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Il retaggio del deserto
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Il retaggio del deserto

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About this ebook

Pubblicato nel 1910, "Il retaggio del deserto" è il primo romanzo a sfondo western del grande Zane Grey, anche se limitarsi a questo dato sarebbe decisamente riduttivo. In questa struggente cronaca di un amore impossibile si ritrovano, in effetti, tutti gli elementi che hanno reso l'autore americano uno fra i più importanti interpreti dello spirito della Frontiera, fatto di paesaggi infiniti, conflitti violenti e un mondo naturale che dà e toglie, sempre con la stessa, apparente, indifferenza. Una ragazza cresciuta fra i mormoni si innamora di un brav'uomo del New England – remoto sia geograficamente che culturalmente – dovendosi pertanto scontrare con l'autorità religiosa della propria comunità. Ella, infatti, è promessa sposa a un mormone locale, di cui dovrebbe diventare la seconda moglie. Una storia schiettamente americana, che saprà sicuramente conquistarsi un posto nell'immaginazione di chi la leggerà. -
LanguageItaliano
PublisherSAGA Egmont
Release dateFeb 15, 2023
ISBN9788728514917
Il retaggio del deserto
Author

Zane Grey

American author (Pearl Zane Grey) is best known as a pioneer of the Western literary genre, which idealized the Western frontier and the men and women who settled the region. Following in his father’s footsteps, Grey studied dentistry while on a baseball scholarship to the University of Pennsylvania. Grey’s athletic talent led to a short career in the American minor league before he established his dentistry practice. As an outlet to the tedium of dentistry, Grey turned to writing, and finally abandoned his dental practice to write full time. Over the course of his career Grey penned more than ninety books, including the best-selling Riders of the Purple Sage. Many of Grey’s novels were adapted for film and television. He died in 1939.

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    Il retaggio del deserto - Zane Grey

    Il retaggio del deserto

    Translated by Alfredo Pitta

    Original title: The heritage of the desert

    Original language: English

    Immagine di copertina: Shutterstock

    Copyright © 1931, 2022 SAGA Egmont

    All rights reserved

    ISBN: 9788728514917

    1st ebook edition

    Format: EPUB 3.0

    No part of this publication may be reproduced, stored in a retrievial system, or transmitted, in any form or by any means without the prior written permission of the publisher, nor, be otherwise circulated in any form of binding or cover other than in which it is published and without a similar condition being imposed on the subsequent purchaser.

    This work is republished as a historical document. It contains contemporary use of language.

    www.sagaegmont.com

    Saga is a subsidiary of Egmont. Egmont is Denmark’s largest media company and fully owned by the Egmont Foundation, which donates almost 13,4 million euros annually to children in difficult circumstances.

    Il retaggio del deserto

    I.

    Il presagio del tramonto.

    — Ma quest’uomo è quasi morto!

    Quell’esclamazione parve richiamare in John Hare la vita che veramente pareva sfuggirgli; giacchè egli aprì gli occhi e guardò incerto. Davanti a lui il deserto si stendeva tuttavia quale l’aveva visto, con quella ingannevole impressione della distanza che lo aveva sopraffatto. Un gruppo di uomini gli era accanto, osservandolo.

    — Lasciamolo qui — disse uno di essi, rivolgendosi a una specie di gigante dalla barba grigia. — È quel tale mandato nell’Utah meridionale per spiare i ladri di bestiame. I banditi di Dene lo cercano, e forse anche lo inseguono già. Non è prudente mettersi in urto con Dene.

    La risposta a quelle parole si sarebbe detta provenire da un puritano scozzese, o da un seguace di Cromwell:

    — Martino Cole, io non devierò di un capello dalla mia via nè per Dene nè per qualsiasi altro uomo. Tu dimentichi la tua religione. Iddio mi insegna quale sia il mio dovere.

    — Sì, lo so, Augusto Naab — rispose l’altro, con una certa asprezza. — Ora mi getterai in faccia la tua Bibbia, paragonando quest’uomo a quel viandante che andò da Gerusalemme a Gerico e si imbattè nei ladroni. Io ti dico però che ho patito parecchio da parte di Dene.

