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Autismo Intestino Alimentazione Sistema Immunitario
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Autismo Intestino Alimentazione Sistema Immunitario

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About this ebook

Data l'elevata incidenza di patalogia autistica che si registra in questi ultimi decenni

è importante valutare questa malattia da più punti di vista.

In questo caso l'Autore focalizza l'attenzione sull'intestino, sull'alimentazione e sul sistema immunitario;

tutte hanno la loro importanza nella Autistic Spectrum Disorder.

Non sarà tralasciato l'aspetto neurologico.
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateMay 22, 2023
ISBN9791221471250
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    Autismo Intestino Alimentazione Sistema Immunitario - Maurizio Proietti

    CAPITOLO 1

    PERMEABILITÀ INTESTINALE

    L’apparato digerente è stato oggetto di studio, quasi esclusivamente, per le sue funzioni digestive e di assorbimento dei nutrienti, ma sarebbe necessario prestare maggiore attenzione alle sue caratteristiche anatomo-funzionali, ciò sarebbe utile per capire che le sue funzioni vanno ben oltre la manipolazione di sostanze nutrienti ed elettroliti. Mi riferisco in particolare alla correlazione con il sistema immunitario e nervoso centrale.

    Giocano un ruolo importante la predisposizione genetica, la disregolazione della risposta immunitaria innata e acquisita nei confronti di trigger ambientali e la perdita della funzione di barriera intestinale; dipendente, quest’ultima, da una possibile disfunzione delle tight junction zonulina-dipendente. Sembrerebbe, infatti, che molte delle nuove patologie derivino dalla disregolazione immunitaria conseguente all’alterazione della fisiologica permeabilità intestinale, spesso conseguente all’insulto tossico determinato dagli inquinanti (aumento della permeabilità). Oltre al tipo di inquinanti, molto dipende dal tipo di danno della mucosa e dalla sua entità. Giocano un ruolo importante gli inquinanti che interessano la filiera alimentare. Non vanno trascurate le disbiosi, che hanno un ruolo importante nelle disfunzioni dell’apparato gastrointestinale.

    Immunità regionale e funzione di barriera

    Per quanto concerne l’apparato gastrointestinale vanno considerati diversi aspetti, tra questi assumono importanza quelli riportati di seguito.

    ➢ Il sistema nervoso dell’apparato gastrointestinale ha molto in comune con il sistema nervoso centrale (SNC).

    ➢ La minima variazione dei pattern molecolari può innescare reazioni anomale del sistema immunitario, sono reazioni che possono manifestarsi nel sito interessato dal processo, ma anche a distanza.

    ➢ Gli inquinanti possono indurre variazioni della microflora intestinale (microbiota), ne è un esempio il glifosato (erbicida, di cui parleremo più avanti in un altro capitolo), che manifesta tossicità diretta sulle tight junction e sul microbiota. Le micotossine (inquinanti biologici involontari) inducono lo stesso tipo di danno.

    ➢ Capacità di regolazione e di interazione della mucosa intestinale con il microbiota intestinale, oltre alla correlazione con la tolleranza immunitaria.

    Dal punto di vista immunologico, esistono alcuni tessuti privilegiati che hanno sviluppato la capacità di innescare risposte immunitarie specializzate, soprattutto in corrispondenza degli epiteli come quelli dell’apparato respiratorio e gastrointestinale. Epiteli (mucose) importanti per la loro funzione di barriera fisica, e di garanzia per la tolleranza nei confronti dei microrganismi commensali che vivono a contatto con essi. A questo livello, il sistema immunitario ha funzioni altamente specializzate: sistema immunitario regionale.

    Il tessuto linfoide associato alla mucosa MALT, acronimo di mucose-associated lymphoid tissue, comprende:

    ➢ tessuto linfoide associato all’intestino (GALT), acronimo di gut-associated lymphoid tissue, è il più importante e complesso. Assumono importanza le placche del Peyer;

    ➢ tessuto linfoide associato alla cute (SALT), acronimo di skin-associated lymphoid tissue;

    ➢ tessuto linfoide associato alle mucose nasali (NALT), acronimo di nosel-associated lymphoid tissue;

    ➢ tessuto linfoide associato alla mucosa laringea (LALT), acronimo di larynx-associated lymphoid tissue. Il distretto anatomico di appartenenza della laringe è particolarmente importante per la presenza dell’anello del Waldeyer;

    ➢ tessuto linfoide associato alla mucosa bronchiale (BALT), acronimo di bronchial-associated lymphoid tissue;

    ➢ tessuto linfoide associato agli occhi (EALT), acronimo di eye-associated lymphoid tissue, la congiuntiva ha un ruolo importante;

    ➢ tessuto linfoide associato all’apparato vascolare (VALT), acronimo di vascular-associated lymphoid tissue.

    Come già accennato, il tessuto linfoide associato all’intestino (GALT) è il più importante, perché la mucosa dell’apparato gastrointestinale è la più esposta ai fattori ambientali esterni. Con una superficie di oltre duecento metri quadrati è in grado di mettere in atto entrambi i tipi di risposta immunitaria: cellulare e umorale.

    La mucosa dell’apparato gastrointestinale, evoluta principalmente per la sua funzione di assorbimento, deve tener conto dei miliardi di batteri presenti sulla sua superficie e, quindi, essere necessariamente un epitelio specializzato, e non solo un semplice strato di cellule con funzione di barriera fisica. Infatti, possiede anche altri tipi di cellule specializzate, ne sono esempio le cellule caliciformi mucipare. Quello che più interessa è il sistema di giunzioni cellulari, sono rilevanti dal punto di vista funzionale.

    Nell’intestino, dal punto di vista anatomico, distinguiamo la tonaca mucosa (comprende l’epitelio di rivestimento) e la lamina propria: formata da tessuto connettivo lasso ricco di cellule. La lamina propria ospita aggregati di tessuto linfoide: noduli linfatici, che possono estendersi anche alla tonaca sottomucosa. Nell’ileo rinveniamo le placche del Peyer: noduli linfatici aggregati, che si presentano come piccole depressioni circolari. Il sistema immunitario regionale intestinale, rispetto agli altri, risulta particolarmente ricco di linfociti che producono soprattutto immunoglobuline di tipo A (IgA).

    Componenti importanti del GALT sono i tessuti linfoidi secondari non capsulati e le placche del Peyer, è in questo ambito che si muovono i linfociti B, i linfociti T, le cellule dendritiche, i macrofagi e i mastociti: elementi che mediano la risposta innata e adattativa. Le cellule dendritiche sono in grado di mettere in atto la difesa anche nei confronti dei virus.

    Il sistema immunitario regionale associato all’intestino (GALT) ha l’importante compito di inibire le risposte nei confronti della flora commensale e delle componenti alimentari, ma deve identificare i patogeni, nei confronti dei quali deve mettere in atto la risposta immunitaria. Il numero dei microrganismi commensali risulta essere dieci volte maggiore rispetto a quello delle cellule del nostro organismo. Sono microrganismi necessari per assolvere funzioni che le nostre cellule non sono in grado di svolgere, come ad esempio la produzione di alcune vitamine e l’eliminazione dei metalli pesanti. Il sistema immunitario ha impiegato milioni di anni per entrare in sintonia con questi utili microrganismi, ma se per qualsiasi motivo, dovessero oltrepassare la barriera potrebbero creare molti problemi.

    Le componenti cellulari del GALT esprimono i recettori per i seguenti neuropeptidi: calcitonin gene related product (CGRP), somatostatina e vasoactive intestinal peptide (VIP), neuropeptidi che possono avere effetti diversi sui linfociti. Ad esempio, la sostanza P li stimola, il VIP, la somatostatina e la sostanza P controllano la sintesi delle IgA da parte dei linfociti B. Alcuni neuropeptidi regolano la produzione delle citochine prodotte dai linfociti T, influenzano anche il differenziamento Th1 o Th2.

    Mucine

    Le mucine sono proteine glicosilate che formano una barriera protettiva, necessaria a impedire ai microrganismi presenti nel lume intestinale di venire a contatto con le cellule epiteliali. È una barriera formata da un gel di spessore variabile dai 300 ai 700 nanometri, che ha un turnover rapido (variabile dalle 6 alle 12 ore), la sintesi delle sue componenti è stimolata da fattori ambientali e immunologici (IL-1, IL-4, IL-6, IL-9, Il-13, TNF e interferoni di tipo I). I neutrofili sono importanti in questo processo, perché producono elastasi e proteine che favoriscono l’adesione microbica, oltre all’aumento dell’espressione dei geni codificanti le mucine. È un processo che, nel tentativo di aumentare la difesa della mucosa, induce cambiamenti quali-quantitativi del muco.

    I TLRs⁹ e i recettori cellulari di tipo Nod (nod-like receptors, NLR; recettori che riconoscono i PAMPs¹⁰) sono espressi dalle cellule intestinali e favoriscono la risposta immunitaria; sono molto importanti perché capaci di limitare la risposta immunitaria nei confronti degli agenti microbici commensali, un aspetto fondamentale per non attaccare i microrganismi che convivono con il nostro organismo. Purtroppo, c’è sempre un ma: quando si innesca una risposta infiammatoria, che interessa l’epitelio (in questo caso ci si riferisce a quello intestinale), si può rompere l’integrità di barriera con tutte le conseguenze negative che ciò comporta. L’integrità di barriera può essere rotta anche a causa degli inquinanti, compresi quelli che interessano la catena alimentare. In questo caso sono interessate le mucine, che perdono la loro funzione di protezione.

