Sei sulla pagina 1di 13

Capitolo XIV

Il gioco psicologico: una reciproca costruzione del reale1


Susanna Bianchini

Introduzione Il gioco pu essere considerato una delle pi grandi intuizioni di Berne in quanto si riferisce ad una tipica sequenza interattiva, direttamente collegabile con l'equilibrio intrapsichico dei giocatori per cui, attraverso il gioco, i singoli giocatori confermano il proprio copione. Cos facendo stato gettato un ponte tra realt intrapsichica e realt interpersonale. Nel momento in cui il gioco viene visto come la creazione reciproca di un contesto finalizzato a confermare il proprio piano di vita, implicitamente Berne adotta una chiave di lettura sistemica di tale fenomeno interattivo. Infatti non una logica lineare che sostiene la dinamica del gioco in quanto, per es., il gancio non causa l'anello; n la somma di singoli elementi che determina il gioco perch per es. un anello pu svolgere la propria funzione se dispone di un gancio in cui incastrarsi. Quindi nel descrivere la dinamica del gioco, Berne fa implicitamente riferimento ad alcune propriet formali (causalit circolare, non-sommativit) ritenute valide per i sistemi aperti (Watzlawick, Beavin, Jackson, 1967). Sia in Berne che negli autori successivi (Karpman, 1968; English, 1988; Zalcman, 1990; Hine, 1990;) si legge tra le righe la presenza di un punto di vista sistemico nella definizione ed analisi dei giochi; caratteristica riscontrabile nel corpo teorico dell'AT e scarsamente esplicitata (Massey, 1985). Il primo scopo di questo lavoro quello di rivedere le recenti pubblicazioni in questo campo, dalla prospettiva di alcuni processi sistemici
1

Bianchini, S. (1993). Il gioco psicologico: una reciproca costruzione del reale. Convegno Europeo di Analisi Transazionale, Siena, 1993.

Susanna Bianchini

cos come sono stati articolati e strutturati per studiare i sistemi familiari dal gruppo di Palo Alto (Watzlawick, Beavin e Jackson, 1967). Il secondo scopo nasce dall'aver individuato la presenza di una contraddizione nel modo di intendere il gioco, alla luce delle attuali revisioni sulla teoria del copione (Allen & Allen, 1988; Cornell, 1988; English, 1988; Matze, 1988; Ferro, 1991) e dal desiderio quindi di voler contribuire ad una possibile risoluzione di tale contraddizione. Se intendiamo il copione anche come uno schema necessario di orientamento alla realt, come un processo finalizzato all'autodefinizione psicologica che si fonda sull'autodetermina- zione (English, 1977, 1988; Cornell, 1988), in cui si prevede che non si concretizzi il finale predeterminato, diventa allora una contraddizione sostenere che l'obiettivo ultimo del gioco sia esclusivamente quello di confermare il proprio copione. Emerge quindi la necessit di riesaminare la teoria e l'analisi del gioco in modo da collegarla coerentemente con questi nuovi contributi sulla teoria del copione; il che equivale a togliere al gioco la connotazione negativa con cui finora stato identificato. Pertanto, parte di questo lavoro, consiste nel presentare il gioco come la manifestazione creativa della persona per dare significato alla propria esperienza di S in relazione con l'altro. In vista delle implicazioni del secondo scopo, il gioco psicologico viene considerato alla luce degli studi di I. Prigogine, sui processi auto-creativi di organizzazione dei sistemi aperti in cambiamento e di H. Maturana e F. Varela, sul ruolo dell'autoreferenza nella costruzione della realt.

