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1. DIRITTO DELL’IMPRESA
Nel nostro sistema giuridico la disciplina delle attività economiche ruota intorno alla figura
dell’imprenditore definito all’art. 2082 c.c. Tre criteri di selezione sono alla base della
distinzione tra i diversi tipi d’impresa e d’imprenditore operanti su piani diversi:
1 Oggetto dell’impresa (agricola, commerciale…)
2 Dimensione dell’impresa (piccola, media…)
3 Natura del soggetto che esercita l’impresa (individuale, pubblica…)
Nel codice civile ci sono norme applicabili a tutti gli imprenditori e a tutte le imprese senza
ulteriori specificazioni e norme applicabili solo ad una categoria d’imprenditori e di aziende.
Le definizioni tra i vari tipi d’impresa ed i vari imprenditori servono a definire meglio l’ambito
di applicazione dello statuto dell’imprenditore commerciale.
L’impresa è attività finalizzata alla produzione o allo scambio di beni o servizi. È attività
produttiva. Nel qualificare un’attività come produttiva è irrilevante la natura dei beni o servizi
prodotti o scambiati, il tipo di bisogno da soddisfare, la qualificazione come attività di
godimento o di amministrazione del proprio patrimonio. Quindi sono imprese commerciali le
società d’investimento, quelle finanziarie e le holdings.
Per alcuni la semplice organizzazione a fini produttivi del proprio lavoro non può essere
considerata organizzazione di tipo imprenditoriale e in mancanza di un coefficiente minimo di
eteroorganizzazione deve negarsi l’esistenza d’impresa. Per altri l’imprenditore è anche il
lavoratore autonomo. In conclusione un minimo di organizzazione di lavoro altrui o di capitale
è necessario per aversi impresa. In mancanza si avrà semplice lavoro autonomo non
imprenditoriale.
Per aversi impresa è essenziale che l’attività produttiva sia condotta con metodo economico con
modalità che consentono nel lungo periodo la copertura dei costi con i ricavi e l’autosufficienza
economica.
L’impresa illegale non impedisce l’acquisto della qualità d’imprenditore e con pienezza di
effetti ferma restando l’applicazione di sanzioni amministrative e penali per l’oggetto
dell’attività. Invece l’impresa immorale non è impresa.
Il legislatore esclude la qualifica imprenditoriale per le professioni intellettuali. Per l’art. 2238
c.c. ―Se l'esercizio della professione costituisce elemento di un’ attività organizzata in forma
d'impresa, si applicano anche le disposizioni del titolo II. In ogni caso, se l'esercente una
professione intellettuale impiega sostituti o ausiliari, si applicano le disposizioni delle sezioni II,
III e IV del capo I del titolo II.‖ I requisiti dell’attività d’impresa possono ricorrere tutti anche
nell’esercizio delle professioni intellettuali quindi i professionisti non sono imprenditori ―per
libera opzione‖ del legislatore. Gli unici 2 casi d’imprenditori-professionisti sono il farmacista e
l’agente di cambio.
Capitolo II : Le categorie di imprenditori
La categoria degli imprenditori civili, sottoposti solo alla disciplina generale dell’imprenditore,
non è espressamente prevista dal legislatore. C’è una tesi propensa ad ammettere l’esistenza
delle imprese civili ritenendo che il requisito dell’industrialità debba essere inteso come attività
che implichi l’impiego di materie prime e la loro trasformazione in nuovi beni ad opera
dell’uomo e che possa essere qualificata attività intermediaria nella circolazione solo quella
nella quale ricorre sia l’acquisto sia la vendita di beni. Sarebbero quindi imprese civili quelle
che producono beni senza trasformare materie prime e quelle che producono servizi senza
trasformare materie prime tranne quelle individuate dai comma 3, 4 e 5 dell’art. 2195 c.c. Ma
c’è anche una tesi contraria ad ammettere l’esistenza delle imprese civili che è quella prevalente
e ritiene che attività industriale significhi attività non agricola ed il concetto di intermediazione
debba essere inteso come equivalente di scambio. Quindi l’imprenditore commerciale è ogni
imprenditore non agricolo.
La L 860/1956 diceva che: ―È artigiana, a tutti gli effetti di legge, l'impresa che risponde ai
seguenti requisiti fondamentali: a) che abbia per scopo la produzione di beni o la prestazione di
servizi, di natura artistica od usuale; b) che sia organizzata ed operi con il lavoro professionale,
anche manuale, del suo titolare e, eventualmente, con quello dei suoi familiari; c) che il titolare
abbia la piena responsabilità dell'azienda e assuma tutti gli oneri e i rischi inerenti alla sua
direzione ed alla sua gestione. La qualifica artigiana di un'impresa è comprovata dall'iscrizione
nell'albo‖. Il suo dato caratterizzante era nella natura artistica od usuale dei beni o servizi
prodotti e non più nella prevalenza del lavoro familiare nel processo produttivo. Questa
qualifica era anche riconosciuta alle imprese costituite in forma di società cooperative o s.n.c.
purché la maggioranza dei soci partecipasse personalmente al lavoro e ,nell’impresa, il lavoro
avesse funzione preminente sul capitale.
La L 443/1985 ha abrogato quella precedente dando una definizione dell’impresa artigiana
basata su:
a l’oggetto dell’impresa costituito da qualsiasi attività di produzione dei beni o di
prestazione di servizi sia pure con alcune limitazioni ed esclusioni;
b il ruolo dell’artigiano nell’impresa che deve svolgere in misura prevalente il suo lavoro
nel processo produttivo;
Il numero massimo dei dipendenti è più elevato rispetto al 1956, con la possibilità di
raggiungere le dimensioni di una piccola industria di qualità, ed è ribadito che devono essere
diretti personalmente dall’artigiano. Egli può essere titolare di una sola impresa artigiana.
Società cooperative e s.n.c., dapprima, poi anche s.r.l. unipersonali, s.a.s. e, più di recente, anche
s.r.l. pluripersonali possono essere imprese artigiani a condizione che la maggioranza dei soci,
ovvero uno nel caso di due soci, svolga in prevalenza lavoro personale, anche manuale, nel
processo produttivo e che nell'impresa il lavoro abbia funzione preminente sul capitale.
È scomparso ogni riferimento alla natura artistica o usuale, quindi si qualificano artigiane anche
imprese di costruzioni edili. Non è consentito desumere da nessuna norma che debba ricorrere
anche la prevalenza del lavoro proprio e dei componenti della famiglia sul lavoro altrui e sul
capitale investito.
Ma se non è rispettato il criterio della prevalenza dell’art. 2083 c.c., l’artigiano non è sottratto
allo statuto dell’imprenditore commerciale, sarà artigiano ai fini delle provvidenze regionali ma
non ai fini civilistici e potrà fallire. Anche la società artigiana in caso di dissesto fallirà e non
godrà più dell’esonero.
Le imprese artigiane non possono essere qualificate come imprese civili per la presenza del
requisito dell’industrialità.
È impresa familiare l’impresa nella quale collaborano il coniuge, i parenti entro il 3° grado
(nipoti) e gli affini entro il 2° grado (cognati), disciplinata dall’art. 230-bis c.c.:
―Salvo che sia configurabile un diverso rapporto il familiare che presta in modo continuativo la
sua attività di lavoro nella famiglia o nell'impresa familiare ha diritto al mantenimento secondo
la condizione patrimoniale della famiglia e partecipa agli utili dell'impresa familiare ed ai beni
acquistati con essi nonché agli incrementi della azienda, anche in ordine all'avviamento, in
proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato. Le decisioni concernenti l'impiego degli
utili e degli incrementi nonché quelle inerenti alla gestione straordinaria, agli indirizzi produttivi
e alla cessazione dell'impresa sono adottate, a maggioranza, dai familiari che partecipano
all'impresa stessa. I familiari partecipanti all'impresa che non hanno la piena capacità di agire
sono rappresentati nel voto da chi esercita la potestà su di essi.
Il lavoro della donna è considerato equivalente a quello dell'uomo.
Ai fini della disposizione di cui al primo comma si intende come familiare il coniuge, i parenti
entro il terzo grado, gli affini entro il secondo; per impresa familiare quella cui collaborano il
coniuge, i parenti entro il terzo grado, gli affini entro il secondo.
Il diritto di partecipazione di cui al primo comma è intrasferibile, salvo che il trasferimento
avvenga a favore di familiari indicati nel comma precedente col consenso di tutti i partecipi.
Esso può essere liquidato in danaro alla cessazione, per qualsiasi causa, della prestazione del
lavoro, ed altresì in caso di alienazione dell'azienda. Il pagamento può avvenire in più annualità,
determinate, in difetto di accordo, dal giudice.
In caso di divisione ereditaria o di trasferimento dell'azienda i partecipi di cui al primo comma
hanno diritto di prelazione sulla azienda. Si applica, nei limiti in cui è compatibile, la
disposizione dell'art. 732.
Le comunioni tacite familiari nell'esercizio dell'agricoltura sono regolate dagli usi che non
contrastino con le precedenti norme.‖
Con questo art. il legislatore predispone una tutela minima ed inderogabile del lavoro familiare
nell’impresa, qualora non ci sia un diverso rapporto giuridico tutelato dalla legge, riconoscendo
ai membri che lavorino in modo continuato nella famiglia o nell’impresa determinati diritti
patrimoniali ed amministrativi. I primi sono:
1 Diritto al mantenimento;
2 Diritto di partecipazione agli utili in proporzione alla quantità e alla qualità di lavoro
prestato;
3 Diritto sui beni acquistati con gli utili e sugli incrementi di valore dell’azienda in
proporzione alla quantità e alla qualità di lavoro prestato;
4 Diritto di prelazione sull’azienda in caso di divisione ereditaria o di trasferimento
dell’azienda (secondo l’art. 732 c.c.).
Sono previsti:
● l’adozione a maggioranza, dove ciascun familiare ha diritto ad un voto, di alcune
decisioni in merito alla gestione straordinaria e di altre decisioni di particolare rilievo
senza la presenza dell’imprenditore in quanto destinatario di queste;
● il trasferimento del diritto di partecipazione esclusivamente a favore di altri membri
della famiglia nucleare e con il consenso unanime degli altri partecipanti;
● il diritto alla liquidazione in caso di cessazione della prestazione di lavoro e in caso di
alienazione dell’azienda.
Gli atti di gestione ordinaria sono di competenza esclusiva dell’imprenditore. Egli agisce nei
confronti di terzi in proprio e non come rappresentante dell’impresa familiare, quindi solo a lui
saranno imputabili gli effetti degli atti che pone in essere. Se l’impresa è commerciale solo
l’imprenditore sarà esposto al fallimento in caso di dissesto.
Lo Stato e gli altri enti pubblici possono svolgere attività d’impresa in 3 modi:
a possono svolgere direttamente attività d’impresa avvalendosi di proprie strutture
organizzative dotate di un’autonomia decisionale e contabile (imprese-organo);
b possono dar vita ad enti di diritto pubblico il cui compito istituzionale esclusivo o
principale sia l’esercizio di attività d’impresa (enti pubblici economici) [dall’inizio degli
anni ’90 sono stati privatizzati prima formalmente e poi sostanzialmente]. Essi sono
sottoposti allo statuto generale dell’imprenditore con l’esonero dal fallimento e dalle
procedure concorsuali minori sostituiti da altre procedure;
c possono svolgere attività d’impresa servendosi di strutture di diritto privato (società a
partecipazione pubblica).
Per le prime 2 tipologie le regole peculiari sono dettate dagli art. 2093, 2201 e 2221 c.c. L’art.
2093 dice che ―le disposizioni‖ del libro V ―si applicano agli enti pubblici inquadrati nelle
associazioni professionali. Agli enti pubblici non inquadrati si applicano le disposizioni di
questo libro, limitatamente alle imprese da essi esercitate. Sono salve le diverse disposizioni
della legge.‖ L’art 2201 dice che ―Gli enti pubblici che hanno per oggetto esclusivo o principale
un'attività commerciale sono soggetti all'obbligo dell'iscrizione nel registro delle imprese.‖
Quindi gli enti titolari d’imprese-organo sono implicitamente esonerati dall’iscrizione nel
registro delle imprese e dall’assoggettamento alle procedure concorsuali per l’art. 2221 (―Gli
imprenditori che esercitano un'attività commerciale, esclusi gli enti pubblici e i piccoli
imprenditori, sono soggetti, in caso d'insolvenza, alle procedure del fallimento e del concordato
preventivo, salve le disposizioni delle leggi speciali.‖). Solo gli enti pubblici che svolgono
attività commerciale accessoria sono sottoposti allo statuto generale dell’imprenditore e a tutte
le restanti norme previste per l’imprenditore commerciale.
Le associazioni, le fondazioni e tutti gli enti privati con fini ideali o altruistici possono svolgere
attività commerciale qualificabile come attività d’impresa se fatta con metodo economico e
professionalità. Questa può essere anche l’oggetto esclusivo o principale dell’ente. Più
frequentemente costituisce un’attività accessoria. Non ci sono norme specifiche per questi enti.
Essi possono essere imprenditori a pieni effetti con l’esposizione al fallimento. Il fallimento di
un’associazione non riconosciuta non comporta però il fallimento degli associati illimitatamente
responsabili.
Capitolo III : L’acquisto della qualità d’imprenditore
Secondo la teoria del potere d’impresa, quando l’attività d’impresa è esercitata tramite
prestanome, responsabili verso i creditori sono sia il prestatore, sia il dominus, per quanto solo il
primo acquisti la qualità di imprenditore e sia senz’altro esposto al fallimento.
Secondo la teoria dell’imprenditore occulto il dominus di un’impresa formalmente altrui non
solo risponderà insieme a questi, ma fallirà sempre e comunque qualora fallisca il prestanome.
Ciò sarebbe giustificato dal 2° comma dell’art. 147 l.f. per cui il fallimento della società si
estende anche ai soci la cui esistenza sia scoperta dopo la dichiarazione di fallimento della
società e dei soci palesi (fallimento del socio occulto di società palese). Se fallisce la società
occulta è inevitabile che fallisca anche l’imprenditore occulto. Quindi si afferma la
responsabilità e l’esposizione al fallimento di chiunque domini un’impresa a lui formalmente
non imputabile. È stata affermata la responsabilità del socio tiranno di una s.p.a. e quella
dell’azionista o degli azionisti sovrani. Si arriva a sanzionare con la responsabilità personale o
col fallimento ogni forma di dominio occulto o palese dell’altrui impresa.
La qualità d’imprenditore si perde solo con l’effettiva cessazione dell’attività. Gli avvisi al
pubblico, la cancellazione dagli albi o registri… sono solo indici presuntivi. Solo per
l’imprenditore commerciale è importante la determinazione esatta del giorno di cessazione
dell’attività per la previsione dell’art. 10 l.f. che lo stesso può fallire entro 1 anno da questa data.
La fine dell’impresa è di regola preceduta dalla liquidazione che costituisce ancora esercizio
dell’impresa e si chiude con la definitiva disgregazione del complesso aziendale. Posso
sopravvivere solo le passività.
Per quanto riguarda le società, queste perdono la qualità d’imprenditore con la cancellazione dal
registro delle imprese che presuppone la disgregazione dell’azienda e l’integrale pagamento
delle passività. L’art. 10 l.f. si applica dal giorno di questa cancellazione.
CAPACITÁ E IMPRESA
La capacità di agire è presupposto per l’acquisto della qualità d’imprenditore, si acquista al
compimento del 18° anno di età e si perde in seguito ad interdizione o inabilitazione. L’esercizio
dell’attività d’impresa in violazione di tali norme non fa sorgere la qualità d’imprenditore ma la
sorte dei singoli atti dallo stesso compiuti è regolata da disposizioni.
L’incompatibilità è un divieto di esercizio di impresa commerciale posto a carico di coloro che
esercitano determinati uffici o professioni. La violazione di ciò espone solo a sanzioni
amministrative e ad un aggravamento delle sanzioni penali per bancarotta in caso di fallimento.
L’inabilitazione temporanea all’esercizio di un’attività commerciale non impedisce l’acquisto o
il riacquisto della qualità d’imprenditore commerciale.
LA PUBBLICITÁ LEGALE
Gli imprenditori hanno l’esigenza di poter disporre di informazioni veritiere e non contestabili
su fatti e situazioni di carattere organizzativo delle imprese con cui entrano in contatto. Ciò
viene soddisfatto dall’introduzione di un sistema di pubblicità legale che obbliga di rendere in
pubblico dominio determinati atti o fatti della vita dell’impresa, secondo forme e modalità
predeterminate per legge. Questo oltre all’accessibilità a terzi interessati (pubblicità notizia) ha
anche effetto di opponibilità agli atti.
Lo strumento utilizzato dalle imprese e società è il registro delle imprese, previsto dal nostro
codice civile. Questo ha dovuto attendere lunghi anni prima di essere applicato per la mancanza
del relativo regolamento d’attuazione, in cui è stato applicato un regime transitorio imperniato
sull’iscrizione nei preesistenti registri di cancelleria presso il tribunale e sull’esonero degli
imprenditori commerciali individuali e degli enti pubblici economici. Per le società di capitali
era prevista anche l’iscrizione nel Busarl, per le società cooperative nel Busc. Leggi speciali
prevedevano altri adempimenti pubblicitari.
Con la L 580/1993 è stato istituito il registro delle imprese, pienamente operante solo dal 1997,
con la soppressione dei precedenti registri. Il registro delle imprese non solo è strumento di
pubblicità legale, ma è anche di informazioni di carattere organizzativo.
Il registro delle tenuto dalle camere di commercio in ciascuna provincia con tecniche
informatiche, è retto da un conservatore ed è vigilato da un giudice delegato dal presidente del
tribunale. È articolato in 2 sezioni:
1 Sezione ordinaria: vi sono iscritti gli imprenditori la cui iscrizione era prevista dal
codice civile cioè:
a gli imprenditori individuali commerciali non piccoli(art. 2195 e 2202c.c.);
b le società tranne quella semplice(art. 2200 c.c.);
c i consorzi fra imprenditori con attività esterna (art. 2612 c.c.);
d i gruppi europei di interesse economico (D.Lgs 240/1991);
e gli enti pubblici che hanno per oggetto esclusivo o principale un’attività
commerciale (art. 2201 c.c.);
f le società estere che sono soggette alla legge italiana (art. 25 L 218/1995);
L’iscrizione nella sezione ordinaria del registro delle imprese ha sempre funzione di pubblicità
legale e ha diversi tipi di efficacia a seconda dei casi:
● Efficacia dichiarativa: di regola è sempre presente. I fatti e gli atti iscritti sono
opponibili a chiunque e lo sono dalla loro registrazione, momento dal quale i terzi non
potranno eccepire la loro ignoranza (solo per le società di capitali e le cooperative
l’opponibilità è piena solo decorsi 15 giorni dall’iscrizione);
● Efficacia costitutiva: è presente in alcune ipotesi tassativamente previste, è presupposto
perché l’atto sia produttivo di effetti e può essere totale (iscrizione dell’atto costitutivo
delle società di capitali e delle cooperative) o parziale (registrazione della deliberazione
di riduzione del capitale sociale per esuberanza di una s.p.a.);
● Efficacia normativa: è presente in altre ipotesi ed è presupposto per la piena
applicazione di un determinato regime giuridico (s.n.c. e s.a.s.).
2 Sezioni speciali: sono 2 e vi sono iscritti gli imprenditori che inizialmente erano
esonerati cioè nella 1^:
a gli imprenditori agricoli individuali(art. 2136 c.c.);
b i piccoli imprenditori (art. 2083 c.c.);
c le società semplici;
d gli imprenditori artigiani.
… nella 2^:
a le società fra professionisti (ora solo quelle tra avvocati).
L’iscrizione nelle sezioni speciali ha solo funzione di certificazione anagrafica e di pubblicità
notizia, ma per gli imprenditori agricoli e le società semplice ha efficacia di pubblicità legale.
I fatti e gli atti da registrare sono specificati da una serie di norme e sono diversi a seconda della
struttura soggettiva dell’impresa. Alcuni atti delle società di capitali e delle cooperative devono
essere pubblicati nella G.U. anziché nel registro delle imprese.
Prima di procedere all’iscrizione l’ufficio deve controllare che il fatto o l’atto è soggetto ad
iscrizione e che la documentazione è regolare nonché la sua esistenza e veridicità. Il controllo
non investe anche la validità dell’atto. Per gli atti sottoposti a controllo notarile l’ufficio deve
verificare solo la regolarità formale della documentazione. L’iscrizione viene fatta nel registro
della provincia in cui ha sede l’impresa e negli atti e nella corrispondenza dev’essere indicato il
registro presso cui è stata iscritta. È eseguita su domanda o d’ufficio come la cancellazione.
L’iscrizione viene fatta nel registro della provincia in cui ha sede l’impresa e negli atti e nella
corrispondenza dev’essere indicato il registro presso cui è stata iscritta. È eseguita su domanda o
d’ufficio (come la cancellazione) entro 10 giorni dalla data di protocollazione della domanda
mediante l’inserimento dei dati nell’elaboratore elettronico e la loro messa a disposizione del
pubblico. Contro il provvedimento motivato di rifiuto dell’iscrizione il richiedente può ricorrere
entro 8 giorni al giudice del registro che provvede con decreto. Contro di esso può essere
proposto ricorso al tribunale che provvede con decreto. L’inosservanza dell’obbligo di
registrazione è punita con sanzioni amministrative pecuniarie e con sanzioni indirette.
LE SCRITTURE CONTABILI
Le scritture contabili sono i documenti che contengono la rappresentazione, in termini
quantitativi e/o monetari, dei singoli atti d’impresa, della situazione del patrimonio
dell’imprenditore e del risultato economico dell’attività svolta. Queste contribuiscono a rendere
razionale ed efficiente l’organizzazione e la gestione dell’impresa e la loro tenuta è obbligatoria
per tutti gli imprenditori commerciali individuali non piccoli, per tutte le società commerciali
non semplici e per gli enti pubblici e di diritto privato che svolgono attività commerciale in via
secondaria o accessoria. Per gli altri la tenuta è facoltativa. (art. 2214 c.c.)
Il principio generale delle scritture contabili obbligatorie è che l’imprenditore deve tenere tutte
le scritture richieste dalla natura e dalle dimensioni dell’azienda. In ogni caso devono essere
tenuti:
● Il libro giornale: registro cronologico-analitico, numerato progressivamente in ogni
pagina prima dell’uso, in cui devono essere indicate le operazioni relative all’esercizio
dell’impresa nell’ordine in cui sono compiute (art. 2216 c.c.);
● Il libro degli inventari: registro periodico-sistematico, numerato progressivamente in
ogni pagina prima dell’uso, redatto all’inizio dell’esercizio dell’impresa e ogni esercizio
che si chiude col bilancio (prospetto contabile riassuntivo dal quale devono risultare con
evidenza e verità la situazione complessiva del patrimonio e gli utili conseguite o le
perdite sofferte alla fine di ogni anno) (art. 2217 c.c.).
Devono essere ordinatamente conservati gli originali della corrispondenza commerciale ricevuta
e le copie di quella spedita. Altre scritture contabili sono richieste dalla natura e dalle
dimensioni dell’impresa: libro mastro, libro cassa, libro magazzino. Tutte le scritture devono
essere tenute secondo le norme di un’ordinata contabilità (art. 2219 c.c.)o con sistemi
informatici e devono essere conservate per 10 anni (art. 2220 c.c.). Non sono soggette ad un
controllo esterno tranne quelle di s.p.a. quotate in borsa. Le sanzioni per la mancata tenuta delle
scritture non sono generali e dirette ma eventuali e indirette.
Le scritture contabili sono destinate a restare nella sfera interna dell’imprenditore non essendo
accessibili ai terzi. Ma ci sono delle eccezioni per le società di capitali e le cooperative che
devono rendere pubblico il bilancio depositandolo presso l’ufficio del registro e per le imprese
soggette a controllo pubblico che non hanno segreti nei confronti dell’organo pubblico preposto
alla vigilanza.
Le scritture contabili possono essere rese note in un processo come mezzo di prova (efficacia
probatoria) a favore o contro l’imprenditore o contro i terzi. Il giudice può chiedere solo
l’esibizione delle singole scritture contabili. Solo in caso di controversie relative allo
scioglimento della società, alla comunione di beni e alla successione per causa di morte il
giudice può ordinare la comunicazione di tutte le scritture contabili alla controparte (art. 2709-
2711 c.c.).
LA RAPPRESENTANZA COMMERCIALE
L’imprenditore si avvale della collaborazione di altri soggetti interni ed esterni
all’organizzazione che possono agire anche in rappresentanza dell’imprenditore. In generale il
conferimento ad un altro soggetto dell’incarico di compiere uno o più atti giuridici relativi alla
propria sfera patrimoniale non abilita di per sé l’incaricato ad agire in nome dell’interessato.
Quindi il terzo che contratta con chi dichiara di agire in veste di rappresentante è tenuto ad
accertare esistenza, contenuto e regolarità della procura, senza la quale non c’è un espresso
conferimento della rappresentanza.
Vi è un sistema speciale di rappresentanza fissato dagli art. 2203-2213 c.c. determinato da 3
figure tipiche di ausiliari interni automaticamente investiti del potere di rappresentanza, effetto
naturale di quella determinata collocazione nell’impresa ad opera dell’imprenditore che potrà
essere modificata solo con atto specifico. Queste 3 figure sono:
1 L’institore (art. 2203-2208 c.c.)
È colui che è preposto dal titolare all’esercizio dell’impresa o di una sede secondaria o di un
ramo particolare della stessa (direttore generale). È un lavoratore subordinato con la qualifica di
dirigente, al vertice assoluto o relativo della gerarchia del personale. Possono essere preposti
contemporaneamente all’esercizio dell’impresa anche più institori che agiranno disgiuntamente
salvo diverse previsioni. L’institore ha un potere di gestione generale, è tenuto, congiuntamente
all’imprenditore, all’adempimento degli obblighi d’iscrizione nel registro delle imprese e di
tenuta delle scritture contabili e all’assoggettamento al fallimento. Può avere anche un ampio e
generale potere di rappresentanza sia sostanziale, compiendo in nome dell’imprenditore tutti gli
atti pertinenti all’esercizio dell’impresa (non quelli che esorbitano dalla sua gestione e non può
alienare o ipotecare i beni immobili del proponente senza autorizzazione), sia processuale,
stando in giudizio sia come attore che come convenuto per le obbligazioni dipendenti da atti
compiuti nell’esercizio dell’impresa a cui è preposto. I poteri rappresentativi possono essere
ampliati o limitati e ciò sarà opponibile a terzi solo se la procura originaria o il successivo atto
siano pubblicati nel registro delle imprese. Mancando tale pubblicità la rappresentanza si reputa
generale. L’institore deve rendere palese al terzo con cui contratta la sua qualifica spendendo il
nome dell’interessato. Per la contemplatio domini l’institore che non comunica la sua
rappresentanza fa valere ogni contratto per se stesso ed il terzo. Egli è personalmente obbligato
se omette di far conoscere al terzo che tratta per il proponente e lo è anche il proponente.
2 I procuratori (art. 2209 c.c.)
Sono coloro che, in base ad un rapporto continuativo, hanno il potere di compiere per
l’imprenditore gli atti pertinenti all’esercizio dell’impresa, pur non essendo preposti ad esso.
Sono ausiliari subordinati di grado inferiore rispetto all’institore ed il loro potere decisionale è
circoscritto ad un determinato settore operativo dell’impresa o ad una serie specifica di atti
(dirigente del personale, direttore del settore pubblicità). Non hanno rappresentanza processuale,
non sono tenuti agli obblighi d’iscrizione nel registro delle imprese e di tenuta delle scritture
contabili e l’imprenditore non risponderà degli atti senza spedita del suo nome.
3 I commessi (art. 2210-2213 c.c.)
Sono ausiliari subordinati cui sono affidate mansioni esecutive e materiali che li pongono a
contatto con terzi (commesso di negozio, cameriere). Possono compiere atti che ordinariamente
comporta la specie di operazioni di cui sono incaricati. Non possono concedere dilazioni o
sconti, non possono derogare al contratto preposto dall’imprenditore, possono ricevere per conto
dell’imprenditore le dichiarazioni che riguardano l’esecuzione dei contratti ed i reclami relativi
alle inadempienze e chiedere provvedimenti cautelari nell’interesse dell’imprenditore.
Capitolo V : L’azienda
Definizione di azienda. L’art. 2555 definisce l’azienda come ―il complesso dei beni organizzati
dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa‖. Da ciò emerge che l’azienda è un complesso di
singoli elementi che hanno unitaria destinazione verso uno specifico fine produttivo. Essa può
essere vista come il mezzo di cui l’imprenditore si avvale per lo svolgimento della propria
attività (rapporto mezzo/fine tra azienda e attività d’impresa).
L’azienda assume inoltre forte rilievo sul piano economico, acquistando solitamente valore
maggiore rispetto alla somma dei valori dei singoli beni (avviamento).
Si distingue tra avviamento oggettivo, quello ricollegabile a fattori suscettibili di permanere
anche se muta il titolare dell’azienda, e avviamento soggettivo, quello dovuto all’abilità
operativa dell’imprenditore sul mercato ed in particolare alla sua abilità nel formare, conservare
e accrescere la propria clientela.
Elementi costitutivi dell’azienda. Al fine di qualificare un dato bene come bene aziendale è
rilevante solo la destinazione dell’imprenditore all’esercizio all’attività d’impresa. Irrilevante è
il titolo giuridico (proprietà, usufrutto, altro) che legittima l’imprenditore ad utilizzare un dato
bene.
Riguardo a cosa ricomprendere nella parola ―beni‖, l’opinione più diffusa considera elementi
costitutivi dell’azienda solo le cose in senso proprio di cui l’imprenditore si avvale, escludendo
dunque servizi, crediti, debiti, rapporti di lavoro e rapporti contrattuali.
Tra concezione atomistica e concezione unitaria. Le teorie unitarie considerano l’azienda come
un unico bene immateriale, sul quale il titolare potrebbe avere un diritto di proprietà unitario. Le
teorie atomistiche concepiscono invece l’azienda come una semplice pluralità di beni tra loro
funzionalmente collegati e sul quale l’imprenditore può vantare diritti diversi (proprietà, diritti
reali limitai, diritti personali di godimento). Mancando una legge di circolazione propria
dell’azienda l’ipotesi unitaria va rifiutata, tuttavia bisogna sempre tenere conto, nelle
controversie, della salvaguardia dell’unità funzionale dell’azienda.
Anche per quanti vogliono considerare l’azienda un’universalità di beni mobili (che secondo
l’art. 816 sono ―la pluralità di cose che appartengono alla stessa persona e hanno una
destinazione unitaria‖), la disciplina dettata per tali universalità non è applicabile all’azienda, se
non per risolvere problemi pratici lasciati insoluti dalla disciplina dell’azienda. Infatti, l’azienda
è di regola costituita da beni eterogenei e può comprendere anche beni (mobili ma anche
immobili) che non sono di proprietà dell’imprenditore.
Trasferimento dell’azienda. Per stabilire se un determinato atto di disposizione
dell’imprenditore vada qualificato come trasferimento di azienda o come trasferimento di
singoli beni aziendali, non si guarda al nomen dato al contratto, ma al risultato realmente
perseguito e realizzato.
Con il trasferimento di azienda, saranno considerati trasferiti tutti quei beni che hanno come
funzione lo svolgimento dell’attività d’impresa: è necessaria la specificazione dei beni che
l’imprenditore non vuole includere nel trasferimento.
Si noti che il trasferimento di azienda può riguardare anche un solo ramo d’azienda, purché
dotato di organicità operativa. Non è neanche necessario che l’azienda sia in funzione al
momento della vendita, ma solo che l’insieme dei beni trasferiti sia di per sé potenzialmente
idoneo ad essere utilizzato per l’esercizio di una determinata attività d’impresa.
La forma necessaria per la validità del trasferimento deve essere ―la stessa forma stabilita dalla
legge per il trasferimento dei singoli beni che compongono l’azienda o per la particolare natura
del contratto‖. Non esiste quindi un’autonoma ed unitaria legge di circolazione dell’azienda. Di
conseguenza, ad esempio, il trasferimento di immobili comporterà la forma scritta pena la
nullità.
La forma richiesta ai fini di opponibilità ai terzi è invece quella scritta, per quanto riguarda le
imprese ―soggette a registrazione‖, includendo tra queste tutte le imprese, poiché tutte le
imprese vengono registrate, seppure con diversi tipi di pubblicità. Sempre per le imprese
soggette a registrazione, l’art. 2256 stabilisce anche che i relativi contratti, redatti per atto
pubblico o per scrittura privata autenticata, sono soggetti a iscrizione nel registro delle imprese.
