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The story of us: Edizione italiana
The story of us: Edizione italiana
The story of us: Edizione italiana
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The story of us: Edizione italiana

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About this ebook

Due pezzi rotti possono incastrarsi per diventare uno intero?
Eli e Shelby stanno camminando attraverso il dolore in cerca della strada che li porta verso la guarigione. Dolore, morte e rinascita.
Un mix di emozioni che alla fine lasciano al lettore un cuore un po’ malconcio ma pulsante d’amore.


Quanto può sopportare un uomo prima di andare in pezzi? 1843 giorni. Ecco per quanto tempo sono sopravvissuto in quel buco infernale. Hanno cercato di spezzarmi, ma ho resistito. E devo tutto al ricordo delle calde notti estive, al profumo di pesche e all’unica donna che mi ha amato più di quanto abbia mai meritato. Ora, farò di tutto per tornare da lei.
Solo che Shelby Eubanks non è la ragazza che ho lasciato tanti anni prima. È qualcun altro, è un’estranea. La mia Shelby, la mia scoppiettante ragazza dagli occhi verdi, non rinuncerebbe mai ai suoi sogni, non si sarebbe mai eclissata nelle ambizioni di sua madre. Ma non rinuncerò a lei. Non rinuncerò a noi. Potrò essere un uomo distrutto, segnato e non più quello di un tempo, ma farò tutto il necessario per ricordarle la nostra storia.
LanguageItaliano
Release dateApr 6, 2023
ISBN9791220704571
The story of us: Edizione italiana

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    Book preview

    The story of us - Tara Sivec

    1

    SHELBY

    Sospiro per la frustrazione quando il minuscolo moschettone del filo di perle scivola ancora dalle mie mani goffe. Negli ultimi cinque minuti, ho tentato invano di indossare la collana e le braccia hanno cominciato a prendere le sembianze di due pesi morti. Ma quando un altro paio di dita si intrecciano alle mie alla base del collo, mi si mozza il respiro per la sorpresa. Lascio cadere le braccia sul grembo e incrocio le mani mentre lui aggancia con rapidità le due estremità del girocollo prima di appoggiarmi le mani sulle spalle. I palmi sono caldi e lisci contro la mia pelle. Il tocco è dolce e gentile, proprio come l’uomo a cui appartiene. Mi calma e spazza via tutta la mia irritazione, come sempre.

    «Le perle ti stanno benissimo. Temevo che non ti piacessero.»

    Mi sforzo di abbozzare un sorriso quando incrociamo gli occhi nello specchio, desiderando che i suoi complimenti mi facciano sentire bella e felice anziché triste e disgustata dalla persona che sono diventata. Le perle intorno al collo sono come un cappio che soffoca la mia vita e non desidero altro che strapparmele via e ridere come una pazza mentre si sparpagliano sul pavimento. Invece, stringo insieme le mani più forte che posso finché la sensazione non passa.

    «Adoro la collana, Landry, è meravigliosa,» mento, poi sposto lo sguardo verso il portagioielli che si trova sopra la toletta che ho di fronte, prima di tornare a guardarlo. Sorride con sicurezza, è ovvio che supponga che io stia pensando alle innumerevoli altre collane, bracciali e orecchini che mi ha regalato di recente, sono tutti appoggiati in modo ordinato sul velluto rosso che riveste l’interno della scatola. Laundry è all’oscuro dello scomparto segreto sotto uno dei cassetti ed è proprio così che voglio che resti.

    «Dovrebbe essere tua madre la star della festa di stasera, ma ho la sensazione che le darai del filo da torcere.» Landry ride mentre mi alzo dalla sedia della toletta e mi giro.

    Mi si contorce lo stomaco quando fischia in segno di ammirazione per il vestito nero senza spalline, lungo fino ai piedi, che lo stilista di mia madre ha scelto di farmi indossare stasera. Landry McAllister è un bell’uomo e mi ama. Vorrei che fosse abbastanza. Vorrei poter dimenticare la vita che sognavo e i progetti che facevo. Vorrei poter smettere di pensare a quei sogni infranti, accettare il mio destino ed essere semplicemente felice. Tutti questi desideri e rimpianti hanno ucciso qualcosa dentro di me che non potrò mai più riportare in vita. Non sarò in grado di dare a Landry ciò di cui ha bisogno, non importa quanto mi sforzi. Sento una fitta nel petto, consapevole che lui meriti di più.