Giochi e processi sistemici Secondo il gruppo di Palo Alto l'interazione umana regolata dalla presenza di alcuni processi sistemici quali la complementarit, la circolarit e la interdipendenza tra complementarit e circolarit. Complementariet Il concetto di complementarit si riferisce al fatto che quando due persone interagiscono, sono tra loro interdipendenti e la loro interazione reciproca (Minuchin & Fishman, 1981, p.191-206); esiste cio un equilibrio dinamico nella loro relazione che pu essere palese o nascosto. Il gioco psicologico governato implicitamente da questo principio perch il gancio non svolge la propria funzione fino a quando non riconosciuto tale dal

Il gioco psicologico

giocatore che decide di agganciarsi rispondendo con un anello (Berne, 1964). In una relazione, la complementariet si mantiene fino a quando i partecipanti, tra loro interdipendenti, si rispecchiano nelle loro aspettative reciproche. Questa pu essere la situazione che si determina nelle transazioni di ricatto (English, 1976) in cui l'equilibrio si mantiene perch ciascuno viene rinforzato dall'altro rispetto alle aspettative relative all'immagine di s che vuole mantenere. Se invece uno dei due interagenti non percepisce dall'altro il rispecchiamento nascostamente desiderato, la relazione si sbilancia ed entra in crisi. Questo pu essere il caso del gioco cos come lo intende F. English (1988, p. 297): "... un gioco di fatto la conseguenza di una transazione di ricatto che non pu essere pi sostenuta". In sintesi il gioco si fonda sul processo della complementarit Circolarit Le relazioni interpersonali necessitano, per la loro comprensione, di una chiave di lettura anche di tipo circolare (Selvini Palazzoli, Boscolo, Cecchin, & Prata, 1980). I processi circolari sono motivati e rinforzati da molteplici influenze che si rinforzano tra loro; per cui, in una relazione, gli eventi non sono delle esperienze isolate proprie dei singoli individui, ma si verificano in coincidenza di punti focali, in una matrice di processi sociali che reciprocamente si regolano, attraverso feed-back retroattivi. Proprio perch l'interazione caratterizzata dalla circolarit, diventa spesso impossibile stabilire l'inizio e la fine di un processo comunicativo. Ciascuna risposta intrecciata in una rete in cui una comunicazione diventa stimolo per una risposta successiva e diventa anche una risposta ed un rinforzo per la comunicazione precedente. La ripetitivit con cui coppie o triadi di persone tendono a strutturare nel tempo giochi psicologici specifici, in linea con la presenza di processi circolari che di fatto rinforzano tipici modelli interattivi. Interdipendenza tra complementarit e circolarit Complementarit e circolarit sono due processi tra loro interdipendenti. La complementarit mantiene l'equilibrio dinamico in una relazione e attraverso la causalit circolare, i molteplici processi ed influenze, presenti in una relazione, rinforzano una complementarit mutualmente accettata.

Susanna Bianchini

In genere le persone quando interagiscono, per dare significato ai loro scambi ripetitivi tendono a "punteggiare" (Minuchin & Fishman, 1981, p.154) le sequenze dal loro punto di vista; in A.T. diremmo danno significato alla loro esperienza interattiva coerentemente con il loro sistema di riferimento. Se per esempio si prendono in considerazione i 6 vantaggi individuati da Berne nel gioco "Prendimi a Calci" e si mettono in relazione con i 6 vantaggi del gioco "T'ho beccato figlio di....", si nota come gli uni tendono a rinforzare gli altri. Infatti ogni qualvolta una persona, facendosi prendere a calci, rinforza la convinzione per cui ha bisogno di essere rifiutato per ricevere attenzione, non solo sta traendo una vantaggio psicolgico interno dal gioco "Prendimi a calci", ma difatto permette alla persona, dalla quale ha preso il calcio, di rinforzarsi nelle sue credenze di copione del tipo: "Non posso fidarmi della gente"; in tal modo il secondo giocatore rinforza il vantaggio psicologico interno del gioco "T'ho beccato figlio di .....". Due giochi tra loro complementari vengono rinforzati attraverso processi circolari. stata identificata la presenza dei suddetti processi sistemici nei giochi cos come sono stati presentati da Berne; il passo successivo consiste nel passere in rassegna il contributo di Karpman (1968), Zalcman (1990) e Hine (1990), tenendo presente l'ottica appena definita.

