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Italo si avvicin tentoni al muro della chiesa. Il suo respiro, ansimante, sembrava a lui facesse un infernale rumore.

I suoi occhi terrorizzati si muovevano rapidi cercando di trovare il motivo della sua paura. Le sue orecchie tese percepivano rumori mai nati, fruscii impercettibili di foglie secche, passi di persone inesistenti. Ogni singolo movimento lo faceva trasalire, e quando vide un topino fuggire da sotto un ramo soffoc in gola un urlo che sarebbe stato straziante. Cercava di non farsi notare nelloscurit pi buia, ma sapeva ci fosse qualcuno, qualcosa, un occhio, pi occhi, una presenza, una presenza! che lo aspettava ghignante, che lo avrebbe assalito, un demonio! che avrebbe incontrato dietro langolo. Nella notte nera scorgeva volti di mostri orribili, o peggio, li sentiva. Tastava laria con terrore, e si convinceva che la sua mano fosse stata schivata. A volte si girava di scatto, sentendosi in pericolo, e sbatteva lo sguardo sui mattoni bianchi della chiesa. Si voltava di nuovo sudando freddo. Scorgeva cappucci ovunque, cappucci rossi che ospitavano volti neri, o meglio, della nebbia nera, una foschia densissima, qualcosa di terribilmente evanescente e pericoloso. Non osava staccarsi dal muro, ma sapeva che non sarebbe potuto restare l a lungo. Meditava di accasciarsi l, coprirsi il volto con le braccia e lasciarsi andare al sonno, farsi prendere dalla notte, dagli spiriti intorno, dal Male circostante, ma non osava. Ripassava a velocit vertiginosa ogni suo pensiero, scrostandolo, rivoltandolo, uccidendolo, glorificandolo come suo unico salvatore, riconvincendosi che era sbagliato, profondamente sbagliato, e poi salvatore di nuovo, e di nuovo irrealizzabile, e si rassegnava. Ne pensava uno nuovo, magari tornava a pensarne di uno vecchio, cercava una soluzione, ragionava, rifletteva, cercava unilluminazione benedetta, finalmente qualcosa cui aggrapparsi. Restava immobile con gli occhi spalancati e brucianti a pensare, sebbene sapesse gi la risposta alla sua richiesta di aiuto. Doveva smuoversi da quel punto pericolosissimo e sicuro allo stesso tempo, uscire da quello stato di paralisi che tanto lo salvava quanto lo condannava. Ghigliottinando sconsideratamente, ingenuamente, incoscientemente tutti i suoi pensieri si gett nellombra del giardino, gli occhi come posseduti, le gambe veloci fuori ma pesantissime dentro, in gola un grido rinchiuso e mal domato dietro ai denti digrignati. I suoi piedi calpestavano demoni ma si avvicinavano a terribili diavoli che puntualmente sorpassava, spiritelli, ah!, pungevano il suo volto, luridi cinghiali, cinghiali! Oh Dio, cinghiali!, dagli occhi color sangue lo rincorrevano e, oh Dio!, si avvicinavano sempre pi. Un vortice di pensieri, di rimorsi, di angoscia veniva sciolto nella lava di un vulcano di morte e di salvezza dalla figura poderosa ed animale dellistinto, che forniva un sollievo primordiale ma in continuo movimento ad Italo. Vide avvicinarsi a lui il tavolo delloratorio e vi si gett contro, sbattendovi testa e petto ma riparandovisi sotto. Qualcosa lo aspettava, sicuramente lo aspettava, dietro di lui, ma almeno l era al sicuro. Tast la terra, strappo dellerba e tir pugni al legno delle sedie, maledicendosi per il rumore che avrebbe potuto allertare qualche figura diabolica in ascolto. La situazione ora era tragica: sovrastato dagli alberi, nel bel mezzo del giardino, una miriade di demoni che lo aspettava fuori. Prima di riflettere, si cull nervosamente nella tranquillit di quel luogo. Poi riflett. Doveva restare in quel luogo cos rassicurante? Doveva uscire da quel metro quadrato di morte, stretto e soffocante? Doveva entrare nella chiesa o starne alla larga il pi possibile, uscendo per la strada, urlando al mondo la sua paura, facendosi possedere finalmente dagli spiriti che lo inseguivano e lo aspettavano? Vi furono ancora cento, mille risoluzioni, mille idee, mille domande e mille risposte. Nessuna sembrava soddisfacente, tutte sembravano calzare a pennello. Il suo cervello sembrava scoppiare dal troppo silenzio, le mani si ritraevano in continuazione, il suo corpo sembrava vittima di mille aghi neri, le sue gambe si stringevano e nervosamente saltellavano qua e l, evitando il pericolo. Oh Dio, che fare? Lidea venne. Si alz, con una mano spost brutalmente la sedia e si diresse a passo risoluto e sicuro, ma sempre in procinto di collassare e bruciare tra le fiamme dellinferno, verso la chiesa. Il suo cammino lo esponeva totalmente a tutto ci che aveva evitato fino ad ora, ma per contraltare lo proteggeva. Una lastra di acciaio morbidissimo lo separava dalle sue paure, che in continuazione lo perforavano e ne venivano distratte. Il suono dei passi sulla ghiaia chiamava a s tutti gli spiriti con le orecchie tese, ma allo stesso tempo si spegneva sordo senza che nessuno lo avesse udito. Si ritrov, dopo secoli, davanti alla porta della chiesa. Era aperta. Lo spettacolo che gli si parava davanti era il punto di non ritorno della sua immaginazione. I banchi neri si incenerivano e si scioglievano torturati da rossi demoni alati, con le ali affilate e lucenti, ma allo stesso tempo putride. I loro volti pregni di dolore e cattiveria lo guardavano con uno sguardo che chiedeva piet e comunque assetato di sangue. Il pavimento cedeva infuocato, vomitando lava e fumo, inghiottito da come una fornace incommensurabile, da cui nascevano draghi neri e squamosi insieme ad altri uomini (uomini? Come chiamarli uomini!) incappucciati, sempre con quello straziante dubbio sulla consistenza del volto. Un Behemot lottava violentemente contro un Leviatano urlante, che si muoveva enorme nellacqua delloceano. Il soffitto non esisteva pi, la notte color pece lo assaliva e qualche stella infiammata disseminata qua e l illuminava gli orribili scenari di morte popolati da mostri orrendi che recitavano il dramma. In fondo alla navata un malvagio, enorme, nero, terrificante diavolo, forse il Diavolo, divorava brutalmente una donna urlante, che gemeva ed urlava facendo andare in mille pezzi le finestre rossastre della chiesa. Con loscurit esso si era fatto una bara di malvagit ed un trono, dal quale sovrastava tutto il bestiario urlante che straziava la casa del Signore. Peggio di tutto, essa continuava ad essere calma, austera vuota, immutata, immobile agli occhi di Italo. La sua mente partoriva e vomitava visioni di quel genere, ma lui sapeva (e ancora non sapeva) che non poteva totalmente fidarsi di essa. Avanz sui freddi cosmateschi, circondato dal nulla. Cammin tra le colonne e gli affreschi. Procedette totalmente avulso dalla realt circostante, ma tuttavia concentrato sulle figure che attorno gli si stagliavano. Arriv fino allaltare e guard intensamente in alto, fissando deciso il Cristo benedicente. Rimase immobile per mille anni e poi si gir. La chiesa lo guard materna. Con un sorriso sulle labbra e il vuoto nella mente, riprese a camminare in posizione inversa, uscendo dalla chiesa, uscendo dalla sua vita.

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