Il fuoco della montagna
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«Non ho paura, non ho paura...» ripeteva come una cantilena mentre scendeva nelle profondità della terra. Era passato non molto tempo da quando Gea aveva oltrepassato la soglia dell'immensa caverna e non aveva alcuna idea di cosa la stesse aspettando.
L'unica cosa di cui era a conoscenza era quella strana leggenda, ma non c'era alcuna certezza nella sua missione.
Tante domande inondavano la mente di Gea: esisteva davvero il fuoco della montagna? Sarebbe riuscita ad riaccendere la sua fiamma? Oppure, la sua missione era destinata a fallire?
Un'emozionante avventura la attende, un viaggio che si districa tra pericoli e colpi di scena, per riportare in vita il fuoco della montagna!
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Anteprima del libro
Il fuoco della montagna - Michele Soler
IL FUOCO DELLA MONTAGNA
Il fuoco della montagna
michelesoler80@gmail.com
Copyright © 2022 – Michele Soler
Quest’opera è protetta, in ogni sua parte, dai diritti d’autore. È quindi vietato riprodurre, duplicare o tradurre i suoi contenuti, anche in modo parziale, senza il consenso scritto dell’autore. Ciò è valido, in particolar modo, per la riproduzione per mezzo di sistemi elettronici o di altro tipo e la distribuzione al pubblico dell’opera stessa.
Questa è un’opera di fantasia. Ogni riferimento o somiglianza a persone, luoghi o avvenimenti reali è puramente casuale.
SOMMARIO
CAPITOLO 1
CAPITOLO 2
CAPITOLO 3
CAPITOLO 4
CAPITOLO 5
CAPITOLO 6
CAPITOLO 7
CAPITOLO 8
CAPITOLO 9
CAPITOLO 10
CAPITOLO 1
«N on ho paura, non ho paura, non ho paura...» ripeté come una cantilena mentre scendeva nelle profondità della terra. La grande torcia di metallo illuminava il cammino antistante, rivelando di tanto in tanto qualche animaletto impaurito. La luce del giorno, che inizialmente filtrava illuminando le pareti rocciose, era ormai sparita, lasciando il posto alle tenebre. Il suono dei suoi passi incerti era la sola cosa che rompeva quel silenzio irreale, anche se, in lontananza, si sentiva come uno scorrere d’acqua tra le pareti. Qualche goccia cadeva ogni tanto dal soffitto, toccando terra emettendo un pluf
che riecheggiava a lungo nelle sue orecchie. «Avanti, Gea...» sussurrò con un filo di voce. «Non puoi tornare indietro proprio adesso…». Non era passato molto tempo da quando, stringendo i pugni e lottando contro la paura del buio, aveva oltrepassato la soglia dell’immensa caverna.
La sveglia era suonata presto, quella mattina. Si era vestita in fretta ed era uscita di soppiatto dalla finestra della camera per non farsi vedere dalla mamma. Nello zaino aveva messo dell’acqua fresca, una mela e un panino, un coltellino multiuso, di quelli che hanno anche il cacciavite, il libro con le indicazioni da seguire e la grande torcia di metallo, unico ricordo di suo padre. Era convinta di riuscire a trovare la grotta entro mezzogiorno, compiere la sua missione e tornare a casa prima di cena. Era uscita di buon’ora, marciando a passo svelto, ma la lunga ricerca era giunta al termine poche ore prima del tramonto.
«Non sarei dovuta entrare… È troppo tardi…» disse di nuovo a se stessa con voce tremolante «Forse non sarei neanche dovuta partire…». I pensieri divennero un mix di angoscia e ansia e rimbalzavano come schegge impazzite nella sua testa. «E se mi perdessi? Se non riuscissi a trovare l’uscita? Se cadessi e mi rompessi una gamba? Se crollasse una roccia e rimanessi bloccata? Se…». Mille dubbi si sommarono ad altrettante preoccupazioni mentre avanzava sempre più in profondità verso il cuore della montagna. Aveva perso la cognizione del tempo, ormai. Non riusciva a capire da quanto stesse camminando senza sosta. Poteva essere passata mezz’ora come mezza giornata, non riusciva a quantificare il tempo trascorso.