    Quel modo di esprimersi, quei richiami biblici, ricordarono a Hare, il quale sembrava ora riprendersi a poco a poco, che egli era ancora nel paese dei Mormoni. Le strane parole fecero ricollegare nel suo spirito gli avvenimenti degli ultimi giorni con la realtà del presente.

    — Martino Cole, io mi attengo allo spirito dei miei padri — replicò Naab; e proseguì, con lo stesso tono col quale avrebbe letto un brano della Bibbia: — Essi vennero nel deserto per adorare e moltiplicarsi in pace. Lo conquistarono. Vennero agricoltori, pastori, mandriani, tutti ostili alla loro religione e al loro sistema di vita, ma essi prosperarono; e non dimenticarono di soccorrere il malato e il povero. Che cosa sono i nostri pericoli paragonati a quelli ai quali essi sfuggirono? E perchè dovremmo noi abbandonare la via del dovere e distogliere il nostro volto dalla misericordia soltanto perchè un assassino potrebbe minacciarci? Io sono mormone ed ho fiducia in Dio.

    — Anch’io sono mormone, Augusto Naab — replicò Cole; — ma le mie mani sono macchiate di sangue; e ben presto lo saranno anche le tue se tu vorrai conservare i tuoi pozzi e il tuo bestiame. Sì, lo so, sei forte, tu, più forte di chiunque altro fra noi, in quella tua oasi circondata di rocce, lontana dai canyon, guardata dai tuoi amici Navajo. Ma bada che Holderness sta per sorprenderti, come un rettile che striscia verso la preda. Egli non si curerà dei tuoi diritti sui pozzi d’acqua, e porterà via il tuo bestiame. Poi Dene ti ruberà ciò che rimane sotto i tuoi stessi occhi. Non te ne fare dei nemici, ti dico.

    — Sia come vuoi; ma non posso continuare la mia via abbandonando quest’uomo senza aiutarlo — rispose Naab con voce sonora, fermamente.

    Improvvisamente egli vide Cole impallidire e accennare verso ponente con mano malferma.

    — Ecco, vedi! Dene e la sua banda, laggiù… sotto la Roccia Rossa… Non vedi la polvere, una diecina di miglia lontano?… Li vedi, ora?

    Il deserto, di un grigio che diveniva a poco a poco purpureo nella distanza, scendeva pianamente verso occidente. Occhi acuti come quelli del falco frugarono intorno, seguendo la rossa linea montagnosa che si elevava ardita e solenne perdendosi verso settentrione. Lontano lontano tenui nuvolette di polvere si levavano intorno a macchie bianchicce che si avanzavano lentissimamente.

    — Li vedi, ora? Ah! E guarda, Augusto Naab, guarda là in cielo… Il mio presagio: il tramonto rosso… il segno dei tempi… Sangue! Sangue!

    In quel giorno di aprile una densa cortina di nuvole velava il cielo, salvo che a occidente, dove su una striscia di azzurro pallido si disegnavano nuvole bizzarre nel colore e nella forma. Erano purpuree, e la più grande di esse raffigurava con impressionante precisione un pugno chiuso. A Cole sembrava una mano gigantesca che stringesse inesorabilmente un cuore sanguinante. Il suo terrore si comunicò ai compagni, che guardavano meravigliati.

    Poi, a mano a mano che alla luce del tramonto succedeva il crepuscolo, il sinistro colore sanguigno si attenuò, la nuvola in forma di pugno divenne sfumata nei contorni. La tinta di quel lembo di cielo divenne di un rossastro uniforme, sul quale saettò per un momento un raggio d’oro, subito scomparso. Il sole era tramontato.

    — Sia fatta la volontà di Dio — disse Augusto Naab. — Martino Cole, prenditi i tuoi uomini e vattene.

    Si udì un ordine, in un tono fra di comando e di preghiera, al quale seguì un tintinnìo di speroni e uno scalpitare di cavalli che andarono poi svanendo. Cole e i suoi uomini scomparvero in una nuvola di polvere giallastra.

    Un debole sorriso illuminò la faccia di John Hare.

    — Temo che il vostro atto generoso — disse con voce rotta e fioca — non possa salvarmi; e invece può recare danno a voi. Preferirei che mi lasciaste… tanto più che avete donne con voi.