    L’infiammazione della mucosa intestinale è stata a lungo ritenuta un sintomo primario della malattia celiaca e delle malattie infiammatorie intestinali, è il segno predominante della maggior parte delle malattie dell’apparato gastrointestinale (es. malattia di Crohn e rettocolite ulcerosa) che si associa alla decomposizione dei glicosaminoglicani.¹¹ Questi ultimi assumono importanza nel tessuto connettivo e nella lamina basale degli epiteli.

    Da tempo, nei pazienti affetti da disturbo dello spettro autistico è stata accertata un’infiammazione patologica dell’ileo, che si accompagna ad altri sintomi caratteristici della malattia. Infiammazione intestinale che può essere ritenuta una conseguenza della disregolazione del sistema immunitario a livello del tessuto linfoide associato all’intestino (GALT) che, come già accennato, è la componente più importante e più complessa del sistema immunitario (70-80%). Tra le strutture più importanti ci sono le placche del Peyer. A tal proposito, nel 2013, insieme ad altri colleghi, ho pubblicato un articolo riguardante l’infiammazione cronica aspecifica gastroenterica nei bambini autistici, uno studio retrospettivo in cui ci siamo avvalsi dei nostri casi clinici, nel box successivo sono riportati i passaggi più significativi estrapolati dall’articolo.

    Infiammazione Cronica Aspecifica Gastroenterica in bambini autistici: studio retrospettivo di una nuova sindrome.

    […] Nei pazienti affetti da ASD è segnalata un’elevata prevalenza di disturbi gastroenterici associati, con stime che variano tra il 9% e il 55%. I genitori dei piccoli pazienti, spesso, riferiscono alterazioni dell’alvo e scariche diarroiche intermittenti e/o persistenti con muco, talvolta accompagnate da sangue, generalmente connesse all’assunzione di alcuni alimenti.

    […] Negli ultimi anni, si sta facendo strada l’ipotesi che alla base dell’evoluzione clinica dei sintomi comportamentali del bambino autistico ci sia una infiammazione aspecifica, anche se minima e modesta, in cui assume importanza il ruolo regolatorio della Vit.D3.

    […] Secondo alcuni autori la disfunzione a livello intestinale potrebbe essere uno dei fattori concausali dell’evoluzione clinica del disturbo della sfera autistica.

    Scopo dello studio

    Lo scopo del lavoro è quello di estrapolare da una coorte di piccoli pazienti autistici sottoposti a esame endoscopico con biopsia presso il Dipartimento di Biomedicina dell’età evolutiva dell’Università di Bari, tutti coloro che presentano sintomatologia clinica suggestiva per patologia intestinale infiammatoria; dati utili alla correlazione del fenomeno immunologico (a livello del GALT) con le scelte alimentari.

    A causa del disagio diagnostico-terapeutico, molti genitori iniziano disperatamente un viaggio di ricerca per rimedi farmacologici e nutrizionali, spesso senza supporti scientifici adeguati. Inoltre, il desiderio di remissione/guarigione induce molti genitori a scambiare per risultati positivi di farmaci e diete, quelle variazioni positive dello stato di salute che potrebbero essere ottenute anche con placebo. Tutto ciò favorisce l’attività di speculatori che, spesso, approfittando dell’angoscia delle famiglie, propongono cure nuove e miracolose prive di effetti validati e verificabili, o fanno pagare come cura ciò che al massimo, e solo a volte, potrebbe essere ritenuta ipotesi di ricerca.

    Materiali e Metodi

    Abbiamo analizzato 21 schede di pazienti con disturbi neuropsichiatrici e gastroenterologici, senza altre patologie associate. Nello specifico: 12 pazienti maschi (età media 6 anni) e 9 femmine (età media 6 anni), sottoposti a esofago-gastro-duodenoscopia e colonscopia con biopsie multiple, il tutto finalizzato alla riferita associazione tra disturbi gastroenterologici e dello spettro autistico.

    Risultati

    Gli accertamenti endoscopici (esofagogastroduodenoscopia) non hanno rivelato la presenza di fenomeni ascrivibili a importanti processi flogistici. Solo in un caso è stata descritta un’infiammazione caratterizzata da erosione superficiale della muscosa gastrica.

    L’esame istologico del materiale prelevato con le biopsie dal grosso intestino, invece, ha mostrato nella totalità dei casi un’infiammazione cronica aspecifica caratterizzata da una discreta infiltrazione flogistica linfoplasmacellulare, con modesta iperplasia linfatica follicolare secondaria.

    In 11 dei 21 bambini, era evidente la presenza di cellule eosinofile. L’iperplasia nodulare linfoide era presente in 9 degli 11 piccoli pazienti. L’esame istologico e immunoistochimico dei tessuti (biopsia) ha mostrato una colite microscopica con infiltrazione di linfociti intraepiteliali ed eosinofili, atrofia della mucosa e iperplasia dei noduli follicolari linfoidi in tutti i pazienti selezionati (100% dei casi). Il processo infiammatorio si presentava di vario grado e intensità (aree di sanguinamento e iperemia con erosioni mucose e ulcere o aree iperemiche o lesioni atipiche tipo vasculitico in 6 dei 12 maschi e in 2 delle 9 femmine) localizzate in maniera discontinua per l’intero tratto del piccolo intestino. In tutti i bambini è stata osservata una regressione della sintomatologia gastroenterologia con l’ausilio di una dieta senza glutine e proteine del latte.

    Conclusioni

    Il nostro è uno studio retrospettivo osservazionale effettuato su un gruppo limitato di pazienti, ma conferma la presenza di una malattia infiammatoria cronica intestinale associata al disturbo dello spettro autistico. La dieta priva di proteine fortemente acidificanti come caseina e glutine ha mostrato di influenzare positivamente l’evoluzione clinica di questi bambini. Il risultato ottenuto indica il colon come sede maggiore di sensibilità al danno. Tutti i pazienti osservati hanno mostrato un coinvolgimento macroscopico e/o microscopico e un miglioramento con l’approccio terapeutico alimentare. L’efficacia della terapia alimentare di esclusione/rotazione sulla remissione di tale processo gastroenterico può avere buoni riflessi sulla patologia principale. Questo è solo un piccolo contributo osservazionale che merita di essere approfondito con uno studio controllato versus placebo.

    Giunzioni intercellulari

    La barriera gastrointestinale è selettivamente permeabile, una funzione caratterizzata dalla formazione di complessi proteina-proteina: desmosomi (desmosome junction), emidesmosomi (hemidesmosome junction), giunzioni comunicanti (gap junction), giunzioni aderenti (adherens junction) e giunzioni strette (tight junction). Le gap junction (GJs) sono costituite da due emigiunzioni, ognuna delle quali è composta da sei proteine: le connessine. Le tight junction (TJs) – scriveva James Madara (1989) - non devono essere considerate solo per la funzione di barriera, ma fondamentali per l’assorbimento dei nutrienti, in quanto sottoposte a regolazione. Lo scienziato descriveva le due vie adibite all’assorbimento cellulare nell’intestino:

    I. transcellulare, via utilizzata dalle molecole lipofile;

    II. paracellulare, via utilizzata dalle macromolecole idrofile.

    Le giunzioni intercellulari che contribuiscono a rendere impermeabile l’intestino sono le seguenti: giunzioni serrate, dette anche tight junction (TJs) e le giunzioni aderenti, dette anche adherens junction (AJs), deputate al controllo della permeabilità paracellulare attraverso gli spazi intercellulari. Le prime si trovano nella parte apicale, le seconde nella parte baso-laterale. Sono entrambe connesse al citoscheletro di actina.

    Giunzioni aderenti

    Le giunzioni aderenti sono la risultante di un articolato incrocio di complessi proteici che contribuiscono al mantenimento dell’adesione intercellulare, sono importanti ai fini dell’assorbimento dei nutrienti. Se le giunzioni aderenti si alterano, come prima conseguenza avremo l’interruzione dell’adesione cellula-cellula e cellula-matrice, ciò inciderà negativamente su una serie di importanti funzioni e si andrà incontro a fenomeni di apoptosi cellulare precoce.

    Sono componenti importanti delle giunzioni aderenti le proteine che hanno un segmento transmembrana e 5 domini extracellulari ripetuti: le caderine, fondamentali per l’adesione cellulare Ca++ dipendente. Le isoforme di caderina sono le seguenti:

    • caderina VE (acronimo di endotelio vascolare);

    • caderina E (acronimo di epiteliale), è conosciuta anche come caderina-1;

    • caderina N (acronimo di neurale);

    • caderina R (acronimo di retina);

    • caderina P (acronimo di placenta).

    Queste appena elencate sono isoforme importanti per l’organizzazione spaziale delle giunzioni, è ipotizzabile che abbiano un ruolo decisivo nella omeostasi della permeabilità paracellulare.

    Giunzioni strette

    Le giunzioni strette sono importanti per l’adesione dello spazio paracellulare, sono formate dalle seguenti proteine integrali di membrana: claudine, occludine (dal latino claudere: chiudere), molecole di adesione giunzionale, proteine periferiche di membrana della zonula occludens (ZO) e chinasi. Sono state identificate 24 isoforme di claudine, proteine con due loop extracellulari e un dominio citoplasmatico C-terminale: fondamentali per la selettività della via paracellulare.

