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Il suono del mio passo

Giuseppe Pantaleo

IUNGENDO in Italia la moda del jogging nella seconda met degli anni Settanta del secolo scorso, avevo voglia di dire la mia su tale fenomeno. Ero intenzionato a ciclostilare giusto la facciata di un foglio A4, da diffondere tra gli amici con cui avevo passeggiato o camminato insieme per anni. Mi suscitava una sorta dimbarazzo per riflesso vedere persone che zampettavano impacchettate nelle loro tutine colorate e minfastidiva il rumore delle scarpe da ginnastica strusciate sullasfalto. Io trotterellavo discreto quasi invisibile e come incapace di produrre rumori di sorta, mentre loro sbuffavano e saffannavano per andare poco pi veloci di me: la velocit standard di un corridore del genere non arriva a 10 km/h. Procedendo in periferia mi capita tuttora di coprire decine di metri avendo affiancato un jogger. Fu una grossa delusione scoprire verso i 30 anni che anche alcuni maratoneti locali, non avevano mai

eseguito operazioni cos semplici come alzare le ginocchia durante il loro esercizio e restare qualche attimo in aria: correre, in una parola. (Mi piaceva molto la corsa da ragazzo; quando giocavo a hockey su prato, andavo allo stadio almeno una mezzora prima degli altri per sgambettare senza impegno ed in santa pace sotto il sole. Ho smesso di correre quando ho riflettuto sulle lepri, sulle volpi e sui camosci liberi in montagna: ho capito che noi umani non siamo animali fatti per compiere azioni del genere. Siamo troppo impacciati nel movimento, noi). Tutto fin in chiacchiere, tra amici di vecchia data. Allapprodo del barefooting in Europa negli anni Novanta, reagii con lincredulit: Questi sono pazzi.... Ho sempre usato gli scarponi fuori citt, anche per i pendii pi dolci e le strade sterrate. Mi venne voglia di scrivere qualche rigo ma non se ne fece niente, anche in questo caso. Non ho mai visto gente scalza in giro e non ho mai toccato largomento con alcuno. Resto scettico sul cosiddetto walkscaping. Il massimo che mi sono concesso negli anni sullargomento, stato disegnare una figuretta davanti al computer con delle gambe minuscole, come atrofizzate (Marginalia, 2004). Andando per strada facile accorgermi che le per2

