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Mettiamo il mare in attesa - I colori della luce vol. 3
Mettiamo il mare in attesa - I colori della luce vol. 3
Mettiamo il mare in attesa - I colori della luce vol. 3
Ebook228 pages59 minutes

Mettiamo il mare in attesa - I colori della luce vol. 3

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About this ebook

Le poesie raccolte in questi 8 volumi sono nate dall'attenzione particolare circa vari eventi di cui si è venuto a conoscenza nel quotidiano (eventi piacevoli e gioiosi oppure drammatici), cercando di vivere personalmente l'atmosfera creatasi a riguardo e condividere con amici o followers colorite emozioni o eventuali messaggi preziosi per vivere al meglio la propria vita individuale in un contesto anche sociale.

I Colori della luce vogliono indicare la bellezza della Vita anche quando questa si tinge di melanconia, tristezza e di mille sfumature esistenziali.

Le poesie o le riflessioni sono corredate di date precise in calce come a fissare nel tempo o luogo un determinato fatto che è nella cronaca o un sentimento che sgorga per empatia in tutto ciò che dà valore all'esistenza.

Gli approfondimenti sulla propria individuale personalità s'intrecciano spesso e volentieri con le dimensioni della socialità e collettività,tanto che l'autore, che ha vissuto e vive tuttora nel sociale-pedagogico, ritiene che l'opera sia da collocarsi in poetica specifica ovvero "Poesia Sociale".
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateFeb 20, 2023
ISBN9791221446760
Mettiamo il mare in attesa - I colori della luce vol. 3

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    Mettiamo il mare in attesa - I colori della luce vol. 3 - Pasquale Scarabaggio

    CAPITOLO 1

    NEBULOSA ASTRALE

    MASCHERA DI SABBIA

    Volto

    da sfinge sfregiata

    questa vita,

    a noia ed ozio avvezza,

    sguardo di sasso

    che si perde

    in terracqueo infinito

    e cielo velato di piombo.

    Giaccio supino

    su mio prato di sabbia,

    spoglio petali

    di rose da deserto

    ai profumi di tempo tiranno.

    Sogni che vanno.

    VOLPE BIANCA

    Ho sognato che su terra e veleni

    in fiamme

    calasse un monte di neve,

    anche ogni specie di vita

    veniva in breve

    seppellita.

    "Cara Volpe Bianca,

    puoi rubarmi tutto,

    ogni cellula del mio nulla,

    spogliarmi dell’ultima pelle,

    succhiarmi il sangue dal cervello,

    vendermi

    come straccio per lustrare,

    soffocare

    voglia di credere e sperare,

    di vivere…

    con pizzico di orgoglio,

    di amare…

    fin al punto di farmi male,

    di morire…

    dal tormento

    per esser nato.

    Sono solo

    un numero del tuo circo,

    l’ombra della tua astuzia

    e grandezza,

    una larva che mai avrà ali per volare,

    un cervello non demente

    da schiacciare,

    un esempio scomodo da non imitare,

    una risorsa sghemba che diventa niente,

    un teschio di sabbia

    nel deserto.

    Uno

    come tanti altri

    senza colpe,

    che ha osato sfidare

    in Olimpo degli dei

    un omuncolo

    a forma di volpe:

    si crede grande tra pigmei

    e tutto piega a sua follia

    da ladruncolo.

    Sono

    quasi a credere

    che non esiste universo,

    cammino

    quasi a pensare

    di essere automa

    di me stesso,

    sogno

    quasi a confondere

    di essere altro

    e diverso.

    Sono

    alieno nella mia terra,

    la mia lingua non ha senso

    se nessuno sente,

    la mia ira non fa paura,

    a nulla serve

    la cultura

    e ciò che penso.

    Cade la neve

    ed io m’incanto,

    ghiacciano mie lacrime

    sul viso,

    non più ali per pensare

    né un canto

    per ricordare

    un sogno di Paradiso.