    Premo inconsciamente la mano contro la coscia sinistra quando un dolore sordo pulsa nei muscoli in tensione. Do un’occhiata fuori dalla finestra dietro le spalle di Landry, vedo un lampo e l’inizio di una tempesta, le gocce di pioggia schizzano contro il vetro. Il dolore alla gamba non è mai scomparso, aleggia sempre sottopelle, nei muscoli e nelle ossa, mi ricorda la sua presenza e che una volta avevo dei sogni. Sogni che andavano oltre le mura di questa prigione in cui sono stata esiliata.

    A parte la sofferenza costante, la tempesta è un altro promemoria di tutto ciò che ho perso. Tutto ciò che mi è stato portato via in un batter d’occhi, sei anni fa, in un’altra notte piovosa, quando ho perso il controllo. Della mia vita, dei miei sogni e della macchina su una strada bagnata e tortuosa.

    Adesso, non ho altro che ricordi e rimpianti. Giorno dopo giorno, pieni di falsi sorrisi, finta felicità, in cui fingere di non aver mai sperato in qualcosa di più grande e migliore. A ventotto anni, ogni decisione che riguarda la mia vita è già stata presa da altri, senza considerare ciò che voglio, ciò di cui ho bisogno o che conta per me.

    Mi chiedo se Landry sappia quanto io desideri urlare ogni volta che mi guarda come se fossi la donna più bella del mondo. Mi domando se noti il senso di colpa che mi offusca il viso quando mi tocca e non riesce mai a incendiare il mio corpo. So che lo distruggerebbe se scoprisse che l’unica ragione per cui sto con lui ora è perché devo proteggere la sola persona che ho davvero amato, e mi odio per aver fatto questo a Landry. Ho sempre pensato che i miei sentimenti per lui sarebbero cambiati, cresciuti. Ho pensato che l’amore che mi dava sarebbe stato sufficiente per risanare il mio cuore spezzato e rimettermi in sesto, ma è accaduto l’esatto contrario. Sono diventata il guscio insensibile di una donna che non riconosco nemmeno più, a causa di un uomo che probabilmente mi ha solo usata, ma non so come smettere. Ha abbandonato la città senza salutarmi e poi se n’è andato da questa terra senza dirmi addio. Mi ha lasciata a rimettere insieme i pezzi e proteggere la sua famiglia e il suo nome, e proprio per questo lo odio. Ho permesso a qualcun altro di prendere per me tutte le decisioni, governare la mia vita e distruggere i miei sogni perché non ho idea di come fare a smettere di amarlo più di quanto lo odi.

    Il forte vocio e il rumore di passi nel corridoio fuori dalla stanza mi distrae. Landry corre verso la porta, ferma una delle domestiche di mia madre mentre si precipita dentro. Approfittando del fatto che mi ha voltato le spalle e rivolto l’attenzione lontano da me, apro con lentezza e in silenzio il cassetto inferiore del portagioie e sollevo il coperchio dello scomparto segreto. Faccio scorrere la punta delle dita sulle piastrine e vorrei poter dimenticare come il metallo freddo ai tempi sembrava scottarmi contro la pelle per il calore del suo corpo. Come le due placchette ondeggiavano tra di noi, sfiorandomi il petto quando lui si muoveva sopra di me. So che avrei dovuto sbarazzarmene molto tempo fa, ma sono un costante promemoria del fatto che ogni cosa che faccio è per lui, anche se ciò che avevamo era tutta una bugia.

    La conversazione sommessa davanti alla porta penetra nei miei pensieri quando sento qualcuno dello staff rivelare a Landry che c’è una specie di emergenza ed è su tutti i notiziari.

    «Tua madre è nel panico e ha bisogno di tutto l’aiuto possibile.»

    Chiudo il cassetto del portagioie appena prima che Landry mi guardi da sopra la spalla. Gli sorrido e gli faccio un cenno con la mano.

    «Va bene, vai a vedere cosa sta succedendo, ci vediamo al piano di sotto,» rispondo.