Il triangolo drammatico di S. Karpman Il contributo di Karpaman stato significativo sia a livello teorico che applicativo perch, introducendo nell'analisi del gioco i concetti di cambio e di ruolo, ha permesso di comprendere la base dinamica dei giochi. L'analisi del gioco, secondo il Triangolo Drammatico, un'analisi di tipo sistemico sia quando lo si usa rispetto ai giochi a due o a tre mani, sia rispetto ai giochi "ad una mano" (Goulding, 1979) in cui la persona segue una sequenza di transazioni interne e colleziona un tornaconto simile a quello del gioco, a prescindere dal tipo di comunicazione di chi gli sta di fronte. Infatti un giocatore si sente Vittima, in un contesto relazionale, rispetto ad un altro che percepisce come Persecutore o ancora sperimenta un aspetto di s Vittima nei confronti di un altro aspetto di s avveritito come Persecutore (contesto intrapsichico); in ambedue i casi il ruolo di Vittima complementare a quello di Persecutore. Non pu esserci una Vittima senza che ci sia contemporaneamente un Persecutore e/o un Salvatore. Massey (1985) considera il concetto di Triangolo Drammatico un anello centrale tra l'A.T. e la teoria familiare sistemica proprio perch questo

Il gioco psicologico

orientamento considera le relazioni triangolari come fondamentali per l'insorgenza di problemi familiari; la loro funzione consiste nel ridurre lo stress intepersonale e nel bloccare l'intimit, deviando una relazione su un terzo. Per cui si pu ipotizzare che quando nel gioco si verifica il cambio, questo sia finalizzato ad allentare il disagio sperimentato nella posizione iniziale di stallo caratterizzata da V-P o S-V o S-P. In genere una persona, prima di cambiare ruolo, sperimenta un livello di tensione che tende ad aumentare (Hine, 1990), livello di tensione direttamente collegabile al ruolo assunto dall'altro giocatore; quando la persona si sente incapace di gestire il disagio avvertito, cambia ruolo, guadagnando un tornaconto negativo ma ristabilendo comunque un livello di energia nella relazione con l'altro che permette di dare l'avvio ad un'altra sequenza di gioco. Pertanto sia che analizziamo il ruolo dei triangoli nei sistemi familiari, sia che analizziamo il gioco psicologico facendo riferimento al concetto di triangolo drammatico, possibile ritenere che, in ambedue i casi, la funzione del triangolo sia di allentare una tensione presente sia nelle relazioni interpersonali sia a livello intrapsichico.

La critica all'analisi dei giochi di M. Zalcman Per gli scopi del nostro lavoro, un altro autore che amplia la prospettiva dalla quale considerae i giochi M. Zalcman. Il suo contributo signigicativo perch evidenzia una carenza di coerenza tra ci che viene affermato essere un gioco e la sua analisi. Questo un evento transazionale che riguarda 2 o 3 persone, tuttavia i nomi con cui sono stati identificati i giochi non rispecchiano questa realt relazionale; piuttosto i giochi sono descritti e diagrammati nella prospettiva di un giocatore soltanto. Per esempio, "Perch non, si ma" solamente la met del gioco descritto nella prospettiva del giocatore che rifiuta le proposte di aiuto. L'altra met del gioco, in genere, "Sto solo cercando di aiutarti". R C X T La stessa Formula G di Berne descrive la sequenza del gioco dal punto di vista di chi inizia il gioco. G + A = (1gioc.) (2gioc.) (2gioc.)

(1gioc.)

(2gioc.)

(1gioc.+2gioc.)