    Matrice extracellulare

    A beneficio della semplificazione, possiamo considerare la matrice extracellulare una struttura di supporto per le cellule, ricca di polimeri fibrosi (soprattutto collagene), indispensabile come struttura portante. Motivo ripetuto nella sequenza del collagene:

    Gly-X-Hyp-Gly-Pro-Hyp-Gly-X-Hyp-Gly-X-Pro-Gly-X-Hyp-Gly-Ala-Ser-¹²

    Nella matrice extracellulare, troviamo anche filamenti proteici intracellulari importanti per il citoscheletro e per l’adesione tra cellule. Le proteine zonula occludens (ZO) legano i filamenti al citoscheletro di actina. Da qualche anno, richiedo il dosaggio della zonulina plasmatica per i bambini autistici, perché ho notato che le concentrazioni, spesso, sono aumentate in questi piccoli pazienti; ciò è spiegabile con la patologia intestinale associata, in particolare con l’aumento della permeabilità. Attualmente, anche la ricerca si sta muovendo in questa direzione, tuttavia sono necessari ulteriori studi e verifiche (Kara H, et al. 2021; Asbjornsdottir B, et al. 2021; Karagözlü S, et al., 2022; Vernocchi P, et al., 2022).

    Con la tecnica della trasfezione, una metodica che prevede l’introduzione di materiale biologico estraneo, soprattutto acidi nucleici come DNA e siRNA, è stato osservato che le claudine 1, 3, 4, 5, 8, 11, 14 e 19 giocano un ruolo chiave per la selettività della barriera paracellulare. Le claudine 4, 8 e 14, sono implicate nella barriera cationica e nella regolazione degli ioni attraverso le tight junction, mentre le claudine 2, 7 e 13 sono necessarie per la formazione dei pori paracellulari.

    Per quanto concerne le occludine, proteine che hanno quattro domini transmembrana e due loop extracellulari, sono due le isoforme, il dominio C-terminale citoplasmatico (lega direttamente l’actina) si connette direttamente alla zonulina (ZO-1) nella zonula occludens.

    Sebbene siano stati compiuti passi in avanti nella ricerca, non è ancora del tutto chiaro quale sia il meccanismo di regolazione della permeabilità paracellulare e delle vie di segnalazione dell’apertura delle tight junction. Sono indubbiamente implicate le protein chinasi A, C e G (PKA, PKC, PKG), le protein chinasi mitogeno-attivate (MAPK), alcune Rho chinasi e le miosin chinasi a catena leggera (MLCK). È importante sottolineare che la protein chinasi A (PKA) è associata alle cellule che danno forma alla barriera ematoencefalica. La protein chinasi G (PKG) ha un ruolo importante nell’apertura della barriera ematoencefalica, le sue isoforme α e β aprono e disassemblano le tight junction. L’attivazione della protein chinasi C (PKC) causa permeabilità paracellulare e blocca l’assemblaggio delle tight junction.

    Le citochine, le tossine e i fattori di crescita dell’endotelio vascolare, utilizzano la via di segnalazione PKC.

    Sistema nervoso enterico

    Per quanto concerne la permeabilità delle barriere epiteliali, dobbiamo fare riferimento al sistema nervoso enterico (SNE), una struttura molto più complessa di quanto si potesse pensare fino a qualche anno fa. Il sistema nervoso enterico fa parte del sistema nervoso periferico, controlla l’apparato gastrointestinale, il flusso sanguigno intestinale e coordina in maniera autonoma i processi legati alla digestione. Anatomicamente è localizzato nella parete del tratto gastrointestinale, è distribuito circolarmente per tutta la lunghezza del tubo digerente. Le funzioni del sistema nervoso enterico sono sotto il controllo dei centri superiori attraverso l’innervazione vagale, mesenterica e pelvica. Assumono importanza i due plessi ganglionati maggiori: il plesso mienterico di Auerbach e il plesso sottomucoso, ognuno dei quali è composto da cellule nervose e da cellule gliali enteriche interconnesse tra loro. Costituiscono un network che, in dipendenza del tratto intestinale, può variare per forma, orientamento e densità gangliare.

    Il sistema nervoso enterico è costituito da fibre che interconnettono i gangli, e connettono questi ultimi al muscolo. Esiste anche un’innervazione estrinseca, deputata a innervare l’apparato gastrointestinale per il tramite del nervo vago, dei nervi mesenterici e pelvici. Sono nervi costituiti da un afferente sensoriale, che si collega al sistema nervoso centrale attraverso i gangli delle radici dorsali e il midollo spinale; oltre a efferente simpatico e parasimpatico, deputati alla modulazione delle funzioni gastrointestinali.

    I neuroni enterici producono diversi messaggeri chimici, tra essi neurotrasmettitori come l’acetilcolina e la serotonina; neuropeptidi come la calcitonin gene related peptide (CGRP), somatostatina, sostanza P e VIP. Ricordo alcune delle componenti fondamentali dal punto di vista funzionale: neuroni sensoriali, neuroni motori, interneuroni, neuroni secretomotori e vasomotori.

    Esistono vari modi di trasmissione dell’impulso, la neurotrasmissione di tipo eccitatorio e quella di tipo inibitorio.

    Come già accennato, il numero di neurotrasmettitori e neuropeptidi utilizzati dai neuroni enterici è elevato, tra questi, il glutammato e il GABA che, pur essendo maggiormente espressi nel sistema nervoso centrale, hanno anche un ruolo (meno importante) nel sistema nervoso enterico. Alcuni neurotrasmettitori regolano la produzione delle citochine espresse dai linfociti T, influenzano, inoltre, la differenziazione Th1 o Th2. La sintesi delle IgA è sotto il controllo del VIP e della somatostatina (per citare le più importanti), da ciò si evince che sono influenzati i linfociti B.

    Esiste una comunicazione bidirezionale tra linfociti e neurone, una sorta di feedback. Il neurone, insieme al neuropeptide, regola la produzione di citochine; ne è un esempio il mastocita, che stimolato da specifici neuropeptidi rilascia istamina, quest’ultima, a sua volta, eccita i neuroni.

    Tachichinine

    Le tachichinine sono peptidi, fu Vittorio Erspamer a isolarle per la prima volta negli animali. Le più importanti sono la sostanza P, la neurochinina A e la neurochinina B. I principali recettori sono la NK1, la NK2 e la NK3.

    La sostanza P è prodotta dal precursore preprotachykinin A e codificato dal gene Tac1.

    Alcune varianti del gene codificano per la neurokinin A e per il neuropeptide K.

    La sostanza P interagisce con le cellule bersaglio attraverso il recettore neurochinina 1 (NK-1R), perché espresso su molti tipi di cellule, questo ci autorizza a ipotizzare che esistono anche funzioni più complesse. La sostanza P viene prodotta nei siti di infiammazione, la sua sintesi è soggetta a regolazione immunitaria. I nervi presenti nei tessuti infiammati (anche nell’ intestino) producono la sostanza P.

    Il recettore NK-1R è espresso in tutto il sistema nervoso centrale e periferico, sulle cellule muscolari lisce vascolari, negli organi linfoidi, nei linfociti e nei macrofagi.

    Le tachichinine sono sostanze molto diffuse nel sistema nervoso centrale e periferico, sono vasodilatrici e secretagoghe. Inducono la produzione di istamina nei mastociti e fanno aumentare la permeabilità vasale, favorendo così l’infiammazione neurogena.

    Da poco, è stato scoperto che le tachichinine assumono il ruolo di fattori di crescita, o di messaggeri tra il sistema nervoso e il sistema immunitario.

    Partendo dall’assunto che l'infiammazione neurogena è orchestrata da un cospicuo numero di neuropeptidi, come le tachichinine (sostanza P, neurochinina A e neurochinina B) neuropeptidi pro-infiammatori, Mostafa Gehan (2011), per primo, ha studiato la relazione tra i livelli sierici di neurochinina A e gli anticorpi anti-proteina P ribosomiale. I livelli sierici di neurochinina A erano elevati in alcuni bambini autistici ed erano significativamente correlati alla gravità dell'autismo e ai livelli sierici di anticorpi anti-proteina P ribosomiale. Questo è stato il primo studio, ma ha dato impulso alla ricerca per determinare il ruolo patogeno della neurochinina A e il suo possibile legame con l'autoimmunità nell'autismo.

    Cellule gliali enteriche

    Nel sistema nervoso enterico, le cellule gliali enteriche (Enteric Glial Cells - EGCs) sono le più rappresentate, provengono dagli stessi progenitori dei neuroni della cresta neurale; durante lo sviluppo embrionale, le cellule progenitrici migrano nell’apparato gastrointestinale (in via di formazione) e vanno incontro, in un microambiente controllato, a differenziazione in neuroni o glia.

    La lesione, o la morte, delle cellule gliali del sistema nervoso enterico genera infiammazione acuta, che inizia con la perdita dell’integrità mucosale e/o vascolare, infatti, è stato ipotizzato un loro coinvolgimento nella regolazione della permeabilità intestinale. Le cellule gliali enteriche hanno le stesse funzioni che hanno gli astrociti nel sistema nervoso centrale, ossia quella di mantenere l’integrità della barriera ematoencefalica. Le cellule gliali enteriche partecipano alla sintesi dei neurotrasmettitori e alla loro degradazione, infatti, attraverso la glutammina sintetasi, trasformano il glutammato in glutammina rendendola disponibile per il riutilizzo; possono essere considerate il serbatoio della L-arginina, necessaria per la sintesi dell’ossido nitrico. Grazie al trasportatore GAT2, le cellule gliali enteriche eliminano il GABA.