Effetti della vendita dell’azienda:
Divieto di concorrenza dell’alienante. L’art. 2257 afferma che chi aliena un’azienda
commerciale deve astenersi, per un periodo massimo di cinque anni dal trasferimento,
dall’iniziare una nuova impresa che possa comunque, ―per l’oggetto, l’ubicazione o altre
circostanze‖, sviare la clientela dall’azienda ceduta.
Si vuole in questo modo contemperare l’esigenza dell’acquirente di godere dell’avviamento
soggettivo (che egli stesso ha pagato!), e quella dell’alienante a non vedere compressa la propria
libertà di iniziativa economica per troppo tempo.
Si noti che resta possibile stabilire un termine minore di cinque anni, ma mai maggiore, e che il
divieto è da ritenersi applicabile anche in caso di vendita coattiva (il divieto rimane al fallito).
Spesso si tenta inoltre di eludere il divieto attraverso inizio di impresa attraverso un prestanome,
costituendo una società di comodo o entrando in un’altra impresa concorrente come dirigente.
Si ritiene che il divieto debba considerarsi violato ogni volta si sia avuto sviamento di clientela
dall’azienda ceduta, per fatto concorrenziale direttamente o indirettamente dovuto all’alienante.
E’ comunque difficile provare l’elusione, e sono necessarie adeguate clausole per evitare tutto
ciò.
La successione nei contratti aziendali. La disciplina dettata riguardo alla successione nei
contratti aziendali deroga alla disciplina della cessione di contratti ―normali‖ di diritto comune.
L’art. 2258 stabilisce che ―se non è pattuito diversamente, l’acquirente dell’azienda subentra nei
contratti stipulati per l’esercizio dell’azienda stessa che non abbiano carattere personale‖, e
dunque automaticamente, senza bisogno di alcuna manifestazione di volontà.
Al terzo contraente è riconosciuto il diritto di recedere dal contratto ―entro tre mesi dalla notizia
del trasferimento, se sussiste una giusta causa, salvo in questo caso la responsabilità
dell’alienante‖.
Da notare in questo caso che la deroga ai principi di diritto comune è ancora più marcata: non è
necessario il consenso del contraente ceduto, che può soltanto chiedere il risarcimento danni
all’alienante dando la prova (non facile!) che questi non ha osservato la normale cautela nella
scelta dell’acquirente dell’azienda. Inoltre il recesso non determina il ritorno del contratto in
testa all’alienante ma la definitiva estinzione dello stesso.
E’ evidente dunque il favor legislativo per il mantenimento dell’unità funzionale dell’azienda.
Riguardo al carattere personale dei contratti, l’opinione prevalente ritiene che contratti
personali siano quei contratti nei quali l’identità e le qualità dell’imprenditore alienante sono
state in concreto determinanti del consenso del terzo contraente (e non viceversa). Per il
trasferimento di tali contratti si ritorna alla disciplina di diritto comune di cessione del contratto.
Anche al fine di provare la giusta causa, il terzo deve dimostrare che l’identità
dell’imprenditore era essenziale ai fini del contratto.
I crediti e i debiti aziendali. A) Riguardo ai crediti, la legge non dice, come invece fa con i
contratti, se crediti e debiti si trasferiscono direttamente con l’azienda o meno. L’opinione
seguita è che il trasferimento non è automatico, in mancanza di espressa previsione.
Inoltre, come recita l’art. 2259, dal momento dell’iscrizione del trasferimento dell’azienda nel
registro delle imprese, la cessione dei crediti relativi all’azienda ceduta ha effetto nei confronti
dei terzi, anche in mancanza di notifica al debitore o di sua accettazione. Tuttavia, ―il debitore
ceduto è liberato se paga in buona fede all’alienante‖ (l’alienante deve naturalmente impegnarsi
a pagare a sua volta il debito all’acquirente). Nel caso di imprese non soggette a registrazione,
vige invece la disciplina generale della cessione dei crediti.
B) Riguardo ai debiti, l’art. 2560, al fine di tutelare i terzi creditori e l’esigenza di certezza,
afferma che l’alienante non è liberato dai debiti anteriori al trasferimento, se non ha il consenso
dei creditori. Per quanto riguarda le sole imprese commerciali, è previsto invece che ―nel
trasferimento di un’azienda commerciale risponde dei debiti suddetti anche l’acquirente
dell’azienda, se essi risultano dai libri contabili obbligatori.
Usufrutto e affitto dell’azienda. L’azienda può essere costituita in usufrutto o concessa in affitto.
La costituzione in usufrutto comporta il riconoscimento di poteri-doveri in testa
all’usufruttuario, per tutelare sia la libertà dell’usufruttuario, sia l’interesse del concedente.
A tal fine, l’art. 2561 dispone che l’usufruttuario deve esercitare l’azienda sotto la ditta che la
contraddistingue, conducendo l’azienda senza modificarne la destinazione ed in modo da
conservarne l’efficienza dell’organizzazione e degli impianti e le normali dotazioni di scorte. La
violazione di tali obblighi o la cessazione arbitraria dalla gestione dell’azienda determinano la
cessazione dell’usufrutto per abuso dell’usufruttuario. L’usufruttuario ha inoltre il potere-dovere
non solo di godere dei beni aziendali, ma anche di disporne nei limiti delle esigenze della
gestione.
L’usufruttuario potrà comprare nuovi beni, che diventeranno di proprietà del nudo proprietario e
sui quali l’usufruttuario avrà diritto di godimento e potere di disposizione.
L’affitto di azienda ha come oggetto del contratto un complesso di beni organizzati ed è
decisamente diverso dalla locazione di un immobile destinato all’esercizio di attività d’impresa,
che ha per oggetto il locale in quanto tale. Nella pratica non è facile distinguerli.
Sia all’affitto, sia all’usufrutto si applicano le norme riguardo il divieto di concorrenza e la
successione nei contratti aziendali, al solo usufrutto la disciplina dei crediti aziendali, a nessuno
dei due le norme riguardanti i debiti aziendali anteriori, dei quali risponderanno unicamente il
nudo proprietario o il locatore.
Capitolo VI : I segni distintivi
Il marchio individua e distingue i beni o i servizi prodotti ed è disciplinato dagli art. 2569-2574
c.c. e dal R.D. 929/1942.
Capitolo IX : I consorzi fra imprenditori
Per l’art. 2602 c.c. ―Con il contratto di consorzio più imprenditori istituiscono un'organizzazione
comune per la disciplina o per lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive imprese‖. Ciò è
stato introdotto dalla L 377/1976 ed è regolato dagli art. 2602-2620 c.c..
Ci sono 2 tipi di consorzi:
1 Consorzi anticoncorrenziali: sono costituiti prevalentemente o esclusivamente per
disciplinare la reciproca concorrenza sul mercato fra imprenditori che svolgono la stessa
attività o attività similari, presentandosi così come una manifestazione di patti limitativi
della concorrenza. Essi sollecitano controlli per impedire che s’instaurino situazioni di
monopolio di fatto contrastanti con l’interesse generale (disciplina antimonopolistica);
2 Consorzi di coordinamento: sono costituiti per lo svolgimento di determinate fasi
delle rispettive imprese, presentandosi così come strumenti di cooperazione
interaziendale finalizzati alla riduzione dei costi di gestione delle singole imprese
consorziate. Questi ricorrono soprattutto nelle piccole e medie imprese. Rispondono
all’esigenza di conservare e di accrescere la competitività delle imprese e concorrono a
preservare la struttura concorrenziale del mercato. Perciò sono agevolati dal legislatore.
Il contratto di consorzio può essere stipulato solo fra imprenditori. Per l’art. 2603 c.c. ―il
contratto deve essere fatto per iscritto sotto pena di nullità. Esso deve indicare:
1) l'oggetto e la durata del consorzio;
2) la sede dell'ufficio eventualmente costituito;
3) gli obblighi assunti e i contributi dovuti dai consorziati;
4) le attribuzioni e i poteri degli organi consortili anche in ordine alla rappresentanza in
giudizio;
5) le condizioni di ammissione di nuovi consorziati;
6) i casi di recesso e di esclusione;
7) le sanzioni per l'inadempimento degli obblighi dei consorziati.
Se il consorzio ha per oggetto il contingentamento della produzione o degli scambi, il contratto
deve inoltre stabilire le quote dei singoli consorziati o i criteri per la determinazione di esse.‖
La durata del contratto può essere liberamente decisa dalle parti. In mancanza di determinazione
questo è valido per dieci anni (art. 2604 c.c.).
Il contratto di consorzio è un contratto tendenzialmente aperto ed ammette nuovi consorziati con
le condizioni stabilite nel contratto. Comunque i nuovi imprenditori potranno aderirvi solo con il
consenso di tutti i consorziati. Infatti il contratto, se non è diversamente convenuto, non può
essere modificato senza il consenso di tutti i consorziati e le modificazioni devono essere fatte
per iscritto sotto pena di nullità (art. 2607 c.c.).
Salvo patto contrario, in caso di trasferimento a qualunque titolo dell'azienda, l'acquirente
subentra nel contratto di consorzio. Tuttavia, se sussiste una giusta causa, in caso di
trasferimento dell'azienda per atto fra vivi, gli altri consorziati possono deliberare, entro un
mese dalla notizia dell'avvenuto trasferimento, l'esclusione dell'acquirente dal consorzio (art.
2610 c.c.).
Il contratto di consorzio può sciogliersi limitatamente ad un consorziato per recesso o per
esclusione. Le cause dell’una e dell’altra devono essere indicate nel contratto. Quando non sono
indicate opererà la clausola di esclusione prevista dall’art. 2610 c.c. Nei casi di recesso e di
esclusione previsti dal contratto, la quota di partecipazione del consorziato receduto o escluso
(cioè la quota di produzione riservata a quel consorziato e non la quota di partecipazione al
patrimonio del consorzio) si accresce proporzionalmente a quelle degli altri.
Per l’art. 2611 c.c. ―il contratto di consorzio si scioglie:
1) per il decorso del tempo stabilito per la sua durata;
2) per il conseguimento dell'oggetto o per l'impossibilità di conseguirlo;
3) per volontà unanime dei consorziati;
4) per deliberazione dei consorziati, presa a norma dell'art. 2606, se sussiste una giusta
causa;
5) per provvedimenti dell'autorità governativa, nei casi ammessi dalla legge;
6) per le altre cause previste nel contratto.
Consorzi e società sono istituti diversi per la diversità dei loro scopi. Il consorzio ha la funzione
tipica di produrre beni o servizi necessari alle imprese consorziate e tendenzialmente destinati
ad essere assorbiti dalle stesse. Quindi il suo intento non è lo scopo di ricavare un utile ma
quello di usufruire dei beni e servizi prodotti e messi a loro disposizione dall’impresa consortile
in modo da conseguire un vantaggio patrimoniale diretto nelle rispettive economie sotto forma
di minori costi sopportati o di maggiori ricavi conseguiti delle proprie imprese. Lo scopo
consortile è simile a quello mutualistico delle cooperative ma è specifico e tipico. Nel 1976 è
stata riconosciuta la prassi dell’utilizzazione delle forme societarie per il perseguimento di uno
scopo consortile. L’art. 2615-ter dice che ―Le società previste nei capi III e seguenti del titolo V
possono assumere come oggetto sociale gli scopi indicati nell'art. 2602‖. Le società consortili
sono integralmente soggette alla disciplina del tipo societario prescelto e non sono regolate per i
profili formali dalle norme societarie e per quelli sostanziali dalle norme del consorzio.
Capitolo I: Le società
LA NOZIONE DI SOCIETÁ
L’art. 2247 c.c. dice che ―Con il contratto di società due o più persone conferiscono beni o
servizi per l'esercizio in comune di un'attività economica allo scopo di dividerne gli utili‖. Fino
al 1993 non era consentita la costituzione di una società da parte di una sola persona. Con il
D.Lgs. 88/1993 ciò è stato eccezionalmente previsto per la s.r.l. che quindi può essere costituita
anche con atto unilaterale.
Le società sono enti associativi a base contrattuale e possono essere inquadrate nella categoria
dei contratti associativi o con comunione di scopo. I caratteri strutturali dei contratti associativi
e quindi del contratto di società sono:
a Le prestazioni di ciascuna parte possono anche essere di diversa natura e di diverso
ammontare ma tutte sono finalizzate alla realizzazione di uno scopo comune e trovano il
loro corrispettivo nella partecipazione ai risultati dell’attività comune o nell’acquisto
della partecipazione sociale;
b Il contratto associativo è un contratto plurilaterale ed aperto (in aumento o in
diminuzione);
c Il contratto associativo è un contratto di organizzazione di una futura attività e non
esaurisce la sua funzione con l’esecuzione delle prestazioni.
d La nullità, l’annullabilità, la risoluzione per inadempimento o per impossibilità
sopravvenuta che colpiscono il vincolo di una delle parti non comportano la nullità,
l’annullabilità, la risoluzione per inadempimento o per impossibilità sopravvenuta
dell’intero contratto.
Essendo la società definita un contratto, ad essa sarà applicata la disciplina generale sui contratti
nei limiti della compatibilità con i caratteri propri del contratto associativo e del tipo di società
in questione.
Ma le società possono essere utilizzate anche per l’esercizio di attività produttiva a carattere in
imprenditoriale come le società occasionali e le società fra professionisti.
Le società occasionali prevedono l’esercizio in comune di un’attività economica ma senza
professionalità (cioè occasionalmente). Quindi a loro è applicabile solo la disciplina della
società prescelta ma non quella dell’impresa. Si ha società senza impresa quando si è in
presenza di un esercizio in comune di un’attività oggettivamente non duratura.
Le società fra professionisti sono società formate da professionisti intellettuali che hanno per
oggetto unico ed esclusivo l’esercizio in comune dell’attività professionale. Essi esercitano
un’attività economica non considerabile per legge attività d’impresa. Gli incarichi professionali
sono assunti dalla società che giuridicamente si obbliga ad eseguire le relative prestazioni
professionali. Le professioni intellettuali hanno un carattere rigorosamente personale ed i
professionisti intellettuali, per la L 1815/1939, devono usare nella denominazione del loro
ufficio e nei rapporti con terzi esclusivamente la dizione ―studio tecnico, legale…‖ seguito dal
nome e cognome, con i titoli professionali, dei singoli associati.
Però l’evoluzione delle professioni intellettuali ha spinto verso l’utilizzazione di strutture
organizzative di tipo imprenditoriale per il loro esercizio in forma associata. La L 266/1997 ha
conferito al Ministro della Giustizia il potere di fissare con proprio decreto i requisiti per
l’esercizio in forma societaria delle attività previste dalla L 1815/1939 ma nel 1998 il governo
ha rinunciato ad emanare il regolamento sulle società di professionisti affidandolo ad una futura
legge delega.
Ma la società fra professionisti non va confusa con l’assunzione congiunta di un incarico da
parte di più professionisti poiché questi eseguono personalmente una propria prestazione
intellettuale, né va confusa con la società di mezzi, costituita per l’acquisto e la gestione in
comune di beni strumentali all’esercizio individuale e personale delle rispettive professioni, né
va confusa con la società di servizi che offre sul mercato un prodotto complesso per la cui
realizzazione sono necessarie anche prestazioni professionali dei soci o dei terzi (società di
ingegneria, società di elaborazione elettronica dei dati contabili, società di revisione contabile).
Per le professioni non protette la forma societaria può essere assunta senza limitazioni ma per
costituire una società quanti esercitano professioni non protette esercitano un’opzione che li
pone fuori della categoria dei professionisti intellettuali e che impedisce di qualificare l’attività
della società come esercizio di una professione intellettuale. Per le professioni protette è esclusa
l’ammissibilità di qualsiasi forma societaria. È necessario che il legislatore definisca uno
specifico statuto per le società fra professionisti.
L’unica società fra professionisti attualmente esistente è la società per avvocati, introdotta dal
D.Lgs 96/2001. Questa ha come oggetto esclusivo l’esercizio in comune dell’attività
professionale dei propri soci e può acquistare beni e diritti strumentali all’esercizio della
professione e compiere qualsiasi attività diretta a tale scopo. È regolata dalle norme della s.n.c..
Tutti i soci devono essere avvocati e non devono partecipare a nessun’altra società tra avvocati.
Il socio cancellato o radiato dall’albo viene automaticamente cancellato dalla società, per quello
sospeso l’esclusione è facoltativa. La ragione sociale è costituita dal nome e dal titolo
professionale di tutti i soci o di 1 o più seguito da ―s.t.p.‖. La costituzione della società per
avvocati è uguale a quella della s.n.c. ma l’iscrizione viene fatta in una sezione speciale del
registro delle imprese ed ha funzione di certificazione anagrafica e di pubblicità notizia. È
iscritta anche in una sezione speciale dell’albo degli avvocati. L’invalidità della suddetta società
è regolata: le cause sono le stesse di quelle dei contratti, per gli effetti c’è una disciplina
speciale. La società per avvocati non è soggetta a fallimento. La disciplina è volta a conciliare
l’esercizio in forma societaria della professione forense con il rispetto del principio della
personalità della prestazione e di quello della diretta responsabilità del professionista nei
confronti del cliente. Il cliente può scegliere il proprio difensore. L’incarico professionale può
essere svolto solo dai soci in possesso degli specifici requisiti prescritti per l’esercizio
dell’attività richiesta. Solo gli incaricati sono personalmente ed illimitatamente responsabili per
l’attività svolta in esecuzione dell’incaricato. Con essi risponde la società con il proprio
patrimonio.
Gli elementi di distinzione tra le società e le associazioni risiedono nella natura dell’attività e
nello scopo-fine perseguibile:
● l’attività delle società dev’essere produttiva e condotta con metodo lucrativo o quanto
meno economico;
● lo scopo-fine delle società è uno scopo economico mentre quello delle associazioni è la
devoluzione a terzi degli eventuali risultati positivi dell’attività comune.
Quindi un’associazione per essere definita tale o non usa il metodo economico, o lo usa ma
devolve istituzionalmente gli utili conseguiti a scopi altruistici. Ma spesso gruppi associativi con
scopi ideali si servono dello strumento delle s.p.a. dichiarando nell’atto costitutivo un’attività
economica ed uno scopo lucrativo poi non perseguiti. Queste forme non sono legittime. Non
poche sono le società di diritto speciale senza scopo di lucro.
La differenza tra società e comunione è che la prima è un contratto che ha per oggetto
l’esercizio in comune di un’attività economica, la seconda è una situazione giuridica che sorge
quando la proprietà o altro diritto reale spetta in comune a più persone o un contratto che ha per
oggetto il semplice godimento della cosa comune. Anche nella comunione è previsto lo
svolgimento di attività a contenuto patrimoniale nell’interesse comune attraverso
l’organizzazione di un gruppo ma il rapporto beni-attività ed i poteri di cui l’organizzazione è
investita sono diversi nei 2 istituti: nella società i beni comuni hanno funzione servente, nella
comunione è l’attività che svolge funzione servente rispetto ai beni. Nella società i beni che
fanno parte del patrimonio sociale hanno un vincolo di stabile destinazione allo svolgimento
dell’attività d’impresa, ma ciò non è presente nella comunione. Nella società e nella comunione
operano i seguenti differenti principi cardine:
Società Comunione
Il socio non può servirsi, senza il consenso Ciascun partecipante può servirsi della cosa
degli altri soci, delle cose appartenenti al comune, purché non ne alteri la destinazione e
patrimonio sociale per fini estranei a quelli non impedisca agli altri partecipanti di farne
della società. parimenti uso secondo il loro diritto.
Il singolo socio non può provocare a sua
discrezione lo scioglimento anticipato della Ciascuno dei partecipanti può sempre
società e la conseguente divisione del domandare lo scioglimento della comunione.
patrimonio sociale.
Il creditore particolare del socio non può Il creditore particolare dei singoli
soddisfarsi direttamente sul patrimonio della comproprietari può liberamente aggredire
società. anche la cosa comune per soddisfarsi.
La comunione non gode di autonomia patrimoniale. Il regime patrimoniale delle società è
applicabile solo quando i beni sono destinati allo svolgimento di un’attività d’impresa. Sono
vietate le società di mero godimento.
Con l’impresa familiare si è in presenza di un’impresa collettiva il cui esercizio non dà vita alla
formazione di un patrimonio autonomo ed il cui regime non è accostabile né a quello
dell’ordinaria comunione né a quello della società di fatto. I creditori d’impresa potranno
soddisfarsi su tutti i beni della comunione alla pari con gli altri creditori della comunione senza
diritto di preferenza e possono aggredire anche il patrimonio personale dei coniugi ma solo per
la metà del credito e solo se i beni comuni non soddisfano i debiti. I creditori particolari possono
soddisfarsi direttamente anche sui beni della comunione legale.
I TIPI DI SOCIETÁ
Le società si distinguono in base a vari criteri:
1 lo scopo istituzionale perseguibile: società lucrative e società mutualistiche;
2 la natura dell’attività esercitabile: la società semplice è utilizzabile solo per attività non
commerciali mentre tutte le altre società sono utilizzabili per attività commerciali e non;
3 la personalità giuridica: le società di capitali e le cooperative ce l’hanno, le società di
persone no, quindi:
Società di capitali Società di persone
Organizzazione di tipo corporativo
Non è prevista l’organizzazione di tipo
basata sulla presenza di una pluralità
corporativo.
di organi.
Modello organizzativo che riconosce ad ogni
socio a responsabilità illimitata il potere di
Principio maggioritario domina il
amministrare la società ma richiede il
funzionamento degli organi sociali.
consenso di tutti i soci per le modifiche
dell’atto costitutivo.
Singolo socio senza potere diretto di
amministrazione e di controllo, solo Singolo socio a responsabilità illimitata con
con diritto di concorrere alla potere di amministrazione e di rappresentanza
designazione dei membri dell’organo della società.
di amministrazione e di controllo.
4 il regime di responsabilità per le obbligazioni sociali: nelle s.n.c. e nella società
semplice rispondono sia il patrimonio sociale sia i singoli soci personalmente ed
illimitatamente; nelle s.a.s. e s.a.p.a. ci sono soci a responsabilità limitata e soci a
responsabilità illimitata; nelle s.p.a. e s.r.l. risponde solo il patrimonio sociale.
Quanti costituiscono una società possono liberamente scegliere fra tutti i tipi di società previsti
se l’attività non è commerciale, fra tutti i tipi tranne la società semplice se l’attività è
commerciale. Se l’attività non è commerciale, si applica la disciplina della società semplice a
meno che i soci abbiano voluto costituire le società secondo uno degli altri tipi. Se l’attività è
commerciale, si applica la disciplina della s.n.c.. Scelto un determinato tipo, le parti possono
disegnare con clausole contrattuali un assetto organizzativo della loro società parzialmente
diverso da quello risultante dalla disciplina legale del tipo prescelto. Se le clausole sono
incompatibili con il tipo di società scelto, queste verranno annullate con l’applicazione
automatica della corrispondente disciplina legale. Non può essere costituita una società
stravagante che non risponde per nome e per criteri organizzativi ai tipi stabiliti dalla legge. In
questo caso la sanzione è la nullità della società atipica. I patti parasociali sono quegli accordi
che vengono stipulati dai soci al di fuori dell’atto costitutivo, al momento della costituzione
della società, per regolare il loro comportamento nella società o verso la società. Questi
vincolano solo gli attuali soci e la loro invalidità non incide sulla validità della società e degli
atti sociali.
Con la stipula del contratto le parti contraenti divengono membri della struttura organizzativa
creata, acquistano la qualità di soci e diventano titolari di una serie articolata di situazioni
soggettive di natura amministrativa e di natura patrimoniale. Queste situazioni sono destinate ad
esplicarsi all’interno e nei confronti di un gruppo organizzato per la realizzazione di uno scopo
comune.
Capitolo II: La società semplice. La società in nome collettivo
La società semplice (art. 2251-2290 c.c.) è un tipo di società che può esercitare solo attività non
commerciale ed è il regime residuale dell’attività societaria non commerciale. È il prototipo
normativo delle società di persone in quanto la sua disciplina è in linea di principio applicabile
anche alla s.n.c. e alla s.a.s. per i rinvii operati dal legislatore.
La s.n.c. (art. 2291-2312 c.c.) è un tipo di società che può essere utilizzato sia per l’esercizio di
attività commerciale, sia per l’esercizio di attività non commerciale ed è il regime residuale
dell’attività societaria commerciale. Tutti i soci rispondono solidalmente ed illimitatamente per
le obbligazioni sociali e il patto contrario non ha effetto nei confronti dei terzi (art. 2291 c.c.).
Si parla di società di fatto quando il contratto di società si perfeziona per fatti concludenti. Essa
è regolata dalla disciplina della società semplice, se l’attività non è commerciale, o da quella
della s.n.c. irregolare, se l’attività è commerciale. Nel secondo caso è anche esposta al
fallimento che determina automaticamente il fallimento di tutti i soci, anche di quelli occulti.
La società occulta è la società costituita con l’espressa e concorde volontà dei soci di non
rivelarne l’esistenza all’esterno. Può essere una società di fatto o può risultare da atto scritto
tenuto segreto dai soci. Per comune accordo l’attività d’impresa dev’essere svolta per conto
della società ma senza spenderne il nome. Non vi è l’esteriorizzazione della società. Nei
rapporti esterni l’impresa si presenta come impresa individuale di uno dei soci o anche di un
terzo. Lo scopo è quello di limitare la responsabilità nei confronti dei terzi al patrimonio del
solo gestore. Ma, se si acquisisce la prova dell’esistenza tramite alcuni indici probatori, la
società occulta può anche fallire e si applica il 2° comma dell’art. 147 l.f..
Una società, ancorché non esistente nei rapporti tra i presunti soci, deve considerarsi esistente
all’esterno quando 2 o più persone operano in modo da ingenerare nei terzi l’opinione che essi
agiscono come soci e da determinare in essi l’incolpevole affidamento circa l’esistenza effettiva
della società. Questa è la società apparente. Ciò non permette ai soci appartenenti di eccepire
l’inesistenza della società e la società apparente è assoggettata al fallimento.
La partecipazione ad una società di persone richiede la capacità di agire. Per quanto riguarda la
partecipazione degli incapaci:
● il minore, l’interdetto e l’inabilitato possono solo conservare la partecipazione
proveniente per donazione o per successione mentre gli interdetti e gli inabili possono
continuare la partecipazione con autorizzazione del tribunale;
● il minore emancipato può partecipare alla costituzione o aderirvi successivamente, con
autorizzazione del tribunale.
Non esiste alcuna norma che vieta la partecipazione delle società di capitali in società di
persone. Ma la partecipazione di queste deve ritenersi inammissibile e nulla quando essa
partecipa ad una s.n.c. o come accomandatario di una s.a.s..
Il contratto di costituzione di una società di persone è invalido per le stesse cause previste dalla
disciplina generale dei contratti:
● nullità (quando il contratto è contrario a norme imperative, quando l’oggetto è
impossibile o illecito, quando il motivo comune determinante è illecito);
● annullabilità (in caso d’incapacità delle parti o di consenso viziato per errore, violenza
o dolo).
L’invalidità della singola partecipazione determinerà invalidità dell’intero contratto solo quando
la partecipazione viziata è essenziale per il conseguimento dell’oggetto sociale.
La dichiarazione di nullità o l’annullamento dell’intero contratto se l’attività non è ancora
iniziata produrrà l’effetto ex nunc di liberare le parti dall’obbligo di eseguire i conferimenti
promessi ed il diritto di restituzione di quelli eseguiti.
La sentenza di nullità intervenuta dopo l’inizio dell’attività opererà come semplice causa di
scioglimento della società. L’art. 2332 c.c. è applicabile anche alle società di persone:
―Avvenuta l'iscrizione nel registro delle imprese, la nullità della società può essere pronunciata
soltanto nei seguenti casi:
1) mancanza dell'atto costitutivo;
2) mancata stipulazione dell'atto costitutivo nella forma di atto pubblico;
3) (Numero soppresso dall'art. 32, comma 3, della L. 24.11.2000, n. 340, in G.U.
275/2000).
4) illiceità o contrarietà all'ordine pubblico dell'oggetto sociale;
5) mancanza nell'atto costitutivo o nello statuto di ogni indicazione riguardante la
denominazione della società, o i conferimenti, o l'ammontare del capitale sottoscritto o
l'oggetto sociale;
6) inosservanza della disposizione di cui all'art. 2329, n. 2;
7) incapacità di tutti i soci fondatori;
8) mancanza della pluralità dei fondatori.
La dichiarazione di nullità non pregiudica l'efficacia degli atti compiuti in nome della società
dopo l'iscrizione nel registro delle imprese.
I soci non sono liberati dall'obbligo dei conferimenti fino a quando non sono soddisfatti i
creditori sociali.
La sentenza che dichiara la nullità nomina i liquidatori.
La nullità non può essere dichiarata quando la causa di essa è stata eliminata per effetto di una
modificazione dell'atto costitutivo iscritta nel registro delle imprese.‖
L’ORDINAMENTO PATRIMONIALE
Il socio è obbligato a eseguire i conferimenti determinati nel contratto sociale (art. 2253 c.c.). La
determinazione convenzionale del conferimento non è condizione essenziale per la valida
costituzione delle società di persona. Nel silenzio del contratto si presume che tutti i
conferimenti debbano essere eseguiti in denaro e se i conferimenti non sono determinati, si
presume che i soci siano obbligati a conferire, in parti eguali tra loro, quanto è necessario per il
conseguimento dell'oggetto sociale (art. 2253 c.c.).
Può essere conferita ogni entità (bene o servizio) suscettibile di valutazione economica ed utile
per il conseguimento dell’oggetto sociale. Il conferimento può essere costituito anche dal
trasferimento in proprietà o in godimento di un’azienda pur se gravata da debiti, dalla
prestazione di garanzie, dall’inserimento del nome del socio nella ragione sociale ma non dalla
semplice responsabilità personale ed illimitata per le obbligazioni sociali.
Per le cose conferite in proprietà la garanzia dovuta dal socio e il passaggio dei rischi sono
regolati dalle norme sulla vendita (art. 2254 c.c.). Quindi il socio è tenuto alla garanzia per
evizione e per vizi e su di lui grava il rischio del perimento per caso fortuito della cosa conferita
finché la proprietà non sia passata alla società. Il perimento della cosa, prima che la proprietà sia
passata alla società, comporta che il socio può essere escluso dalla società ma finché ciò non è
stato deliberato, il socio partecipa ai risultati attivi e passivi dell’attività.
Il rischio delle cose conferite in godimento resta a carico del socio che le ha conferite come la
loro proprietà. La garanzia per il godimento è regolata dalle norme sulla locazione (art. 2254
c.c.). Il socio potrà essere escluso dalla società qualora la cosa perisca o il godimento diventi
impossibile per causa non imputabile agli amministratori. Il socio ha diritto alla restituzione del
bene al termine della società nello stato in cui si trova o al risarcimento danni a carico del
patrimonio sociale in caso contrario.
Il socio che ha conferito un credito risponde dell'insolvenza del debitore, nei limiti indicati
dall'art. 1267 per il caso di assunzione convenzionale della garanzia (art. 2255 c.c.).
Il socio d’opera è quel socio il cui conferimento è l’obbligo di prestare la propria attività
lavorativa a favore della società. Egli non è un lavoratore subordinato e non ha diritto al
trattamento salariale e previdenziale: il suo compenso è la partecipazione ai guadagni della
società. Su di lui grava il rischio dell’impossibilità di svolgimento della prestazione. In sede di
liquidazione egli parteciperà solo alla ripartizione dell’eventuale attivo che residua dopo il
rimborso del valore nominale del conferimento ai soci che hanno apportato capitali, mentre non
ha diritto al rimborso del valore del suo apporto, ciò compete solo a chi conferisce denaro o beni
in proprietà. In mancanza di pattuizioni la parte del socio d’opera è determinata dal giudice
secondo equità.
Il socio non può servirsi, senza il consenso degli altri soci, delle cose appartenenti al patrimonio
sociale per fini estranei a quelli della società (art. 2256 c.c.). In caso contrario egli è tenuto al
risarcimento dei danni e ad essere escluso dalla società. Ciò è derogabile solo col consenso di
tutti gli altri soci.
Nella disciplina della società semplice è assente la nozione di capitale sociale. Non c’è nessuna
norma che garantisce che il patrimonio netto presenta un’eccedenza pari almeno alla cifra del
capitale sociale. Non è richiesta la valutazione iniziale dei conferimenti.