sone generalmente non sanno pi camminare con scioltezza, con grazia, con leggerezza. (Mi piace molto osservare la camminata delle persone, soprattutto di quelle provenienti fuori dellEuropa). Ho letto numerosi libri sullandare a piedi e con il passare del tempo mi sono reso conto che quelli che affrontano largomento in modo non superficiale, si contano sulle dita di una mano. Tanto leggere, mi ha spinto ad usare il termine camminare con parsimonia. Ho molto apprezzato R. SOLNIT, Wanderlust. A History of Walking, 2000, che io considero unopera importante. Il volume affronta largomento secondo diverse angolature anzi, le riassume tutte. Io lo trovavo una sorta dopera definitiva, che ci avrebbe risparmiato ledizione daltri libri del genere per molti anni. (Tutto ci, non successo). Ho trovato D. LE BRETON, Eloge de la marche, 2000, sulla stessa lunghezza donda. Sono molto legato anche a W. HERZOG, Vom Gehen im Eis, 1978 poco pi di un taccuino di viaggio, in realt , ma una mera faccenda affettiva. Largomento vende discretamente negli ultimi tempi e gli editori saccaparrano autori affermati o personaggi che passano un periodo da appiedati e poi
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consegnano le loro riflessioni scritte. Il successo editoriale assicurato in tal modo, ma non si tratta mai di libri memorabili o che si possono utilizzare in qualche modo, soprattutto da chi si muove a piedi tutti i giorni, in Occidente ed altrove. facile trovare un grano di saggezza ovunque, come capita per la letteratura. (Il pedone considerato o un paria della societ e quindi non spende quattrini per acquistare libri e n tanto meno del tempo per scriverli: per questo difficile trovare dei buoni saggi. Nessuno stamperebbe o acquisterebbe una pubblicazione di uno scarto della societ nel senso: che gi stato scartato). Leggendo descrizioni dalimentazione, di motivazioni pi o meno nobili, di materiali, dabbigliamento tecnico e soprattutto di mal di piedi, talloniti, storte e vesciche, capisco di trovarmi di fronte al classico cittadino che passa la settimana dietro ad una scrivania e vuol far fuoco e fiamme nel week end o durante le vacanze: chi abituato a spostarsi a piedi tutti i giorni non ha o non avverte n calli, n vesciche. (A proposito di materiali. Sarebbe utile conoscere le prestazioni di un paio di scarpe nuove, al momento dellacquisto proprio come tante altre merci: per quante migliaia di chilometri tengono?). Complicano le cose, molti libri del genere ed alla
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fine ci si ritrova con le idee meno chiare di prima daverli letti. difficile collegare le proprie esperienze a situazioni del secolo scorso, del Medioevo o delle prime civilt del Mediterraneo. anche dura da mandar gi per noi italiani il concetto nord-americano di wilderness derivato probabilmente dagli spazi incontaminati di quel continente, visto che da noi il paesaggio stato lungamente modellato dagli abitanti e quasi ogni tipo derba che osserviamo intorno a noi stata addomesticata dalluomo. Ci si pu chiedere: che cosa mostrano i blockbuster adesso in circolazione, ai contemporanei che si muovono in automobile, in tram, a piedi, in aereo? Qual insegnamento pu trarre una badante che si affretta tra 2-3 persone in una citt media o grande, dal racconto minuzioso di unesperienza importante come il cammino di Santiago de Compostela? Minfastidisce in certi libri, una certa enfasi sullandare a piedi, sul proprio (temporaneo) ambulare, come se si fosse alla ricerca di qualche quarto di nobilt per unattivit tanto comune quanto complessa. Non c niente deroico o di rivoluzionario in tale spontaneo movimento e seppur di rado, mi sento un po bizzarro a spostare i miei 52 chili in quel modo. Chi partendo per un viaggio, si prepara mandando
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gi manuali su manuali, mette ai piedi delle scarpe che non sono le sue. Un pellegrinaggio, unescursione o un cammino, pu servire anche per scoprire qualcosa di se stesso: sono occasioni come tante. Il termine camminare, nelluso corrente, generalmente confuso con la quarantina dei suoi sinonimi. Le persone, hanno unidea vaga di tale comunissima attitudine. Guai, a chiedere a qualcuno cos il camminare. Si ricevono risposte improprie, imprecise ed imbarazzate: la gente percepisce seppur confusamente che deve riferirsi alla propria quotidianit, alla propria biografia. difficile ricostruire come s cominciato, intravedere attraverso gli strati traslucidi della propria esperienza un grafico o un disegno che ci faccia comprendere le motivazioni del nostro abituale muoverci, in un modo che ci sembra naturale. (La letteratura pi o meno buona non pu darci alcun aiuto in tal senso). M capitato un periodo, di sbirciare la prima scala che ho imparato a scendere provando a risvegliare qualche paura sicuramente provata, a suo tempo. Non mi suggerisce niente nemmeno ci che resta del pav su cui ho mosso i miei primi passi fuori di casa.
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Mi pi facile trovare lorigine della mia andatura sostenuta: centra landare in montagna da adolescente con lo zaino e labitudine (poco responsabile) di correre in discesa per rocce e ghiaioni, da ventenne. (In situazioni del genere facile capire che in comitiva, torna utile mantenere landatura del meno veloce). La montagna entra in ballo anche nel caso dei sentieri urbani. Il posto dove vivo senza spazi verdi e non solo al centro e ritrovarsi sulla traiettoria unaiuola spartitraffico o del terreno incolto mette voglia dabbandonare il marciapiede. Si risparmia del tempo, a tracciare per i campi. In caso di cospicue estensioni, io osservo lo scarto tra il sentiero e la distanza minima tra i due punti in questione. I sentieri urbani sono sempre sinuosi. Dipende dalla bassa velocit di quanti lo hanno battuto per primi ed anche dalla loro mancanza di concentrazione sul punto pi vicino da raggiungere. (Io li apprezzo giusto in estate, dopo che piovuto). Percorrendo una decina di chilometri ogni giorno, mi d sollievo camminare su un fondo soffice, di quando in quando. Un pedone, ha delle leggi proprie diverse da quelle del ciclista ma soprattutto dellautomobilista e certe azioni strane a prima vista servono per fabbricare la propria iden7

