Una notte magica San Giovanni
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È il 23 giugno la vigilia della notte di San Giovanni. Deborah, una giovane milanese, è in vacanza a Cattolica e ascolta casualmente una conversazione tra una vicina di ombrellone e un ragazzo romagnolo. Progettano per la notte di San Giovanni una trasgressione sessuale sulle colline alle spalle di Cattolica. Il paese è in festa per la notte delle streghe, un revival di magia nera medievale.
Deborah decide di seguire i due amanti per curiosità. Qui in un tripudio di persone, bancarelle e cartomanti un teschio di cristallo di epoca Maya la chiama e da’ inizio a una straordinaria avventura tra passato e presente, spostandosi nel tempo e nello spazio. Si trova proiettata nel 1927 nel Belize quando un avventuriero inglese e la figlia adottiva ritrovano un teschio di cristallo del tutto identico a quello acquistato su una misteriosa bancarella. Li segue al loro ritorno in Inghilterra e a Londra dove nel British Museum è ospitato un altro teschio di cristallo. Assiste alla notte di sesso dei due amanti.
Una cartomante le legge il suo futuro e la inizializza ai riti esoterici della notte di San Giovanni. Verrà lasciata dall’attuale compagno e troverà il futuro amore attraverso il bacile con la cera fusa esposta alla guazza di San Giovanni.
Deborah, giocatrice di basket, scopre che è in grado di vedere e leggere nella mente delle persone. Aspetta la chiamata per portare il suo teschio di cristallo in un posto dove i tredici teschi riuniti daranno le indicazioni per salvare l’umanità dopo il 12 dicembre 2012.
Il 14 ottobre del 2012 durante la notte si trova catapultata in un paese sconosciuto abitato da persone che parlano una lingua a lei ignota. La chiamata è arrivata e lei va occupare il tredicesimo scanno, quello più importante.
Gian Paolo Marcolongo
Un giovane vecchio con la passione di scrivere. Amante delle letture cerca di trasmettere le proprie sensazioni con le parole. Laureato in Ingegneria. In pensione da qualche anno, ha riscoperto, dopo gli anni della gioventù, il gusto di scrivere poesie e racconti.Non ha pubblicato nulla con case editrici ma solo sulla piattaforma digitale di Smashwords e su quella di Lulu.
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Una notte magica San Giovanni - Gian Paolo Marcolongo
Una notte magica
San Giovanni
Gian Paolo Marcolongo
© 2007,2010, 2020, 2022, 2023 – Gian Paolo Marcolongo
Design di copertina © 2020 Gian Paolo Marcolongo
Fotografia dell’autore
Ogni riferimento a persone o cose esistenti è puramente casuale.
Tutto quello descritto nel presente romanzo è pura invenzione e senza alcuna relazione a situazioni realmente avvenute.
Tutti i diritti riservati.
È vietata qualsiasi riproduzione non autorizzata.
Il presente testo è stato edito in autopubblicazione.
ISBN 9798215766705
Edito da GPM Independently published
A Giuliana
Prologo.
Come una matrioska.
Una dentro l'altra. Dal Messico arriva una importante scoperta su una delle piramidi Maya più famose al mondo, quella di Kukulkan, conosciuta come El Castillo, nel sito archeologico di Chich’en Itzá. Il nome deriva dalle parole maya chi (bocca
) e ch'en (‘pozzo’), che significa ‘Alla bocca del pozzo degli Itza’.
Gli Itza erano un gruppo etnico che aveva una posizione politica ed economica predominante nella parte settentrionale dello Yucatán. Il nome Itza
viene associato a itz (‘magia’) e (h)á (‘acqua’) ovvero maghi o streghe dell'acqua
.
La città esisteva prima che gli Itza prendessero possesso dell’area.
Chich’en Itzá è una delle mete turistiche per eccellenza nello Yucatàn.
La piramide è famosa perché la sua struttura durante gli equinozi di primavera e d’autunno all’alba e al tramonto genera un’ombra riproducente la forma del dio serpente piumato, simbolo dei Maya, il Kukulkan.
La piramide è costituita da una struttura esterna di terrazze quadrate con scalinate che conducono al tempio collocato sulla sommità. Il tutto per trenta metri di altezza
Nel 1930 è stata scoperta al suo interno una seconda piramide alta poco meno di venti metri.
Un gruppo di ricercatori dell'Università nazionale autonoma del Messico (UNAM) ha scoperto che esiste all’interno di questa seconda piramide un’altra alta circa dieci metri.
«È come una bambola russa o una scatola cinese» ha detto Rene Chavez Seguro, a capo del progetto di ricerca. La nuova piccola piramide è stata scoperta grazie al sistema non invasivo ‘tomografia elettrica tridimensionale’ che ha permesso l'illuminazione della terza camera e il suo ritrovamento.