    Dice alla donna di far sapere a mia madre che sarà lì tra pochi minuti, poi si incammina verso di me mentre la cameriera si precipita fuori. Mantengo il sorriso sul viso quando mi prende una delle mani e se la porta alla bocca, bacia con rapidità il dorso e poi sospira mentre l’abbassa per intrecciare le nostre mani.

    «Non ci vorrà molto, sono sicuro che non è niente. Tua madre va nel panico per tutto.» Ride piano.

    Landry è innamorato di me da quando ero una ragazzina e lui il braccio destro di mio padre, il senatore della Carolina del Sud. Di dieci anni più vecchio, Landry proviene da una famiglia ricca e facoltosa tanto quanto la mia e i miei genitori hanno sempre cercato di metterci insieme, una volta che ho compiuto diciotto anni. Volevo odiarlo per il semplice motivo che i miei genitori lo approvavano e per il modo patetico in cui seguiva mio padre, come un cagnolino. Ho trascorso tutti e quattro gli anni del liceo a fingere gentilezza quando tentava di parlarmi e ogni anno successivo a rifiutare i suoi inviti per un appuntamento. Vorrei dire che l’ho fatto solo per far incazzare mia madre, dopo la morte di papà, visto che lei era ossessionata dal farci mettere insieme, ma mentirei. Mentre Landry ha trascorso gli anni del liceo e dell’università a correre dietro a me, io li ho passati a inseguire qualcun altro.

    Qualcuno che mi faceva venire le farfalle nello stomaco ogni volta che lo vedevo, qualcuno la cui vita era del tutto diversa dalla mia e che si è portato via il mio cuore quando se n’è andato, rendendomi impossibile donarlo ad altri.

    «E come suo consulente finanziario e pupillo, che lei sostiene perché diventi il nostro nuovo senatore, devi andare nel panico ogni volta che lo fa lei,» ricordo a Landry. «Anche se, considerando che hai le tue cose di cui preoccuparti, con le elezioni imminenti, non dovrebbe fare così tanto affidamento su di te.»

    Landry ridacchia, stringendo le nostre mani unite. «Tua madre mi ha permesso di restarvi accanto dopo la morte di tuo padre e mi ha aiutato a creare tutti i contatti di cui avevo bisogno per ambire al senato. Se vincerò le elezioni, sarà merito suo. Qualunque cosa Georgia vuole, Georgia avrà.»

    Anziché alzare gli occhi al cielo con sarcasmo per le sue parole, mi stampo un sorriso ancora più ampio sul viso. Landry mi posa un bacio sulla guancia e lo osservo lasciare la stanza, desiderando di avere ancora qualcosa da dirgli. Vorrei non essere una bugiarda e un’imbrogliona. Vorrei poter incollare magicamente i pezzi distrutti del mio cuore e darglieli, perché so che ne farebbe tesoro. È un brav’uomo, anche se è una pecorella del gregge di mia madre e sono costretta a uscire con lui.

    Mi siedo sul bordo del letto, prendo il telecomando dal comodino e accendo il televisore appeso al muro di fronte, uso la mano libera per massaggiarmi la gamba dolorante. So che verrò subito informata su qualsiasi grave crisi che sta scatenando un attacco isterico a mia madre, quindi non dirò la cosa sbagliata in caso venissi intervistata dai giornalisti al suo evento di beneficenza di questa sera, ma dato che non ho nient’altro da fare, mentre aspetto potrei anche guadagnarmi lo scoop in anticipo.

    Quando metto sul canale della CNN, la voce del giornalista riempie la stanza silenziosa. Presto a malapena attenzione a ciò che dice, occupata a lisciare il davanti del vestito e a rimuovere pelucchi vaganti. Le parole che recita scorrono via come una massa confusa di rumori di sottofondo, fino a quando non pronuncia un nome che riconosco. Uno nome che non sentivo o pronunciavo da anni, ma a cui non riesco a smettere di pensare tutti i secondi di ogni singolo giorno. Un nome che mi fa battere forte il cuore e tremare le mani. Alzo lo sguardo di scatto per fissare lo schermo con gli occhi spalancati e increduli, e il cuore mi sprofonda nello stomaco. Stanno mostrando una sua foto del giorno della nomina nel corpo dei Marine, ma vederlo in quell’abito blu non è ciò che fa inclinare il mondo sul proprio asse. È il suono del suo nome che fuoriesce dalle labbra di uno sconosciuto nel silenzio della stanza a rubarmi il respiro dai polmoni, rendendomi impossibile far altro che fissare la televisione mentre mi porto una mano alla bocca per trattenere i singhiozzi.