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tit. Per attraversare una carreggiata quando non ci sono automobili nei paraggi, io seguo un angolo molto diverso dai 90 delle strisce pedonali. Passare in mezzo ad un campo o tracciare pi in generale, mi fa sentire uno del posto. (La gente del quartiere saccorge che sei un intruso, in ogni modo). Lesperienza in quota ed in condizioni particolari , aiuta molto nelle grandi nevicate. Le citt sono delle autentiche trappole per come sono state ridotte di recente ed il fatto diventa evidente in caso di ghiaccio o di gelate. Bisogna aver sperimentato il modo di procedere su neve per muoversi in modo buffo, ma con agio in un centro abitato. (La pratica consiglia anche di tenere libere le mani inguantate, marciando su un fondo ghiacciato. Chi va a piedi, riconoscibile in inverno per labbigliamento leggero, rispetto agli altri: bisogna evitare di farsi gelare il sudore addosso). Mi capita da decenni, di non frequentare zone montuose in cui interdetto il passaggio in alcuni periodi dellanno; in citt evito di calpestare i posti utilizzati in modo estemporaneo per la preghiera. (Non passo pi in 2-3 posti del centro dove ho visto dei musulmani pregare in direzione di La Mecca loro almeno, sono convinti di questo). Labitudine tutta cittadina di uscire di casa senza
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una meta prefissata e di vagare senza un itinerario o un programma, mi ha portato a non commettere imprudenze in montagna: non mai indispensabile arrivare su una vetta, soprattutto con lincombente maltempo. I giri in autostop mi hanno insegnato a resistere alle numerose lusinghe del paesaggio artificiale, anche quando hai sete e fame oppure sei stanco. Non cambia niente, se non ti fermi a tracannare una limonata o a sorbire un cappuccino molto zuccherato. (Lautostop fa distinguere lindispensabile dalla mole sterminata di ci che non lo . In situazioni del genere superfluo conoscere lora esatta oppure ci che si riusciti a combinare durante la giornata: It took me four days to hitchhike from Saginaw). unesperienza particolare girovagare di notte fuori dei centri abitati, al riparo dalla luce artificiale e dai rumori. Le rare volte che m capitato ho avuto limpressione di procedere pi speditamente che durante le ore di luce perch maggiormente aderente al suolo. Era un modo di vagabondare in modo silenzioso, quasi per non arrecar fastidio al sentiero che si calpestava, al paesaggio confuso che si attraversava. Il sentiero consentiva di filar veloci senza nemmeno la voglia di star a sentire il vento e di non lasciar tracce
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di rilievo dietro di s. (La clandestinit un modo per iniziare una nuova vita). Mi sembrava che il corpo si muovesse parallelo al terreno, come a succhiare tutto il calore che esso rilasciava; era grande la voglia di non possedere niente. Il silenzio era una forma di rispetto per le cose che sarebbero ugualmente successe nonostante la mia presenza. difficile immaginare ci che pu succedere intorno a noi, col chiarore della luna. (Lalba come sta scritto nei migliori romanzi bella davvero). Andare a piedi un modo per conoscere o quanto meno incrociare le persone, vista la ridotta dimensione e funzione degli attuali marciapiedi in Occidente. Gli amici che vivono in altri continenti raccontano che i vecchi che prendono il sole da noi, sono uguali a quelli che fanno la stessa cosa altrove. Ci sono delle differenze seppur minime tra gli abitanti della Terra, secondo la mia esperienza. Lo sguardo incrocia occhi o sarresta sulle lenti scure degli occhiali, ma non intercetta pi altri sguardi come un tempo. (Non semplice diffidenza per le cose che non costano). Simpara ben presto a decifrare il messaggio degli abiti, degli accessori e dei profumi. (Non incontreremo mai chi non vuole mescolarsi alla folla o chi si pone ad altezza di SUV).
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Chi sincontra passeggiando? Alle ore insolite, sincontra gente che porta a spasso il cane; di buon mattino, le persone accoppiano luscita con la bestiola alla puntata in edicola. Noti gli infartuati che arrancano per strada con la tuta da ginnastica; li trovi sofferenti perch devono rinunciare il pi che possono allautomobile. Le vie principali sono punteggiate da mendicanti e (micidiali per le orecchie) suonatori slavi in trasferta dai campi profughi intorno alla Capitale. Minteneriscono i gruppi damiche che vanno tranquillamente a spasso in 3-4 con la tuta pensando di fare un esercizio fisico. C gente con i sacchetti di plastica o con le buste di cartoncino delle boutique, al centro; molti sono intenti a mangiare, quasi per dissimulare la propria solitudine. Nel tardo pomeriggio si fanno notare per il loro comportamento eccessivo i giovanissimi ubriachi con la loro aria triste. I fumatori di marijuana sono agitati anzich calmi e rilassati. I tossicodipendenti sfilano veloci ostentando unaria perennemente indaffarata. In periferia incontri persone che lavorano il giardino o lorto; ti guardano e ti salutano giusto le prostitute, nonostante si rendano conto della mia condizione: Mi spiace veramente, grazie lo stesso. Da giovane mintrattenevo i matti, per via dei miei orari ed erano dei bagni di buonumore e dumanit. Oggi non riconosci pi gente del genere, al massimo un po di gonfiore per via degli psicofarmaci e quelli che
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Passeggiare un modo forse il migliore per conoscere un paese o una citt. Nellepoca dellautomobile e del Gps, siamo portati ad ignorare le strade strette ed i cul de sac per quanto lunghi ed importanti. Laltezza degli occhi la migliore per osservare la quasi totalit delle cose sotto molte angolature, la velocit quella giusta. Si pu rallentare e ci si pu fermare quasi ovunque e con i cinque sensi in funzione. C una vasta letteratura in proposito e va messa alla prova. Un buon inizio uscire ad orari diversi per vedere come cambia la colorazione della citt o per registrare le tipologie di persone in circolazione. Sperimentiamo il vuoto cos facendo, alla maniera del mozzo di ruota o del vasellame secondo Daode jin XI. Il pieno, invece? Larchitettura dal Quattrocento al Settecento ci mostra uno stretto legame tra interno ed esterno: gli edifici sono anchessi importanti. Bisogna proseguire sul solco tracciato da Georges Perec e segnatamente da La vie mode demploi, 1978. necessario far rientrare nel nostro schema sia la corte interna di
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trovi in giro sono tristi, egocentrici e diffidenti nei confronti del prossimo. Questi qui, stan male veramente e mannoierebbero presto. (Non potendo condurre un qualsiasi mezzo motorizzato, lunica categoria che si sposta a piedi, dalle mie parti).

