ha sede.
Il socio o i soci opponenti devono dimostrarsi possessori al tempo dell'impugnazione del
numero delle azioni previsto dall'art. 2377. Qualora nel corso del processo venga meno a seguito
di trasferimenti per atto tra vivi il richiesto numero delle azioni, il giudice, previa se del caso
revoca del provvedimento di sospensione dell'esecuzione della deliberazione, non può
pronunciare l'annullamento e provvede sul risarcimento dell'eventuale danno, ove richiesto. Con
ricorso depositato contestualmente al deposito, anche in copia, della citazione, l'impugnante può
chiedere la sospensione dell'esecuzione della deliberazione. In caso di eccezionale e motivata
urgenza, il presidente del tribunale, omessa la convocazione della società convenuta, provvede
sull'istanza con decreto motivato, che deve altresì contenere la designazione del giudice per la
trattazione della causa di merito e la fissazione, davanti al giudice designato, entro 15 giorni,
dell'udienza per la conferma, modifica o revoca dei provvedimenti emanati con il decreto,
nonché la fissazione del termine per la notificazione alla controparte del ricorso e del decreto. Il
giudice designato per la trattazione della causa di merito, sentiti gli amministratori e sindaci,
provvede valutando comparativamente il pregiudizio che subirebbe il ricorrente dalla
esecuzione e quello che subirebbe la società dalla sospensione dell'esecuzione della
deliberazione; può disporre in ogni momento che i soci opponenti prestino idonea garanzia per
l'eventuale risarcimento dei danni (art. 2378).

Nei casi di mancata convocazione dell'assemblea (non si considera mancante nel caso
d'irregolarità dell'avviso, se questo proviene da un componente dell'organo di amministrazione o
di controllo della società ed è idoneo a consentire a coloro che hanno diritto di intervenire di
essere tempestivamente avvertiti della convocazione e della data dell'assemblea.
L'impugnazione della deliberazione invalida per mancata convocazione non può essere
esercitata da chi anche successivamente abbia dichiarato il suo assenso allo svolgimento
dell'assemblea), di mancanza del verbale (non si considera mancante se contiene la data della
deliberazione e il suo oggetto ed è sottoscritto dal presidente dell'assemblea, o dal presidente del
consiglio d'amministrazione o del consiglio di sorveglianza e dal segretario o dal notaio.
L'invalidità della deliberazione per mancanza del verbale può essere sanata mediante
verbalizzazione eseguita prima dell'assemblea successiva. La deliberazione ha effetto dalla data
in cui è stata presa, salvi i diritti dei terzi che in buona fede ignoravano la deliberazione) e di
impossibilità o illiceità dell'oggetto la deliberazione può essere impugnata da chiunque vi abbia
interesse entro 3 anni dalla sua iscrizione o deposito nel registro delle imprese, se la
deliberazione vi è soggetta, o dalla trascrizione nel libro delle adunanze dell'assemblea, se la
deliberazione non è soggetta né a iscrizione né a deposito. Possono essere impugnate senza
limiti di tempo le deliberazioni che modificano l'oggetto sociale prevedendo attività illecite o
impossibili. Nei casi e nei termini previsti l'invalidità può essere rilevata d'ufficio dal giudice
(art. 2379). Nei casi previsti dall'art. 2379 l'impugnativa dell'aumento di capitale, della riduzione
del capitale o della emissione di obbligazioni non può essere proposta dopo che siano trascorsi
180 giorni dall'iscrizione della deliberazione nel registro delle imprese o, nel caso di mancata
convocazione, 90 giorni dall'approvazione del bilancio dell'esercizio nel corso del quale la
deliberazione è stata anche parzialmente eseguita. Nelle società che fanno ricorso al mercato del
capitale di rischio l'invalidità della deliberazione di aumento del capitale non può essere
pronunciata dopo che sia stata iscritta nel registro delle imprese l'attestazione che l'aumento è
stato anche parzialmente eseguito; l'invalidità della deliberazione di riduzione del capitale o
della deliberazione di emissione delle obbligazioni non può essere pronunciata dopo che la
deliberazione sia stata anche parzialmente eseguita. Resta salvo il diritto al risarcimento del
danno eventualmente spettante ai soci e ai terzi.
Capitolo V: Amministrazione. Controlli

GLI AMMINISTRATORI
Gli amministratori (che formano il consiglio di amministrazione ma la s.p.a. può avere anche un
amministratore unico) sono l’organo cui è affidata la gestione dell’impresa e ad essi spetta
compiere le operazioni necessarie per l'attuazione dell'oggetto sociale. Essi hanno le seguenti
funzioni, esercitate in posizione di formale autonomia rispetto all’assemblea:
1 Deliberano su tutti gli argomenti attinenti alla gestione della società che non siano
riservati per legge all’assemblea (potere gestorio);
2 Hanno la rappresentanza generale della società (potere di rappresentanza);
3 Danno impulso all’attività dell’assemblea;
4 Devono curare la tenuta dei libri e delle scritture contabili della società e devono
redigere il progetto di bilancio;
5 Devono prevenire il compimento di atti pregiudizievoli per la società o evitarne e
attenuarne le conseguenze dannose.

La nomina degli amministratori spetta all'assemblea, fatta eccezione per i primi amministratori,
che sono nominati nell'atto costitutivo. Il numero degli amministratori o l’indicazione di un
numero minimo o massimo è stabilito dallo statuto. L'amministrazione della società può essere
affidata anche a non soci. Lo statuto può subordinare l'assunzione della carica di amministratore
al possesso di speciali requisiti di onorabilità, professionalità ed indipendenza. Non può essere
nominato amministratore, e se nominato decade dal suo ufficio, l'interdetto, l'inabilitato, il
fallito, o chi è stato condannato ad una pena che importa l'interdizione, anche temporanea, dai
pubblici uffici o l'incapacità ad esercitare uffici direttivi.
Gli amministratori non possono essere nominati per un periodo superiore a 3 esercizi, e scadono
alla data dell'assemblea convocata per l'approvazione del bilancio relativo all'ultimo esercizio
della loro carica. Gli amministratori sono rieleggibili, salvo diversa disposizione dello statuto.
Sono cause di cessazione:
a La scadenza del termine. Questa ha effetto solo dal momento in cui l’organo
amministrativo è stato ricostituito;
b La revoca da parte dell'assemblea in qualunque tempo, anche se nominati nell'atto
costitutivo, salvo il diritto dell'amministratore al risarcimento dei danni, se la revoca
avviene senza giusta causa;
c La rinuncia (dimissioni). Questa ha effetto immediato se rimane in carica la
maggioranza degli amministratori, se no ha effetto solo dal momento in cui l’organo
amministrativo è stato ricostituito in seguito all’accettazione dei nuovi amministratori;
d La decadenza per una causa d’ineleggibilità;
e La morte.
Per le cause b), d) ed e) sono previste 3 ipotesi:
a Se rimane in carica più della metà degli amministratori nominati dall’assemblea i
superstiti sostituiscono provvisoriamente quelli venuti meno con delibera consiliare
approvata dal consiglio sindacale;
b Se viene a mancare più della metà degli amministratori nominati dall’assemblea i
superstiti convocano l’assemblea per sostituire i mancanti ed i nuovi amministratori
scadono con quelli in carica all’atto della nomina;
c Se vengono a cessare tutti gli amministratori o l’amministratore unico il collegio
sindacale deve convocare con urgenza l’assemblea per la ricostituzione dell’organo
amministrativo.
Sono valide le clausole statutarie che prevedono la cessazione di tutti gli amministratori e la
ricostruzione dell’intero collegio da parte dell’assemblea a seguito della cessazione di alcuni
amministratori. L’assemblea per la nomina del nuovo consiglio è convocata d'urgenza dagli
amministratori rimasti in carica
Entro trenta giorni dalla notizia della loro nomina gli amministratori devono chiederne
l'iscrizione nel registro delle imprese indicando per ciascuno di essi il cognome e il nome, il
luogo e la data di nascita, il domicilio e la cittadinanza, nonché a quali tra essi è attribuita la
rappresentanza della società, precisando se
disgiuntamente o congiuntamente.

I compensi spettanti ai membri del consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo sono
stabiliti all'atto della nomina o dall'assemblea. Essi possono essere costituiti in tutto o in parte da
partecipazioni agli utili o dall'attribuzione del diritto di sottoscrivere a prezzo predeterminato
azioni di futura emissione. La rimunerazione degli amministratori investiti di particolari cariche
in conformità dello statuto è stabilita dal consiglio di amministrazione, sentito il parere del
collegio sindacale. Se lo statuto lo prevede, l'assemblea può determinare un importo
complessivo per la remunerazione di tutti gli amministratori, inclusi quelli investiti di particolari
cariche.
Gli amministratori non possono assumere la qualità di soci illimitatamente responsabili in
società concorrenti, né esercitare un'attività concorrente per conto proprio o di terzi, né essere
amministratori o direttori generali in società concorrenti, salvo autorizzazione dell'assemblea.
Per l'inosservanza di tale divieto l'amministratore può essere revocato dall'ufficio e risponde dei
danni.

Quando l'amministrazione è affidata a più persone, queste costituiscono il consiglio di


amministrazione. Questo sceglie tra i suoi componenti il presidente, se questi non è nominato
dall'assemblea. L’attività è esercitata collegialmente e le decisioni devono essere adottate in
riunioni alle quali devono assistere i sindaci. Lo statuto può prevedere che la presenza alle
riunioni del consiglio avvenga anche mediante mezzi di telecomunicazione. Salvo diversa
previsione dello statuto, il presidente convoca il consiglio di amministrazione, ne fissa l'ordine
del giorno, ne coordina i lavori e provvede affinché adeguate informazioni sulle materie iscritte
all'ordine del giorno vengano fornite a tutti i consiglieri. Per la validità delle deliberazioni del
consiglio di amministrazione è necessaria la presenza della maggioranza degli amministratori in
carica, quando lo statuto non richiede un maggior numero di presenti. Le deliberazioni del
consiglio di amministrazione sono prese a maggioranza assoluta dei presenti, salvo diversa
disposizione dello statuto. Il voto non può essere dato per rappresentanza. Le deliberazioni che
non sono prese in conformità della legge o dello statuto possono essere impugnate solo dal
collegio sindacale e dagli amministratori assenti o dissenzienti entro 90 giorni dalla data della
deliberazione. Possono essere altresì impugnate dai soci le deliberazioni lesive dei loro diritti. In
ogni caso sono salvi i diritti acquistati in buona fede dai terzi in base ad atti compiuti in
esecuzione delle deliberazioni.
L'amministratore che in una determinata operazione ha un interesse non necessariamente in
conflitto con la società:
● deve darne notizia agli altri amministratori e al collegio sindacale precisandone la
natura, i termini, l'origine e la portata;
● se si tratta di amministratore delegato, deve altresì astenersi dal compiere l'operazione,
investendo della stessa l'organo collegiale.
La deliberazione del consiglio di amministrazione deve adeguatamente motivare le ragioni e la
convenienza per la società dell'operazione.
Nei casi di inosservanza a quanto disposto le deliberazioni medesime, qualora possano recare
danno alla società, possono essere impugnate dagli amministratori e dal collegio sindacale entro
90 giorni dalla loro data; l'impugnazione non può essere proposta da chi ha consentito con il
proprio voto alla deliberazione se sono stati adempiuti gli obblighi di informazione previsti. In
ogni caso sono salvi i diritti acquistati in buona fede dai terzi in base ad atti compiuti in
esecuzione della deliberazione.
L'amministratore risponde dei danni derivati alla società dalla sua azione od omissione.
L'amministratore risponde altresì dei danni che siano derivati alla società dalla utilizzazione a
vantaggio proprio o di terzi di dati, notizie o opportunità di affari appresi nell'esercizio del suo
incarico.

Se lo statuto o l'assemblea lo consentono, il consiglio di amministrazione può delegare proprie


attribuzioni ad un comitato esecutivo composto da alcuni dei suoi componenti, o ad uno o più
dei suoi componenti. Questo è un organo collegiale e le sue decisioni sono adottate in riunioni
alle quali devono assistere i sindaci. Le deliberazioni devono risultare da un apposito libro delle
adunanze e delle deliberazioni del comitato esecutivo. Gli amministratori delegati sono organi
unipersonali e agiscono disgiuntamente o congiuntamente. Essi hanno la rappresentanza della
società. Il consiglio di amministrazione determina il contenuto, i limiti e le eventuali modalità di
esercizio della delega; può sempre impartire direttive agli organi delegati e avocare a sé
operazioni rientranti nella delega. Sulla base delle informazioni ricevute valuta l'adeguatezza
dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società; quando elaborati, esamina i
piani strategici, industriali e finanziari della società; valuta, sulla base della relazione degli
organi delegati, il generale andamento della gestione. Non possono essere delegati la redazione
del bilancio, la facoltà di aumentare il capitale sociale e di emettere obbligazioni convertibili per
delega, gli adempimenti in caso di riduzione obbligatoria del capitale, la redazione del progetto
di fusione o di scissione. Gli organi delegati curano che l'assetto organizzativo, amministrativo e
contabile sia adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa e riferiscono al consiglio di
amministrazione e al collegio sindacale, con la periodicità fissata dallo statuto e in ogni caso
almeno ogni 180 giorni, sul generale andamento della gestione e sulla sua prevedibile
evoluzione nonché sulle operazioni di maggior rilievo, per le loro dimensioni o caratteristiche,
effettuate dalla società e dalle sue controllate. Gli amministratori sono tenuti ad agire in modo
informato; ciascun amministratore può chiedere agli organi delegati che in consiglio siano
fornite informazioni relative alla gestione della società.

Gli amministratori con rappresentanza devono essere indicati nello statuto. Se sono più di uno
dev’essere specificato se hanno il potere di agire congiuntamente o disgiuntamente. Il potere di
rappresentanza è generale. È in opponibile a terzi di buona fede la mancanza di potere
rappresentativo dovuta ad invalidità dell’atto di nomina. La società resta vincolata verso i terzi
anche se gli amministratori hanno violato eventuali limiti posti dallo statuto ai loro poteri di
rappresentanza. Le limitazioni ai poteri degli amministratori che risultano dallo statuto o da una
decisione degli organi competenti non sono opponibili ai terzi, anche se pubblicate, salvo che si
provi che questi abbiano intenzionalmente agito a danno della società. Sono opponibili ai terzi i
limiti legali del potere di rappresentanza degli amministratori.

Gli amministratori sono responsabili civilmente del loro operato in 3 direzioni:


1 verso la società;
Gli amministratori devono adempiere i doveri ad essi imposti dalla legge e dallo statuto con la
diligenza richiesta dalla natura dell'incarico e dalle loro specifiche competenze. Essi sono
solidalmente responsabili verso la società dei danni derivanti dall'inosservanza di tali doveri, a
meno che si tratti di attribuzioni proprie del comitato esecutivo o di funzioni in concreto
attribuite ad uno o più amministratori. In ogni caso gli amministratori, fermo quanto disposto
dal comma terzo dell'art. 2381, sono solidalmente responsabili se, essendo a conoscenza di fatti
pregiudizievoli, non hanno fatto quanto potevano per impedirne il compimento o eliminarne o
attenuarne le conseguenze dannose. La responsabilità degli amministratori è responsabilità per
colpa e non responsabilità oggettiva. Infatti la responsabilità per gli atti o le omissioni degli
amministratori non si estende a quello tra essi che, essendo immune da colpa, abbia fatto
annotare senza ritardo il suo dissenso nel libro delle adunanze e delle deliberazioni del
consiglio, dandone immediata notizia per iscritto al presidente del collegio sindacale (art. 2392).
L’azione di responsabilità contro gli amministratori è promossa in seguito a deliberazione
dell'assemblea, anche se la società è in liquidazione. La deliberazione concernente la
responsabilità degli amministratori può essere presa in occasione della discussione del bilancio,
anche se non è indicata nell'elenco delle materie da trattare, quando si tratta di fatti di
competenza dell'esercizio cui si riferisce il bilancio. L’azione può essere esercitata entro 5 anni
dalla cessazione dell'amministratore dalla carica. La deliberazione dell'azione di responsabilità
importa la revoca dall'ufficio degli amministratori contro cui è proposta, purché sia presa col
voto favorevole di almeno un quinto del capitale sociale. In questo caso l'assemblea stessa
provvede alla loro sostituzione. Questo procedimento tutela poco le minoranze azionarie. Ma In
caso di fallimento, liquidazione coatta amministrativa e amministrazione straordinaria le azioni
di responsabilità spettano al curatore del fallimento, al commissario liquidatore e al
commissario straordinario (art. 2394-bis). Quando la società è in bonis, essa può rinunziare
all'esercizio dell'azione di responsabilità e può transigere, purché la rinunzia e la transazione
siano approvate con espressa deliberazione dell'assemblea, e purché non vi sia il voto contrario
di una minoranza di soci che rappresenti almeno il quinto del capitale sociale o, nelle società
che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, almeno un ventesimo del capitale sociale,
ovvero la misura prevista nello statuto per l'esercizio dell'azione sociale di responsabilità (art.
2392-bis). L'azione sociale di responsabilità può essere esercitata anche dai soci che
rappresentino almeno un quinto del capitale sociale o la diversa misura prevista nello statuto,
comunque non superiore al terzo. Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di
rischio, può essere esercitata dai soci che rappresentino un ventesimo del capitale sociale o la
minore misura prevista nello statuto. Per le società quotate i soci che assumono l’iniziativa
devono essere iscritti nel libro dei soci da almeno 6 mesi. La società deve essere chiamata in
giudizio poiché l’azione è diretta a reintegrare il patrimonio sociale. I soci che hanno agito
possono rinunciare all'azione o transigerla; ogni corrispettivo per la rinuncia o transazione deve
andare a vantaggio della società. Anche la società può rinunciare all’azione o transigerla con
delibera assembleare e con le stesse limitazioni previste per l’azione sociale di responsabilità
esercitata dalla società.
2 verso i creditori sociali;
Gli amministratori rispondono verso i creditori sociali solo per l'inosservanza degli obblighi
inerenti alla conservazione dell'integrità del patrimonio sociale. L'azione può essere proposta dai
creditori solo quando il patrimonio sociale risulta insufficiente al soddisfacimento dei loro
crediti. L’azione può essere proposta da i singoli creditori sociali, mentre in caso di fallimento
solo dal curatore. Quanto corrisposto dagli amministratori a titolo di risarcimento danni spetterà
ai creditori fino alla concorrenza del loro credito. Se l’azione risarcitoria è stata già esperita
dalla società ed il relativo patrimonio è stato reintegrato, i creditori non potranno più esercitare
l’azione di loro spettanza.. La transazione può essere impugnata dai creditori sociali soltanto
con l'azione revocatoria quando ne ricorrono gli estremi. La rinunzia all'azione da parte della
società non impedisce l'esercizio dell'azione da parte dei creditori sociali (art. 2394).

3 verso i singoli soci o terzi;


Le azioni di responsabilità della società e dei creditori sociali non pregiudicano il diritto al
risarcimento del danno spettante al singolo socio o al terzo che sono stati direttamente
danneggiati da atti colposi o dolosi degli amministratori. Devono ricorrere il compimento da
parte degli amministratori di un atto illecito nell’esercizio del loro ufficio e la produzione di un
danno diretto al patrimonio del singolo socio o del singolo terzo. L'azione può essere esercitata
entro 5 anni dal compimento dell'atto che ha pregiudicato il socio o il terzo (art. 2395).

I direttori generali sono dirigenti che svolgono attività di alta gestione dell’impresa sociale.
Sono parificati agli amministratori sotto il profilo delle responsabilità penali. Le disposizioni
che regolano la responsabilità degli amministratori si applicano anche ai direttori generali
nominati dall'assemblea o per disposizione dello statuto, in relazione ai compiti loro affidati,
salve le azioni esercitabili in base al rapporto di lavoro con la società.

IL COLLEGIO SINDACALE
Il collegio sindacale è l’organo di controllo interno della s.p.a. con funzioni di vigilanza
sull’amministrazione della società.

Nelle s.p.a. non quotate, il collegio sindacale si compone di 3 o 5 membri effettivi, soci o non
soci. Devono inoltre essere nominati 2 sindaci supplenti (art. 2397). Nelle s.p.a. quotate, fermo
restando il numero minimo di 3 sindaci effettivi e 2 supplenti, l’atto costitutivo può determinare
liberamente il numero dei sindaci.
I primi sindaci sono nominati nell’atto costitutivo, successivamente essi sono nominati
dall’assemblea ordinaria. Uno o più sindaci possono essere nominati, se ciò è previsto dallo
statuto o ex lege, dallo Stato o da enti pubblici. Nelle s.p.a. quotate, l'atto costitutivo contiene le
clausole necessarie ad assicurare che un membro effettivo sia eletto dalla minoranza. Se il
collegio è formato da più di 3 membri, il numero dei membri effettivi eletti dalla minoranza non
può essere inferiore a 2.
Nelle s.p.a. non quotate almeno un membro effettivo ed uno supplente devono essere scelti tra
gli iscritti nel registro dei revisori contabili istituito presso il Ministero della Giustizia. I restanti
membri, se non iscritti in tale registro, devono essere scelti fra gli iscritti negli albi professionali
individuati con decreto del Ministro della Giustizia, o fra i professori universitari di ruolo, in
materie economiche o giuridiche. Nelle s.p.a. quotate con regolamento del Ministro della
Giustizia sono stabiliti i requisiti di onorabilità e di professionalità dei membri del collegio.
Non possono essere eletti alla carica di sindaco e, se eletti, decadono dall'ufficio:
a coloro che si trovano nelle condizioni previste dall'art. 2382;
b il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado degli amministratori della società,
gli amministratori, il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado degli
amministratori delle società da questa controllate, delle società che la controllano e di
quelle sottoposte a comune controllo;
c coloro che sono legati alla società o alle società da questa controllate o alle società che
la controllano o a quelle sottoposte a comune controllo da un rapporto di lavoro o da un
rapporto continuativo di consulenza o di prestazione d'opera retribuita, ovvero da altri
rapporti di natura patrimoniale che ne compromettano l'indipendenza.
Lo statuto può prevedere altre cause di ineleggibilità o decadenza, nonché cause di
incompatibilità e limiti e criteri per il cumulo degli incarichi (art. 2399).
La retribuzione annuale dei sindaci, se non è stabilita nello statuto, deve essere determinata dalla
assemblea all'atto della nomina per l'intero periodo di durata del loro ufficio (art. 2402).
I sindaci restano in carica per 3 esercizi, e scadono alla data dell'assemblea convocata per
l'approvazione del bilancio relativo al terzo esercizio della carica. La cessazione dei sindaci per
scadenza del termine ha effetto dal momento in cui il collegio è stato ricostituito.
I sindaci possono essere revocati solo per giusta causa. La deliberazione di revoca deve essere
approvata con decreto dal tribunale, sentito l'interessato. Nel frattempo la delibera è
improduttiva di effetti ed il sindaco sgradito resta in carica. La cancellazione o la sospensione
dal registro dei revisori contabili e il sopraggiungere di una causa d’ineleggibilità sono causa di
decadenza dall'ufficio di sindaco. In caso di morte, di rinunzia o di decadenza di un sindaco,
subentrano i supplenti in ordine di età. I nuovi sindaci restano in carica fino alla prossima
assemblea, la quale deve provvedere alla nomina dei sindaci effettivi e supplenti necessari per
l'integrazione del collegio.
La nomina dei sindaci, con l'indicazione per ciascuno di essi del cognome e del nome, del luogo
e della data di nascita e del domicilio, e la cessazione dall'ufficio devono essere iscritte, a cura
degli amministratori, nel registro delle imprese nel termine di 30 giorni.

Il controllo del collegio sindacale ha per oggetto l’amministrazione della società globalmente
intesa e si estende a tutta l’attività sociale al fine di assicurare che la stessa venga svolta nel
rispetto della legge e dell’atto costitutivo nonché dei principi di corretta amministrazione.
Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio il controllo contabile è
esercitato da una società di revisione iscritta nel registro dei revisori contabili.
I sindaci hanno il potere-dovere d’intervenire alle riunioni dell’assemblea, del consiglio di
amministrazione e del comitato esecutivo nonché d’impugnare le relative delibere. Il controllo
sull’amministrazione ha carattere globale e sintetico.
Il collegio sindacale può chiedere agli amministratori notizie, anche con riferimento a società
controllate, sull'andamento delle operazioni sociali o su determinati affari. Può altresì scambiare
informazioni con i corrispondenti organi delle società controllate in merito ai sistemi di
amministrazione e controllo ed all'andamento generale dell'attività sociale. Il collegio sindacale
e i soggetti incaricati del controllo contabile si scambiano tempestivamente le informazioni
rilevanti per l'espletamento dei rispettivi compiti. Nelle società quotate il collegio sindacale
deve comunicare senza indugio alla Consob le irregolarità riscontrate nell’attività di vigilanza.
I sindaci possono in qualsiasi momento procedere, anche individualmente, ad atti di ispezione e
di controllo, e a chiedere agli amministratori notizie anche con riferimento a società controllate
sull'andamento delle operazioni sociali o su determinati affari. Il collegio sindacale può altresì,
previa comunicazione al presidente del consiglio di amministrazione, convocare l'assemblea
qualora nell'espletamento del suo incarico ravvisi fatti censurabili di rilevante gravità e vi sia
urgente necessità di provvedere. Può promuovere il controllo giudiziario sulla gestione se ha
fondato sospetto che gli amministratori abbiano compiuto gravi irregolarità nella gestione.

Nelle s.p.a. non quotate il presidente del collegio sindacale è nominato dall’assemblea. Nelle
s.p.a. quotate è l’atto costitutivo a fissare i criteri di nomina. Il collegio sindacale deve riunirsi
almeno ogni 90 giorni. La riunione può svolgersi, se lo statuto lo consente indicandone le
modalità, anche con mezzi di telecomunicazione. Il collegio sindacale è regolarmente costituito
con la presenza della maggioranza dei sindaci e delibera a maggioranza assoluta dei presenti.
Delle riunioni dev’essere redatto processo verbale. Nell'espletamento di specifiche operazioni di
ispezione e di controllo i sindaci sotto la propria responsabilità ed a proprie spese possono
avvalersi di propri dipendenti ed ausiliari.
Ogni socio può denunziare i fatti che ritiene censurabili al collegio sindacale, il quale deve tener
conto della denunzia nella relazione all'assemblea. Se la denunzia è fatta da tanti soci che
rappresentino un ventesimo del capitale sociale o un cinquantesimo nelle società che fanno
ricorso al mercato del capitale di rischio, il collegio sindacale deve indagare senza ritardo sui
fatti denunziati e presentare le sue conclusioni ed eventuali proposte all'assemblea; deve altresì
convocare l'assemblea qualora ravvisi fatti censurabili di rilevante gravità e vi sia urgente
necessità di provvedere. Lo statuto può prevedere per la denunzia percentuali minori di
partecipazione.

I sindaci devono adempiere i loro doveri con la professionalità e la diligenza richieste dalla
natura dell'incarico; sono responsabili, anche penalmente, della verità delle loro attestazioni e
devono conservare il segreto sui fatti e sui documenti di cui hanno conoscenza per ragione del
loro ufficio. I sindaci hanno l’obbligo di risarcire i danni qualora siano imputabili al mancato o
negligente adempimento dei loro doveri. Essi sono responsabili solidalmente con gli
amministratori per i fatti o le omissioni di questi, quando il danno non si sarebbe prodotto se
essi avessero vigilato in conformità degli obblighi della loro carica.

B IL CONTROLLO CONTABILE
Ci sono 3 discipline parzialmente diverse:
1 Nelle s.p.a. che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio il controllo contabile
è esercitato da un revisore contabile o da una società di revisione, iscritti nel registro
istituito presso il Ministero della Giustizia. Lo statuto delle s.p.a. che non sono tenute
alla redazione del bilancio consolidato può prevedere che il controllo contabile sia
esercitato dal collegio sindacale. In tal caso il collegio sindacale è costituito da revisori
contabili iscritti nel registro istituito presso il Ministero della Giustizia;
2 Nelle s.p.a. che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio il controllo contabile è
esercitato solo da una società di revisione iscritta nel registro dei revisori contabili, la
quale, limitatamente a tali incarichi, è soggetta alla disciplina dell'attività di revisione
prevista per le società con azioni quotate in mercati regolamentati ed alla vigilanza della
Consob;
3 Nelle s.p.a. quotate l’attività di revisione è riservata alle società di revisione iscritte in
un apposito albo speciale tenuto dalla Consob ed è integralmente assoggettato alla
disciplina del TUF.