Nella disciplina della s.n.c. è prescritto che l’atto costitutivo della società deve indicare i
conferimenti di ciascun socio, il valore ad essi attribuito e il modo di valutazione (art. 2295 c.c.)
ma non c’è nulla sulla valutazione dei conferimenti diversi dal denaro. Non può farsi luogo a
ripartizione di somme tra soci se non per utili realmente conseguiti. Se si verifica una perdita del
capitale sociale, non può farsi luogo a ripartizione di utili fino a che il capitale non sia
reintegrato o ridotto in misura corrispondente (art. 2303 c.c.). La riduzione del capitale sociale è
sempre facoltativa. La deliberazione di riduzione di capitale, mediante rimborso ai soci delle
quote pagate o mediante liberazione di essi dall'obbligo di ulteriori versamenti, può essere
eseguita soltanto dopo 3 mesi dal giorno dell'iscrizione nel registro delle imprese, purché entro
questo termine nessun creditore sociale anteriore all'iscrizione abbia fatto opposizione. Il
tribunale, nonostante l’opposizione, può disporre che l'esecuzione abbia luogo, previa
prestazione da parte della società di un’idonea garanzia (art. 2306 c.c.).
Tutti i soci hanno diritto di partecipare agli utili e partecipano alle perdite della gestione sociale.
Godono della massima libertà nella determinazione della parte a ciascuno spettante e non è
necessario che la ripartizione sia proporzionale ai conferimenti. C’è solo un limite: è nullo il
patto (patto leonino) con il quale uno o più soci sono esclusi da ogni partecipazione agli utili o
alle perdite (art. 2265 c.c.) e nulli sono anche i criteri di ripartizione congegnati per escluderlo/i,
le convenzioni fra soci non risultanti dall’atto costitutivo che violano il precedente art.. Ma i
patti sono nulli se sono privi di una propria giustificazione causale fra le parti stipulanti e
configurano un negozio in frode alla legge. Se il contratto nulla dispone, le parti spettanti ai soci
nei guadagni e nelle perdite si presumono proporzionali ai conferimenti. La parte spettante al
socio che ha conferito la propria opera, se non è determinata dal contratto, è fissata dal giudice
secondo equità (art. 2263 c.c.). La determinazione della parte di ciascun socio nei guadagni e
nelle perdite può essere rimessa ad un terzo (art. 2264 c.c.). Nella società semplice, salvo patto
contrario, ciascun socio ha diritto di percepire la sua parte di utili dopo l'approvazione del
rendiconto (art. 2262 c.c.), predisposto dagli amministratori al termine di ogni anno, salvo
quanto stabilito. Nella s.n.c. ciò va coordinato con l’obbligo della tenuta delle scritture contabili
ed il bilancio dev’essere approvato da tutti i soci. L’approvazione del rendiconto o del bilancio è
condizione sufficiente perché ciascun socio possa pretendere l’assegnazione della sua parte di
utili. Nelle società di persone la maggioranza dei soci non può legittimamente deliberare la non
distribuzione degli utili accertati ed il loro reinvestimento nella società, sarà necessario il
consenso di tutti i soci.
Le perdite incidono direttamente sul valore della singola partecipazione sociale riducendolo
proporzionalmente. In sede di liquidazione il socio si vedrà rimborsare una somma inferiore al
valore originario del capitale conferito e solo all’atto di scioglimento della società i liquidatori
possono richiedere ai soci illimitatamente responsabili le somme necessarie per il pagamento dei
debiti sociali in proporzione alla parte di ciascuno nelle perdite.
Nella società semplice e nella s.n.c. delle obbligazioni sociali risponde innanzitutto la società
col proprio patrimonio: i creditori della società possono far valere i loro diritti sul patrimonio
sociale. Nella società semplice per le obbligazioni sociali rispondono inoltre personalmente e
solidalmente i soci che hanno agito in nome e per conto della società e, salvo patto contrario, gli
altri soci. Il patto deve essere portato a conoscenza dei terzi con mezzi idonei; in mancanza, la
limitazione della responsabilità o l'esclusione della solidarietà non è opponibile a coloro che non
ne hanno avuto conoscenza (art. 2267 c.c.). Nella s.n.c. tutti i soci rispondono solidalmente e
illimitatamente per le obbligazioni sociali e il patto contrario non ha effetto nei confronti dei
terzi. In entrambe le società la responsabilità per le obbligazioni sociali precedentemente
contratte è estesa anche ai nuovi soci. Lo scioglimento parziale del rapporto sociale non fa venir
meno la responsabilità personale del socio per le obbligazioni anteriori al verificarsi di tali
eventi. Ma lo scioglimento deve essere portato a conoscenza dei terzi con mezzi idonei; in
mancanza non è opponibile ai terzi che lo hanno senza colpa ignorato. Nella collettiva regolare e
nella società semplice l’opponibilità ai terzi delle cause di scioglimento resta soggetta al regime
di pubblicità legale delle modificazioni dell’atto costitutivo, quindi, avvenuta l’iscrizione nel
registro delle imprese, la cessazione della responsabilità personale per le obbligazioni
successive sarà opponibile anche ai terzi che l’abbiano ignorato.
I creditori sociali sono tenuti a tentare di soddisfarsi sul patrimonio della società prima di poter
aggredire il patrimonio personale dei soci. Nella società semplice il creditore sociale può
rivolgersi direttamente al singolo socio illimitatamente responsabile e sarà questi a dover
invocare la preventiva escussione del patrimonio sociale indicando i beni sui quali il creditore
possa agevolmente soddisfarsi. Nella s.n.c. regolare il beneficio di escussione opera
automaticamente: i creditori sociali, anche se la società è in liquidazione, non possono
pretendere il pagamento dai singoli soci, se non dopo l'escussione del patrimonio sociale (art.
2304 c.c.). Se ci sono le condizioni per poter agire contro i soci, il creditore sociale potrà
chiedere a ciascuno di essi il pagamento integrale del proprio credito. Il socio che ha pagato
potrà esercitare azione di regresso verso gli altri soci secondo la partecipazione di ciascuno nelle
perdite ma prima dovrà agire in regresso verso la società per l’intero debito. Spesso i creditori
più forti si fanno rilasciare dai soci specifiche garanzie personali per sottrarsi alle lungaggini
della preventiva escussione del patrimonio sociale in caso d’inadempimento.
Il patrimonio della società è insensibile alle obbligazioni personali dei soci ed intangibile da
parte dei loro creditori. Il creditore personale del socio non può aggredire direttamente il
patrimonio della società e se è anche debitore della società non può compensare il suo debito
con il credito che ha verso il socio. Egli però può far valere i suoi diritti sugli utili spettanti al
socio suo debitore e compiere atti conservativi sulla quota allo stesso spettante nella
liquidazione della società. Nella società semplice e nella s.n.c. irregolare il creditore particolare
del socio può chiedere anche la liquidazione della quota del suo debitore provato che gli altri
beni del debitore sono insufficienti a soddisfare i suoi crediti. La richiesta opera come causa di
esclusione di diritto del socio. La società sarà tenuta a versare una somma di denaro
corrispondente al valore della quota al momento della domanda. Per la s.n.c. regolare il
creditore particolare del socio, finché dura la società, non può chiedere la liquidazione della
quota del socio debitore. Ma i soci possono prorogare la durata della società: se la proroga è
espressa ed iscritta nel registro delle imprese, il creditore particolare del socio può fare
opposizione alla proroga della società, entro 3 mesi dalla iscrizione della deliberazione. Se
l'opposizione è accolta, la società deve, entro 3 mesi dalla notificazione della sentenza, liquidare
la quota del socio debitore dell'opponente; se la proroga è tacita ciascun socio può sempre
recedere dalla società, dando preavviso, e il creditore particolare del socio può chiedere la
liquidazione della quota del suo debitore a norma dell'art. 2270 (se gli altri beni del debitore
sono insufficienti a soddisfare i suoi crediti, il creditore particolare del socio può inoltre
chiedere in ogni tempo la liquidazione della quota del suo debitore).
L’ATTIVITÁ SOCIALE
È previsto un modello di organizzazione fondato sulla distinzione amministrazione-
modificazioni dell’atto costitutivo e basato sui seguenti principi:
a Ogni socio illimitatamente responsabile è investito del potere di amministrazione e di
rappresentanza della società;
b È necessario il consenso di tutti i soci per le modificazioni del contratto sociale.
Il potere di rappresentanza è il potere di agire nei confronti dei terzi in nome della società,
dando luogo all’acquisto di diritti e all’assunzione di obbligazioni da parte della stessa. Esso
coincide puntualmente col potere gestorio. In mancanza di diversa disposizione dell’atto
costitutivo esso spetta a ciascun socio amministratore. Nell’amministrazione disgiuntiva ogni
socio può decidere da solo e stipulare atti in nome della società. Nell’amministrazione
congiuntiva tutti gli amministratori devono partecipare alla stipulazione dell’atto. Il potere
gestorio e quello di rappresentanza si estendono a tutti gli atti che rientrano nell’oggetto sociale
e la rappresentanza è anche processuale. L’atto costitutivo può prevedere una diversa
regolazione del potere gestorio e di rappresentanza. Ci possono essere anche delle limitazioni
all’estensione del potere di rappresentanza del singolo amministratore. Nella s.n.c. regolare
essere non sono opponibili ai terzi se non iscritte nel registro delle imprese o se non si provi che
i terzi ne hanno avuto effettiva conoscenza. Nella s.n.c. irregolare l’omessa registrazione si
ritorce contro i soci. Nella società semplice si applica la disciplina della s.n.c. regolare mentre
prima si distingueva tra limitazioni originarie, sempre opponibili a terzi, e successive, portate a
conoscenza dei terzi con mezzi idonei.
I soci amministratori possono essere nominati direttamente nell’atto costitutivo o ivi può essere
stabilito che saranno nominato con atto separato. È rilevante ai fini della revoca la distinzione
fra amministratori nominati nell’atto costitutivo e amministratori nominati con atto separato: la
revoca del primo porta una modifica dell’atto costitutivo, dev’essere decisa all’unanimità e non
ha effetto se non ricorre una giusta causa, la revoca del secondo è fatta secondo le norme del
mandato anche se non ricorre una giusta causa. La revoca per giusta causa può in ogni caso
essere chiesta giudizialmente da ciascun socio.
Il rapporto di amministrazione costituisce rapporto autonomo e distinto dal rapporto sociale.
Esso è un rapporto sui generis non risolubile in quello del mandato. L’amministratore è investito
per legge del potere di compiere tutti gli atti che rientrano nell’oggetto sociale. Restano esclusi
solo gli atti che modificano l’atto costitutivo. Nella s.n.c. gli amministratori devono tenere le
scritture contabili e redigere il bilancio d’esercizio e devono provvedere agli adempimenti
pubblicitari connessi all’iscrizione nel registro delle imprese. Sono solidamente responsabili
verso la società degli obblighi imposti. Hanno diritto ad un compenso per il loro ufficio.
Per l’art. 2301 c.c., nella s.n.c., ―il socio non può, senza il consenso degli altri soci, esercitare
per conto proprio o altrui un’attività concorrente con quella della società, né partecipare come
socio illimitatamente responsabile ad altra società concorrente. Il consenso si presume, se
l'esercizio dell'attività o la partecipazione ad altra società preesisteva al contratto sociale, e gli
altri soci ne erano a conoscenza. In caso d'inosservanza delle disposizioni del primo comma la
società ha diritto al risarcimento del danno, salva l'applicazione dell'art. 2286.‖ Il divieto non
impedisce di partecipare come socio limitatamente responsabile in un’altra società concorrente
né lo svolgimento di altra attività della società quando si esclude un rapporto concorrenziale e
può essere rimosso dagli altri soci.
Il contratto sociale può essere modificato soltanto con il consenso di tutti i soci, se non é
convenuto diversamente. Nella s.n.c., ed ora anche nella società semplice, le modificazioni
dell’atto costitutivo sono soggette a pubblicità legale e finché non sono state iscritte nel registro
delle imprese non sono opponibili a terzi, a meno che si provi che questi ne erano a conoscenza.
Nella s.n.c. irregolare le modificazioni devono essere portate a conoscenza dei terzi con mezzi
idonei e non sono opponibili a coloro che le hanno ignorate. Può essere prevista nell’atto
costitutivo una clausola che delibera la modificabilità a maggioranza dell’atto costitutivo.
Il consenso di tutti i soci è necessario quando la decisione tocca le basi organizzative della
società (revoca dell’amministratore nominato nell’atto costitutivo, trasformazione della società,
cambiamento del metodo di amministrazione, V art. 2256 e 2301 c.c.)mentre la regola della
maggioranza e della maggioranza calcolata per quote d’interesse trova applicazione quando si
tratta di decisioni che attengono alla gestione dell’impresa comune (nomina e revoca degli
amministratori per atto separato, approvazione del bilancio…).
Nei casi in cui il rapporto sociale si scioglie limitatamente a un socio, questi o i suoi eredi hanno
diritto soltanto ad una somma di danaro che rappresenti il valore della quota. La liquidazione
della quota è fatta in base alla situazione patrimoniale della società nel giorno in cui si verifica
lo scioglimento ed il suo valore è determinato attribuendo ai beni il loro valore effettivo nonché
tenendo conto del valore dell’avviamento dell’azienda e degli utili e delle perdite sulle
operazioni in corso. Salvo quanto è disposto nell'art. 2270, il pagamento della quota spettante al
socio deve essere fatto entro 6 mesi dal giorno in cui si verifica lo scioglimento del rapporto.
Il procedimento di liquidazione è regolato dagli art. 2275-2283 c.c. e dagli art. 2309-2312 per la
s.n.c. ma può essere anche determinato dai soci nel contratto sociale o al momento dello
scioglimento. Ha inizio con la nomina di 1 o più liquidatori con il consenso di tutti i soci o, in
caso di disaccordo, con l’intervento del presidente del tribunale. I liquidatori possono essere
revocati per volontà di tutti i soci e in ogni caso dal tribunale per giusta causa su domanda di
uno o più soci. Nella s.n.c. la deliberazione dei soci o la sentenza che nomina i liquidatori e ogni
atto successivo che importa cambiamento nelle persone dei liquidatori devono essere, entro 30
giorni dalla notizia della nomina, depositati in copia autentica a cura dei liquidatori medesimi
per l'iscrizione presso l'ufficio del registro delle imprese. Nella s.n.c. irregolare dev’essere
portata a conoscenza dei terzi con mezzi idonei.
Con l’accettazione della nomina i liquidatori prendono il posto degli amministratori che devono
consegnare ai liquidatori i beni e i documenti sociali e presentare ad essi il conto della gestione
relativo al periodo successivo all'ultimo rendiconto. I liquidatori devono prendere in consegna i
beni e i documenti sociali, e redigere, insieme con gli amministratori, l'inventario dal quale
risulti lo stato attivo e passivo del patrimonio sociale. L'inventario deve essere sottoscritto dagli
amministratori e dai liquidatori.. I liquidatori devono definire i rapporti che si ricollegano
all’attività sociale: convertire in denaro i beni, pagare i creditori, ripartire il residuo attivo tra i
soci. I liquidatori possono compiere gli atti necessari per la liquidazione e, se i soci non hanno
disposto diversamente, possono vendere anche in blocco i beni sociali e fare transazioni e
compromessi. Essi rappresentano la società anche in giudizio. Se i fondi disponibili risultano
insufficienti per il pagamento dei debiti sociali, i liquidatori possono chiedere ai soci i
versamenti ancora dovuti sulle rispettive quote e, se occorre, le somme necessarie, nei limiti
della rispettiva responsabilità e in proporzione della parte di ciascuno nelle perdite. Nella stessa
proporzione si ripartisce tra i soci il debito del socio insolvente. Ma i liquidatori non possono
intraprendere nuove operazioni. Contravvenendo a tale divieto, essi rispondono personalmente e
solidalmente per gli affari intrapresi. Inoltre non possono ripartire tra i soci, neppure
parzialmente, i beni sociali, finché non siano pagati i creditori della società o non siano
accantonate le somme necessarie per pagarli. Gli obblighi e la responsabilità dei liquidatori sono
regolati dalle disposizioni stabilite per gli amministratori, in quanto non sia diversamente
disposto dalle norme seguenti o dal contratto sociale.
Estinti tutti i debiti i liquidatori devono restituire ai soci i beni conferiti in godimento nello stato
in cui si trovano. Se i beni sono periti o deteriorati per causa imputabile agli amministratori, i
soci hanno diritto al risarcimento del danno a carico del patrimonio sociale, salva l'azione contro
gli amministratori. Se è convenuto che la ripartizione dei beni sia fatta in natura, si applicano le
disposizioni sulla divisione delle cose comuni. Estinti i debiti sociali, l'attivo residuo é destinato
al rimborso del valore nominale dei conferimenti. L'eventuale eccedenza é ripartita tra i soci in
proporzione della parte di ciascuno nei guadagni. L'ammontare dei conferimenti non aventi per
oggetto somme di danaro è determinato secondo la valutazione che ne è stata fatta nel contratto
o, in mancanza, secondo il valore che essi avevano nel momento in cui furono eseguiti.
Nella società semplice non vi è nessuna regola procedimentale per la chiusura del procedimento
di liquidazione.
Nella s.n.c. compiuta la liquidazione, i liquidatori devono redigere il bilancio finale e proporre
ai soci il piano di riparto (proposta di divisione dell’attivo residuo fra i soci). Il bilancio,
sottoscritto dai liquidatori, e il piano di riparto devono essere comunicati mediante
raccomandata ai soci, e s'intendono approvati se non sono stati impugnati nel termine di 2 mesi
dalla comunicazione. In caso d'impugnazione del bilancio e del piano di riparto, il liquidatore
può chiedere che le questioni relative alla liquidazione siano esaminate separatamente da quelle
relative alla divisione, alle quali il liquidatore può restare estraneo. Con l'approvazione del
bilancio i liquidatori sono liberati di fronte ai soci.
Nella s.n.c. irregolare la chiusura del procedimento di liquidazione determina l’estinzione della
società sempreché la disciplina sia stata interamente rispettata e siano stati soddisfatti tutti i
creditori sociali.
Nella s.n.c. regolare, approvato il bilancio finale di liquidazione, i liquidatori devono chiedere la
cancellazione della società dal registro delle imprese. Dalla cancellazione della società i
creditori sociali che non sono stati soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei
soci e, se il mancato pagamento è dipeso da colpa dei liquidatori, anche nei confronti di questi.
Le scritture contabili e i documenti che non spettano ai singoli soci sono depositati presso la
persona designata dalla maggioranza. Le scritture contabili e i documenti devono essere
conservati per dieci anni a decorrere dalla cancellazione della società dal registro delle imprese
(art. 2312 c.c.). I creditori della s.n.c. possono chiedere il fallimento dei soci entra 1 anno dalla
cancellazione della società dal registro delle imprese.
Capitolo III: La società in accomandita semplice
Alla s.a.s. si applicano le disposizioni relative alla s.n.c. (art. 2315 c.c.). L'atto costitutivo deve
indicare i soci accomandatari e i soci accomandanti (art. 2316 c.c.) e la sua omessa registrazione
nel registro delle imprese comporta solo l’irregolarità della società.
La s.a.s. agisce sotto una ragione sociale costituita dal nome di almeno 1 dei soci
accomandatari, con l'indicazione di ―s.a.s.‖. L'accomandante, il quale consente che il suo nome
sia compreso nella ragione sociale, risponde di fronte ai terzi illimitatamente e solidalmente con
i soci accomandatari per le obbligazioni sociali (art. 2314 c.c.).
La partecipazione di un incapace alla s.a.s. è subordinata in ogni caso all'osservanza delle
disposizioni degli articoli 320, 371, 397, 424 e 425. Ma si ritiene che questo regime non sia
applicabile quando l’incapace è accomandante.
I soci accomandatari hanno i diritti e gli obblighi dei soci della s.n.c.. L'amministrazione della
società può essere conferita soltanto a loro (art. 2318 c.c.).
I soci accomandanti hanno il diritto di concorrere con gli accomandatari alla nomina e alla
revoca degli amministratori quando l’atto costitutivo prevede la designazione degli stessi con
atto separato (per l’art. 2319 c.c. ―se l'atto costitutivo non dispone diversamente, per la nomina
degli amministratori e per la loro revoca nel caso indicato nel secondo comma dell'art. 2259
sono necessari il consenso dei soci accomandatari e l'approvazione di tanti soci accomandanti
che rappresentino la maggioranza del capitale da essi sottoscritto.‖)e il diritto a chiedere la
revoca per giusta causa degli amministratori.
I soci accomandanti non possono compiere atti di amministrazione, né trattare o concludere
affari in nome della società, se non in forza di procura speciale per singoli affari. Il socio
accomandante che contravviene a tale divieto assume responsabilità illimitata e solidale verso i
terzi per tutte le obbligazioni sociali e può essere escluso a norma dell'art. 2286. I soci
accomandanti possono tuttavia prestare la loro opera sotto la direzione degli amministratori e, se
l'atto costitutivo lo consente, dare autorizzazioni e pareri per determinate operazioni e compiere
atti di ispezione e di sorveglianza. In ogni caso essi hanno diritto di avere comunicazione
annuale del bilancio e del conto dei profitti e delle perdite, e di controllarne l'esattezza,
consultando i libri e gli altri documenti della società (art. 2320 c.c.). I soci accomandanti non
sono tenuti alla restituzione degli utili riscossi in buona fede secondo il bilancio regolarmente
approvato (art. 2321 c.c.).
Per quanto riguarda il trasferimento della partecipazione sociale per i soci accomandatari
valgono le regole dei soci della s.n.c., per gli accomandanti l’art. 2322 c.c. dice che ―La quota di
partecipazione del socio accomandante è trasmissibile per causa di morte. Salvo diversa
disposizione dell'atto costitutivo, la quota può essere ceduta, con effetto verso la società, con il
consenso dei soci che rappresentano la maggioranza del capitale.‖
La s.a.s. si scioglie, oltre che per le cause previste nell'art. 2308, quando rimangono soltanto
soci accomandanti o soci accomandatari, sempreché nel termine di 6 mesi non sia stato
sostituito il socio che è venuto meno. Se vengono a mancare tutti gli accomandatari, per il
periodo indicato dal comma precedente gli accomandanti nominano un amministratore
provvisorio per il compimento degli atti di ordinaria amministrazione. L'amministratore
provvisorio non assume la qualità di socio accomandatario. Scaduti i 6 mesi senza che venga
ricostituita la categoria mancante, la s.a.s. si trasforma tacitamente in una s.n.c. irregolare. I
procedimenti di liquidazione e di estinzione sono uguali a quelli della s.n.c.. Salvo il diritto
previsto dal secondo comma dell'art. 2312 nei confronti degli accomandatari e dei liquidatori, i
creditori sociali che non sono stati soddisfatti nella liquidazione della società possono far valere
i loro crediti anche nei confronti degli accomandanti, limitatamente alla quota di liquidazione.
È irregolare la s.a.s. il cui atto costitutivo non sia stato iscritto nel registro delle imprese. In
questo tipo di società il divieto d’immistione degli accomandanti ha carattere assoluto. La
disciplina da seguire è quella della s.n.c. irregolare.
Parte 2 – Diritto delle società.
Capitolo I: La società per azioni
La s.p.a. forma con la s.r.l. e la s.a.p.a. la categoria delle società di capitali ed è una società nella
quale:
1 per le obbligazioni sociali risponde soltanto la società col suo patrimonio, a differenza
della s.a.p.a.;
2 la partecipazione sociale è rappresentata da azioni, a differenza della s.r.l..
La s.p.a. è il prototipo normativo delle società di capitali in quanto la sua disciplina è in gran
parte applicabile anche alla s.r.l. e alla s.a.p.a.. È il tipo di società più importante nella realtà
economica a causa della sua ampia diffusione e perché è la forma elettiva delle imprese di
media e grande dimensione.
Le caratteristiche della s.p.a. sono:
a Personalità giuridica: la s.p.a. è un soggetto di diritto formalmente distinto dalle
persone dei soci e gode di una perfetta autonomia patrimoniale;
b Responsabilità limitata dei soci: tutti i soci non assumono alcuna responsabilità
personale per le obbligazioni sociali, sono obbligati solo ad eseguire i conferimenti,
perciò i creditori della società possono far affidamento solo sul patrimonio per
soddisfarsi;
c Organizzazione corporativa: è basata sulla presenza dell’assemblea, degli
amministratori e del collegio sindacale. Il singolo socio ha solo il diritto di concorrere
col suo voto alla designazione dei membri dell’organo amministrativo e di controllo.
Solo questi ultimi rispondono personalmente dei danni arrecati alla società.
L’assemblea è regolata dal regime maggioritario e il peso di ogni socio è proporzionato
alla quota di capitale sottoscritto e al numero di azioni possedute. C’è un adeguato
equilibrio fra ponderazione nelle decisioni ed efficienza e rapidità nella condotta degli
affari sociali;
d Quote di partecipazione rappresentate da azioni: sono partecipazioni-tipo omogenee e
standardizzate con uguale valore e conferenti uguali diritti. La divisione del capitale
sociale è fatta con un criterio astratto-matematico, dividendolo con il valore nominale
delle azioni e ciò rende le azioni liberamente trasferibili e consentono la loro
circolazione attraverso idonei documenti.
La grande impresa sceglie la tipologia della s.p.a. per la limitazione del rischio individuale dei
soci e la possibilità di pronta mobilitazione dell’investimento che favoriscono la raccolta
d’ingenti capitali. Si rende possibile la compartecipazioni di azionisti imprenditori, di numero
più ristretto ed animati da spirito imprenditoriale, e azionisti risparmiatori, animati solo
dall’intento d’investire fruttuosamente il proprio risparmio e rassicurati dalla possibilità di
pronto disinvestimento. Ma la s.p.a. viene utilizzata anche per società a ristretta base azionaria.
La disciplina della s.p.a. ha subito numerosi interventi legislativi che hanno dato risposta ai
problemi irrisolti dal legislatore del 1942 e che hanno dato attuazione alle direttive emanate
dall’UE. Le tendenze sono queste:
1 È stato frenato il proliferare di mini s.p.a. con capitale del tutto irrisorio innalzando il
capitale minimo richiesto da £ 1.000.000 del 1942 a £ 200.000.000 del 1977 e a €
120.000 del 2004;
2 Si è dettata una specifica disciplina per le s.p.a. quotate in mercati regolamentati:
● L. 216/1974: introduzione delle azioni di risparmio, maggior trasparenza degli
assetti proprietari, certificazione del bilancio, istituzione della CONSOB, organo
pubblico di controllo;
● Riforma del mercato mobiliare del 1983: introduzione di nuove figure
d’intermediari, di organismi d’investimento collettivo e di specifiche regole di
comportamento per l’offerta al pubblico di valori mobiliari;
● TUF (1998): revisione di tutti gli istituti delle società quotate precedentemente
introdotti, potenziamento dell’informazione societaria, rafforzamento degli
strumenti di tutela delle minoranze ed introduzione di altri, disciplina dei sindacati
di voto, ridefinizione del ruolo del collegio sindacale.
1 Si è riformata la disciplina delle società non quotate. L’obiettivo della riforma è quello
di semplificare la disciplina delle società di capitali e di ampliare lo spazio riconosciuto
all’autonomia statutaria per favorire la nascita, la crescita e la competitività delle
imprese italiane. Le caratteristiche della riforma sono:
● Introduzione delle s.p.a. unipersonale r.l.;
● Disciplina più flessibile dei conferimenti con possibilità di costituire patrimoni
autonomi destinati ad un singolo affare;
● Previsione di nuove categorie di azioni;
● Semplificazione della disciplina delle assemblee e introduzione di una disciplina dei
patti parasociali anche per le società non quotate;
● Previsione di nuovi modelli di amministrazione e di controllo della società.
2 Si va delineando una disciplina specifica per i gruppi di società.
LA COSTITUZIONE
La costituzione della s.p.a. si articola in 2 fasi essenziali:
1 la stipulazione dell’atto costitutivo per atto pubblico
Può avvenire secondo 2 procedimenti:
a stipulazione simultanea: l’atto costitutivo è stipulato immediatamente da coloro che
assumono l’iniziativa per la costituzione della società e questi provvedono
contestualmente all’integrale sottoscrizione del capitale iniziale;
b stipulazione per pubblica sottoscrizione: l’atto costitutivo è stipulato al termine di un
procedimento che consente la raccolta fra il pubblico del capitale iniziale ed è
congegnato in modo da subordinare la stipulazione dell’atto costitutivo alla preventiva
sottoscrizione del capitale sociale. Il procedimento si articola in 4 fasi:
I I promotori predispongono un programma che ne indichi l'oggetto e il capitale, le
principali disposizioni dell'atto costitutivo e dello statuto, l'eventuale
partecipazione che i promotori si riservano agli utili e il termine entro il quale
deve essere stipulato l'atto costitutivo. Il programma con le firme autenticate dei
promotori, prima di essere reso pubblico, deve essere depositato presso un notaio
(art. 2333).
II Raccolte le sottoscrizioni, i promotori, con raccomandata o nella forma prevista
nel programma, devono assegnare ai sottoscrittori un termine non superiore a 30
giorni per fare il versamento. Decorso inutilmente questo termine, è in facoltà dei
promotori di agire contro i sottoscrittori morosi o di scioglierli dall'obbligazione
assunta. Qualora i promotori si avvalgano di quest’ultima facoltà, non può
procedersi alla costituzione della società prima che siano collocate le azioni che
quelli avevano sottoscritte (art. 2334).
III Salvo che il programma stabilisca un termine diverso, i promotori, nei 20 giorni
successivi al termine fissato per il versamento, devono convocare l'assemblea dei
sottoscrittori mediante raccomandata, da inviarsi a ciascuno di essi almeno 10
giorni prima di quello fissato per l'assemblea, con l'indicazione delle materie da
trattare. L'assemblea dei sottoscrittori:
- accerta l'esistenza delle condizioni richieste per la costituzione della società;
- delibera sul contenuto dell'atto costitutivo e dello statuto;
- delibera sulla riserva di partecipazione agli utili fatta a proprio favore dai
promotori;
- nomina gli amministratori, i membri del collegio sindacale e, quando previsto, il
soggetto cui è demandato il controllo contabile.
IV L'assemblea è validamente costituita con la presenza della metà dei
sottoscrittori. Ciascun sottoscrittore ha diritto a un voto, qualunque sia il numero
delle azioni sottoscritte, e per la validità delle deliberazioni si richiede il voto
favorevole della maggioranza dei presenti. Tuttavia per modificare le condizioni
stabilite nel programma è necessario il consenso di tutti i sottoscrittori (art. 2335).
Gli intervenuti all'assemblea, in rappresentanza anche dei sottoscrittori assenti,
stipulano l'atto costitutivo (art. 2336).
I promotori sono solidalmente responsabili verso i terzi per le obbligazioni assunte per
costituire la società. La società è tenuta a rilevare i promotori dalle obbligazioni assunte
e a rimborsare loro le spese sostenute, sempre che siano state necessarie per la
costituzione della società o siano state approvate dall'assemblea. Se per qualsiasi
ragione la società non si costituisce, i promotori non possono rivalersi verso i
sottoscrittori delle azioni (art. 2338). Essi sono solidalmente responsabili verso la
società e verso i terzi:
1) per l'integrale sottoscrizione del capitale sociale e per i versamenti richiesti per la
costituzione della società;
2) per l'esistenza dei conferimenti in natura in conformità della relazione giurata
indicata nell'art. 2343;
3) per la veridicità delle comunicazioni da essi fatte al pubblico per la costituzione della
società.
Sono del pari solidalmente responsabili verso la società e verso i terzi coloro per conto
dei quali i promotori hanno agito (art 2339).
I promotori possono riservarsi nell'atto costitutivo, indipendentemente dalla loro qualità
di soci, una partecipazione non superiore complessivamente a un decimo degli utili netti
risultanti dal bilancio e per un periodo massimo di cinque anni. Essi non possono
stipulare a proprio vantaggio altro beneficio (art. 2340). Ciò si applica anche ai soci che
nella costituzione simultanea o in quella per pubblica sottoscrizione stipulano l'atto
costitutivo (art. 2341).