un condominio e sia la massaia che noi guardiamo ciabattare per strada per smaltire la spazzatura. (Centra la consistenza e la porosit del pieno). Camminare (passeggiare) non un atto rivoluzionario come ha scritto qualcuno di recente , ma pu tornare utile per vedere come cambia la nostra citt e noi stessi con essa. (Tra le rivelazioni periodiche del mio vagabondare in citt, mi va di ricordare quella legata alluso decembrino di collocare allesterno un Babbo Natale che prova a penetrare dentro unabitazione evitando la porta principale: talvolta proprio la via migliore, arrampicandosi). Di quando in quando, qualcuno mi descrive la mia camminata: vado veloce e procedo sofficemente o con leggerezza come se danzassi o fluttuassi a pochi centimetri dal suolo; in mezzo alla folla ho dei repentini cambi di velocit e di direzione anche degli ampi scarti laterali , io infine, eseguo delle piroette per meglio salutare qualche amico senza fermarmi. Pi di uno, mi trova prevedibile e ripetitivo negli orari e negli itinerari.
Io, che tipo di camminatore sono? Guardo dritto davanti a me, verso le cime degli alberi ed
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i tetti delle case o verso le aiuole ed i marciapiedi? Io sono curioso dellammasso doggetti che mi circonda e rivolgo indifferentemente lo sguardo verso lorizzonte, lalto o il basso. (Un tipo caratteristico del posto pensa che gli spiccioli deuro sono inservibili e li getta intorno agli alberi: io passo le domeniche mattina a ritrovare le monetine di rame ed il suo percorso). Talvolta girovago per annusare profumi particolari, per immergermi in determinati colori nei cambi di stagione o per galleggiare nel brusio della folla oppure per sentire il canto degli uccelli. Conosco delle persone che come me, riescono ad individuare da lontano una persona dalla camminata; qualcun altro distingue il rumore del passo di un conoscente, soprattutto su un tipo di superficie. D un certo piacere scoprire che la persona che ci affianca, ha il nostro stesso ritmo nel passeggiare nel senso: non ti si appoggia per farti rallentare e non ti strattona per spostarti. Per strada si ripetono situazioni sperimentate altrove come stare un po di tempo con un vecchio amico senza pronunciare una parola, in compagnia di sua moglie che non riesce ad afferrare la cosa. bello camminare in due senza parlare; mezzora a piedi in silenzio, a zonzo per la citt lungo gli itinerari di una vita. Vagando alla controra, ci si pu accorgere della difficolt di vivere da soli, senza una persona a cui chiedere uninformazione, lora, un consiglio o qualche spicciolo. (Si comprende meglio in 14