    — Non vi sforzate a parlare — rispose Naab. — Siete ancora debole. Qua, bevete… — Si chinò su Hare, che era semisdraiato con le spalle appoggiate a un cespuglio e gli accostò una fiaschetta alle labbra. Poi, rialzandosi, si rivolse ai suoi uomini. — Fate l’accampamento, figliuoli. Ci vorrà ancora un’ora buona prima che i bambini siano qui, e se non passeranno intorno alle dune di sabbia tarderanno di più.

    I suoi pensieri ancora vaghi e fluttuanti presero consistenza, ed egli si immerse a poco a poco in una profonda meditazione che forse era anche una preghiera. Intorno a lui era il tramestìo che indicava la preparazione dell’accampamento per la notte: i cavalli che venivano staccati e condotti ad abbeverarsi, le tende drizzate, i grossi involti disfatti. Non una volta egli rivolse lo sguardo verso il sentiero lungo il quale il pericolo si avvicinava rapidamente; e invece egli sembrava intento a scrutare l’orizzonte ad oriente, dove la linea del deserto si confondeva con quella del cielo. A lungo rimase così, muto e immobile. Poi si rivolse a guardare i fuochi già accesi, li ravvivò, raggiustò in migliore positura le caldaie di ferro, intendendo così di aiutare le donne che preparavano la cena.

    Dal deserto soffiava ora un vento freddo che faceva ondeggiare le rade erbe e sollevare nuvolette di sabbia. Cadevano le tenebre. Una dopo l’altra apparivano le stelle. Dalla zona oscura intorno all’accampamento si udirono i brevi ululati dei lupi.

    — A cena, figliuoli — chiamò Naab, ravvivando il fuoco con una bracciata di erbe disseccate.

    I figli di Naab erano come lui di alta statura, ma meno robusti. Giovani, asciutti, avevano tuttavia un aspetto di gravità che li avrebbe fatti credere più avanti negli anni. Si rassomigliavano tanto, che Hare non avrebbe potuto distinguerli l’uno dall’altro: la stessa pelle abbronzata, gli stessi lineamenti fini e netti, gli occhi di un grigio acciaio. Le donne, una di mezza età e le altre giovani, avevano aspetto cordiale e serio insieme.

    — Mescal! — chiamò ancora Naab.

    Da uno dei carri coperti venne fuori una ragazza snella, bruna, diritta e flessibile come un’indiana.

    Naab cadde in ginocchio, e i suoi lo imitarono, chinando la testa. Egli stese le mani su di loro e sul cibo, che era stato messo a terra, e pregò.

    — Signore, ci inginocchiamo davanti a Te in umile rendimento di grazie. Benedici a noi questo cibo. Rafforzaci, guidaci, sostienici come hai fatto fino ad ora. Benedici questo straniero che viene fra noi. Aiutaci, e aiuta lui, e insegnaci le Tue vie, o Signore. Amen.

    Hare sentì che arrossiva, e che una nuova sensazione gli faceva battere più rapido il cuore. In due giorni egli aveva appreso ad odiare profondamente i Mormoni; ma in quel momento, davanti a quell’uomo austero, sentì il suo odio svanire, e subentrargli qualche cosa che gli dava un senso di riposo e di serenità. Ne fu contento, perchè se doveva morire, per lo stato in cui era ridotto o per volontà di uomini malvagi — come era certo che sarebbe accaduto — non voleva almeno morire con l’odio e l’amarezza nel cuore. Quella semplice preghiera gli ricordava la sua casa nel Connecticut, da lungo tempo lasciata, e il felice tempo nel quale egli soleva importunare scherzosamente sua sorella quando a tavola si faceva la preghiera di ringraziamento, facendo andare in collera il padre e addolorando la madre. Ora egli era solo nel mondo, infermo, debole, debitore di tutto alla pietà di quegli stranieri. Ma essi erano veramente amichevoli: e quella certezza lo rafforzava.

