Una magica avventura
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Una magica avventura - Claudio Petrucciani
Capitolo I
In un piccolo paese ai confini del mondo, vivevano in grande armonia, in una casetta ai piedi della collina, due adolescenti, un maschietto di nome Apricor e una femminuccia di nome Balancine. Da tempo erano Joseph e Ingram a prendersi cura di loro, una coppia piuttosto avanti con gli anni e senza figli propri, che abitava vicino alla casa dei due bambini.
Apricor e Balancine erano rimasti orfani di entrambi i genitori all’età di dieci e otto anni, e fin da allora Joseph e Ingram avevano vegliato su di loro, prima aiutandoli a superare il dolore e poi accompagnandoli nel corso degli anni e della loro crescita.
Così quella di Apricor e Balancine era potuta essere una vita quasi normale, pur senza la mamma e il papà, poiché avevano ricevuto in dono tutto l’amore e l’affetto dei due anziani. Cosa sarebbe stato di loro se questi fossero mancati, o se non avessero più voluto aiutarli, non potevano immaginarlo.
Il loro era un piccolo paese, tranquillo e molto operoso, in cui non mancava nulla: c’erano una scuola, una chiesa, una biblioteca, un ospedale, un parco giochi, tante piccole botteghe artigianali, ciascuna con i propri affari. La vita di tutti i giorni, tra lavoro e feste di paese, trascorreva pacifica e ripetitiva.
La scuola era finita da circa due settimane, Apricor e Balancine avevano terminato gli studi con merito, superando a pieni voti gli esami, e Ingram e Joseph ne erano molto felici.
Un giorno di sabato, nella tranquillità del paese che si preparava alla festa della domenica, accadde un fatto strano, qualcosa che toccò profondamente i cuori di chi ne fu partecipe.
Si era ormai verso la fine del mese di maggio, ed erano quasi le cinque della sera quando si presentò nella piccola piazza principale una carrozza, trainata da quattro splendidi cavalli bianchi.
Qualcuno subito pensò che la vecchia diligenza con il carico di posta settimanale fosse finalmente andata in pensione, ma dalla scaletta della carrozza scese una figura diversa dal solito funzionario: un tipo di costituzione robusta, vestito in modo bizzarro, che sembrava uscito da un’illustrazione di un libro di fiabe.
Subito gli abitanti del paese si accostarono, qualcuno fra i più curiosi fece anche due giri intorno alla carrozza, colpito dalla bellezza della vettura non meno che dall’eleganza dell’uomo. Era una carrozza magnifica, intarsiata con decorazioni in legno, incastonato qua e là di pietre preziose.
Il forestiero si rivolse alle persone davanti a lui facendo un inchino e si presentò: «Mi chiamo Garland e vengo da un paese lontano da qui». Esitò qualche istante e continuò: «Vi sembrerà strano ma… non ne ricordo più il nome».
Ciò detto, si rivolse a uno degli astanti: «Ho viaggiato molto e i miei cavalli sono stanchi, vorrei farli riposare: dove posso trovare una sistemazione per la mia carrozza?». Riprese fiato, poi proseguì: «C’è una locanda nel paese, dove possa riposare per questa notte? Sono anch’io molto stanco».
Ci fu un attimo di silenzio, quindi un vociare sottile fra i presenti, ma nessuno voleva prendere l’iniziativa di rispondere per primo.
Joseph, che era il più anziano del paese, si fece infine avanti. «Non vi dovete preoccupare signore, c’è sì una locanda nel paese; tuttavia lì vicino non c’è spazio per lasciare la carrozza con i cavalli. Se preferite, a pochi isolati da qui ho un fienile dove i vostri cavalli potranno riposare e una camera libera che non uso. Se vi piace questa proposta la farò subito mettere in ordine da mia moglie.»
Garland rimase felicemente stupito dell’accoglienza del vecchio: si era appena presentato, ancora non lo conoscevano, eppure non aveva dimostrato alcun timore ad accoglierlo in casa sua. Salutò con un secondo inchino i presenti, salì sulla carrozza e disse a Joseph: «Venite, andiamo insieme fino alla vostra casa».
«Volentieri» rispose Joseph sorridendogli. Nel salire sulla carrozza, lanciò un’occhiata curiosa all’interno e rimase sbalordito da quel che vide: due coperte vecchie ormai sbiadite e due valigie ancora più datate, decorate di pietre preziose.
«A cosa servono queste?» chiese Joseph, indicando delle strane e obsolete cinture di cuoio.
«Sono proprie della carrozza, c’erano già quando l’ho acquistata.» E non volle aggiungere altro.
Joseph si accontentò della risposta vaga dello straniero, poi indicò a Garland la strada da percorrere e la carrozza lentamente prese a muoversi in quella direzione. A mano a mano che la vettura procedeva passando davanti alle case, la gente accorreva in giardino per ammirare la sua bellezza.
Presero poi un sentiero che si scostava un poco dal paese deviando verso destra, che li avrebbe portati a casa di Joseph.
Là Ingram, affaccendata, distolse per un attimo l’attenzione dai lavori domestici e indirizzò lo sguardo verso la finestra, proprio nel momento in cui la carrozza imboccava il vialetto diventando visibile dalla casetta: rimase colpita, come lo era stato ogni suo compaesano, dalla bellezza di quella vettura ma al contempo fu presa da un timido senso di timore, così corse fuori ad accertarsi di chi stesse giungendo alla sua porta.
Quando si accorse che era suo marito quello che sedeva tranquillo accanto al forestiero, tirò un sospiro di sollievo e rimase sull’uscio a sorridergli.
La carrozza si fermò di fronte all’ingresso e i due uomini discesero. Joseph si occupò subito delle presentazioni.
«Il mio nome è Garland» disse l’altro baciando la mano della donna. «E vengo da molto lontano. Suo marito è stato tanto gentile da propormi di alloggiare in casa vostra, e io sarei onorato di essere vostro ospite.»
«Ma certamente, signore. Io sono Ingram, e sono lieta di questa notizia: sarà un piacere avervi ospite in questa casa.»
Joseph intanto si era diretto verso il fienile dove sapeva che avrebbe trovato il suo aiutante Tristan, che svolgeva tutti quei lavori ormai troppo pesanti per lui. Gli chiese di avere cura dei quattro cavalli, dandogli prima di tutto da bere e da mangiare, e di preoccuparsi di mettere al coperto la carrozza, senza toccare nulla di quello che conteneva. Tristan lo rassicurò sorridente e cominciò a fare quanto gli era stato ordinato.
Il salottino della casa era molto accogliente. Il fuoco di un piccolo camino scoppiettava allegro, donando calore e un senso di intimità all’ambiente. Garland osservava in silenzio tutto quello che lo circondava. Alla destra del camino c’era una vecchia panca in legno con segni evidenti di