    Nel corso della vita, il sistema nervoso enterico subisce numerosi cambiamenti: un processo che inizia alla nascita, quando lo sviluppo neuronale e gliale non è ancora terminato, e molti neuroni sono ancora indifferenziati dal punto di vista neurochimico. I neuroni, la microglia, le cellule interstiziali di Cajal e le componenti cellulari del sistema immunitario, attraverso un meccanismo di cross-talk, modulano continuamente il loro stato funzionale. Una modulazione resa possibile dai neuromediatori, dai neuropeptidi, dalle neurotrofine e dalle citochine; ne è un esempio la sostanza P, neuropeptide in grado di attivare le risposte fisiologiche delle cellule staminali mesenchimali: proliferazione, migrazione e secrezione di citochine specifiche. Le suddette cellule sono importanti per l’immuno-modulazione, tant’è vero che viene studiato il loro ruolo terapeutico nelle malattie autoimmuni.

    La Sostanza P e il suo analogo naturale hemokinin-1 (HK1) sono peptidi generati dai linfociti e dai macrofagi, hanno un ruolo importante nella risposta immunitaria nel corso di malattie infettive e infiammatorie dell’apparato gastrointestinale.

    Hanno un ruolo rilevante anche le interleuchine 12 e 23, che stimolano i linfociti T e i macrofagi deputati a secernere la sostanza P, ma ancora conosciamo le citochine che inducono la secrezione della hemokinin-1. I linfociti T, i macrofagi, e forse anche altre cellule del sistema immunitario, esprimono il recettore della Neurochinina-1 della sostanza P e della HK1. L’IL12, l’IL18 e il TNF-α sono in grado di aumentare l’espressione del recettore neurochinina-1 (NK-1R) sui linfociti T, l’IL-10 fa il contrario. La sostanza P stimola il recettore neurochinina-1 espresso sui linfociti T e induce la produzione di IFN-γ e di IL-17, con conseguente amplificazione della risposta pro-infiammatoria.

    Le cellule mononucleate della lamina propria, i follicoli linfoidi, l’endotelio vascolare, le cellule epiteliali e il plesso mioenterico, esprimono il recettore NK-1R. Nei modelli di studio animali per le malattie infiammatorie intestinali è stato osservato che il recettore neurochinina-1, la sostanza P e l’analogo HK1, sono in grado di modulare la risposta immunitaria nei siti interessati dall’infiammazione e/o dall’infezione. La sostanza P (nei topi) intensifica la risposta neuro-infiammatoria anche nelle infezioni da Typanosoma brusei, è una situazione sovrapponibile a quella delle infezioni sostenute dal Clostridium difficile, le cui tossine provocano infiammazione intestinale.

    Nell’uomo, l’infiammazione cronica dell’apparato gastrointestinale può essere una conseguenza della disregolazione del MALT, in questo caso il sistema immunitario risponde in maniera anomala nei confronti delle componenti intestinali. Ne è un esempio la malattia infiammatoria intestinale (inflammatory bowel disease - IBD), nella quale si osserva una maggiore espressione del mRNA NK-1R nei tessuti interessati dalla flogosi, oltre a una maggiore espressione dei recettori NK-1R dei linfociti T CD4+.

    Le infezioni sono la principale causa dell’infiammazione intestinale, a cui seguono danno chimico e fenomeni autoimmunitari, ma nel caso di alcune malattie infiammatorie intestinali a carattere cronico, come il morbo di Crohn e la colite ulcerosa, i meccanismi non sono ancora del tutto chiariti. In queste patologie, dall’eziopatogenesi incerta, si evidenziano alterazioni nell’architettura dei plessi ganglionati e si ipotizza siano coinvolte le cellule gliali; siamo autorizzati a pensarlo perché esprimono molecole MHC di classe I.

    Nei topi, la rimozione delle cellule gliali provoca una rapida infiammazione dall’esito fatale, possiamo quindi affermare che la glia è importante per l’integrità del sistema nervoso enterico e della barriera mucosale. Assumono importanza l’IL-1 e l’IL-6: mediatori dell’infiammazione, perché entrambe, attraverso la depolarizzazione della membrana, inducono ipereccitabilità dei neuroni enterici imitando gli effetti delle risposte eccitatorie sinaptiche.

    La glia enterica è in grado di rispondere alla stimolazione indotta dalle citochine proinfiammatorie. Gli effetti delle citochine e delle prostaglandine sulla glia enterica e sui neuroni spiegano in buona parte la loro plasticità. Per quanto concerne le caratteristiche morfologiche e l’espressione dei marcatori, le cellule della glia enterica sono simili agli astrociti del sistema nervoso centrale, poiché la glia enterica è parte integrante della mucosa intestinale, una lesione a suo carico può ripercuotersi anche sulla funzione di barriera. Le cellule della glia enterica, fino a qualche tempo fa, erano considerate cellule di supporto senza alcun ruolo attivo, tuttavia, recentemente, è stato accertato il loro coinvolgimento nel controllo della motilità intestinale e nella funzionalità della barriera.

    Possiamo considerare la glia enterica un ponte cellulare e molecolare tra nervi enterici, cellule enteroendocrine, cellule immunitarie ed enterociti; inoltre, essendo coinvolta nel trascrittoma delle cellule epiteliali, può indurre un cambiamento del fenotipo cellulare, può regolare l’adesione cellulare e preservare gli enterociti dagli insulti microbici.

    Sebbene possa sembrare strano, si ipotizza il coinvolgimento della glia perfino nelle patologie neurologiche che coinvolgono l’apparato gastrointestinale, infatti, ci sono evidenze del coinvolgimento della glia nella malattia di Creutzfeldt-Jakob e nell’encefalopatia spongiforme.

    L’espressione di prioni nelle cellule della glia enterica indica che l’asse intestino-cervello (gut-brain-axis) potrebbe essere la possibile via di trasmissione di queste particelle patogene. Se iniettiamo prioni per via endovenosa, o intraperitoneale, o intracerebrale, li ritroviamo nelle cellule della glia enterica. Lawson (2010) ha dimostrato che la proteina prionica iniettata nel cervello, dopo qualche minuto, viene rinvenuta nell’ileo. Anche uno studio recente, condotto da Seelig (2013), dimostra che i prioni possono passare dal cervello all’intestino, possono causare patologie a carico delle cellule della glia e dei neuroni enterici; ma come questo avvenga ancora non lo sappiamo. Si ipotizza che le vie siano quelle del sistema nervoso autonomo, tra cui il vago.

    Alla luce di quanto fin qui esposto, la glia enterica potrebbe fungere da serbatoio per prioni infettivi, che possono passare dall’intestino al cervello e viceversa; pertanto, se i prioni albergassero nel lume intestinale sarebbe facile la migrazione nel sistema nervoso centrale.

    A mio avviso, la scienza dovrebbe rivolgere più attenzione a quanto su descritto, non si farebbe altro che percorrere un solco già tracciato dal professor Scalabrino, che ha fatto una distinzione interessante tra prioni normali e mutati. La cosa non è assolutamente da sottovalutare, dato il loro coinvolgimento nelle lesioni mieliniche (Scalabrino G. 2005).

    Permeabilità e batteri

    Oltre alla permeabilità intestinale, la zonulina potrebbe regolare la colonizzazione dei microrganismi, infatti, è stato rilevato che l’interazione dei batteri con la mucosa intestinale ne determina il rilascio, ciò avviene indipendentemente dalla loro patogenicità o vitalità. In aggiunta, sono tanti i batteri che producono enterotossine capaci di disassemblare le tight junction.

    I ricercatori hanno cercato un’eventuale omologia di sequenza tra la Zonula Occludens Toxins (Zot) e la zonulina, hanno trovato un frammento attivo comune che condivide un motivo di octapeptide (GGVLVQPG), fondamentale per stabilire il legame con il recettore dell’enterocita. I meccanismi che permettono questo legame sono ancora poco conosciuti, ma è stato accertato che i suoi frammenti peptidici attivi sono utili per l’immunizzazione effettuata con antigeni adsorbiti attraverso le mucose. In questo assume importanza il tessuto linfoide associato all’intestino (GALT).

    Il passaggio di macromolecole nello spazio paracellulare, sia in circostanze fisiologiche sia patologiche è sotto il controllo del GALT, un sistema di sbarramento fondamentale per impedire agli antigeni non self di entrare in circolo. Il GALT definisce, inoltre, la tolleranza sistemica nei confronti degli antigeni provenienti dal lume intestinale, in questo processo hanno un ruolo importante sia la produzione delle immunoglobuline A (IgA) sia la stimolazione dei linfociti T di tipo regolatorio (T reg).

    Altro fattore importante per la reattività immunologica intestinale è il complesso maggiore di istocompatibilità (MHC), sede dei geni dello Human leukocyte antigen (HLA) di classe I e II (cromosoma 6); sono geni codificanti le glicoproteine che legano i peptidi. Il complesso peptide-HLA viene riconosciuto da specifici recettori dei linfociti T nella mucosa intestinale. All’incirca cinquanta patologie sono correlate a specifici alleli HLA di classe I e II.