La s.p.a. può essere costituita per contratto o per atto unilaterale. L'atto costitutivo deve essere
redatto per atto pubblico e deve indicare:
1 il cognome e il nome o la denominazione, la data e il luogo di nascita o di costituzione,
il domicilio o la sede, la cittadinanza dei soci e degli eventuali promotori, nonché il
numero delle azioni assegnate a ciascuno di essi;
2 la denominazione (deve contenere ―s.p.a.‖) e il comune ove sono poste la sede della
società e le eventuali sedi secondarie;
3 l'attività che costituisce l'oggetto sociale (è pratica diffusa indicare una pluralità di
attività);
4 l'ammontare del capitale sottoscritto e di quello versato;
5 il numero e l'eventuale valore nominale delle azioni, le loro caratteristiche e le modalità
di emissione e circolazione;
6 il valore attribuito ai crediti e beni conferiti in natura;
7 le norme secondo le quali gli utili devono essere ripartiti (solo se si vuole modificare la
disciplina legale);
8 i benefici eventualmente accordati ai promotori o ai soci fondatori;
9 il sistema di amministrazione adottato, il numero degli amministratori e i loro poteri,
indicando quali tra essi hanno la rappresentanza della società;
10 il numero dei componenti il collegio sindacale;
11 la nomina dei primi amministratori e sindaci e, quando previsto, del soggetto al quale è
demandato il controllo contabile;
12 l'importo globale, almeno approssimativo, delle spese per la costituzione poste a carico
della società;
13 la durata della società ovvero, se la società è costituita a tempo indeterminato, il periodo
di tempo, comunque non superiore ad un anno, decorso il quale il socio potrà recedere.
L’omissione di uno o più punti legittima il rifiuto del notaio di stipulare l’atto. Lo statuto
contenente le norme relative al funzionamento della società, anche se forma oggetto di atto
separato, costituisce parte integrante dell'atto costitutivo e in caso di mancanza della forma di
atto pubblico è nullo. In caso di contrasto tra le clausole dell'atto costitutivo e quelle dello
statuto prevalgono le seconde (art. 2328).
La s.p.a. deve costituirsi con un capitale non inferiore a € 120.000 (art. 2327), salvo i casi in cui
leggi speciali impongono un capitale minimo più elevato. Per procedere alla costituzione della
società è necessario:
1 che sia sottoscritto per intero il capitale sociale;
2 che siano rispettate le disposizioni relative ai conferimenti in sede di costituzione;
3 che sussistano le autorizzazioni e le altre condizioni richieste dalle leggi speciali per la
costituzione della società, in relazione al suo particolare oggetto.
Fino al 2000 con il deposito dell’atto costitutivo si apriva la fase del giudizio di omologazione
da parte del tribunale che doveva verificare l’adempimento delle condizioni stabilite dalla legge
per costituire la s.p.a.. Ora il controllo della legalità dell’atto è affidato solo al notaio che lo
redige. Ma questo è un controllo non solo formale ma anche sostanziale dell’atto costitutivo. Il
notaio, infatti, potrà e dovrà rifiutare di chiedere l’iscrizione nel registro delle imprese se l’atto e
lo statuto contengono clausole contrastanti con l’ordine pubblico o col buon costume nonché
con norme imperative della disciplina della s.p.a..
Fra la stipulazione dell’atto costitutivo e l’iscrizione nel registro delle imprese possono essere
compiute operazioni in nome della costituenda società. Per le operazioni compiute in nome della
società prima dell'iscrizione sono illimitatamente e solidalmente responsabili verso i terzi coloro
che hanno agito. Sono altresì solidalmente e illimitatamente responsabili il socio unico
fondatore e quelli tra i soci che nell'atto costitutivo o con atto separato hanno deciso, autorizzato
o consentito il compimento dell'operazione.
Prima dell'iscrizione nel registro è vietata l'emissione delle azioni ed esse, salvo l'offerta
pubblica di sottoscrizione, non possono costituire oggetto di una sollecitazione all'investimento.
La società è tenuta a rilevare i promotori dalle obbligazioni assunte e a rimborsare loro le spese
sostenute, sempre che siano state necessarie per la costituzione della società o siano state
approvate dall'assemblea. Ma è libera di accollarsi o meno le obbligazioni derivanti da
operazioni non necessarie per la costituzione.
Se il procedimento di costituzione non giunge a compimento perché l’iscrizione è rifiutata, la
società è tenuta a rilevare i promotori dalle obbligazioni assunte e a rimborsare loro le spese
sostenute, sempre che siano state necessarie per la costituzione della società o siano state
approvate dall'assemblea.
Nei confronti di terzi che entrano in contatto con la costituenda società sono responsabili non
solo coloro che hanno agito ma anche i soci fondatori che hanno autorizzato o consentito il
compimento dell’operazione.
Qualora successivamente all'iscrizione la società abbia approvato un'operazione, è responsabile
anche la società ed essa è tenuta a rilevare coloro che hanno agito.
I CONFERIMENTI
I conferimenti costituiscono i contributi dei soci alla formazione del patrimonio iniziale della
società e hanno la funzione di dotare la società del capitale di rischio iniziale per lo svolgimento
dell’attività d’impresa.
Nella s.p.a., se nell'atto costitutivo non è stabilito diversamente, il conferimento deve farsi in
danaro. Alla sottoscrizione dell'atto costitutivo deve essere versato presso una banca almeno il
25% dei conferimenti in danaro o, nel caso di costituzione con atto unilaterale, il loro intero
ammontare (art. 2342). Costituita la società, gli amministratori possono chiedere in ogni
momento ai soci i versamenti ancora dovuti e non sono tenuti a rispettare eventuali termini
presenti nell’atto costitutivo. Dal titolo azionario devono risultare i versamenti ancora dovuti e
coloro che hanno trasferito azioni non liberate sono obbligati in solido con gli acquirenti per
l'ammontare dei versamenti ancora dovuti, per il periodo di 3 anni dall'annotazione del
trasferimento nel libro dei soci. Il pagamento non può essere ad essi domandato se non nel caso
in cui la richiesta al possessore dell'azione sia rimasta infruttuosa (art. 2356).
Se il socio non esegue i pagamenti dovuti, decorsi 15 giorni dalla pubblicazione di una diffida
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, gli amministratori, se non ritengono utile promuovere
azione per l'esecuzione del conferimento, offrono le azioni agli altri soci, in proporzione della
loro partecipazione, per un corrispettivo non inferiore ai conferimenti ancora dovuti. In
mancanza di offerte possono far vendere le azioni a rischio e per conto del socio, a mezzo di una
banca o di un intermediario autorizzato alla negoziazione nei mercati regolamentati. Qualora la
vendita non possa aver luogo per mancanza di compratori, gli amministratori possono dichiarare
escluso il socio, trattenendo le somme riscosse, salvo il risarcimento dei maggiori danni. Le
azioni non vendute, se non possono essere rimesse in circolazione entro l'esercizio in cui fu
pronunziata la decadenza del socio moroso, devono essere estinte con la corrispondente
riduzione del capitale. Il socio in mora nei versamenti non può esercitare il diritto di voto (art.
2344).
L'acquisto da parte della società, per un corrispettivo pari o superiore al decimo del capitale
sociale, di beni o di crediti dei promotori, dei fondatori, dei soci o degli amministratori, nei 2
anni dall’iscrizione della società nel registro delle imprese, deve essere autorizzato
dall'assemblea ordinaria. L'alienante deve presentare la relazione giurata di un esperto designato
dal tribunale nel cui circondario ha sede la società contenente la descrizione dei beni o dei
crediti, il valore a ciascuno di essi attribuito, i criteri di valutazione seguiti, nonché l'attestazione
che tale valore non è inferiore al corrispettivo, che deve comunque essere indicato. La relazione
deve essere depositata nella sede della società durante i 15 giorni che precedono l'assemblea. I
soci possono prenderne visione. Entro 30 giorni dall'autorizzazione il verbale dell'assemblea,
corredato dalla relazione dell'esperto designato dal tribunale, deve essere depositato a cura degli
amministratori presso l'ufficio del registro delle imprese. Queste disposizioni non si applicano
agli acquisti che siano effettuati a condizioni normali nell'ambito delle operazioni correnti della
società né a quelli che avvengono nei mercati regolamentati o sotto il controllo dell'autorità
giudiziaria o amministrativa. In caso di violazione delle disposizioni gli amministratori e
l'alienante sono solidalmente responsabili per i danni causati alla società, ai soci ed ai terzi (art.
2343-bis).
Oltre l'obbligo dei conferimenti, l'atto costitutivo può stabilire l'obbligo dei soci di eseguire
prestazioni accessorie non consistenti in danaro, determinandone il contenuto, la durata, le
modalità e il compenso, e stabilendo particolari sanzioni per il caso di inadempimento. Le azioni
alle quali è connesso l'obbligo delle prestazioni anzidette devono essere nominative e non sono
trasferibili senza il consenso degli amministratori. Se non è diversamente disposto dall'atto
costitutivo, gli obblighi previsti non possono essere modificati senza il consenso di tutti i soci
(art. 2345).
Capitolo II: Le azioni
Le azioni sono le quote di partecipazione dei soci nella s.p.a. e sono omogenee, standardizzate,
liberamente trasmissibili e rappresentate da documenti che circolano secondo la disciplina dei
titoli di credito.
Le azioni devono essere tutte di uguale valore. Possono essere emesse, ma non
contemporaneamente:
● azioni senza indicazione del valore nominale: lo statuto deve indicare solo il capitale
sottoscritto ed il numero di azioni emesse. La partecipazione del singolo azionista sarà
espressa in una percentuale del numero complessivo delle azioni emesse;
● azioni con indicazione del valore nominale: lo statuto deve specificare il capitale
sottoscritto e il valore nominale di ciascuna azione (che potrà essere modificato solo
attraverso una modifica dell’atto costitutivo) nonché il loro numero complessivo.
In nessun caso il valore dei conferimenti può essere complessivamente inferiore all'ammontare
globale del capitale sociale. Le azioni non possono essere complessivamente emesse per somma
inferiore al loro valore nominale ma possono essere emesse per somma superiore e ciò è
obbligatorio quando è escluso o limitato il diritto di opzione degli azionisti sulle azioni di nuova
emissione ed il valore reale è superiore a quello nominale.
Il valore di bilancio delle azioni si ottiene dividendo il patrimonio netto per il numero delle
azioni. Il valore di mercato indica il prezzo di scambio delle azioni in un determinato giorno e
risulta giornalmente dai listini ufficiali quando si tratta di azioni quotate.
Le azioni conferiscono ai loro possessori uguali diritti. Questa uguaglianza è relativa poiché è
possibile creare categorie di azioni fornite di diritti diversi ed è oggettiva poiché sono uguali i
diritti che ogni azione attribuisce, non i diritti di cui ciascun azionista globalmente dispone.
Le categorie speciali di azioni sono fornite di diritti diversi da quelli tipici e possono essere
create con lo statuto o con successiva modificazione dello stesso. Tutte le s.p.a. possono
emetterle. Le assemblee speciali approvano le deliberazioni dell’assemblea ordinaria che
pregiudicano i diritti delle azioni speciali. La società, nei limiti imposti dalla legge (divieto di
emettere azioni a voto plurimo), può liberamente determinare il contenuto delle azioni delle
varie categorie. Possono essere create azioni con diritto di voto limitato a particolari argomenti e
azioni con diritto di voto subordinato al verificarsi di particolari condizioni non meramente
potestative. Ma le azioni senza voto non possono complessivamente superare la metà del
capitale sociale. Le società non quotate possono prevedere che il diritto di voto sia limitato ad
una misura massima e che sia introdotto il voto scalare. Inoltre per loro non vale più il principio
che il voto può essere escluso o limitato solo se le relative azioni sono assistite da privilegi
patrimoniali ma vale ancora il principio che possono essere emesse azioni privilegiate anche
senza limitazione dei diritti amministrativi.
Le azioni privilegiate attribuiscono un diritto di preferenza nella distribuzione degli utili e/o nel
rimborso del capitale al momento dello scioglimento della società. Le azioni correlate sono
fornite di diritti patrimoniali correlati ai risultati dell’attività sociale di un determinato settore.
Lo statuto stabilisce i criteri di individuazione dei costi e ricavi imputabili al settore, le modalità
di rendicontazione, i diritti attribuiti a tali azioni, nonché l'eventuali condizioni e modalità di
conversione in azioni di altra categoria. Non possono essere pagati dividendi ai possessori delle
azioni correlate se non nei limiti degli utili risultanti dal bilancio della società.
Dal 2003 è prevista anche l’emissione di azioni e strumenti finanziari partecipativi che però non
sono parti del capitale sociale e non attribuiscono la qualità di azionista. Questi possono dotare
di diritto di voto su argomenti specificatamente indicati. Gli strumenti finanziari conferiscono
anche diritti amministrativi.
Le azioni possono essere costituite in usufrutto o in pegno e possono formare oggetto di misure
cautelari ed esecutive. In questo caso il diritto di voto spetta al creditore pignoratizio o
all’usufruttuario che però non devono ledere l’interesse del socio, gli altri diritti amministrativi
spettano anche al socio. Se le azioni attribuiscono un diritto di opzione, questo spetta al socio ed
al medesimo sono attribuite le azioni in base ad esso sottoscritte. Qualora il socio non provveda
almeno 3 giorni prima della scadenza al versamento delle somme necessarie per l'esercizio del
diritto di opzione e qualora gli altri soci non si offrano di acquistarlo, questo deve essere
alienato per suo conto a mezzo banca od intermediario autorizzato alla negoziazione nei mercati
regolamentati. Nel caso di aumento del capitale sociale, il pegno, l'usufrutto o il sequestro si
estendono alle azioni di nuova emissione. Se sono richiesti versamenti sulle azioni, nel caso di
pegno, il socio deve provvedere al versamento delle somme necessarie almeno 3 giorni prima
della scadenza; in mancanza il creditore pignoratizio può vendere le azioni. Nel caso di
usufrutto, l'usufruttuario deve provvedere al versamento, salvo il suo diritto alla restituzione al
termine dell'usufrutto.
In nessun caso la s.p.a. può sottoscrivere azioni proprie. L’unica deroga è per l’esercizio del
diritto di opzione sulle azioni proprie detenute dalla società. Il divieto è assoluto. Se questo è
violato le azioni s’intendono sottoscritte e devono essere liberate dai soggetti che materialmente
hanno violato il divieto. In caso di sottoscrizione diretta le azioni s’intendono sottoscritte e
devono essere liberate dai promotori e dai soci fondatori o dagli amministratori. In caso di
sottoscrizione indiretta il terzo che ha sottoscritto le azioni è considerato sottoscrittore per conto
proprio.
La società non può acquistare azioni proprie se non nei limiti degli utili distribuibili e delle
riserve disponibili risultanti dall'ultimo bilancio regolarmente approvato. Possono essere
acquistate soltanto azioni interamente liberate. L’acquisto dev’essere deliberato dall’assemblea
ordinaria, la quale ne fissa le modalità, indicando in particolare il numero massimo di azioni da
acquistare, la durata, non superiore ai 18 mesi, per la quale l'autorizzazione è accordata, il
corrispettivo minimo ed il corrispettivo massimo. Il valore nominale delle azioni acquistate non
può eccedere la decima parte del capitale sociale. Le azioni acquistate in violazione debbono
essere alienate secondo modalità da determinarsi dall'assemblea, entro un anno dal loro
acquisto. In mancanza, deve procedersi senza indugio al loro annullamento e alla corrispondente
riduzione del capitale. Le limitazioni contenute nell'art. 2357 non si applicano quando l'acquisto
di azioni proprie avvenga in esecuzione di una deliberazione dell'assemblea di riduzione del
capitale, da attuarsi mediante riscatto e annullamento di azioni, a titolo gratuito, sempre che si
tratti di azioni interamente liberate, per effetto di successione universale o di fusione o scissione,
in occasione di esecuzione forzata per il soddisfacimento di un credito della società, sempre che
si tratti di azioni interamente liberate. Gli amministratori non possono disporre delle azioni
acquistate se non previa autorizzazione dell'assemblea, la quale deve stabilire le relative
modalità. A tal fine possono essere previste, operazioni successive di acquisto ed alienazione.
Finché le azioni restano in proprietà della società, il diritto agli utili e il diritto di opzione sono
attribuiti proporzionalmente alle altre azioni; l'assemblea può tuttavia autorizzare l'esercizio
totale o parziale del diritto di opzione. Il diritto di voto è sospeso, ma le azioni proprie sono
tuttavia computate nel capitale ai fini del calcolo delle quote richieste per la costituzione e per le
deliberazioni dell'assemblea. Una riserva indisponibile pari all'importo delle azioni proprie
iscritto all'attivo del bilancio deve essere costituita e mantenuta finché le azioni non siano
trasferite o annullate. La società non può accordare prestiti, né fornire garanzie per l'acquisto o
la sottoscrizione delle azioni proprie. La società non può, neppure per tramite di società
fiduciaria, o per interposta persona, accettare azioni proprie in garanzia.
E' vietato alle società di costituire o di aumentare il capitale mediante sottoscrizione reciproca di
azioni, anche per tramite di società fiduciaria o per interposta persona. La disciplina e le
sanzioni sono identiche alla fattispecie della sottoscrizione di azioni proprie. La società
controllata non può sottoscrivere azioni o quote della società controllante. Le azioni o quote
sottoscritte in violazione di tali disposizioni si intendono sottoscritte e devono essere liberate
dagli amministratori, che non dimostrino di essere esenti da colpa. Chiunque abbia sottoscritto
in nome proprio, ma per conto della società controllata, azioni o quote della società controllante
è considerato a tutti gli effetti sottoscrittore per conto proprio. Della liberazione delle azioni o
quote rispondono solidalmente gli amministratori della società controllata che non dimostrino di
essere esenti da colpa.
L’acquisto reciproco di azioni è possibile senza alcun limite solo quando fra le 2 società non
intercorre un rapporto di controllo e nessuna delle 2 è quotata in borsa. La società controllata
non può acquistare azioni o quote della società controllante se non nei limiti degli utili
distribuibili e delle riserve disponibili risultanti dall'ultimo bilancio regolarmente approvato.
Possono essere acquistate soltanto azioni interamente liberate. L'acquisto deve essere
autorizzato dall'assemblea ordinaria. Il valore nominale delle azioni o quote acquistate non può
eccedere la decima parte del capitale della società controllante. La società controllata da altra
società non può esercitare il diritto di voto nelle assemblee di questa. Le azioni o quote
acquistate in violazione di tali condizioni devono essere alienate secondo modalità da
determinarsi dall'assemblea entro un anno dal loro acquisto. In mancanza, la società controllante
deve procedere senza indugio al loro annullamento e alla corrispondente riduzione del capitale,
con rimborso del valore delle azioni annullate.
Nel caso di incroci azionari quando una o entrambe le società hanno azioni quotate in borsa ma
tra di loro non sussiste un rapporto di controllo, ci sono solo limiti quantitativi: se entrambe le
società sono quotate l’incrocio non può superare il 2% del capitale con diritto di voto, se solo
una è quotata non può superare il 10%. Se questi limiti sono superati la società non può
esercitare il diritto di voto per le azioni possedute in eccedenza, deve alienare l’eccedenza entro
1 anno se no la sospensione del diritto di voto si estende all’intera partecipazione.
Capitolo III: Le partecipazioni rilevanti. I gruppi di società
LE PARTECIPAZIONI RILEVANTI
La disciplina sulla trasparenza della compagine azionaria è dettata solo per le s.p.a. quotate
dall’art. 120 del TUF: coloro che partecipano in una società con azioni quotate in misura
superiore al 2% del capitale ne danno comunicazione alla società partecipata e alla CONSOB; le
società con azioni quotate che partecipano in misura superiore al 10% del capitale in una società
con azioni non quotate o in una s.r.l., anche estere, ne danno comunicazione alla società
partecipata e alla CONSOB. Quest’ultima determina con proprio regolamento le variazioni delle
partecipazioni rilevanti che comportano l’obbligo di successive comunicazioni. Queste servono
a rendere note le reali posizioni di potere dei maggiori azionisti. In mancanza del rispetto di tali
condizioni è prevista una sanzione pecuniaria e per le partecipazioni in società quotate la
sospensione del voto inerente alle azioni per le quali sia stata omessa la comunicazione.
Per le società non quotate è prevista una disciplina che sostanzialmente ricalca quella per le
quotate.
Il passaggio di proprietà di pacchetti azionari di controllo di società quotate deve avvenire con
la massima trasparenza e con modalità che consentano a tutti gli azionisti di partecipare al
premio di maggioranza che l’operazione può comportare. Il lancio di un’offerta pubblica è
obbligatorio quando è trasferito il pacchetto di controllo di una società quotata:
● L’opa successiva totalitaria: consente agli azionisti di minoranza di uscire dalla società
a seguito del mutamento dell’azionista di controllo. Chiunque detiene un partecipazione
superiore al 30% delle azioni ordinarie di una s.p.a. quotata è tenuto a promuovere
un’opa sulla totalità delle azioni ordinarie ancora in circolazione. Il prezzo minimo
offerto è la media aritmetica fra il prezzo medio ponderato di mercato dell’ultimo anno
e quello più elevato pattuito nello stesso periodo dall’offerente per acquisti fuori borsa
di azioni ordinarie. Ci si può sottrarre dall’obbligo di un’opa successiva totalitaria
lanciando un’opa preventiva che porta a detenere una partecipazione superiore al 30%.
L’opa preventiva totale è diretta a conseguire tutte le azioni ordinarie e non è soggetta a
condizioni. L’opa preventiva parziale deve avere a soggetto almeno il 60% delle azioni
ordinarie.
● L’opa residuale: consente agli azionisti di minoranza l’uscita dalla società ad un prezzo
equo quando la stessa è in pugno di un gruppo di controllo e manca un adeguato
flottante. Chiunque detiene un partecipazione superiore al 90% delle azioni ordinarie di
una s.p.a. quotata è tenuto a promuovere un’opa sulla totalità delle azioni ordinarie
ancora in circolazione al prezzo fissato dalla Consob se non ripristina entro 4 mesi un
flottante sufficiente ad assicurare il regolare andamento delle negoziazioni. Chi, a
seguito di un’opa totalitaria, detiene più del 98% delle azioni ordinarie ha diritto ad
acquistare coattivamente le azioni residue ad un prezzo fissato da un esperto nominato
dal presidente del tribunale.
Nel caso in cui l’obbligo di promuovere un’opa non è rispettato, il diritto di voto inerente
all’intera partecipazione detenuta non può essere esercitato, le azioni eccedenti il 30% e il 90%
devono essere alienate entro 1 anno e ci sono sanzioni pecuniarie.
E' istituita presso il registro delle imprese apposita sezione nella quale sono indicati i soggetti
che esercitano attività di direzione e coordinamento e quelle che vi sono soggette. Quest’ ultime
devono indicare la propria soggezione all'altrui attività di direzione e coordinamento negli atti e
nella corrispondenza. Gli amministratori che omettono di provvedere all'indicazione o
all'iscrizione, o le mantengono quando la soggezione è cessata, sono responsabili dei danni che
la mancata conoscenza di tali fatti abbia recato ai soci o ai terzi.
I principi cardine del gruppo sono: la distinta soggettività e la formale indipendenza giuridica
delle società del gruppo. L’indipendenza formale porta ad escludere che la capogruppo sia
responsabile per le obbligazioni assunte dalle controllate e comporta che la capogruppo non può
imporre alle ―figlie‖ il compimento di atti che contrastino con gli interessi delle stesse
separatamente considerate.
Le decisioni delle società soggette ad attività di direzione e coordinamento, quando da questa
influenzate, debbono essere analiticamente motivate e recare puntuale indicazione delle ragioni
e degli interessi la cui valutazione ha inciso sulla decisione.
Ai finanziamenti effettuati a favore della società da chi esercita attività di direzione e
coordinamento nei suoi confronti o da altri soggetti ad essa sottoposti si applica l'art. 2467: ―Il
rimborso dei finanziamenti dei soci a favore della società è postergato rispetto alla
soddisfazione degli altri creditori e, se avvenuto nell'anno precedente la dichiarazione di
fallimento della società, deve essere restituito. S'intendono finanziamenti dei soci a favore della
società quelli, in qualsiasi forma effettuati, che sono stati concessi in un momento in cui, anche
in considerazione del tipo di attività esercitata dalla società, risulta un eccessivo squilibrio
dell'indebitamento rispetto al patrimonio netto oppure in una situazione finanziaria della società
nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento.‖
La capogruppo è tenuta ad indennizzare direttamente azionisti e creditori delle società
controllate per i danni subiti poiché la propria società si è attenuta alle direttive di gruppo lesive
del proprio patrimonio. Risponde in solido chi abbia comunque preso parte al fatto lesivo e, nei
limiti del vantaggio conseguito, chi ne abbia consapevolmente tratto beneficio. Nel caso di
fallimento, liquidazione coatta amministrativa e amministrazione straordinaria di società
soggetta ad altrui direzione e coordinamento, l'azione spettante ai creditori di questa è esercitata
dal curatore o dal commissario liquidatore o dal commissario straordinario. Il socio ed il
creditore sociale possono agire contro la società o l'ente che esercita l'attività di direzione e
coordinamento, solo se non sono stati soddisfatti dalla società soggetta alla attività di direzione
e coordinamento. Il danno dev’essere valutato considerando il risultato complessivo dell’attività
di direzione e di coordinamento e i vantaggi compensativi che possono derivare
dall’appartenenza al gruppo.
Il socio di società soggetta ad attività di direzione e coordinamento può recedere:
a quando la società o l'ente che esercita attività di direzione e coordinamento ha deliberato
una trasformazione che implica il mutamento del suo scopo sociale, ovvero ha
deliberato una modifica del suo oggetto sociale consentendo l'esercizio di attività che
alterino in modo sensibile e diretto le condizioni economiche e patrimoniali della
società soggetta ad attività di direzione e coordinamento;
b quando a favore del socio sia stata pronunciata, con decisione esecutiva, condanna di
chi esercita attività di direzione e coordinamento; in tal caso il diritto di recesso può
essere esercitato soltanto per l'intera partecipazione del socio;
c all'inizio ed alla cessazione dell'attività di direzione e coordinamento, quando non si
tratta di una società con azioni quotate in mercati regolamentati e ne deriva
un'alterazione delle condizioni di rischio dell'investimento e non venga promossa
un'offerta pubblica di acquisto.
In caso di direzione unitaria del gruppo gli amministratori delle società che hanno abusato di
tale direzione rispondono in solido con gli amministratori della società dichiarata insolvente dei
danni da questi cagionati alla società stessa.
Capitolo IV: L’assemblea
L’assemblea è l’organo composto dalle persone dei soci ed ha la funzione di formare la volontà
della società nelle materie riservate alla sua competenza dalla legge o dall’atto costitutivo
secondo il principio maggioritario. L’assemblea si distingue in:
● Ordinaria: nelle società prive di consiglio di sorveglianza, l'assemblea ordinaria:
1 approva il bilancio;
2 nomina e revoca gli amministratori; nomina i sindaci e il presidente del
collegio sindacale e, quando previsto, il soggetto al quale è demandato il
controllo contabile;
3 determina il compenso degli amministratori e dei sindaci, se non è stabilito
dallo statuto;
4 delibera sulla responsabilità degli amministratori e dei sindaci;
5 delibera sugli altri oggetti attribuiti dalla legge alla competenza
dell'assemblea, nonché sulle autorizzazioni eventualmente richieste dallo
statuto per il compimento di atti degli amministratori, ferma in ogni caso la
responsabilità di questi per gli atti compiuti;
6 approva l'eventuale regolamento dei lavori assembleari.
Nelle società ove è previsto il consiglio di sorveglianza, l'assemblea ordinaria:
1 nomina e revoca i consiglieri di sorveglianza;
2 determina il compenso ad essi spettante, se non è stabilito
3 nello statuto;
4 delibera sulla responsabilità dei consiglieri di sorveglianza;
5 delibera sulla distribuzione degli utili;
6 nomina il revisore.
● Straordinaria: delibera sulle modificazioni dello statuto, sulla nomina, sulla sostituzione
e sui poteri dei liquidatori e su ogni altra materia espressamente attribuita dalla legge
alla sua competenza. Lo statuto può attribuire alla competenza dell'organo
amministrativo o del consiglio di sorveglianza o del consiglio di gestione le
deliberazioni concernenti la fusione nei casi previsti dagli art. 2505 e 2505-bis,
l'istituzione o la soppressione di sedi secondarie, la indicazione di quali tra gli
amministratori hanno la rappresentanza della società, la riduzione del capitale in caso di
recesso del socio, gli adeguamenti dello statuto a disposizioni normative, il
trasferimento della sede sociale nel territorio nazionale.
Se i soci partecipanti all'assemblea non rappresentano complessivamente la parte di capitale
richiesta l'assemblea deve essere nuovamente convocata.
Il quorum costitutivo è quella parte del capitale sociale che deve essere rappresentata in
assemblea perché questa sia regolarmente costituita e possa iniziare i lavori. Il quorum
deliberativo è la parte di capitale sociale che si deve esprimere a favore di una determinata
deliberazione perché questa sia approvata.
L'assemblea ordinaria è regolarmente costituita con l'intervento di tanti soci che rappresentino
almeno la metà del capitale sociale, escluse dal computo le azioni prive del diritto di voto
nell'assemblea medesima. Essa delibera a maggioranza assoluta, salvo che lo statuto richieda
una maggioranza più elevata. Per la nomina alle cariche sociali lo statuto può stabilire norme
particolari.
L'assemblea straordinaria delibera con il voto favorevole di tanti soci che rappresentino più
della metà del capitale sociale, se lo statuto non richiede una maggioranza più elevata. Nelle
società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio l'assemblea straordinaria è
regolarmente costituita con la presenza di tanti soci
che rappresentino almeno la metà del capitale sociale o la maggiore percentuale prevista dallo
statuto e delibera con il voto favorevole di almeno i due terzi del capitale rappresentato in
assemblea. Salvo diversa disposizione di legge le azioni per le quali non può essere esercitato il
diritto di voto sono computate ai fini della regolare costituzione dell'assemblea. Le medesime
azioni e quelle per le quali il diritto di voto non è stato esercitato a seguito della dichiarazione
del socio di astenersi per conflitto di interessi non sono computate ai fini del calcolo della
maggioranza e della quota di capitale richiesta per l'approvazione della deliberazione.
Se i soci partecipanti all'assemblea non rappresentano complessivamente la parte di capitale
richiesta l'assemblea deve essere nuovamente convocata. Nell'avviso di convocazione
dell'assemblea può essere fissato il giorno per la seconda convocazione. Questa non può aver
luogo nello stesso giorno fissato per la prima. Se il giorno per la seconda convocazione non è
indicato nell'avviso, l'assemblea deve essere riconvocata entro 30 giorni dalla data della prima, e
il termine stabilito dal secondo comma dell'art. 2366 è ridotto ad 8 giorni.
In seconda convocazione l'assemblea ordinaria delibera sugli oggetti che avrebbero dovuto
essere trattati nella prima, qualunque sia la parte di capitale rappresentata dai soci partecipanti, e
l'assemblea straordinaria è regolarmente costituita con la partecipazione di oltre un terzo del
capitale sociale e delibera con il voto favorevole di almeno i due terzi del capitale rappresentato
in assemblea. Lo statuto può richiedere maggioranze più elevate, tranne che per l'approvazione
del bilancio e per la nomina e la revoca delle cariche sociali. Nelle società che non fanno ricorso
al mercato del capitale di rischio è necessario, anche in seconda convocazione, il voto
favorevole di tanti soci che rappresentino più di un terzo del capitale sociale per le deliberazioni
concernenti il cambiamento dell'oggetto sociale, la trasformazione della società, lo scioglimento
anticipato, la proroga della società, la revoca dello stato di liquidazione, il trasferimento della
sede sociale all'estero e l'emissione di azioni privilegiate. Lo statuto può prevedere eventuali
ulteriori convocazioni dell'assemblea. Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di
rischio l'assemblea straordinaria è costituita, nelle convocazioni successive alla seconda, con la
presenza di tanti soci che rappresentino almeno un quinto del capitale sociale, salvo che lo
statuto richieda una quota di capitale più elevata.
Possono intervenire all'assemblea gli azionisti cui spetta il diritto di voto ed i soggetti che pur
non essendo soci hanno diritto di voto. Non è più necessario il preventivo deposito delle azioni
presso la sede della società o le banche. Ma lo statuto può richiedere il preventivo deposito delle
azioni o della relativa certificazione presso la sede sociale o le banche indicate nell'avviso di
convocazione, fissando il termine entro il quale debbono essere depositate ed eventualmente
prevedendo che non possano essere ritirate prima che l'assemblea abbia avuto luogo. Nelle
società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio il termine non può essere superiore a
2 giorni. Lo statuto può consentire l'intervento all'assemblea mediante mezzi di
telecomunicazione o l'espressione del voto per corrispondenza. Chi esprime il voto per
corrispondenza si considera intervenuto all'assemblea.