    «Ieri sera, durante una missione della massima segretezza, una squadra di Navy Seal è stata inviata nel piccolo villaggio afgano di Sangin per salvare il comandante Stephen Whitfeld, tenuto in ostaggio dall’inizio di questo mese. Abbiamo appena appreso che, durante la missione, diversi Marines degli Stati Uniti considerati morti sono stati ritrovati vivi. Cinque anni fa, a pochi giorni dalla fine del suo dispiegamento durato un anno, il tenente Elijah James fu coinvolto nell’esplosione di una mina che uccise diversi membri della sua squadra e lasciò soltanto le piastrine degli uomini per l’identificazione. Si vociferava che nella squadra, che collaborava con l’esercito afgano, fosse presente un traditore. Ma le voci furono subito messe a tacere pochi giorni dopo l’esplosione. Ora che il tenente James è stato ritrovato vivo, possiamo solo sperare che suddette voci non si rivelino vere.»

    Il battito rapido del cuore mi risuona come un tamburo nelle orecchie, rendendomi impossibile sentire qualsiasi altra cosa dica il giornalista. Un’ondata di nausea mi attraversa e mi premo una mano tremante sullo stomaco mentre mi alzo in piedi su gambe malferme, e nella mente mi scorre veloce un ricordo di tanti anni prima. Anche se non desidero altro che dimenticare quel momento e il giorno che ha segnato il mio destino, non riesco a impedire ai miei occhi di chiudersi mentre lo rivivo.

    «È una bugia. Non tradirebbe mai il suo Paese. Devi sistemare le cose, ti prego!» supplicai mia madre mentre ero in piedi nel suo ufficio, con il cuore spezzato stretto tra le mani.

    Si fece beffe di me. Non le importava del mio dolore, delle lacrime che mi rigavano le guance o della mia convinzione che lui non avrebbe mai fatto una cosa del genere.

    «Tu non sai niente di lui. Ti ha usato e poi ti ha buttato via come un pezzo di immondizia,» rispose mia madre, conficcando il coltello che avevo nel petto ancora più a fondo.

    Non avevo bisogno che mi ricordasse ciò che mi aveva fatto. Ogni giorno, da quando se n’era andato, aveva lentamente intaccato la mia fiducia e fatto a pezzi il mio cuore ma, a differenza di mia madre, riuscivo a scindere l’uomo che mi aveva distrutto dall’uomo che combatteva per il proprio Paese.

    Il soldato che conoscevo non avrebbe mai fatto qualcosa di così terribile.

    «Non è un traditore. Non se lo merita e nemmeno la sua famiglia. Per favore, mamma, ti prego.»

    Mi fissò per alcuni istanti, in silenzio, studiandomi mentre spazzavo via con rabbia le lacrime dalle guance e alzavo il mento all’insù per dimostrarle che non mi sarei tirata indietro. Avrei fatto di tutto per riabilitare il suo nome.

    «Potrei chiedere qualche favore, ma ti costerà. Niente in questa vita è gratis, Shelby.»

    Provai un brivido gelido lungo la schiena, chiedendomi quale sarebbe stato il prezzo da pagare, nonostante fossi consapevole che avrei acconsentito a qualsiasi cosa mi avrebbe chiesto in quel momento.

    «Non mi interessa il costo. Mi importa soltanto assicurarmi che sia ricordato come un eroe. Farò qualsiasi cosa se metterai tutto a tacere. Ti prego, farò qualunque cosa tu chieda.»

    La conversazione avuta con mia madre cinque anni fa si ripete ancora e ancora finché non riesco a fermare le voci nella testa e mi tiro una ciocca di capelli per impedirmi di urlare.

    È vivo.

