Libertà o Schiavitù?: Come riorganizzare il mondo del lavoro in senso rivoluzionario
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Book preview
Libertà o Schiavitù? - Mirco Mariucci
Come riorganizzare
il mondo del lavoro
in senso rivoluzionario
20 ottobre 2019
Mirco Mariucci
Quarta di copertina
All’interno di questo saggio l’autore muove una critica radicale all’odierna organizzazione sociale, al fine d’individuare e risolvere le principali problematiche presenti nel mondo del lavoro.
Organizzazione ottimale
del lavoro
Volendo essere estremamente sintetici, si potrebbe dire che l’odierna economia non è neanche lontanamente in grado di organizzare il mondo del lavoro in modo ottimale
; inoltre, si può evidenziare come essa non riesca nemmeno a governare il fenomeno della disoccupazione, ed ancor meno sia in grado di gestire l’avvento delle automazioni facendo in modo che tutti possano trarre vantaggio da quella che è già stata ribattezzata come la quarta rivoluzione industriale
, grazie a cui, in prospettiva, la quasi totalità del lavoro potrebbe essere automatizzato impiegando robot e software dotati d’intelligenza artificiale.
Che cosa s’intende con il termine ottimale
?
A mio avviso, un’organizzazione del mondo del lavoro è ottimale quando riesce a combinare al massimo grado la libertà, la volontà, le capacità, i talenti e la felicità dei lavoratori con la necessità di dover lavorare per produrre e fornire solo ed esclusivamente beni e servizi effettivamente utili in quantità tali da riuscire a soddisfare i veri bisogni di tutta l’umanità, con il minor quantitativo possibile di lavoro (umano), risorse, energia, sprechi e impatto ambientale.
Chiariremo a breve queste affermazioni, subito dopo aver spiegato perché quella appena esposta sia la corretta definizione di organizzazione ottimale
del mondo del lavoro.
Per prima cosa bisogna comprendere quale debba essere il vero fine del lavoro.
Attualmente, la stragrande maggioranza delle persone non lavora perché ama ciò che fa, perché vorrebbe lavorare o perché ciò che fa sia effettivamente utile e indispensabile per l’umanità, ma perché è obbligata dal sistema sociale in cui vive a lavorare per entrare in possesso del denaro che gli consente di poter acquistare beni e servizi, i quali esistono grazie al lavoro.
Il lavoro è divenuto un modo per procurarsi il denaro da spendere per far andare avanti l’economia, esso non è subordinato alle vere esigenze dell’umanità, ma a quelle del sistema economico.
Il fatto che il lavoro svolto sia utile o pretestuoso, dannoso o benefico, indispensabile o superfluo, alienante o motivante, salutare o usurante, passa in secondo piano: l’importante è che consenta di guadagnar denaro e che ci sia lavoro a sufficienza per impedire che, nel suo complesso, il sistema entri in crisi.
Non c’è neanche bisogno di spiegare il perché non possa essere questo il fine del lavoro, se si ha a cuore l’umanità.
Con un po’ di riflessione, si può giungere alla conclusione che lo scopo del lavoro debba essere quello di produrre e fornire beni e servizi effettivamente utili e necessari per soddisfare i veri bisogni di tutti gli esseri umani: ecco a cosa dovrebbe servire il lavoro.
Infatti, se il lavoro inseguisse un altro fine, diverso da quello appena specificato, verrebbero inevitabilmente a crearsi delle distorsioni deleterie.
Ad esempio, se il fine fosse il denaro, qualcuno potrebbe escogitare dei metodi per arricchirsi in modo parassitario sfruttando gli altri, oppure potrebbe cercare di ricavar denaro dal denaro, senza contribuire in alcun modo con la propria attività alla produzione e alla fornitura dei beni e dei servizi effettivamente utili per la collettività.
Se invece il fine fosse il bene dell’economia, e non quello dell’umanità, potrebbe essere introdotto un certo quantitativo di lavoro addizionale dannoso ed evitabile, soltanto perché esso sarebbe indispensabile per il mantenimento in essere del sistema economico... e così via.
Se per qual si voglia ragione si producessero e/o fornissero beni e servizi superflui, con essi si avrebbero problematiche sia a livello ambientale che a livello sociale. E tutto ciò per disporre di un qualcosa di cui, in realtà, gli esseri umani non avrebbero neanche bisogno.
Infine, se non ci fossero beni e servizi in quantità tali da soddisfare le vere esigenze di tutti, si creerebbero i presupposti per una grande ingiustizia sociale legata alla scarsità.
E come dovrebbe essere raggiunto questo fine?
Con il massimo dell’efficienza (intesa in senso fisico) e del rispetto dell’ambiente, ovvero utilizzando il minor quantitativo di risorse ed energia, cercando in ogni modo di minimizzare l’impatto ambientale legato alle attività lavorative richieste per raggiungere gli obiettivi prefissati.
Questo significa: minimizzare la produzione; realizzare beni di alta qualità che siano durevoli e riparabili; utilizzare, nei limiti del possibile, materiali rinnovabili biocompatibili; promuovere un uso condiviso dei beni... e così via.
Se così non fosse, s’introdurrebbe del lavoro inutile, accompagnato da sprechi evitabili e si comprometterebbe l’ambiente oltre misura, danneggiando tutti i viventi.
A complemento di quanto fin qui asserito, si deve aggiungere, e giustificare, anche l’obiettivo della minimizzazione del lavoro in sé, che rappresenta uno dei punti più importanti per ottenere un’organizzazione che sia effettivamente ottimale.
Minimizzando il lavoro, infatti, ovvero mettendo in atto soltanto quel lavoro che è effettivamente utile e necessario per raggiungere il vero fine del lavoro, oltre ad incrementare l’efficienza del sistema, e a diminuire l’impatto ambientale, si riuscirebbe anche ad affrontare, nel migliore dei modi possibili, un’altra questione fondamentale: quella dell’incompatibilità tra un’effettiva libertà e l’obbligo di dover lavorare per produrre e fornire ciò che si ritiene debba essere messo a disposizione dell’umanità.
È ridicolo voler negare l’evidenza sostenendo che l’obbligo del lavoro sia compatibile con la libertà: un individuo che è costretto a lavorare non è affatto libero.
Un individuo può dirsi libero soltanto quando la scelta in merito a come, quando, quanto, dove e perché lavorare sia interamente rimessa alla sua volontà.
Per quanto tutta una nutrita schiera di difensori della moderna schiavitù del lavoro si sforzino di asserire il contrario, se una simile condizione non è data, un individuo non può dirsi libero.
Inoltre, si può asserire che un essere umano che non è libero non può