    Per un intestino sano l’equilibrio tra immunità e tolleranza è fondamentale, ma nel caso venisse alterato si attiveranno risposte immunitarie inappropriate, che possono causare patologie infiammatorie sia localmente sia a distanza.

    Le cellule dendritiche hanno il compito di presentare l’antigene, è un ruolo chiave di collegamento tra l’immunità innata e l’adattativa, sono cellule istruite dai linfociti T di memoria a campionare gli antigeni per la successiva stimolazione dei linfociti T naïve. Nel riconoscimento degli antigeni, da parte delle cellule dendritiche, entrano in gioco i toll-like receptors (TLRs), capaci di cambiarne sia la funzione sia il fenotipo. I TLRs sono importantissimi per la discriminazione del self e del non self. Tale processo si basa sul riconoscimento di pattern molecolari batterici conservati. Ricordo che i toll-like 3, 7, 8 e 9 sono localizzati negli endosomi, i restanti sono recettori di superficie extracellulari. Negli epiteli di barriera, in questo caso ci riferiamo agli enterociti, i TLRs svolgono un ruolo importante per il mantenimento dell’equilibrio tra mucosa e microflora commensale. Attualmente, conosciamo almeno dieci tipi diversi di TLRs, tutti in grado di riconoscere lo specifico ligando capace di attivare il sistema immunitario innato. I TLRs indirizzano la risposta immunitaria attraverso una serie di segnali, in grado di indurre l’espressione delle citochine e delle chemochine, sostanze che, per avviare un’adeguata risposta immunitaria, reclutano e regolano le diverse componenti cellulari immunitarie. I TLRs sono necessari per indurre la risposta dei linfociti T e, attraverso essi, mantenere la memoria immunitaria. Sono cellule del sistema immunitario implicate nelle malattie croniche, comprese quelle a carico dell’apparato gastrointestinale, possono inoltre avere un ruolo sia di protezione sia proinfiammatorio.

    Il TLR-2 ottimizza l’integrità mucosale attraverso il riarrangiamento della proteina ZO-1 nelle Thight Junction. Se una stimolazione anomala (trigger) innesca una funzione inappropriata della zonulina, si può avere un eccessivo, e non regolamentato, passaggio paracellulare di antigeni non self nella lamina propria. È facile immaginare le conseguenze.

    Già da tempo, si ipotizza che i batteri presenti nel lume intestinale siano coinvolti nella patogenesi delle malattie autoimmunitarie, e che la zonulina sia coinvolta nei meccanismi di protezione di una eventuale contaminazione intestinale. Nelle malattie infiammatorie intestinali la risposta immunitaria di tipo adattativo viene innescata da quella innata, con il coinvolgimento dei linfociti B per la produzione delle IgA e IgG. Sono altresì coinvolti i linfociti T con fenotipo Th1, Th2 o Th17 e i linfociti T con funzione regolatoria T reg. La presenza dei linfociti Th17 sembra importante ai fini della protezione nei confronti di batteri patogeni. Il Bacteroides fragilis, ad esempio, può modificare il fenotipo dei linfociti in dipendenza della presenza, o meno, del polisaccaride A. Quest’ultimo, induce il fenotipo Th17, altrimenti ci saranno i linfociti T reg che producono IL-10.

    L’IL-23, che stimola la produzione dell’IL-17, viene prodotta principalmente dai fagociti e dalle cellule dendritiche attivate, una citochina, quest’ultima, che ha un ruolo importante nell’induzione dell’infiammazione del colon; ma anche nella regolazione delle tight junction.

    Sembrerebbe, che i linfociti T reg si siano evoluti per sopprimere le risposte immunitarie nei confronti dei microrganismi della flora intestinale, ne è un esempio la rettocolite ulcerosa, patologia in cui questi linfociti sono presenti sia nella fase infiammatoria sia in quella non infiammatoria.

    Oltre ai T reg anche i linfociti B hanno un ruolo regolatorio nelle forme infiammatorie a carico dell’apparato gastrointestinale, ma a differenza dei T reg sono presenti solo nelle forme infiammatorie acute.

    Attualmente non conosciamo tutti i trigger ambientali che inducono autoimmunità, ma nella malattia celiaca è stato accertato che il trigger è il glutine, ma esplica la sua azione solo nei soggetti predisposti geneticamente: aplotipo DQ2 e DQ8. In altre parole, ci deve essere la presenza di un fattore ambientale (trigger), un aplotipo predisponente (componente genetica) e l’alterazione della permeabilità intestinale. Ai fini di un migliore inquadramento diagnostico, è utile effettuare l’analisi genetica per rilevare l’eventuale presenza degli aplotipi DQ2 e/o DQ8 anche nei bambini autistici; sarà utile per guidarci nella calibrazione di un’alimentazione adeguata. Non è da trascurare l’analisi dei polimorfismi genetici, che tratteremo in un capitolo successivo.

    È stato dimostrato che anche alcuni tipi di batteri, al pari della gliadina, possono attivare la zonulina. Sappiamo che la gliadina si lega al recettore CXCR3 sugli enterociti e provoca un aumento della permeabilità intestinale attraverso l’attivazione del MyD88; di conseguenza, come già accennato, si avrà il passaggio di gliadina attraverso la via paracellulare e, forse, anche di altri antigeni non self. Negli individui geneticamente predisposti, la gliadina stimola le cellule che esprimono CXCR3, compresi i linfociti T γδ, i linfociti CD3+, i linfociti CD8+ e i natural killer. Questi ultimi attivano la risposta immunitaria innata.

    Circa il 90% delle proteine ingerite, dopo la scomposizione in peptidi più piccoli e non immunogenici, attraversano la barriera intestinale utilizzando la via transcellulare. Ma anche in condizioni di normalità, piccole quantità di peptidi, che possono essere immunologicamente attivi, sono in grado di attraversare la barriera intestinale tramite la via transcellulare e la via paracellulare. In questo meccanismo di trasporto hanno un ruolo importante le tight junction che, grazie a complessi meccanismi, consentono di tollerare questi residui, ma se l’integrità delle tight junction è compromessa, si può innescare una risposta immunitaria nei confronti dei suddetti peptidi.

    Ricordo che molte malattie autoimmunitarie sono caratterizzate dalla perdita della funzione della barriera intestinale, è pertanto ipotizzabile che alla base della patogenesi delle malattie autoimmuni ci possa essere un’alterata permeabilità intestinale. Ricordo, anche a rischio di essere ripetitivo, che alla base della permeabilità intestinale c’è spesso un problema di inquinamento, soprattutto della catena alimentare.

    Microbiota, TLR, permeabilità intestinale

    In condizioni normali il microbiota, anche con il suo elevato numero di microrganismi, non provoca infiammazioni, perché l’attivazione dei toll-like receptor (TLRs) ha un ruolo chiave per il mantenimento della normale omeostasi; ma i meccanismi alla base del fenomeno non sono stati del tutto chiariti. L’interazione TLR ligando microbico innesca un complesso meccanismo di segnalazione che porta all’attivazione del NF-kB, della chinasi (MAPK) e di alcuni componenti della famiglia dei fattori di regolazione dell’interferone (interferon regulatory factors-IRF). Attivazione che induce un aumento dell’espressione dei geni codificanti le chemochine e le citochine infiammatorie e immunomodulanti, tutte necessarie per un’adeguata difesa nei confronti dei microrganismi.

    Tra i TLRs più importanti espressi dagli enterociti ricordo il TLR2, il TLR4, il TLR5 e il TLR9. Quest’ultimo ha un ruolo molto importante, perché la sua attivazione sulla superficie basolaterale innesca un tipo di risposta trascrizionale; se, invece, viene attivato sulla superficie apicale innesca altri tipi di risposta. Solo il TRL9 situato sulla superficie apicale è in grado di attivare l’espressione dei geni frizzled class receptor 5 (FZD5), il cui trascritto regola la maturazione delle cellule del Paneth. Con la diminuzione dell’espressione del TRL9, diminuisce la concentrazione del mRNA Fzd5.

    Diverse ricerche effettuate per valutare la permeabilità della barriera intestinale hanno dimostrato che è strettamente dipendente dal genoma dei batteri intestinali (microbioma), un intestino con flora batterica compromessa, a sua volta, compromette la produzione di enzimi digestivi, perdendo così le normali funzioni fisiologiche dipendenti dal pH, dai peptidi e dai batteri. Sono condizioni che inducono un’infiammazione minima submucosale secondaria, tale da alterare alcuni pattern enzimatici presenti sulle membrane cellulari, in particolare sui microvilli (un caso noto è quello della lattasi)¹³. In condizioni normali, i microvilli consentono la normale digestione e assorbimento dei micronutrienti, in caso contrario alcune macro-molecole potrebbero oltrepassare la barriera mucosa gastrointestinale e, date le dimensioni, potrebbero essere identificate come non self, pertanto risulteranno immunogene e potrebbero scatenare la risposta immunitaria.

    A tal proposito è utile ricordare che molti bambini autistici hanno carenza di dipeptidyl peptidase-4 (DPP4), conosciuto anche come adenosine deaminase complexing protein 2 o CD26: enzima codificato dal gene DPP4 (banda citogenetica 2q24.2).

    Evidenze sperimentali suggeriscono che la disfunzione delle giunzioni serrate sia concausa, ma forse la principale causa, nell’insorgenza di malattie infiammatorie immunologiche sistemiche, malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI), allergie alimentari e celiachia. Quanto appena esposto, sembra essere presente anche nella sindrome autistica.