Gli azionisti possono partecipare all’assemblea sia personalmente sia a mezzo di rappresentante.
Salvo disposizione contraria dello statuto, i soci possono farsi rappresentare nell'assemblea. La
rappresentanza deve essere conferita per iscritto e i documenti relativi devono essere conservati
dalla società. Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio la rappresentanza
può essere conferita solo per singole assemblee, con effetto anche per le successive
convocazioni, salvo che si tratti di procura generale o di procura conferita da una società,
associazione, fondazione o altro ente collettivo o istituzione ad un proprio dipendente. La delega
non può essere rilasciata con il nome del rappresentante in bianco ed è sempre revocabile
nonostante ogni patto contrario. Il rappresentante può farsi sostituire solo da chi sia
espressamente indicato nella delega. Se la rappresentanza è conferita ad una società,
associazione, fondazione od altro ente collettivo o istituzione, questi possono delegare soltanto
un proprio dipendente o collaboratore. La rappresentanza non può essere conferita né ai membri
degli organi amministrativi o di controllo o ai dipendenti della società, né alle società da essa
controllate o ai membri degli organi amministrativi o di controllo o ai dipendenti di queste. La
stessa persona non può rappresentare in assemblea più di 20 soci o, se si tratta di società che
fanno ricorso al mercato del capitale di rischio più di 50 soci se la società ha capitale non
superiore a € 5.000.000, più di 100 soci se la società ha capitale superiore a € 5.000.000 e non
superiore a € 25.000.000, e più di 200 soci se la società ha capitale superiore a € 25.000.000.
Per le società non quotate sono stati introdotti 2 istituti:
1 la sollecitazione: è la richiesta di conferimento di deleghe di voto rivolta a tutti gli
azionisti da parte di uno o più soggetti che richiedono l’adesione a specifiche proposte
di voto.
2 la raccolta delle deleghe: è la richiesta di conferimento di deleghe di voto effettuata da
associazioni di azionisti esclusivamente nei confronti dei propri associati.
I sindacati di voto sono accordi con i quali alcuni soci s’impegnano a concordare
preventivamente il modo in cui votare in assemblea. Possono avere carattere occasionale o
permanente ed in quest’ultimo caso possono essere a tempo determinato o indeterminato nonché
riguardare tutte le delibere o solo quelle di un determinato tipo. Si può stabilire che il modo
come votare sarà deciso all’unanimità o a maggioranza dei soci sindacati. I sindacati di voto
danno un indirizzo di voto unitario all’azione dei soci sindacati, consente una migliore difesa
dei comuni interessi quando è stipulato fra soci di maggioranza. Ma i sindacati cristallizzano il
gruppo di controllo, il principio maggioritario finisce per essere rispettato solo formalmente.
Nelle società non quotate sia i sindacati di voto e sia gli altri patti parasociali non possono avere
durata superiore a 5 anni ma sono rinnovabili alla scadenza. Possono essere anche a tempo
indeterminato ma il contraente può recedere con preavviso di 6 mesi. La stessa disciplina vale
per le società quotate e quelle che le controllano ma i patti a tempo determinato non possono
avere durata superiore a 3 anni.
Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio i patti parasociali devono
essere comunicati alla società e dichiarati in apertura di ogni assemblea. La dichiarazione deve
essere trascritta nel verbale e questo deve essere depositato presso l'ufficio del registro delle
imprese. In caso di mancanza della dichiarazione i possessori delle azioni cui si riferisce il patto
parasociale non possono esercitare il diritto di voto e le deliberazioni assembleari adottate con il
loro voto determinante sono impugnabili a norma dell'art. 2377. Nelle società quotate i patti
devono essere comunicati alla Consob pubblicati per estratto sulla stampa quotidiana e
depositati presso il registro delle imprese del luogo dove la società ha sede legale. La violazione
di tali obblighi comporta la nullità dei patti e la sospensione del diritto di voto relativo alle
azioni sindacate. Nessuna pubblicità è prevista per i patti riguardanti società non quotate che
non fanno appello al mercato del capitale di rischio.
Le deliberazioni che non sono prese in conformità della legge o dello statuto possono essere
impugnate dai soci assenti, dissenzienti od astenuti, dagli amministratori, dal consiglio di
sorveglianza e dal collegio sindacale. L'impugnazione può essere proposta dai soci quando
possiedono tante azioni aventi diritto di voto con riferimento alla deliberazione che
rappresentino, anche congiuntamente, l'uno per mille del capitale sociale nelle società che fanno
ricorso al mercato del capitale di rischio e il 5% nelle altre; lo statuto può ridurre o escludere
questo requisito. Per l'impugnazione delle deliberazioni delle assemblee speciali queste
percentuali sono riferite al capitale rappresentato dalle azioni della categoria. I soci che non
rappresentano la parte di capitale indicata e quelli che, in quanto privi di voto, non sono
legittimati a proporre l'impugnativa hanno diritto al risarcimento del danno loro cagionato dalla
non conformità della deliberazione alla legge o allo statuto.
La deliberazione non può essere annullata:
1 per la partecipazione all'assemblea di persone non legittimate, salvo che tale
partecipazione sia stata determinante ai fini della regolare costituzione dell'assemblea;
2 per l'invalidità di singoli voti o per il loro errato conteggio, salvo che il voto invalido o
l'errore di conteggio siano stati determinanti ai fini del raggiungimento della
maggioranza richiesta;
3 per l'incompletezza o l'inesattezza del verbale, salvo che impediscano l'accertamento del
contenuto, degli effetti e della validità della deliberazione.
L'impugnazione o la domanda di risarcimento del danno sono proposte nel termine di 90 giorni
dalla data della deliberazione, ovvero, se questa è soggetta ad iscrizione nel registro delle
imprese, entro 90 giorni dall'iscrizione o, se è soggetta solo a deposito presso l'ufficio del
registro delle imprese, entro 90 giorni dalla
data di questo. L'annullamento della deliberazione ha effetto rispetto a tutti i soci ed obbliga gli
amministratori, il consiglio di sorveglianza e il consiglio di gestione a prendere i conseguenti
provvedimenti sotto la propria responsabilità. In ogni caso sono salvi i diritti acquistati in buona
fede dai terzi in base ad atti compiuti in esecuzione della deliberazione. L'annullamento della
deliberazione non può aver luogo, se la deliberazione impugnata è sostituita con altra presa in
conformità della legge e dello statuto. In tal caso il giudice provvede sulle spese di lite,
ponendole di norma a carico della società, e sul risarcimento dell'eventuale danno. Restano salvi
i diritti acquisiti dai terzi sulla base della deliberazione sostituita (art. 2377). L'impugnazione è
proposta con atto di citazione davanti al tribunale del luogo dove la società ha sede.
Il socio o i soci opponenti devono dimostrarsi possessori al tempo dell'impugnazione del
numero delle azioni previsto dall'art. 2377. Qualora nel corso del processo venga meno a seguito
di trasferimenti per atto tra vivi il richiesto numero delle azioni, il giudice, previa se del caso
revoca del provvedimento di sospensione dell'esecuzione della deliberazione, non può
pronunciare l'annullamento e provvede sul risarcimento dell'eventuale danno, ove richiesto. Con
ricorso depositato contestualmente al deposito, anche in copia, della citazione, l'impugnante può
chiedere la sospensione dell'esecuzione della deliberazione. In caso di eccezionale e motivata
urgenza, il presidente del tribunale, omessa la convocazione della società convenuta, provvede
sull'istanza con decreto motivato, che deve altresì contenere la designazione del giudice per la
trattazione della causa di merito e la fissazione, davanti al giudice designato, entro 15 giorni,
dell'udienza per la conferma, modifica o revoca dei provvedimenti emanati con il decreto,
nonché la fissazione del termine per la notificazione alla controparte del ricorso e del decreto. Il
giudice designato per la trattazione della causa di merito, sentiti gli amministratori e sindaci,
provvede valutando comparativamente il pregiudizio che subirebbe il ricorrente dalla
esecuzione e quello che subirebbe la società dalla sospensione dell'esecuzione della
deliberazione; può disporre in ogni momento che i soci opponenti prestino idonea garanzia per
l'eventuale risarcimento dei danni (art. 2378).
Nei casi di mancata convocazione dell'assemblea (non si considera mancante nel caso
d'irregolarità dell'avviso, se questo proviene da un componente dell'organo di amministrazione o
di controllo della società ed è idoneo a consentire a coloro che hanno diritto di intervenire di
essere tempestivamente avvertiti della convocazione e della data dell'assemblea.
L'impugnazione della deliberazione invalida per mancata convocazione non può essere
esercitata da chi anche successivamente abbia dichiarato il suo assenso allo svolgimento
dell'assemblea), di mancanza del verbale (non si considera mancante se contiene la data della
deliberazione e il suo oggetto ed è sottoscritto dal presidente dell'assemblea, o dal presidente del
consiglio d'amministrazione o del consiglio di sorveglianza e dal segretario o dal notaio.
L'invalidità della deliberazione per mancanza del verbale può essere sanata mediante
verbalizzazione eseguita prima dell'assemblea successiva. La deliberazione ha effetto dalla data
in cui è stata presa, salvi i diritti dei terzi che in buona fede ignoravano la deliberazione) e di
impossibilità o illiceità dell'oggetto la deliberazione può essere impugnata da chiunque vi abbia
interesse entro 3 anni dalla sua iscrizione o deposito nel registro delle imprese, se la
deliberazione vi è soggetta, o dalla trascrizione nel libro delle adunanze dell'assemblea, se la
deliberazione non è soggetta né a iscrizione né a deposito. Possono essere impugnate senza
limiti di tempo le deliberazioni che modificano l'oggetto sociale prevedendo attività illecite o
impossibili. Nei casi e nei termini previsti l'invalidità può essere rilevata d'ufficio dal giudice
(art. 2379). Nei casi previsti dall'art. 2379 l'impugnativa dell'aumento di capitale, della riduzione
del capitale o della emissione di obbligazioni non può essere proposta dopo che siano trascorsi
180 giorni dall'iscrizione della deliberazione nel registro delle imprese o, nel caso di mancata
convocazione, 90 giorni dall'approvazione del bilancio dell'esercizio nel corso del quale la
deliberazione è stata anche parzialmente eseguita. Nelle società che fanno ricorso al mercato del
capitale di rischio l'invalidità della deliberazione di aumento del capitale non può essere
pronunciata dopo che sia stata iscritta nel registro delle imprese l'attestazione che l'aumento è
stato anche parzialmente eseguito; l'invalidità della deliberazione di riduzione del capitale o
della deliberazione di emissione delle obbligazioni non può essere pronunciata dopo che la
deliberazione sia stata anche parzialmente eseguita. Resta salvo il diritto al risarcimento del
danno eventualmente spettante ai soci e ai terzi.
Capitolo V: Amministrazione. Controlli
GLI AMMINISTRATORI
Gli amministratori (che formano il consiglio di amministrazione ma la s.p.a. può avere anche un
amministratore unico) sono l’organo cui è affidata la gestione dell’impresa e ad essi spetta
compiere le operazioni necessarie per l'attuazione dell'oggetto sociale. Essi hanno le seguenti
funzioni, esercitate in posizione di formale autonomia rispetto all’assemblea:
1 Deliberano su tutti gli argomenti attinenti alla gestione della società che non siano
riservati per legge all’assemblea (potere gestorio);
2 Hanno la rappresentanza generale della società (potere di rappresentanza);
3 Danno impulso all’attività dell’assemblea;
4 Devono curare la tenuta dei libri e delle scritture contabili della società e devono
redigere il progetto di bilancio;
5 Devono prevenire il compimento di atti pregiudizievoli per la società o evitarne e
attenuarne le conseguenze dannose.
La nomina degli amministratori spetta all'assemblea, fatta eccezione per i primi amministratori,
che sono nominati nell'atto costitutivo. Il numero degli amministratori o l’indicazione di un
numero minimo o massimo è stabilito dallo statuto. L'amministrazione della società può essere
affidata anche a non soci. Lo statuto può subordinare l'assunzione della carica di amministratore
al possesso di speciali requisiti di onorabilità, professionalità ed indipendenza. Non può essere
nominato amministratore, e se nominato decade dal suo ufficio, l'interdetto, l'inabilitato, il
fallito, o chi è stato condannato ad una pena che importa l'interdizione, anche temporanea, dai
pubblici uffici o l'incapacità ad esercitare uffici direttivi.
Gli amministratori non possono essere nominati per un periodo superiore a 3 esercizi, e scadono
alla data dell'assemblea convocata per l'approvazione del bilancio relativo all'ultimo esercizio
della loro carica. Gli amministratori sono rieleggibili, salvo diversa disposizione dello statuto.
Sono cause di cessazione:
a La scadenza del termine. Questa ha effetto solo dal momento in cui l’organo
amministrativo è stato ricostituito;
b La revoca da parte dell'assemblea in qualunque tempo, anche se nominati nell'atto
costitutivo, salvo il diritto dell'amministratore al risarcimento dei danni, se la revoca
avviene senza giusta causa;
c La rinuncia (dimissioni). Questa ha effetto immediato se rimane in carica la
maggioranza degli amministratori, se no ha effetto solo dal momento in cui l’organo
amministrativo è stato ricostituito in seguito all’accettazione dei nuovi amministratori;
d La decadenza per una causa d’ineleggibilità;
e La morte.
Per le cause b), d) ed e) sono previste 3 ipotesi:
a Se rimane in carica più della metà degli amministratori nominati dall’assemblea i
superstiti sostituiscono provvisoriamente quelli venuti meno con delibera consiliare
approvata dal consiglio sindacale;
b Se viene a mancare più della metà degli amministratori nominati dall’assemblea i
superstiti convocano l’assemblea per sostituire i mancanti ed i nuovi amministratori
scadono con quelli in carica all’atto della nomina;
c Se vengono a cessare tutti gli amministratori o l’amministratore unico il collegio
sindacale deve convocare con urgenza l’assemblea per la ricostituzione dell’organo
amministrativo.
Sono valide le clausole statutarie che prevedono la cessazione di tutti gli amministratori e la
ricostruzione dell’intero collegio da parte dell’assemblea a seguito della cessazione di alcuni
amministratori. L’assemblea per la nomina del nuovo consiglio è convocata d'urgenza dagli
amministratori rimasti in carica
Entro trenta giorni dalla notizia della loro nomina gli amministratori devono chiederne
l'iscrizione nel registro delle imprese indicando per ciascuno di essi il cognome e il nome, il
luogo e la data di nascita, il domicilio e la cittadinanza, nonché a quali tra essi è attribuita la
rappresentanza della società, precisando se
disgiuntamente o congiuntamente.
I compensi spettanti ai membri del consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo sono
stabiliti all'atto della nomina o dall'assemblea. Essi possono essere costituiti in tutto o in parte da
partecipazioni agli utili o dall'attribuzione del diritto di sottoscrivere a prezzo predeterminato
azioni di futura emissione. La rimunerazione degli amministratori investiti di particolari cariche
in conformità dello statuto è stabilita dal consiglio di amministrazione, sentito il parere del
collegio sindacale. Se lo statuto lo prevede, l'assemblea può determinare un importo
complessivo per la remunerazione di tutti gli amministratori, inclusi quelli investiti di particolari
cariche.
Gli amministratori non possono assumere la qualità di soci illimitatamente responsabili in
società concorrenti, né esercitare un'attività concorrente per conto proprio o di terzi, né essere
amministratori o direttori generali in società concorrenti, salvo autorizzazione dell'assemblea.
Per l'inosservanza di tale divieto l'amministratore può essere revocato dall'ufficio e risponde dei
danni.
Gli amministratori con rappresentanza devono essere indicati nello statuto. Se sono più di uno
dev’essere specificato se hanno il potere di agire congiuntamente o disgiuntamente. Il potere di
rappresentanza è generale. È in opponibile a terzi di buona fede la mancanza di potere
rappresentativo dovuta ad invalidità dell’atto di nomina. La società resta vincolata verso i terzi
anche se gli amministratori hanno violato eventuali limiti posti dallo statuto ai loro poteri di
rappresentanza. Le limitazioni ai poteri degli amministratori che risultano dallo statuto o da una
decisione degli organi competenti non sono opponibili ai terzi, anche se pubblicate, salvo che si
provi che questi abbiano intenzionalmente agito a danno della società. Sono opponibili ai terzi i
limiti legali del potere di rappresentanza degli amministratori.
I direttori generali sono dirigenti che svolgono attività di alta gestione dell’impresa sociale.
Sono parificati agli amministratori sotto il profilo delle responsabilità penali. Le disposizioni
che regolano la responsabilità degli amministratori si applicano anche ai direttori generali
nominati dall'assemblea o per disposizione dello statuto, in relazione ai compiti loro affidati,
salve le azioni esercitabili in base al rapporto di lavoro con la società.
IL COLLEGIO SINDACALE
Il collegio sindacale è l’organo di controllo interno della s.p.a. con funzioni di vigilanza
sull’amministrazione della società.
Nelle s.p.a. non quotate, il collegio sindacale si compone di 3 o 5 membri effettivi, soci o non
soci. Devono inoltre essere nominati 2 sindaci supplenti (art. 2397). Nelle s.p.a. quotate, fermo
restando il numero minimo di 3 sindaci effettivi e 2 supplenti, l’atto costitutivo può determinare
liberamente il numero dei sindaci.
I primi sindaci sono nominati nell’atto costitutivo, successivamente essi sono nominati
dall’assemblea ordinaria. Uno o più sindaci possono essere nominati, se ciò è previsto dallo
statuto o ex lege, dallo Stato o da enti pubblici. Nelle s.p.a. quotate, l'atto costitutivo contiene le
clausole necessarie ad assicurare che un membro effettivo sia eletto dalla minoranza. Se il
collegio è formato da più di 3 membri, il numero dei membri effettivi eletti dalla minoranza non
può essere inferiore a 2.
Nelle s.p.a. non quotate almeno un membro effettivo ed uno supplente devono essere scelti tra
gli iscritti nel registro dei revisori contabili istituito presso il Ministero della Giustizia. I restanti
membri, se non iscritti in tale registro, devono essere scelti fra gli iscritti negli albi professionali
individuati con decreto del Ministro della Giustizia, o fra i professori universitari di ruolo, in
materie economiche o giuridiche. Nelle s.p.a. quotate con regolamento del Ministro della
Giustizia sono stabiliti i requisiti di onorabilità e di professionalità dei membri del collegio.
Non possono essere eletti alla carica di sindaco e, se eletti, decadono dall'ufficio:
a coloro che si trovano nelle condizioni previste dall'art. 2382;
b il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado degli amministratori della società,
gli amministratori, il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado degli
amministratori delle società da questa controllate, delle società che la controllano e di
quelle sottoposte a comune controllo;
c coloro che sono legati alla società o alle società da questa controllate o alle società che
la controllano o a quelle sottoposte a comune controllo da un rapporto di lavoro o da un
rapporto continuativo di consulenza o di prestazione d'opera retribuita, ovvero da altri
rapporti di natura patrimoniale che ne compromettano l'indipendenza.
Lo statuto può prevedere altre cause di ineleggibilità o decadenza, nonché cause di
incompatibilità e limiti e criteri per il cumulo degli incarichi (art. 2399).
La retribuzione annuale dei sindaci, se non è stabilita nello statuto, deve essere determinata dalla
assemblea all'atto della nomina per l'intero periodo di durata del loro ufficio (art. 2402).
I sindaci restano in carica per 3 esercizi, e scadono alla data dell'assemblea convocata per
l'approvazione del bilancio relativo al terzo esercizio della carica. La cessazione dei sindaci per
scadenza del termine ha effetto dal momento in cui il collegio è stato ricostituito.
I sindaci possono essere revocati solo per giusta causa. La deliberazione di revoca deve essere
approvata con decreto dal tribunale, sentito l'interessato. Nel frattempo la delibera è
improduttiva di effetti ed il sindaco sgradito resta in carica. La cancellazione o la sospensione
dal registro dei revisori contabili e il sopraggiungere di una causa d’ineleggibilità sono causa di
decadenza dall'ufficio di sindaco. In caso di morte, di rinunzia o di decadenza di un sindaco,
subentrano i supplenti in ordine di età. I nuovi sindaci restano in carica fino alla prossima
assemblea, la quale deve provvedere alla nomina dei sindaci effettivi e supplenti necessari per
l'integrazione del collegio.
La nomina dei sindaci, con l'indicazione per ciascuno di essi del cognome e del nome, del luogo
e della data di nascita e del domicilio, e la cessazione dall'ufficio devono essere iscritte, a cura
degli amministratori, nel registro delle imprese nel termine di 30 giorni.
Il controllo del collegio sindacale ha per oggetto l’amministrazione della società globalmente
intesa e si estende a tutta l’attività sociale al fine di assicurare che la stessa venga svolta nel
rispetto della legge e dell’atto costitutivo nonché dei principi di corretta amministrazione.
Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio il controllo contabile è
esercitato da una società di revisione iscritta nel registro dei revisori contabili.
I sindaci hanno il potere-dovere d’intervenire alle riunioni dell’assemblea, del consiglio di
amministrazione e del comitato esecutivo nonché d’impugnare le relative delibere. Il controllo
sull’amministrazione ha carattere globale e sintetico.
Il collegio sindacale può chiedere agli amministratori notizie, anche con riferimento a società
controllate, sull'andamento delle operazioni sociali o su determinati affari. Può altresì scambiare
informazioni con i corrispondenti organi delle società controllate in merito ai sistemi di
amministrazione e controllo ed all'andamento generale dell'attività sociale. Il collegio sindacale
e i soggetti incaricati del controllo contabile si scambiano tempestivamente le informazioni
rilevanti per l'espletamento dei rispettivi compiti. Nelle società quotate il collegio sindacale
deve comunicare senza indugio alla Consob le irregolarità riscontrate nell’attività di vigilanza.
I sindaci possono in qualsiasi momento procedere, anche individualmente, ad atti di ispezione e
di controllo, e a chiedere agli amministratori notizie anche con riferimento a società controllate
sull'andamento delle operazioni sociali o su determinati affari. Il collegio sindacale può altresì,
previa comunicazione al presidente del consiglio di amministrazione, convocare l'assemblea
qualora nell'espletamento del suo incarico ravvisi fatti censurabili di rilevante gravità e vi sia
urgente necessità di provvedere. Può promuovere il controllo giudiziario sulla gestione se ha
fondato sospetto che gli amministratori abbiano compiuto gravi irregolarità nella gestione.
Nelle s.p.a. non quotate il presidente del collegio sindacale è nominato dall’assemblea. Nelle
s.p.a. quotate è l’atto costitutivo a fissare i criteri di nomina. Il collegio sindacale deve riunirsi
almeno ogni 90 giorni. La riunione può svolgersi, se lo statuto lo consente indicandone le
modalità, anche con mezzi di telecomunicazione. Il collegio sindacale è regolarmente costituito
con la presenza della maggioranza dei sindaci e delibera a maggioranza assoluta dei presenti.
Delle riunioni dev’essere redatto processo verbale. Nell'espletamento di specifiche operazioni di
ispezione e di controllo i sindaci sotto la propria responsabilità ed a proprie spese possono
avvalersi di propri dipendenti ed ausiliari.
Ogni socio può denunziare i fatti che ritiene censurabili al collegio sindacale, il quale deve tener
conto della denunzia nella relazione all'assemblea. Se la denunzia è fatta da tanti soci che
rappresentino un ventesimo del capitale sociale o un cinquantesimo nelle società che fanno
ricorso al mercato del capitale di rischio, il collegio sindacale deve indagare senza ritardo sui
fatti denunziati e presentare le sue conclusioni ed eventuali proposte all'assemblea; deve altresì
convocare l'assemblea qualora ravvisi fatti censurabili di rilevante gravità e vi sia urgente
necessità di provvedere. Lo statuto può prevedere per la denunzia percentuali minori di
partecipazione.
I sindaci devono adempiere i loro doveri con la professionalità e la diligenza richieste dalla
natura dell'incarico; sono responsabili, anche penalmente, della verità delle loro attestazioni e
devono conservare il segreto sui fatti e sui documenti di cui hanno conoscenza per ragione del
loro ufficio. I sindaci hanno l’obbligo di risarcire i danni qualora siano imputabili al mancato o
negligente adempimento dei loro doveri. Essi sono responsabili solidalmente con gli
amministratori per i fatti o le omissioni di questi, quando il danno non si sarebbe prodotto se
essi avessero vigilato in conformità degli obblighi della loro carica.
B IL CONTROLLO CONTABILE
Ci sono 3 discipline parzialmente diverse:
1 Nelle s.p.a. che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio il controllo contabile
è esercitato da un revisore contabile o da una società di revisione, iscritti nel registro
istituito presso il Ministero della Giustizia. Lo statuto delle s.p.a. che non sono tenute
alla redazione del bilancio consolidato può prevedere che il controllo contabile sia
esercitato dal collegio sindacale. In tal caso il collegio sindacale è costituito da revisori
contabili iscritti nel registro istituito presso il Ministero della Giustizia;
2 Nelle s.p.a. che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio il controllo contabile è
esercitato solo da una società di revisione iscritta nel registro dei revisori contabili, la
quale, limitatamente a tali incarichi, è soggetta alla disciplina dell'attività di revisione
prevista per le società con azioni quotate in mercati regolamentati ed alla vigilanza della
Consob;
3 Nelle s.p.a. quotate l’attività di revisione è riservata alle società di revisione iscritte in
un apposito albo speciale tenuto dalla Consob ed è integralmente assoggettato alla
disciplina del TUF.
Il soggetto al quale è demandato il controllo è nominato per la prima volta nell’atto costitutivo.
Successivamente l'incarico del controllo contabile è conferito dall'assemblea, sentito il collegio
sindacale, la quale determina il corrispettivo spettante al revisore o alla società di revisione per
l'intera durata dell'incarico. non possono essere incaricati del controllo contabile, e se incaricati
decadono dall'ufficio, i sindaci della società o delle società da questa controllate, delle società
che la controllano o di quelle sottoposte a comune controllo, nonché coloro che si trovano nelle
condizioni previste dall'art. 2399, primo comma. Lo statuto può prevedere altre cause di
ineleggibilità o di decadenza, nonché cause di incompatibilità; può prevedere altresì ulteriori
requisiti concernenti la specifica qualificazione professionale del soggetto incaricato del
controllo contabile.
Nelle società quotate l’assemblea conferisce, in occasione dell'approvazione del bilancio,
l'incarico di revisione del bilancio di esercizio e del bilancio consolidato a una società di
revisione iscritta nell'albo ma se la società non adotta la relativa delibera l’incarico spetta
d’ufficio alla Consob. L’incarico non può essere conferito a società di revisione che si trovino in
una delle situazioni d'incompatibilità stabilite con regolamento dal Ministro di Giustizia.
L’incarico di revisione contabile dura 3 anni e nelle società quotate può essere rinnovato per
non più di 2 volte. L’incarico può essere revocato solo per giusta causa, sentito il parere del
collegio sindacale. La deliberazione di revoca deve essere approvata con decreto dal tribunale,
sentito l'interessato. Lo stesso vale per le società quotate ma non è necessaria l’approvazione del
tribunale. Si provvede a conferire l'incarico ad altra società di revisione ma l'attività di revisione
contabile continua a essere esercitata dalla società di revisione revocata fino a quando non
acquista efficacia il conferimento del nuovo incarico. Le delibere di conferimento e di revoca
sono soggette ad iscrizione nel registro delle imprese e nelle s.p.a. quotate devono essere
trasmesse alla Consob.
I SISTEMI ALTERNATIVI
Il sistema dualistico, di ispirazione tedesca, è un modello organizzativo particolarmente adatto
per s.p.a. con azionariato diffuso e prive di uno stabile nucleo di azionisti imprenditori. Esso
prevede la presenza di 2 organi:
1 Consiglio di gestione
Svolge le funzioni proprie del consiglio di amministrazione nel sistema tradizionale. E'
costituito da un numero di componenti, anche non soci, non inferiore a 2. Fatta eccezione per i
primi componenti, che sono nominati nell'atto costitutivo, la nomina dei componenti il consiglio
di gestione spetta al consiglio di sorveglianza, previa determinazione del loro numero nei limiti
stabiliti dallo statuto. I componenti del consiglio di gestione non possono essere nominati
consiglieri di sorveglianza, e restano in carica per un periodo non superiore a 3 esercizi, con
scadenza alla data della riunione del consiglio di sorveglianza convocato per l'approvazione del
bilancio relativo all'ultimo esercizio della loro carica. I componenti del consiglio di gestione
sono rieleggibili, salvo diversa disposizione dello statuto, e sono revocabili dal consiglio di
sorveglianza in qualunque tempo, anche se nominati nell'atto costitutivo, salvo il diritto al
risarcimento dei danni se la revoca avviene senza giusta causa. Se nel corso dell'esercizio
vengono a mancare uno o più componenti del consiglio di gestione, il consiglio di sorveglianza
provvede senza indugio alla loro sostituzione. L'azione di responsabilità contro i consiglieri di
gestione è promossa dalla società o dai soci, ma può anche essere proposta a seguito di
deliberazione del consiglio di sorveglianza. La deliberazione è assunta dalla maggioranza dei
componenti del consiglio di sorveglianza e, se è presa a maggioranza dei due terzi dei suoi
componenti, importa la revoca dall'ufficio dei consiglieri di gestione contro cui è proposta, alla
cui sostituzione provvede contestualmente lo stesso consiglio di sorveglianza. L'azione può
essere esercitata dal consiglio di sorveglianza entro 5 anni dalla cessazione dell'amministratore
dalla carica. Il consiglio di sorveglianza può rinunziare all'esercizio dell'azione di responsabilità
e può transigerla, purché la rinunzia e la
transazione siano approvate dalla maggioranza assoluta dei componenti del consiglio di
sorveglianza e purché non si opponga la percentuale di soci prevista dalla corrispondente
disciplina dettata per la rinuncia o transazione da parte dell’assemblea. La rinuncia all'azione da
parte della società o del consiglio di sorveglianza non impedisce l'esercizio delle azioni;
2 Consiglio di sorveglianza
Ha le funzioni di controllo proprie del collegio sindacale e le funzioni d’indirizzo della gestione
che nel sistema tradizionale ha l’assemblea dei soci. Salvo che lo statuto non preveda un
maggior numero, il consiglio di sorveglianza si compone di un numero di componenti, anche
non soci, non inferiore a 3. Fatta eccezione per i primi componenti che sono nominati nell'atto
costitutivo, la nomina dei componenti il consiglio di sorveglianza spetta all'assemblea, previa
determinazione del loro numero nei limiti stabiliti dallo statuto. I componenti del consiglio di
sorveglianza restano in carica per 3 esercizi e scadono alla data della successiva assemblea. La
cessazione per scadenza del termine ha effetto dal momento in cui il consiglio di sorveglianza è
stato ricostituito. Almeno un componente effettivo del consiglio di sorveglianza deve essere
scelto tra gli iscritti nel registro dei revisori contabili istituito presso il Ministero della giustizia.
I componenti del consiglio di sorveglianza sono rieleggibili, salvo diversa disposizione dello
statuto, e sono revocabili dall'assemblea in qualunque tempo con deliberazione adottata da
almeno un quinto del capitale sociale, anche se nominati nell'atto costitutivo, salvo il diritto al
risarcimento dei danni, se la revoca avviene senza giusta causa. Lo statuto, fatto salvo quanto
previsto da leggi speciali in relazione all'esercizio di particolari attività, può subordinare
l'assunzione della carica al possesso di particolari requisiti di onorabilità, professionalità e
indipendenza. Il consiglio di sorveglianza:
a nomina e revoca i componenti del consiglio di gestione;
b ne determina il compenso, salvo che la relativa competenza sia attribuita dallo statuto
all'assemblea;
c approva il bilancio di esercizio e, ove redatto, il bilancio consolidato;
d esercita le funzioni di cui all'art. 2403, primo comma;
e promuove l'esercizio dell'azione di responsabilità nei confronti dei componenti del
consiglio di gestione;
f presenta la denunzia al tribunale di cui all'art. 2409;
g riferisce per iscritto almeno una volta all'anno all'assemblea sull'attività di vigilanza
svolta, sulle omissioni e sui fatti censurabili rilevati.
Lo statuto può prevedere che in caso di mancata approvazione del bilancio o qualora lo richieda
almeno un terzo dei componenti del consiglio di gestione o del consiglio di sorveglianza la
competenza per l'approvazione del bilancio di esercizio sia attribuita all'assemblea.
Il presidente del consiglio di sorveglianza è eletto dall'assemblea. I componenti del consiglio di
sorveglianza devono adempiere i loro doveri con la diligenza richiesta dalla natura dell'incarico.