Il soggetto al quale è demandato il controllo è nominato per la prima volta nell’atto costitutivo.
Successivamente l'incarico del controllo contabile è conferito dall'assemblea, sentito il collegio
sindacale, la quale determina il corrispettivo spettante al revisore o alla società di revisione per
l'intera durata dell'incarico. non possono essere incaricati del controllo contabile, e se incaricati
decadono dall'ufficio, i sindaci della società o delle società da questa controllate, delle società
che la controllano o di quelle sottoposte a comune controllo, nonché coloro che si trovano nelle
condizioni previste dall'art. 2399, primo comma. Lo statuto può prevedere altre cause di
ineleggibilità o di decadenza, nonché cause di incompatibilità; può prevedere altresì ulteriori
requisiti concernenti la specifica qualificazione professionale del soggetto incaricato del
controllo contabile.
Nelle società quotate l’assemblea conferisce, in occasione dell'approvazione del bilancio,
l'incarico di revisione del bilancio di esercizio e del bilancio consolidato a una società di
revisione iscritta nell'albo ma se la società non adotta la relativa delibera l’incarico spetta
d’ufficio alla Consob. L’incarico non può essere conferito a società di revisione che si trovino in
una delle situazioni d'incompatibilità stabilite con regolamento dal Ministro di Giustizia.
L’incarico di revisione contabile dura 3 anni e nelle società quotate può essere rinnovato per
non più di 2 volte. L’incarico può essere revocato solo per giusta causa, sentito il parere del
collegio sindacale. La deliberazione di revoca deve essere approvata con decreto dal tribunale,
sentito l'interessato. Lo stesso vale per le società quotate ma non è necessaria l’approvazione del
tribunale. Si provvede a conferire l'incarico ad altra società di revisione ma l'attività di revisione
contabile continua a essere esercitata dalla società di revisione revocata fino a quando non
acquista efficacia il conferimento del nuovo incarico. Le delibere di conferimento e di revoca
sono soggette ad iscrizione nel registro delle imprese e nelle s.p.a. quotate devono essere
trasmesse alla Consob.

Il revisore o la società incaricata del controllo contabile:


● verifica, nel corso dell'esercizio e con periodicità almeno trimestrale, la regolare tenuta
della contabilità sociale e la corretta rilevazione nelle scritture contabili dei fatti di
gestione;
● verifica se il bilancio di esercizio e, ove redatto, il bilancio consolidato corrispondono
alle risultanze delle scritture contabili e degli accertamenti eseguiti e se sono conformi
alle norme che li disciplinano;
● esprime con apposita relazione un giudizio sul bilancio di esercizio e sul bilancio
consolidato, ove redatto.
Nelle società quotate il giudizio sul bilancio può essere:
● giudizio senza rilievi;
● giudizio con rilievi;
● giudizio negativo;
● dichiarazione d’impossibilità di esprimere il giudizio.
Il revisore o la società incaricata del controllo contabile può chiedere agli amministratori
documenti e notizie utili al controllo e può procedere ad ispezioni; documenta l'attività svolta in
apposito libro, tenuto presso la sede della società o in luogo diverso stabilito dallo statuto. Il
collegio sindacale e i soggetti incaricati del controllo contabile si scambiano tempestivamente le
informazioni rilevanti per l'espletamento dei rispettivi compiti.
Il soggetto incaricato del controllo deve adempiere i propri doveri con diligenza professionale.
Trova applicazione la disciplina dell’azione di responsabilità dettata per i sindaci. Nel caso di
società di revisione i soggetti che hanno effettuato il controllo contabile sono responsabili in
solido con la società medesima. L'azione si prescrive nel termine di cinque anni dalla cessazione
dell'incarico.

I SISTEMI ALTERNATIVI
Il sistema dualistico, di ispirazione tedesca, è un modello organizzativo particolarmente adatto
per s.p.a. con azionariato diffuso e prive di uno stabile nucleo di azionisti imprenditori. Esso
prevede la presenza di 2 organi:
1 Consiglio di gestione
Svolge le funzioni proprie del consiglio di amministrazione nel sistema tradizionale. E'
costituito da un numero di componenti, anche non soci, non inferiore a 2. Fatta eccezione per i
primi componenti, che sono nominati nell'atto costitutivo, la nomina dei componenti il consiglio
di gestione spetta al consiglio di sorveglianza, previa determinazione del loro numero nei limiti
stabiliti dallo statuto. I componenti del consiglio di gestione non possono essere nominati
consiglieri di sorveglianza, e restano in carica per un periodo non superiore a 3 esercizi, con
scadenza alla data della riunione del consiglio di sorveglianza convocato per l'approvazione del
bilancio relativo all'ultimo esercizio della loro carica. I componenti del consiglio di gestione
sono rieleggibili, salvo diversa disposizione dello statuto, e sono revocabili dal consiglio di
sorveglianza in qualunque tempo, anche se nominati nell'atto costitutivo, salvo il diritto al
risarcimento dei danni se la revoca avviene senza giusta causa. Se nel corso dell'esercizio
vengono a mancare uno o più componenti del consiglio di gestione, il consiglio di sorveglianza
provvede senza indugio alla loro sostituzione. L'azione di responsabilità contro i consiglieri di
gestione è promossa dalla società o dai soci, ma può anche essere proposta a seguito di
deliberazione del consiglio di sorveglianza. La deliberazione è assunta dalla maggioranza dei
componenti del consiglio di sorveglianza e, se è presa a maggioranza dei due terzi dei suoi
componenti, importa la revoca dall'ufficio dei consiglieri di gestione contro cui è proposta, alla
cui sostituzione provvede contestualmente lo stesso consiglio di sorveglianza. L'azione può
essere esercitata dal consiglio di sorveglianza entro 5 anni dalla cessazione dell'amministratore
dalla carica. Il consiglio di sorveglianza può rinunziare all'esercizio dell'azione di responsabilità
e può transigerla, purché la rinunzia e la
transazione siano approvate dalla maggioranza assoluta dei componenti del consiglio di
sorveglianza e purché non si opponga la percentuale di soci prevista dalla corrispondente
disciplina dettata per la rinuncia o transazione da parte dell’assemblea. La rinuncia all'azione da
parte della società o del consiglio di sorveglianza non impedisce l'esercizio delle azioni;
2 Consiglio di sorveglianza
Ha le funzioni di controllo proprie del collegio sindacale e le funzioni d’indirizzo della gestione
che nel sistema tradizionale ha l’assemblea dei soci. Salvo che lo statuto non preveda un
maggior numero, il consiglio di sorveglianza si compone di un numero di componenti, anche
non soci, non inferiore a 3. Fatta eccezione per i primi componenti che sono nominati nell'atto
costitutivo, la nomina dei componenti il consiglio di sorveglianza spetta all'assemblea, previa
determinazione del loro numero nei limiti stabiliti dallo statuto. I componenti del consiglio di
sorveglianza restano in carica per 3 esercizi e scadono alla data della successiva assemblea. La
cessazione per scadenza del termine ha effetto dal momento in cui il consiglio di sorveglianza è
stato ricostituito. Almeno un componente effettivo del consiglio di sorveglianza deve essere
scelto tra gli iscritti nel registro dei revisori contabili istituito presso il Ministero della giustizia.
I componenti del consiglio di sorveglianza sono rieleggibili, salvo diversa disposizione dello
statuto, e sono revocabili dall'assemblea in qualunque tempo con deliberazione adottata da
almeno un quinto del capitale sociale, anche se nominati nell'atto costitutivo, salvo il diritto al
risarcimento dei danni, se la revoca avviene senza giusta causa. Lo statuto, fatto salvo quanto
previsto da leggi speciali in relazione all'esercizio di particolari attività, può subordinare
l'assunzione della carica al possesso di particolari requisiti di onorabilità, professionalità e
indipendenza. Il consiglio di sorveglianza:
a nomina e revoca i componenti del consiglio di gestione;
b ne determina il compenso, salvo che la relativa competenza sia attribuita dallo statuto
all'assemblea;
c approva il bilancio di esercizio e, ove redatto, il bilancio consolidato;
d esercita le funzioni di cui all'art. 2403, primo comma;
e promuove l'esercizio dell'azione di responsabilità nei confronti dei componenti del
consiglio di gestione;
f presenta la denunzia al tribunale di cui all'art. 2409;
g riferisce per iscritto almeno una volta all'anno all'assemblea sull'attività di vigilanza
svolta, sulle omissioni e sui fatti censurabili rilevati.
Lo statuto può prevedere che in caso di mancata approvazione del bilancio o qualora lo richieda
almeno un terzo dei componenti del consiglio di gestione o del consiglio di sorveglianza la
competenza per l'approvazione del bilancio di esercizio sia attribuita all'assemblea.
Il presidente del consiglio di sorveglianza è eletto dall'assemblea. I componenti del consiglio di
sorveglianza devono adempiere i loro doveri con la diligenza richiesta dalla natura dell'incarico.
Sono responsabili solidalmente con i componenti del consiglio di gestione per i fatti o le
omissioni di questi quando il danno non si sarebbe prodotto se avessero vigilato in conformità
degli obblighi della loro carica.

Il sistema monistico, d’ispirazione anglosassone, si caratterizza per la soppressione del collegio


sindacale. L’amministrazione ed il controllo sono esercitati dal consiglio di amministrazione e
da un comitato per il controllo della gestione. Il controllo contabile è affidato ad un revisore
contabile o ad una società di revisione. La gestione dell'impresa spetta esclusivamente al
consiglio di amministrazione. Almeno un terzo dei componenti del consiglio di amministrazione
deve essere in possesso dei requisiti di indipendenza stabiliti per i sindaci dall'art. 2399, primo
comma, e, se lo statuto lo prevede, di quelli al riguardo previsti da codici di comportamento
redatti da associazioni di categoria o da società di gestione di mercati regolamentati. La
determinazione del numero e la nomina dei componenti del comitato per il controllo sulla
gestione spetta al consiglio di amministrazione. Nelle società che fanno ricorso al mercato del
capitale di rischio il numero dei componenti del comitato non può essere inferiore a 3. Il
comitato è composto da amministratori in possesso dei requisiti di onorabilità e professionalità
stabiliti dallo statuto e dei requisiti di indipendenza, che non siano membri del comitato
esecutivo ed ai quali non siano attribuite deleghe o particolari cariche e comunque non
svolgano, anche di mero fatto, funzioni attinenti alla gestione dell'impresa sociale o di società
che la controllano o ne sono controllate. Almeno uno dei componenti del comitato per il
controllo sulla gestione deve essere scelto fra gli iscritti nel registro dei revisori contabili. Il
comitato per il controllo sulla gestione:
a elegge al suo interno, a maggioranza assoluta dei suoi membri, il presidente;
b vigila sull'adeguatezza della struttura organizzativa della società, del sistema di
controllo interno e del sistema amministrativo e contabile, nonché sulla sua idoneità a
rappresentare correttamente i fatti di gestione;
c svolge gli ulteriori compiti affidatigli dal consiglio di amministrazione con particolare
riguardo ai rapporti con i soggetti incaricati del controllo contabile.

I CONTROLLI ESTERNI
Il controllo giudiziario sulla gestione delle s.p.a. (art. 2409) è una forma d’intervento
dell’autorità giudiziaria nella vita della società volta a ripristinare la legalità
dell’amministrazione delle stesse.
Se vi è fondato sospetto che gli amministratori, in violazione dei loro doveri, abbiano compiuto
gravi irregolarità nella gestione che possono arrecare danno alla società o a una o più società
controllate, i soci che rappresentano il decimo del capitale sociale o, nelle società che fanno
ricorso al mercato del capitale di rischio, il ventesimo del capitale sociale (lo statuto può
prevedere percentuali minori di partecipazione), il collegio sindacale o l’organo di controllo nei
sistemi alternativi e, nelle società che fanno appello al capitale di rischio, il pubblico ministero,
possono denunziare i fatti al tribunale con ricorso notificato anche alla società. Il tribunale,
sentiti in camera di consiglio gli amministratori e i sindaci, può ordinare l'ispezione
dell'amministrazione della società a spese dei soci richiedenti (le spese per l'ispezione sono a
carico della società nel caso in cui la richiesta è del collegio sindacale, del consiglio di
sorveglianza o del comitato per il controllo sulla gestione e del pubblico ministero),
subordinandola, se del caso, alla prestazione di una cauzione. Il provvedimento è reclamabile. Il
tribunale non ordina l'ispezione e sospende per un periodo determinato il procedimento se
l'assemblea sostituisce gli amministratori e i sindaci con soggetti di adeguata professionalità,
che si attivano senza indugio per accertare se le violazioni sussistono e, in caso positivo, per
eliminarle, riferendo al tribunale sugli accertamenti e le attività compiute. Se le violazioni
denunziate sussistono ovvero se gli accertamenti e le attività compiute risultano insufficienti alla
loro eliminazione, il tribunale può disporre gli opportuni provvedimenti provvisori e convocare
l'assemblea per le conseguenti deliberazioni. Nei casi più gravi può revocare gli amministratori
ed eventualmente anche i sindaci e nominare un amministratore giudiziario, determinandone i
poteri e la durata. L'amministratore giudiziario può proporre l'azione di responsabilità contro gli
amministratori e i sindaci. Prima della scadenza del suo incarico l'amministratore giudiziario
rende conto al tribunale che lo ha nominato; convoca e presiede l'assemblea per la nomina dei
nuovi amministratori e sindaci o per proporre, se del caso, la messa in liquidazione della società
o la sua ammissione ad una procedura concorsuale.

La Consob è un organo pubblico di vigilanza sul mercato dei capitali. È una persona giuridica di
diritto pubblico. Ha il controllo del mercato mobiliare e dei soggetti che in esso operano.
Assicura un’adeguata e veritiera informazione (continua, su richiesta e periodica) del mercato
mobiliare sugli eventi di rilievo che riguardano la vita delle società che fanno appello al
pubblico risparmio.
Capitolo VI: Il bilancio

Il bilancio è il documento contabile che rappresenta in modo chiaro, veritiero e corretto, la


situazione patrimoniale e finanziaria della società alla fine di ciascun esercizio nonché il
risultato economico dell’esercizio stesso. La sua funzione essenziale è quella di accertare
periodicamente la situazione del patrimonio della società. Il bilancio costituisce per i soci il solo
strumento legale d’informazione contabile sull’andamento degli affari sociali e costituisce per i
creditori sociali il mezzo per conoscere la consistenza del patrimonio della società. Per il fisco
costituisce il termine di riferimento per la tassazione dell’Irpeg. Se le informazioni richieste da
specifiche disposizioni di legge non sono sufficienti a dare una rappresentazione veritiera e
corretta, si devono fornire le informazioni complementari necessarie allo scopo (art. 2423).
Nella redazione del bilancio devono essere osservati i seguenti principi (art. 2423-bis):
1 la valutazione delle voci deve essere fatta secondo prudenza e nella prospettiva della
continuazione dell'attività, nonché tenendo conto della funzione economica
dell'elemento dell'attivo o del passivo considerato;
2 si possono indicare esclusivamente gli utili realizzati alla data di chiusura dell'esercizio;
3 si deve tener conto dei proventi e degli oneri di competenza dell'esercizio,
indipendentemente dalla data dell'incasso o del pagamento;
4 si deve tener conto dei rischi e delle perdite di competenza dell'esercizio, anche se
conosciuti dopo la chiusura di questo;
5 gli elementi eterogenei ricompresi nelle singole voci devono essere valutati
separatamente;
6 i criteri di valutazione non possono essere modificati da un esercizio all'altro, se non in
casi eccezionali con l’obbligo di motivazione nella nota integrativa.

Il bilancio d’esercizio è formato da 3 documenti: lo stato patrimoniale, il contro economico e la


nota integrativa. Nello stato patrimoniale e nel conto economico devono essere iscritte
separatamente, e nell'ordine indicato, le voci previste negli art. 2424 e 2425. Le voci sono
organizzate in grandi categorie omogenee a loro volta articolate in sottocategorie, in voci ed in
alcuni casi anche in sottovoci. Per ogni voce dello stato patrimoniale e del conto economico
deve essere indicato l'importo della voce corrispondente dell'esercizio precedente. È vietato il
compenso di partite (art. 2423-ter). Il bilancio deve essere redatto in unità di euro, senza cifre
decimali, ad eccezione della nota integrativa che può essere redatta in migliaia di euro. Alle
società che non superano determinate dimensioni è consentita la redazione di un bilancio in
forma abbreviata e può essere omessa la redazione della relazione sulla gestione.

Lo stato patrimoniale rappresenta in modo sintetico la composizione quantitativa e qualitativa


della patrimonio della società e la sua situazione finanziaria nel giorno della chiusura
dell’esercizio. Consente l’immediata conoscenza del patrimonio netto della società. Dev’essere
redatto nella forma a colonne secondo lo schema dell’art. 2424.
Gli elementi patrimoniali destinati ad essere utilizzati durevolmente devono essere iscritti tra le
immobilizzazioni. Le partecipazioni in altre imprese in misura non inferiore a quelle stabilite dal
terzo comma dell'art. 2359 si presumono immobilizzazioni. Gli accantonamenti per rischi ed
oneri sono destinati soltanto a coprire perdite o debiti di natura determinata, di esistenza certa o
probabile, dei quali tuttavia alla chiusura dell'esercizio sono indeterminati o l'ammontare o la
data di sopravvenienza. Nella voce: "trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato" deve
essere indicato l'importo calcolato a norma dell'art. 2120. Le attività oggetto di contratti di
compravendita con obbligo di retrocessione a termine devono essere iscritte nello stato
patrimoniale del venditore. Nella voce ratei e risconti attivi devono essere iscritti i proventi di
competenza dell'esercizio esigibili in esercizi successivi, e i costi sostenuti entro la chiusura
dell'esercizio ma di competenza di esercizi successivi. Nella voce ratei e risconti passivi devono
essere iscritti i costi di competenza dell'esercizio esigibili in esercizi successivi e i proventi
percepiti entro la chiusura dell'esercizio ma di competenza di esercizi successivi. Possono essere
iscritte in tali voci soltanto quote di costi e proventi, comuni a due o più esercizi, l'entità dei
quali vari in ragione del tempo (art. 2424-bis).

Il conto economico espone il risultato economico dell’esercizio attraverso la rappresentazione


dei costi e degli oneri sostenuti, nonché dei ricavi e degli altri proventi conseguiti nell’esercizio.
Dev’essere redatto in forma espositiva scalare.
I ricavi e i proventi, i costi e gli oneri devono essere indicati al netto dei resi, degli sconti,
abbuoni e premi, nonché delle imposte direttamente connesse con la vendita dei prodotti e la
prestazione dei servizi. I ricavi e i proventi, i costi e gli oneri relativi ad operazioni in valuta
devono essere determinati al cambio corrente alla data nella quale la relativa operazione è
compiuta. I proventi e gli oneri relativi ad operazioni di compravendita con obbligo di
retrocessione a termine, ivi compresa la differenza tra prezzo a termine e prezzo a pronti,
devono essere iscritti per le quote di competenza dell'esercizio (art. 2425-bis).

La nota integrativa, il cui contenuto è fissato dall’art. 2427, illustra e specifica le voci dello
stato patrimoniale e del conto economico fornendo informazioni integrative.
La relazione sulla gestione (art. 2428) assolve ad una funzione di resoconto sulla gestione della
società e sulle sue prospettive. Dalla relazione devono in ogni caso risultare:
1) le attività di ricerca e di sviluppo;
2) i rapporti con imprese controllate, collegate, controllanti e imprese sottoposte al controllo
di queste ultime;
3) il numero e il valore nominale sia delle azioni proprie sia delle azioni o quote di società
controllanti possedute dalla società, anche per tramite di società fiduciaria o per
interposta persona, con l'indicazione della parte di capitale corrispondente;
4) il numero e il valore nominale sia delle azioni proprie sia delle azioni o quote di società
controllanti acquistate o alienate dalla società, nel corso dell'esercizio, anche per tramite
di società fiduciaria o per interposta persona, con l'indicazione della corrispondente
parte di capitale, dei corrispettivi e dei motivi degli acquisti e delle alienazioni;
5) i fatti di rilievo avvenuti dopo la chiusura dell'esercizio;
6) l'evoluzione prevedibile della gestione.

Per il legislatore i principi generali da rispettare nella valutazione delle voci sono: la prudenza
(comporta che il criterio base accolto è quello del costo storico) e la continuità nei criteri di
valutazione. Inoltre nell’art. 2426 sono determinati i criteri a cui bisogna attenersi nella
valutazione di alcuni cespiti:
1 le immobilizzazioni sono iscritte al costo di acquisto o di produzione (costo storico).
Nel costo di acquisto si computano anche i costi accessori;
2 il costo delle immobilizzazioni, materiali e immateriali, la cui utilizzazione è limitata
nel tempo deve essere sistematicamente ammortizzato in ogni esercizio in relazione con
la loro residua possibilità di utilizzazione;
3 l'immobilizzazione che, alla data della chiusura dell'esercizio, risulti durevolmente di
valore inferiore a quello determinato secondo i numeri 1) e 2) deve essere iscritta a tale
minore valore; questo non può essere mantenuto nei successivi bilanci se sono venuti
meno i motivi della rettifica effettuata;
4 le immobilizzazioni consistenti in partecipazioni in imprese controllate o collegate
possono essere valutate, con riferimento ad una o più tra dette imprese, per un importo
pari alla corrispondente frazione del patrimonio netto risultante dall'ultimo bilancio
delle imprese medesime, detratti i dividendi ed operate le rettifiche richieste dai principi
di redazione del bilancio consolidato nonché quelle necessarie per il rispetto dei principi
indicati negli art. 2423 e 2423-bis. Quando la partecipazione è iscritta per la prima volta
in base al metodo del patrimonio netto, il costo di acquisto superiore al valore
corrispondente del patrimonio netto risultante dall'ultimo bilancio dell'impresa
controllata o collegata può essere iscritto nell'attivo, purché ne siano indicate le ragioni
nella nota integrativa. La differenza, per la parte attribuibile a beni ammortizzabili o
all'avviamento, deve essere ammortizzata. Negli esercizi successivi le plusvalenze,
derivanti dall'applicazione del metodo del patrimonio netto, rispetto al valore indicato
nel bilancio dell'esercizio precedente sono iscritte in una riserva non distribuibile;
5 i costi di impianto e di ampliamento, i costi di ricerca, di sviluppo e di pubblicità aventi
utilità pluriennale possono essere iscritti nell'attivo con il consenso, ove esistente, del
collegio sindacale e devono essere ammortizzati entro un periodo non superiore a 5
anni;
6 l'avviamento può essere iscritto nell'attivo con il consenso, ove esistente, del collegio
sindacale, se acquisito a titolo oneroso, nei limiti del costo per esso sostenuto e deve
essere ammortizzato entro un periodo di 5 anni;
7 il disaggio su prestiti deve essere iscritto nell'attivo e ammortizzato in ogni esercizio per
il periodo di durata del prestito;
8 i crediti devono essere iscritti secondo il valore presumibile di realizzazione (o prudente
realizzo);
8-bis) le attività e le passività in valuta, ad eccezione delle immobilizzazioni, devono essere
iscritte al tasso di cambio a pronti alla data di chiusura dell'esercizio ed i relativi utili e
perdite su cambi devono essere imputati al conto economico e l'eventuale utile netto
deve essere accantonato in apposita riserva non distribuibile fino al realizzo. Le
immobilizzazioni in valuta devono essere iscritte al tasso di cambio al momento del loro
acquisto o a quello inferiore alla data di chiusura dell'esercizio se la riduzione debba
giudicarsi durevole;
9) le rimanenze, i titoli e le attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni sono
iscritti al costo di acquisto o di produzione, ovvero al valore di realizzazione desumibile
dall'andamento del mercato, se minore; tale minor valore non può essere mantenuto nei
successivi bilanci se ne sono venuti meno i motivi. I costi di distribuzione non possono
essere computati nel costo di produzione;
10) il costo dei beni fungibili può essere calcolato col metodo della media ponderata o con
quelli: "primo entrato, primo uscito" o: "ultimo entrato, primo uscito"; se il valore così
ottenuto differisce in misura apprezzabile dai costi correnti alla chiusura dell'esercizio,
la differenza deve essere indicata, per categoria di beni, nella nota integrativa;
11) i lavori in corso su ordinazione possono essere iscritti sulla base dei corrispettivi
contrattuali maturati con ragionevole certezza;
12) le attrezzature industriali e commerciali, le materie prime, sussidiarie e di consumo,
possono essere iscritte nell'attivo ad un valore costante qualora siano costantemente
rinnovate, e complessivamente di scarsa importanza in rapporto all'attivo di bilancio,
sempreché non si abbiano variazioni sensibili nella loro entità, valore e composizione.

Nel sistema tradizionale il bilancio è redatto con la cooperazione dei 3 organi sociali, nel
sistema dualistico è predisposto dal consiglio di gestione e approvato da quello di sorveglianza.
Nelle società con sistema tradizionale, l'assemblea ordinaria deve essere convocata almeno una
volta l'anno, entro il termine stabilito dallo statuto e comunque non superiore a 120 giorni dalla
chiusura dell'esercizio sociale. Lo statuto può prevedere un maggior termine, comunque non
superiore a 180 giorni, nel caso di società tenute alla redazione del bilancio consolidato e
quando lo richiedono particolari esigenze relative alla struttura ed all'oggetto della società. Gli
amministratori redigono il progetto di bilancio che, almeno 30 giorni prima della discussione
dell’assemblea, dev’essere comunicato al collegio sindacale con la relazione degli
amministratori. Tale organo deve riferire all’assemblea sui risultati dell’esercizio sociale e
sull’attività svolta nell’adempimento dei propri doveri, e fare le osservazioni e le proposte in
ordine al bilancio e alla sua approvazione. Analoga relazione è predisposta dal soggetto
incaricato del controllo contabile. Il progetto del bilancio e i relativi allegati devono restare
depositati in copia nella sede della società durante i 15 giorni che precedono l’assemblea e
finché sia approvato. L’assemblea può approvare o respingere il progetto di bilancio. Può anche
modificarlo direttamente. L'approvazione del bilancio non implica liberazione degli
amministratori, dei direttori generali e dei sindaci per le responsabilità incorse nella gestione
sociale. Entro 30 giorni dall'approvazione una copia del bilancio, corredata dalle relazioni e dal
verbale di approvazione dell'assemblea o del consiglio di sorveglianza, deve essere, a cura degli
amministratori, depositata presso l'ufficio del registro delle imprese o spedita al medesimo
ufficio a mezzo di lettera raccomandata. Le azioni previste di annullabilità e/o di nullità non
possono essere proposte nei confronti delle deliberazioni di approvazione del bilancio dopo che
è avvenuta l'approvazione del bilancio dell'esercizio successivo. La legittimazione ad impugnare
la deliberazione di approvazione del bilancio su cui il revisore non ha formulato rilievi spetta a
tanti soci che rappresentino almeno il 5% del capitale sociale. Il bilancio dell'esercizio nel corso
del quale viene dichiarata l'invalidità tiene conto delle ragioni di questa.

La deliberazione sulla distribuzione degli utili è adottata dall'assemblea che approva il bilancio
ovvero, qualora il bilancio sia approvato dal consiglio di sorveglianza, dall'assemblea convocata
dal consiglio di sorveglianza. Non tutti gli utili sono distribuibili fra i soci. Se si verifica una
perdita del capitale sociale, non può farsi luogo a ripartizione di utili fino a che il capitale non
sia reintegrato o ridotto in misura corrispondente. Dagli utili netti annuali deve essere dedotta
una somma corrispondente almeno al 5% di essi per costituire una riserva, fino a che questa non
abbia raggiunto il 20% del capitale sociale. La riserva deve essere reintegrata se viene diminuita
per qualsiasi ragione. Questa è la riserva legale e costituisce una forma di autofinanziamento
obbligatorio della società. La riserva statutaria è imposta dallo statuto che stabilisce anche la
quota parte di utili di esercizio da destinare alla stessa e non distribuibili tra i soci. Sono riserve
facoltative quelle discrezionalmente disposte dall’assemblea ordinaria che approva il bilancio.
Vincoli di destinazione degli utili possono derivare dalle norme statutarie che prevedono una
partecipazione agli utili a favore dei promotori, dei soci fondatori e degli amministratori. Quindi
gli utili di cui l’assemblea può disporre a favore dei soci sono costituiti dagli utili distribuibili di
esercizio e dagli utili accertati e non distribuiti negli esercizi precedenti. L’approvazione del
bilancio non determina l’insorgere di un diritto individuale degli azionisti all’immediata
assegnazione della propria parte degli utili, è necessaria un’ulteriore e distinta deliberazione
dell’assemblea. Non possono essere pagati dividendi sulle azioni, se non per utili realmente
conseguiti e risultanti dal bilancio regolarmente approvato. Gli azionisti non sono obbligati a
restituire i dividendi riscossi per utili non realmente esistenti quando erano in buona fede al
momento della riscossione, i dividendi sono stati distribuiti in base ad un bilancio regolarmente
approvato e dal bilancio risultano utili netti corrispondenti. La distribuzione di acconti sui
dividendi è consentita solo alle società il cui bilancio è assoggettato per legge al controllo da
parte di società di revisione iscritte all'albo speciale. La distribuzione di acconti sui dividendi
deve essere prevista dallo statuto ed è deliberata dagli amministratori dopo il rilascio da parte
della società di revisione di un giudizio positivo sul bilancio dell'esercizio precedente e la sua
approvazione. Gli amministratori deliberano la distribuzione di acconti sui dividendi sulla base
di un prospetto contabile e di una relazione, dai quali risulti che la situazione patrimoniale,
economica e finanziaria della società consente la distribuzione stessa. Su tali documenti deve
essere acquisito il parere del soggetto incaricato del controllo contabile.