    — Mescal, bada tu allo straniero — disse Naab; e la ragazza si inginocchiò accanto a Hare, offrendogli la carne e mescendogli da bere. Egli era così debole che non poteva neppure sostenere in mano la tazza, e la fanciulla gliel’avvicinò alle labbra tenendogliela finchè egli non ebbe bevuto. Il caffè caldo lo ristorò. Egli mangiò con maggiore appetito, sentendo che le forze gli ritornavano, e quando i suoi ospiti gli domandarono come mai si trovasse là e in quelle condizioni, fu in grado di rispondere senza uno sforzo eccessivo.

    — Non ho molto da dirvi — rispose. — Mi chiamo Hare, John Hare, ed ho ventiquattro anni. I miei genitori sono morti. Sono venuto nel West perchè i medici mi hanno detto che solo così avrei avuto probabilità di vivere. Infatti, in principio mi son sentito meglio; ma il denaro stava per finire, e si rese necessario che mi mettessi a lavorare. Passai da un luogo all’altro, e dovetti fermarmi, ammalato, in Salt Lake City. Fui trattato bene. Qualcuno si occupò di trovarmi un lavoro, e mi impiegò con una società che si occupava di compera e vendita di bestiame. Fui mandato a Maryevale, verso il sud. Faceva freddo; e così quando giunsi a Lund ero di nuovo ammalato. Prima che sapessi ancora in che consistesse il mio lavoro, giacchè mi si disse che l’avrei saputo soltanto a Lund, dove sarebbe cominciato, ci furono alcuni che mi chiamarono spia. Uno di essi, un certo Chance, mi minacciò. Un locandiere mi fece uscire dalla porta posteriore della sua locanda, mi diede del pane e dell’acqua e mi disse: «Prendete questa via; dopo sedici miglia vi troverete a Bane. Là probabilmente qualcuno vi indirizzerà meglio». Camminai tutta la notte e tutto il giorno seguente; poi mi smarrii e vagai di qua e di là, finchè caddi qui dove mi avete trovato.

    — Difatti avete sbagliato strada per andare a Bane — disse Naab; — questo sentiero conduce a White Sage. Come vedete, è un sentiero di sabbia e pietre, sul quale non rimangono tracce, e questa è per voi una circostanza fortunata. Dene non era a Lund quando vi giungeste voi, altrimenti non sareste qui. Egli non vi ha visto, e non può sapere con certezza di dove siate passato. Forse ora egli va a cercarvi a Bane; ma intanto dobbiamo trovare un modo per…

    Si interruppe. Uno dei figliuoli aveva fatto udire un lieve fischio, ed egli si alzò lentamente, guardando nell’oscurità, ascoltando attentamente.

    — Su, alzatevi — disse poi, stendendo una mano a Hare. — Siete debole, eh? Potete camminare? Tenetevi a me… così. Vieni, Mescal… — E la snella fanciulla ubbidì, scivolando come un’ombra. — Prendigli il braccio.

    E così fra loro due condussero Hare verso mucchio di pietre che si intravvedeva vagamente nella semioscurità all’estremità del cerchio di luce proiettato dal fuoco.

    — Sarebbe inutile che vi nascondeste — continuò Naab, abbassando la voce fino a un sussurrìo appena distinto; — e anzi questo potrebbe esservi fatale. In questo modo vi si vede dall’accampamento, ma indistintamente. Fra breve i banditi giungeranno, e se qualcuno di essi si avvicinasse troppo qui, voi e Mescal darete a intendere che siete due innamorati. Avete inteso bene? Si crederà a un amore fra Mormoni, e non ci si baderà più che tanto. Ed ora, ragazzo, coraggio. Mescal, si tratta forse di salvargli la vita.

    Naab ritornò presso il fuoco, mentre la sua ombra si disegnava in proporzioni strane e gigantesche contro la tela che copriva uno dei carri. Frequenti folate di vento facevano vacillare la fiamma, che ora illuminava le forme immote intorno, ora le avviluppava in una fantastica semioscurità. Hare rabbrividì, forse pel freddo, forse per la sensazione di una possibile morte imminente. Si guardò intorno, scorse vagamente una forma oscura; la guardò intentamente mentre si muoveva, e vide che si levava da dietro la sommità della vicina roccia e si disegnava più nettamente contro il cielo stellato. Poi il vento fece ondeggiare una criniera, una lunga coda, una piuma; ed egli fu certo che si trattava di un indiano a cavallo del suo mustang.