    I risultati di questi studi mostrano, o comunque sembrano suggerire, che le malattie correlate con l’aumento della permeabilità intestinale possono scomparire e/o arrestarsi se si ripristina la funzione di barriera. Le prove a sostegno sono ancora incomplete, ma sono abbastanza solide da incoraggiare i ricercatori a proseguire il cammino intrapreso.

    Le tight junction, ripeto, sono il target primario degli agenti esterni come gli inquinanti chimici (ma anche degli antibiotici) e/o biologici (micotossine), che interagiscono con la matrice proteica delle giunzioni, di conseguenza si avrà un’alterazione della conformazione delle giunzioni che espongono il paziente all’aumento della permeabilità intestinale.

    Anche l’ingestione inconsapevole di inquinanti biologici involontari come le micotossine, la conseguente disbiosi e la sporificazione da Candida albicans, sono fattori determinanti della sindrome della permeabilità intestinale (leaky gut syndrome). L’alterazione delle giunzioni serrate può essere conseguente anche a disbiosi¹⁴.

    L’eventuale presenza di candidiasi intestinale, condizione abbastanza frequente nei bambini autistici, ci obbliga a far rispettare un’alimentazione priva di zuccheri raffinati.

    Connessine e gap junction

    Le connessine (Cx) appartengono a una famiglia di proteine basilari in molti processi biologici, tra cui lo sviluppo embrionale, la migrazione delle cellule, l’apoptosi, etc. Sono proteine integrali di membrana, componenti basilari delle gap junction (GJs). Le connessine più importanti per questo tipo di giunzioni vengono prodotte nel reticolo endoplasmatico e dopo varie fasi di controllo trasferite nell’apparato di Golgi. Dopo ulteriori passaggi biochimici, arrivano alle membrane cellulari ed entrano in contatto con le proteine ZO-1, ZO-2, MUPP1 (multi-PDZ domain protein 1), actina, drebrina e tubulina.

    L’assemblaggio delle giunzioni cellulari è un processo altamente dinamico, per portare a termine questa fase occorrono mediamente da 1 a 5 ore. Ai fini della formazione di un efficiente sistema di giunzione e di comunicazione cellulare, entrano in gioco anche i fattori di trascrizione ZO-1 – ZONAB [zonula occludens 1 (ZO-1) -associated nucleic acid binding protein (ZONAB)], chinasi e fosfatasi. Le giunzioni cellulari sono espresse in tutti gli epiteli, a dimostrazione del ruolo chiave che hanno nel mantenere un’adeguata omeostasi cellulare. Sono strutture importanti già dalle primissime fasi della vita, ad esempio, nel follicolo vi sono due tipi di gap junction correlate con le connessine 43 e 37 (GJA1 e GJA4), isoforme indispensabili per il controllo dei processi di meiosi (Richard S. and Baltz JM. 2014). Per poter cambiare la forma delle cellule le connessine agiscono sull’actina del citoscheletro, è un processo che si ripercuote sulla morfologia, sull’adesione, sulla polarità e sulla migrazione transcellulare verso le molecole chemioattrattanti.

    Sperimentazioni condotte sui topi forniscono la prova diretta che le giunzioni sono fondamentali per la comunicazione intercellulare e basilari per le funzioni dei tessuti e per lo sviluppo degli organi. Una loro disfunzione può innescare processi patologici.

    La denominazione delle connessine deriva dal loro peso molecolare espresso in kDa, esempio: 43kDa per la Cx43. Nell’uomo sono stati identificati oltre 20 geni codificanti per le connessine. La maggior parte degli organi e molti tipi di cellule esprimono più di un tipo di connessina, in questo caso, i processi epigenetici rivestono un ruolo importantissimo.

    I geni sono stati classificati in 5 gruppi (alfa, beta, gamma, delta e epsilon) in base all’omologia di sequenza (Tabella 1.1).

    Tabella 1.1. In tabella sono riportate le connessine, i geni codificanti e il tipo di cellula che le esprime. * GJA6P è uno pseudogene. Fonte http://www.genenames.org/.

    Citochine e barriere epiteliali

    Le citochine proinfiammatorie, come l’interferone-γ (IFN-γ) e il fattore di necrosi tumorale-α (TNF-α), possono causare infiammazioni croniche a carico delle mucose: un possibile preludio all’alterazione della funzione della barriera epiteliale. L’interferone-γ determina un aumento della permeabilità paracellulare direttamente proporzionale al tempo di esposizione. In questo processo sono coinvolte anche proteine delle tight junction, quali occludina, claudina-1 e junction adhesion molecule A (JAM-A). Nel corso di processi infiammatori, l’interferone gamma (IFN-γ) e l’IL-4 influenzano la permeabilità intestinale, l’infiltrazione dei granulociti polimorfonucleati e sottoregolano l’espressione dell’occludina. L’IFN-γ induce anche una diminuzione dell’espressione della ZO-1.

    Si ipotizza che nella risposta immunitaria, i granulociti neutrofili abbiano fungano da messaggeri, ma si pensa anche a un ruolo importante dei batteri e/o delle tossine da essi rilasciate, questo fa pensare a un ruolo importante del microbiota.

    Grazie a sperimentazioni effettuate sugli animali, sono stati osservati gli effetti della flogosi acuta del colon sul flusso sanguigno cerebrale e le conseguenze sulla permeabilità della barriera ematoencefalica. È stato rilevato che, indipendentemente dal metodo di induzione, la flogosi del colon altera la permeabilità della barriera ematoencefalica: un aumento, al quale non si associa alterazione del flusso. Riescono a passare molecole come la fluoresceina (mol wt 376), ma non quelle di dimensioni maggiori come il FITC-dextran (mol wt 71.200). Sono diversi i meccanismi che possono spiegare quanto appena riportato. Ad esempio, la flogosi del colon potrebbe indurre il rilascio dei neurotrasmettitori vasoattivi, o sostanze¹⁵ capaci di indurre l’aumento della permeabilità della barriera ematoencefalica, tramite le vie nervose afferenti.

    Quanto appena esposto è una sintesi degli studi effettuati da Hathaway (1999) basati su due modelli diversi, che hanno dimostrato come le infiammazioni intestinali siano correlate a un aumento della permeabilità della barriera ematoencefalica dovuta all’apertura delle tight junction.

    Una robusta documentazione scientifica stabilisce che le tight junction possono essere considerate sistemi autoassemblanti, capaci cioè di rimodellarsi se stimolate dalle citochine proinfiammatorie. Queste ultime, però, sono anche in grado di danneggiarle e di conseguenza alterare la funzione di barriera di molti epiteli. Questo è il meccanismo alla base di molte patologie tra le quali: malattie infiammatorie croniche intestinali, infiammazione bronchiale e asma, fibrosi cistica e rinosinusite cronica.

    L’esposizione delle cellule epiteliali al TNF-α e all’IFN-γ è sufficiente a indurre modificazioni della claudina (in particolare la claudina 4) nelle tight junction, ne consegue un aumento della permeabilità. Anche il nuclear factor kappa-light-chain-enhancer of activated B cells (NF-kB) è coinvolto nei processi che comportano un aumento della permeabilità delle mucose, ma se si inibisce farmacologicamente questo fattore, tale condizione migliorerà. Un miglioramento associato alla stabilizzazione dei livelli di zonulina-1, perché il NF-kB, stimolato dal TNF-α induce l’aumento dell’espressione della myosin light chain kinase (MLCK) che, attraverso particolari processi biochimici, porta all’aumento della permeabilità paracellulare. Entrambi i tipi cellulari del sistema epiteliale ed endoteliale, se sottoposti contemporaneamente a stimolazione con il TNF-α e con l’IFN-γ, mostrano un incremento della permeabilità paracellulare. Inoltre, è stato dimostrato che il trattamento con le suddette citochine determina un aumento della permeabilità dell’epitelio bronchiale, oltre alla dislocazione citoplasmatica di JAM-A, claudina 4 e claudina 5. Le concentrazioni di occludina e JAM-A diminuiscono anche nelle cellule epiteliali intestinali esposte a stimolazione combinata con TNF-α e IFN-γ; in questo caso, sono coinvolte anche le lymphotoxin-like inducible protein (LIGHT) membri della famiglia del TNF, che in sinergia con l’IFN-γ contribuiscono ad aumentare la permeabilità paracellulare.

    Vasi linfatici del sistema nervoso centrale

    Fino a quando non sono stati scoperti i vasi linfatici del SNC, nella comunità scientifica era opinione diffusa che il cervello fosse un organo privilegiato dal punto di vista immunologico, perché una delle sue caratteristiche è l’assenza di un sistema di drenaggio linfatico inteso in senso classico. Questo è quanto si pensava fino a poco tempo fa, nonostante si sapesse che il cervello è continuamente controllato dal sistema immunitario all’interno della barriera ematoencefalica.

    Gli scienziati non hanno mai smesso di cercare possibili vie di ingresso delle componenti cellulari del sistema immunitario, almeno fino alla scoperta dei vasi linfatici che fiancheggiano i seni della dura madre e le loro stazioni tributarie: i linfonodi cervicali profondi. È stata proprio questa particolare localizzazione che ha reso difficoltosa la loro scoperta, ma con queste nuove acquisizioni si devono rivedere alcune certezze dell’immuno-neurologia.