Il bilancio consolidato di gruppo è un bilancio, con la stessa struttura e lo stesso procedimento


di formazione del bilancio d’esercizio, redatto dalle società di capitali (capogruppo) che
controllano altre imprese e dalle società cooperative che controllano società di capitali in
aggiunta al proprio e rappresenta la situazione patrimoniale, finanziaria ed economica del
gruppo considerato nella sua unità, come se si trattasse di un’unica impresa. Si considerano solo
le imprese controllate tramite possesso di partecipazioni. Sono escluse quelle controllate in base
a particolari vincoli contrattuali e quelle che svolgono un’attività del tutto eterogenea rispetto a
quella della maggior parte delle imprese controllate. Sono esonerati i gruppi di minore
dimensione purché nessuna s.p.a. sia quotata. Non sono inserite le partecipazioni della
controllante in imprese incluse nel consolidamento e la corrispondente frazione del patrimonio
netto, i crediti e i debiti fra le imprese incluse nel consolidamento, i proventi e gli oneri relativi
ad operazioni effettuate fra le stesse, gli utili e le perdite conseguenti. Il bilancio consolidato
non è assoggettato all’approvazione dell’assemblea ma è assoggettata a revisione contabile
obbligatoria.
Capitolo VII: Le modificazioni dello statuto

Ogni mutamento del contenuto oggettivo del contratto sociale che può consistere sia
nell’inserimento di nuove clausole, sia nella modificazione o soppressione di clausole
preesistenti costituisce modificazione dello statuto di una s.p.a.. Questo è di competenza
dell’assemblea dei soci in sede straordinaria con delibera adottata con le maggioranza previste
in via generale per l’assemblea straordinaria o , nelle società non quotate, con quelle più elevate
stabilite per talune modifiche di particolare rilievo. L’omologazione del tribunale è eventuale e
facoltativa ora. È il notaio che ha verbalizzato la delibera che verifica l’adempimento delle
condizioni stabilite dalla legge e, entro 30 giorni, ne richiede l’iscrizione nel registro delle
imprese contestualmente al deposito. L’ufficio del registro, verificata la regolarità formale della
documentazione, iscrive la delibera nel registro. Se il notaio ritiene non adempiute le condizioni
stabilite dalla legge, ne dà comunicazione tempestivamente, e comunque non oltre il termine
previsto, agli amministratori. Gli amministratori, nei 30 giorni successivi, possono convocare
l'assemblea per gli opportuni provvedimenti oppure ricorrere al tribunale per il provvedimento;
in mancanza la deliberazione è definitivamente inefficace. La deliberazione non produce effetti
se non dopo l'iscrizione. Dopo ogni modifica dello statuto deve esserne depositato nel registro
delle imprese il testo integrale nella sua redazione aggiornata (art. 2436).

Hanno diritto di recedere, per tutte o parte delle loro azioni, i soci che non hanno concorso alle
deliberazioni riguardanti:
a la modifica della clausola dell'oggetto sociale, quando consente un cambiamento
significativo dell'attività della società;
b la trasformazione della società;
c il trasferimento della sede sociale all'estero;
d la revoca dello stato di liquidazione;
e l'eliminazione di una o più cause di recesso derogabili o previste dallo statuto;
f la modifica dei criteri di determinazione del valore dell'azione in caso di recesso;
g le modificazioni dello statuto concernenti i diritti di voto o di partecipazione.
Se le azioni sono quotate in mercati regolamentati hanno diritto di recedere i soci che non hanno
concorso alla deliberazione che comporta l'esclusione dalla quotazione.
Salvo che lo statuto disponga diversamente, hanno diritto di recedere i soci che non hanno
concorso all'approvazione delle deliberazioni riguardanti:
a la proroga del termine;
b l'introduzione o la rimozione di vincoli alla circolazione dei titoli azionari.
Lo statuto delle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio può prevedere
ulteriori cause di recesso.
Se la società è costituita a tempo indeterminato e le azioni non sono quotate in un mercato
regolamentato il socio può recedere con il preavviso di almeno 180 giorni; lo statuto può
prevedere un termine maggiore, non superiore ad un anno (art. 2437).
Il diritto di recesso è esercitato mediante lettera raccomandata che deve essere spedita entro 15
giorni dall'iscrizione nel registro delle imprese della delibera che lo legittima, con l'indicazione
delle generalità del socio recedente, del domicilio per le comunicazioni inerenti al
procedimento, del numero e della categoria delle azioni per le quali il diritto di recesso viene
esercitato. Se il fatto che legittima il recesso è diverso da una deliberazione, esso è esercitato
entro 30 dalla sua conoscenza da parte del socio. Le azioni per le quali è esercitato il diritto di
recesso non possono essere cedute e devono essere depositate presso la sede sociale. Il recesso
non può essere esercitato e, se già esercitato, è privo di efficacia, se, entro 90 giorni, la società
revoca la delibera che lo legittima ovvero se è deliberato lo scioglimento della società (art.
2437-bis).
Il socio ha diritto alla liquidazione delle azioni per le quali esercita il recesso. Il valore di
liquidazione delle azioni è determinato dagli amministratori, sentito il parere del collegio
sindacale e del soggetto incaricato della revisione contabile, tenuto conto della consistenza
patrimoniale della società e delle sue prospettive reddituali, nonché dell'eventuale valore di
mercato delle azioni. Lo statuto può stabilire criteri diversi di determinazione del valore di
liquidazione, indicando gli elementi dell'attivo e del passivo del bilancio che possono essere
rettificati rispetto ai valori risultanti dal bilancio, unitamente ai criteri di rettifica, nonché altri
elementi suscettibili di valutazione patrimoniale da tenere in considerazione. I soci hanno diritto
di conoscere la determinazione del valore di rimborso nei 15 giorni precedenti alla data fissata
per l'assemblea. In caso di contestazione da proporre contestualmente alla dichiarazione di
recesso il valore di liquidazione è determinato entro 90 giorni dall'esercizio del diritto di recesso
tramite relazione giurata di un esperto nominato dal tribunale. Il valore di liquidazione delle
azioni quotate in mercati regolamentati è determinato facendo esclusivo riferimento alla media
aritmetica dei prezzi di chiusura nei sei mesi che precedono la pubblicazione ovvero ricezione
dell'avviso di convocazione dell'assemblea le cui deliberazioni legittimano il recesso (art. 2437-
ter).
Gli amministratori offrono in opzione le azioni del socio recedente agli altri soci in proporzione
al numero delle azioni possedute. Qualora i soci non acquistino in tutto o in parte le azioni del
recedente, gli amministratori possono collocarle presso terzi; nel caso di azioni quotate in
mercati regolamentati, il loro collocamento avviene mediante offerta nei mercati medesimi. In
caso di mancato collocamento, le azioni del recedente vengono rimborsate mediante acquisto da
parte della società utilizzando riserve disponibili. In assenza di utili e riserve disponibili, deve
essere convocata l'assemblea straordinaria per deliberare la riduzione del capitale sociale,
ovvero lo scioglimento della società. Dove l'opposizione sia accolta la società si scioglie (art.
2437-quater).

L’aumento del capitale sociale può essere di 2 tipi:


1 Reale (o a pagamento):
Con esso la società intende procurarsi nuovi mezzi finanziari a titolo di capitale di rischio. Con
questo aumento si da’ luogo all’emissione di nuove azioni a pagamento che vengono sottoscritte
dai socie attuali cui per legge è riconosciuto diritto d’opzione. Un aumento di capitale non può
essere eseguito fino a che le azioni precedentemente emesse non siano interamente liberate. In
caso di violazione di tale disposizione, gli amministratori sono solidalmente responsabili per i
danni arrecati ai soci ed ai terzi. Restano in ogni caso salvi gli obblighi assunti con la
sottoscrizione delle azioni emesse in violazione di tale disposizione. Competente a deliberare
l’aumento di capitale è l’assemblea straordinaria dei soci. Lo statuto o una sua successiva
modifica possono attribuire agli amministratori la facoltà di aumentare in una o più volte il
capitale fino ad un ammontare determinato e per il periodo massimo di 5 anni dalla data
dell'iscrizione della società nel registro delle imprese. Tale delega è rinnovabile. Agli
amministratori è riconosciuta anche la facoltà di deliberare in merito all’esclusione o limitazione
del diritto di opzione dei soci ma lo statuto deve determinarne i criteri. Se tale facoltà è attribuita
con modifica dello statuto è necessaria la maggioranza qualificata prevista per l’esclusione del
diritto di opzione. Il verbale della deliberazione degli amministratori di aumentare il capitale
deve essere redatto da un notaio e deve essere depositato e iscritto. La deliberazione di aumento
deve fissare il termine, non inferiore a 30 giorni dalla pubblicazione dell’offerta, entro il quale
le sottoscrizioni devono essere raccolte. Se l'aumento di capitale non è integralmente sottoscritto
entro il termine il capitale è aumentato di un importo pari alle sottoscrizioni raccolte soltanto se
la deliberazione medesima lo abbia espressamente previsto. L’aumento di capitale è inscindibile
e la sottoscrizione parziale non vincola né la società, né i sottoscrittori. Se l'aumento di capitale
avviene mediante conferimento di beni in natura o di crediti si applicano le disposizioni per i
conferimenti al momento della costituzione della società. I sottoscrittori delle azioni di nuova
emissione devono, all'atto della sottoscrizione, versare alla società almeno il venticinque per
cento del valore nominale delle azioni sottoscritte. Se è previsto un soprapprezzo, questo deve
essere interamente versato all'atto della sottoscrizione.

Il diritto di opzione è il diritto dei soci attuali di essere preferiti ai terzi nella sottoscrizione
dell’aumento del capitale sociale a pagamento. Ciò consente di mantenere inalterati la
proporzione in cui ciascun socio partecipa al capitale ed al patrimonio sociale e il valore reale
della partecipazione azionaria in presenza di riserve accumulate. Il diritto d’opzione ha un
proprio valore economico che l’azionista può monetizzare cedendolo a terzi. Non è un diritto
intangibile. Compete agli azionisti di ogni categoria ed ai possessori di obbligazioni convertibili
su tutte le azioni di nuova emissione in proporzione al numero di azioni possedute. Per
l’esercizio del diritto d’opzione la società deve concedere agli azionisti un termine non inferiore
a 30 giorni che decorre dall’iscrizione dell’offerta di opzione nel registro delle imprese. Se le
azioni non sono quotate in borsa, coloro che hanno esercitato il diritto d’opzione hanno diritto di
prelazione nella sottoscrizione delle azioni non optate, purché ne facciano richiesta all’atto
dell’esercizio dell’opzione. Se le azioni sono quotate i diritti d’opzione residui devono essere
offerti in borsa dagli amministratori, per conto della società per almeno 5 riunioni ed il ricavato
della vendita va a beneficio del patrimoni sociale. Il diritto di opzione non spetta per le azioni di
nuova emissione che, secondo la deliberazione di aumento del capitale, devono essere liberate
mediante conferimenti in natura. Nelle società con azioni quotate in mercati regolamentati lo
statuto può altresì escludere il diritto di opzione nei limiti del 10% del capitale sociale
preesistente, a condizione che il prezzo di emissione corrisponda al valore di mercato delle
azioni e ciò sia confermato in apposita relazione dalla società incaricata della revisione
contabile. Quando l'interesse della società lo esige, il diritto di opzione può essere escluso o
limitato con la deliberazione di aumento di capitale,
approvata da tanti soci che rappresentino oltre la metà del capitale sociale, anche se la
deliberazione è presa in assemblea di convocazione successiva alla prima. Il diritto d’opzione
può essere escluso con delibera dell’assemblea straordinaria, quando le azioni devono essere
offerte in sottoscrizione ai dipendenti della società o anche ai dipendenti di società controllanti o
controllate. La delibera dev’essere approvata da oltre la metà del capitale sociale anche se la
deliberazione è presa in assemblea di convocazione successiva alla prima se il diritto è escluso
per più di un quarto delle azioni di nuova emissione. Nei primi 2 casi è obbligatoria l’emissione
delle nuove azioni con sovrapprezzo. La deliberazione determina il prezzo di emissione delle
azioni in base al valore del patrimonio netto, tenendo conto, per le azioni quotate in borsa, anche
dell'andamento delle quotazioni nell'ultimo semestre. Il collegio sindacale esprime il suo parere.
Non si considera escluso né limitato il diritto di opzione qualora la deliberazione di aumento di
capitale preveda che le azioni di nuova emissione siano sottoscritte da banche, da enti o società
finanziarie soggetti al controllo della Consob ovvero da altri soggetti autorizzati all'esercizio
dell'attività di collocamento di strumenti finanziari, con obbligo di offrirle agli azionisti della
società, con operazioni di qualsiasi tipo. Le spese dell'operazione sono a carico della società e la
deliberazione di aumento del capitale deve indicarne l'ammontare.
2 Nominale (o gratuito):
L'assemblea può aumentare il capitale, imputando a capitale le riserve e gli altri fondi iscritti in
bilancio in quanto disponibili. In questo caso le azioni di nuova emissione devono avere le
stesse caratteristiche di quelle in circolazione, e devono essere assegnate gratuitamente agli
azionisti in proporzione di quelle da essi già possedute. L'aumento di capitale può attuarsi anche
mediante aumento del valore nominale delle azioni in circolazione.

Anche la riduzione del capitale sociale può essere di 2 tipi:


1 Reale:
La riduzione del capitale sociale può aver luogo sia mediante liberazione dei soci dall'obbligo
dei versamenti ancora dovuti, sia mediante rimborso del capitale ai soci. L'avviso di
convocazione dell'assemblea deve indicare le ragioni e le modalità della riduzione. La riduzione
deve comunque effettuarsi con modalità tali che le azioni proprie eventualmente possedute dopo
la riduzione non eccedano la decima parte del capitale sociale. La deliberazione può essere
eseguita soltanto dopo 90 giorni dal giorno dell'iscrizione nel registro delle imprese, purché
entro questo termine nessun creditore sociale anteriore all'iscrizione abbia fatto opposizione.
2 Nominale:
Consiste nell’adeguare la cifra del capitale sociale nominale all’attuale minor valore del capitale
reale. La società non è obbligata a ridurre il capitale fino a quando la perdita dello stesso non sia
superiore a un terzo. La società può ridurre il capitale per perdite per poter distribuire gli utili
successivamente conseguiti. La società che ha emesso obbligazioni non può ridurre
volontariamente il capitale sociale o distribuire riserve se rispetto all'ammontare delle
obbligazioni ancora in circolazione il limite legale dell’emissione di obbligazioni. La riduzione
è obbligatoria quando il capitale è diminuito di oltre un terzo in conseguenza di perdite. Se il
minimo legale non è stato intaccato, gli amministratori o il collegio sindacale devono convocare
senza indugio l’assemblea straordinaria e sottoporle una situazione patrimoniale aggiornata
della società con le osservazioni del collegio sindacale. La situazione patrimoniale e le
osservazioni devono restare depositate nella sede della società durante gli 8 giorni che
precedono l’assemblea. Gli amministratori devono dare conto nell’assemblea dei fatti di rilievo
avvenuti dopo la redazione della situazione patrimoniale. Se entro l'esercizio successivo la
perdita non risulta diminuita a meno di un terzo, l'assemblea ordinaria o il consiglio di
sorveglianza che approva il bilancio di tale esercizio deve ridurre il capitale in proporzione delle
perdite accertate. In mancanza gli amministratori e i sindaci o il consiglio di sorveglianza
devono chiedere al tribunale che venga disposta la riduzione del capitale in ragione delle perdite
risultanti dal bilancio. Il tribunale provvede, sentito il pubblico ministero, con decreto. Nel caso
in cui le azioni emesse dalla società siano senza valore nominale, lo statuto, una sua
modificazione ovvero una deliberazione adottata con le maggioranze previste per l'assemblea
straordinaria possono prevedere che la riduzione del sia deliberata dal consiglio di
amministrazione. La disciplina diventa più rigorosa se, per la perdita di oltre un terzo il capitale
scende al di sotto del minimo legale: gli amministratori o il consiglio di gestione e, in caso di
loro inerzia, il consiglio di sorveglianza devono senza indugio convocare l'assemblea per
deliberare la riduzione del capitale ed il contemporaneo aumento del medesimo ad una cifra non
inferiore al detto minimo, o la trasformazione della società.
Capitolo VIII: Le obbligazioni

Le obbligazioni sono titoli di credito che rappresentano frazioni di uguale valore nominativo e
con uguali diritti di un’unitaria operazione di finanziamento a titolo di mutuo. Danno diritto ad
una remunerazione periodica fissa e al rimborso del valore nominale del capitale prestato alla
scadenza pattuita. Danno diritto al rimborso del loro apporto (che può essere uguale, inferiore o
superiore al valore nominale del conferimento eseguito)solo in sede di liquidazione della società
e sempre che residui un attivo netto dopo che sono stati soddisfatti tutti i creditori. Ci sono
alcuni tipi speciali di obbligazioni:
a obbligazioni partecipanti (la remunerazione periodica è commisurata agli utili di
bilancio dell’emittente)
b obbligazioni indicizzate o strutturate (neutralizzano gli effetti della svalutazione
monetaria e adeguano il rendimento dei titoli all’andamento del mercato finanziario)
c obbligazioni convertibili in azioni (danno all’obbligazionista la facoltà di convertirle in
una partecipazione dell’emittente o di una sua collegata)
d obbligazioni con warrant (danno il diritto di sottoscrivere o acquistare azioni
dell’emittente)
e obbligazioni subordinate (il diritto degli obbligazionisti al pagamento degli interessi ed
al rimborso del capitale è subordinato all’integrale soddisfacimento degli altri creditori)

La società può emettere obbligazioni al portatore o nominative per somma complessivamente


non eccedente il doppio del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili
risultanti dall'ultimo bilancio approvato. I sindaci attestano il rispetto del suddetto limite. Questo
può essere superato:
● se le obbligazioni emesse in eccedenza sono destinate alla sottoscrizione da parte di
investitori professionali soggetti a vigilanza prudenziale che rispondono della solvenza
della società nei confronti degli acquirenti che non siano investitori professionali se
trasferiscono le obbligazioni sottoscritte;
● se l'emissione di obbligazioni è garantita da ipoteca di primo grado su immobili di
proprietà della società, sino a due terzi del valore degli immobili medesimi.
● quando ricorrono particolari ragioni che interessano l'economia nazionale con
provvedimento dell'autorità governativa (art. 2412).
Il rapporto fra capitale più riserve ed obbligazioni deve permanere per tutta la durata del prestito
obbligazionario. la società che ha emesso obbligazioni non può ridurre volontariamente il
capitale sociale o distribuire riserve se rispetto all'ammontare delle obbligazioni ancora in
circolazione il limite non risulta più rispettato (art. 2413). È consentita la riduzione per perdite
obbligatoria.

Se la legge o lo statuto non dispongono diversamente, l'emissione di obbligazioni è deliberata


dagli amministratori. In ogni caso la deliberazione di emissione deve risultare da verbale redatto
da notaio, è soggetta a controllo di legalità da parte dello stesso ed è depositata ed iscritta nel
registro delle imprese (art. 2410). Produce effetti e può essere eseguita solo dopo l’iscrizione.
La deliberazione di emissione di obbligazioni che preveda la costituzione di garanzie reali a
favore dei sottoscrittori deve designare un notaio che, per conto dei sottoscrittori, compia le
formalità necessarie per la costituzione delle garanzie medesime (art. 2414-bis). L’ammontare
delle obbligazioni emesse deve risultare da un apposito libro delle obbligazioni.

Le obbligazioni convertibili in azioni attribuiscono il diritto di sottoscrivere azioni della stessa


società in base ad un prefissato rapporto di cambio utilizzando come conferimento le somme già
versate al momento dell’acquisto delle obbligazioni. Devono essere offerte in opzione agli
azionisti ed ai possessori di obbligazioni convertibili precedentemente emesse. La delibera di
emissione non può essere adottata se il capitale sociale precedentemente sottoscritto non è stato
integralmente versato. Le obbligazioni convertibili non possono essere emesse per somma
complessivamente inferiore al loro valore nominale né per ammontare superiore al limite
dell’art. 2412. L’assemblea straordinaria delibera l’emissione di tali obbligazioni. Lo statuto può
attribuire agli amministratori la facoltà di emettere in una o più volte obbligazioni convertibili,
fino ad un ammontare determinato e per il periodo massimo di 5 anni dalla data di iscrizione
della società nel registro delle imprese. In tal caso la delega comprende anche quella relativa al
corrispondente aumento del capitale sociale (art. 2420-ter). L’assemblea straordinaria
contestualmente alla delibera di emissione determina il rapporto di cambio e il periodo e le
modalità della conversione. Intanto la società deve deliberare l'aumento del capitale sociale per
un ammontare corrispondente alle azioni da attribuire in conversione. L’aumento del capitale
sarà sottoscritto via via che gli obbligazionisti eserciteranno il diritto di conversione. Nei casi di
aumento del capitale a pagamento e di emissione di azioni convertibili, il diritto di opzione
spetta ai possessori di obbligazioni convertibili. Nei casi di aumento del capitale mediante
imputazione di riserve e di riduzione del capitale per perdite, il rapporto di cambio è modificato
in proporzione alla misura dell'aumento o della riduzione. Fino a quando non siano scaduti i
termini fissati per la conversione, la società non può deliberare né la riduzione volontaria del
capitale sociale, né la modificazione delle disposizioni dello statuto concernenti la ripartizione
degli utili. Può essere superato dalla società concedendo agli azionisti la facoltà di conversione
anticipata.

Gli interessi del gruppo degli obbligazionisti sono tutelati da 2 organi:


● L’assemblea degli obbligazionisti
L'assemblea degli obbligazionisti delibera:
1 sulla nomina e sulla revoca del rappresentante comune;
2 sulle modificazioni delle condizioni del prestito;
3 sulla proposta di amministrazione controllata e di concordato;
4 sulla costituzione di un fondo per le spese necessarie alla tutela dei comuni interessi e
sul rendiconto relativo;
5 sugli altri oggetti d'interesse comune degli obbligazionisti.
L'assemblea è convocata dagli amministratori o dal rappresentante degli obbligazionisti, quando
lo ritengono necessario, o quando ne è fatta richiesta da tanti obbligazionisti che rappresentino il
ventesimo dei titoli emessi e non estinti. Si applicano all'assemblea degli obbligazionisti le
disposizioni relative all'assemblea straordinaria dei soci e le sue deliberazioni sono iscritte, a
cura del notaio che ha redatto il verbale, nel registro delle imprese. Per la validità delle
deliberazioni sulle modificazioni delle condizioni del prestito è necessario anche in seconda
convocazione il voto favorevole degli obbligazionisti che rappresentino la metà delle
obbligazioni emesse e non estinte. All'assemblea degli obbligazionisti possono assistere gli
amministratori ed i sindaci (art. 2415). La disciplina dettata per le delibere assembleari nulle e
annullabili si applica alle delibere dell’assemblea degli obbligazionisti.
● Il rappresentante comune
Il rappresentante comune può essere nominato dall'assemblea, se no è nominato con decreto dal
tribunale su domanda di uno o più obbligazionisti o degli amministratori della società. La
nomina è soggetta ad iscrizione nel registro delle imprese. Il rappresentante comune dura in
carica per un periodo non superiore ad un triennio e può essere rieletto. Può essere revocato
anche senza giusta causa (art. 2417). Il rappresentante comune deve provvedere all'esecuzione
delle deliberazioni dell'assemblea degli obbligazionisti, tutelare gli interessi comuni di questi nei
rapporti con la società e assistere alle operazioni di sorteggio delle obbligazioni. Egli ha diritto
di assistere all'assemblea dei soci. Per la tutela degli interessi comuni ha la rappresentanza
processuale degli obbligazionisti anche nelle procedure concorsuali (art. 2418). Le disposizioni
precedenti non precludono le azioni individuali degli obbligazionisti, salvo che queste siano
incompatibili con le deliberazioni dell'assemblea previste dall'art. 2415.
Capitolo IX: Lo scioglimento della società per azioni

Le s.p.a. si sciolgono:
1 per il decorso del termine (ma questo può essere prorogato prima della scadenza con
delibera dell’assemblea straordinaria. Per le s.p.a. che non fanno appello al capitale di
rischio è richiesta la maggioranza di più di un terzo del capitale sociale anche in
seconda convocazione. In tutte le s.p.a. è riconosciuto il diritto di recesso agli azionisti
che non hanno concorso all’approvazione della delibera);
2 per il conseguimento dell'oggetto sociale o per la sopravvenuta impossibilità di
conseguirlo, salvo che l'assemblea, all'uopo convocata senza indugio, non deliberi le
opportune modifiche statutarie;
3 per l'impossibilità di funzionamento o per la continuata inattività dell'assemblea;
4 per la riduzione del capitale al disotto del minimo legale;
5 per deliberazione dell’assemblea straordinaria di scioglimento in seguito al recesso di
uno o più soci o all’impossibilità di provvedere al rimborso delle relative azioni senza
ridurre il capitale sociale o all’opposizione dei creditori alla riduzione;
6 per deliberazione dell'assemblea di scioglimento anticipato(per le s.p.a. che non fanno
appello al capitale di rischio è richiesta la maggioranza di più di un terzo del capitale
sociale anche in seconda convocazione);
7 per le altre cause previste dall'atto costitutivo o dallo statuto.
La società inoltre si scioglie per le altre cause previste dalla legge (art. 2484).
Gli amministratori devono senza indugio accertare il verificarsi di una causa di scioglimento e
procedere al suo accertamento e all’iscrizione nel registro delle imprese della dichiarazione o
della deliberazione assembleare. Essi, in caso di ritardo od omissione, sono personalmente e
solidalmente responsabili per i danni subiti dalla società, dai soci, dai creditori sociali e dai terzi.
Quando gli amministratori omettono gli adempimenti previsti, il tribunale, su istanza di singoli
soci o amministratori ovvero dei sindaci, accerta il verificarsi della causa di scioglimento, con
decreto che deve essere iscritto nel registro delle imprese (art. 2485). Alla denominazione
sociale deve essere aggiunta l'indicazione trattarsi di società in liquidazione. Gli effetti dello
scioglimento si determinano alla data dell'iscrizione presso l'ufficio del registro delle imprese
della dichiarazione con cui gli amministratori ne accertano la causa o alla data dell'iscrizione
della relativa deliberazione assembleare nei casi 5. e 6.

Gli amministratori restano in carica fino alla nomina dei liquidatori ma devono convocare
l’assemblea per le deliberazioni relative alla liquidazione. Essi conservano il potere di gestire la
società, ai soli fini della conservazione dell'integrità e del valore del patrimonio sociale. Gli
amministratori sono personalmente e solidalmente responsabili dei danni arrecati alla società, ai
soci, ai creditori sociali ed ai terzi, per atti od omissioni compiuti in violazione delle precedenti
disposizioni (art. 2486). Le disposizioni sulle decisioni dei soci, sulle assemblee e sugli organi
amministrativi e di controllo si applicano, in quanto compatibili, anche durante la liquidazione
(art. 2488). Il collegio sindacale continuerà a svolgere la consueta attività di controllo. La
società può in ogni momento revocare lo stato di liquidazione, occorrendo previa eliminazione
della causa di scioglimento, con deliberazione dell'assemblea presa con le maggioranze richieste
per le modificazioni dell'atto costitutivo o dello statuto. La revoca ha effetto solo dopo 60 giorni
dall'iscrizione nel registro delle imprese della relativa deliberazione, salvo che consti il consenso
dei creditori della società o il pagamento dei creditori che non hanno dato il consenso.