    — Guardate! — susurrò alla ragazza… — Un indiano a cavallo, là sulla cima delle rocce… Ah, è scomparso!… No, lo vedo ancora… È un altro, a sto… Ce ne sono parecchi!…

    Si interruppe, e guardò, trattenendo il respiro, una fila di indiani a cavallo che passò lentamente lungo la sommità della roccia scomparendo nell’oscurità. Un suono di zoccoli non ferrati lo convinse che non si era sbagliato.

    — Indiani Navajo — disse brevemente Mescal.

    — Navajo! — ripetè Hare. — Ne ho udito parlare a Lund, dove li chiamano «i Falchi del deserto», peggiori dei Piuti. Non dobbiamo dare l’allarme? E voi, non… non avete paura?

    — No.

    — Ma sono dei nemici…

    — Non per lui — rispose la fanciulla indicando l’alta figura presso il fuoco.

    — Ah! Ora mi ricordo, infatti, che quel Cole parlava dei suoi amici Navajo… Debbono essere molto vicini, ora; che significa, questo?

    — Non saprei bene. Credo che siano laggiù sotto i cedri, aspettando.

    — Aspettando che cosa?

    — Forse un segnale.

    — Ma allora erano attesi?

    — Non so; faccio delle supposizioni. Noi andavamo molto spesso, tempo fa, a White Sage e a Lund; ora vi andiamo raramente, e quando vi andiamo pare che ci siano dei Navajo presso il campo la notte, mentre il giorno se ne vanno per le rocce. Credo però che papà Naab sappia come stanno le cose.

    — Vostro padre corre un grave rischio per me. Egli è buono, e vorrei potergli dimostrare la mia gratitudine.

    — Io lo chiamo papà Naab, ma egli non è mio padre.

    — Nipote, forse?

    — Non sono sua parente. Egli mi tolse dalla mia famiglia. Mia madre era un’indiana Navajo, e mio padre uno spagnuolo.

    — Davvero! — esclamò il giovane. — Quando vi ho vista uscire dal carro vi ho creduta un’indiana; ma quando vi siete messa a parlare… Parlavate così bene! Chi avrebbe creduto…

    — I Mormoni sono colti e bene educati, e dànno una buona educazione anche ai bambini che adottano — rispose ella, poichè Hare esitava, imbarazzato ad esprimere il suo pensiero.

    Il giovane avrebbe voluto domandarle se anche lei fosse una mormone per religione, ma la domanda gli apparve indiscreta e inutile. Si sentiva però interessato a quella fanciulla, e si accorse che aveva provato piacere ad udirne la voce, una voce insolita e strana, dissimile da tutte le altre voci femminili che aveva intese. La guardò meglio e più da vicino; ma ebbe soltanto il tempo di osservarne il profilo netto e grazioso, che ella volse verso di lui gli occhi, neri come la notte; ma essi guardavano oltre di lui. La fanciulla, infatti, levò la mano, si curvò lentamente dalla parte dalla quale veniva il vento, e poi sussurrò:

    — Ascoltate!

    Ma Hare non udì altro che l’abbaiare dei coioti e il mormorio della brezza fra le erbe. Vide tuttavia che gli uomini si alzavano, rivolgendosi verso settentrione, e che le donne rientravano nei carri e richiudevano le tendine. Si preparò, raccogliendo le forze, comprendendo che i banditi si avvicinavano. Tuttavia non riusciva ancora a percepire alcun suono; e solo udiva quello del suo cuore che martellava, un suono che parve per un momento assordarlo. Rimase in ascolto, quasi spasimando, finchè una folata di vento più forte portò al suo orecchio il rumore di cavalli che galoppavano. Quell’attesa, più angosciosa di una realtà, cessò; e parve a Hare di sentirsi sollevare da un peso che lo soffocava. Quale che fosse per essere il suo destino, si sarebbe presto deciso. Il rumore crebbe, divenne frastuono, e una massa scura si lanciò nel cerchio di luce, fermandosi subito.

    Augusto Naab gettò deliberatamente una bracciata di erbe secche nel fuoco. Una vivida fiamma sprizzò.

    — Chi è?

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