Sono responsabili solidalmente con i componenti del consiglio di gestione per i fatti o le
omissioni di questi quando il danno non si sarebbe prodotto se avessero vigilato in conformità
degli obblighi della loro carica.
I CONTROLLI ESTERNI
Il controllo giudiziario sulla gestione delle s.p.a. (art. 2409) è una forma d’intervento
dell’autorità giudiziaria nella vita della società volta a ripristinare la legalità
dell’amministrazione delle stesse.
Se vi è fondato sospetto che gli amministratori, in violazione dei loro doveri, abbiano compiuto
gravi irregolarità nella gestione che possono arrecare danno alla società o a una o più società
controllate, i soci che rappresentano il decimo del capitale sociale o, nelle società che fanno
ricorso al mercato del capitale di rischio, il ventesimo del capitale sociale (lo statuto può
prevedere percentuali minori di partecipazione), il collegio sindacale o l’organo di controllo nei
sistemi alternativi e, nelle società che fanno appello al capitale di rischio, il pubblico ministero,
possono denunziare i fatti al tribunale con ricorso notificato anche alla società. Il tribunale,
sentiti in camera di consiglio gli amministratori e i sindaci, può ordinare l'ispezione
dell'amministrazione della società a spese dei soci richiedenti (le spese per l'ispezione sono a
carico della società nel caso in cui la richiesta è del collegio sindacale, del consiglio di
sorveglianza o del comitato per il controllo sulla gestione e del pubblico ministero),
subordinandola, se del caso, alla prestazione di una cauzione. Il provvedimento è reclamabile. Il
tribunale non ordina l'ispezione e sospende per un periodo determinato il procedimento se
l'assemblea sostituisce gli amministratori e i sindaci con soggetti di adeguata professionalità,
che si attivano senza indugio per accertare se le violazioni sussistono e, in caso positivo, per
eliminarle, riferendo al tribunale sugli accertamenti e le attività compiute. Se le violazioni
denunziate sussistono ovvero se gli accertamenti e le attività compiute risultano insufficienti alla
loro eliminazione, il tribunale può disporre gli opportuni provvedimenti provvisori e convocare
l'assemblea per le conseguenti deliberazioni. Nei casi più gravi può revocare gli amministratori
ed eventualmente anche i sindaci e nominare un amministratore giudiziario, determinandone i
poteri e la durata. L'amministratore giudiziario può proporre l'azione di responsabilità contro gli
amministratori e i sindaci. Prima della scadenza del suo incarico l'amministratore giudiziario
rende conto al tribunale che lo ha nominato; convoca e presiede l'assemblea per la nomina dei
nuovi amministratori e sindaci o per proporre, se del caso, la messa in liquidazione della società
o la sua ammissione ad una procedura concorsuale.
La Consob è un organo pubblico di vigilanza sul mercato dei capitali. È una persona giuridica di
diritto pubblico. Ha il controllo del mercato mobiliare e dei soggetti che in esso operano.
Assicura un’adeguata e veritiera informazione (continua, su richiesta e periodica) del mercato
mobiliare sugli eventi di rilievo che riguardano la vita delle società che fanno appello al
pubblico risparmio.
Capitolo VI: Il bilancio
La nota integrativa, il cui contenuto è fissato dall’art. 2427, illustra e specifica le voci dello
stato patrimoniale e del conto economico fornendo informazioni integrative.
La relazione sulla gestione (art. 2428) assolve ad una funzione di resoconto sulla gestione della
società e sulle sue prospettive. Dalla relazione devono in ogni caso risultare:
1) le attività di ricerca e di sviluppo;
2) i rapporti con imprese controllate, collegate, controllanti e imprese sottoposte al controllo
di queste ultime;
3) il numero e il valore nominale sia delle azioni proprie sia delle azioni o quote di società
controllanti possedute dalla società, anche per tramite di società fiduciaria o per
interposta persona, con l'indicazione della parte di capitale corrispondente;
4) il numero e il valore nominale sia delle azioni proprie sia delle azioni o quote di società
controllanti acquistate o alienate dalla società, nel corso dell'esercizio, anche per tramite
di società fiduciaria o per interposta persona, con l'indicazione della corrispondente
parte di capitale, dei corrispettivi e dei motivi degli acquisti e delle alienazioni;
5) i fatti di rilievo avvenuti dopo la chiusura dell'esercizio;
6) l'evoluzione prevedibile della gestione.
Per il legislatore i principi generali da rispettare nella valutazione delle voci sono: la prudenza
(comporta che il criterio base accolto è quello del costo storico) e la continuità nei criteri di
valutazione. Inoltre nell’art. 2426 sono determinati i criteri a cui bisogna attenersi nella
valutazione di alcuni cespiti:
1 le immobilizzazioni sono iscritte al costo di acquisto o di produzione (costo storico).
Nel costo di acquisto si computano anche i costi accessori;
2 il costo delle immobilizzazioni, materiali e immateriali, la cui utilizzazione è limitata
nel tempo deve essere sistematicamente ammortizzato in ogni esercizio in relazione con
la loro residua possibilità di utilizzazione;
3 l'immobilizzazione che, alla data della chiusura dell'esercizio, risulti durevolmente di
valore inferiore a quello determinato secondo i numeri 1) e 2) deve essere iscritta a tale
minore valore; questo non può essere mantenuto nei successivi bilanci se sono venuti
meno i motivi della rettifica effettuata;
4 le immobilizzazioni consistenti in partecipazioni in imprese controllate o collegate
possono essere valutate, con riferimento ad una o più tra dette imprese, per un importo
pari alla corrispondente frazione del patrimonio netto risultante dall'ultimo bilancio
delle imprese medesime, detratti i dividendi ed operate le rettifiche richieste dai principi
di redazione del bilancio consolidato nonché quelle necessarie per il rispetto dei principi
indicati negli art. 2423 e 2423-bis. Quando la partecipazione è iscritta per la prima volta
in base al metodo del patrimonio netto, il costo di acquisto superiore al valore
corrispondente del patrimonio netto risultante dall'ultimo bilancio dell'impresa
controllata o collegata può essere iscritto nell'attivo, purché ne siano indicate le ragioni
nella nota integrativa. La differenza, per la parte attribuibile a beni ammortizzabili o
all'avviamento, deve essere ammortizzata. Negli esercizi successivi le plusvalenze,
derivanti dall'applicazione del metodo del patrimonio netto, rispetto al valore indicato
nel bilancio dell'esercizio precedente sono iscritte in una riserva non distribuibile;
5 i costi di impianto e di ampliamento, i costi di ricerca, di sviluppo e di pubblicità aventi
utilità pluriennale possono essere iscritti nell'attivo con il consenso, ove esistente, del
collegio sindacale e devono essere ammortizzati entro un periodo non superiore a 5
anni;
6 l'avviamento può essere iscritto nell'attivo con il consenso, ove esistente, del collegio
sindacale, se acquisito a titolo oneroso, nei limiti del costo per esso sostenuto e deve
essere ammortizzato entro un periodo di 5 anni;
7 il disaggio su prestiti deve essere iscritto nell'attivo e ammortizzato in ogni esercizio per
il periodo di durata del prestito;
8 i crediti devono essere iscritti secondo il valore presumibile di realizzazione (o prudente
realizzo);
8-bis) le attività e le passività in valuta, ad eccezione delle immobilizzazioni, devono essere
iscritte al tasso di cambio a pronti alla data di chiusura dell'esercizio ed i relativi utili e
perdite su cambi devono essere imputati al conto economico e l'eventuale utile netto
deve essere accantonato in apposita riserva non distribuibile fino al realizzo. Le
immobilizzazioni in valuta devono essere iscritte al tasso di cambio al momento del loro
acquisto o a quello inferiore alla data di chiusura dell'esercizio se la riduzione debba
giudicarsi durevole;
9) le rimanenze, i titoli e le attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni sono
iscritti al costo di acquisto o di produzione, ovvero al valore di realizzazione desumibile
dall'andamento del mercato, se minore; tale minor valore non può essere mantenuto nei
successivi bilanci se ne sono venuti meno i motivi. I costi di distribuzione non possono
essere computati nel costo di produzione;
10) il costo dei beni fungibili può essere calcolato col metodo della media ponderata o con
quelli: "primo entrato, primo uscito" o: "ultimo entrato, primo uscito"; se il valore così
ottenuto differisce in misura apprezzabile dai costi correnti alla chiusura dell'esercizio,
la differenza deve essere indicata, per categoria di beni, nella nota integrativa;
11) i lavori in corso su ordinazione possono essere iscritti sulla base dei corrispettivi
contrattuali maturati con ragionevole certezza;
12) le attrezzature industriali e commerciali, le materie prime, sussidiarie e di consumo,
possono essere iscritte nell'attivo ad un valore costante qualora siano costantemente
rinnovate, e complessivamente di scarsa importanza in rapporto all'attivo di bilancio,
sempreché non si abbiano variazioni sensibili nella loro entità, valore e composizione.
Nel sistema tradizionale il bilancio è redatto con la cooperazione dei 3 organi sociali, nel
sistema dualistico è predisposto dal consiglio di gestione e approvato da quello di sorveglianza.
Nelle società con sistema tradizionale, l'assemblea ordinaria deve essere convocata almeno una
volta l'anno, entro il termine stabilito dallo statuto e comunque non superiore a 120 giorni dalla
chiusura dell'esercizio sociale. Lo statuto può prevedere un maggior termine, comunque non
superiore a 180 giorni, nel caso di società tenute alla redazione del bilancio consolidato e
quando lo richiedono particolari esigenze relative alla struttura ed all'oggetto della società. Gli
amministratori redigono il progetto di bilancio che, almeno 30 giorni prima della discussione
dell’assemblea, dev’essere comunicato al collegio sindacale con la relazione degli
amministratori. Tale organo deve riferire all’assemblea sui risultati dell’esercizio sociale e
sull’attività svolta nell’adempimento dei propri doveri, e fare le osservazioni e le proposte in
ordine al bilancio e alla sua approvazione. Analoga relazione è predisposta dal soggetto
incaricato del controllo contabile. Il progetto del bilancio e i relativi allegati devono restare
depositati in copia nella sede della società durante i 15 giorni che precedono l’assemblea e
finché sia approvato. L’assemblea può approvare o respingere il progetto di bilancio. Può anche
modificarlo direttamente. L'approvazione del bilancio non implica liberazione degli
amministratori, dei direttori generali e dei sindaci per le responsabilità incorse nella gestione
sociale. Entro 30 giorni dall'approvazione una copia del bilancio, corredata dalle relazioni e dal
verbale di approvazione dell'assemblea o del consiglio di sorveglianza, deve essere, a cura degli
amministratori, depositata presso l'ufficio del registro delle imprese o spedita al medesimo
ufficio a mezzo di lettera raccomandata. Le azioni previste di annullabilità e/o di nullità non
possono essere proposte nei confronti delle deliberazioni di approvazione del bilancio dopo che
è avvenuta l'approvazione del bilancio dell'esercizio successivo. La legittimazione ad impugnare
la deliberazione di approvazione del bilancio su cui il revisore non ha formulato rilievi spetta a
tanti soci che rappresentino almeno il 5% del capitale sociale. Il bilancio dell'esercizio nel corso
del quale viene dichiarata l'invalidità tiene conto delle ragioni di questa.
La deliberazione sulla distribuzione degli utili è adottata dall'assemblea che approva il bilancio
ovvero, qualora il bilancio sia approvato dal consiglio di sorveglianza, dall'assemblea convocata
dal consiglio di sorveglianza. Non tutti gli utili sono distribuibili fra i soci. Se si verifica una
perdita del capitale sociale, non può farsi luogo a ripartizione di utili fino a che il capitale non
sia reintegrato o ridotto in misura corrispondente. Dagli utili netti annuali deve essere dedotta
una somma corrispondente almeno al 5% di essi per costituire una riserva, fino a che questa non
abbia raggiunto il 20% del capitale sociale. La riserva deve essere reintegrata se viene diminuita
per qualsiasi ragione. Questa è la riserva legale e costituisce una forma di autofinanziamento
obbligatorio della società. La riserva statutaria è imposta dallo statuto che stabilisce anche la
quota parte di utili di esercizio da destinare alla stessa e non distribuibili tra i soci. Sono riserve
facoltative quelle discrezionalmente disposte dall’assemblea ordinaria che approva il bilancio.
Vincoli di destinazione degli utili possono derivare dalle norme statutarie che prevedono una
partecipazione agli utili a favore dei promotori, dei soci fondatori e degli amministratori. Quindi
gli utili di cui l’assemblea può disporre a favore dei soci sono costituiti dagli utili distribuibili di
esercizio e dagli utili accertati e non distribuiti negli esercizi precedenti. L’approvazione del
bilancio non determina l’insorgere di un diritto individuale degli azionisti all’immediata
assegnazione della propria parte degli utili, è necessaria un’ulteriore e distinta deliberazione
dell’assemblea. Non possono essere pagati dividendi sulle azioni, se non per utili realmente
conseguiti e risultanti dal bilancio regolarmente approvato. Gli azionisti non sono obbligati a
restituire i dividendi riscossi per utili non realmente esistenti quando erano in buona fede al
momento della riscossione, i dividendi sono stati distribuiti in base ad un bilancio regolarmente
approvato e dal bilancio risultano utili netti corrispondenti. La distribuzione di acconti sui
dividendi è consentita solo alle società il cui bilancio è assoggettato per legge al controllo da
parte di società di revisione iscritte all'albo speciale. La distribuzione di acconti sui dividendi
deve essere prevista dallo statuto ed è deliberata dagli amministratori dopo il rilascio da parte
della società di revisione di un giudizio positivo sul bilancio dell'esercizio precedente e la sua
approvazione. Gli amministratori deliberano la distribuzione di acconti sui dividendi sulla base
di un prospetto contabile e di una relazione, dai quali risulti che la situazione patrimoniale,
economica e finanziaria della società consente la distribuzione stessa. Su tali documenti deve
essere acquisito il parere del soggetto incaricato del controllo contabile.
Ogni mutamento del contenuto oggettivo del contratto sociale che può consistere sia
nell’inserimento di nuove clausole, sia nella modificazione o soppressione di clausole
preesistenti costituisce modificazione dello statuto di una s.p.a.. Questo è di competenza
dell’assemblea dei soci in sede straordinaria con delibera adottata con le maggioranza previste
in via generale per l’assemblea straordinaria o , nelle società non quotate, con quelle più elevate
stabilite per talune modifiche di particolare rilievo. L’omologazione del tribunale è eventuale e
facoltativa ora. È il notaio che ha verbalizzato la delibera che verifica l’adempimento delle
condizioni stabilite dalla legge e, entro 30 giorni, ne richiede l’iscrizione nel registro delle
imprese contestualmente al deposito. L’ufficio del registro, verificata la regolarità formale della
documentazione, iscrive la delibera nel registro. Se il notaio ritiene non adempiute le condizioni
stabilite dalla legge, ne dà comunicazione tempestivamente, e comunque non oltre il termine
previsto, agli amministratori. Gli amministratori, nei 30 giorni successivi, possono convocare
l'assemblea per gli opportuni provvedimenti oppure ricorrere al tribunale per il provvedimento;
in mancanza la deliberazione è definitivamente inefficace. La deliberazione non produce effetti
se non dopo l'iscrizione. Dopo ogni modifica dello statuto deve esserne depositato nel registro
delle imprese il testo integrale nella sua redazione aggiornata (art. 2436).
Hanno diritto di recedere, per tutte o parte delle loro azioni, i soci che non hanno concorso alle
deliberazioni riguardanti:
a la modifica della clausola dell'oggetto sociale, quando consente un cambiamento
significativo dell'attività della società;
b la trasformazione della società;
c il trasferimento della sede sociale all'estero;
d la revoca dello stato di liquidazione;
e l'eliminazione di una o più cause di recesso derogabili o previste dallo statuto;
f la modifica dei criteri di determinazione del valore dell'azione in caso di recesso;
g le modificazioni dello statuto concernenti i diritti di voto o di partecipazione.
Se le azioni sono quotate in mercati regolamentati hanno diritto di recedere i soci che non hanno
concorso alla deliberazione che comporta l'esclusione dalla quotazione.
Salvo che lo statuto disponga diversamente, hanno diritto di recedere i soci che non hanno
concorso all'approvazione delle deliberazioni riguardanti:
a la proroga del termine;
b l'introduzione o la rimozione di vincoli alla circolazione dei titoli azionari.
Lo statuto delle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio può prevedere
ulteriori cause di recesso.
Se la società è costituita a tempo indeterminato e le azioni non sono quotate in un mercato
regolamentato il socio può recedere con il preavviso di almeno 180 giorni; lo statuto può
prevedere un termine maggiore, non superiore ad un anno (art. 2437).
Il diritto di recesso è esercitato mediante lettera raccomandata che deve essere spedita entro 15
giorni dall'iscrizione nel registro delle imprese della delibera che lo legittima, con l'indicazione
delle generalità del socio recedente, del domicilio per le comunicazioni inerenti al
procedimento, del numero e della categoria delle azioni per le quali il diritto di recesso viene
esercitato. Se il fatto che legittima il recesso è diverso da una deliberazione, esso è esercitato
entro 30 dalla sua conoscenza da parte del socio. Le azioni per le quali è esercitato il diritto di
recesso non possono essere cedute e devono essere depositate presso la sede sociale. Il recesso
non può essere esercitato e, se già esercitato, è privo di efficacia, se, entro 90 giorni, la società
revoca la delibera che lo legittima ovvero se è deliberato lo scioglimento della società (art.
2437-bis).
Il socio ha diritto alla liquidazione delle azioni per le quali esercita il recesso. Il valore di
liquidazione delle azioni è determinato dagli amministratori, sentito il parere del collegio
sindacale e del soggetto incaricato della revisione contabile, tenuto conto della consistenza
patrimoniale della società e delle sue prospettive reddituali, nonché dell'eventuale valore di
mercato delle azioni. Lo statuto può stabilire criteri diversi di determinazione del valore di
liquidazione, indicando gli elementi dell'attivo e del passivo del bilancio che possono essere
rettificati rispetto ai valori risultanti dal bilancio, unitamente ai criteri di rettifica, nonché altri
elementi suscettibili di valutazione patrimoniale da tenere in considerazione. I soci hanno diritto
di conoscere la determinazione del valore di rimborso nei 15 giorni precedenti alla data fissata
per l'assemblea. In caso di contestazione da proporre contestualmente alla dichiarazione di
recesso il valore di liquidazione è determinato entro 90 giorni dall'esercizio del diritto di recesso
tramite relazione giurata di un esperto nominato dal tribunale. Il valore di liquidazione delle
azioni quotate in mercati regolamentati è determinato facendo esclusivo riferimento alla media
aritmetica dei prezzi di chiusura nei sei mesi che precedono la pubblicazione ovvero ricezione
dell'avviso di convocazione dell'assemblea le cui deliberazioni legittimano il recesso (art. 2437-
ter).
Gli amministratori offrono in opzione le azioni del socio recedente agli altri soci in proporzione
al numero delle azioni possedute. Qualora i soci non acquistino in tutto o in parte le azioni del
recedente, gli amministratori possono collocarle presso terzi; nel caso di azioni quotate in
mercati regolamentati, il loro collocamento avviene mediante offerta nei mercati medesimi. In
caso di mancato collocamento, le azioni del recedente vengono rimborsate mediante acquisto da
parte della società utilizzando riserve disponibili. In assenza di utili e riserve disponibili, deve
essere convocata l'assemblea straordinaria per deliberare la riduzione del capitale sociale,
ovvero lo scioglimento della società. Dove l'opposizione sia accolta la società si scioglie (art.
2437-quater).
Il diritto di opzione è il diritto dei soci attuali di essere preferiti ai terzi nella sottoscrizione
dell’aumento del capitale sociale a pagamento. Ciò consente di mantenere inalterati la
proporzione in cui ciascun socio partecipa al capitale ed al patrimonio sociale e il valore reale
della partecipazione azionaria in presenza di riserve accumulate. Il diritto d’opzione ha un
proprio valore economico che l’azionista può monetizzare cedendolo a terzi. Non è un diritto
intangibile. Compete agli azionisti di ogni categoria ed ai possessori di obbligazioni convertibili
su tutte le azioni di nuova emissione in proporzione al numero di azioni possedute. Per
l’esercizio del diritto d’opzione la società deve concedere agli azionisti un termine non inferiore
a 30 giorni che decorre dall’iscrizione dell’offerta di opzione nel registro delle imprese. Se le
azioni non sono quotate in borsa, coloro che hanno esercitato il diritto d’opzione hanno diritto di
prelazione nella sottoscrizione delle azioni non optate, purché ne facciano richiesta all’atto
dell’esercizio dell’opzione. Se le azioni sono quotate i diritti d’opzione residui devono essere
offerti in borsa dagli amministratori, per conto della società per almeno 5 riunioni ed il ricavato
della vendita va a beneficio del patrimoni sociale. Il diritto di opzione non spetta per le azioni di
nuova emissione che, secondo la deliberazione di aumento del capitale, devono essere liberate
mediante conferimenti in natura. Nelle società con azioni quotate in mercati regolamentati lo
statuto può altresì escludere il diritto di opzione nei limiti del 10% del capitale sociale
preesistente, a condizione che il prezzo di emissione corrisponda al valore di mercato delle
azioni e ciò sia confermato in apposita relazione dalla società incaricata della revisione
contabile. Quando l'interesse della società lo esige, il diritto di opzione può essere escluso o
limitato con la deliberazione di aumento di capitale,
approvata da tanti soci che rappresentino oltre la metà del capitale sociale, anche se la
deliberazione è presa in assemblea di convocazione successiva alla prima. Il diritto d’opzione
può essere escluso con delibera dell’assemblea straordinaria, quando le azioni devono essere
offerte in sottoscrizione ai dipendenti della società o anche ai dipendenti di società controllanti o
controllate. La delibera dev’essere approvata da oltre la metà del capitale sociale anche se la
deliberazione è presa in assemblea di convocazione successiva alla prima se il diritto è escluso
per più di un quarto delle azioni di nuova emissione. Nei primi 2 casi è obbligatoria l’emissione
delle nuove azioni con sovrapprezzo. La deliberazione determina il prezzo di emissione delle
azioni in base al valore del patrimonio netto, tenendo conto, per le azioni quotate in borsa, anche
dell'andamento delle quotazioni nell'ultimo semestre. Il collegio sindacale esprime il suo parere.
Non si considera escluso né limitato il diritto di opzione qualora la deliberazione di aumento di
capitale preveda che le azioni di nuova emissione siano sottoscritte da banche, da enti o società
finanziarie soggetti al controllo della Consob ovvero da altri soggetti autorizzati all'esercizio
dell'attività di collocamento di strumenti finanziari, con obbligo di offrirle agli azionisti della
società, con operazioni di qualsiasi tipo. Le spese dell'operazione sono a carico della società e la
deliberazione di aumento del capitale deve indicarne l'ammontare.
2 Nominale (o gratuito):
L'assemblea può aumentare il capitale, imputando a capitale le riserve e gli altri fondi iscritti in
bilancio in quanto disponibili. In questo caso le azioni di nuova emissione devono avere le
stesse caratteristiche di quelle in circolazione, e devono essere assegnate gratuitamente agli
azionisti in proporzione di quelle da essi già possedute. L'aumento di capitale può attuarsi anche
mediante aumento del valore nominale delle azioni in circolazione.
Le obbligazioni sono titoli di credito che rappresentano frazioni di uguale valore nominativo e
con uguali diritti di un’unitaria operazione di finanziamento a titolo di mutuo. Danno diritto ad
una remunerazione periodica fissa e al rimborso del valore nominale del capitale prestato alla
scadenza pattuita. Danno diritto al rimborso del loro apporto (che può essere uguale, inferiore o
superiore al valore nominale del conferimento eseguito)solo in sede di liquidazione della società
e sempre che residui un attivo netto dopo che sono stati soddisfatti tutti i creditori. Ci sono
alcuni tipi speciali di obbligazioni:
a obbligazioni partecipanti (la remunerazione periodica è commisurata agli utili di
bilancio dell’emittente)
b obbligazioni indicizzate o strutturate (neutralizzano gli effetti della svalutazione
monetaria e adeguano il rendimento dei titoli all’andamento del mercato finanziario)
c obbligazioni convertibili in azioni (danno all’obbligazionista la facoltà di convertirle in
una partecipazione dell’emittente o di una sua collegata)
d obbligazioni con warrant (danno il diritto di sottoscrivere o acquistare azioni
dell’emittente)
e obbligazioni subordinate (il diritto degli obbligazionisti al pagamento degli interessi ed
al rimborso del capitale è subordinato all’integrale soddisfacimento degli altri creditori)
Le s.p.a. si sciolgono:
1 per il decorso del termine (ma questo può essere prorogato prima della scadenza con
delibera dell’assemblea straordinaria. Per le s.p.a. che non fanno appello al capitale di
rischio è richiesta la maggioranza di più di un terzo del capitale sociale anche in
seconda convocazione. In tutte le s.p.a. è riconosciuto il diritto di recesso agli azionisti
che non hanno concorso all’approvazione della delibera);
2 per il conseguimento dell'oggetto sociale o per la sopravvenuta impossibilità di
conseguirlo, salvo che l'assemblea, all'uopo convocata senza indugio, non deliberi le
opportune modifiche statutarie;
3 per l'impossibilità di funzionamento o per la continuata inattività dell'assemblea;
4 per la riduzione del capitale al disotto del minimo legale;
5 per deliberazione dell’assemblea straordinaria di scioglimento in seguito al recesso di
uno o più soci o all’impossibilità di provvedere al rimborso delle relative azioni senza
ridurre il capitale sociale o all’opposizione dei creditori alla riduzione;
6 per deliberazione dell'assemblea di scioglimento anticipato(per le s.p.a. che non fanno
appello al capitale di rischio è richiesta la maggioranza di più di un terzo del capitale
sociale anche in seconda convocazione);
7 per le altre cause previste dall'atto costitutivo o dallo statuto.
La società inoltre si scioglie per le altre cause previste dalla legge (art. 2484).
Gli amministratori devono senza indugio accertare il verificarsi di una causa di scioglimento e
procedere al suo accertamento e all’iscrizione nel registro delle imprese della dichiarazione o
della deliberazione assembleare. Essi, in caso di ritardo od omissione, sono personalmente e
solidalmente responsabili per i danni subiti dalla società, dai soci, dai creditori sociali e dai terzi.
Quando gli amministratori omettono gli adempimenti previsti, il tribunale, su istanza di singoli
soci o amministratori ovvero dei sindaci, accerta il verificarsi della causa di scioglimento, con
decreto che deve essere iscritto nel registro delle imprese (art. 2485). Alla denominazione
sociale deve essere aggiunta l'indicazione trattarsi di società in liquidazione. Gli effetti dello
scioglimento si determinano alla data dell'iscrizione presso l'ufficio del registro delle imprese
della dichiarazione con cui gli amministratori ne accertano la causa o alla data dell'iscrizione
della relativa deliberazione assembleare nei casi 5. e 6.
Gli amministratori restano in carica fino alla nomina dei liquidatori ma devono convocare
l’assemblea per le deliberazioni relative alla liquidazione. Essi conservano il potere di gestire la
società, ai soli fini della conservazione dell'integrità e del valore del patrimonio sociale. Gli
amministratori sono personalmente e solidalmente responsabili dei danni arrecati alla società, ai
soci, ai creditori sociali ed ai terzi, per atti od omissioni compiuti in violazione delle precedenti
disposizioni (art. 2486). Le disposizioni sulle decisioni dei soci, sulle assemblee e sugli organi
amministrativi e di controllo si applicano, in quanto compatibili, anche durante la liquidazione
(art. 2488). Il collegio sindacale continuerà a svolgere la consueta attività di controllo. La
società può in ogni momento revocare lo stato di liquidazione, occorrendo previa eliminazione
della causa di scioglimento, con deliberazione dell'assemblea presa con le maggioranze richieste
per le modificazioni dell'atto costitutivo o dello statuto. La revoca ha effetto solo dopo 60 giorni
dall'iscrizione nel registro delle imprese della relativa deliberazione, salvo che consti il consenso
dei creditori della società o il pagamento dei creditori che non hanno dato il consenso.
L'atto costitutivo deve indicare i soci accomandatari. La denominazione della società è costituita
dal nome di almeno uno dei soci accomandatari, con l'indicazione di s.a.p.a.. I soci
accomandatari rispondono illimitatamente e solidalmente verso i terzi per le obbligazioni
sociali. I creditori sociali possono agire nei confronti degli accomandatari solo dopo aver
infruttuosamente escusso il patrimonio sociale. I soci accomandatari non hanno diritto di voto
per le azioni ad essi spettanti nelle deliberazioni dell'assemblea che concernono la nomina e la
revoca dei sindaci ovvero dei componenti del consiglio di sorveglianza e l'esercizio dell’azione
di responsabilità. Le modificazioni dell'atto costitutivo devono essere approvate dall'assemblea
con le maggioranze prescritte per l'assemblea straordinaria della s.p.a., e devono inoltre essere
approvate da tutti i soci accomandatari.
Capitolo XI: La società a responsabilità limitata
La s.r.l. è una società di capitali nella quale per le obbligazioni sociali risponde soltanto la
società col suo patrimonio e le partecipazioni dei soci non possono essere rappresentate da
azioni e non possono costituire oggetto di sollecitazione all’investimento.
Per quanto riguarda i conferimenti, possono essere conferiti tutti gli elementi dell'attivo
suscettibili di valutazione economica. Alla sottoscrizione dell'atto costitutivo deve essere
versato presso una banca almeno il 25% dei conferimenti in danaro e l'intero soprapprezzo o, nel
caso di costituzione con atto unilaterale, il loro intero ammontare. Il versamento può essere
sostituito dalla stipula, per un importo almeno corrispondente, di una polizza di assicurazione o
di una fideiussione bancaria. Il conferimento può anche avvenire mediante la prestazione di una
polizza di assicurazione o di una fideiussione bancaria con cui vengono garantiti, per l'intero
valore ad essi assegnato, gli obblighi assunti dal socio aventi per oggetto la prestazione d'opera
o di servizi a favore della società. Chi conferisce beni in natura o crediti deve presentare la
relazione giurata di un esperto o di una società di revisione iscritti nel registro dei revisori
contabili o di una società di revisione iscritta nell'apposito registro albo. Il rimborso dei
finanziamenti dei soci a favore della società è postergato rispetto alla soddisfazione degli altri
creditori e, se avvenuto nell'anno precedente la dichiarazione di fallimento della società, deve
essere restituito. S’intendono finanziamenti dei soci a favore della società quelli, in qualsiasi
forma effettuati, che sono stati concessi in un momento in cui, anche in considerazione del tipo
di attività esercitata dalla società, risulta un eccessivo squilibrio dell'indebitamento rispetto al
patrimonio netto oppure in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato
ragionevole un conferimento. Se l'atto costitutivo lo prevede, la società può emettere titoli di
debito che però sono sottratti alla disciplina delle obbligazioni della s.p.a.. In tal caso l'atto
costitutivo attribuisce la relativa competenza ai soci o agli amministratori determinando gli
eventuali limiti, le modalità e le maggioranze necessarie per la decisione. I titoli emessi possono
essere sottoscritti soltanto da investitori professionali soggetti a vigilanza prudenziale. In caso di
successiva circolazione, chi li trasferisce risponde della solvenza della società nei confronti
degli acquirenti che non siano investitori professionali ovvero soci della società medesima.
Il capitale è diviso in base al numero dei soci: il numero iniziale delle quote corrisponde al
numero dei soci che partecipano alla costituzione della società e ciascun socio diventa titolare di
un’unica quota di partecipazione corrispondente alla frazione di capitale sociale da lui
sottoscritta. Le quote possono essere di diverso ammontare. Le partecipazioni dei soci non
possono essere rappresentate da azioni né costituire oggetto di sollecitazione all'investimento. I
diritti sociali spettano ai soci in misura proporzionale alla partecipazione da ciascuno posseduta.
