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IL FUTURO ENERGETICO E LA MIOPIA SELETTIVA DEGLI UOMINI

Ho ascoltato alla radio con estremo interesse (grazie a Radio Radicale) alcuni stralci della quinta
conferenza internazionale dell’ASPO, l’associazione di studio del Picco del petrolio, che si è tenuta nel Parco
di San Rossore a Pisa pochi giorni fa come anche l’intervento dell’amm. delegato di ENI, Paolo Scaroni, al
convegno estivo di Cortina in-con-tra.
Il tema dei due convegni è stato il medesimo ma con differente ambito geografico d’analisi: il primo
riguardava la situazione energetica mondiale, il secondo solo quella italiana. Di logica il primo evento
meritava una grande eco nei mass media, in considerazione dell’altissimo livello dei relatori presenti e del
fatto che la teoria del picco del petrolio, sviluppata da un geologo della Shell negli anni ’70, è stata
confermata da tutte le analisi successive ma, nonostante ciò o proprio per tale motivo, essa è rimasta
pressoché in ombra nei giornali ed in televisione. La certezza scientifica che l’oro nero abbia già raggiunto o
raggiungerà entro il 2010 il cd. picco o, per tradurre, che è stata consumata la metà di tutte le riserve esistenti
è una notizia che fa paura e mette in forte crisi il nostro attuale sistema di sviluppo basato quasi
esclusivamente sulla combustione degli idrocarburi.
Proprio la scarsità crescente è il principale artefice dell’incremento del prezzo del barile: si tratta di
una regola basilare nel mondo economico. Gli analisti del settore parlano già della soglia di 100 $ a barile e
molti vedono possibile un aumento fino a 150 $ nel giro di cinque anni. La fine del petrolio, tuttavia, nel giro
di 30 – 40 anni non viene mai presa in considerazione quale concausa di aumento dei prezzi da politici e
mass media, si preferisce parlare di crisi in Medioriente, di uragani nel golfo del Messico, guerre civili in
Africa: tutti elementi rilevanti che però, non creano grandi timori nelle società energivore dell’Occidente
poiché si pensa, giustamente, che tali eventi non potranno durare per sempre e non si rivela invece la cosa
più evidente e di impatto per le prossime generazioni.
Accanto alla disinformazione, c’è da sottolineare anche il fatto che l’essere umano è affetto, per
natura, da una “miopia selettiva”, nel senso che non vuole proprio vedere le cattive notizie future (specie se
riguardanti l’ambiente) perché – l’argomentazione più frequente – la cosa adesso non lo tocca affatto e,
probabilmente, sarà già morto in futuro o gli scienziati si saranno inventati qualcosa per risolvere il tutto.
Cosa ancor più grave è che molti “potenti” alimentano questo modo di pensare proponendo di
risolvere la sete crescente di energia con il nucleare o con un uso maggiore del carbone (ora magicamente
“pulito”) e del gas naturale senza considerare per il primo l’irrisolto problema delle scorie e l’esaurimento
prossimo dell’uranio e per gli altri la questione dei mutamenti climatici dovuti ad un aumento della
temperatura terrestre a sua volta causato dalle emissioni di gas serra che il Protocollo di Kyoto si propone di
ridurre.
Tra queste persone è da annoverare sicuramente l’amm. delegato di ENI che, intervistato a Cortina
sul tema delle energie rinnovabili, è stato piuttosto elusivo dimenticando di citare le fonti idroelettrica e
geotermica e trascurando quasi l’aspetto fondamentale del risparmio energetico che, in pochi anni ed una
politica assennata, potrebbe ridurre di un 20% i nostri consumi. Questi temi sono infatti indigesti a quelli che
con gli idrocarburi fanno miliardi di euro di utili; l’azionista principale di ENI S.p.A. è però ancora lo Stato il
quale dovrebbe interessarsi oltre che agli utili anche alla generazione di benefici collettivi.
Insomma la decisione di andare avanti sulla strada del carbone pulito e dei rigassificatori o su quella
delle rinnovabili, del “vuoto a rendere”, della bioarchitettura nel campo edilizio è una decisione tutta politica
e non porta, peraltro, agli stessi risultati: da un lato una sempre maggior dipendenza delle fonti fossili
causerà maggiori emissioni di gas serra che dovremmo poi pagare grazie al Protocollo di Kyoto (una
tonnellata di CO2 costa circa 19 €) e aumenti costanti dei prezzi delle merci, dall’altro invece un circuito
virtuoso caratterizzato da minori importazioni di petrolio, riduzione dei gas serra con benefici per l’ambiente,
investimenti in ricerca e sviluppo grazie ai risparmi conseguiti, diminuzione delle malattie respiratorie nei
centri urbani.
Gli ambientalisti non rappresentano il partito del NO: semplicemente la loro immagine futura dello
sviluppo umano è radicalmente e coraggiosamente diversa da quella attuale, l’unica, forse, che potrà
assicurare un pianeta vivibile alle future generazioni.
C’è da augurarsi infine che, sull’esempio della compagnia petrolifera inglese BP che ha cambiato il
suo nome, da British Petroleum a Beyond Petroleum (oltre il petrolio), anche il nome di ENI muti da Ente
Nazionale Idrocarburi in Ente Nazionale Innovazione.

Venezia – Mestre, 16.08.2006

Davide Scano
Consigliere dei VERDI
Municipalità di Mestre - Carpenedo

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