    Esistono due tipi di vasi linfatici afferenti che si differenziano dal punto di vista anatomico per la presenza o l’assenza di cellule muscolari lisce, per le valvole linfatiche e per i pattern di espressione di adesione molecolare. I vasi linfatici meningei sono privi di cellule muscolari lisce, esprimono la proteina CCL21.

    Circa dieci anni fa, Baluk (2007) segnalava la presenza di giunzioni tra cellule endoteliali localizzate nella parte iniziale dei vasi linfatici, un tratto che ha una struttura anatomica particolare: lembi sovrapposti ai margini delle cellule endoteliali (forma di foglia quercia), mancanza delle giunzioni intese in senso classico perché somigliano più a bottoni. Bottoni che esprimono il vascular endothelial cadherin (VE-cadherin) e proteine tipiche delle Tight Junction come occludina, claudina-5, zonula occludens-1 (ZO-1), junctional adhesion molecule-A (JAM-A) e molecole di adesione delle cellule endoteliali (endothelial cell-selective adhesion molecule).

    Sono stati studiati i linfociti localizzati negli spazi meningei (CD3), le cellule dell’endotelio (CD31) e il MHC di classe II espresso dalle cellule; è stato evidenziato che come negli altri linfatici esprimono la podoplanina e il vascular endothelial growth factor receptor 3 (VEGFR3).

    È stata confermata l’importanza dei linfonodi cervicali profondi nelle risposte immunitarie nei confronti delle componenti cellulari e solubili del liquido cerebrospinale.

    Alla luce di queste recenti acquisizioni dovrebbe essere rivisto il dogma riguardante la tolleranza immunitaria e il privilegio immunitario del cervello, perché proprio il coinvolgimento del sistema linfatico meningeo potrebbe spiegare molte delle malattie neuro-infiammatorie e neuro-degenerative correlate a problematiche del sistema immunitario (Louveau A, et al.,2015).

    Come già accennato, anche le interleuchine sono coinvolte nella permeabilità paracellulare. Elenchiamo gli effetti dell’IL-1, IL-4, IL-6, IL-8, IL-10, e IL-13.

    • IL-1: aumenta nei pazienti affetti da patologie infiammatorie a carico dell’apparato gastrointestinale. Se ne rilevano elevate concentrazioni anche nel liquido di lavaggio bronchiale dei pazienti asmatici. Induce l’aumento della permeabilità paracellulare nell’epitelio e nell’endotelio. Nelle cellule Caco-2, (cellule molto usate in laboratorio come modello di cellule intestinali) provoca una diminuzione dei livelli delle occludine e degli occludin mRNA. È importante, altresì, sottolineare che l’IL-1 deprime le occludine anche negli astrociti.

    • IL-4: aumenta la permeabilità nelle cellule epiteliali T84. Nelle cellule epiteliali delle vie aeree (Calu-3) si osserva anche una diminuzione della ZO-1 e dell’occludina. L’IL-4 induce anche un aumento dell’espressione della claudina-2, che determina una diminuzione della resistenza transepiteliale (TER) e aumenta la conduttanza dipendente dal sodio (Na+).

    • IL-6: in dipendenza della stabilità della ZO-1 delle tight junction, aumenta la permeabilità negli epiteli e negli endoteli. Questa citochina influenza il rimodellamento dell’actina e la sua capacità contrattile.

    • IL-10: contrasta l’azione delle citochine proinfiammatorie (es. IFN-γ) sugli epiteli e sugli endoteli. Nei modelli di studio murini, basse concentrazioni di IL-10 favoriscono l’insorgenza di infiammazioni del colon e l’anomala dislocazione della ZO-1 e della claudina-1 nelle tight junction.

    • IL-13: fa diminuire la resistenza transepiteliale (TER) e i livelli di ZO-1. C’è sinergismo d’azione con l’IL-14 nel processo biochimico correlato alla STAT6 (signal transducer and activator of transcription 6).

    Da quanto appena esposto, si evince che alcune interleuchine incidono negativamente sull’occludina, sulla claudina e sulla ZO-1, alterando così la permeabilità. Invece l’IL-2 e l’IL-10, indirettamente hanno un’azione protettiva.

    La dottoressa Brandner, dell’Università di Amburgo, ha utilizzato le cellule IPEC-J2 suine per stabilire il ruolo dell’attività proteolitica delle matriptasi e il loro ruolo nell’integrità della barriera epiteliale. Utilizzando il MI-432 (potente inibitore delle matriptasi) ha valutato la risposta cellulare attraverso la misurazione della resistenza transepiteliale (TER) rilevando che, l’inibizione operata dall’MI-432 provoca un innalzamento dei livelli di perossido di idrogeno (H2O2) extracellulare: conseguenza dalla perdita della funzione di barriera.

    Nelle malattie infiammatorie intestinali, anche una minima riduzione della resistenza elettrica transepiteliale determina una disfunzione della barriera, di conseguenza ci sarà il passaggio di microrganismi patogeni e/o di tossine.

    La matriptasi, insieme ad altre proteasi endogene ed esogene come callicreina, caspasi, catepsine e proteasi derivate da microrganismi, è in grado di attivare o disattivare la funzione di barriera protettiva.

    Sottolineo che nei bambini autistici è opportuno effettuare il dosaggio delle matriptasi e della proteina cationica eosinofila, sono utili per verificare l’esistenza di allergie.¹⁶ Utile eseguire anche test allergici per gli allergeni di provenienza alimentare (preferibile la scarificazione cutanea: prick test).

    Encefalite

    L’encefalite autoimmune sperimentale si accompagna a disfunzione immunitaria a livello della mucosa intestinale: è la conseguenza dell’alterazione della permeabilità intestinale insorta prima dell’encefalite. Gli studi sull’encefalite sperimentale autoimmune sono stati utili perché hanno consentito di valutare la produzione di diverse citochine (in particolare l’INF-γ), l’attenzione si è spostata anche sui linfociti Th17, perché sono coinvolti anche nella sclerosi multipla.

    Nell’encefalite autoimmune sperimentale sono stati utilizzati il Lattobacillus paracasei e il Lattobacillus plantarum che, per le loro proprietà immunomodulanti, sono in grado di attivare i linfociti T reg, ne consegue la riduzione dei livelli di IFN-γ, TNF-α e IL-17.

    Conosciamo ancora poco i meccanismi del danno mucosale, tuttavia la ricerca è molto attiva in questo ambito: alcuni ricercatori dell’Università di Milano, studiando il comportamento delle cellule dendritiche, hanno scoperto che questo tipo di cellula esprime proteine in grado di aprire le tight junction e interagire con i microrganismi, ma a condizione che la barriera sia integra. In condizioni normali, la mucosa intestinale integra è inaccessibile ai microrganismi patogeni, il loro ingresso è possibile solo attraverso le cellule M localizzate nelle placche del Peyer. Una volta che le cellule dendritiche hanno campionato i microrganismi, li prelevano e li trasportano nei tessuti linfoidi (camera nuziale dei microrganismi) per permetterne il riconoscimento e, se necessario, avviare un’adeguata risposta immunitaria. Se invece è presente un’infezione, le cellule dendritiche vengono reclutate nel sito infiammatorio dalle chemochine infiammatorie, come la macrophage inflammatory protein 3α (MIP-3α) secreta dalle cellule epiteliali. In questa fase, le cellule dendritiche sovraregolano le proteine delle tight junction, formando, con gli enterociti, strutture simili alle tight junction, che saranno in grado di catturare i microrganismi senza modificare la resistenza transepiteliale (TER).

    Intestino e ASD

    Nei modelli di studio animali è stato osservato che l’acido propionico o propanoico (acido grasso a catena corta prodotto dai batteri intestinali) può indurre comportamenti ASD-simili, neuroinfiammazione, stress ossidativo, disfunzioni a livello mitocondriale e deplezione di glutatione. Nel colon, l’acido propionico è prodotto principalmente durante la fermentazione dei polisaccaridi, oligosaccaridi e acidi grassi a catena lunga; in questo caso, è la flora batterica anaerobica che sta operando. I carboidrati non digeriti, le fibre, e l’amido, rappresentano il principale substrato per la sua produzione.

    L’acido propionico ha un’azione bioattiva sui neurotrasmettitori, sull’acidificazione cellulare, sul rilascio del calcio, sul metabolismo dei grassi e sul sistema immunitario. È prodotto anche dai batteri opportunistici che presentano resistenza nei confronti degli antibiotici, resistenza non rara che si sviluppa a seguito dell’uso prolungato di antibiotici.

    Come già accennato, l’acido propionico può creare problemi alle gap junction dei neuroni e degli enterociti. Piace evidenziare, che alcune problematiche correlate all’ASD sono riconducibili alla chiusura delle gap junction dipendente dalla dopamina, dal calcio e dalle citochine. Inoltre, le gap junction hanno rilevanza nella neurotrasmissione, sono importanti nei gangli della base, nella corteccia prefrontale, nel nucleo accumbens e nell’ippocampo: aree coinvolte nei disordini del movimento.

    Nelle sperimentazioni sugli animali è stato osservato che, se con opportune sostanze (mediante iniezioni intrastriatali) si disregolano le gap junction dei neuroni in alcune aree cerebrali, si inducono stereotipie e attività motoria esagerata. Le gap junction sono importanti anche per la differenziazione cellulare dei nervi periferici, per alcune funzioni dell’apparato gastrointestinale, per la sincronizzazione elettrica dei neuroni (soprattutto durante le prime fasi dello sviluppo cerebrale) e per la migrazione neuronale.