Gli amministratori, contestualmente all'accertamento della causa di scioglimento, debbono


convocare l'assemblea straordinaria dei soci perché deliberi, con le maggioranze previste per le
modificazioni dell'atto costitutivo o dello statuto, sul numero dei liquidatori e le regole di
funzionamento, sui poteri dei liquidatori, con particolare riguardo alla cessione dell'azienda
sociale, di rami di essa, ovvero anche di singoli beni o diritti, o blocchi di essi, e sugli atti
necessari per la conservazione del valore dell'impresa, ivi compreso il suo esercizio provvisorio,
anche di singoli rami, in funzione del migliore realizzo. Se gli amministratori omettono la
convocazione, il tribunale vi provvede su istanza di singoli soci o amministratori, ovvero dei
sindaci, e, nel caso in cui l'assemblea non si costituisca o non deliberi, adotta con decreto le
decisioni ivi previste. I liquidatori restano in carica per tutta la durata del procedimento di
liquidazione ma possono essere revocati dall'assemblea o, quando sussiste una giusta causa, dal
tribunale su istanza di soci, dei sindaci o del pubblico ministero (art. 2487). La nomina dei
liquidatori e la determinazione dei loro poteri, comunque avvenuta, nonché le loro
modificazioni, devono essere iscritte, a loro cura, nel registro delle imprese. Avvenuta
l'iscrizione gli amministratori cessano dalla carica e consegnano ai liquidatori i libri sociali, una
situazione dei conti alla data di effetto dello scioglimento ed un rendiconto sulla loro gestione
relativo al periodo successivo all'ultimo bilancio approvato. Di tale consegna viene redatto
apposito verbale (art. 2487-bis). I liquidatori debbono adempiere i loro doveri con la
professionalità e diligenza richieste dalla natura dell'incarico e la loro responsabilità per i danni
derivanti dall'inosservanza di tali doveri è disciplinata secondo le norme in tema di
responsabilità degli amministratori. I liquidatori devono prendere in consegna i beni e i
documenti sociali nonché redigere l’inventario del patrimonio sociale e hanno il potere di
compiere tutti gli atti utili per la liquidazione della società. Se i fondi disponibili risultano
insufficienti per il pagamento dei debiti sociali, i liquidatori possono chiedere
proporzionalmente ai soci i versamenti ancora dovuti. I liquidatori devono redigere il bilancio e
presentarlo, alle scadenze previste per il bilancio di esercizio della società, per l'approvazione
all'assemblea. Nel primo bilancio successivo alla loro nomina i liquidatori devono indicare le
variazioni nei criteri di valutazione adottati rispetto all'ultimo bilancio approvato, e le ragioni e
conseguenze di tali variazioni. Compiuta la liquidazione, i liquidatori devono redigere il
bilancio finale, indicando la parte spettante a ciascun socio o azione nella divisione dell'attivo.
Decorso il termine di 90 giorni senza che siano stati proposti reclami, il bilancio finale di
liquidazione s'intende approvato, e i liquidatori, salvi i loro obblighi relativi alla distribuzione
dell'attivo risultante dal bilancio, sono liberati di fronte ai soci. Approvato il bilancio finale, i
liquidatori devono chiedere la cancellazione della società dal registro delle imprese. I libri della
società devono essere depositati e conservati per 10 anni presso l'ufficio del registro delle
imprese. Ferma restando l'estinzione della società, dopo la cancellazione i creditori sociali non
soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle
somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei
liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi. La domanda, se proposta entro
un anno dalla cancellazione, può essere notificata presso l'ultima sede della società. Qualora per
oltre 3 anni consecutivi non venga depositato il bilancio di cui al presente, la società è cancellata
d'ufficio dal registro delle imprese. I creditori possono chiedere il fallimento della società entro
un anno dalla cancellazione della stessa dal registro delle imprese.
Capitolo X: La società in accomandita per azioni

Nella s.a.p.a. ci sono 2 categorie di soci:


1 i soci accomandatari che rispondono solidalmente e illimitatamente per le obbligazioni
sociali e sono per legge amministratori della società;
2 i soci accomandanti che sono obbligati nei limiti della quota di capitale sottoscritta.
Le quote di partecipazione dei soci sono rappresentate da azioni.
Alla s.a.p.a. sono applicabili le norme relative alla s.p.a..
Non si può essere accomandatari se non si è amministratori e si cessa di essere accomandatari e
responsabili se si cessa di essere amministratori. I soci accomandatari indicati nell’atto
costitutivo sono di diritto amministratori e senza limiti di tempo e sono soggetti agli obblighi
degli amministratori della s.p.a.. Non sono però inamovibili. La revoca degli amministratori
deve essere deliberata con la maggioranza prescritta per le deliberazioni dell'assemblea
straordinaria della s.p.a.. Il socio accomandatario che cessa dall'ufficio di amministratore non
risponde per le obbligazioni della società sorte posteriormente all'iscrizione nel registro delle
imprese della cessazione dall'ufficio. L'assemblea con la maggioranza prescritta per le
deliberazioni dell'assemblea straordinaria della s.p.a. provvede a sostituire l'amministratore che,
per qualunque causa, ha cessato dal suo ufficio. Nel caso di pluralità di amministratori, la
nomina deve essere approvata dagli amministratori rimasti in carica. Il nuovo amministratore
assume la qualità di socio accomandatario dal momento dell'accettazione della nomina. In caso
di cessazione dall'ufficio di tutti gli amministratori, la società si scioglie se nel termine di 180
giorni non si è provveduto alla loro sostituzione e i sostituti non hanno accettato la carica. Per
questo periodo il collegio sindacale nomina un amministratore provvisorio per il compimento
degli atti di ordinaria amministrazione. L'amministratore provvisorio non assume la qualità di
socio accomandatario.

L'atto costitutivo deve indicare i soci accomandatari. La denominazione della società è costituita
dal nome di almeno uno dei soci accomandatari, con l'indicazione di s.a.p.a.. I soci
accomandatari rispondono illimitatamente e solidalmente verso i terzi per le obbligazioni
sociali. I creditori sociali possono agire nei confronti degli accomandatari solo dopo aver
infruttuosamente escusso il patrimonio sociale. I soci accomandatari non hanno diritto di voto
per le azioni ad essi spettanti nelle deliberazioni dell'assemblea che concernono la nomina e la
revoca dei sindaci ovvero dei componenti del consiglio di sorveglianza e l'esercizio dell’azione
di responsabilità. Le modificazioni dell'atto costitutivo devono essere approvate dall'assemblea
con le maggioranze prescritte per l'assemblea straordinaria della s.p.a., e devono inoltre essere
approvate da tutti i soci accomandatari.
Capitolo XI: La società a responsabilità limitata

La s.r.l. è una società di capitali nella quale per le obbligazioni sociali risponde soltanto la
società col suo patrimonio e le partecipazioni dei soci non possono essere rappresentate da
azioni e non possono costituire oggetto di sollecitazione all’investimento.

Il capitale sociale minimo richiesto è di € 10.000. La denominazione sociale può essere


liberamente formata ma deve contenere l’indicazione di ―s.r.l.‖. Nel caso di società contratta a
tempo indeterminato il diritto di recesso compete al socio in ogni momento e può essere
esercitato con un preavviso di almeno 180 giorni; l'atto costitutivo può prevedere un periodo di
preavviso di durata maggiore purché non superiore ad un anno. La s.r.l. unipersonale segue la
stessa disciplina della s.p.a. unipersonale.

Per quanto riguarda i conferimenti, possono essere conferiti tutti gli elementi dell'attivo
suscettibili di valutazione economica. Alla sottoscrizione dell'atto costitutivo deve essere
versato presso una banca almeno il 25% dei conferimenti in danaro e l'intero soprapprezzo o, nel
caso di costituzione con atto unilaterale, il loro intero ammontare. Il versamento può essere
sostituito dalla stipula, per un importo almeno corrispondente, di una polizza di assicurazione o
di una fideiussione bancaria. Il conferimento può anche avvenire mediante la prestazione di una
polizza di assicurazione o di una fideiussione bancaria con cui vengono garantiti, per l'intero
valore ad essi assegnato, gli obblighi assunti dal socio aventi per oggetto la prestazione d'opera
o di servizi a favore della società. Chi conferisce beni in natura o crediti deve presentare la
relazione giurata di un esperto o di una società di revisione iscritti nel registro dei revisori
contabili o di una società di revisione iscritta nell'apposito registro albo. Il rimborso dei
finanziamenti dei soci a favore della società è postergato rispetto alla soddisfazione degli altri
creditori e, se avvenuto nell'anno precedente la dichiarazione di fallimento della società, deve
essere restituito. S’intendono finanziamenti dei soci a favore della società quelli, in qualsiasi
forma effettuati, che sono stati concessi in un momento in cui, anche in considerazione del tipo
di attività esercitata dalla società, risulta un eccessivo squilibrio dell'indebitamento rispetto al
patrimonio netto oppure in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato
ragionevole un conferimento. Se l'atto costitutivo lo prevede, la società può emettere titoli di
debito che però sono sottratti alla disciplina delle obbligazioni della s.p.a.. In tal caso l'atto
costitutivo attribuisce la relativa competenza ai soci o agli amministratori determinando gli
eventuali limiti, le modalità e le maggioranze necessarie per la decisione. I titoli emessi possono
essere sottoscritti soltanto da investitori professionali soggetti a vigilanza prudenziale. In caso di
successiva circolazione, chi li trasferisce risponde della solvenza della società nei confronti
degli acquirenti che non siano investitori professionali ovvero soci della società medesima.

Il capitale è diviso in base al numero dei soci: il numero iniziale delle quote corrisponde al
numero dei soci che partecipano alla costituzione della società e ciascun socio diventa titolare di
un’unica quota di partecipazione corrispondente alla frazione di capitale sociale da lui
sottoscritta. Le quote possono essere di diverso ammontare. Le partecipazioni dei soci non
possono essere rappresentate da azioni né costituire oggetto di sollecitazione all'investimento. I
diritti sociali spettano ai soci in misura proporzionale alla partecipazione da ciascuno posseduta.
Se l'atto costitutivo non prevede diversamente, le partecipazioni dei soci sono determinate in
misura proporzionale al conferimento. Resta salva la possibilità che l'atto costitutivo preveda
l'attribuzione a singoli soci di particolari diritti riguardanti l'amministrazione della società o la
distribuzione degli utili. Le partecipazioni sono liberamente trasmissibili per atto tra vivi e per
successione a causa di morte, salvo contraria disposizione dell'atto costitutivo. L'atto costitutivo
può prevedere l'intrasferibilità delle partecipazioni o la subordinazione del trasferimento al
gradimento di organi sociali, di soci o di terzi senza prevederne condizioni e limiti, o condizioni
o limiti che nel caso concreto impediscono il trasferimento a causa di morte. In questi casi il
socio o i suoi eredi possono esercitare il diritto di recesso. L'atto costitutivo determina quando il
socio può recedere dalla società e le relative modalità. In ogni caso il diritto di recesso compete:
● ai soci che non hanno consentito al cambiamento dell'oggetto o del tipo di società, alla
sua fusione o scissione, alla revoca dello stato di liquidazione al trasferimento della sede
all'estero alla eliminazione di una o più cause di recesso previste dall'atto costitutivo e al
compimento di operazioni che comportano una sostanziale modificazione dell'oggetto
della società determinato nell'atto costitutivo o una rilevante modificazione dei diritti
attribuiti ai soci;
● nel caso di società contratta a tempo indeterminato in ogni momento e può essere
esercitato con un preavviso di almeno 180 giorni, l'atto costitutivo può prevedere un
periodo di preavviso di durata maggiore purché non superiore ad un anno.
I soci che recedono dalla società hanno diritto di ottenere il rimborso della propria
partecipazione in proporzione del patrimonio sociale.

Il trasferimento delle partecipazioni è valido ed efficace tra le parti per effetto del semplice
consenso e ha effetto di fronte alla società dal momento dell'iscrizione nel libro dei soci. Per i
trasferimenti fra vivi, l'atto di trasferimento, con sottoscrizione autenticata, deve essere
depositato entro 30 giorni, a cura del notaio autenticante, presso l'ufficio del registro delle
imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sede sociale. L'iscrizione del trasferimento nel libro
dei soci ha luogo, su richiesta dell'alienante o dell'acquirente, verso esibizione del titolo da cui
risultino il trasferimento e l'avvenuto deposito. Se la quota è alienata con successivi contratti a
più persone, quella tra esse che per prima ha effettuato in buona fede l'iscrizione nel registro
delle imprese è preferita alle altre, anche se il suo titolo è di data posteriore.
In nessun caso la società può acquistare o accettare in garanzia partecipazioni proprie, ovvero
accordare prestiti o fornire garanzia per il loro acquisto o la loro sottoscrizione.
La partecipazione può formare oggetto di espropriazione.

L’assemblea dei soci è un organo eventuale per una serie di decisioni dei soci. L'atto costitutivo
può prevedere che le decisioni dei soci siano adottate mediante consultazione scritta o sulla base
del consenso espresso per iscritto. In tal caso dai documenti sottoscritti dai soci devono risultare
con chiarezza l'argomento oggetto della decisione ed il consenso alla stessa. Le decisioni dei
soci sono prese con il voto favorevole dei soci che rappresentano almeno la metà del capitale
sociale. Per le modificazioni dell'atto costitutivo e la decisione di compiere operazioni che
comportano una sostanziale modificazione dell'oggetto sociale determinato nell'atto costitutivo
o una rilevante modificazione dei diritti dei soci oppure quando lo richiedono uno o più
amministratori o un numero di soci che rappresentano almeno un terzo del capitale sociale, le
decisioni dei soci debbono essere adottate mediante deliberazione assembleare. L'atto
costitutivo determina i modi di convocazione dell'assemblea dei soci. In mancanza la
convocazione è effettuata mediante lettera raccomandata spedita ai soci almeno 8 giorni prima
dell'adunanza nel domicilio risultante dal libro dei soci. la deliberazione s'intende adottata
quando ad essa partecipa l'intero capitale sociale e tutti gli amministratori e sindaci sono
presenti o informati della riunione e nessuno si oppone alla trattazione dell'argomento.
L’assemblea si riunisce presso la sede sociale ed è regolarmente costituita con la presenza di
tanti soci che rappresentano almeno la metà del capitale sociale e delibera a maggioranza
assoluta e, nei casi previsti dai numeri 4) e 5) del secondo comma dell'art. 2479, con il voto
favorevole dei soci che rappresentano almeno la metà del capitale sociale. È ammessa
l’assemblea totalitaria e la deliberazione s'intende adottata quando ad essa partecipa l'intero
capitale sociale e tutti gli amministratori e sindaci sono presenti o informati della riunione e
nessuno si oppone alla trattazione dell'argomento.
Le decisioni dei soci che non sono prese in conformità della legge o dell'atto costitutivo possono
essere impugnate dai soci che non vi hanno consentito, da ciascun amministratore e dal collegio
sindacale entro 90 giorni dalla loro trascrizione nel libro delle decisioni dei soci. Il tribunale,
qualora ne ravvisi l'opportunità e ne sia fatta richiesta dalla società o da chi ha proposto
l'impugnativa, può assegnare un termine non superiore a 180 giorni per l'adozione di una nuova
decisione idonea ad eliminare la causa di invalidità. Le decisioni aventi oggetto illecito o
impossibile e quelle prese in assenza assoluta di informazione possono essere impugnate da
chiunque vi abbia interesse entro 3 anni dalla trascrizione. Possono essere impugnate senza
limiti di tempo le deliberazioni che modificano l'oggetto sociale prevedendo attività impossibili
o illecite.

L’amministrazione della società è affidata a uno o più soci nominati con decisione dei soci che
restano in carica a tempo indeterminato. Quando l'amministrazione è affidata a più persone,
queste costituiscono il consiglio di amministrazione. L'atto costitutivo può tuttavia prevedere
che l'amministrazione sia ad esse affidata disgiuntamente oppure congiuntamente. Qualora sia
costituito un consiglio di amministrazione, l'atto costitutivo può prevedere che le decisioni siano
adottate mediante consultazione scritta o sulla base del consenso espresso per iscritto. La
redazione del progetto di bilancio e dei progetti di fusione o scissione, nonché le decisioni di
aumento del capitale sono in ogni caso di competenza dell'organo amministrativo. Coincide con
quella prevista per la s.p.a. la disciplina del potere di rappresentanza degli amministratori e
quella dell’impugnazione delle decisioni del consiglio adottate col voto determinante di un
amministratore in conflitto d’interessi.
Gli amministratori sono solidalmente responsabili verso la società dei danni derivanti
dall'inosservanza dei doveri ad essi imposti dalla legge e dall'atto costitutivo per
l'amministrazione della società. Sono altresì solidalmente responsabili con gli amministratori, i
soci che hanno intenzionalmente deciso o autorizzato il compimento di atti dannosi per la
società, i soci o i terzi. L'azione di responsabilità contro gli amministratori è promossa da
ciascun socio, il quale può altresì chiedere, in caso di gravi irregolarità nella gestione della
società, che sia adottato provvedimento cautelare di revoca degli amministratori medesimi.
L'atto costitutivo può prevedere, determinandone le competenze e poteri, la nomina di un
collegio sindacale o di un revisore. La nomina del collegio sindacale è obbligatoria se il capitale
sociale non è inferiore a quello minimo stabilito per le s.p.a. o se non ricorrono le condizioni
stabilite per la redazione del bilancio di esercizio in forma abbreviata. Ogni socio non
amministratore ha diritto di avere dagli amministratori notizie dello svolgimento degli affari
sociali e di consultare i libri sociali e i documenti dell’amministrazione.

La redazione del bilancio e la distribuzione degli utili non presenza sostanziali differenze
rispetto alla disciplina della s.p.a..
L'atto costitutivo può attribuire agli amministratori la facoltà di aumentare il capitale sociale,
determinandone i limiti e le modalità di esercizio. Le discipline dell’aumento e della riduzione
reale del capitale sociale e dello scioglimento ricalcano quelle della s.p.a..
Capitolo XII: Le società cooperative

Le società cooperative sono società a capitale variabile che si caratterizzano per lo specifico
scopo perseguito nello svolgimento dell’attività d’impresa: lo scopo mutualistico. La
Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini
di speculazione privata. La legge ne promuove e favorisce l’incremento con i mezzi più idonei e
ne assicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità.

Lo scopo-mezzo delle cooperative è, come per le lucrative, l’esercizio in comune di un’attività


economica. Lo scopo-fine, invece, è lo scopo mutualistico, mentre nelle lucrative è la
produzione di utili da distribuire fra i soci. Lo scopo mutualistico consiste nel fornire beni o
servizi od occasioni di lavoro direttamente ai membri dell’organizzazione a condizioni più
vantaggiose di quelle che otterrebbero sul mercato. Nelle cooperative di consumo c’è una
tendenziale coincidenza fra i soci e i soggetti che usufruiscono dei beni o servizi prodotti
dall’impresa sociale. Nelle cooperative di produzione e lavoro i fattori produttivi necessari sono
forniti dai soci stessi. L’attività d’impresa delle cooperative si caratterizza per la gestione di
servizio a favore dei soci che sono i destinatari elettivi dei beni o servizi prodotti dalla
cooperativa. Anche i soci mirano a realizzare un risultato economico ed un proprio vantaggio
patrimoniale che è quello di soddisfare un comune preesistente bisogno economico
conseguendo un risparmio di spesa per i beni o servizi acquistati dalla propria società o una
maggiore retribuzione per i propri beni o servizi alla stessa ceduti.

Le società cooperative possono fornire a terzi le medesime prestazioni che formano oggetto
della gestione a favore dei soci. Ciò è finalizzato alla produzione di utili: può essere attività
oggettivamente lucrativa. Lo scopo mutualistico può coesistere con un’attività con terzi
produttiva di utili. Incompatibile con lo scopo mutualistico è e resta l’integrale distribuzione ai
soci degli utili prodotti della cooperativa.

Le cooperative a mutualità prevalente sono caratterizzate da:


a la presenza nello statuto di clausole che limitano la distribuzione di utili e riserve ai
cooperatori;
b la circostanza che la loro attività deve essere svolta prevalentemente prestazioni
lavorative dei soci o beni e servizi dagli stessi apportati. Gli amministratori e sindaci
devono documentare nella nota integrativa l bilancio tali condizioni di prevalenza che
ricorre quando i rapporti di scambio con i soci superano il 50% del totale dei rapporti
intrattenuti nell’anno della società.
Perdono la qualifica di cooperative a mutualità prevalente le società che per 2 esercizi non
rispettano tali condizioni e quelle esistenti che entro la fine del 2004 non si adeguano possono
trasformarsi in società ordinarie o in consorzio. Questo tipo di cooperative è tenuto ad iscriversi
in un apposito albo tenuto a cura del Ministero delle attività produttive. In una distinta sezione
dello stesso albo si iscrivono le altre società cooperative. L’atto costitutivo deve stabilire le
regole per lo svolgimento dell’attività mutualistica con i soci, se la società può svolgere la
propria attività anche con terzi e nei relativi rapporti dev’essere rispettato il principio di parità di
trattamento.

La società cooperativa di medie e grandi dimensioni utilizza la disciplina della s.p.a., quella di
piccole dimensione utilizza la disciplina della s.r.l..
Per procedere alla costituzione di una società cooperativa è necessario che i soci siano almeno 9.
Può essere costituita una società cooperativa da almeno 3 soci quando i medesimi sono persone
fisiche e la società adotta le norme della s.r.l.. Se successivamente alla costituzione il numero
dei soci diviene inferiore a quello stabilito, esso deve essere integrato nel termine massimo di un
anno, trascorso il quale la società si scioglie e deve essere posta in liquidazione. La legge
determina il numero minimo di soci necessario per la costituzione di particolari categorie di
cooperative. Non possono in ogni caso divenire soci quanti esercitano in proprio imprese
identiche o affini con quella della cooperativa, ma ciò non vale per i soci sovventori.mpresa: lo
scopo mutualistico. rizzano per lo specifico scopo perseguito nello svolgimento dell'
Il procedimento di costituzione ricalca quello della s.p.a. o s.r.l.. La società deve costituirsi per
atto pubblico. L'atto costitutivo stabilisce le regole per lo svolgimento dell'attività mutualistica e
può prevedere che la società svolga la propria attività anche con terzi. Le indicazioni coincidono
con quelle stabilite per la s.p.a.. È necessario inserire la indicazione specifica dell'oggetto
sociale con riferimento ai requisiti e agli interessi dei soci, i requisiti per l'ammissione dei nuovi
soci e la relativa procedura, secondo criteri non discriminatori coerenti con lo scopo
mutualistico e l'attività economica svolta, le condizioni per l'eventuale recesso o per la
esclusione dei soci, le regole per la ripartizione degli utili e i criteri per la ripartizione dei
ristorni. La denominazione sociale, in qualunque modo formata, deve contenere l'indicazione di
società cooperativa. Le società cooperative a mutualità prevalente devono indicare negli atti e
nella corrispondenza il numero di iscrizione presso l'albo delle cooperative a mutualità
prevalente. L’atto costitutivo dev’essere iscritto nel registro delle imprese e con l’iscrizione
acquista personalità giuridica.

La disciplina dei conferimenti e delle prestazioni accessorie è identica a quella per la s.p.a. o
s.r.l. a seconda della dimensione della società. Nelle società cooperative per le obbligazioni
sociali risponde soltanto la società con il suo patrimonio. Il socio che non esegue in tutto o in
parte il pagamento delle quote o delle azioni sottoscritte può, previa intimazione da parte degli
amministratori, essere escluso. Il socio che cessa di far parte della società risponde verso questa
per il pagamento dei conferimenti non versati, per un anno dal giorno in cui il recesso, la
esclusione o la cessione della quota si è verificata. Se entro un anno dallo scioglimento del
rapporto associativo si manifesta l'insolvenza della società, il socio uscente è obbligato verso
questa nei limiti di quanto ricevuto per la liquidazione della quota o per il rimborso delle azioni.
Il creditore particolare del socio cooperatore, finché dura la società, non può agire
esecutivamente sulla quota e sulle azioni del medesimo.

La partecipazione sociale può essere rappresentata da quote o da azioni. Il valore nominale di


ciascuna azione o quota non può essere inferiore a € 25 né superiore a € 500. Ove la legge non
preveda diversamente, nelle società cooperative nessun socio può avere una quota superiore a €
1000, né tante azioni il cui valore nominale superi tale somma. L'atto costitutivo, nelle società
cooperative con più di 500 soci, può elevare il limite previsto nel precedente comma sino al 2%
del capitale sociale. I limiti non si applicano nel caso di conferimenti di beni in natura o di
crediti e con riferimento ai soci diversi dalle persone fisiche ed ai sottoscrittori degli strumenti
finanziari dotati di diritti di amministrazione.
La quota o le azioni dei soci cooperatori non possono essere cedute con effetto verso la società,
se la cessione non è autorizzata dagli amministratori, il cui provvedimento che la concede o la
nega deve essere comunicato al socio entro 60 giorni dal ricevimento della richiesta. Il silenzio
vale assenso. L’autorizzazione non potrà essere validamente concessa qualora l’acquirente non
possegga i requisiti soggettivi fissati per legge o dall’atto costitutivo. Il provvedimento che nega
al socio l'autorizzazione deve essere motivato e contro lo stesso il socio può proporre
opposizione al tribunale.
L'atto costitutivo può autorizzare gli amministratori ad acquistare o rimborsare quote o azioni
della società, purché il rapporto tra patrimonio netto e complessivo indebitamento debba essere
superiore ad un quarto e l'acquisto o il rimborso sia fatto nei limiti degli utili distribuibili e delle
riserve disponibili risultanti dall'ultimo bilancio regolarmente approvato.

I soci sovventori sono soci non specificatamente interessati alle prestazioni mutualistiche ed il
loro ruolo è elusivamente quello di apportare il capitale di rischio necessario per lo svolgimento
dell’attività della cooperativa. I loro conferimenti sono rappresentati da azioni o quote
nominative liberamente trasferibili. L’atto costitutivo può stabilire particolari condizioni a
favore dei soci sovventori per la ripartizione degli utili e la liquidazione delle quote o delle
azioni. Il tasso di remunerazione non può essere maggiorato più del 2% rispetto a quello
previsto per i soci cooperatori. L’atto costitutivo può attribuire a ciascun socio sovventore
massimo 5 voti. I voti attribuibili ai sovventori non possono mai superare un terzo dei voti
spettanti a tutti i soci. I soci sovventori possono essere nominati amministratori ma la
maggioranza degli amministratori dev’essere costituita dai soci cooperatori.
Le azioni di partecipazione cooperativa sono simili alle azioni di risparmio: sono prive di diritto
di voto e sono privilegiate nella ripartizione degli utili e nel rimborso del capitale. Possono
essere emesse per un ammontare non superiore al valore delle riserve indivisibili o del
patrimonio netto risultante dall’ultimo bilancio. Devono essere offerte in opzione per almeno la
metà ai soci ed ai lavoratori dipendenti della cooperativa. Possono essere emesse al portatore se
interamente liberate. Le azioni di partecipazione assicurano ex lege una partecipazione agli utili
maggiorata del 2% rispetto a quella delle quote o delle azioni dei cooperatori, hanno diritto di
prelazione nel rimborso del capitale per l’intero valore nominale, in sede di scioglimento della
società, le perdite incidono sulle stesse solo per la parte che eccede il valore nominale
complessivo delle altre azioni o quote.
L’organizzazione di gruppo si articola nell’assemblea speciale di categoria e nel rappresentante
comune.
Alle società cooperative è stata consentita anche l’emissione di obbligazioni per la raccolta di
capitale di prestito. Il limite all’emissione è l’ammontare del capitale versato e delle riserve
risultanti dall’ultimo bilancio approvato. Tutte le cooperative possono emettere strumenti
finanziari come la s.p.a.. L'atto costitutivo stabilisce i diritti di amministrazione o patrimoniali
attribuiti ai possessori degli strumenti finanziari e le eventuali condizioni cui è sottoposto il loro
trasferimento. Ai possessori di strumenti finanziari non può essere attribuito più di un terzo dei
voti spettanti all’insieme degli altri soci presenti. Per gli strumenti senza voto è prevista
un’organizzazione a tutela dei relativi interessi. La cooperativa cui si applicano le norme sulla
s.r.l. può offrire in sottoscrizione strumenti privi di diritti di amministrazione solo a investitori
qualificati.