Si ipotizza che questa terza piramide sia stata realizzata dai Maya. Dunque quello che i visitatori osservano dall’esterno è il risultato di tre fasi di costruzione. La piramide più interna di dieci metri viene datata tra gli anni 550 e 800 d.c. La sua esplorazione potrebbe fornirci informazioni fondamentali sul passato e lo sviluppo dei Maya. Se quella più esterna è stata costruita tra 1050-1300 d.c, quella intermedia con ogni probabilità risale al 800-1000 d.c.
Dalla tomografia si sono osservati alcuni elementi interessanti per capire lo stile architettonico dei Maya. Una rampa e probabilmente una sorta di santuario. Queste osservazioni hanno dato un nuovo impulso alla ricerca che sarà avviata a breve. La piramide è dal 1988 sito patrimonio dell'Umanità dell'Unesco. Altro nome, quello dato dagli archeologi, è ‘Chichen Itza struttura 5B18’. Questa piramide continua a ‘parlarci’. I ricercatori hanno scoperto che è stata costruita su un fiume, o forse un cenote, grazie alle analisi effettuate sulla piramide stessa. Questo potrebbe dare una spiegazione al nome dell’insediamento. Lo Yucatàn è una regione arida, quasi priva di sorgenti di acqua. La presenza nell’area di due larghi e profondi pozzi naturali, chiamati cenote, che forniscono acqua in abbondanza, suggerisce che questo dettaglio abbia favorito il suo insediamento.
Essendo solo all’inizio delle ricerche, non è detto che ci siano altre stanze segrete e nuove sorprese.
(Fonte https://www.repubblica.it/scienze/2016/11/17/news/la_piramide_matrioska_di_el_castillo_una_dentro_l_altra_mistero_maya-152199167/)
1. 24 giugno 1926. Lubaantùn, Honduras britannico, colonia inglese.
Il sole illuminava e abbagliava come una sfera incandescente la natura selvaggia dell'America Centrale. Un gruppo d’inglesi procedevano a fatica nella foresta pluviale, aprendosi il cammino con l'aiuto degli indigeni. Da mesi percorrevano strade che erano appena riconoscibili, si imbattevano in ruderi ricoperti dalla vegetazione, sfidavano i pericoli che si annidavano a ogni passo. Ogni componente del gruppo aveva mire differenti.
L'esploratore inglese Albert Mitchell Hedges si aggirava nella foresta del Belize, dove un tempo era fiorita l'antica civiltà Maya, alla ricerca di qualcosa che per lui aveva una vitale importanza.
Aveva avuto modo di leggere dei codici antichi che a prima vista sembravano solo trattati religiosi: descrivevano un lungo percorso di storia. Non era la prima volta che si imbatteva in queste teorie, perché nel 1913 era stato al seguito di Pancho Villa durante la rivoluzione messicana e aveva ascoltato dei racconti che sapevano d’inverosimile. Li aveva annotati su un diario a memoria futura. Parlavano della fine del mondo al termine dell'età dell'oro, di tredici teschi di cristallo che i sacerdoti avevano disperso ai quattro angoli della terra.
«Quattro angoli del mondo?» aveva chiesto a un vecchio sciamano privo di denti che incontrò mentre vagabondava al seguito di Pancho Villa.
«Sì» aveva risposto, elencando quattro luoghi: Messico, Yucatàn, Belize e Guatemala.
Aveva fatto una bella risata ma aveva continuato ad ascoltarlo con attenzione.
«Ecco» disse inalando una pozione magica. «Questa è la profezia dei tredici teschi».
Mitchell Hedges, che tutti chiamavano familiarmente Mike, si fece più attento.
«Cosa dice?» domandò, trattenendo a stento la curiosità, mentre si avvicinava allo sciamano.
«'Quando i tredici teschi di cristallo saranno ritrovati e riuniti, inizierà un nuovo ciclo per il genere umano, un ciclo di grande conoscenza ed elevazione'» enunciò in trance.
«Ma dove li posso trovare?» domandò tra l'incredulo e il curioso.
Lo sciamano si strinse nelle spalle e chiuse gli occhi. Aveva finito di parlare. L'esploratore inglese, che era una spia al soldo di Sua Maestà, Giorgio V, si alzò e se ne andò. Però l'idea di recuperare i tredici teschi continuava a ronzargli nella testa. Rientrato a Londra l'anno successivo, aveva scoperto che al British Museum ce ne era uno esposto da diversi anni in una sala appartata. Così era diventata un’ossessione riunire i tredici teschi, finché nel 1923 con la benedizione del museo poté dare corpo al suo desiderio di partire alla ricerca degli altri dodici.
Con Lord Gann e Lady Richardson-Brown, la compagna di Gann e finanziatrice della spedizione, partì per il Belize per una serie di scavi a Lubaantùn. Questa era chiamata così perché era definita la città Maya delle pietre cadute, scoperta anni prima dallo stesso lord.