Il percorso sembrava sempre lo stesso: un lungo corridoio naturale di stalattiti e stalagmiti, non più alto di tre metri. Di tanto in tanto si aprivano delle fessure sulle pareti o nel pavimento, dalle quali uscivano esserini che avevano decisamente troppe zampe per i suoi gusti. Non sopportava gli insetti. Era consapevole che il suo timore fosse ingiustificato, perché in fondo erano talmente piccoli e innocui che avrebbe potuto schiacciarli senza problemi. Eppure ogni volta che ne incontrava uno si irrigidiva, ritirava il collo come una tartaruga e accelerava il passo, schifata. Ed era proprio mentre illuminava con attenzione l’ennesimo millepiedi che si rese conto di non poter proseguire: davanti a lei c’era una strada chiusa. Fine dei giochi.
«Che cosa?!» esclamò stupita e leggermente infastidita. Scannerizzò ovunque con il fascio di luce artificiale, ma niente. Nessuna diramazione o cunicolo nascosto. Neanche una fenditura abbastanza grande da potercisi infilare. Era un vicolo cieco. Sembrava proprio che l’unica strada percorribile fosse dietro di lei, esattamente da dov’era venuta. «Non ci posso credere… Ho fatto tutta questa strada per niente?!». Aveva le mani sui fianchi e lo sguardo fisso sulla parete di roccia. Non sapeva cosa pensare. L’iniziale stupore divenne prima rabbia, poi delusione e infine rassegnazione.
Sbuffando si gettò pesantemente su una roccia, seduta con i gomiti poggiati sulle ginocchia, la testa piegata in avanti e le mani sulle tempie. «Dove ho sbagliato?» bisbigliò mentre analizzava mentalmente il cammino percorso fin lì. «Dovevo svoltare da qualche parte? Prendere un’altra via?». Cercava di ricordare i dettagli del sotterraneo che potevano esserle sfuggiti. «Ma no, impossibile… Non c’erano altre strade!». Nulla, nessuna idea. Con un sospiro stanco si appoggiò con la schiena alla parete, gli occhi chiusi e il naso all’insù. Dopo un po’ si accorse di aver schiacciato il suo zaino contro la roccia, quindi decise di spostarlo. In fondo era dalla mattina che lo portava con sé e, anche se non era troppo pieno, era comunque abbastanza pesante. Erano rimasti la borraccia quasi vuota, il coltellino e… «Il libro!» esclamò spalancando gli occhi come se si fosse accesa una lampadina nella sua testa. «Ma certo! Nel libro troverò la soluzione al mio problema!».
Lo estrasse dallo zaino e iniziò a sfogliarlo freneticamente. Aveva letto più volte il suo contenuto e sapeva già dove avrebbe trovato la risposta. Con lo sguardo cercò tra le righe bisbigliando parole incomprensibili, come se stesse leggendo a velocità raddoppiata. «Ecco!» sentenziò fermandosi con il dito perpendicolare al foglio. «"Se la strada si arresta, tu non ti arrendere…» lesse scandendo con attenzione le parole. «
Un sasso calpesta e preparati a scendere."... Mhmm… OK...». Si grattò la testa perplessa rileggendo la frase nella sua mente. «Significa forse che devo trovare una specie di pulsante a forma di sasso per aprire una porta che va al piano di sotto?». Mise il libro nello zaino e si avvicinò con la torcia alla parete, questa volta illuminando il pavimento.
Di sassi era pieno, e le sembravano tutti uguali. Provò a pestarne uno e a calciarne un altro ma nulla, non succedeva niente. Storse un po’ la bocca, contrariata. Passeggiò su e giù, a destra e sinistra per cercare il