Gli organi delle società cooperative disciplinati dalle norme sulla s.p.a. sono gli stessi della
s.p.a. ed identico è il riparto di funzioni, ma ci sono alcune diversità:
a Ciascun socio cooperatore ha un solo voto, qualunque sia il valore della quota o il
numero delle azioni possedute. Solo ai soci persone giuridiche possono essere attribuiti
massimo 5 voti, in relazione dell’ammontare della quota o delle azioni, oppure al
numero dei loro membri. L'atto costitutivo determina i limiti al diritto di voto degli
strumenti finanziari offerti in sottoscrizione ai soci cooperatori. Nelle cooperative di
produzione l'atto costitutivo può prevedere che il diritto di voto sia attribuito in ragione
della partecipazione allo scambio mutualistico, ma nessun socio può esprimere più di un
decimo dei voti;
b Nelle assemblee hanno diritto di voto coloro che risultano iscritti da almeno 90 giorni
nel libro dei soci;
c Il socio può farsi rappresentare solo da un altro socio. Ciascun socio può rappresentare
sino ad un massimo di 10 soci;
d L'atto costitutivo può prevedere che il voto venga espresso per corrispondenza, ovvero
mediante altri mezzi di telecomunicazione. In tal caso l'avviso di convocazione deve
contenere per esteso la deliberazione proposta;
e I quorum costitutivi e deliberativi vanno calcolati secondo il numero dei voti spettanti
per testa ai soci;
f L'atto costitutivo delle società cooperative può prevedere lo svolgimento di assemblee
separate, anche rispetto a specifiche materie ovvero in presenza di particolari categorie
di soci. Lo svolgimento di assemblee separate deve essere previsto quando la società
cooperativa ha più di 3000 soci e svolge la propria attività in più province ovvero se ha
più di 500 soci e si realizzano più gestioni mutualistiche. Le assemblee separate
deliberano sulle stesse materie che formeranno oggetto dell’assemblea generale ed
eleggono dei soci-delegati che parteciperanno a quest’ultima. L’assemblea generale è
costituita dai delegati designati dalle assemblee separate e delibera definitivamente sulle
materie dell’ordine del giorno. Le deliberazioni della assemblea generale possono
essere impugnate anche dai soci assenti e dissenzienti nelle assemblee separate quando,
senza i voti espressi dai delegati delle assemblee separate irregolarmente tenute,
verrebbe meno la maggioranza richiesta per la validità della deliberazione. Le
deliberazioni delle assemblee separate non possono essere autonomamente impugnate.

Se la cooperativa ha adottato il sistema dualistico, i possessori di strumenti finanziari non


possono eleggere più di un terzo dei componenti del consiglio di sorveglianza e più di un terzo
dei componenti del consiglio di gestione. I componenti del consiglio di sorveglianza eletti dai
soci cooperatori devono essere scelti tra i soci cooperatori.
Se la cooperativa ha adottato il sistema monistico, agli amministratori eletti dai possessori di
strumenti finanziari, in misura comunque non superiore ad un terzo, non possono essere
attribuite deleghe operative né gli stessi possono fare parte del comitato esecutivo.
Se la cooperativa ha adottato il sistema tradizionale, la maggioranza degli amministratori è
scelta tra i soci cooperatori. L'atto costitutivo può prevedere che uno o più amministratori siano
scelti tra gli appartenenti alle diverse categorie dei soci, in proporzione dell'interesse che
ciascuna categoria ha nell'attività sociale. L’atto costitutivo deve stabilire limiti al cumulo delle
cariche ed alla rieleggibilità degli amministratori, col limite massimo di 3 mandati consecutivi.
La nomina del collegio sindacale è obbligatoria solo quando la cooperativa ha un capitale non
inferiore a quello minimo della s.p.a., quando solo superati i limiti per la redazione del bilancio
in forma abbreviata o quando la società ha emesso strumenti finanziari partecipativi. L'atto
costitutivo può attribuire il diritto di voto nell'elezione dell'organo di controllo
proporzionalmente alle quote o alle azioni possedute ovvero in ragione della partecipazione allo
scambio mutualistico. I possessori degli strumenti finanziari dotati di diritti di amministrazione
possono eleggere, se lo statuto lo prevede, nel complesso sino ad un terzo dei componenti
dell'organo di controllo.
Al collegio dei probiviri è affidata la risoluzione di eventuali controversie fra soci o fra soci e
società, riguardanti il rapporto sociale o la gestione mutualistica. Non possono essere delegati
dagli amministratori i poteri in materia di ammissione, di recesso e di esclusione dei soci e le
decisioni che incidono sui rapporti mutualistici con i soci.
Le società cooperative sono assoggettate al controllo giudiziario sulla gestione. Infatti i fatti
previsti dall'art. 2409 possono essere denunciati al tribunale dai soci che siano titolari del
decimo del capitale sociale ovvero da un decimo del numero complessivo dei soci, e, nelle
società cooperative che hanno più di 3000 soci, da un ventesimo dei soci. Il ricorso deve essere
notificato a cura dei ricorrenti anche all'autorità di vigilanza. Il tribunale, sentiti in camera di
consiglio gli amministratori, i sindaci e l'autorità di vigilanza, dichiara improcedibile il ricorso
se per i medesimi fatti sia stato già nominato un ispettore o un commissario dall'autorità di
vigilanza. L'autorità di vigilanza dispone la sospensione del procedimento dalla medesima
iniziato se il tribunale per i medesimi fatti ha nominato un ispettore o un amministratore
giudiziario.

Le società cooperative sono sottoposte alle autorizzazioni, alla vigilanza e agli altri controlli
sulla gestione previsti dalle leggi speciali al fine di assicurare il regolare funzionamento
amministrativo e contabile delle stesse ed il rispetto delle condizioni richieste per la concessione
delle agevolazioni tributarie e creditizie. Per alcune cooperative la vigilanza spetta al Ministero
del Lavoro ed è esercitata tramite ispezioni ordinarie e straordinarie disposte ogni qualvolta se
ne ravvisa l’opportunità. In caso di irregolare funzionamento delle società cooperative, l'autorità
governativa può revocare gli amministratori e i sindaci, e affidare la gestione della società ad un
commissario, determinando i poteri e la durata. L'autorità di vigilanza può sciogliere le società
cooperative e gli enti mutualistici che non perseguono lo scopo mutualistico o non sono in
condizione di raggiungere gli scopi per cui sono stati costituiti o che per 2 anni consecutivi non
hanno depositato il bilancio di esercizio o non hanno compiuto atti di gestione.

La formazione del bilancio è assoggettata alla disciplina delle s.p.a.. Le cooperative più grandi
devono sottoporre il bilancio a revisione obbligatoria da parte di una società di revisione.
Qualunque sia l'ammontare del fondo di riserva legale, deve essere a questo destinato almeno il
30% degli utili netti annuali. Una quota degli utili netti annuali (3%) deve essere corrisposta ai
fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione, nella misura e con le
modalità previste dalla legge. Sono indivisibili le riserve che per disposizione di legge o dello
statuto non possono essere ripartite tra i soci, neppure in caso di scioglimento della società. Le
riserve indivisibili possono essere utilizzate per la copertura di perdite solo dopo che sono
esaurite le riserve che la società aveva destinato ad operazioni di aumento di capitale e quelle
che possono essere ripartite tra i soci in caso di scioglimento della società. Per le cooperative a
mutualità prevalente, devono essere previsti negli statuti:
a il divieto di distribuire i dividendi in misura superiore all'interesse massimo dei buoni
postali fruttiferi, aumentato di 2 punti e mezzo rispetto al capitale effettivamente
versato;
b il divieto di remunerare gli strumenti finanziari offerti in sottoscrizione ai soci
cooperatori in misura superiore a 2 punti rispetto al limite massimo previsto per i
dividendi;
c il divieto di distribuire le riserve fra i soci cooperatori;
d l'obbligo di devoluzione, in caso di scioglimento della società, dell'intero patrimonio
sociale, dedotto soltanto il capitale sociale e i dividendi eventualmente maturati, ai fondi
mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione.
In tutte le cooperative possono essere distribuiti dividendi, acquistate proprie quote o azioni
ovvero assegnate ai soci le riserve divisibili se il rapporto tra il patrimonio netto e il
complessivo indebitamento della società è
superiore ad un quarto. Il divieto non si applica nei confronti dei possessori di strumenti
finanziari. La quota di utili che residua se non assegnata dev’essere destinata a fini mutualistici.
Dagli utili vanno tenuti distinti i ristorni che costituiscono rimborso ai soci di parte del prezzo
pagato per i beni o servizi acquistati dalla cooperativa a prezzo di mercato, ovvero integrazione
della retribuzione corrisposta. Le cooperative devono riportare separatamente nel bilancio i dati
relativi all'attività svolta con i soci, distinguendo eventualmente le
diverse gestioni mutualistiche. L'assemblea può deliberare la ripartizione dei ristorni a ciascun
socio anche mediante aumento proporzionale delle rispettive quote o con l'emissione di nuove
azioni.

Le società cooperative sono società a capitale variabile. Nelle società cooperative l'ammissione
di nuovi soci, non importa modificazione dell'atto costitutivo. La società può deliberare aumenti
di capitale con modificazione dell'atto costitutivo. L'ammissione di un nuovo socio è fatta con
deliberazione degli amministratori su domanda dell'interessato. La deliberazione di ammissione
deve essere comunicata all'interessato e annotata a cura degli amministratori nel libro dei soci. Il
nuovo socio deve versare, oltre l'importo della quota o delle azioni, il soprapprezzo
eventualmente determinato dall'assemblea in sede di approvazione del bilancio su proposta dagli
amministratori. Il consiglio di amministrazione deve entro 60 giorni motivare la deliberazione di
rigetto della domanda di ammissione e comunicarla agli interessati. L'atto costitutivo può
prevedere, determinandone i diritti e gli obblighi, l'ammissione del nuovo socio cooperatore in
una categoria speciale in ragione dell'interesse alla sua formazione ovvero del suo inserimento
nell'impresa. I soci ammessi alla categoria speciale non possono in ogni caso superare un terzo
del numero totale dei soci cooperatori. Al termine di un periodo comunque non superiore a 5
anni il nuovo socio è ammesso a godere i diritti che spettano agli altri soci cooperatori.
Costituiscono cause di riduzione del numero dei soci e del capitale:
● Recesso
Il socio cooperatore può recedere dalla società nei casi previsti dalla legge e dall'atto costitutivo.
Il recesso non può essere parziale. La dichiarazione di recesso deve essere comunicata con
raccomandata alla società. Gli amministratori devono esaminarla entro 60 giorni dalla ricezione.
Se non sussistono i presupposti del recesso, gli amministratori devono darne immediata
comunicazione al socio, che entro 60 giorni dal ricevimento della comunicazione, può proporre
opposizione innanzi il tribunale. Il recesso ha effetto per quanto riguarda il rapporto sociale
dalla comunicazione del provvedimento di accoglimento della domanda. Ove la legge o l'atto
costitutivo non preveda diversamente, per i rapporti mutualistici tra socio e società il recesso ha
effetto con la chiusura dell'esercizio in corso, se comunicato 3 mesi prima, e, in caso contrario,
con la chiusura dell'esercizio successivo.
● Esclusione
Il socio che non esegue in tutto o in parte il pagamento delle quote o delle azioni sottoscritte
può, previa intimazione da parte degli amministratori, essere escluso. Ciò può aver luogo anche:
1 nei casi previsti dall'atto costitutivo;
2 per gravi inadempienze delle obbligazioni che derivano dalla legge, dal contratto
sociale, dal regolamento o dal rapporto mutualistico;
3 per mancanza o perdita dei requisiti previsti per la partecipazione alla società;
4 nei casi previsti dall'art. 2286;
5 nei casi previsti dall'art. 2288, primo comma.
L'esclusione deve essere deliberata dagli amministratori o, se l'atto costitutivo lo prevede,
dall'assemblea. Contro la deliberazione di esclusione il socio può proporre opposizione al
tribunale, nel termine di 60 giorni dalla comunicazione. Qualora l'atto costitutivo non preveda
diversamente, lo scioglimento del rapporto sociale determina anche la risoluzione dei rapporti
mutualistici pendenti.
● Morte
In caso di morte del socio, gli eredi hanno diritto alla liquidazione della quota o al rimborso
delle azioni. L'atto costitutivo può prevedere che gli eredi provvisti dei requisiti per
l'ammissione alla società subentrino nella partecipazione del socio deceduto. In caso di pluralità
di eredi, questi debbono nominare un rappresentante comune, salvo che la quota sia divisibile e
la società consenta la divisione.
La liquidazione della partecipazione sociale, eventualmente ridotta in proporzione alle perdite
imputabili al capitale, avviene sulla base dei criteri stabiliti nell'atto costitutivo assumendo come
base il bilancio dell’esercizio in cui il rapporto si scioglie limitatamente al socio. Salvo diversa
disposizione, la liquidazione comprende anche il rimborso del soprapprezzo, ove versato ed il
pagamento deve essere fatto entro 180 giorni dall'approvazione del bilancio.

Il contratto con cui più cooperative appartenenti anche a categorie diverse regolano, anche in
forma consortile, la direzione e il coordinamento delle rispettive imprese (gruppo cooperativo
paritetico) deve indicare:
1 la durata;
2 la cooperativa o le cooperative cui è attribuita la direzione del gruppo, indicandone i
relativi poteri;
3 l'eventuale partecipazione di altri enti pubblici e privati;
4 i criteri e le condizioni di adesione e di recesso dal contratto;
5 i criteri di compensazione e l'equilibrio nella distribuzione dei vantaggi derivanti
dall'attività comune.
La cooperativa può recedere dal contratto senza che ad essa possano essere imposti oneri di
alcun tipo qualora, per effetto dell'adesione al gruppo, le condizioni dello scambio risultino
pregiudizievoli per i propri soci. Le cooperative aderenti ad un gruppo sono tenute a depositare
in forma scritta l'accordo di partecipazione presso l'albo delle società cooperative.

La società cooperativa si scioglie per le cause previste per le società di capitali con la sola
differenza che solo la perdita totale del capitale è causa di scioglimento. Sono specifiche cause
la riduzione dei soci al di sotto del numero minimo di 9 (o 3) se questo non è reintegrato entro
un anno e la liquidazione coatta amministrativa disposta dall’autorità governativa. In caso di
irregolarità o di eccessivo ritardo nello svolgimento della liquidazione ordinaria di una società
cooperativa, l'autorità governativa può sostituire i liquidatori o, se questi sono stati nominati
dall'autorità giudiziaria, può chiederne la sostituzione al tribunale.

Le mutue assicuratrici sono società cooperative caratterizzate dalla stretta interdipendenza che
per legge esiste fra la qualità di socio e la qualità di assicurato: non si può acquistare la qualità
di socio, se non assicurandosi presso la società, e si perde la qualità di socio con l'estinguersi
dell'assicurazione. Le obbligazioni sono garantite dal patrimonio sociale. I soci sono tenuti al
pagamento dei contributi fissi o variabili, entro il limite massimo determinato dall'atto
costitutivo. L'atto costitutivo può prevedere la costituzione di fondi di garanzia per il pagamento
delle indennità, mediante speciali conferimenti da parte di assicurati o di terzi, attribuendo
anche a questi ultimi la qualità di socio. L'atto costitutivo può attribuire a ciascuno dei soci
sovventori più voti, ma non oltre 5, in relazione all'ammontare del conferimento. I voti attribuiti
ai soci sovventori, come tali, devono in ogni caso essere inferiori al numero dei voti spettanti ai
soci assicurati. I soci sovventori possono essere nominati amministratori. La maggioranza degli
amministratori deve essere costituita da soci assicurati.
Capitolo XIII: Trasformazione. Fusione e scissione

LA TRASFORMAZIONE
La trasformazione omogenea è il cambiamento del tipo di società, il passaggio da un tipo ad un
altro di società. Con questa cambia l’assetto organizzativo della società per adattarsi alle nuove
esigenze sopravvenute durante la vita della stessa e non si ha l’estinzione della società
preesistente e la nascita di una nuova società: è la stessa società che continua a vivere in una
rinnovata veste giuridica e che conserva i diritti e gli obblighi e prosegue in tutti i rapporti anche
processuali dell'ente che ha effettuato la trasformazione. È vietata la trasformazione di una
società cooperativa a mutualità prevalente in società lucrativa anche se deliberata all’unanimità.
È consentita la trasformazione delle altre cooperative in società lucrative o in consorzi e la
trasformazione di società di capitali in cooperative. Può farsi luogo alla trasformazione anche in
pendenza di procedura concorsuale, purché non vi siano incompatibilità con le finalità o lo stato
della stessa.

La trasformazione omogenea dev’essere deliberata secondo le modalità previste per le


modificazioni dell’atto costitutivo e con l’osservanza delle relative maggioranze.
Per una società di persone che vuole trasformarsi in società di capitali, la trasformazione è
decisa con il consenso della maggioranza dei soci determinata secondo la parte attribuita a
ciascuno negli utili; in ogni caso al socio che non ha concorso alla decisione spetta il diritto di
recesso.
La deliberazione di trasformazione di società di capitali in società di persone è adottata con le
maggioranze previste per le modifiche dello statuto. È comunque richiesto il consenso dei soci
che con la trasformazione assumono responsabilità illimitata. Al socio che non ha concorso alla
decisione spetta il diritto di recesso.
Le società cooperative diverse da quelle a mutualità prevalente possono deliberare, con il voto
favorevole di almeno la metà dei soci della cooperativa, la trasformazione in una società o in
consorzio. Quando i soci sono meno di 50, la deliberazione deve essere approvata con il voto
favorevole dei due terzi di essi. Quando i soci sono più di 10000, l'atto costitutivo può prevedere
che la trasformazione sia deliberata con il voto favorevole dei due terzi dei votanti se
all'assemblea sono presenti, personalmente o per delega, almeno il 20% dei soci.
La delibera di trasformazione fissa le basi organizzative della società nella nuova veste giuridica
e deve rispondere ai requisiti di forma e di contenuto previsti per l’atto costitutivo del tipo di
società prescelto.
Nel caso di trasformazione da società di capitali in società di persone gli amministratori devono
predisporre una relazione che illustri le motivazioni e gli effetti della trasformazione. Copia
della relazione deve restare depositata presso la sede sociale durante i 30 giorni che precedono
l'assemblea convocata per deliberare la trasformazione; i soci hanno diritto di prenderne visione
e di ottenerne gratuitamente copia.
Nel caso di trasformazione da società di persone in società di capitali la trasformazione deve
risultare da atto pubblico, contenente le indicazioni previste dalla legge per l'atto di costituzione
del tipo adottato.
Alla delibera di trasformazione dev’essere allegata una relazione giurata di stima del patrimonio
sociale. La delibera di trasformazione in società di capitali è soggetta a controllo di legittimità
da parte del notaio che ha redatto il verbale e ad iscrizione nel registro delle imprese con la
quale il procedimento si completa e la trasformazione produce i suoi effetti. Ogni socio ha
diritto all'assegnazione di un numero di azioni o di una quota in misura corrispondente alla sua
partecipazione.
Nelle società cooperative diverse da quelle a mutualità prevalente, la deliberazione di
trasformazione devolve il valore effettivo del patrimonio, dedotti il capitale versato e rivalutato
e i dividendi non ancora distribuiti, esistente alla data di trasformazione, ai fondi mutualistici
per la promozione e lo sviluppo della cooperazione.
Eseguita la pubblicità, l'invalidità dell'atto di trasformazione non può essere pronunciata. Resta
salvo il diritto al risarcimento del danno eventualmente spettante ai partecipanti all'ente
trasformato ed ai terzi danneggiati dalla trasformazione.

I soci che con la trasformazione assumono responsabilità illimitata, rispondono illimitatamente


anche per le obbligazioni sociali sorte anteriormente alla trasformazione. A seguito della
trasformazione viene meno la responsabilità illimitata di tutti o di alcuni dei soci. La
trasformazione non libera i soci a responsabilità illimitata dalla responsabilità per le
obbligazioni sociali sorte prima dell’iscrizione della delibera nel registro delle imprese.
Il consenso dei creditori alla trasformazione vale come consenso alla liberazione di tutti i soci a
responsabilità illimitata. Il consenso alla trasformazione si presume se ai singoli creditori è stata
comunicata per raccomandata la delibera di trasformazione ed essi non hanno negato
espressamente la loro adesione nel termine di 60 giorni dal ricevimento della comunicazione. Il
silenzio vale consenso.

Le società di capitali possono trasformarsi in consorzi, società consortili, società cooperative,


comunioni di azienda, associazioni non riconosciute e fondazioni, ma non in associazioni
riconosciute. Si applica la disciplina della trasformazione in quanto compatibile. La
deliberazione deve essere assunta con il voto favorevole dei due terzi degli aventi diritto, e
comunque con il consenso dei soci che assumono responsabilità illimitata. La deliberazione di
trasformazione in fondazione produce gli effetti che il codice civile ricollega all'atto di
fondazione o alla volontà del fondatore.
I consorzi, le società consortili, le comunioni d'azienda, le associazioni riconosciute e le
fondazioni possono trasformarsi in una società di capitali. La deliberazione di trasformazione
deve essere assunta, nei consorzi, con il voto favorevole della maggioranza assoluta dei
consorziati; nelle comunioni di aziende all'unanimità; nelle società consortili e nelle
associazioni con la maggioranza richiesta dalla legge o dall'atto costitutivo per lo scioglimento
anticipato. La trasformazione di fondazioni in società di capitali è disposta dall'autorità
governativa, su proposta dell'organo competente. la trasformazione eterogenea ha effetto dopo
60 giorni dall'ultimo degli adempimenti pubblicitari previsti. I creditori possono, nel suddetto
termine, fare opposizione.

LA FUSIONE
La fusione è l’unificazione di 2 o più società in una sola che consente di ampliarne la
dimensione e la competitività sul mercato. Da’ luogo ad una concentrazione giuridica ed
economica. Può essere realizzata:
a con la costituzione di una nuova società che prende il posto di tutte le società che si
fondono (fusione in senso stretto);
b mediante assorbimento in una società preesistente di una o più altre società (fusione per
incorporazione).
La fusione può avere luogo fra società dello stesso tipo, fra società di tipo diverso e fra società
ed enti di tipo diverso nei limiti consentiti. La fusione fra società eterogenee comporta la
trasformazione di una o più delle società che si fondono. La fusione non è consentita alle società
in stato di liquidazione e che abbiano già iniziato la distribuzione dell’attivo. La società che
risulta dalla fusione o quella incorporante assumono i diritti e gli obblighi delle società
partecipanti alla fusione, proseguendo in tutti i loro rapporti, anche processuali, anteriori alla
fusione.

L'organo amministrativo delle società partecipanti alla fusione redige un progetto di fusione, dal
quale devono in ogni caso risultare:
1 il tipo, la denominazione o ragione sociale, la sede delle società partecipanti alla
fusione;
2 l'atto costitutivo della nuova società risultante dalla fusione o di quella incorporante,
con le eventuali modificazioni derivanti dalla fusione;
3 il rapporto di cambio delle azioni o quote, nonché l'eventuale conguaglio in danaro;
Il progetto di fusione dev’essere iscritto nel registro delle imprese del luogo ove hanno sede le
società partecipanti alla fusione. È prescritta la redazione preventiva di altri 3 documenti:
1 la situazione patrimoniale
deve essere redatto dall’organo amministrativo delle società partecipanti alla fusione, con
l'osservanza delle norme sul bilancio d'esercizio. La sua funzione è di fornire ai creditori sociali
informazioni aggiornate per il consapevole esercizio del diritto di opposizione alla fusione.
2 la relazione degli amministratori
è una relazione predisposta dall'organo amministrativo delle società partecipanti alla fusione che
illustra e giustifica, sotto il profilo giuridico ed economico, il progetto di fusione e in particolare
il rapporto di cambio delle azioni o delle quote.
3 la relazione degli esperti
è una relazione redatta da uno o più esperti per ciascuna società, sulla congruità del rapporto di
cambio delle azioni o delle quote e deve contenere un parere sull'adeguatezza del metodo o dei
metodi seguiti per la determinazione del rapporto di cambio.
Il progetto di fusione, le relazioni degli amministratori e degli esperti, le situazioni patrimoniali
delle società ed i loro bilanci degli ultimi 3 esercizi devono restare depositati in copia nella sede
delle società partecipanti alla fusione, durante i 30 giorni che precedono la decisione in ordine
alla fusione, salvo che i soci rinuncino al termine con consenso unanime, e finché la fusione sia
decisa. I soci hanno diritto di prendere visione di questi documenti e di ottenerne gratuitamente
copia.
Sono ammesse semplificazioni in determinati casi.

La fusione è decisa da ciascuna delle società che vi partecipano mediante approvazione del
relativo progetto. La decisione di fusione può apportare al progetto le modifiche che non
incidono sui diritti dei soci o dei terzi. Per l’approvazione vanno rispettate le norme dettate per
le modificazioni dell’atto costitutivo. Nelle società di persone è sufficiente la maggioranza dei
soci calcolata secondo la parte attribuita a ciascuno negli utili. Al socio che non abbia consentito
alla fusione è riconosciuto diritto di recesso dalla società. Nelle società di capitali la fusione
dev’essere deliberata dall’assemblea straordinaria con le normali maggioranze. In caso di
fusione eterogenea i soci che non hanno concorso alla deliberazione avranno diritto di recesso
che però è riconosciuto in caso di fusione omogenea solo per la s.r.l..
La deliberazione di fusione delle società deve essere depositata per l'iscrizione nel registro delle
imprese, insieme con i documenti

La fusione può essere attuata solo dopo 60 giorni dall’iscrizione nel registro delle imprese
dell’ultima delibera delle società che vi partecipano. Entro tale termine ciascun creditore
anteriore alla pubblicazione del progetto può proporre opposizione alla fusione. Il tribunale può
disporre, in caso di opposizione, che la fusione abbia ugualmente luogo. La garanzia non è
necessaria se la relazione degli esperti asseveri che la situazione patrimoniale e finanziaria delle
partecipanti non la rende necessaria. Se alla fusione partecipano società con soci a responsabilità
illimitata e la società risultante è una società di capitali, resta ferma la responsabilità personale
dei soci delle prime per le obbligazioni anteriori alla fusione. La liberazione degli stessi potrà
aversi solo col consenso dei creditori.

Il procedimento di fusione si conclude con la stipulazione dell’atto di fusione. Questo


dev’essere sempre redatto per atto pubblico e dev’essere iscritto nel registro delle imprese dei
luoghi ove è posta la sede di tutte le società partecipanti alla fusione e di quello della società
risultante dalla fusione. Dall’ultima iscrizione nel registro delle imprese decorrono gli effetti
della fusione e da allora l’invalidità dell’atto di fusione non può essere più pronunciata, resta
salvo solo il diritto al risarcimento dei danni.

LA SCISSIONE
Con la scissione il patrimonio di una società è scomposto e trasferito in tutto o in parte ad altre
società con contestuale assegnazione ai soci della prima di azioni o quote della società
beneficiarie del trasferimento patrimoniale. La scissione può essere totale o parziale. Nella
scissione totale l’intero patrimonio della società che si scinde viene trasferito a più società. La
prima società si estingue senza che si abbia liquidazione. Nella scissione parziale solo parte del
patrimonio della società che si scinde viene trasferita ad una o a più altre società. La scissa resta
in vita. Beneficiarie della scissione possono essere società di nuova costituzione e una o più
società preesistenti. Alla scissione non possono partecipare società in liquidazione che abbiano
iniziato la distribuzione dell’attivo.

L'organo amministrativo delle società partecipanti alla scissione redige un progetto sottoposto
alla stessa pubblicità prevista per il progetto di fusione. Il progetto di scissione deve anche
contenere l’esatta descrizione degli elementi patrimoniali da trasferire e dell’eventuale
conguaglio in denaro e i criteri di distribuzione ai soci delle azioni o quote delle società
beneficiarie. Nella scissione totale le attività d’incerta attribuzione sono ripartite fra le società
beneficiarie in proporzione della quota di patrimonio netto trasferita a ciascuna di esse. Delle
passività di dubbia imputazione rispondono in solido tutte le società beneficiarie. Nella
scissione parziale le relative attività restano in testa alla società trasferente. Delle passività
rispondono in solido sia questa che le beneficiarie. Non è fatto obbligo alla società che si scinde
di attribuire a ciascun socio un pacchetto assortito di azioni o quote di tutte le beneficiarie della
scissione. I soci che non approvano la scissione possono far acquistare le loro azioni dai soggetti
indicati nel progetto di scissione per un corrispettivo determinato secondo le norme in tema di
recesso. L'organo amministrativo delle società partecipanti alla scissione redige la situazione
patrimoniale e la relazione ma con il consenso unanime dei soci e dei possessori di altri
strumenti finanziari che danno diritto di voto nelle società partecipanti alla scissione l'organo
amministrativo può essere esonerato dalla redazione dell’ultima. Se beneficiarie sono società di
nuova costituzione l’atto di scissione da redigere per atto pubblico vale anche come atto
costitutivo delle stesse. La scissione diviene efficace a partire dalla data in cui è stata eseguita
l’ultima iscrizione dell’atto di scissione nel registro delle imprese. Ciascuna società è
solidalmente responsabile, nei limiti del valore effettivo del patrimonio netto ad essa assegnato
o rimasto, dei debiti della società scissa non soddisfatti dalla società cui fanno carico.
Parte 3 – Titoli di credito. Procedure
concorsuali.
Capitolo XIX: I titoli di credito in generale

I titoli di credito sono documenti destinati alla circolazione:


● i titoli di credito in senso stretto attribuiscono il diritto ad un a determinata prestazione
che consiste nel pagamento di una somma di denaro (come la cambiale, l’assegno
bancario, le obbligazioni, i titoli di debito);
● i titoli di credito rappresentativi di merce attribuiscono il diritto ad un a determinata
prestazione che consiste nel diritto alla riconsegna di merci depositate o viaggianti
(come la fede di deposito, la polizza di carico);
● i titoli di partecipazione rappresentano una situazione giuridica complessa e i relativi
diritti (come le azioni, le quote di partecipazione a fondi comuni d’investimento.
I titoli di credito si distinguono in:
● titoli individuali: vengono emessi ognuno per una distinta operazione economica
(come cambiali e assegni);
● titoli di massa: rappresentano frazioni di uguale valore nominale di una unitaria
operazione economica di finanziamento ed attribuiscono ciascuno uguali diritti (come
azioni e obbligazioni).