Se l'atto costitutivo non prevede diversamente, le partecipazioni dei soci sono determinate in
misura proporzionale al conferimento. Resta salva la possibilità che l'atto costitutivo preveda
l'attribuzione a singoli soci di particolari diritti riguardanti l'amministrazione della società o la
distribuzione degli utili. Le partecipazioni sono liberamente trasmissibili per atto tra vivi e per
successione a causa di morte, salvo contraria disposizione dell'atto costitutivo. L'atto costitutivo
può prevedere l'intrasferibilità delle partecipazioni o la subordinazione del trasferimento al
gradimento di organi sociali, di soci o di terzi senza prevederne condizioni e limiti, o condizioni
o limiti che nel caso concreto impediscono il trasferimento a causa di morte. In questi casi il
socio o i suoi eredi possono esercitare il diritto di recesso. L'atto costitutivo determina quando il
socio può recedere dalla società e le relative modalità. In ogni caso il diritto di recesso compete:
● ai soci che non hanno consentito al cambiamento dell'oggetto o del tipo di società, alla
sua fusione o scissione, alla revoca dello stato di liquidazione al trasferimento della sede
all'estero alla eliminazione di una o più cause di recesso previste dall'atto costitutivo e al
compimento di operazioni che comportano una sostanziale modificazione dell'oggetto
della società determinato nell'atto costitutivo o una rilevante modificazione dei diritti
attribuiti ai soci;
● nel caso di società contratta a tempo indeterminato in ogni momento e può essere
esercitato con un preavviso di almeno 180 giorni, l'atto costitutivo può prevedere un
periodo di preavviso di durata maggiore purché non superiore ad un anno.
I soci che recedono dalla società hanno diritto di ottenere il rimborso della propria
partecipazione in proporzione del patrimonio sociale.
Il trasferimento delle partecipazioni è valido ed efficace tra le parti per effetto del semplice
consenso e ha effetto di fronte alla società dal momento dell'iscrizione nel libro dei soci. Per i
trasferimenti fra vivi, l'atto di trasferimento, con sottoscrizione autenticata, deve essere
depositato entro 30 giorni, a cura del notaio autenticante, presso l'ufficio del registro delle
imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sede sociale. L'iscrizione del trasferimento nel libro
dei soci ha luogo, su richiesta dell'alienante o dell'acquirente, verso esibizione del titolo da cui
risultino il trasferimento e l'avvenuto deposito. Se la quota è alienata con successivi contratti a
più persone, quella tra esse che per prima ha effettuato in buona fede l'iscrizione nel registro
delle imprese è preferita alle altre, anche se il suo titolo è di data posteriore.
In nessun caso la società può acquistare o accettare in garanzia partecipazioni proprie, ovvero
accordare prestiti o fornire garanzia per il loro acquisto o la loro sottoscrizione.
La partecipazione può formare oggetto di espropriazione.
L’assemblea dei soci è un organo eventuale per una serie di decisioni dei soci. L'atto costitutivo
può prevedere che le decisioni dei soci siano adottate mediante consultazione scritta o sulla base
del consenso espresso per iscritto. In tal caso dai documenti sottoscritti dai soci devono risultare
con chiarezza l'argomento oggetto della decisione ed il consenso alla stessa. Le decisioni dei
soci sono prese con il voto favorevole dei soci che rappresentano almeno la metà del capitale
sociale. Per le modificazioni dell'atto costitutivo e la decisione di compiere operazioni che
comportano una sostanziale modificazione dell'oggetto sociale determinato nell'atto costitutivo
o una rilevante modificazione dei diritti dei soci oppure quando lo richiedono uno o più
amministratori o un numero di soci che rappresentano almeno un terzo del capitale sociale, le
decisioni dei soci debbono essere adottate mediante deliberazione assembleare. L'atto
costitutivo determina i modi di convocazione dell'assemblea dei soci. In mancanza la
convocazione è effettuata mediante lettera raccomandata spedita ai soci almeno 8 giorni prima
dell'adunanza nel domicilio risultante dal libro dei soci. la deliberazione s'intende adottata
quando ad essa partecipa l'intero capitale sociale e tutti gli amministratori e sindaci sono
presenti o informati della riunione e nessuno si oppone alla trattazione dell'argomento.
L’assemblea si riunisce presso la sede sociale ed è regolarmente costituita con la presenza di
tanti soci che rappresentano almeno la metà del capitale sociale e delibera a maggioranza
assoluta e, nei casi previsti dai numeri 4) e 5) del secondo comma dell'art. 2479, con il voto
favorevole dei soci che rappresentano almeno la metà del capitale sociale. È ammessa
l’assemblea totalitaria e la deliberazione s'intende adottata quando ad essa partecipa l'intero
capitale sociale e tutti gli amministratori e sindaci sono presenti o informati della riunione e
nessuno si oppone alla trattazione dell'argomento.
Le decisioni dei soci che non sono prese in conformità della legge o dell'atto costitutivo possono
essere impugnate dai soci che non vi hanno consentito, da ciascun amministratore e dal collegio
sindacale entro 90 giorni dalla loro trascrizione nel libro delle decisioni dei soci. Il tribunale,
qualora ne ravvisi l'opportunità e ne sia fatta richiesta dalla società o da chi ha proposto
l'impugnativa, può assegnare un termine non superiore a 180 giorni per l'adozione di una nuova
decisione idonea ad eliminare la causa di invalidità. Le decisioni aventi oggetto illecito o
impossibile e quelle prese in assenza assoluta di informazione possono essere impugnate da
chiunque vi abbia interesse entro 3 anni dalla trascrizione. Possono essere impugnate senza
limiti di tempo le deliberazioni che modificano l'oggetto sociale prevedendo attività impossibili
o illecite.
L’amministrazione della società è affidata a uno o più soci nominati con decisione dei soci che
restano in carica a tempo indeterminato. Quando l'amministrazione è affidata a più persone,
queste costituiscono il consiglio di amministrazione. L'atto costitutivo può tuttavia prevedere
che l'amministrazione sia ad esse affidata disgiuntamente oppure congiuntamente. Qualora sia
costituito un consiglio di amministrazione, l'atto costitutivo può prevedere che le decisioni siano
adottate mediante consultazione scritta o sulla base del consenso espresso per iscritto. La
redazione del progetto di bilancio e dei progetti di fusione o scissione, nonché le decisioni di
aumento del capitale sono in ogni caso di competenza dell'organo amministrativo. Coincide con
quella prevista per la s.p.a. la disciplina del potere di rappresentanza degli amministratori e
quella dell’impugnazione delle decisioni del consiglio adottate col voto determinante di un
amministratore in conflitto d’interessi.
Gli amministratori sono solidalmente responsabili verso la società dei danni derivanti
dall'inosservanza dei doveri ad essi imposti dalla legge e dall'atto costitutivo per
l'amministrazione della società. Sono altresì solidalmente responsabili con gli amministratori, i
soci che hanno intenzionalmente deciso o autorizzato il compimento di atti dannosi per la
società, i soci o i terzi. L'azione di responsabilità contro gli amministratori è promossa da
ciascun socio, il quale può altresì chiedere, in caso di gravi irregolarità nella gestione della
società, che sia adottato provvedimento cautelare di revoca degli amministratori medesimi.
L'atto costitutivo può prevedere, determinandone le competenze e poteri, la nomina di un
collegio sindacale o di un revisore. La nomina del collegio sindacale è obbligatoria se il capitale
sociale non è inferiore a quello minimo stabilito per le s.p.a. o se non ricorrono le condizioni
stabilite per la redazione del bilancio di esercizio in forma abbreviata. Ogni socio non
amministratore ha diritto di avere dagli amministratori notizie dello svolgimento degli affari
sociali e di consultare i libri sociali e i documenti dell’amministrazione.
La redazione del bilancio e la distribuzione degli utili non presenza sostanziali differenze
rispetto alla disciplina della s.p.a..
L'atto costitutivo può attribuire agli amministratori la facoltà di aumentare il capitale sociale,
determinandone i limiti e le modalità di esercizio. Le discipline dell’aumento e della riduzione
reale del capitale sociale e dello scioglimento ricalcano quelle della s.p.a..
Capitolo XII: Le società cooperative
Le società cooperative sono società a capitale variabile che si caratterizzano per lo specifico
scopo perseguito nello svolgimento dell’attività d’impresa: lo scopo mutualistico. La
Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini
di speculazione privata. La legge ne promuove e favorisce l’incremento con i mezzi più idonei e
ne assicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità.
Le società cooperative possono fornire a terzi le medesime prestazioni che formano oggetto
della gestione a favore dei soci. Ciò è finalizzato alla produzione di utili: può essere attività
oggettivamente lucrativa. Lo scopo mutualistico può coesistere con un’attività con terzi
produttiva di utili. Incompatibile con lo scopo mutualistico è e resta l’integrale distribuzione ai
soci degli utili prodotti della cooperativa.
La società cooperativa di medie e grandi dimensioni utilizza la disciplina della s.p.a., quella di
piccole dimensione utilizza la disciplina della s.r.l..
Per procedere alla costituzione di una società cooperativa è necessario che i soci siano almeno 9.
Può essere costituita una società cooperativa da almeno 3 soci quando i medesimi sono persone
fisiche e la società adotta le norme della s.r.l.. Se successivamente alla costituzione il numero
dei soci diviene inferiore a quello stabilito, esso deve essere integrato nel termine massimo di un
anno, trascorso il quale la società si scioglie e deve essere posta in liquidazione. La legge
determina il numero minimo di soci necessario per la costituzione di particolari categorie di
cooperative. Non possono in ogni caso divenire soci quanti esercitano in proprio imprese
identiche o affini con quella della cooperativa, ma ciò non vale per i soci sovventori.mpresa: lo
scopo mutualistico. rizzano per lo specifico scopo perseguito nello svolgimento dell'
Il procedimento di costituzione ricalca quello della s.p.a. o s.r.l.. La società deve costituirsi per
atto pubblico. L'atto costitutivo stabilisce le regole per lo svolgimento dell'attività mutualistica e
può prevedere che la società svolga la propria attività anche con terzi. Le indicazioni coincidono
con quelle stabilite per la s.p.a.. È necessario inserire la indicazione specifica dell'oggetto
sociale con riferimento ai requisiti e agli interessi dei soci, i requisiti per l'ammissione dei nuovi
soci e la relativa procedura, secondo criteri non discriminatori coerenti con lo scopo
mutualistico e l'attività economica svolta, le condizioni per l'eventuale recesso o per la
esclusione dei soci, le regole per la ripartizione degli utili e i criteri per la ripartizione dei
ristorni. La denominazione sociale, in qualunque modo formata, deve contenere l'indicazione di
società cooperativa. Le società cooperative a mutualità prevalente devono indicare negli atti e
nella corrispondenza il numero di iscrizione presso l'albo delle cooperative a mutualità
prevalente. L’atto costitutivo dev’essere iscritto nel registro delle imprese e con l’iscrizione
acquista personalità giuridica.
La disciplina dei conferimenti e delle prestazioni accessorie è identica a quella per la s.p.a. o
s.r.l. a seconda della dimensione della società. Nelle società cooperative per le obbligazioni
sociali risponde soltanto la società con il suo patrimonio. Il socio che non esegue in tutto o in
parte il pagamento delle quote o delle azioni sottoscritte può, previa intimazione da parte degli
amministratori, essere escluso. Il socio che cessa di far parte della società risponde verso questa
per il pagamento dei conferimenti non versati, per un anno dal giorno in cui il recesso, la
esclusione o la cessione della quota si è verificata. Se entro un anno dallo scioglimento del
rapporto associativo si manifesta l'insolvenza della società, il socio uscente è obbligato verso
questa nei limiti di quanto ricevuto per la liquidazione della quota o per il rimborso delle azioni.
Il creditore particolare del socio cooperatore, finché dura la società, non può agire
esecutivamente sulla quota e sulle azioni del medesimo.
I soci sovventori sono soci non specificatamente interessati alle prestazioni mutualistiche ed il
loro ruolo è elusivamente quello di apportare il capitale di rischio necessario per lo svolgimento
dell’attività della cooperativa. I loro conferimenti sono rappresentati da azioni o quote
nominative liberamente trasferibili. L’atto costitutivo può stabilire particolari condizioni a
favore dei soci sovventori per la ripartizione degli utili e la liquidazione delle quote o delle
azioni. Il tasso di remunerazione non può essere maggiorato più del 2% rispetto a quello
previsto per i soci cooperatori. L’atto costitutivo può attribuire a ciascun socio sovventore
massimo 5 voti. I voti attribuibili ai sovventori non possono mai superare un terzo dei voti
spettanti a tutti i soci. I soci sovventori possono essere nominati amministratori ma la
maggioranza degli amministratori dev’essere costituita dai soci cooperatori.
Le azioni di partecipazione cooperativa sono simili alle azioni di risparmio: sono prive di diritto
di voto e sono privilegiate nella ripartizione degli utili e nel rimborso del capitale. Possono
essere emesse per un ammontare non superiore al valore delle riserve indivisibili o del
patrimonio netto risultante dall’ultimo bilancio. Devono essere offerte in opzione per almeno la
metà ai soci ed ai lavoratori dipendenti della cooperativa. Possono essere emesse al portatore se
interamente liberate. Le azioni di partecipazione assicurano ex lege una partecipazione agli utili
maggiorata del 2% rispetto a quella delle quote o delle azioni dei cooperatori, hanno diritto di
prelazione nel rimborso del capitale per l’intero valore nominale, in sede di scioglimento della
società, le perdite incidono sulle stesse solo per la parte che eccede il valore nominale
complessivo delle altre azioni o quote.
L’organizzazione di gruppo si articola nell’assemblea speciale di categoria e nel rappresentante
comune.
Alle società cooperative è stata consentita anche l’emissione di obbligazioni per la raccolta di
capitale di prestito. Il limite all’emissione è l’ammontare del capitale versato e delle riserve
risultanti dall’ultimo bilancio approvato. Tutte le cooperative possono emettere strumenti
finanziari come la s.p.a.. L'atto costitutivo stabilisce i diritti di amministrazione o patrimoniali
attribuiti ai possessori degli strumenti finanziari e le eventuali condizioni cui è sottoposto il loro
trasferimento. Ai possessori di strumenti finanziari non può essere attribuito più di un terzo dei
voti spettanti all’insieme degli altri soci presenti. Per gli strumenti senza voto è prevista
un’organizzazione a tutela dei relativi interessi. La cooperativa cui si applicano le norme sulla
s.r.l. può offrire in sottoscrizione strumenti privi di diritti di amministrazione solo a investitori
qualificati.
Gli organi delle società cooperative disciplinati dalle norme sulla s.p.a. sono gli stessi della
s.p.a. ed identico è il riparto di funzioni, ma ci sono alcune diversità:
a Ciascun socio cooperatore ha un solo voto, qualunque sia il valore della quota o il
numero delle azioni possedute. Solo ai soci persone giuridiche possono essere attribuiti
massimo 5 voti, in relazione dell’ammontare della quota o delle azioni, oppure al
numero dei loro membri. L'atto costitutivo determina i limiti al diritto di voto degli
strumenti finanziari offerti in sottoscrizione ai soci cooperatori. Nelle cooperative di
produzione l'atto costitutivo può prevedere che il diritto di voto sia attribuito in ragione
della partecipazione allo scambio mutualistico, ma nessun socio può esprimere più di un
decimo dei voti;
b Nelle assemblee hanno diritto di voto coloro che risultano iscritti da almeno 90 giorni
nel libro dei soci;
c Il socio può farsi rappresentare solo da un altro socio. Ciascun socio può rappresentare
sino ad un massimo di 10 soci;
d L'atto costitutivo può prevedere che il voto venga espresso per corrispondenza, ovvero
mediante altri mezzi di telecomunicazione. In tal caso l'avviso di convocazione deve
contenere per esteso la deliberazione proposta;
e I quorum costitutivi e deliberativi vanno calcolati secondo il numero dei voti spettanti
per testa ai soci;
f L'atto costitutivo delle società cooperative può prevedere lo svolgimento di assemblee
separate, anche rispetto a specifiche materie ovvero in presenza di particolari categorie
di soci. Lo svolgimento di assemblee separate deve essere previsto quando la società
cooperativa ha più di 3000 soci e svolge la propria attività in più province ovvero se ha
più di 500 soci e si realizzano più gestioni mutualistiche. Le assemblee separate
deliberano sulle stesse materie che formeranno oggetto dell’assemblea generale ed
eleggono dei soci-delegati che parteciperanno a quest’ultima. L’assemblea generale è
costituita dai delegati designati dalle assemblee separate e delibera definitivamente sulle
materie dell’ordine del giorno. Le deliberazioni della assemblea generale possono
essere impugnate anche dai soci assenti e dissenzienti nelle assemblee separate quando,
senza i voti espressi dai delegati delle assemblee separate irregolarmente tenute,
verrebbe meno la maggioranza richiesta per la validità della deliberazione. Le
deliberazioni delle assemblee separate non possono essere autonomamente impugnate.
Le società cooperative sono sottoposte alle autorizzazioni, alla vigilanza e agli altri controlli
sulla gestione previsti dalle leggi speciali al fine di assicurare il regolare funzionamento
amministrativo e contabile delle stesse ed il rispetto delle condizioni richieste per la concessione
delle agevolazioni tributarie e creditizie. Per alcune cooperative la vigilanza spetta al Ministero
del Lavoro ed è esercitata tramite ispezioni ordinarie e straordinarie disposte ogni qualvolta se
ne ravvisa l’opportunità. In caso di irregolare funzionamento delle società cooperative, l'autorità
governativa può revocare gli amministratori e i sindaci, e affidare la gestione della società ad un
commissario, determinando i poteri e la durata. L'autorità di vigilanza può sciogliere le società
cooperative e gli enti mutualistici che non perseguono lo scopo mutualistico o non sono in
condizione di raggiungere gli scopi per cui sono stati costituiti o che per 2 anni consecutivi non
hanno depositato il bilancio di esercizio o non hanno compiuto atti di gestione.
La formazione del bilancio è assoggettata alla disciplina delle s.p.a.. Le cooperative più grandi
devono sottoporre il bilancio a revisione obbligatoria da parte di una società di revisione.
Qualunque sia l'ammontare del fondo di riserva legale, deve essere a questo destinato almeno il
30% degli utili netti annuali. Una quota degli utili netti annuali (3%) deve essere corrisposta ai
fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione, nella misura e con le
modalità previste dalla legge. Sono indivisibili le riserve che per disposizione di legge o dello
statuto non possono essere ripartite tra i soci, neppure in caso di scioglimento della società. Le
riserve indivisibili possono essere utilizzate per la copertura di perdite solo dopo che sono
esaurite le riserve che la società aveva destinato ad operazioni di aumento di capitale e quelle
che possono essere ripartite tra i soci in caso di scioglimento della società. Per le cooperative a
mutualità prevalente, devono essere previsti negli statuti:
a il divieto di distribuire i dividendi in misura superiore all'interesse massimo dei buoni
postali fruttiferi, aumentato di 2 punti e mezzo rispetto al capitale effettivamente
versato;
b il divieto di remunerare gli strumenti finanziari offerti in sottoscrizione ai soci
cooperatori in misura superiore a 2 punti rispetto al limite massimo previsto per i
dividendi;
c il divieto di distribuire le riserve fra i soci cooperatori;
d l'obbligo di devoluzione, in caso di scioglimento della società, dell'intero patrimonio
sociale, dedotto soltanto il capitale sociale e i dividendi eventualmente maturati, ai fondi
mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione.
In tutte le cooperative possono essere distribuiti dividendi, acquistate proprie quote o azioni
ovvero assegnate ai soci le riserve divisibili se il rapporto tra il patrimonio netto e il
complessivo indebitamento della società è
superiore ad un quarto. Il divieto non si applica nei confronti dei possessori di strumenti
finanziari. La quota di utili che residua se non assegnata dev’essere destinata a fini mutualistici.
Dagli utili vanno tenuti distinti i ristorni che costituiscono rimborso ai soci di parte del prezzo
pagato per i beni o servizi acquistati dalla cooperativa a prezzo di mercato, ovvero integrazione
della retribuzione corrisposta. Le cooperative devono riportare separatamente nel bilancio i dati
relativi all'attività svolta con i soci, distinguendo eventualmente le
diverse gestioni mutualistiche. L'assemblea può deliberare la ripartizione dei ristorni a ciascun
socio anche mediante aumento proporzionale delle rispettive quote o con l'emissione di nuove
azioni.
Le società cooperative sono società a capitale variabile. Nelle società cooperative l'ammissione
di nuovi soci, non importa modificazione dell'atto costitutivo. La società può deliberare aumenti
di capitale con modificazione dell'atto costitutivo. L'ammissione di un nuovo socio è fatta con
deliberazione degli amministratori su domanda dell'interessato. La deliberazione di ammissione
deve essere comunicata all'interessato e annotata a cura degli amministratori nel libro dei soci. Il
nuovo socio deve versare, oltre l'importo della quota o delle azioni, il soprapprezzo
eventualmente determinato dall'assemblea in sede di approvazione del bilancio su proposta dagli
amministratori. Il consiglio di amministrazione deve entro 60 giorni motivare la deliberazione di
rigetto della domanda di ammissione e comunicarla agli interessati. L'atto costitutivo può
prevedere, determinandone i diritti e gli obblighi, l'ammissione del nuovo socio cooperatore in
una categoria speciale in ragione dell'interesse alla sua formazione ovvero del suo inserimento
nell'impresa. I soci ammessi alla categoria speciale non possono in ogni caso superare un terzo
del numero totale dei soci cooperatori. Al termine di un periodo comunque non superiore a 5
anni il nuovo socio è ammesso a godere i diritti che spettano agli altri soci cooperatori.
Costituiscono cause di riduzione del numero dei soci e del capitale:
● Recesso
Il socio cooperatore può recedere dalla società nei casi previsti dalla legge e dall'atto costitutivo.
Il recesso non può essere parziale. La dichiarazione di recesso deve essere comunicata con
raccomandata alla società. Gli amministratori devono esaminarla entro 60 giorni dalla ricezione.
Se non sussistono i presupposti del recesso, gli amministratori devono darne immediata
comunicazione al socio, che entro 60 giorni dal ricevimento della comunicazione, può proporre
opposizione innanzi il tribunale. Il recesso ha effetto per quanto riguarda il rapporto sociale
dalla comunicazione del provvedimento di accoglimento della domanda. Ove la legge o l'atto
costitutivo non preveda diversamente, per i rapporti mutualistici tra socio e società il recesso ha
effetto con la chiusura dell'esercizio in corso, se comunicato 3 mesi prima, e, in caso contrario,
con la chiusura dell'esercizio successivo.
● Esclusione
Il socio che non esegue in tutto o in parte il pagamento delle quote o delle azioni sottoscritte
può, previa intimazione da parte degli amministratori, essere escluso. Ciò può aver luogo anche:
1 nei casi previsti dall'atto costitutivo;
2 per gravi inadempienze delle obbligazioni che derivano dalla legge, dal contratto
sociale, dal regolamento o dal rapporto mutualistico;
3 per mancanza o perdita dei requisiti previsti per la partecipazione alla società;
4 nei casi previsti dall'art. 2286;
5 nei casi previsti dall'art. 2288, primo comma.
L'esclusione deve essere deliberata dagli amministratori o, se l'atto costitutivo lo prevede,
dall'assemblea. Contro la deliberazione di esclusione il socio può proporre opposizione al
tribunale, nel termine di 60 giorni dalla comunicazione. Qualora l'atto costitutivo non preveda
diversamente, lo scioglimento del rapporto sociale determina anche la risoluzione dei rapporti
mutualistici pendenti.
● Morte
In caso di morte del socio, gli eredi hanno diritto alla liquidazione della quota o al rimborso
delle azioni. L'atto costitutivo può prevedere che gli eredi provvisti dei requisiti per
l'ammissione alla società subentrino nella partecipazione del socio deceduto. In caso di pluralità
di eredi, questi debbono nominare un rappresentante comune, salvo che la quota sia divisibile e
la società consenta la divisione.
La liquidazione della partecipazione sociale, eventualmente ridotta in proporzione alle perdite
imputabili al capitale, avviene sulla base dei criteri stabiliti nell'atto costitutivo assumendo come
base il bilancio dell’esercizio in cui il rapporto si scioglie limitatamente al socio. Salvo diversa
disposizione, la liquidazione comprende anche il rimborso del soprapprezzo, ove versato ed il
pagamento deve essere fatto entro 180 giorni dall'approvazione del bilancio.
Il contratto con cui più cooperative appartenenti anche a categorie diverse regolano, anche in
forma consortile, la direzione e il coordinamento delle rispettive imprese (gruppo cooperativo
paritetico) deve indicare:
1 la durata;
2 la cooperativa o le cooperative cui è attribuita la direzione del gruppo, indicandone i
relativi poteri;
3 l'eventuale partecipazione di altri enti pubblici e privati;
4 i criteri e le condizioni di adesione e di recesso dal contratto;
5 i criteri di compensazione e l'equilibrio nella distribuzione dei vantaggi derivanti
dall'attività comune.
La cooperativa può recedere dal contratto senza che ad essa possano essere imposti oneri di
alcun tipo qualora, per effetto dell'adesione al gruppo, le condizioni dello scambio risultino
pregiudizievoli per i propri soci. Le cooperative aderenti ad un gruppo sono tenute a depositare
in forma scritta l'accordo di partecipazione presso l'albo delle società cooperative.
La società cooperativa si scioglie per le cause previste per le società di capitali con la sola
differenza che solo la perdita totale del capitale è causa di scioglimento. Sono specifiche cause
la riduzione dei soci al di sotto del numero minimo di 9 (o 3) se questo non è reintegrato entro
un anno e la liquidazione coatta amministrativa disposta dall’autorità governativa. In caso di
irregolarità o di eccessivo ritardo nello svolgimento della liquidazione ordinaria di una società
cooperativa, l'autorità governativa può sostituire i liquidatori o, se questi sono stati nominati
dall'autorità giudiziaria, può chiederne la sostituzione al tribunale.
Le mutue assicuratrici sono società cooperative caratterizzate dalla stretta interdipendenza che
per legge esiste fra la qualità di socio e la qualità di assicurato: non si può acquistare la qualità
di socio, se non assicurandosi presso la società, e si perde la qualità di socio con l'estinguersi
dell'assicurazione. Le obbligazioni sono garantite dal patrimonio sociale. I soci sono tenuti al
pagamento dei contributi fissi o variabili, entro il limite massimo determinato dall'atto
costitutivo. L'atto costitutivo può prevedere la costituzione di fondi di garanzia per il pagamento
delle indennità, mediante speciali conferimenti da parte di assicurati o di terzi, attribuendo
anche a questi ultimi la qualità di socio. L'atto costitutivo può attribuire a ciascuno dei soci
sovventori più voti, ma non oltre 5, in relazione all'ammontare del conferimento. I voti attribuiti
ai soci sovventori, come tali, devono in ogni caso essere inferiori al numero dei voti spettanti ai
soci assicurati. I soci sovventori possono essere nominati amministratori. La maggioranza degli
amministratori deve essere costituita da soci assicurati.
Capitolo XIII: Trasformazione. Fusione e scissione
LA TRASFORMAZIONE
La trasformazione omogenea è il cambiamento del tipo di società, il passaggio da un tipo ad un
altro di società. Con questa cambia l’assetto organizzativo della società per adattarsi alle nuove
esigenze sopravvenute durante la vita della stessa e non si ha l’estinzione della società
preesistente e la nascita di una nuova società: è la stessa società che continua a vivere in una
rinnovata veste giuridica e che conserva i diritti e gli obblighi e prosegue in tutti i rapporti anche
processuali dell'ente che ha effettuato la trasformazione. È vietata la trasformazione di una
società cooperativa a mutualità prevalente in società lucrativa anche se deliberata all’unanimità.
È consentita la trasformazione delle altre cooperative in società lucrative o in consorzi e la
trasformazione di società di capitali in cooperative. Può farsi luogo alla trasformazione anche in
pendenza di procedura concorsuale, purché non vi siano incompatibilità con le finalità o lo stato
della stessa.
LA FUSIONE
La fusione è l’unificazione di 2 o più società in una sola che consente di ampliarne la
dimensione e la competitività sul mercato. Da’ luogo ad una concentrazione giuridica ed
economica. Può essere realizzata:
a con la costituzione di una nuova società che prende il posto di tutte le società che si
fondono (fusione in senso stretto);
b mediante assorbimento in una società preesistente di una o più altre società (fusione per
incorporazione).
La fusione può avere luogo fra società dello stesso tipo, fra società di tipo diverso e fra società
ed enti di tipo diverso nei limiti consentiti. La fusione fra società eterogenee comporta la
trasformazione di una o più delle società che si fondono. La fusione non è consentita alle società
in stato di liquidazione e che abbiano già iniziato la distribuzione dell’attivo. La società che
risulta dalla fusione o quella incorporante assumono i diritti e gli obblighi delle società
partecipanti alla fusione, proseguendo in tutti i loro rapporti, anche processuali, anteriori alla
fusione.
L'organo amministrativo delle società partecipanti alla fusione redige un progetto di fusione, dal
quale devono in ogni caso risultare:
1 il tipo, la denominazione o ragione sociale, la sede delle società partecipanti alla
fusione;
2 l'atto costitutivo della nuova società risultante dalla fusione o di quella incorporante,
con le eventuali modificazioni derivanti dalla fusione;
3 il rapporto di cambio delle azioni o quote, nonché l'eventuale conguaglio in danaro;
Il progetto di fusione dev’essere iscritto nel registro delle imprese del luogo ove hanno sede le
società partecipanti alla fusione. È prescritta la redazione preventiva di altri 3 documenti:
1 la situazione patrimoniale
deve essere redatto dall’organo amministrativo delle società partecipanti alla fusione, con
l'osservanza delle norme sul bilancio d'esercizio. La sua funzione è di fornire ai creditori sociali
informazioni aggiornate per il consapevole esercizio del diritto di opposizione alla fusione.
2 la relazione degli amministratori
è una relazione predisposta dall'organo amministrativo delle società partecipanti alla fusione che
illustra e giustifica, sotto il profilo giuridico ed economico, il progetto di fusione e in particolare
il rapporto di cambio delle azioni o delle quote.
3 la relazione degli esperti
è una relazione redatta da uno o più esperti per ciascuna società, sulla congruità del rapporto di
cambio delle azioni o delle quote e deve contenere un parere sull'adeguatezza del metodo o dei
metodi seguiti per la determinazione del rapporto di cambio.
Il progetto di fusione, le relazioni degli amministratori e degli esperti, le situazioni patrimoniali
delle società ed i loro bilanci degli ultimi 3 esercizi devono restare depositati in copia nella sede
delle società partecipanti alla fusione, durante i 30 giorni che precedono la decisione in ordine
alla fusione, salvo che i soci rinuncino al termine con consenso unanime, e finché la fusione sia
decisa. I soci hanno diritto di prendere visione di questi documenti e di ottenerne gratuitamente
copia.
Sono ammesse semplificazioni in determinati casi.
La fusione è decisa da ciascuna delle società che vi partecipano mediante approvazione del
relativo progetto. La decisione di fusione può apportare al progetto le modifiche che non
incidono sui diritti dei soci o dei terzi. Per l’approvazione vanno rispettate le norme dettate per
le modificazioni dell’atto costitutivo. Nelle società di persone è sufficiente la maggioranza dei
soci calcolata secondo la parte attribuita a ciascuno negli utili. Al socio che non abbia consentito
alla fusione è riconosciuto diritto di recesso dalla società. Nelle società di capitali la fusione
dev’essere deliberata dall’assemblea straordinaria con le normali maggioranze. In caso di
fusione eterogenea i soci che non hanno concorso alla deliberazione avranno diritto di recesso
che però è riconosciuto in caso di fusione omogenea solo per la s.r.l..
La deliberazione di fusione delle società deve essere depositata per l'iscrizione nel registro delle
imprese, insieme con i documenti
La fusione può essere attuata solo dopo 60 giorni dall’iscrizione nel registro delle imprese
dell’ultima delibera delle società che vi partecipano. Entro tale termine ciascun creditore
anteriore alla pubblicazione del progetto può proporre opposizione alla fusione. Il tribunale può
disporre, in caso di opposizione, che la fusione abbia ugualmente luogo. La garanzia non è
necessaria se la relazione degli esperti asseveri che la situazione patrimoniale e finanziaria delle
partecipanti non la rende necessaria. Se alla fusione partecipano società con soci a responsabilità
illimitata e la società risultante è una società di capitali, resta ferma la responsabilità personale
dei soci delle prime per le obbligazioni anteriori alla fusione. La liberazione degli stessi potrà
aversi solo col consenso dei creditori.
LA SCISSIONE
Con la scissione il patrimonio di una società è scomposto e trasferito in tutto o in parte ad altre
società con contestuale assegnazione ai soci della prima di azioni o quote della società
beneficiarie del trasferimento patrimoniale. La scissione può essere totale o parziale. Nella
scissione totale l’intero patrimonio della società che si scinde viene trasferito a più società. La
prima società si estingue senza che si abbia liquidazione. Nella scissione parziale solo parte del
patrimonio della società che si scinde viene trasferita ad una o a più altre società. La scissa resta
in vita. Beneficiarie della scissione possono essere società di nuova costituzione e una o più
società preesistenti. Alla scissione non possono partecipare società in liquidazione che abbiano
iniziato la distribuzione dell’attivo.
