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Il vuoto

di Alessandro Fadda

Roma periferia, pomeriggio di un giorno di ottobre. Era salita qualche fermata prima. Una sciarpa di seta copriva il suo viso. Si vedevano solo gli occhi, neri, vivissimi, inquieti. Lo sferragliare del tram sui binari non copriva pi i colpi di tosse. Erano diventati troppo frequenti e forti. La gente si allontanava, dapprima timidamente, poi in modo veloce, con fastidio. Con la paura di essere contagiata da chiss quale pericolosa malattia. Intorno a lei il vuoto, una mezzaluna strana di spazio, surreale in quel tram pieno. Era cosi scossa dalla tosse, che non si era accorta di essere in quel vuoto, di essere sola. Poi lo avverti e cominci a guardarsi intorno. Cercava di vedere qualcuno, ma la gente abbassava gli occhi per non raccogliere la domanda daiuto del suo sguardo. Forse voleva solo comprensione ed un minimo di presenza. Ma era sola! Ad un tratto, finalmente una voce : Poveretta sta male Unanziana signora, come un raggio di luce nel buio, rompe quel vuoto, si avvicina, la tocca, la prende per mano: Che ti senti cara? Vieni con me, ti passer, vedrai starai meglio. Con le mani strette sono scese dal tram e le ho viste come madre e figlia entrare in un bar. Sul tram uninvisibile barriera crollava ed il vuoto tornava ad essere pieno di niente.

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