Ho calpestato i fondi pi diversi e mi sono perso talvolta fuori citt ma nonostante ci sento che mi manca lesperienza del deserto. Deve essere particolarissimo, stare incollati ad una duna sotto quel cielo e quella luminosit. In mezzo alla sabbia e nel silenzio del deserto, immagino che si riescano ad udire gli armonici di se stessi. Un vecchio sogno quello di descrivere a piedi una circonferenza intorno ad una bassa collina e marciando su un terreno ondulato in modo da perdere qualsiasi riferimento. Deve essere un ovale, il pi perfetto possibile per quel poco che si pu. Tornare al punto di partenza: immagino che bisogna fare uno sforzo incredibile per evitare di tagliar dritto, non appena si scorge questo da lontano e ripensando agli errori di traiettoria precedenti. Si procede dritti, guardando avanti a noi ma bisogna saper curvare costantemente in modo impercettibile. Nella vita di tutti i giorni mi sposto pi che altro. Il camminare affiora in particolari condizioni ed in ge 15

forcando una MTB, in montagna. Si possono apprezzare anche le gioie dello star da soli per conto nostro e nella vita sociale, allo stesso modo: una buona abitudine evitare le conventicole, alla mia latitudine).

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nere quando il tratto da percorrere piuttosto lungo. Io non me naccorgo quando arrivano certi momenti o quando torno (per cos dire) nella normalit. Esco per recarmi in qualche posto lontano o semplicemente per immergermi negli odori primaverili, nel senso: ho un itinerario ben preciso da seguire di l dellandatae-ritorno. Mi perdo poco dopo nel ritmo dei miei passi con la mente ed i piedi che vagano ognuno per conto proprio. Ho un vago presentimento di quello che mi succeder quando uscendo, prendo a caso una direzione. Camminare una cosa che non serve a niente: una forma dozio ed quello che mi piace fare di pi.
No cosa sono adesso non lo so | sono solo | solo il suono del mio passo
MOGOL-PAGANI-MUSSIDA

Giuseppe Pantaleo, Il suono del mio passo Edizione dellautore, 2012, tutti i diritti riservati. La presente pubblicazione fuori commercio.

consentita lutilizzazione gratuita, anche di singole parti, purch senza fini di lucro e con la citazione per esteso dellautore. Stampa digitale: DVG/Studio, Avezzano giugno 2012

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