    Promisi a mia madre di fare tutto ciò che mi avesse chiesto quando temevo che Elijah fosse ricordato come un traditore anziché da eroe, e lei si prese in cambio ogni cosa che potevo darle. Una volta riuscita a tenermi sotto controllo, la mia vita è diventata con velocità una sorta di pendio scivoloso carico di promemoria e minacce per tenermi in riga fino a quando non sono caduta tanto a fondo nella tana del Bianconiglio da non sapere più come trovare la via d’uscita.

    È vivo.

    Non riesco a impedire alle lacrime di cadere. Non riesco a respingere i singhiozzi di sollievo al pensiero che una cosa del genere stia realmente accadendo. Quante persone perdono qualcuno che amano, consapevoli che non lo rivedranno mai più, non lo toccheranno mai più, non sentiranno mai più la loro voce, solo per scoprire che è stato tutto un errore? Quante persone vorrebbero poter riportare indietro l’orologio solo per avere un altro istante, quei pochi secondi da permettergli di guardare negli occhi la persona amata, far scorrere le mani lungo il suo viso e sentirla parlare? È un sogno che accomuna tutti coloro che hanno subito una perdita.

    Un sogno che lentamente si trasforma in un incubo dal quale ti sembra di non svegliarti mai. Sai che è impossibile, ma non puoi smettere di esserne ossessionato. Ho pregato, urlato e pianto, desiderando l’impensabile, e ora si è avverato.

    È vivo.

    Ho rinunciato a tutto per proteggerlo e salvare sua sorella da una controversia che l’avrebbe rovinata, rimanendo in questa città. Lei ed Elijah avevano già sofferto abbastanza dopo la morte dei genitori: le voci, i sussurri, le dita puntate e i giudizi li seguivano ovunque andassero… non avevano bisogno di nient’altro che rovinasse la loro già fragile reputazione. Soprattutto qualcosa di così assurdo come Eli accusato di essere un traditore della Patria.

    Ogni sogno che mi sono lasciata sfuggire dalle dita, ogni decisione che ho affidato a qualcun altro e ogni pezzo di me stessa che ho perso negli ultimi cinque anni è stato per lui. Non importa quanto mi abbia spezzato il cuore, niente potrà cancellare i bei ricordi che mi ha lasciato. Ho desiderato con tutte le mie forze di poter mettere un punto a questa storia e avere finalmente una risposta sul perché. Il mio cuore non è mai guarito e non sono mai riuscita a lasciarlo andare, volevo solo sapere perché.

    Perché mi ha mentito.

    Perché mi ha usato.

    Perché se n’è andato senza dirmi niente.

    La cosa più difficile che abbia mai fatto è stata alzarmi dal letto la mattina dopo aver appreso che era morto e vivere il dolore della consapevolezza che non avrebbe mai più sorriso, mai più parlato, mai più gioito, non sarebbe più esistito. Era stata la cosa più difficile, almeno fino a questo momento.

    È vivo.

    Potrei tentare di fingere che questa notizia finalmente mi renderà libera, ma sarebbe solo una perdita di tempo. So che mia madre troverà un modo per assicurarsi che non mi allontani dal percorso che mi ha costretto a seguire.

    La cosa più difficile che dovrò fare sarà affrontarlo di nuovo e fargli vedere ciò che sono diventata, consapevole che non potrò mai dirgli la verità senza subire delle ripercussioni. Alla fine, avrò la possibilità di mettere quel punto di cui ho bisogno, ma so che mi costerà. Niente in questa vita è gratis.

    «Oh, bene, stai guardando il telegiornale. Riesci a crederci?»

    Landry si precipita verso di me e mi sfila il telecomando dalla mano, cambiando canale per vedere la notizia trasmessa da un’altra testata giornalistica. La sua preoccupazione mi dà il tempo di reprimere i miei sentimenti, riprendere il controllo di mente e cuore, asciugarmi le lacrime dalle guance e rimuovere ogni traccia di speranza, paura e disperazione che ora ho scritte in viso. Fisso il profilo di Landry e osservo un tic che ha al muscolo della mascella mentre ascolta la TV. Una mascella su cui ho fatto scorrere le dita e baciato. Sposto lo sguardo sulla sua mano stretta saldamente al telecomando mentre fa zapping tra i canali. Una mano che ho stretto forte nella mia e che ho sentito vagare per tutto il corpo. Vederlo in piedi qui accanto a me è come una secchiata d’acqua fredda che mi riporta alla realtà, ricordandomi le promesse che ho fatto e qual è la mia vita adesso.