Inquieto e poco propenso a togliere il velo da questa città, abbandonata da mille e duecento anni, Mike si aggirava nella giungla da solo, qualche volta accompagnato da una guida indigena. Aveva ascoltato con molto interesse nelle bettole di Belize i racconti degli antichi discendenti Maya, che narravano di grotte piene di oro e gemme e di un mitico teschio di cristallo dai poteri mirabolanti. Molti ritenevano che quelle narrazioni fossero il frutto della fantasia di quegli abitanti scomparsi insieme alle loro città.
«No» era solito dire Mike a chi dubitava di quei racconti. «Sono storie vere. Le ho ascoltate anche nel Messico, qualche anno fa. Quando ci sarà il nuovo re degli indiani, il sacerdote lo condurrà in una città segreta sotto la terra e lì avrà a disposizione immense quantità di oro e l'uso di un teschio di cristallo».
I suoi ascoltatori ridevano e si burlavano di lui. Tuttavia le tradizioni orali dei vecchi discendenti Maya lo attiravano e in particolare quella sui poteri dei teschi di cristallo.
'Il teschio è un simbolo molto potente. É il simulacro di ciò che è stato e di ciò che è, di ciò che sarà, della vita che ha contenuto e della morte che rappresenta'. Erano le parole che aveva ascoltato più volte durante i suoi viaggi.
Mike sapeva che descriveva un simbolismo antico, nel quale si era imbattuto più volte. Ogni cultura gli attribuiva una valenza. Per i Maya ogni teschio rappresentavano un ciclo di b'ak'tun, un periodo di 144000 giorni. La scelta del numero non era causale: tredici erano i cicli per arrivare al 12 dicembre del 2012, quando tutto sarebbe terminato per originare un nuovo ordinamento. La leggenda Maya ci avvertiva in modo drammatico: il nuovo ciclo avrebbe avuto inizio soltanto quando gli uomini sarebbero 'sufficientemente evoluti e integri', allora saremmo pronti a ricevere la formula per salvarci. Ricordava di aver ascoltato questo monito dal vecchio sciamano. Una formula potente, che sarebbe contenuta proprio nei tredici teschi. Questi dovevano essere riuniti in un solo posto alla presenza del re degli indiani e del sommo sacerdote.
Mike era rimasto stregato da queste parole, perché indicava che l'umanità doveva essere chiamata a compiere un salto di qualità ed elevarsi moralmente.
Era conscio di essere una contraddizione, perché di certo la sua vita non era stata irreprensibile, anzi molti suoi atti andavano nel verso opposto. Il passato non lo preoccupava, adesso era teso a rintracciare quel teschio, che alcuni indigeni avevano detto di aver osservato tra le rovine di Labaantùn. Aveva tentato in tutti modi di ottenere la localizzazione esatta senza successo. I suoi compagni non capivano perché si aggirasse con frenesia tra quelle rovine senza rispettare i protocolli della spedizione, che avevano stabilito prima di partire. I reperti trovati diventavano di proprietà della finanziatrice, Lady Richardson-Brown. Ogni ritrovamento doveva essere documentato. Ogni ricerca doveva essere condotta in coppia.
Però Mike agiva da solo e questo era costante motivo d'attrito col resto del gruppo.
***
Deborah si svegliò madida di sudore con negli occhi quella visione che non riusciva a collocare né nel tempo né geograficamente.
É stato un brutto sogno
si disse, tentando di riaddormentarsi.
Il sonno era stato interrotto in modo brutale dalla visione, della quale non ricordava nulla a parte un uomo longilineo e ossuto, che parlava una lingua straniera.
Domani è il giorno di San Giovanni
ripeté mentalmente con la voce impastata. Ora prova a riaddormentarti. É ancora notte
.
Si girò e il sonno riprese vuoto e senza sogni.
2. 23 giugno 2012
Deborah stava in spiaggia a Cattolica, distesa sotto il sole. Intorno bambini urlanti e madri che fingevano di osservarli, mentre in realtà erano attente solo alle chiacchiere della vicina e all'avvistamento di qualche bel giovanotto da rimorchiare con discrezione.
Lei si rosolava davanti e dietro con invidiabile costanza ma avrebbe voluto avere un paio di tappi nelle orecchie per isolarsi dal quel vociare convulso. In altre condizioni avrebbe schiacciato un pisolino dopo la notte passata tra sogni e incubi dei quali aveva perso i ricordi. Sbirciò l'ora dal grande orologio digitale del bagno. Segnava solo le undici.
Uffa ancora un'oretta buona prima del rientro in albergo
si disse, sbuffando. Stava maturando l'idea di alzarsi e andarsene, quando udì con la tipica cadenza romagnola una voce maschile, che invitava per la sera la vicina di ombrellone, una bella signora dal fisico asciutto.