Il 1 giocatore inizia il gioco con un Gancio (G) che si incastra su un anello (A) del 2 giocatore (una dinamica interna, non un comportamento osservabile) il cui effetto di indurre quest'ultimo a rispondere (R del 2

Susanna Bianchini

gioc.); ad un certo punto quando il 1 giocatore effettua il cambio (C), il 2 giocatore percepisce un senso di confusione (X) ed ambedue sperimentano un tornaconto finale (T). Ci che non concepito sia nella Formula G di Berne che in altri modi di diagrammare il gioco (triangolo drammatico e diagramma transazionale) che anche il 2 giocatore sta iniziando un gioco (per es. la sua risposta un gancio che si incastra sull'anello o dinamica interna del 1 giocatore), e che il 2 giocatore pu spostarsi verso il cambio prima del 1 giocatore. In sintesi, secondo M.Zalcman, i diversi modi con cui si possono analizzare i giochi, non rendono ragione della caratteristica dinamica ed interattiva del gioco. A nostro avviso, nel puntualizzare questa critica l'autrice fa riferimento implicitamente a questa considerazione: sebbene il gioco sia stato definito da Berne un evento relazionale reciprocamente costruito dai giocatori, stato scarsamente studiato il tipo di relazione che lega i giocatori tra loro; pertanto il livello di analisi dei giochi si focalizzato maggiormente sulla prospettiva del singolo giocatore piuttosto che legare questa al contesto relazionale che caratterizza il gioco. In altre parole, i concetti di complementarit e di circolarit sono implicitamente presenti quando si tratta di comprendere il fenomeno "gioco", sono invece assenti quando si passa in rassegna l'analisi del gioco.

La formula G di J. Hine L'assenza evidenziata dalla Zalcman stata recepita da J. Hine (1990) che propone una revisione della Formula G in modo che questa possa cogliere la natura a due mani del gioco, la interconnessione tra i ganci e gli anelli di ciascun giocatore, e la costruzione del clima specifico del cambio, della confusione e del tornaconto finale. I punti salienti che caratterizzano questa revisione sono: 1. ogni stimolo nel gioco viene considerato un gancio, per cui la risposta di ciascuna persona al gancio non accidentale ma costituisce un ulteriore invito a continuare il gioco; 2. ciascuna persona motivata da un suo particolare anello, incastonato nell'esperienza intrapsichica di ciascun giocatore; tale anello favorisce il gioco interpretato dall'interessato; 3. il cambio pu essere iniziato da ciascun giocatore; 4. la confusione un momento di sorpresa e di aumentata consapevolezza relativa al fatto che "l'altro" sta deludendo la soddisfazione di bisogni simbiotici;

Il gioco psicologico

5. ogni volta che si verificano un cambio ed il relativo senso di confusione, ciascun giocatore sta prendendo un tornaconto interno in forma di investimento emotivo negativo e disfunzionale alla soluzione di problemi. Specificamente in questa concettualizzazione, ogni stimolo costituisce un gancio sia se nella Formula G viene chiamato gancio o risposta o cambio. Tale visione comporta focalizzarsi sulla funzione svolta dai vari elementi che caratterizzano la formula G, all'interno del contesto in cui sono inseriti, piuttosto che sulle singole propriet di ciascun elemento. Data questa disamina, la Formula G, cos come proposta da Berne, non evidenzia la natura continuativa nel tempo e l'aumento esponenziale dell'energia, caratteristiche che pure sono presenti nel gioco; al contrario presenta tale modalit interattiva come caratterizzata da un proponente e da un rispondente, con un chiaro inizio ed un'altrettanta chiara fine. Tuttavia, un'osservazione pragmatica del fenomeno gioco, dimostra chiaramente che anche un cambio e un reciproco tornaconto non sono sufficienti a fermare il processo che pu ricominciare di nuovo, alla prossima transazione. I contributi passati in rassegna evidenziano come, al di l dell'intuizione di Karpman con il concetto di triangolo drammatico, abbiano sempre pi preso corpo analisi (Zalcman, Hine) che si fondavano sull'assunzione di un punto di vista sistemico nel considerare i giochi, fino ad arrivare alla revisione della Formula G, proposta di Hine, per rendere esplicita la natura circolare del gioco.