La funzione dei titoli di credito è quella di rendere più semplice, rapida e sicura la circolazione
dei diritti di credito, neutralizzando i rischi e gli inconvenienti che al riguardo presenta la
disciplina della cessione del credito. Essendo le regole di circolazione dei beni mobili più sicure
e semplici, si è creato un modello che consenta di far circolare i crediti secondo regole analoghe
a quelle che governano la circolazione dei beni mobili. La finzione giuridica ritiene che oggetto
di circolazione è il documento anziché il diritto menzionato, mentre in realtà è l’opposto. Nel
titolo di credito il diritto è incorporato nel documento e si concretizza in 4 principi cardine:
1 Principio dell’autonomia in sede di circolazione del diritto cartolare (art. 1994 c.c.): chi
acquista la proprietà del documento diventa titolare del diritto in esso menzionato anche
se ha acquistato il titolo a non domino, purché sia in buona fede ed entri in possesso del
titolo. Ciò consente di neutralizzare il rischio che chi trasferisce il credito non sia
titolare dello stesso;
2 Principi della letteralità e dell’autonomia in sede di esercizio del diritto cartolare (art.
1993 c.c.): chi acquista un titolo di credito acquista un diritto il cui contenuto è
determinato esclusivamente dal tenore letterale del documento. Acquista un diritto che è
di regola immune dalle eccezioni fondate sui rapporti personali intercorsi fra debitore e
precedenti possessori del titolo. Ciò consente di superare il rischio di vedersi opposte
tutte le eccezioni che il debitore poteva opporre al cedente;
3 Principio della legittimazione: chi ha conseguito il possesso materiale del titolo di
credito nelle forme prescritte dalla legge è legittimato all’esercizio del diritto cartolare.
Pegno, sequestro, pignoramento devono essere effettuati sul titolo e non hanno effetto se non
risultano dal titolo (art. 1997 c.c.).
Il titolo di credito è un documento necessario e sufficiente per la costituzione, la circolazione e
l’esercizio del diritto letterale ed autonomo in esso incorporato.

La creazione ed il rilascio di un titolo di credito trovano giustificazione in un preesistente


rapporto fra emittente e primo prenditore (rapporto fondamentale o causale) ed in un accordo
fra gli stessi con cui si conviene di fissare nel titolo di credito la prestazione dovuta dal primo al
secondo in base a tale rapporto (convenzione di rilascio o esecutiva). Il titolo di credito
riproduce in forma semplificata e schematizzata l’obbligazione derivante dal rapporto
fondamentale. La dichiarazione risultante dal titolo costituisce il rapporto cartolare ed il diritto
dalla stessa riconosciuto al portatore del titolo il diritto cartolare destinato a circolare.
Se l’adempimento è richiesto dal primo prenditore, il debitore può opporgli tutte le eccezioni
derivanti dal rapporto fondamentale, trattandosi di eccezioni a lui personali. Se il titolo ha
circolato e l’adempimento è richiesto ad un terzo, decisiva nei confronti del terzo possessore è
solo la lettera del titolo e a lui non sono opponibili le eccezioni derivanti dal rapporto
fondamentale intercorso col primo prenditore in quanto si tratta di eccezioni a questi personali.

I titoli di credito si distinguono in:


● titoli astratti: possono essere emessi in base ad un qualsiasi rapporto fondamentale e
non contengono alcuna menzione del rapporto che in concreto ha dato luogo alla loro
emissione (come la cambiale, l’assegno bancario, l’assegno circolare). In essi il
contenuto del diritto cartolare è determinato esclusivamente dalla lettera del titolo.
Hanno letteralità piena e nei rapporti tra emittente e terzo non si può far riferimento ad
altre fonti regolamentari;
● titoli causali: possono essere emessi solo in base ad un determinato tipo di rapporto
fondamentale, predeterminato per legge (come azioni, obbligazioni, libretti di deposito
a risparmio e titoli rappresentativi di merci). Il contenuto del diritto cartolare è
determinato dalla lettera del titolo e anche dalla disciplina legale del rapporto
obbligatorio richiamato dal documento. Hanno letteralità incompleta. In particolare i
titoli rappresentativi di merce attribuiscono al possessore il diritto alla consegna delle
merci che sono in essi specificate, il possesso delle medesime e il potere di disporne
mediante trasferimento del titolo. Quindi rappresentano strumenti per la circolazione
documentale di merci e si caratterizzano perché l’obbligazione cartolare del vettore o
del depositario ha per oggetto la riconsegna di cose determinate e descritte nel
documento.

Titolare del diritto cartolare è il proprietario del titolo, legittimato al suo esercizio è il possessore
del titolo nelle forme prescritte dalla legge. Di solito queste 2 figure circolano congiuntamente e
coincidono nella stessa persona.
Ci possono essere 3 tipi di circolazione:
a Circolazione regolare
Il titolo viene trasferito dall’attuale proprietario ad altro soggetto in forza di un valido negozio
di trasmissione, che di regola trova fondamento in un preesistente rapporto causale fra le parti.
Chi trasferisce la proprietà del titolo dovrà consegnarlo ed adempiere le eventuali altre formalità
necessarie per attribuire all’acquirente la legittimazione all’esercizio del relativo diritto. Il solo
consenso è sufficiente per il trasferimento della proprietà del titolo ed il conseguente acquisto
della titolarità del diritto;
b Circolazione irregolare
La circolazione del titolo non è sorretta da un valido negozio di trasferimento. Se il titolo viene
rubato, il ladro non acquista la proprietà e la titolarità del diritto ma ha la possibilità di
esercitarlo e di far circolare ulteriormente il titolo. Chi ha perso il titolo può esercitare azione di
rivendicazione e, se si tratta di titoli all’ordine o nominativi, ottenere un surrogato del titolo
smarrito o distrutto. Tutto ciò finquando il titolo non perviene nelle mani di un terzo in buona
fede (art. 1994 c.c.: ―Chi ha acquistato in buona fede il possesso di un titolo di credito, in
conformità delle norme che ne disciplinano la circolazione, non è soggetto a rivendicazione.‖).
Quindi purché si perfezioni l’acquisto a non domino di un titolo di credito devono ricorrere 3
presupposti: un negozio astrattamente idoneo a trasferire la proprietà del titolo, l’investitura
dell’acquirente nel possesso del titolo con l’osservanza delle formalità prescritte dalla relativa
legge di circolazione e la buona fede dell’acquirente;
c Circolazione impropria
La circolazione avviene nella forma e con gli effetti della cessione e l’oggetto immediato del
trasferimento è il diritto cartolare non la proprietà del titolo.

I titoli di credito si distinguono in:


● Titoli al portatore (art. 2003-2007 c.c.)
Questi recano la clausola ―al portatore‖ anche se contrassegnati da un nome. Il trasferimento del
titolo al portatore si opera con la consegna del titolo. Il possessore del titolo al portatore è
legittimato all'esercizio del diritto in esso menzionato in base alla presentazione del titolo. Il
titolo di credito contenente l'obbligazione di pagare una somma di danaro non può essere
emesso al portatore se non nei casi stabiliti dalla legge. Il trasferimento di titoli al portatore di
importo superiore a £ 20.000.000 (€ 10.330) può essere eseguito solo tramite intermediari
abilitati. Non è ammesso l’ammortamento.
● Titoli all’ordine (art. 2008-2020 c.c.)
Sono titoli intestati ad una persona determinata e circolano mediante consegna del titolo
accompagnata dalla girata. Il possessore dal titolo all’ordine si legittima in base ad una serie
continua di girate. La girata è una dichiarazione scritta sul titolo e sottoscritta, con la quale
l’attuale possessore ordina al debitore cartolare di adempiere nei confronti di un altro soggetto.
La girata deve essere scritta sul titolo e sottoscritta dal girante. È valida la girata anche se non
contiene l'indicazione del giratario. La girata al portatore vale come girata in bianco. Se il titolo
è girato in bianco, il possessore può riempire la girata col proprio nome o con quello di altra
persona, ovvero può girare di nuovo il titolo o trasmetterlo a un terzo senza riempire la girata o
senza apporne una nuova. In quest’ultimo caso la circolazione successiva avviene mediante
semplice consegna manuale del titolo. Qualsiasi condizione apposta alla girata si ha come non
scritta. È nulla la girata parziale. La girata trasferisce tutti i diritti inerenti al titolo. Quando vi
siano state più girate, l’attuale possessore del titolo si legittima in base ad una serie continua di
girate di cui l’ultima a lui intestata o in bianco. Il debitore è tenuto a controllare solo la
regolarità formale delle girate. Di regola la girata non ha funzione di garanzia. Il giratario
acquista nei confronti dell’emittente un diritto letterale ed autonomo ed è di regola libero di
trasferire ulteriormente il titolo. Ci sono 2 tipi di girata con effetti limitati:
● la girata per procura: in essa il giratario assume la veste di rappresentante per
l’incasso del girante e il debitore può opporre al giratario per procura tutte e soltanto
le eccezioni personali opponibili al girante;
● la girata a titolo di pegno: essa attribuisce al giratario un diritto di pegno sul titolo. Il
giratario acquista un diritto autonomo e a lui non sono opponibili le eccezioni
personali al girante. Il giratario in garanzia può esercitare tutti i diritti inerenti al titolo
per soddisfacimento del proprio credito verso il girante.
● Titoli nominativi (art. 2021-2027 c.c.)
Sono titoli intestati ad una persona determinata. L’intestazione deve risultare dal titolo e anche
da un apposito registro tenuto dall’emittente. Il possessore di un titolo nominativo è legittimato
all’esercizio dei relativi diritti per effetto della doppia intestazione a suo favore: sul titolo e nel
registro dell’emittente. Per il trasferimento della legittimazione nei titoli nominativi ci sono 2
procedure:
1 Il transfert
Prevede il cambiamento contestuale delle 2 intestazioni a cura e sotto la responsabilità
dell’emittente. Ne può far richiesta sia l’alienante che l’acquirente. Nel primo caso l’alienante
deve esibire il titolo e deve provare la propria identità e la propria capacità di disporre, mediante
certificazione di un notaio o di un agente di cambio. Se l'intestazione o il rilascio è richiesto
dall'acquirente, questi deve esibire il titolo e dimostrare il suo diritto mediante atto autentico.
2 Trasferimento mediante girata
In esso l’annotazione sul titolo è fatta dall’alienante, quella nel registro dell’emittente ad opera
di quest’ultimo e si rende necessaria solo quando l’acquirente voglia esercitare i relativi diritti.
L’acquirente può trasferire ad altri il titolo mediante ulteriore girata. La girata deve essere datata
e sottoscritta dal girante e contenere l'indicazione del giratario. Se il titolo non è interamente
liberato, è necessaria anche la sottoscrizione del giratario. Dev’essere anche autenticata da un
notaio. Il trasferimento mediante girata non ha efficacia nei confronti dell'emittente fino a che
non ne sia fatta annotazione nel registro. Il giratario che si dimostra possessore del titolo in base
a una serie continua di girate ha diritto di ottenere l'annotazione del trasferimento nel registro
dell'emittente. Nessun vincolo sul credito produce effetti nei confronti dell'emittente e dei terzi,
se non risulta da una corrispondente annotazione sul titolo e nel registro. La costituzione in
pegno di un titolo nominativo può farsi anche mediante consegna del titolo, girato con la
clausola ―in garanzia‖o altra equivalente.

Il possessore di un titolo di credito ha diritto alla prestazione in esso indicata verso


presentazione del titolo, purché sia legittimato nelle forme prescritte dalla legge. Il debitore, che
senza dolo o colpa grave adempie la prestazione nei confronti del possessore, è liberato anche se
questi non è il titolare del diritto.

Le eccezioni cartolari si distinguono in:


● Eccezioni reali
a Eccezioni di forma;
b Eccezioni fondate sul contesto letterale del titolo;
c Falsità della firma;
d Difetto di capacità o di rappresentanza al momento dell’emissione del titolo;
e Mancanza delle condizioni necessarie per l'esercizio dell'azione.
● Eccezioni personali
a Eccezioni personali fondate su rapporti personali:
- Eccezioni derivanti dal rapporto fondamentale che ha dato luogo all’emissione del
titolo;
- Eccezioni fondate su altri rapporti personali con i precedenti possessori.
b Eccezioni personali in senso stretto:
- L’eccezione di difetto di titolarità del diritto cartolare.
L’ammortamento è uno speciale procedimento diretto ad ottenere la dichiarazione giudiziale che
il titolo originario non è più strumento di legittimazione. Chi ha ottenuto l'ammortamento, su
presentazione del decreto e di un certificato del cancelliere del tribunale comprovante che non
fu interposta opposizione, può esigere il pagamento o, qualora il titolo sia in bianco o non sia
ancora scaduto, può ottenere un duplicato.
In caso di smarrimento, sottrazione o distruzione del titolo, il possessore può farne denunzia al
debitore e chiedere l'ammortamento del titolo con ricorso al presidente del tribunale del luogo in
cui il titolo è pagabile. Il ricorso deve indicare i requisiti essenziali del titolo e, se si tratta di
titolo in bianco, quelli sufficienti a identificarlo. Il presidente del tribunale, premessi gli
opportuni accertamenti sulla verità dei fatti e sul diritto del possessore, pronunzia con decreto
l'ammortamento che deve essere notificato al debitore e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica a cura del ricorrente. Nonostante la denunzia, il pagamento fatto al detentore prima
della notificazione del decreto libera il debitore. È autorizzato il pagamento del titolo dopo 30
giorni dalla data di pubblicazione del decreto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, purché
nel frattempo non sia fatta opposizione dal detentore. L'opposizione del detentore deve essere
proposta davanti al tribunale che ha pronunziato l'ammortamento, con citazione da notificarsi al
ricorrente e al debitore. Se l'opposizione è respinta, il titolo è consegnato a chi ha ottenuto
l'ammortamento. Trascorso senza opposizione il termine, il titolo non ha più efficacia, salve le
ragioni del detentore verso chi ha ottenuto l'ammortamento.
La procedura di ammortamento non è prevista per i titoli al portatore. Il possessore del titolo al
portatore, che ne provi la distruzione, ha diritto di chiedere all'emittente il rilascio di un
duplicato o di un titolo equivalente. Tuttavia chi denunzia all'emittente lo smarrimento o la
sottrazione d'un titolo al portatore e gliene fornisce la prova ha diritto alla prestazione e agli
accessori della medesima, decorso il termine di prescrizione del titolo.

I documenti di legittimazione servono solo a identificare l'avente diritto alla prestazione. I titoli
impropri servono a consentire il trasferimento del diritto senza l'osservanza delle forme proprie
della cessione ma con gli effetti di quest’ultimo. A questi 2 non è applicabile la disciplina dei
titoli di credito ma solo l’art. 1992.
Capitolo XXIV: Il fallimento

Il fallimento è una procedura giudiziaria che mira a liquidare il patrimonio dell’imprenditore


insolvente, opportunamente reintegrato, e a ripartirne il ricavato fra i creditori, secondo criteri
ispirati dal trincio della parità di trattamento.

LA DICHIARAZIONE DI FALLIMENTO
I presupposti per la dichiarazione di fallimento sono:
a la qualità di imprenditore commerciale non piccolo del debitore;
b lo stato d’insolvenza dello stesso.
Il fallimento è sostituito dalla liquidazione coatta amministrativa per alcune categorie di
imprenditori commerciali individuate da leggi speciali. Cede il passo all’amministrazione
straordinaria delle grandi imprese in stato d’insolvenza quando ricorrono i presupposti specifici
per l’applicazione di tale procedura.
L’imprenditore versa in stato d’insolvenza quando non è più in grado di soddisfare regolarmente
le proprie obbligazioni. Presupposto oggettivo è una situazione patologica ed irreversibile che
coinvolge l’intero patrimonio dell’imprenditore e non gli consente di soddisfare le obbligazioni
assunte.
L’insolvenza si manifesta di regola con l’inadempimento di una o più obbligazioni o attraverso
fattori esteriori. Insolvenza è una situazione del patrimonio del debitore. Inadempimento è un
fatto che rileva come uno dei possibili indici dello stato d’insolvenza.

La cessazione dell’attività d’impresa o la morte dell’imprenditore non impediscono la


dichiarazione di fallimento. Il fallimento può essere dichiarato solo se non è trascorso più di un
anno dalla cessazione dell’attività o dalla morte. È necessario che lo stato d’insolvenza si sia
manifestato prima di tali eventi o entro l’anno successivo. Il fallimento dell’imprenditore
defunto può essere chiesto anche dall’erede, purché l’eredità non si sia già confusa nel suo
patrimonio in quanto accettata senza beneficio d’inventario. Se l’imprenditore muore dopo la
dichiarazione di fallimento, la procedura prosegue nei confronti degli eredi, anche se hanno
accettato con beneficio d’inventario. Se vi sono più eredi, gli stessi devono designare uno di essi
che li rappresenti nella procedura. In mancanza, la designazione è fatta dal giudice delegato.

Il fallimento può essere dichiarato:


1 su ricorso di uno o più creditori (è l’ipotesi più frequente);
2 su richiesta del debitore (è una facoltà dell’imprenditore che provoca il suo fallimento
per sottrarsi ad una serie di azioni esecutive individuali in atto ma tale richiesta è un
obbligo penalmente sanzionato quando l’inerzia provoca l’aggravamento del dissesto.
Chi chiede il proprio fallimento deve depositare presso la cancelleria del tribunale le
scritture contabili, il bilancio dei 2 anni precedenti, uno stato particolareggiato ed
estimativo delle sue attività, l’elenco nominativo dei creditori e dei rispettivi crediti);
3 su istanza del PM (quando l’insolvenza risulta da fatti che configurano reati fallimentari
e ciò al fine di promuovere l’azione penale anche prima che il fallimento sia dichiarato);
4 dallo stesso tribunale d’ufficio (quando nel corso di un giudizio civile risulta
l’insolvenza di un imprenditore che sia parte nello stesso).
Il processo di fallimento è un processo speciale a carattere inquisitorio: il giudice non incontra
limitazioni processuali nell’acquisizione delle relative prove.
Competente per la dichiarazione di fallimento è il tribunale del luogo dove l’imprenditore ha la
sede principale dell’impresa.
Il procedimento per la dichiarazione di fallimento si svolge in camera di consiglio e con rito
sommario. È obbligatoria l’audizione dell’imprenditore al fine di consentirgli l’esercizio del
diritto di difesa che sussiste nei limiti compatibili con la natura sommaria del procedimento in
camera di consiglio e con le esigenze di celerità della procedura fallimentare.
Il tribunale può compiere d’ufficio tutte le indagini che ritiene opportune ai fini della
dichiarazione di fallimento e non è vincolato dall’iniziativa delle parti. Il rigetto della domanda
va fatto con decreto motivato contro il quale il creditore istante e lo stesso debitore possono
proporre reclamo alla corte d’appelli. Se il ricorso è accolto la corte deve rimettere d’ufficio gli
atti al tribunale per la dichiarazione.
Il fallimento è dichiarato con una sentenza che contiene alcuni provvedimenti necessari per lo
svolgimento della procedura. La sentenza dev’essere comunicata per estratto al debitore, al
curatore ed al creditore richiedente e dev’essere resa pubblica. Essa è immediatamente esecutiva
e i suoi effetti decorrono dalla data del deposito in cancelleria.

Possono proporre opposizione contro la dichiarazione di fallimento il fallito e qualsiasi


interessato tranne chi ha richiesto il fallimento. Dev’essere notificata al curatore e al creditore
richiedente e non sospende l’esecuzione della sentenza.
L’opposizione è proposta dinanzi allo stesso tribunale che ha dichiarato il fallimento. Nel
giudizio di opposizione si dibatte sugli eventuali vizi del procedimento camerale e sul punto se i
presupposti del fallimento esistevano o meno all’epoca della relativa sentenza dichiarativa. Il
fallimento andrebbe revocato qualora si accerti che l’imprenditore non era insolvente al
momento della dichiarazione di fallimento pur se lo è attualmente, salvo la dichiarazione di un
nuovo fallimento i cui effetti decorrerebbero da tale data. Contro la sentenza che decide
sull’opposizione può essere proposto appello. Contro la sentenza di appello si può proporre
ricorso per Cassazione.
Con il passaggio in giudicato della sentenza che ha accolto l’opposizione il fallimento è
revocato. Ma restano salvi gli effetti degli atti legalmente compiuti dagli organi fallimentari.
All’ex fallito non resta che rivolgersi nei confronti del creditore istante per ottenere la condanna
al risarcimento dei danni. Se è così a carico del creditore istante sono le spese di procedura ed il
compenso al curatore. Altrimenti gravano sull’ex fallito o sullo Stato.

GLI ORGANI DEL FALLIMENTO


Gli organi preposti allo svolgimento dell’attività del fallimento sono:
1 Il tribunale fallimentare
È il tribunale che ha dichiarato il fallimento. È investito dell’intera procedura fallimentare e
sovrintende al corretto svolgimento della stessa. Le sue funzioni sono:
a) nominare il giudice delegato ed il curatore, sorvegliandone l’operato e sostituendoli se
necessario;
b) provvedere sulle controversie e decidere sui reclami contro i provvedimenti del giudice
delegato;
c) chiedere chiarimenti ed informazioni al fallito, al curatore ad ai creditori.
Tutti i provvedimenti del tribunale fallimentare sono adottati con decreto non soggetto a
reclamo. Il ricorso alla Cassazione avviene solo se si tratta di decreti che incidono su diritti
soggettivi.

2 Il giudice delegato
Dirige le operazioni del fallimento e vigila sull’operato del curatore e di chiunque presti la
propria opera nell’interesse del fallimento. Le sue funzioni sono:
c nominare il comitato dei creditori;
d procedere alla formazione dello stato passivo del fallimento e renderlo esecutivo con
proprio decreto;
e autorizzare il curatore a compiere gli atti di straordinaria amministrazione ed a stare in
giudizio;
f decidere sui reclami contro gli atti del curatore;
g adottare provvedimenti urgenti per la conservazione del patrimonio.
Tutti i provvedimenti del giudice delegato sono adottati con decreto. Contro i decreti tutti
possono opporsi dinanzi al tribunale fallimentare entro 3 giorni. Il reclamo non sospende
l’esecuzione ma costituisce il solo rimedio contro i decreti del giudice delegato.

3 Il curatore
È l’organo preposto all’amministrazione del patrimonio fallimentare sotto la direzione del
giudice delegato. Ha la qualità di pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni. Entro 1
mese dalla dichiarazione di fallimento il curatore deve presentare al giudice delegato una
relazione particolareggiata sulle cause del dissesto e sulle eventuali responsabilità del fallito. La
funzione centrale del curatore è di conservare, gestire e realizzare il patrimonio fallimentare. Per
alcuni atti è necessaria l’autorizzazione scritta del giudice delegato. La delega delle attribuzioni
è ammessa solo per singole operazioni. Il curatore deve adempiere con diligenza i doveri del
proprio ufficio. È tenuto al risarcimento dei danni causato dalla sua gestione. Contro i suoi atti si
può opporre reclamo al giudice delegato. Contro decreto del giudice è ammesso il ricorso al
tribunale. Il curatore può essere revocato dal tribunale. Ha diritto ad un compenso per l’attività
svolta.
4 Il comitato dei creditori
È composto da 3 o 5 membri scelti fra i creditori, è nominato dal giudice delegato ed ha
funzioni consultive. In alcuni casi il suo parere è obbligatorio e vincolante.

GLI EFFETTI DEL FALLIMENTO


Gli effetti del fallimento possono distinguersi in:
● Effetti patrimoniali
Il fallito perde l’amministrazione e la disponibilità dei suoi beni che passano al curatore. Ma ciò
non vale per i beni ed i diritti strettamente personali, per ciò che il fallito guadagna con la
propria attività, per ciò che non può essere pignorato per legge. Il fallito ha diritto ad abitare
nella casa di sua proprietà finché non la vende. Se privo di mezzi di sussistenza il giudice
delegato può concedergli un sussidio a titolo di alimenti. Lo spodestamento vale anche per i
beni che al fallito pervengono durante il fallimento. Con la dichiarazione di fallimento il fallito
non perde la capacità di agire né la proprietà dei suoi beni finché non siano trasferiti ad altri con
atti di disposizione dell’amministrazione fallimentare. Gli atti compiuti dal fallito sono
inefficaci rispetto alla massa dei creditori come lo sono anche i pagamenti eseguiti e ricevuti da
lui. Il fallito non può stare in giudizio né come attore, né come convenuto, può intervenire solo
se è imputato di bancarotta o se l’intervento è previsto dalla legge. In suo luogo ci sarà il
curatore.
● Effetti personali
Il fallito vede limitati il diritto al segreto epistolare ed il diritto alla libertà di movimento. Inoltre
il fallito è iscritto nel pubblico registro dei falliti, perde l’elettorato attivo e passivo, è interdetto
dai pubblici uffici. Queste incapacità personali cessano solo con la cancellazione dal registro dei
falliti.
● Effetti penali
Il fallito è esposto a sanzioni penali per reati compiuti prima o dopo il fallimento (bancarotta
semplice, bancarotta fraudolenta, ricorso abusivo al credito).

Il fallimento apre il concorso dei creditori sul patrimonio del fallito. Dalla sua data i creditori
del fallito diventano creditori concorsuali che acquistano il diritto di partecipare alla ripartizione
dell’attivo solo in seguito all’accertamento giudiziale del loro credito. I creditori concorsuali si
dividono in:
● creditori chirografari: partecipano solo alla ripartizione dell’attivo fallimentare in
proporzione ai loro crediti;
● creditori privilegiati: hanno diritto di prelazione sul ricavato della vendita del bene
oggetto della loro garanzia per il capitale, gli interessi e le spese;
● creditori della massa: diventano creditori del fallito dopo la dichiarazione del fallimento
per atti legalmente compiuti dagli organi fallimentari e devono essere soddisfatti in
prededuzione.
Con il fallimento all’esecuzione individuale sui beni del debitore, si sostituisce l’esecuzione
collettiva fallimentare. Ogni credito dev’essere accertato giudizialmente nell’ambito del
fallimento, secondo le norme fissate per la formazione dello stato passivo. Dal giorno della
dichiarazione di fallimento nessuna azione esecutiva individuale può essere iniziata o proseguita
sui beni compresi nel fallimento. I creditori garantiti da pegno o assistiti da privilegio speciale
su mobili con diritto di ritenzione possono essere autorizzati dal giudice delegato alla vendita
dei beni vincolanti. Le banche possono iniziare o proseguire l’azione esecutiva individuale sugli
immobili ipotecati a garanzia di operazioni di alcuni tipi di credito.

Tutti i debiti pecuniari del fallito si considerano scaduti agli effetti del concorso alla data di
dichiarazione del fallimento. La dichiarazione di fallimento sospende il corso degli interessi
convenzionali e legali, fino alla chiusura del fallimento. La compensazione dei debiti del fallito
con i creditori è ammessa anche se il credito verso il fallito non è scaduto prima della
dichiarazione di fallimento ma entrambi i crediti devono essere anteriori alla dichiarazione di
fallimento. La compensazione non ha luogo se il credito verso il fallito è stato acquistato per
atto fra vivi dopo la dichiarazione di fallimento o nell’anno anteriore. Il creditore concorre nel
fallimento di ciascuno dei coobbligati per l’intero credito ancora vantato alla data di
dichiarazione di fallimento fino al totale pagamento, ferma restando la possibilità di agire anche
nei confronti dei coobbligati in bonis. I diritti che spettano ai coobbligati verso il fallito, per
effetto dell’azione di regresso, vanno a beneficio del creditore finquando questi non sia
integralmente soddisfatto.