    Anche negli astrociti, le gap junction hanno la loro importanza: quando sono chiuse, a seguito dell’accumulo extracellulare di potassio e di glutammato, queste cellule sono ipereccitabili.

    La disfunzione delle gap junction inibisce anche il pruning sinaptico a livello corticale, questo sembrerebbe giustificare l’aumento delle dimensioni del cervello nei bambini autistici.

    Nei topi knockout privati delle gap junction si assiste a un anomalo sviluppo cerebrale, a risposte esagerate agli insulti di tipo neurotossico, a crisi epilettiche e a disturbi del comportamento. È interessante rilevare che le gap junction bloccate inibiscono anche le tight junction di molti sistemi cellulari. È così che si altera la normale permeabilità dell’apparato gastrointestinale e degli endoteli; una condizione che può portare a sviluppare malattie come il diabete di tipo 1, allergie, asma ed autismo.

    L’acido propionico riduce i livelli di glutatione a livello cerebrale, rendendo il cervello più sensibile agli xenobiotici, ai metalli pesanti e ad altre sostanze inquinanti; inoltre, danneggia il metabolismo della carnitina, sostanza importante per la beta ossidazione dei grassi a livello mitocondriale. In questi organelli, l’acido propionico può interferire con il ciclo di Krebs: viene metabolizzato a propionil-CoA e successivamente a metilmalonil coenzima-CoA, che entra nella tappa del succinil-CoA, di conseguenza si assisterà a un rallentamento del ciclo. L’acido propionico e l’acido butirrico causano una diminuzione dei livelli degli acidi grassi omega-3 e un innalzamento degli omega-6, si avranno pertanto ripercussioni negative sulla fluidità delle membrane cellulari. Ovviamente ne risentiranno i recettori. In molti pazienti autistici si rilevano bassi livelli di carnitina, l’uso di antibiotici li riduce ulteriormente.

    Gut-Immune-Endocrine-Brain Axis e agenti esterni

    Nel corso degli anni, è stata studiata l’implicazione degli agenti tossici ambientali nell’ASD, ad esempio i pesticidi, i metalli tossici e gli antibiotici. Tutto, però, è rimasto a livello speculativo, perché non si riesce a dimostrare in maniera certa il meccanismo d’azione (Edelson SB. et al., 1998; Roberts EM. et al., 2007; Adams JB. et al., 2009; Geier DA. et al., 2009; Fallon, J. 2005; Kern JK. et al., 2007).

    Recentemente, è stato accertato che queste sostanze tossiche incidono in maniera negativa e selettiva sui geni coinvolti nell’ASD; inoltre, la comprensione delle diverse funzioni metaboliche del microbiota intestinale, ha fatto sì che crescesse l’attenzione della ricerca sul coinvolgimento dell'asse intestino-cervello in vari disturbi neurologici, ASD compreso (Carter CJ, Blizard RA. 2016; Nicholson JK. et al., 2012; Mayer EA. et al., 2014). Questo ha rappresentato un cambio di paradigma nell’ambito delle neuroscienze, soprattutto nei pazienti con disturbo dello spettro autistico è stata usata la lente dell'asse intestino-cervello, della permeabilità intestinale e la ricerca di nuovi biomarker, come ad esempio i peptidi urinari.

    Sono stati rilevati miglioramenti nel comportamento dei pazienti autistici conseguenti alla modifica dell’alimentazione, e ciò ha fatto ipotizzare una connessione tra intestino e cervello in questi pazienti. Questi risultati sono stati confermati da studi successivi (Reichelt KL, Knivsberg AM. 2003; d'Eufemia P. et al., 1996; Adams JB. et al., 2011).

    È stato dimostrato (istologicamente) che l’iperplasia follicolare linfoide dell’ileo (ileal lymphoid nodular hyperplasia, LNH) nei bambini affetti da ASD è meno grave rispetto alla classica malattia infiammatoria intestinale. In questi bambini, lo spessore della membrana basale risulta aumentata rispetto ai controlli. I linfociti T intraepiteliali γδ aumentano in maniera significativa. La concentrazione dei linfociti CD8+ e dei linfociti CD3 è maggiore rispetto a quella rilevata nei pazienti affetti da malattia di Crohn e da iperplasia nodulare linfoide. L’epitelio, ma non la lamina propria, è interrotto. È un epitelio di tipo HLA-DR, questo indica che la risposta è prevalentemente di tipo ER-TR2.

    Nei disturbi dello spettro autistico l’immunoistochimica conferma l’esistenza di una colite linfocitica aspecifica, l’epitelio appare particolarmente coinvolto, e questo conferma le crescenti evidenze della disfunzione epiteliale intestinale. Poiché il danno epiteliale sembra sproporzionato rispetto alla flogosi mucosale, è stato ipotizzato un meccanismo di tipo autoimmune. Si rileva anche una ridotta espressione delle disaccaridasi, un deficit di solfatazione delle ammine fenoliche e un notevole aumento della permeabilità intestinale di tipo paracellulare.

    Oltre che per l’infiltrazione linfocitaria, l’enteropatia si caratterizza per l’aumento della proliferazione cellulare delle cripte, per il deposito di IgG e delle frazioni del complemento Cq1 nella membrana basolaterale. Inoltre, si rileva una particolare infiltrazione di IgG1e IgG4 sul versante sub-epiteliale della membrana basale. Ancora: eosinofilia, aumento del numero delle cellule del Paneth, diminuzione dell’espressione dei proteoglicani e dei glicosaminoglicani (GAGs).

    Come già accennato, la perdita dell’integrità della barriera predispone a infezioni, ma gli epiteli rispondono con la produzione di peptidi aventi funzione antibiotica. Le famiglie di peptidi antimicrobici sono le defensine e le catelicidine. Le defensine sono prodotte, oltre che dagli epiteli, dai granulociti neutrofili, dai natural killer e dai linfociti T citotossici. Le maggiori produttrici di defensine sono le cellule del Paneth (dette anche cripticidine), che hanno la funzione di modulare la quantità di batteri nel lume intestinale. La produzione dì queste molecole viene sovrastimolata dalle citochine e da alcuni prodotti del metabolismo microbico.

    Le catelicidine sono espresse dai neutrofili, dalle cellule della mucosa intestinale e dall’epitelio bronchiale, si caratterizzano per la presenza del frammento C terminale LL-37, in grado di legare e neutralizzare i lipopolisaccaridi (LPS). Altre componenti delle barriere epiteliali sono i linfociti T intraepiteliali, i linfociti B e i mastociti.

    Nei soggetti autistici è stato riscontrato anche un deficit dell’attività enzimatica della fenilsulfotrasferasi, che normalmente garantisce la solfatazione¹⁷. La distruzione dei glicosaminoglicani e l’alterazione della solfatazione sono tipiche della malattia infiammatoria intestinale e possono contribuire all’aumento della permeabilità intestinale. È per questo motivo che andrebbe effettuata l’analisi del polimorfismo a singolo nucleotide (SNP) del gene SUOX. Solitamente si analizzano il SUOX S370S, Q364X e S370Y.

    Horvarth nel 1999 con esame bioptico nei bambini affetti da ASD di età compresa tra 3 e 7 anni, rilevò nel 63% dei casi la presenza di esofagite da reflusso di I e II grado; gastrite cronica nel 41% e duodenite cronica nel 66%. Le cellule del Paneth nelle cripte erano aumentate in maniera significativa. Queste cellule producono lisozima, defensine e α1-antitripsina; la defensina 5 umana ha la funzione di protezione nei confronti dei batteri patogeni e della candida.

    Nel 53% dei casi, si rilevava deficit degli enzimi deputati alla digestione dei carboidrati, ma non si riscontravano disfunzioni pancreatiche, e nel 43% dei casi l’alterazione della permeabilità intestinale.

    Nel deficit digestivo dei carboidrati sono coinvolte le disaccaridasi e le glucoamilasi. Interessante la conferma dell’anomala secrezione bilio-pancreatica in risposta alla secretina, che nel 90% dei bambini con diarrea cronica risultava elevata (Horvath K. 1999).

    _____________________

    ⁹ I Toll-Like Receptor (TLR), in italiano Recettori Toll-simili, sono una classe di proteine che giocano un ruolo chiave nella difesa dell'organismo.

    ¹⁰ I PAMP sono delle molecole (o porzioni di esse) caratterizzanti alcuni patogeni, non sono espresse dalle cellule dell'organismo ospitante (cioè estranee ad esso), e quindi riconosciute estranee (non self) dalle componenti cellulari del sistema immunitario.

    ¹¹ Sono polisaccaridi, che includono l’eparina solfato, il dermatin solfato, il condroitin solfato e i residui di acido sialico.

    ¹² La X rappresenta un amminoacido idrofobico, in genere l’alanina.

    ¹³ La lattasi è l’enzima prodotto nei microvilli intestinali e serve per la digestione del lattosio. I soggetti detti lattasi persistenti, cioè quelli che anche da adulti tollerano il lattosio continuano a produrre la lattasi. In questi soggetti il gene LCT (localizzato nel cromosoma 2) che produce la lattasi non si spegne con lo svezzamento come avviene in chi è intollerante al lattosio. Poiché la lattasi è prodotta a livello dei microvilli, eventuali problemi ai microvilli, come

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