Giochi psicologici e ruolo dell'autodeterminazione nel copione Come accennato nell'introduzione, in atto una revisione della teoria del copione in cui emerge sempre pi la tendenza a cogliere la dimensione creativa presente nella costruzione del proprio piano di vita e viene criticata la visione del copione in quanto solo direttamente collegabile al disagio psicologico. Se da una parte non esistono lavori che colleghino ed integrino una visione deterministica del copione con una pi centrata sull'autodeterminazione (Ferro, 1991), tuttavia leggittimo porsi la seguente domanda? C' una modalit di intendere il gioco non necessariamente deterministica, (ossia non come un modo di confermare il proprio copione) ma maggiormente in linea con una visione dell'uomo che si fondi sull'autodeterminazione? Nel rispondere a tale domanda, faremo riferimento alla ricostruzione storica compiuta da F. English relativa alla relazione tra il concetto di

Susanna Bianchini

copione di Berne ed i giochi di 3 grado. English (1988, p. 297) afferma che Berne arriv a intendere il concetto di copione in chiave cos deterministica, proprio per giustificare l'inefficacia della tecnica del confronto di fronte alla resistenza manifestata dalle persone che giocavano giochi di 3 grado. Pertanto egli concluse che le persone che si manifestavano ostinatamente resistenti al confronto, cos facendo confermavano di fatto il loro copione patologico. In sintesi Berne elabor un concetto, il copione, che gli permise di giustificare la persistenza di giochi di 3 grado, mantenendo la coerenza del punto di osservazione adottato; punto di osservazione che comportava ritenere che i giochi psicologici fossero fondamentalmente modalit interattive manipolative e sleali, e, in alcuni casi, non scalfibili dalla tecnica del confronto. Ipotizziamo che la descrizione dei giochi propria di Berne risenta della posizione di osservatore assunta da Berne stesso. In tal senso Varela (1975) insiste sul ruolo dell'osservatore che traccia delle distinzioni dove lo crede opportuno e queste ultime tendono a rivelare la posizione dell'osservatore piuttosto che la struttura intrinseca del fenomeno descritto. Berne considerava i giochi come una "serie di mosse insidiose, truccate" o ancora come "fondamentalmente sleali" (1964); tale visione si fondava sull'osservazione che, nei giochi, sono presenti contemporaneamente due messaggi di segno diverso: per es. nel gioco "Prendimi a calci" i due messaggi possono essere "Cercami" e "Non mi far trovare". Poich queste due affermazioni non possono essere reciprocamente vere, solo una delle due pu essere considerata veritiera (in genere il messaggio nascosto) mentre l'altra viene considerata falsa. Ne deriva che il gioco psicologico viene considerato una modalit interattiva sleale, insidiosa, truccata. Il limite di tale ragionamento sta nel livello di osservazione scelto per stabilire la veridicit delle due affermazioni, per cui non possono essere vere ambedue contemporaneamente, in quanto l'una antitetica rispetto all'altra. In linea con il lavoro di Varela (1979), qualsiasi distinzione che abbia alla base la logica della competizione al tempo stesso parte di una distinzione pi ampia che ha alla base la logica della cooperazione. Ossia se si confrontano reciprocamente le due affermazioni "Cercami" e "Non mi far trovare", appaiono tra loro competitive, per cui o vera l'una o vera l'altra; se osservate ad un livello gerarchico superiore che le comprenda entrambe, possono apparire tra loro integrantesi e funzionali a mantenere la coerenza interna della persona che sta giocando. Tale visione in linea con quanto afferma Keeney (1985) : "Qualsiasi distinzione in terapia, pu essere percepita dall'osservatore in due modi: 1) come una dualit di opposti