Nel periodo che intercorre tra il momento in cui si manifesta lo stato d’insolvenza e quello in
cui è dichiarato il fallimento, l’imprenditore può aver compiuto una serie di atti che alterano
l’integrità del proprio patrimonio ed arrecano pregiudizio ai creditori. Ciò è risolto con le
disposizioni che regolano l’azione revocatoria. Il curatore, nell’interesse di tutti i creditori, può
ottenere dal giudice che siano dichiarati inefficaci nei confronti dei creditori gli atti di
disposizione del patrimonio coi quali il debitore rechi pregiudizio alle loro ragioni e che si
soddisfino sui relativi beni come se gli stessi non fossero mai usciti dal patrimonio del debitore.
Tutti gli atti posti in essere dall’imprenditore in stato d’insolvenza si presumono pregiudizievoli
per i creditori perché idonei quanto meno ad alterare la par condicio creditorum. Presupposti per
la revocatoria fallimentare sono lo stato d’insolvenza dell’imprenditore e la conoscenza dello
stato d’insolvenza da parte del terzo. Gli atti posti in essere dall’imprenditore uno o due anni
prima della dichiarazione di fallimento si presumono compiuti in stato d’insolvenza. Per alcuni
atti è posta anche una presunzione relativa di conoscenza dello stato d’insolvenza da parte del
terzo. L’atto di disposizione revocato resta valido ma è inefficace nei confronti della massa dei
creditori. All’azione revocatoria fallimentare è applicabile la prescrizione quinquennale ed il
termine comincia a decorrere dalla data di dichiarazione del fallimento. Ci sono alcuni atti
senz’altro privi di effetti nei confronti dei creditori:
h atti a titolo gratuito compiuti nei 2 anni anteriori alla dichiarazione;
i pagamenti di debiti che scadono nel giorno della dichiarazione di fallimento o
successivamente, se compiuti nei 2 anni anteriori alla dichiarazione.
Altri atti sono revocabili in seguito ad azione giudiziaria promossa dal curatore:
a atti per i quali la conoscenza dello stato d’insolvenza si presume: atti anormali di
gestione compiuti nei 2 anni o nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento (atti a
titolo oneroso caratterizzati da una notevole proposizione fra le prestazioni del fallito e
della controparte, pagamenti di debiti effettuati con mezzi anomali di pagamento, pegni,
anticresi ed ipoteche costituite per debiti preesistenti non scaduti, ipoteche giudiziarie
per debiti preesistenti ma scaduti);
b atti per i quali il curatore deve provare che il terzo conosceva lo stato d’insolvenza: atti
a titolo oneroso compiuti nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento.
Sono sottratte dalla disciplina della revocatoria alcune operazioni di finanziamento bancario.

Il coniuge di un imprenditore difficilmente ignora lo stato d’insolvenza di questi. Perciò la


disciplina revocatoria è resa più drastica quando i relativi atti di disposizione sono posti in
essere fra i coniugi: è eliminato il limite temporale ed è sempre presunta la conoscenza dello
stato d’insolvenza da parte del coniuge.
La presunzione muciana è la disciplina per gli acquisti da terzi del coniuge del fallito. I beni
acquistati a titolo oneroso dal coniuge del fallito nei 5 anni anteriori alla dichiarazione di
fallimento si presumono acquistati con denaro del fallito. Il coniuge può vincere la presunzione
muciana solo provando che l’acquisto è avvenuto con mezzi proprio o con denaro non
proveniente dal patrimonio del fallito. Se prima del fallimento tali beni sono stati alienati o
ipotecati, la revocazione a danno del terzo non può aver luogo se questi provi la sua buona fede.
La presunzione muciana è incompatibile con il regime di comunione di beni: intervenuto il
fallimento la comunione si scioglie e le attività e passività facenti parte della stessa sono divise
in parti uguali fra i coniugi. Ora la presunzione muciana non esiste più per abrogazione implicita
da parte della giurisprudenza.

Il fallimento produce degli effetti sui contratti in corso di esecuzione ma essi dipendono dal tipo
di contratto:
1 Contratti che si sciolgono di diritto:
● contratti di borsa su merci o titoli;
● associazione in partecipazione in caso di fallimento dell’associante;
● contratti di conto corrente, mandato e commissione;
● contratto di appalto;
2 Contratti che continuano ma il curatore ne subentra ex lege:
● contratto di locazione di immobili;
● contratto di assicurazione contro i danni in caso di fallimento dell’assicurato;
● contratto di edizione;
● contratto di cessione di crediti d’impresa.
3 Contratti che restano sospesi e il curatore decide se scioglierli o continuarli:
● contratto di vendita (anche a termine e a rate);
● contratto di somministrazione.
Per quanto riguarda i contratti non regolati, ove non occorre l’analogia con le figure regolate,
deve trovare applicazione la più elastica delle 3 regole.

Si può avere una continuazione dell’attività quando ciò è funzionale ad una migliore
liquidazione del complesso aziendale o si spera di venderlo in blocco. Ciò avviene con:
a la continuazione temporanea: è disposta con provvedimento urgente dal tribunale,
sentito il curatore, quando l’interruzione improvvisa può provocare un danno
irreparabile;
b l’esercizio provvisorio: è disposto (e revocato) dal tribunale, solo se il comitato dei
creditori si pronunzia favorevolmente e indica le condizioni di ripresa.
c l’affitto dell’azienda.

LO SVOLGIMENTO DELLA PROCEDURA


L’accertamento del passivo è diretto ad accertare quali creditori hanno diritto di partecipare alle
ripartizioni dell’attivo, l’ammontare dei loro crediti e le eventuali cause di prelazione. Con
questo i creditori da concorsuali diventano concorrenti. La procedura si apre con la domanda di
ammissione dei creditori che deve specificare le ragioni di prelazione e deve essere
accompagnata dai documenti giustificativi del credito vantato. La domanda di ammissione al
passivo interrompe il decorso della prescrizione fino alla chiusura del fallimento ed impedisce la
decadenza dei termini per gli atti che non si possono compiere durante il fallimento. Il giudice
delegato predispone uno stato passivo provvisorio dove vengono indicati i crediti ammessi,
quelli non ammessi in tutto o in parte, quelli ammessi con riserva. Lo stato passivo provvisorio è
reso noto ai creditori mediante deposito in cancelleria. Dev’essere verificato esaminando le
posizioni dei singoli creditori. Ogni decisione spetta al giudice delegato. Esaurite le operazioni
di verifica il giudice delegato forma lo stato passivo definitivo, lo dichiara esecutivo con proprio
decreto e lo deposita in cancelleria. Nomina il comitato dei creditori. Possono essere presentate
anche nuove domande di ammissione finché non siano state esaurite tutte le ripartizioni
dell’attivo fallimentare ma il trattamento dei crediti ammessi tardivamente non è uniforme.
Contro lo stato passivo possono essere proposte opposizioni (dai creditori esclusi al fine di
ottenere l’ammissione del loro credito o il riconoscimento di una causa di prelazione
disconosciuta dal giudice delegato) ed impugnazioni (dai creditori ammessi al fine di ottenere
l’eliminazione della massa passiva di uno p più crediti o della relativa causa di prelazione).

La liquidazione dell’attivo inizia dopo che lo stato passivo è stato reso esecutivo. Ad essa
provvede il curatore. Per i beni mobili ci sono varie scelte. La vendita dei beni immobili avviene
di regola all’incanto ma può avvenire senza incanto se il giudice la ritiene più vantaggiosa. Le
somme che si rendono via via disponibili sono ripartite fra i creditori. Si provvede al pagamento
delle spese sostenute. Quanto residua è destinato al pagamento dei creditori concorrenti
ammessi con diritto di prelazione sulle cose vendute. Quanto residua ulteriormente è destinato al
pagamento dei creditori chirografari e privilegiati. Per le ripartizioni parziali il curatore presenta
ogni 2 mesi al giudice delegato un progetto di ripartizione delle somme disponibili. Il giudice
delegato stabilisce con decreto il piano di riparto e lo rende esecutivo. Le ripartizioni parziali
non possono superare i 90% delle somme disponibili. Il 10% va agli imprevisti. Esaurita la
liquidazione, il curatore rende al giudice delegato il conto della sua gestione che dev’essere
approvato. Infine viene liquidato il compenso al curatore e si procede alla ripartizione finale
dell’attivo.

La procedura fallimentare può essere svolta con maggiore semplicità quando l’ammontare
complessivo delle passività non supera £ 1.500.000.

LA CESSAZIONE DEL FALLIMENTO


Il fallimento si chiude per:
1 Mancata presentazione di domande di ammissione allo stato passivo nei termini
stabiliti;
2 Pagamento integrale dei creditori ammessi al passivo e delle spese della procedura;
3 Ripartizione integrale dell’attivo;
4 Impossibilità di continuare utilmente la procedura per insufficienza dell’attivo;
5 Concordato fallimentare.
La chiusura del fallimento è dichiarata con decreto motivato del tribunale su istanza del
curatore, del fallito o d’ufficio. Il decreto è pubblicato ed è reclamabile. Con la chiusura del
fallimento decadono gli organi preposti alla procedura e cessano gli effetti patrimoniali del
fallimento. I creditori riacquistano la possibilità di agire individualmente verso il debitore.
Cessano le limitazioni della libertà del fallito ma non le incapacità personali la cui riabilitazione
è concessa dopo 5 anni dalla chiusura del fallimento con le prove della buona condotta del
fallito. La riabilitazione può essere concessa prima quando il fallito ha pagato integralmente tutti
i creditori ammessi nel fallimento e ha regolarmente adempiuto il concordato fallimentare.
Il fallimento chiuso per ripartizione integrale dell’attivo o insufficienza dell’attivo può essere
riaperto. Ma è necessario che non devono essere trascorsi 5 anni dal decreto di chiusura e nel
patrimonio del fallito si rinvengono nuove attività che rendono utile la riapertura. Può essere
richiesta dal debitore o da qualsiasi creditore. Non è necessario l’accertamento dell’esistenza
attuale dello stato d’insolvenza. Al fallimento concorrono anche i nuovi creditori. Solo il
comitato dei creditori dev’essere nominato ex novo.

Il concordato fallimentare consente all’imprenditore fallito di chiudere definitivamente i


rapporti pregressi col pagamento integrale dei creditori privilegiati ed il pagamento in
percentuale dei creditori chirografari ottenendo la liberazione dei beni soggetti alla procedura
fallimentare. Il fallito può avanzare proposta di concordato dopo che lo stato passivo è stato reso
esecutivo. Il contenuto della proposta può essere variamente articolato. Non ci sono limitazioni
per le garanzie. Persone diverse dal fallito possono intervenire assumendo la posizione di
obbligato principale per l’adempimento del concordato. Questo è l’assuntore del concordato.
Egli può obbligarsi in solido col fallito o restare il solo obbligato. Come corrispettivo gli viene
ceduto l’attivo fallimentare. È obbligato verso tutti i creditori anteriori all’apertura del
fallimento. La proposta di concordato è soggetta all’esame del giudice delegato che, in caso di
accettazione, ordina la comunicazione ai creditori e fissa il termine entro il quale gli stessi
devono far pervenire la loro dichiarazione di dissenso. Hanno diritto di voto i creditori
chirografari ammessi al passivo. È necessario il consenso della maggioranza numerica dei
creditori aventi diritto di voto ed essi devono rappresentare almeno i due terzi dell’ammontare
dei loro crediti. Se il concordato è approvato si apre il giudizio di omologazione del tribunale. Si
può opporre chi ha interesse. Il tribunale decide sulle opposizioni con unica sentenza. Il
concordato omologato è obbligatorio per tutti i creditori anteriori al fallimento. Intervenuta
l’omologazione ha inizio l’esecuzione del concordato. Questo è eseguito dal fallito. Accertata la
completa esecuzione del concordato il giudice delegato ordina lo svincolo delle cauzioni e la
cancellazione delle ipoteche iscritte a garanzia del concordato. Gli effetti del concordato
possono cessare per risoluzione (inadempimento del concordato pronunziato dal tribunale) o per
annullamento. Annullato o risolto il concordato si riapre automaticamente il fallimento.

IL FALLIMENTO DELLE SOCIETÁ


Al fallimento delle società è applicabile la disciplina dell’imprenditore. Falliscono solo le
società che esercitano attività commerciale. Per quanto riguarda gli effetti del fallimento, ogni
volta che la legge richiede che sia sentito il fallito, dovranno essere sentiti gli amministratori o i
liquidatori della società fallita. Al curatore, autorizzato dal giudice delegato, è riservato
l’esercizio delle azioni contro amministratori, sindaci, direttori generali e liquidatori. La
proposta e le condizioni del concordato fallimentare devono essere approvate dai soci che
rappresentano la maggioranza del capitale sociale, nelle società di persone, o dall’assemblea
straordinaria nelle società di capitali e nelle cooperative. La chiusura del fallimento non porta
l’estinzione della società.

Nei soci a responsabilità limitata il fallimento comporta che il giudice delegato può ingiungere
loro di eseguire i conferimenti ancora dovuti. Nelle società lucrative con soci a responsabilità
illimitata, il fallimento produce anche il fallimento dei soci a responsabilità illimitata. Il
fallimento dei soci consegue automaticamente al fallimento della società. Quest’ultimo
determina anche il fallimento dei soci la cui esistenza è successivamente accertata. Anche la
società occulta e quella apparente sono soggette a fallimento. Il fallimento dei soci può essere
dichiarato solo entro l’anno dallo scioglimento del rapporto sociale.
Al fallimento della società partecipano solo i creditori sociali. Al fallimento dei singoli soci
concorrono sia i creditori sociali che quelli particolari. Il concordato fallimentare della società
ha efficacia anche per i soci e fa chiudere anche i loro fallimenti.
Capitolo XXV: Il concordato preventivo

L’imprenditore che si trova in uno stato d’insolvenza può evitare il fallimento regolando
mediante concordato preventivo i rapporti con i creditori. Ciò può essere attuato prima che sia
dichiarato il fallimento e serve ad evitare lo stesso. È un concordato giudiziale, poiché è
necessaria l’omologazione del tribunale per il suo perfezionamento, e di massa, poiché è
produttivo di effetti per tutti i creditori anteriori. La legge fissa particolari condizioni soggettive
ed oggettive di ammissibilità alla procedura: sono ammessi gli imprenditori meritevoli per aver
svolto in modo corretto la loro attività e che devono poter pagare anche almeno il 40% dei
creditori chirografari. È ammesso l’imprenditore che da almeno un biennio è iscritto nel registro
delle imprese ed ha tenuto una regolare contabilità, nei 5 anni precedenti non è stato dichiarato
fallito o ammesso ad altra procedura di concordato preventivo, non è stato condannato per
bancarotta fraudolenta o per altri delitti simili. Ci sono 2 tipi di concordato:
1 Concordato con garanzia
Il debitore deve offrire serie garanzie reali o personali di pagare per intero i creditori privilegiati
ed almeno il 40% ai creditori chirografari entro 6 mesi dall’omologazione del concordato;
2 Concordato con cessione
Il debitore deve offrire la cessione di tutti i suoi beni assoggettabili.

La procedura inizia con la domanda di ammissione e alcuni allegati del debitore presentata con
ricorso al tribunale. Il tribunale svolge una prima indagine volta ad accertare se ricorrono le
condizioni soggettive ed oggettive richieste dalla legge e valuta la consistenza dell’attivo. Se
l’accertamento ha esito negativo, il tribunale dichiara inammissibile la proposta di concordato e
con sentenza dichiara di ufficio il fallimento. Se ha esito positivo, è dichiarata l’apertura della
procedura, sono designati il giudice delegato ed un commissario giudiziale ed è ordinata la
convocazione dei creditori. Il debitore conserva l’amministrazione dei suoi beni e continua
l’esercizio dell’impresa. È necessaria l’autorizzazione del giudice delegato per gli atti che
eccedono l’ordinaria amministrazione se no sono inefficaci. Gli effetti per i creditori anteriori
sono uguali a quelli del fallimento. Non è applicata la disciplina della revocatoria fallimentare.

Non c’è il preventivo accertamento giudiziario dello stato passivo. Il commissario giudiziale
convoca i creditori sulla base di un elenco del debitore. Il commissario redige l’inventario e una
relazione sul dissesto. L’approvazione del concordato preventivo avviene in apposita adunanza
dei creditori. Ogni contestazione è decisa ai soli fini dell’ammissione al voto e del calcolo delle
maggioranze dal giudice delegato. Il concordato preventivo è approvato se riporta il voto
favorevole della maggioranza dei creditori votanti che rappresentano i due terzi dei crediti
ammessi al voto. Se la proposta è respinta il tribunale dichiara il fallimento. Se le maggioranza
sono raggiunte si apre il giudizio di omologazione dove il tribunale controlla la convenienza
economica per i creditori, la sicurezza delle garanzie offerte o la sufficienza dei beni ceduti e la
meritevolezza dell’imprenditore. Se i risultati sono negativo il tribunale dichiara fallimento, se
no omologa con sentenza il concordato.

Il concordato viene eseguito sotto la sorveglianza del commissario. Nel caso di cessione il
tribunale nomina uno o più liquidatori ed un comitato di creditori per assistere alla liquidazione.
Il concordato può essere risolto o annullato negli stessi casi del concordato fallimentare.
Capitolo XXVI: L’amministrazione controllata

L’amministrazione controllata consente all’imprenditore che si trova in una situazione di crisi


temporanea e reversibile, in una situazione di temporanea difficoltà di adempiere le proprie
obbligazioni, di superare tale situazione attraverso il risanamento economico e finanziario
dell’impresa nell’interesse preminente degli stessi creditori, se esistono comprovate possibilità
di risanare l’impresa. L’amministrazione controllata è un beneficio riservato agli imprenditori
meritevoli per aver svolto la loro attività in modo corretto.

La procedura inizia con la domanda di ammissione rivolta dal debitore al tribunale. Con essa
egli chiede una dilazione dei pagamenti per un periodo massimo di 2 anni nonché il controllo
della gestione della sua impresa e dell’amministrazione dei suoi beni a tutela degli interessi dei
creditori.
Il tribunale controlla se ricorrono le condizioni della legge, valuta la meritevolezza
dell’imprenditore e si pronunzia con decreto non soggetto a reclamo. Se la domanda è accolta,
con lo stesso decreto sono nominati il giudice delegato e il commissario giudiziale, sono
convocati i creditori per la votazione…
L’approvazione dei creditori è disciplinata da norme analoghe del concordato preventivo ma è
sufficiente il voto favorevole della maggioranza dei creditori chirografari che rappresentano la
maggioranza dei crediti e si tiene conto dei voti pervenuti per corrispondenza.
Se la procedura si consolida il giudice delegato nomina 3 o 5 creditori che assistono il
commissario giudiziale; se no cessano gli effetti del decreto di ammissione alla procedura ed il
tribunale può dichiarare fallimento se il dissesto è definitivo ed irreversibile.
L’imprenditore conserva la gestione dell’impresa e l’amministrazione del suo patrimonio sotto
la direzione del giudice delegato e la vigilanza del commissario giudiziale a cui il tribunale può
tuttavia affidarla. I creditori anteriori alla procedura non possono iniziare o proseguire azioni
esecutive sul patrimonio del debitore né possono acquistare diritti di prelazione. Continuano a
decorrere gli interessi legali e convenzionali. I rapporti in corso di svolgimento continuano. In
caso di ammissione alla procedura di una società gli effetti non si estendono ai soci
illimitatamente responsabili.

Se al termine, o prima, l’imprenditore dimostra di essere in grado di soddisfare regolarmente le


proprie obbligazioni, il tribunale, con decreto, dichiara cessata la procedura. Se l’imprenditore
non è stato in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni o risulta che
l’amministrazione controllata non può essere utilmente continuata, il tribunale dichiara il
fallimento o lo stato d’insolvenza a meno che l’imprenditore non proponga un concordato
preventivo.
Capitolo XXVII: La liquidazione coatta amministrativa

La liquidazione coatta amministrativa è una procedura concorsuale a carattere amministrativo


cui sono assoggettate determinate categorie di imprese. Può essere disposta non solo quando vi
è lo stato d’insolvenza ma anche per gravi irregolarità di gestione o per violazione di norme di
legge o regolamentari. L’autorità competente a disporre la liquidazione coatta non è mai
l’autorità giudiziaria, bensì l’autorità amministrativa. Obiettivo della liquidazione coatta è
l’eliminazione dal mercato dell’impresa colpita dal relativo provvedimento. Le imprese soggette
a liquidazione coatta sono sottratte al fallimento. Solo in alcuni casi sono ammesse entrambe le
procedure e si risolve il conflitto fra le stesse secondo il criterio della prevenzione.

La liquidazione coatta amministrativa è disposta con decreto dell’autorità governativa che ha la


vigilanza sull’impresa. Entro 10 giorni dalla sua data, dev’essere pubblicato e depositato per
l’iscrizione all’ufficio del registro delle imprese. L’autorità governativa nomina il commissario
liquidatore (svolge l’attività di liquidazione)ed il comitato di sorveglianza (con funzioni
consultive e di controllo). L’autorità giudiziaria accerta lo stato d’insolvenza. L’accertamento
preventivo dello stato d’insolvenza di un’impresa privata può essere richiesto solo dai creditori.
L’accertamento preventivo dello stato d’insolvenza di un’impresa che si trova già in
liquidazione coatta può essere richiesto solo dal commissario liquidatore o dal pubblico
ministero. In entrambi i casi l’insolvenza è dichiarata con sentenza. Gli effetti sono uguali a
quelli del fallimento sul patrimonio del debitore. Solo se è stato accertato lo stato d’insolvenza
trovano applicazione le norme della legge fallimentare relative agli atti pregiudizievoli ai
creditori e le sanzioni penali disposte per il fallimento. La liquidazione amministrativa non si
estende ai soci illimitatamente responsabili a cui invece si applica la disciplina della revocatoria
fallimentare.

L’accertamento dello stato passivo, la liquidazione dell’attivo e il riparto del ricavato fra i
creditori concorrenti si svolgono in sede amministrativa. Lo stato passivo è formato d’ufficio dal
commissario liquidatore ed è da lui depositato nella cancelleria del tribunale. A questo punto si
può aprire una fase contenziosa. Alla liquidazione dell’attivo vi provvede il commissario. Per la
sua ripartizione valgono criteri analoghi a quelli dettati per il fallimento. Prima dell’ultimo
riparto il commissario liquidatore deve sottoporre all’autorità amministrativa di vigilanza il
bilancio finale di liquidazione con il conto della gestione ed il piano di riparto fra creditori. In
mancanza di contestazioni il bilancio ed il piano di riparto s’intendono approvati. Il
commissario provvede alla ripartizione finale e all’iscrizione della cancellazione della società
nel registro delle imprese. La liquidazione coatta amministrativa si può concludere anche
mediante concordato ma non è richiesta l’approvazione dei creditori, è approvata direttamente
dal tribunale.
Codice civile Del lavoro
Delle società
Disposizioni generali (2247-2250)
Della società semplice
Disposizioni generali (2251-2252)
Dei rapporti tra i soci (2253-2265)
Dei rapporti con i terzi (2266-2271)
Dello scioglimento della società (2272-2283)
Dello scioglimento del rapporto sociale limitatamente ad un socio (2284-2290)
Della società in nome collettivo (2291-2312)
Della società in accomandita per azioni (2313-2324)
Della società per azioni
Disposizioni generali (2325-2332)
Della costituzione mediante pubblica sottoscrizione (2333-2336)
Dei promotori e soci fondatori (2337-2341)
Dei conferimenti (2342-2345)
Delle azioni (2346-2362)
Degli organi sociali
Dell’assemblea (2363-2379)
Degli amministratori (2380-2396)
Del collegio sindacale (2397-2409)
Delle obbligazioni (2410-2420ter)
Dei libri sociali (2421-2422)
Del bilancio (2423-2435bis)
Delle modificazioni dell’atto costitutivo (2436-2447)
Dello scioglimento della liquidazione (2448-2457)
Bis (2457bis-2457ter)
Delle società con partecipazione dello Stato o di enti pubblici (2458-2460)
Delle società d’interesse nazionale (2461)
Della società in accomandita per azioni (2462-2471)
Della società a responsabilità limitata
Disposizioni generali (2472-2475bis)
Dei conferimenti e delle quote (2476-2483)
Degli organi sociali e dell’amministrazione (2484-2493)
Delle modificazioni dell’atto costitutivo e dello scioglimento (2494-2497bis)
Della trasformazione, della fusione e della scissione delle società
Della trasformazione delle società (2498-2500)
Della fusione delle società (2501-2504sexies)
Della scissione delle società (2504septies-2504decies)
Delle società costituite all’estero od operanti all’estero (2505-2510)
Delle imprese cooperative e delle mutue assicuratrici
Delle imprese cooperative
Disposizioni generali (2511-2517)
Costituzione (2518-2520)
Delle quote e delle azioni (2521-2531)
Degli organi sociali (2532-2536)
Delle modificazioni dell’atto costitutivo (2537-2538)
Dello scioglimento e della liquidazione (2549-2541)
Dei controlli dell’autorità governativa (2542-2545)
Delle mutue assicuratrici (2546-2548)
SCHEMA COMPLETO DI STATO PATRIMONIALE
ATTIVO
A) Crediti verso i soci per versamenti ancora dovuti con separa ta indicazione della parte già richiamata
B) Immobilizzazioni:
I - Immobilizzazioni immateriali:
1)costi di impianto e di ampliamento;
2)costi di ricerca, di sviluppo e di pubblicità;
3)diritti di brevetto industriale e diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno;
4)concessioni, licenze, marchi e diritti simili;
5)avviamento;
6)immobilizzazioni in corso e acconti;
7)altre;
Totale …………………………………………………
Il - Immobilizzazioni materiali:
I) terreni e fabbricati;
2)impianti e macchinario;
3)attrezzature industriali e commerciali;
4)altri beni;
5)immobilizzazioni in corso e acconti;
Totale …………………………………………………
III - Immobilizzazioni finanziarie, con separata indicazione, per ciascuna voce dei crediti, degli importi esigibili entro l’esercizio
successivo:
I) partecipazioni in:
a) imprese controllate;
a) imprese collegate;
c) imprese controllanti;
a altre imprese;
2) crediti:
a) verso imprese controllate;
b) verso imprese collegate;
c) verso controllanti;
a verso altri;
3) altri titoli;
4) azioni proprie, con indicazione anche del valore
nominale complessivo;
Totale………………………………………………….
Totale immobilizzazioni (B)………………………….
C) Attivo circolante:
I - Rimanenze;
1)materie prime, sussidiarie e di consumo;
2)prodotti in corso di lavorazione e semilavorati;
3)lavori in corso su ordinazione;
4)prodotti finiti e merci;
5)acconti;
Totale………………………………………………….
II - Crediti, con separata indicazione, per ciascuna voce, degli importi esigibili oltre l’esercizio:
I)verso clienti;
2)verso imprese controllate;
3)verso imprese collegate;
4)verso controllanti;
4-bis)crediti tributari;
4-ter)imposte anticipate;
5)altri;
Totale………………………………………………….
III - Attività finanziarie che non sono immobilizzazioni:
I) partecipazioni in imprese controllate;
2)partecipazioni in imprese collegate;
3)partecipazioni in imprese controllanti;
4)altre partecipazioni;
5)azioni proprie, con indicazione anche del valore nominale complessivo;
6)altri titoli;
Totale …………………………………………………
IV - Disponibilità liquide:
I) depositi bancari e postali;
2)assegni;
3)denari e valori in cassa;
Totale …………………………………………………
Totale attivo circolante (C) ………………………….
D) Ratei e risconti, con separata indicazione del disaggio su pre stiti
PASSI VO
A) Patrimonio netto:
I -Capitale
II -Riserva da sopraprezzo delle azioni
III -Riserve di rivalutazione
IV -Riserva legale
V-Riserva per azioni proprie in portafoglio
VI - Riserve statutarie
VII-Altre riserve, distintamente indicate
VIII -Utili (perdite) portati a nuovo
XI -Utile (perdita) dell’esercizio
Totale…………………………………………………
B) Fondi per rischi e oneri:
I) per trattamento di quiescenza e obblighi simili;
2)per imposte, anche differite;
3)altri.
Totale …………………………………………………
C) Trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato
D) Debiti, con separata indicazione, per ciascuna voce, degli importi esigibili oltre l’esercizio successivo:
I) obbligazioni;
2) obbligazioni convertibili;
3)debiti verso soci per finanziamenti;
4) debiti verso banche;
5) debiti verso altri finanziatori;
6) acconti;
7) debiti verso fornitori;
8) debiti rappresentati da titoli di credito;
9) debiti verso imprese controllate;
10) debiti verso imprese collegate;
11) debiti verso controllanti;
12) debiti tributari;
13) debiti verso istituti di previdenza e di sicurezza sociale;
14) altri debiti.
Totale ………………………………………………... E)Ratei e risconti, con separata indicazione dell’aggio su
prestiti
SCHEMA COMPLETO DI CONTO ECONOMICO
A) Valore della produzione:
I) ricavi delle vendite e delle prestazioni;
2) variazioni delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione, semilavorati e finiti;
3) variazione dei lavori in corso su ordinazione;
4) incrementi di immobilizzazioni per lavori interni;
5) altri ricavi e proventi, con separata indicazione dei contributi in conto esercizio.
Totale………………………………………………………………………………………………………………………………
………...