    Non ho cielo che mi rispetti,

    sento mio spirito rullare,

    bacio l’eco del sentimento

    tornare

    su rovine dei miei tetti

    al vento.

    Passa icona di volpe bianca

    nel mio nero

    silenzio.

    Guardo la linea del mare,

    atona di schiume

    bianche

    come code di volpe

    a galla:

    purpureo il cielo

    su Oceano di sangue,

    carcasse di eroi

    senza velo,

    temerari idealisti

    altruisti

    come

    me."

    19 febbraio 2018

    ANGELA

    Chi mi dette alla luce

    piano piano

    in me

    ha spento

    il respiro del sole.

    Ora

    nel buio

    del mio silenzio

    ho restituito il corpo

    inerte,

    che da tempo

    dopato di panico

    invocava quiete alla morte.

    Ora

    sono nel vento,

    ridatemi la mia anima,

    per quanto intrisa

    di pianto,

    su un piatto d’argento:

    mamma,

    volevo volare

    sino

    ai confini del tempo

    per conoscere il senso di mie prigioni,

    il sesso degli astri arcani

    nel dare alla luce

    i destini umani

    sulla Terra.

    Ora

    accarezzo

    il mio silenzio,

    dolci note di cornamuse

    traghettano

    ombre di mie emozioni

    nel fiume del nulla.

    Se in nascere ho pianto

    in morire anzitempo

    non canto.

    Non ero io

    a recidere mia corolla

    da gambo della vita,

    un tarlo

    parassita

    ha consunto

    in poco tempo

    mia voglia di respiro.

    Fin

    da mia culla

    vidi

    fasci di rosea luce

    baciare

    altrui vita,

    profumi d’immenso

    in altri nidi,

    ali cromate di farfalle

    oltre il muro

    del mio giardino,

    aquile reali che giocavano col sole,

    sogni cadere di primo mattino

    su miei petali inodori

    pendenti,

    panico di esser sola

    a tenere stretto

    il mio destino.

    Se non fossi mai nata.

    Affetto,

    guizzi di sorgente,

    puro rispetto,

    una coperta per il freddo,

    pace nella mente…

    Scusa, mamma,

    se nulla ho detto

    su miei vomiti di veleno,

    di asfissia tra la gente

    aspersa in paranoia,

    del mio gelo

    dentro.

    Angela

    mi chiamasti,

    ma’,

    senza ali

    per lambire mio cielo.

    10.11.2018

    per rispettare una vita spezzata… RIP

    Per fortuna o FORZA di volontà non tutte le storie finiscono male.

    TEMPI MORTI

    Agonia di ultime gocce di rugiada,

    brusio di uccelli che cresce

    ai colori dell’aurora,

    nuovo giorno che nasce

    a ritmo del tempo che passa

    nel tuo silenzio.

    Bussa,

    dice è ora,

    di altro risveglio

    in sintonia

    con legge di universale

    moto.

    Sosti sull’uscio

    ma non esci,

    ti guardi allo specchio

    di primo sole che ti ignora

    e non ti riconosci.

    Ad un passo da tue narici

    osservi

    il flusso di linfa in ogni vita,

    profumi bagnati di noia,

    uno scalpitio di schiuma selvaggia

    si adagia

    tra sagome di pietra

    da licheni ornate

    e trilli di un bosco fatato:

    un fiume

    verso sua meta,

    un mare di quiete

    lo attende

    beato.

    Sete,

    cosmica fame

    che a rotoli

    in suo chiacchierio

    trascina

    ogni piccola molecola

    che canta,

    massi di vetta

    che si sgretola

    ai raggi di luna gelosa

    di tanto rumore

    per niente,

    melma infinita

    a valle sedimenta

    in sua morte.

    Tempi morti,

    di chi ebete

    si ferma a guardare

    altrui movimento,

    rigoglio di limpida sorgente

    frena:

    in sua fantasia

    crede

    di fermare il sole,

    gelare

    primavere in

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