Il gioco psicologico

che si escludono reciprocamente, oppure 2) come una complementarit ricorsiva di facce autoreferenziali. Il termine 'complementarit ricorsiva' si riferisce ad una visione di ordine superiore della distinzione, ove viene sottolineata l'interazione tra le due parti". Ritornando alle due affermazioni "Cercami" e "Non mi far trovare", esiste un livello di osservazione tale che permette di cogliere le due frasi come tra loro integrate e non in competizione, livello che si pu sintetizzare in questo messaggio: incontrarsi con l'altro non del tutto avulso da rischi per la persona che tuttavia non intende rinunciare del tutto all'eventualit dell'incontro. Pertanto esiste un livello di osservazione del gioco che permetta di accostarsi alla complessit di tale fenomeno interattivo mantenendo la capacit di cogliere i messaggi coinvolti che, ad un livello, sembrano antiteci tra loro. Da tale ottica il gioco non viene considerato un atto sleale o manipolativo quanto la manifestazione della creativit della persona che gioca, capace di interagire mantenendo insieme polarit che, a prima vista, appaiono incompatibili. Con questo non si intende dire che tale atto creativo non sia fonte di disagio per la persona. Inteso in questi termini, il gioco pu coniugarsi con una visione del copione capace di spiegare non solo il disagio psicologico, ma anche la capacit della persona di dare significato alla propria esperienza relazionale presente, senza che sia necessariamente una mera ripetizione del passato (vedi copione inteso come schema di orientamento alla realt; English, 1977). Questa prospettiva presuppone la rivalutazione del ruolo proprio della dimensione evolutiva nella formazione del copione (Cornell, 1988).

La persona come sistema auto-organizzantesi e il gioco psicologico come una forma di accoppiamento strutturale Nella prima parte di questo lavoro abbiamo evidenziato la presenza di alcuni processi sistemici nell'analisi dei giochi ed abbiamo esplicitato che facevamo riferimento all'idea di sistema cos come era stata rielaborata dal gruppo di Palo Alto. Tale concetto di sistema ha subito una revisione ad opera di alcuni terapeuti della famiglia (Dell, 1980; 1982; 1985; Fivaz e Kaufmann, 1983;) che si sono rifatti agli studi di Prigogine sui sistemi termodinamici lontani dall'equilibrio e agli studi (Maturana, Varela) relativi alla presenza di processi di autosviluppo organizzativo in biologia. Scilligo (1992), coerentemente con tali studi, propone un modo di intendere la persona in quanto sistema auto-organizzantesi.

10

Susanna Bianchini

Specificamente in tale teorizzazione, il s viene inteso come un sistema che si autorganizza in cui l'ordine e l'organizzazione dei diversi fenomeni nasce dall'attivit interna e dai processi creativi del sistema stesso. L'evoluzione, il cambiamento e la trasformazione del sistema saranno funzione dell'ontologia del sistema stesso e dei modi nei quali sar in grado di gestirsi, in funzione del contesto specifico in cui vive. Un aspetto centrale in questa concezione l'importanza data al tempo; considerando la direzione del tempo, il funzionamento di un sistema in continuo cambiamento irreversibile e non dipendente da sequenze causali permanenti e di natura meccanicistica. La stabilit data dal funzionamento che si autorganizza in termini di coerenza e continuit. Questo modo di considerare il tempo e la sua relazione con la coerenza del sistema, pu tornarci utile se ci poniamo di fronte questa domanda: come varia il ruolo della dimensione temporale in una visione del gioco che tende a focalizzarsi sull'autodeterminazione del sistema umano? Alla luce di come viene delineato il ruolo della funzione temporale nell'evoluzione del s inteso come sistema auto-organizzantesi, si profila una prospettiva nuova attraverso la quale considerare il legame tra passato e presente. Si pu intendere la storia di un sistema come una storia in cui gli elementi del passato non determinano automaticamente quelli che si stanno verificando nel "qui ed ora"; questo comporta che alcuni modelli interattivi, come i giochi, si mantengono, non solo quando hanno una funzione all'interno dell'economia personale (vantaggio psicologico interno e vantaggio esistenziale del gioco) ma anche rispetto al sistema interattivo che danno origine. La ripetizione o l'amplificazione di alcuni comportamenti si manifestano se gli elementi del passato rafforzano le costruzioni del mondo del giocatore e svolgono un ruolo in un contesto pi ampio (Elkaim, 1989). A questo punto il gioco pu essere visto non come la riproduzione di relazioni transferali non risolte, il che comporterebbe una influenza deterministica del passato sul presente, ma come la manifestazione interattiva attraverso la quale la persona, facendo riferimento alla sua storia passata, trova una propria coerenza nel qui ed ora. Quanto detto finora pu esserci utile per cogliere cosa avviene nel gioco osservato dalla prospettiva di un sistema ossia di un giocatore, ma, questa concezione del s in quanto sistema auto-organizzantesi, come illumina la dimensione interattiva del gioco? Maturana e Varela (Varela, 1979) fanno derivare una conseguenza dalla concezione di 'sistema autopoietico' ed relativa all'interazione tra il sistema e l'ambiente in cui inserito. Attraverso accoppiamenti strutturali