B) Costi della produzione:


6) per materie prime, sussidiarie, di consumo e di merci;
7) per servizi;
8) per godimento di beni di terzi;
9) per il personale: a) salari e stipendi;
b) oneri sociali;
c) trattamento di fine rapporto;
d) trattamento di quiescenza e simili;
e) altri costi;
I O) ammortamenti e svalutazioni:
a) ammortamento delle immobilizzazioni immateriali;
b) ammortamento delle immobilizzazioni materiali;
c) altre svalutazioni delle immobilizzazioni;
a svalutazioni dei crediti compresi nell’attivo circolante e delle disponibilità liquide;
11) variazioni delle rimanenze di materie prime, sussidiarie, di consumo e merci;
12)accantonamenti per rischi;
13) altri accantonamenti;
14) oneri diversi di gestione.
Totale …………………………………………………………
Differenza tra valore e costi della produzione (A — B)
…………………………………………………………………………………

C) Proventi e oneri finanziari


15) proventi da partecipazioni, con separata indicazione di quelli relativi ad imprese controllate e collegate;
I 6) altri proventi finanziari;
a) da crediti iscritti nelle immobilizzazioni, con separata indicazione di quelli da imprese controllate e
collegate e di quelli da controllanti;
b) da titoli iscritti nelle immobilizzazioni che non costituiscono partecipazioni;
c) da titoli iscritti nell’attivo circolante che non costituiscono partecipazioni;
d) proventi diversi dai precedenti, con separata indicazione di quelli da imprese con trollate e collegate
e di quelli da controllanti;
17) interessi e altri oneri finanziari, con separata indicazione di quelli verso imprese controllate e collegate e verso controllanti.
17-bis) utili e perdite su cambi.
Totale (15 + 16— 17+/ – 17-bis)
…………………………………………………………………………………………………………………

D) Rettifiche di valore di attività finanziarie:


18) rivalutazioni; a) di partecipazioni,
b) di immobilizzazioni finanziarie che non costituiscono partecipazioni;
c) di titoli iscritti nell’attivo circolante che non costituiscono partecipazioni;
19) svalutazioni; a) di partecipazioni;
b) di immobilizzazioni finanziarie che non costituiscono partecipazioni; c) di titoli iscritti all’attivo
circolante che non costituiscono partecipazioni.
Totale (18 — 19) …………………………………………………………………………………………………………………

E) Proventi e oneri straordinari:


20) proventi, con separata indicazione delle plusvalenze da alienazioni i cui ricavi non sono iscrivibili al n. 5;
2 I) oneri con separata indicazione delle minusvalenze da alienazione i cui effetti contabili non sono iscrivibi li al n. 14 e delle
imposte relative ad esercizi precedenti.
Totale delle partite straordinarie (20 —2
I)……………………………………………………………………………………………….
Risultato prima delle imposte (A — B + /— C + /— D + /—
E)………………………………………………………………………
22) imposte sul reddito dell’esercizio correnti, differite e anticipate;
23) utile (perdita) d’esercizio.
CONTENUTO DELLA NOTA INTEGRATIVA (ART. 2427)
La nota integrativa deve indicare, oltre a quanto stabilito da altre disposizioni:
1 i criteri applicati nella valutazione delle voci del bilancio, nelle rettifiche di valore e nella conversione dei
valori non espressi all’origine in moneta avente corso legale nello Stato;
2 i movimenti delle immobilizzazioni, specificando per ciascuna voce: il costo; le precedenti rivalutazioni,
ammortamenti e svalutazioni; le acquisizioni, gli spostamenti da una ad altra voce, le alienazioni avvenuti
nell’esercizio; le rivalutazioni, gli ammortamenti e le svalutazioni effettuati nell’esercizio; il totale delle
risoluzioni riguardanti le immobilizzazioni esistenti alla chiusura dell’esercizio;
3 la composizione delle voci "costi di impianto e di ampliamento" e "costi di ricerca, di sviluppo e di
pubblicità", nonché le ragioni della iscrizione ed i rispettivi criteri di ammortamento;
3-bis) la misura e le motivazioni delle riduzioni di valore applicate alle immobilizzazioni immateriali di durata
indeterminata, facendo a tal fine esplicito riferimento al loro concorso alla futura produzione di risultati
economici, alla loro prevedibile durata utile e, per quanto determinabile, al loro valore di mercato,
segnalando altresì le differenze rispetto a quelle operate negli esercizi precedenti ed evidenziando la loro
influenza sui risultati economici dell'esercizio e sugli indicatori di redditività di cui sia stata data
comunicazione;
4 le variazioni intervenute nella consistenza delle altre voci dell’attivo e del passivo; in particolare, per i fondi
e per il trattamento di fine rapporto, le utilizzazioni e gli accantonamenti;
5 l’elenco delle partecipazioni, possedute direttamente o per tramite di società fiduciaria o per interposta
persona, in imprese controllate e collegate, indicando per ciascuna la denominazione, la sede, il capitale,
l’importo del patrimonio netto, l’utile o la perdita dell’ultimo esercizio, la quota posseduta e il valore
attribuito in bilancio o il corrispondente credito;
6 distintamente per ciascuna voce, l’ammontare dei crediti e dei debiti di durata residua superiore a cinque
anni, e dei debiti assistiti da garanzie reali su beni sociali, con specifica indicazione della natura delle
garanzie;
6-bis) eventuali effetti significativi delle variazioni nei cambi valutari verificatesi successivamente alla chiusura
dell'esercizio;
6-ter) distintamente per ciascuna voce, l'ammontare dei crediti e dei debiti relativi ad operazioni che prevedono
l'obbligo per l'acquirente di retrocessione a termine;
7 la composizione delle voci "ratei e risconti attivi" e "ratei e risconti passivi" e della voce "altri fondi" dello
stato patrimoniale, quando il loro ammontare sia apprezzabile nonché la composizione della voce "altre
riserve";
7-bis) le voci di patrimonio netto devono essere analiticamente indicate, con specificazione in appositi prospetti
della loro origine, possibilità di utilizzazione e distribuibilità, nonché della loro avvenuta utilizzazione nei
precedenti esercizi;
8 l’ammontare degli oneri finanziari imputati nell’esercizio ai valori iscritti nell’attivo dello stato
patrimoniale, distintamente per ogni voce;
9 gli impegni non risultanti dallo stato patrimoniale; le notizie sulla composizione e natura di tali impegni e
dei conti d’ordine, la cui conoscenza sia utile per valutare la situazione patrimoniale e finanziaria della
società, specificando quelli relativi a imprese controllate, collegate, controllanti e a imprese sottoposte al
controllo di queste ultime;
10 se significativa, la ripartizione dei ricavi delle vendite e delle prestazioni secondo categorie di attività e
secondo aree geografiche;
11 l’ammontare dei proventi da partecipazioni, indicati nell’art. 2425, n. 15, diversi dai dividendi;
12 la suddivisione degli interessi ed altri oneri finanziari, indicati nell’art. 2425, n. 17, relativi a prestiti
obbligazionari, a debiti verso banche, e altri;
13 la composizione delle voci "proventi straordinari" e "oneri straordinari" del conto economico, quando il
loro ammontare sia apprezzabile;
14 un apposito prospetto contenente:
a) la descrizione delle differenze temporanee che hanno comportato la rilevazione di imposte differite e
anticipate, specificando l'aliquota applicata e le variazioni rispetto all'esercizio precedente, gli importi
accreditati o addebitati a conto economico oppure a patrimonio netto, le voci escluse dal computo e le
relative motivazioni;
b) l'ammontare delle imposte anticipate contabilizzato in bilancio attinenti a perdite dell'esercizio o di
esercizi precedenti e le motivazioni dell'iscrizione, l'ammontare non ancora contabilizzato e le
motivazioni della mancata iscrizione;
15 il numero medio dei dipendenti, ripartito per categoria;
16 l’ammontare dei compensi spettanti agli amministratori ed ai sindaci, cumulativamente per ciascuna
categoria;
17 il numero e il valore nominale di ciascuna categoria di azioni della società e il numero e il valore nominale
delle nuove azioni della società sottoscritte durante l’esercizio;
18 le azioni di godimento, le obbligazioni convertibili in azioni e i titoli o valori simili emessi dalla società
specificando il loro numero e i diritti che essi attribuiscono.
19) il numero e le caratteristiche degli altri strumenti finanziari emessi dalla società, con l'indicazione dei diritti
patrimoniali e partecipativi che conferiscono e delle principali caratteristiche delle operazioni relative;
19-bis) i finanziamenti effettuati dai soci alla società, ripartiti per scadenze e con la separata indicazione di quelli
con clausola di postergazione rispetto agli altri creditori;
20) i dati richiesti dal terzo comma dell'art. 2447-septies con riferimento ai patrimoni destinati ad uno specifico
affare ai sensi della lettera a) del primo comma dell'art. 2447-bis;
21) i dati richiesti dall'art. 2447-decies, ottavo comma;
22) le operazioni di locazione finanziaria che comportano il trasferimento al locatario della parte prevalente dei
rischi e dei benefici inerenti ai beni che ne costituiscono oggetto, sulla base di un apposito prospetto dal
quale risulti il valore attuale delle rate di canone non scadute quale determinato utilizzando tassi di interesse
pari all'onere finanziario effettivo inerenti i singoli contratti, l'onere finanziario effettivo attribuibile ad essi
e riferibile all'esercizio, l'ammontare complessivo al quale i beni oggetto di locazione sarebbero stati iscritti
alla data di chiusura dell'esercizio qualora fossero stati considerati immobilizzazioni, con separata
indicazione di ammortamenti, rettifiche e riprese di valore che sarebbero stati inerenti all'esercizio.
Sommario del nuovo articolato del Libro V, titoli V e VI codice
civile

CAPO V

SOCIETÀ PER AZIONI


(modificato dall'art. 1, D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6)

Sezione I – Disposizioni generali


2325 Responsabilità
2325 bis – Società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio
2326 Denominazione sociale
2327 Ammontare minimo del capitale
2328 Atto costitutivo
2329 Condizioni per la costituzione
2330 Deposito dell'atto costitutivo e iscrizione della società
2331 Effetti dell'iscrizione
2332 Nullità della società

Sezione II – Della costituzione per pubblica sottoscrizione


2333 Programma e sottoscrizione delle azioni
2334 Versamenti e convocazione dell'assemblea dei sottoscrittori
2335 Assemblea dei sottoscrittori
2336 Stipulazione e deposito dell'atto costitutivo

Sezione III – Dei promotori e dei soci fondatori


2337 Promotori
2338 Obbligazioni dei promotori
2339 Responsabilità dei promotori
2340 Limiti dei benefici riservati ai promotori
2341 Soci fondatori

Sezione III bis - Dei patti parasociali


2341 bis Patti parasociali
2341-ter Pubblicità dei patti parasociali

Sezione IV – Dei conferimenti


2342 Conferimenti
2343 Stima dei conferimenti di beni in natura e di crediti
2343-bis Acquisto della società da promotori, fondatori, soci e amministratori
2344 Mancato pagamento delle quote
2345 Prestazioni accessorie

Sezione V – Delle azioni e di altri strumenti finanziari partecipativi


2346 Emissione delle azioni
2347 Indivisibilità delle azioni
2348 Categorie di azioni
2349 Azioni e strumenti finanziari a favore dei prestatori di lavoro
2350 Diritto agli utili e alla quota di liquidazione
2351 Diritto di voto
2352 Pegno, usufrutto e sequestro delle azioni
2353 Azioni di godimento
2354 Titoli azionari
2355 Circolazione delle azioni
2355-bis Limiti alla circolazione delle azioni
2356 Responsabilità in caso di trasferimento di azioni non liberate
2357 Acquisto delle proprie azioni
2357-bis Casi speciali di acquisto delle proprie
2357-ter Disciplina delle proprie azioni
2357-quater Divieto di sottoscrizione delle proprie azioni
2358 Altre operazioni sulle proprie azioni
2359 Società controllate e società collegate
2359-bis Acquisto di azioni o quote da parte di società controllate
2359-ter Alienazione o annullamento delle azioni o quote della società controllante
2359-quater Casi speciali di acquisto o di possesso di azioni o quote della società
controllante
2359-quinquies Sottoscrizione di azioni o quote della società controllante
2360 Divieto di sottoscrizione reciproca di azioni
2361 Partecipazioni
2362 Unico azionista

Sezione VI – Dell’assemblea
2363 Luogo di convocazione dell’assemblea
2364 Assemblea ordinaria nelle società prive di consiglio di sorveglianza
2364 bis Assemblea ordinaria nelle società con consiglio di sorveglianza
2365 Assemblea straordinaria
2366 Formalità per la convocazione
2367 Convocazione su richiesta di soci
2368 Costituzione dell'assemblea e validità delle deliberazioni
2369 Seconda convocazione e convocazioni successive
2370 Diritto d’intervento all’assemblea ed esercizio del voto
2371 Presidenza dell'assemblea
2372 Rappresentanza nell'assemblea
2373 Conflitto d'interessi
2374 Rinvio dell'assemblea
2375 Verbale delle deliberazioni dell'assemblea
2376 Assemblee speciali
2377 Annullabilità delle deliberazioni
2378 Procedimento d'impugnazione
2379 Nullità delle deliberazioni
2379 bis Sanatoria della nullità
2379 ter Invalidità delle deliberazioni di aumento o di riduzione del capitale e della
emissione di obbligazioni

Sezione VI-bis Dell’amministrazione e del controllo


§1 Disposizioni generali
2380 Sistemi di amministrazione e di controllo
§2 Degli amministratori
2380-bis Amministrazione della società
2381 Presidente, comitato esecutivo e amministratori delegati
2382 Cause di ineleggibilità e di decadenza
2383 Nomina e revoca degli amministratori
2384 Poteri di rappresentanza
2385 Cessazione degli amministratori
2386 Sostituzione degli amministratori
2387 Requisiti di onorabilità, professionalità e indipendenza
2388 Validità delle deliberazioni del consiglio
2389 Compensi degli amministratori
2390 Divieto di concorrenza
2391 Interessi degli amministratori
2392 Responsabilità verso la società
2393 Azione sociale di responsabilità
2393-bis Azione sociale di responsabilità esercitata dai soci
2394 Responsabilità verso i creditori sociali
2394 bis Azioni di responsabilità nelle procedure concorsuali
2395 Azione individuale del socio e del terzo
2396 Direttori generali
§3 Del collegio sindacale
2397 Composizione del collegio
2398 Presidenza del collegio
2399 Cause d'ineleggibilità e di decadenza
2400 Nomina e cessazione dall'ufficio
2401 Sostituzione
2402 Retribuzione
2403 Doveri del collegio sindacale
2403-bis Poteri del collegio sindacale
2404 Riunioni e deliberazioni del collegio
2405 Intervento alle adunanze del consiglio di amministrazione e alle assemblee
2406 Omissioni degli amministratori
2407 Responsabilità
2408 Denunzia al collegio sindacale
2409 Denunzia al tribunale
§4 Del controllo contabile
2409-bis Controllo contabile
2409-ter Funzioni di controllo contabile
2409-quater Conferimento e revoca dell’incarico
2409-quinquies Cause di ineleggibilità e di decadenza
2409-sexies Responsabilità
2409 septies Scambio di informazioni
§5 Del sistema dualistico
2409-octies Sistema basato su un consiglio di gestione e un consiglio di
sorveglianza
2409-novies Consiglio di gestione
2409-decies Azione sociale di responsabilità
2409-undecies Norme applicabili
2409-duodecies Consiglio di sorveglianza
2409-terdecies Competenza del consiglio di sorveglianza
2409-quaterdecies Norme applicabili
2409-quinquiesdecies Controllo contabile
§6 Del sistema monistico
2409-sexiesdecies Sistema basato sul consiglio di amministrazione e un comitato
costituito al suo interno
2409-septiesdecies Consiglio di amministrazione
2409-octiesdecies Comitato per il controllo sulla gestione
2409-noviesdecies Norme applicabili e controllo contabile

Sezione VII – Delle obbligazioni


2410 Emissione
2411 Diritti degli obbligazionisti
2412 Limiti all’emissione
2413 Riduzione del capitale
2414 Contenuto delle obbligazioni
2414 bis Costituzione delle garanzie
2415 Assemblea degli obbligazionisti
2416 Impugnazione delle deliberazioni dell'assemblea
2417 Rappresentante comune
2418 Obblighi e poteri del rappresentante comune
2419 Azione individuale degli obbligazionisti
2420 Sorteggio delle obbligazioni
2420-bis Obbligazioni convertibili in azioni
2420-ter Delega agli amministratori

Sezione VIII – Dei libri sociali


2421 Libri sociali obbligatori
2422 Diritto d’ispezione dei libri sociali

Sezione IX – Del bilancio


2423 Redazione del bilancio
2423-bis Principi di redazione del bilancio
2423-ter Struttura dello stato patrimoniale e del conto economico
2424 Contenuto dello stato patrimoniale
2424-bis Disposizioni relative a singole voci dello stato patrimoniale
2425 Contenuto del conto economico
2425-bis Iscrizione dei ricavi, proventi, costi ed oneri
2426 Criteri di valutazioni
2427 Contenuto della nota integrativa
2428 Relazione sulla gestione
2429 Relazione dei sindaci e deposito del bilancio
2430 Riserva legale
2431 Sovrapprezzo delle azioni
2432 Partecipazione agli utili
2433 Distribuzione degli utili ai soci
2433-bis Acconti sui dividendi
2434 Azione di responsabilità
2434-bis Invalidità della deliberazione di approvazione del bilancio
2435 Pubblicazione del bilancio e dell'elenco dei soci e dei titolari di diritti su azioni
2435-bis Bilancio in forma abbreviata

Sezione X – Delle modificazioni dello statuto


2436 Deposito, iscrizione e pubblicazione delle modificazioni
2437 Diritto di recesso
2437-bis Termini e modalità di esercizio
2437-ter Criteri di determinazione del valore delle azioni
2437-quater Procedimento di liquidazione
2437-quinquies Disposizioni speciali per le società con azioni quotate sui mercati
regolamentati
2437 sexies Azioni riscattabili
2438 Aumento di capitale
2439 Sottoscrizione e versamenti
2440 Conferimenti di beni in natura e di crediti
2441 Diritto di opzione
2442 Passaggio di riserve a capitale
2443 Delega agli amministratori
2444 Iscrizione nel registro delle imprese
2445 Riduzione del capitale sociale
2446 Riduzione del capitale per perdite
2447 Riduzione del capitale sociale al disotto del limite legale
Sezione XI – Dei patrimoni destinati ad uno specifico affare
2447-bis Patrimoni destinati ad uno specifico affare
2447-ter Deliberazione costitutiva del patrimonio destinato
2447-quater Pubblicità della costituzione del patrimonio destinato
2447-quinquies Diritti dei creditori
2447-sexies Libri obbligatori e altre scritture contabili
2447-septies Bilancio
2447- octies Assemblee speciali
2447- novies Rendiconto finale
2447-decies Finanziamento destinato ad uno specifico affare

Sezione XII
2448 Effetti della pubblicazione nel registro delle imprese

Sezione XIII – Delle società con partecipazione dello Stato o di enti


pubblici
2449 Società con partecipazione dello Stato o di enti pubblici
2450 Amministratori e sindaci nominati dallo Stato o da enti pubblici

Sezione XIV – Delle società di interesse nazionale


2451 Norme applicabili

CAPO VI

DELLA SOCIETÀ IN ACCOMANDITA PER AZIONI


(modificato dall'art. 2, D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6)
2452 Responsabilità e partecipazioni
2453 Denominazione sociale
2454 Norme applicabili
2455 Soci accomandatari
2456 Revoca degli amministratori
2457 Sostituzione degli amministratori
2458 Cessazione dall’ufficio di tutti i soci amministratori
2459 Sindaci e azione di responsabilità
2460 Modificazioni dell'atto costitutivo
2461 Responsabilità degli accomandatari verso i terzi

CAPO VII

DELLA SOCIETÀ A RESPONSABILITÀ LIMITATA


(modificato dall'art. 3, D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6)

Sezione I – Disposizioni generali


2462 Responsabilità
2463 Costituzione

Sezione II – Dei conferimenti e delle quote


2464 Conferimenti
2465 Stima dei conferimenti di beni in natura e di crediti
2466 Mancata esecuzione dei conferimenti
2467 Finanziamenti dei soci
2468 Quote di partecipazione
2469 Trasferimento delle partecipazioni
2470 Efficacia e pubblicità
2471 Espropriazione della partecipazione
2471 bis Pegno, usufrutto e sequestro della partecipazione
2472 Responsabilità dell’alienante per i versamenti ancora dovuti
2473 Recesso del socio
2473-bis Esclusione del socio
2474 Operazioni sulle proprie partecipazioni

Sezione III - Dell’amministrazione della società e dei controlli


2475 Amministrazione della società
2475-bis Rappresentanza della società
2475-ter Conflitto di interessi
2476 Responsabilità degli amministratori e controllo dei soci
2477 Controllo legale dei conti
2478 Libri sociali obbligatori
2478-bis Bilancio e distribuzione degli utili ai soci

Sezione IV – Delle decisioni dei soci


2479 Decisioni dei soci
2479-bis Assemblea dei soci
2479 ter Invalidità delle decisioni dei soci

Sezione V – Delle modificazioni dell’atto costitutivo


2480 Modificazioni dell’atto costitutivo
2481 Aumento di capitale
2481 bis Aumento di capitale mediante nuovi conferimenti
2481-ter Passaggio di riserve a capitale
2482 Riduzione del capitale sociale
2482-bis Riduzione del capitale per perdite
2482-ter Riduzione del capitale al disotto del minimo legale
2482-quater Riduzione del capitale per perdite e diritti dei soci
2483 Emissione di titoli di debito
CAPO VIII

SCIOGLIMENTO E LIQUIDAZIONE DELLE SOCIETÀ DI CAPITALI


(modificato dall'art. 4, D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6)
2484 Cause di scioglimento
2485 Obblighi degli amministratori
2486 Poteri degli amministratori
2487 Nomina e revoca dei liquidatori; criteri di svolgimento della liquidazione
2487-bis Pubblicità della nomina dei liquidatori ed effetti
2487-ter Revoca dello stato di liquidazione
2488 Organi sociali
2489 Poteri, obblighi e responsabilità dei liquidatori
2490 Bilanci in fase di liquidazione
2491 Poteri e doveri particolari dei liquidatori
2492 Bilancio finale di liquidazione
2493 Approvazione tacita del bilancio
2494 Deposito delle somme non riscosse
2495 Cancellazione della società
2496 Deposito dei libri sociali

CAPO IX

DIREZIONE E COORDINAMENTO DI SOCIETÀ


(modificato dall'art. 5, D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6)
2497 Responsabilità
2497-bis Pubblicità
2497-ter Motivazione delle decisioni
2497 quater Diritto di recesso
2497 quinquies Finanziamenti nell’attività di direzione e coordinamento
2497 sexies Presunzioni

CAPO X

DELLA TRASFORMAZIONE, DELLA FUSIONE E DELLA SCISSIONE


(modificato dall'art. 6, D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6)

Sezione I – Della trasformazione


2498 Continuità dei rapporti giuridici
2499 Limiti alla trasformazione
2500 Contenuto, pubblicità ed efficacia dell’atto di trasformazione
2500-bis Invalidità della trasformazione
2500-ter Trasformazione di società di persone
2500-quater Assegnazione di azioni o quote
2500-quinquies Responsabilità dei soci
2500-sexies Trasformazione di società di capitali
2500-septies Trasformazione eterogenea da società di capitali
2500-octies Trasformazione eterogenea in società di capitali
2500-novies Opposizione dei creditori

Sezione II – Della fusione delle società


2501 Forme di fusione
2501-bis Fusione a seguito di acquisizione con indebitamento
2501 ter Progetto di fusione
2501-quater Situazione patrimoniale
2501-quinquies Relazione dell'organo amministrativo
2501-sexies Relazione degli esperti
2501-septies Deposito di atti
2502 Decisione in ordine alla fusione
2502-bis Deposito e iscrizione della decisione di fusione
2503 Opposizione dei creditori
2503-bis Obbligazioni
2504 Atto di fusione
2504-bis Effetti della fusione
2504-ter Divieto di assegnazione di azioni o quote
2504-quater Invalidità della fusione
2505 Incorporazione di società interamente possedute
2505 bis Incorporazione di società possedute al novanta per cento
2505-ter Effetti della pubblicazione degli atti del procedimento di fusione nel
registro delle imprese
2505-quater Fusioni cui non partecipano società con capitale rappresentato da
azioni

Sezione III – Della scissione delle società


2506 Forme di scissione
2506-bis Progetto di scissione
2506-ter Norme applicabili
2506 quater Effetti della scissione

CAPO IX

DELLE SOCIETÀ COSTITUITE ALL’ESTERO


(modificato dall'art. 7, D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6)
2507 Rapporti con il diritto comunitario
2508 Società estere con sede secondaria nel territorio dello Stato
2509 Società estere di tipo diverso da quelle nazionali
2509 bis Responsabilità in caso di inosservanza delle formalità
2510 Società con prevalenti interessi stranieri

TITOLO VI

DISCIPLINA DELLE SOCIETA' COOPERATIVE


(modificato dall'art. 8, D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6)

CAPO I - DELLE COOPERATIVE

Sezione I - Disposizioni generali cooperative a mutualità prevalente


2511 Società cooperative
2512 Cooperativa a mutualità prevalente
2513 Criteri per la definizione della prevalenza
2514 Requisiti delle cooperative a mutualità prevalente
2515 Denominazione sociale
2516 Rapporti con i soci
2517 Enti mutualistici
2518 Responsabilità per le obbligazioni sociali
2519 Norme applicabili
2520 Leggi speciali

Sezione II - Costituzione
2521 Atto costitutivo
2522 Numero dei soci
2523 Deposito dell'atto costitutivo e iscrizione della società
2524 Variabilità del capitale

Sezione III - Delle quote e delle azioni


2525 Quote e azioni
2526 Soci finanziatori e sottoscrittori di titoli di debito
2527 Requisiti dei soci
2528 Procedura di ammissione e carattere aperto della società
2529 Acquisto delle proprie quote o azioni
2530 Trasferibilità della quota o delle azioni
2531 Mancato pagamento delle quote o delle azioni
2532 Recesso del socio
2533 Esclusione del socio
2534 Morte del socio
2535 Liquidazione della quota o rimborso delle azioni del socio uscente
2536 Responsabilità del socio uscente e dei suoi eredi
2537 Creditore particolare del socio

Sezione IV - Degli organi sociali


2538 Assemblea
2539 Rappresentanza nell'assemblea
2540 Assemblee separate
2541 Assemblee speciali dei possessori degli strumenti finanziari
2542 Consiglio di amministrazione
2543 Organo di controllo
2544 Sistemi di amministrazione
2545 Relazione annuale sul carattere mutualistico della cooperativa
2545-bis Diritti dei soci
2545-ter Riserve indivisibili
2545-quater Riserve legali, statutarie e volontarie
2545-quinquies Diritto agli utili e alle riserve dei soci cooperatori
2545-sexies Ristorni
2545-septies Gruppo cooperativo paritetico

Sezione V - Delle modificazioni dell'atto costitutivo


2545-octies Perdita della qualifica di cooperativa a mutualità prevalente
2545-novies Modificazioni dell'atto costitutivo
2545-decies Trasformazione
2545-undecies Devoluzione del patrimonio e bilancio di trasformazione
2545-duodecies Scioglimento
2545-terdecies Insolvenza

Sezione VI - Dei controlli


2545-quaterdecies Controllo sulle società cooperative
2545-quinquiesdecies Controllo giudiziario
2545-sexiesdecies Gestione commissariale
2545-septiesdecies Scioglimento per atto dell'autorità
2545-octiesdecies Sostituzione dei liquidatori

CAPO II

DELLE MUTUE ASSICURATRICI


2546. Nozione
2547. Norme applicabili
2548. Conferimenti per la costituzione di fondi di garanzia

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