    È vivo.

    «Tua madre sta dando di matto perché un giornalista ha fatto delle ricerche e l’ha chiamata sostenendo una storia assurda, e cioè che avevi una relazione con quel tizio, Elijah, che hanno trovato e vogliono che faccia una dichiarazione,» dice Landry ridendo. «Non lavorava qui nella piantagione come garzone di stalla? Shelby Eubanks, l’erede dell’impero degli Eubanks e figlia della regina di Charleston, usciva con uno stalliere! Le cose che inventano queste persone per fare notizia…»

    La sua voce risuona lontana ed echeggia nelle mie orecchie come se stesse parlando dall’interno di un tunnel anziché proprio davanti a me, puntando il telecomando verso il televisore e girando da un canale all’altro, mentre continua a borbottare sull’impossibilità che io possa mai abbassarmi ad avere una relazione con un domestico.

    «Il tenente Elijah James è stato ritrovato vivo…»

    «Presunto morto, il tenente Elijah James…»

    «Elijah James…»

    «Elijah James…»

    «Elijah James…»

    Quel nome che non avrei mai pensato di risentire sembra una pugnalata al petto quando l’ennesimo giornalista lo pronuncia, finché mi si offusca la vista e le gambe tremanti non cedono. Il mio corpo si sgretola e vedo Landry lasciare cadere il telecomando e girarsi in fretta quando mi sente cadere a terra. Mi sembra che sia in piedi davanti a una luce stroboscopica, la sua faccia preoccupata svanisce e riappare velocemente mentre sbatto le palpebre con rapidità.

    Ho trascorso gli ultimi cinque anni a suddividere le cose in due compartimenti, il prima e il dopo. C’è un posto segreto nella mia testa in cui ho nascosto tutti i ricordi del prima della morte di Eli. Li tengo sepolti e mi rifiuto di pensarci. Mi rifiuto di ricordare quel periodo della mia vita in cui ero giovane e stupida e così follemente innamorata e piena di sogni. Quando la mia gamba non era composta da ossa frantumate tenute insieme da perni. Quando la danza e l’amore che provavo per un uomo tanto diverso da me sarebbero stati il mio biglietto per fuggire dalla città e da questa vita.

    Dopo la morte di Eli, dopo la morte dei miei sogni… questo è ciò che sono ora. Affrontare la vita come un automa e chiudere a chiave la porta del prima è l’unico modo che conosco per continuare ad andare avanti, respirare e svegliarmi ogni mattina.

    Non avrei mai pensato che il prima e il dopo sarebbero entrati in collisione. Non immaginavo che avrei riaperto quella porta e forzato me stessa a prepararmi all’esplosione di ricordi, di dover tutelare la mia mente e proteggere il mio cuore dal dolore che so comporterà.

    In lontananza sento Landry chiamare aiuto e chiudo gli occhi, lasciando che l’oscurità allontani da me quel nome che continuo a sentire come un mormorio nelle orecchie.

    Elijah James.

    È vivo.

    E mi costerà.

    2

    ELI

    Mi ritrovo in piedi di fronte a una porta chiusa, in un posto che conosco come le mie tasche.

    Con le braccia conserte, batto irritato la punta dello stivale da cowboy logoro e sporco sul pavimento di cemento.

    L’ho vista imboccare questo corridoio mezz’ora fa, ed è l’unico posto in cui sarebbe potuta andare. Non sapevo nemmeno che, nascosta qui nel retro delle scuderie, ci fosse una stanza, finché non ho visto i suoi capelli biondo fragola scomparire dietro l’angolo mentre continuavo a fingere di non averla tenuta d’occhio da quando avevo saputo del suo ritorno in città.

    Lavoro in queste scuderie dall’età di sedici anni e pensavo di conoscere ogni angolo e anfratto del fienile enorme, delle molteplici sellerie, delle arene di allenamento e degli uffici. Non mi piace trovare una porta di cui mi è proibito l’accesso più di quanto non mi piaccia il modo in cui il cuore ha iniziato a battermi più forte nel momento in cui l’ho intravista con la coda dell’occhio.