Il gioco psicologico

11

("structural coupling") con il suo medium, il sistema interagisce in maniera ricorrente con altri sistemi. L'accoppiamento strutturale il processo attraverso il quale il sistema si organizza ed strettamente legato all'esistenza del sistema stesso poich ci che esiste deve essere accoppiato con il mondo in cui immerso. Consiste in una forma di adattamento reciproco che comporta la ristrutturazione del sistema. Dal punto di vista fenomenologico, il processo tipico dei sistemi viventi, che stato spesso erroneamente identificato, nella prima cibernetica, con l'"omeostasi", la "gerarchia", e le "regole del sistema" (Dell, 1982). Essere accoppiato strutturalmente significa avere comportamenti intelligenti (Maturana, 1980); la conoscenza fondamentale "conoscere come esistere". Se una persona in grado di continuare a funzionare come unit vivente, autopoietica, significa che esso accoppiato strutturalmente con il suo medium; ossia le sue interazioni con il suo medium non portano alla sua distruzione, comportano piuttosto un fenomeno di adattamento reciproco con una conseguente ristrutturazione. La possibilit del sistema umano di esistere attraverso accoppiamenti strutturali si fonda sulla sua plasticit strutturale. Un sistema plastico a livello strutturale quando in grado di subire cambiamenti strutturali in seguito ad interazioni con se stesso, con il suo ambiente e con gli altri sistemi strutturalmente plastici. In altre parole, sebbene la struttura del sistema determini in che modo esso "reagir" ad una certa perturbazisone in un dato istante, l'interazione porta, a sua volta, a cambiamenti strutturali, che modificheranno il comportamento futuro del sistema. In sintesi un sistema strutturalmente plastico un sistema che apprende (Dell, 1985). Una persona, mentre partecipa al fenomeno dell'adattamento reciproco quando interagisce con un'altra persona, in grado di ristrutturarsi ad un livello di complessit tale da modificare l'immagine di s e dell'altro che esisteva precedentemente all'interazione, pur continuando a mantenere la propria identit: in sintesi, sta apprendendo mentre partecipa e collabora alla strutturazione dell'esperienza interattiva. Il gioco pu essere considerato come un particolare tipo di accoppiamento strutturale in cui due sistemi autopoietici interagiscono, mantenendo la loro identit. Si pu ipotizzare che il momento del cambio presente nel gioco, coincida con un momento di fluttuazione del sistema , rispetto alla quale, i sistemi umani coinvolti, si ristrutturano creativamente per mantenere la loro identit strutturale.