Si girò di quel minimo per intravedere un giovane ragazzo abbronzato che, seduto tra lei e la donna, prospettava una serata diversa dal solito. Nessuno dei due la notò. Deborah ascoltava interessata i loro discorsi.
«Andiamo a vedere il mercatino di San Giovanni! Ci sono tante bancarelle con molte cose interessanti da comprare». Spiegava le meraviglie della festa gesticolando con le mani.
«Ma Giuseppe dove lo parcheggio?» sussurrò con il tono di chi era più attratto di passare la sera tra le bancarelle che restarsene chiusa in albergo.
«Non ti preoccupare» replicò il ragazzo, ammiccando con l’occhio. «Lo affidiamo a Monica».
«E chi sarebbe?» domandò ancor più invogliata dalla possibilità di essere libera dalle responsabilità di custodire il figlio.
«É mia sorella. D'estate fa la baby sitter per le villeggianti. Lo farà giocare e poi lo metterà a letto».
«A letto? Dove? In albergo?»
Una franca risata interruppe la sequenza di domande della donna.
«No!» esclamò divertito, gettando all’indietro un ciuffo ribelle. «Abbiamo molte stanze nella nostra casa. Dormirà in una di quelle».
Deborah si avvicinò alla coppia per meglio origliare il loro dialogo. Si chiese perché li ascoltava. Forse qualcosa che rompa la monotonia di questa vacanza noiosa
pensò, sistemandosi sul lettino.
«Ma il pigiamino…» chiese timidamente la donna, che non credeva alle sue orecchie: il parcheggio del figlio presso la sorella di Raul apriva molte possibilità per le prossime serate.
«Lo metti nello zainetto insieme a qualche ricambio. Non si sa mai».
«Giuseppe è un po' diffidente con le persone che non conosce» insistette la signora, che aveva perso l'entusiasmo iniziale. «Potrebbe mettersi a piangere e cercarmi».
«Tu non conosci Monica».
«In effetti non la conosco».
«Mia sorella ha diciassette anni ma è bravissima coi bambini. Cinque minuti dopo l'adorano. Sa raccontare storie che lasciano di stucco anche noi adulti. É paziente e dolce. Fidati».
«Ci penserò…» ribatté con tono dubbioso ma la curiosità ebbe il sopravvento. «Ma dove dovremmo recarci stasera?»
«Alla fiera di San Giovanni. Sarà una serata magica e ti divertirai. Te lo garantisco» replicò pacato il ragazzo, prendendole la mano.
La signora rimase in silenzio a meditare.
«Come ti chiami? Posso darti del tu, vero?» domandò, guardandolo negli occhi.
«Raul come quello che canta 'Romagna mia'» rispose col sorriso sulle labbra.
«Bene, Raul. Io sono Gina».
«Che bel nome, Gina» l’adulò sornione, perché aveva compreso cosa cercava.
Gina, rossa di per sé per il sole, avvampò di calore. Quel complimento non glielo aveva fatto nessuno, nemmeno Enrico, il compagno.
«Ma in albergo cosa dico?» farfugliò titubante col pensiero rivolto alla serata, che si prospettava intrigante.
«Dove sta il problema?» rispose Raul pronto, mentre le sfiorò un braccio. Gina ebbe un sussulto di piacere. «Ci si veste e si esce. Ti vedranno al rientro, domattina».
Deborah sorrise divertita vedendo la donna con l’occhio lucido di passione. Il desiderio di trasgredire si notava da come accettava le carezze del ragazzo sul braccio e sul viso. Aveva ascoltato che l'appuntamento era alle diciotto al bagno 42. Dove si sarebbe recati dopo non era stato detto. Li avrebbe seguiti con discrezione. Bene! Una sera diversa dalla solita passeggiata sul lungomare Rasi Spinelli e con l'immancabile sosta alla gelateria Pimpi
sogghignò soddisfatta.
Pensò cosa indossare per una serata decisamente inconsueta, che veniva a movimentare una vacanza che si stava consumando senza grandi divertimenti.
Deborah aveva ventidue anni. Alta più della media delle coetanee, giocava a pallacanestro nel ruolo di guardia con discreto successo. Quest'anno per lei il campionato si era chiuso piuttosto tardi, per la partecipazione della sua squadra alla fase finale dei playoff, terminati con la promozione nella massima categoria. La stagione lunga e snervante aveva costituito un'importante svolta per lei e la sua squadra. Passate poche settimane dalla conclusione del campionato aveva la necessità di ricaricare le pile e scaricare la tensione, accumulata in otto mesi intensi e combattuti. Il programma dell'estate prevedeva due settimane al mare da sola per disintossicarsi dalle tossine dell'agonismo, al ritorno a casa il viaggio in Svezia con Simone, il