    Shelby Eubanks è stata una spina nel fianco da quando aveva dodici anni e mi seguiva in giro come un cagnolino, battendo le ciglia e fissandomi con i grandi occhi verdi.

    Flirtava con me ogni volta che ne aveva l’occasione, probabilmente pensando che sarebbe stato divertente farsela con uno dei domestici, nonché un modo per far incazzare la stronza della madre. L’ho presa in giro e respinta fino al giorno in cui ha compiuto diciotto anni ed è partita per il college. L’uccellino alla fine ha lasciato il nido e ora eccomi qui, in piedi davanti a una cazzo di porta chiusa a chiave solo per riuscire a vederla per la prima volta dopo quattro anni.

    «Perché te ne stai qui a fissare la porta? Jasmine e Belle hanno bisogno di essere raffreddate.»

    Ignoro il mio amico e collega Rylan e abbasso di nuovo la maniglia, pensando con stupidità che la porta stavolta si aprirà per magia.

    «Perché questa porta è chiusa?» borbotto.

    «Che ti importa? Riporta il culo al lavoro, così non dovrò farlo io al tuo posto,» si lamenta.

    «Lo sapevi che c’era una stanza, quaggiù?» gli domando, guardandolo da sopra la spalla.

    Si toglie dalla testa il polveroso cappello da cowboy per asciugarsi con un braccio il sudore sulla fronte.

    «Non so, è probabile,» risponde scrollando le spalle e rinfilandosi il cappello in testa. «Forse è solo una selleria inutilizzata.»

    Perché diavolo Shelby si sarebbe chiusa dentro a una selleria vuota? E perché cazzo me ne frega?

    «Gesù, lei è lì dentro, non è così? Uno dei ragazzi ha detto di averla vista entrare nelle scuderie, poco fa, e che avremmo dovuto ridurre al minimo le imprecazioni, dato che la principessina era nell’edificio.» Rylan ride. «Lei è off-limits e al di sopra del tuo livello, anche se ora che è cresciuta è legale e dannatamente sexy.»

    Mi giro e gli rivolgo un’occhiataccia. Rylan mi sta rompendo i coglioni da due settimane, da quando l’ha vista scendere dalla limousine nera che sua madre le ha mandato all’aeroporto il giorno in cui è tornata a casa dopo la laurea. Per quattordici giorni ho dovuto ascoltarlo blaterare delle sue tette, del culo e fare commenti privi di tatto sulle gambe lunghe di Shelby avvolte intorno alla sua vita.

    No, non sono affatto geloso che lui l’abbia vista e io no. Non sono verde d’invidia che sia venuta alle stalle nel mio giorno libero e gli abbia parlato. Correva qui tutti i giorni dopo la scuola solo per infastidirmi a morte. Mi seguiva in giro, facendo un milione di domande sulla mia vita e il mio lavoro. Trascorreva ogni minuto del suo tempo libero in queste stalle ogni volta che sapeva di trovarmi al lavoro, e ora non ricevo nemmeno un cenno di saluto o un vai al diavolo. L’ho lasciata entrare di soppiatto nel fienile senza dire una parola e chiudersi dietro questa dannata porta. Non so nemmeno perché accidenti m’infastidisca tanto. Forse perché pensavo fossimo amici. Una specie. In un qualche modo strano, del tipo So che ha una cotta per me, ma è troppo giovane e troppo fuori dalla mia portata anche solo per pensarlo, prima che rovinassi tutto la notte del suo diploma. Sono passati quattro maledetti anni, per l’amor di Dio. Non è possibile che mi serbi ancora rancore a causa di quella stupida notte.

    «D’accordo, come vuoi, buona fortuna. Torno al lavoro.»

    Rylan mi dà una pacca sulla spalla e scompare lungo il corridoio, fischiettando. Quando il suono svanisce in lontananza, impreco sottovoce e tiro fuori dalla tasca posteriore una piccola lima che ho usato in passato per rifinire gli zoccoli di Ariel, una delle cavalle, e conficco l’estremità aguzza e appuntita nella toppa al centro della maniglia. È la cosa più stupida che abbia mai fatto, ma non riesco a trattenermi. Dico a me stesso che sto irrompendo in questa diavolo di stanza solo per assicurarmi che stia bene, ma so che

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