12

Susanna Bianchini

Conclusioni Dopo una ricostruzione della presenza di processi sistemici nei giochi, compiuta rileggendo il contributo di Berne, Karpaman, Zalcaman e Hine, si proposta una visione del gioco conciliabile con le teorie del copione che si fondano sull'audeterminazione della persona. Il gioco stato considerato come la manifestazione della capacit creativa della persona di mantenere insieme aspetti di s polari, ma entrambi vitali. Tale interpretazione del gioco si concilia con la visione della persona come un sistema umano autorganizzantesi nel suo divenire. stato presentato il gioco come una forma di accoppiamento strutturale, in cui le persone coinvolte si ristrutturano creativamente al fine di mantenere la loro identit. In tale prospettiva, il gioco diventa una strategia autoregolativa del copione. Spesso, la capacit della persona di mantenere la propria identit attraverso i giochi, comporta trovare soluzioni creative per mantenere insieme aspetti di s polari ma irrinunciabili; se da una parte le opzioni trovate sono creative, dall'altra si accompagnano a disagio. Il compito del terapeuta consiste nell'aumentare il numero di opzioni possibili, rispetto alle quali la persona continuer a ristrutturarsi, trovando modi propri di integrare aspetti di s polari.

Bibliografia Allen, J.G. & Allen, B.A., (1988). Script and permission: some unexamined assumptions and connotations. Transactional Analysis Journal, 18, 4. Berne, E., (1964). A che gioco giociamo. Milano: Bompiani, 1971. Cornell, W.F.(1988). Life script theory: a critical review from a develpomental perspective. Transactional Analysis Journal, 18, 4. Dell, P.F., (1980), tr. it. Il terapista familiare Hopy e la famiglia aristotelica. Terapia familiare, 8. Dell, P.F., (1982), tr. it. Al di l dell'Omeostasi: verso un concetto di coerenza. Terapia Familiare, 12, 85-113. Dell, P.F., (1985), tr. it. Bateson e Maturana: verso una fondazione biologica delle scienze sociali. Terapia Familiare, 21, 35-60. Elkaim, M., (1989), tr. it. Se mi ami, non amarmi, Boringhieri, Torino, 1992. English, F. (1977).What shall I do tomorrow?. In G.Barnes (Ed.), Transactional Analysis after Eric Berner: Teachings and practices of

Il gioco psicologico

13

three T.A. schools. New York: Harper's College Press. English, F. (1988). Wither scripts? Transactional Analysis Journal, 18, 294-303. Ferro, M.E. (1991). Il concetto di copione: revisione critica e futuri sviluppi. Atti convegno nazionale di Analisi Transazionale. Roma: SIAT. Fivaz, E., Fivaz, R. e Kaufmann L. (1983). Accord, conflict et symptme: un paradigme volutionniste. Cah. crit. Thr. fam. Prat. Rs., 7, 91-109. Karpman, S. (1968). Fairy tales and script drama analysis. Transactional Analysis Journal, (26), 39-43. Keeney, R. (1985). La mente nella terapia. Roma: Astrolabio. Massey, R. (1985). TA as family systems therapy. Transactional Analysis Jornal, 15, 120-141. Maturana, H.R. e Varela, F.J. (1980). Tr. it. Autopoiesi e cognizione. Venezia: Marsilio, 1985. Matze, M.G. (1988). Reciprocity in script formation: A revision of the concept of symbiosis. Transactional Analysis Journal, 18, 304-308. Minuchin, S. & Fishman, H. (1981). Family therapy Techniques. Cambridge, MA.: Harvard University Press. Prigogine, I. (1978). Dall'essere al divenire. Torino: Einaudi, 1986. Scilligo P.F. e Ceridonio D. (1992). Il S come sistema. Roma: IFREP. Selvini Palazzoli, M., Boscolo, L., Cecchin, G.F., Prata, G. (1980). Ipotizzazione, circolarit e neutralit. Tr. it. in Terapia Familiare, 7, 7-19. Watzlawick, P., Beavin, J.H., Jackson, D.D. (1967). Pragmatica della comunicazione umana. Roma : Astrolabio, 1971.

Potrebbero piacerti anche