L'organo amministrativo delle società partecipanti alla scissione redige un progetto sottoposto
alla stessa pubblicità prevista per il progetto di fusione. Il progetto di scissione deve anche
contenere l’esatta descrizione degli elementi patrimoniali da trasferire e dell’eventuale
conguaglio in denaro e i criteri di distribuzione ai soci delle azioni o quote delle società
beneficiarie. Nella scissione totale le attività d’incerta attribuzione sono ripartite fra le società
beneficiarie in proporzione della quota di patrimonio netto trasferita a ciascuna di esse. Delle
passività di dubbia imputazione rispondono in solido tutte le società beneficiarie. Nella
scissione parziale le relative attività restano in testa alla società trasferente. Delle passività
rispondono in solido sia questa che le beneficiarie. Non è fatto obbligo alla società che si scinde
di attribuire a ciascun socio un pacchetto assortito di azioni o quote di tutte le beneficiarie della
scissione. I soci che non approvano la scissione possono far acquistare le loro azioni dai soggetti
indicati nel progetto di scissione per un corrispettivo determinato secondo le norme in tema di
recesso. L'organo amministrativo delle società partecipanti alla scissione redige la situazione
patrimoniale e la relazione ma con il consenso unanime dei soci e dei possessori di altri
strumenti finanziari che danno diritto di voto nelle società partecipanti alla scissione l'organo
amministrativo può essere esonerato dalla redazione dell’ultima. Se beneficiarie sono società di
nuova costituzione l’atto di scissione da redigere per atto pubblico vale anche come atto
costitutivo delle stesse. La scissione diviene efficace a partire dalla data in cui è stata eseguita
l’ultima iscrizione dell’atto di scissione nel registro delle imprese. Ciascuna società è
solidalmente responsabile, nei limiti del valore effettivo del patrimonio netto ad essa assegnato
o rimasto, dei debiti della società scissa non soddisfatti dalla società cui fanno carico.
Parte 3 – Titoli di credito. Procedure
concorsuali.
Capitolo XIX: I titoli di credito in generale
La funzione dei titoli di credito è quella di rendere più semplice, rapida e sicura la circolazione
dei diritti di credito, neutralizzando i rischi e gli inconvenienti che al riguardo presenta la
disciplina della cessione del credito. Essendo le regole di circolazione dei beni mobili più sicure
e semplici, si è creato un modello che consenta di far circolare i crediti secondo regole analoghe
a quelle che governano la circolazione dei beni mobili. La finzione giuridica ritiene che oggetto
di circolazione è il documento anziché il diritto menzionato, mentre in realtà è l’opposto. Nel
titolo di credito il diritto è incorporato nel documento e si concretizza in 4 principi cardine:
1 Principio dell’autonomia in sede di circolazione del diritto cartolare (art. 1994 c.c.): chi
acquista la proprietà del documento diventa titolare del diritto in esso menzionato anche
se ha acquistato il titolo a non domino, purché sia in buona fede ed entri in possesso del
titolo. Ciò consente di neutralizzare il rischio che chi trasferisce il credito non sia
titolare dello stesso;
2 Principi della letteralità e dell’autonomia in sede di esercizio del diritto cartolare (art.
1993 c.c.): chi acquista un titolo di credito acquista un diritto il cui contenuto è
determinato esclusivamente dal tenore letterale del documento. Acquista un diritto che è
di regola immune dalle eccezioni fondate sui rapporti personali intercorsi fra debitore e
precedenti possessori del titolo. Ciò consente di superare il rischio di vedersi opposte
tutte le eccezioni che il debitore poteva opporre al cedente;
3 Principio della legittimazione: chi ha conseguito il possesso materiale del titolo di
credito nelle forme prescritte dalla legge è legittimato all’esercizio del diritto cartolare.
Pegno, sequestro, pignoramento devono essere effettuati sul titolo e non hanno effetto se non
risultano dal titolo (art. 1997 c.c.).
Il titolo di credito è un documento necessario e sufficiente per la costituzione, la circolazione e
l’esercizio del diritto letterale ed autonomo in esso incorporato.
Titolare del diritto cartolare è il proprietario del titolo, legittimato al suo esercizio è il possessore
del titolo nelle forme prescritte dalla legge. Di solito queste 2 figure circolano congiuntamente e
coincidono nella stessa persona.
Ci possono essere 3 tipi di circolazione:
a Circolazione regolare
Il titolo viene trasferito dall’attuale proprietario ad altro soggetto in forza di un valido negozio
di trasmissione, che di regola trova fondamento in un preesistente rapporto causale fra le parti.
Chi trasferisce la proprietà del titolo dovrà consegnarlo ed adempiere le eventuali altre formalità
necessarie per attribuire all’acquirente la legittimazione all’esercizio del relativo diritto. Il solo
consenso è sufficiente per il trasferimento della proprietà del titolo ed il conseguente acquisto
della titolarità del diritto;
b Circolazione irregolare
La circolazione del titolo non è sorretta da un valido negozio di trasferimento. Se il titolo viene
rubato, il ladro non acquista la proprietà e la titolarità del diritto ma ha la possibilità di
esercitarlo e di far circolare ulteriormente il titolo. Chi ha perso il titolo può esercitare azione di
rivendicazione e, se si tratta di titoli all’ordine o nominativi, ottenere un surrogato del titolo
smarrito o distrutto. Tutto ciò finquando il titolo non perviene nelle mani di un terzo in buona
fede (art. 1994 c.c.: ―Chi ha acquistato in buona fede il possesso di un titolo di credito, in
conformità delle norme che ne disciplinano la circolazione, non è soggetto a rivendicazione.‖).
Quindi purché si perfezioni l’acquisto a non domino di un titolo di credito devono ricorrere 3
presupposti: un negozio astrattamente idoneo a trasferire la proprietà del titolo, l’investitura
dell’acquirente nel possesso del titolo con l’osservanza delle formalità prescritte dalla relativa
legge di circolazione e la buona fede dell’acquirente;
c Circolazione impropria
La circolazione avviene nella forma e con gli effetti della cessione e l’oggetto immediato del
trasferimento è il diritto cartolare non la proprietà del titolo.
I documenti di legittimazione servono solo a identificare l'avente diritto alla prestazione. I titoli
impropri servono a consentire il trasferimento del diritto senza l'osservanza delle forme proprie
della cessione ma con gli effetti di quest’ultimo. A questi 2 non è applicabile la disciplina dei
titoli di credito ma solo l’art. 1992.
Capitolo XXIV: Il fallimento
LA DICHIARAZIONE DI FALLIMENTO
I presupposti per la dichiarazione di fallimento sono:
a la qualità di imprenditore commerciale non piccolo del debitore;
b lo stato d’insolvenza dello stesso.
Il fallimento è sostituito dalla liquidazione coatta amministrativa per alcune categorie di
imprenditori commerciali individuate da leggi speciali. Cede il passo all’amministrazione
straordinaria delle grandi imprese in stato d’insolvenza quando ricorrono i presupposti specifici
per l’applicazione di tale procedura.
L’imprenditore versa in stato d’insolvenza quando non è più in grado di soddisfare regolarmente
le proprie obbligazioni. Presupposto oggettivo è una situazione patologica ed irreversibile che
coinvolge l’intero patrimonio dell’imprenditore e non gli consente di soddisfare le obbligazioni
assunte.
L’insolvenza si manifesta di regola con l’inadempimento di una o più obbligazioni o attraverso
fattori esteriori. Insolvenza è una situazione del patrimonio del debitore. Inadempimento è un
fatto che rileva come uno dei possibili indici dello stato d’insolvenza.
2 Il giudice delegato
Dirige le operazioni del fallimento e vigila sull’operato del curatore e di chiunque presti la
propria opera nell’interesse del fallimento. Le sue funzioni sono:
c nominare il comitato dei creditori;
d procedere alla formazione dello stato passivo del fallimento e renderlo esecutivo con
proprio decreto;
e autorizzare il curatore a compiere gli atti di straordinaria amministrazione ed a stare in
giudizio;
f decidere sui reclami contro gli atti del curatore;
g adottare provvedimenti urgenti per la conservazione del patrimonio.
Tutti i provvedimenti del giudice delegato sono adottati con decreto. Contro i decreti tutti
possono opporsi dinanzi al tribunale fallimentare entro 3 giorni. Il reclamo non sospende
l’esecuzione ma costituisce il solo rimedio contro i decreti del giudice delegato.
3 Il curatore
È l’organo preposto all’amministrazione del patrimonio fallimentare sotto la direzione del
giudice delegato. Ha la qualità di pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni. Entro 1
mese dalla dichiarazione di fallimento il curatore deve presentare al giudice delegato una
relazione particolareggiata sulle cause del dissesto e sulle eventuali responsabilità del fallito. La
funzione centrale del curatore è di conservare, gestire e realizzare il patrimonio fallimentare. Per
alcuni atti è necessaria l’autorizzazione scritta del giudice delegato. La delega delle attribuzioni
è ammessa solo per singole operazioni. Il curatore deve adempiere con diligenza i doveri del
proprio ufficio. È tenuto al risarcimento dei danni causato dalla sua gestione. Contro i suoi atti si
può opporre reclamo al giudice delegato. Contro decreto del giudice è ammesso il ricorso al
tribunale. Il curatore può essere revocato dal tribunale. Ha diritto ad un compenso per l’attività
svolta.
4 Il comitato dei creditori
È composto da 3 o 5 membri scelti fra i creditori, è nominato dal giudice delegato ed ha
funzioni consultive. In alcuni casi il suo parere è obbligatorio e vincolante.
Il fallimento apre il concorso dei creditori sul patrimonio del fallito. Dalla sua data i creditori
del fallito diventano creditori concorsuali che acquistano il diritto di partecipare alla ripartizione
dell’attivo solo in seguito all’accertamento giudiziale del loro credito. I creditori concorsuali si
dividono in:
● creditori chirografari: partecipano solo alla ripartizione dell’attivo fallimentare in
proporzione ai loro crediti;
● creditori privilegiati: hanno diritto di prelazione sul ricavato della vendita del bene
oggetto della loro garanzia per il capitale, gli interessi e le spese;
● creditori della massa: diventano creditori del fallito dopo la dichiarazione del fallimento
per atti legalmente compiuti dagli organi fallimentari e devono essere soddisfatti in
prededuzione.
Con il fallimento all’esecuzione individuale sui beni del debitore, si sostituisce l’esecuzione
collettiva fallimentare. Ogni credito dev’essere accertato giudizialmente nell’ambito del
fallimento, secondo le norme fissate per la formazione dello stato passivo. Dal giorno della
dichiarazione di fallimento nessuna azione esecutiva individuale può essere iniziata o proseguita
sui beni compresi nel fallimento. I creditori garantiti da pegno o assistiti da privilegio speciale
su mobili con diritto di ritenzione possono essere autorizzati dal giudice delegato alla vendita
dei beni vincolanti. Le banche possono iniziare o proseguire l’azione esecutiva individuale sugli
immobili ipotecati a garanzia di operazioni di alcuni tipi di credito.
Tutti i debiti pecuniari del fallito si considerano scaduti agli effetti del concorso alla data di
dichiarazione del fallimento. La dichiarazione di fallimento sospende il corso degli interessi
convenzionali e legali, fino alla chiusura del fallimento. La compensazione dei debiti del fallito
con i creditori è ammessa anche se il credito verso il fallito non è scaduto prima della
dichiarazione di fallimento ma entrambi i crediti devono essere anteriori alla dichiarazione di
fallimento. La compensazione non ha luogo se il credito verso il fallito è stato acquistato per
atto fra vivi dopo la dichiarazione di fallimento o nell’anno anteriore. Il creditore concorre nel
fallimento di ciascuno dei coobbligati per l’intero credito ancora vantato alla data di
dichiarazione di fallimento fino al totale pagamento, ferma restando la possibilità di agire anche
nei confronti dei coobbligati in bonis. I diritti che spettano ai coobbligati verso il fallito, per
effetto dell’azione di regresso, vanno a beneficio del creditore finquando questi non sia
integralmente soddisfatto.
Nel periodo che intercorre tra il momento in cui si manifesta lo stato d’insolvenza e quello in
cui è dichiarato il fallimento, l’imprenditore può aver compiuto una serie di atti che alterano
l’integrità del proprio patrimonio ed arrecano pregiudizio ai creditori. Ciò è risolto con le
disposizioni che regolano l’azione revocatoria. Il curatore, nell’interesse di tutti i creditori, può
ottenere dal giudice che siano dichiarati inefficaci nei confronti dei creditori gli atti di
disposizione del patrimonio coi quali il debitore rechi pregiudizio alle loro ragioni e che si
soddisfino sui relativi beni come se gli stessi non fossero mai usciti dal patrimonio del debitore.
Tutti gli atti posti in essere dall’imprenditore in stato d’insolvenza si presumono pregiudizievoli
per i creditori perché idonei quanto meno ad alterare la par condicio creditorum. Presupposti per
la revocatoria fallimentare sono lo stato d’insolvenza dell’imprenditore e la conoscenza dello
stato d’insolvenza da parte del terzo. Gli atti posti in essere dall’imprenditore uno o due anni
prima della dichiarazione di fallimento si presumono compiuti in stato d’insolvenza. Per alcuni
atti è posta anche una presunzione relativa di conoscenza dello stato d’insolvenza da parte del
terzo. L’atto di disposizione revocato resta valido ma è inefficace nei confronti della massa dei
creditori. All’azione revocatoria fallimentare è applicabile la prescrizione quinquennale ed il
termine comincia a decorrere dalla data di dichiarazione del fallimento. Ci sono alcuni atti
senz’altro privi di effetti nei confronti dei creditori:
h atti a titolo gratuito compiuti nei 2 anni anteriori alla dichiarazione;
i pagamenti di debiti che scadono nel giorno della dichiarazione di fallimento o
successivamente, se compiuti nei 2 anni anteriori alla dichiarazione.
Altri atti sono revocabili in seguito ad azione giudiziaria promossa dal curatore:
a atti per i quali la conoscenza dello stato d’insolvenza si presume: atti anormali di
gestione compiuti nei 2 anni o nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento (atti a
titolo oneroso caratterizzati da una notevole proposizione fra le prestazioni del fallito e
della controparte, pagamenti di debiti effettuati con mezzi anomali di pagamento, pegni,
anticresi ed ipoteche costituite per debiti preesistenti non scaduti, ipoteche giudiziarie
per debiti preesistenti ma scaduti);
b atti per i quali il curatore deve provare che il terzo conosceva lo stato d’insolvenza: atti
a titolo oneroso compiuti nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento.
Sono sottratte dalla disciplina della revocatoria alcune operazioni di finanziamento bancario.
Il fallimento produce degli effetti sui contratti in corso di esecuzione ma essi dipendono dal tipo
di contratto:
1 Contratti che si sciolgono di diritto:
● contratti di borsa su merci o titoli;
● associazione in partecipazione in caso di fallimento dell’associante;
● contratti di conto corrente, mandato e commissione;
● contratto di appalto;
2 Contratti che continuano ma il curatore ne subentra ex lege:
● contratto di locazione di immobili;
● contratto di assicurazione contro i danni in caso di fallimento dell’assicurato;
● contratto di edizione;
● contratto di cessione di crediti d’impresa.
3 Contratti che restano sospesi e il curatore decide se scioglierli o continuarli:
● contratto di vendita (anche a termine e a rate);
● contratto di somministrazione.
Per quanto riguarda i contratti non regolati, ove non occorre l’analogia con le figure regolate,
deve trovare applicazione la più elastica delle 3 regole.
Si può avere una continuazione dell’attività quando ciò è funzionale ad una migliore
liquidazione del complesso aziendale o si spera di venderlo in blocco. Ciò avviene con:
a la continuazione temporanea: è disposta con provvedimento urgente dal tribunale,
sentito il curatore, quando l’interruzione improvvisa può provocare un danno
irreparabile;
b l’esercizio provvisorio: è disposto (e revocato) dal tribunale, solo se il comitato dei
creditori si pronunzia favorevolmente e indica le condizioni di ripresa.
c l’affitto dell’azienda.
La liquidazione dell’attivo inizia dopo che lo stato passivo è stato reso esecutivo. Ad essa
provvede il curatore. Per i beni mobili ci sono varie scelte. La vendita dei beni immobili avviene
di regola all’incanto ma può avvenire senza incanto se il giudice la ritiene più vantaggiosa. Le
somme che si rendono via via disponibili sono ripartite fra i creditori. Si provvede al pagamento
delle spese sostenute. Quanto residua è destinato al pagamento dei creditori concorrenti
ammessi con diritto di prelazione sulle cose vendute. Quanto residua ulteriormente è destinato al
pagamento dei creditori chirografari e privilegiati. Per le ripartizioni parziali il curatore presenta
ogni 2 mesi al giudice delegato un progetto di ripartizione delle somme disponibili. Il giudice
delegato stabilisce con decreto il piano di riparto e lo rende esecutivo. Le ripartizioni parziali
non possono superare i 90% delle somme disponibili. Il 10% va agli imprevisti. Esaurita la
liquidazione, il curatore rende al giudice delegato il conto della sua gestione che dev’essere
approvato. Infine viene liquidato il compenso al curatore e si procede alla ripartizione finale
dell’attivo.
La procedura fallimentare può essere svolta con maggiore semplicità quando l’ammontare
complessivo delle passività non supera £ 1.500.000.
Nei soci a responsabilità limitata il fallimento comporta che il giudice delegato può ingiungere
loro di eseguire i conferimenti ancora dovuti. Nelle società lucrative con soci a responsabilità
illimitata, il fallimento produce anche il fallimento dei soci a responsabilità illimitata. Il
fallimento dei soci consegue automaticamente al fallimento della società. Quest’ultimo
determina anche il fallimento dei soci la cui esistenza è successivamente accertata. Anche la
società occulta e quella apparente sono soggette a fallimento. Il fallimento dei soci può essere
dichiarato solo entro l’anno dallo scioglimento del rapporto sociale.
Al fallimento della società partecipano solo i creditori sociali. Al fallimento dei singoli soci
concorrono sia i creditori sociali che quelli particolari. Il concordato fallimentare della società
ha efficacia anche per i soci e fa chiudere anche i loro fallimenti.
Capitolo XXV: Il concordato preventivo
L’imprenditore che si trova in uno stato d’insolvenza può evitare il fallimento regolando
mediante concordato preventivo i rapporti con i creditori. Ciò può essere attuato prima che sia
dichiarato il fallimento e serve ad evitare lo stesso. È un concordato giudiziale, poiché è
necessaria l’omologazione del tribunale per il suo perfezionamento, e di massa, poiché è
produttivo di effetti per tutti i creditori anteriori. La legge fissa particolari condizioni soggettive
ed oggettive di ammissibilità alla procedura: sono ammessi gli imprenditori meritevoli per aver
svolto in modo corretto la loro attività e che devono poter pagare anche almeno il 40% dei
creditori chirografari. È ammesso l’imprenditore che da almeno un biennio è iscritto nel registro
delle imprese ed ha tenuto una regolare contabilità, nei 5 anni precedenti non è stato dichiarato
fallito o ammesso ad altra procedura di concordato preventivo, non è stato condannato per
bancarotta fraudolenta o per altri delitti simili. Ci sono 2 tipi di concordato:
1 Concordato con garanzia
Il debitore deve offrire serie garanzie reali o personali di pagare per intero i creditori privilegiati
ed almeno il 40% ai creditori chirografari entro 6 mesi dall’omologazione del concordato;
2 Concordato con cessione
Il debitore deve offrire la cessione di tutti i suoi beni assoggettabili.
La procedura inizia con la domanda di ammissione e alcuni allegati del debitore presentata con
ricorso al tribunale. Il tribunale svolge una prima indagine volta ad accertare se ricorrono le
condizioni soggettive ed oggettive richieste dalla legge e valuta la consistenza dell’attivo. Se
l’accertamento ha esito negativo, il tribunale dichiara inammissibile la proposta di concordato e
con sentenza dichiara di ufficio il fallimento. Se ha esito positivo, è dichiarata l’apertura della
procedura, sono designati il giudice delegato ed un commissario giudiziale ed è ordinata la
convocazione dei creditori. Il debitore conserva l’amministrazione dei suoi beni e continua
l’esercizio dell’impresa. È necessaria l’autorizzazione del giudice delegato per gli atti che
eccedono l’ordinaria amministrazione se no sono inefficaci. Gli effetti per i creditori anteriori
sono uguali a quelli del fallimento. Non è applicata la disciplina della revocatoria fallimentare.
Non c’è il preventivo accertamento giudiziario dello stato passivo. Il commissario giudiziale
convoca i creditori sulla base di un elenco del debitore. Il commissario redige l’inventario e una
relazione sul dissesto. L’approvazione del concordato preventivo avviene in apposita adunanza
dei creditori. Ogni contestazione è decisa ai soli fini dell’ammissione al voto e del calcolo delle
maggioranze dal giudice delegato. Il concordato preventivo è approvato se riporta il voto
favorevole della maggioranza dei creditori votanti che rappresentano i due terzi dei crediti
ammessi al voto. Se la proposta è respinta il tribunale dichiara il fallimento. Se le maggioranza
sono raggiunte si apre il giudizio di omologazione dove il tribunale controlla la convenienza
economica per i creditori, la sicurezza delle garanzie offerte o la sufficienza dei beni ceduti e la
meritevolezza dell’imprenditore. Se i risultati sono negativo il tribunale dichiara fallimento, se
no omologa con sentenza il concordato.
Il concordato viene eseguito sotto la sorveglianza del commissario. Nel caso di cessione il
tribunale nomina uno o più liquidatori ed un comitato di creditori per assistere alla liquidazione.
Il concordato può essere risolto o annullato negli stessi casi del concordato fallimentare.
Capitolo XXVI: L’amministrazione controllata
La procedura inizia con la domanda di ammissione rivolta dal debitore al tribunale. Con essa
egli chiede una dilazione dei pagamenti per un periodo massimo di 2 anni nonché il controllo
della gestione della sua impresa e dell’amministrazione dei suoi beni a tutela degli interessi dei
creditori.
Il tribunale controlla se ricorrono le condizioni della legge, valuta la meritevolezza
dell’imprenditore e si pronunzia con decreto non soggetto a reclamo. Se la domanda è accolta,
con lo stesso decreto sono nominati il giudice delegato e il commissario giudiziale, sono
convocati i creditori per la votazione…
L’approvazione dei creditori è disciplinata da norme analoghe del concordato preventivo ma è
sufficiente il voto favorevole della maggioranza dei creditori chirografari che rappresentano la
maggioranza dei crediti e si tiene conto dei voti pervenuti per corrispondenza.
Se la procedura si consolida il giudice delegato nomina 3 o 5 creditori che assistono il
commissario giudiziale; se no cessano gli effetti del decreto di ammissione alla procedura ed il
tribunale può dichiarare fallimento se il dissesto è definitivo ed irreversibile.
L’imprenditore conserva la gestione dell’impresa e l’amministrazione del suo patrimonio sotto
la direzione del giudice delegato e la vigilanza del commissario giudiziale a cui il tribunale può
tuttavia affidarla. I creditori anteriori alla procedura non possono iniziare o proseguire azioni
esecutive sul patrimonio del debitore né possono acquistare diritti di prelazione. Continuano a
decorrere gli interessi legali e convenzionali. I rapporti in corso di svolgimento continuano. In
caso di ammissione alla procedura di una società gli effetti non si estendono ai soci
illimitatamente responsabili.
L’accertamento dello stato passivo, la liquidazione dell’attivo e il riparto del ricavato fra i
creditori concorrenti si svolgono in sede amministrativa. Lo stato passivo è formato d’ufficio dal
commissario liquidatore ed è da lui depositato nella cancelleria del tribunale. A questo punto si
può aprire una fase contenziosa. Alla liquidazione dell’attivo vi provvede il commissario. Per la
sua ripartizione valgono criteri analoghi a quelli dettati per il fallimento. Prima dell’ultimo
riparto il commissario liquidatore deve sottoporre all’autorità amministrativa di vigilanza il
bilancio finale di liquidazione con il conto della gestione ed il piano di riparto fra creditori. In
mancanza di contestazioni il bilancio ed il piano di riparto s’intendono approvati. Il
commissario provvede alla ripartizione finale e all’iscrizione della cancellazione della società
nel registro delle imprese. La liquidazione coatta amministrativa si può concludere anche
mediante concordato ma non è richiesta l’approvazione dei creditori, è approvata direttamente
dal tribunale.
Codice civile Del lavoro
Delle società
Disposizioni generali (2247-2250)
Della società semplice
Disposizioni generali (2251-2252)
Dei rapporti tra i soci (2253-2265)
Dei rapporti con i terzi (2266-2271)
Dello scioglimento della società (2272-2283)
Dello scioglimento del rapporto sociale limitatamente ad un socio (2284-2290)
Della società in nome collettivo (2291-2312)
Della società in accomandita per azioni (2313-2324)
Della società per azioni
Disposizioni generali (2325-2332)
Della costituzione mediante pubblica sottoscrizione (2333-2336)
Dei promotori e soci fondatori (2337-2341)
Dei conferimenti (2342-2345)
Delle azioni (2346-2362)
Degli organi sociali
Dell’assemblea (2363-2379)
Degli amministratori (2380-2396)
Del collegio sindacale (2397-2409)
Delle obbligazioni (2410-2420ter)
Dei libri sociali (2421-2422)
Del bilancio (2423-2435bis)
Delle modificazioni dell’atto costitutivo (2436-2447)
Dello scioglimento della liquidazione (2448-2457)
Bis (2457bis-2457ter)
Delle società con partecipazione dello Stato o di enti pubblici (2458-2460)
Delle società d’interesse nazionale (2461)
Della società in accomandita per azioni (2462-2471)
Della società a responsabilità limitata
Disposizioni generali (2472-2475bis)
Dei conferimenti e delle quote (2476-2483)
Degli organi sociali e dell’amministrazione (2484-2493)
Delle modificazioni dell’atto costitutivo e dello scioglimento (2494-2497bis)
Della trasformazione, della fusione e della scissione delle società
Della trasformazione delle società (2498-2500)
Della fusione delle società (2501-2504sexies)
Della scissione delle società (2504septies-2504decies)
Delle società costituite all’estero od operanti all’estero (2505-2510)
Delle imprese cooperative e delle mutue assicuratrici
Delle imprese cooperative
Disposizioni generali (2511-2517)
Costituzione (2518-2520)
Delle quote e delle azioni (2521-2531)
Degli organi sociali (2532-2536)
Delle modificazioni dell’atto costitutivo (2537-2538)
Dello scioglimento e della liquidazione (2549-2541)
Dei controlli dell’autorità governativa (2542-2545)
Delle mutue assicuratrici (2546-2548)
SCHEMA COMPLETO DI STATO PATRIMONIALE
ATTIVO
A) Crediti verso i soci per versamenti ancora dovuti con separa ta indicazione della parte già richiamata
B) Immobilizzazioni:
I - Immobilizzazioni immateriali:
1)costi di impianto e di ampliamento;
2)costi di ricerca, di sviluppo e di pubblicità;
3)diritti di brevetto industriale e diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno;
4)concessioni, licenze, marchi e diritti simili;
5)avviamento;
6)immobilizzazioni in corso e acconti;
7)altre;
Totale …………………………………………………
Il - Immobilizzazioni materiali:
I) terreni e fabbricati;
2)impianti e macchinario;
3)attrezzature industriali e commerciali;
4)altri beni;
5)immobilizzazioni in corso e acconti;
Totale …………………………………………………
III - Immobilizzazioni finanziarie, con separata indicazione, per ciascuna voce dei crediti, degli importi esigibili entro l’esercizio
successivo:
I) partecipazioni in:
a) imprese controllate;
a) imprese collegate;
c) imprese controllanti;
a altre imprese;
2) crediti:
a) verso imprese controllate;
b) verso imprese collegate;
c) verso controllanti;
a verso altri;
3) altri titoli;
4) azioni proprie, con indicazione anche del valore
nominale complessivo;
Totale………………………………………………….
Totale immobilizzazioni (B)………………………….
C) Attivo circolante:
I - Rimanenze;
1)materie prime, sussidiarie e di consumo;
2)prodotti in corso di lavorazione e semilavorati;
3)lavori in corso su ordinazione;
4)prodotti finiti e merci;
5)acconti;
Totale………………………………………………….
II - Crediti, con separata indicazione, per ciascuna voce, degli importi esigibili oltre l’esercizio:
I)verso clienti;
2)verso imprese controllate;
3)verso imprese collegate;
4)verso controllanti;
4-bis)crediti tributari;
4-ter)imposte anticipate;
5)altri;
Totale………………………………………………….
III - Attività finanziarie che non sono immobilizzazioni:
I) partecipazioni in imprese controllate;
2)partecipazioni in imprese collegate;
3)partecipazioni in imprese controllanti;
4)altre partecipazioni;
5)azioni proprie, con indicazione anche del valore nominale complessivo;
6)altri titoli;
Totale …………………………………………………
IV - Disponibilità liquide:
I) depositi bancari e postali;
2)assegni;
3)denari e valori in cassa;
Totale …………………………………………………
Totale attivo circolante (C) ………………………….
D) Ratei e risconti, con separata indicazione del disaggio su pre stiti
PASSI VO
A) Patrimonio netto:
I -Capitale
II -Riserva da sopraprezzo delle azioni
III -Riserve di rivalutazione
IV -Riserva legale
V-Riserva per azioni proprie in portafoglio
VI - Riserve statutarie
VII-Altre riserve, distintamente indicate
VIII -Utili (perdite) portati a nuovo
XI -Utile (perdita) dell’esercizio
Totale…………………………………………………
B) Fondi per rischi e oneri:
I) per trattamento di quiescenza e obblighi simili;
2)per imposte, anche differite;
3)altri.
Totale …………………………………………………
C) Trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato
D) Debiti, con separata indicazione, per ciascuna voce, degli importi esigibili oltre l’esercizio successivo:
I) obbligazioni;
2) obbligazioni convertibili;
3)debiti verso soci per finanziamenti;
4) debiti verso banche;
5) debiti verso altri finanziatori;
6) acconti;
7) debiti verso fornitori;
8) debiti rappresentati da titoli di credito;
9) debiti verso imprese controllate;
10) debiti verso imprese collegate;
11) debiti verso controllanti;
12) debiti tributari;
13) debiti verso istituti di previdenza e di sicurezza sociale;
14) altri debiti.
Totale ………………………………………………... E)Ratei e risconti, con separata indicazione dell’aggio su
prestiti
SCHEMA COMPLETO DI CONTO ECONOMICO
A) Valore della produzione:
I) ricavi delle vendite e delle prestazioni;
2) variazioni delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione, semilavorati e finiti;
3) variazione dei lavori in corso su ordinazione;
4) incrementi di immobilizzazioni per lavori interni;
5) altri ricavi e proventi, con separata indicazione dei contributi in conto esercizio.
Totale………………………………………………………………………………………………………………………………
………...
CAPO V
Sezione VI – Dell’assemblea
2363 Luogo di convocazione dell’assemblea
2364 Assemblea ordinaria nelle società prive di consiglio di sorveglianza
2364 bis Assemblea ordinaria nelle società con consiglio di sorveglianza
2365 Assemblea straordinaria
2366 Formalità per la convocazione
2367 Convocazione su richiesta di soci
2368 Costituzione dell'assemblea e validità delle deliberazioni
2369 Seconda convocazione e convocazioni successive
2370 Diritto d’intervento all’assemblea ed esercizio del voto
2371 Presidenza dell'assemblea
2372 Rappresentanza nell'assemblea
2373 Conflitto d'interessi
2374 Rinvio dell'assemblea
2375 Verbale delle deliberazioni dell'assemblea
2376 Assemblee speciali
2377 Annullabilità delle deliberazioni
2378 Procedimento d'impugnazione
2379 Nullità delle deliberazioni
2379 bis Sanatoria della nullità
2379 ter Invalidità delle deliberazioni di aumento o di riduzione del capitale e della
emissione di obbligazioni
Sezione XII
2448 Effetti della pubblicazione nel registro delle imprese
CAPO VI
CAPO VII
CAPO IX
CAPO X
CAPO IX
TITOLO VI
Sezione II - Costituzione
2521 Atto costitutivo
2522 Numero dei soci
2523 Deposito dell'atto costitutivo e iscrizione della società
2524 Variabilità del capitale
CAPO II