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Mariani e il secondo colpo
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Mariani e il secondo colpo

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Il questore ha chiesto al commissario Antonio Mariani di indagare su alcune lettere minatorie indirizzate a Claudio Corani, noto imprenditore genovese e unico proprietario della C&C. Non è un incarico, ma un “favore personale”. Mariani accantona l’irritazione e incontra Alberta, la moglie di Corani, perché è stata lei a rivolgersi al questore. Sente anche Stefania Costanzi, la segretaria dell’imprenditore, che è stata la prima a leggerle. Sembra che le minacce siano la conseguenza di un incidente in cui, nell’autunno, ha perso la vita Franco Ratto, un giovane camionista appena assunto. Inutilmente Mariani cerca di parlare con Corani: l’uomo è irreperibile da giorni. Insiste con Alberta perché sporga regolare denuncia, ma lei risponde che quelle assenze non sono inusuali. Che una moglie non si chieda dove va il marito per giorni sembra strano al commissario, come il fatto che un imprenditore possa assentarsi trascurando i propri affari. Due giorni dopo Corani viene trovato ucciso a Sampierdarena: gli hanno sparato alla nuca. Due volte. Non è l’unica stranezza: gli indumenti della vittima non sono adeguati alla sua condizione sociale, il corpo è stato rinvenuto vicino alla torre WTC, dove ha gli uffici la C&C. L’indagine, all’inizio irritante, per Mariani diventa inquietante e risveglia troppi ricordi umani e professionali. A Sampierdarena ha vissuto fino ai vent’anni, a Sampierdarena ha affrontato la sua prima indagine da commissario e anni dopo ha incrociato nuovamente il latitante Luigi Mannini… Sì, i troppi ricordi gli rendono difficile concentrarsi, pure la Petri è meno lucida del solito. Il caso diventa più complesso perché anche la moglie di Corani viene ferita gravemente.

Maria Masella è nata a Genova. Per Fratelli Frilli Editori ha pubblicato Morte a domicilio (2002), Il dubbio (2004), La segreta causa (2005), Il cartomante di via Venti (2005), Giorni contati (2006), Mariani. Il caso cuorenero (2006), Io so L’enigma di Mariani (2007), Primo (2008), Ultima chiamata per Mariani (2009), Mariani e il caso irrisolto (2010), Recita per Mariani (2011), Per sapere la verità (2012), Celtique (2012, terzo classificato al Premio Azzeccagarbugli 2013), Mariani allo specchio (2013), Mariani e le mezze verità (2014), Mariani e le porte chiuse (2015), Testimone. Sette indagini per Antonio Mariani (2016), Mariani e il peso della colpa (2016), Mariani e la cagna (2017) Mariani e le parole taciute (2018), Matematiche certezze (2019 scritto a quattro mani con lo scrittore Rocco Ballacchino), Mariani e le giuste scelte (2019), Mariani e le ferite del passato (2020), Tempesta su Mariani (2021), Nessun ricordo muore (2017), Vittime e delitti (2018), Le porte della notte (2019), Un posto per morire (2021) e Appuntamento mortale (2022) questi ultimi cinque con protagonista la coppia Teresa Maritano e Marco Ardini.
LanguageItaliano
Release dateNov 30, 2022
ISBN9788869436598
Mariani e il secondo colpo

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    Mariani e il secondo colpo - Maria Masella

    CAPITOLO 1

    Lunedì 8 giugno

    Alle undici sono nell’anticamera del questore che ha chiesto di vedermi, per una questione privata, se non ho niente in contrario. Sono abbastanza tranquillo perché immagino che voglia sapere se ho deciso di accettare la proposta di passare a un incarico che aveva definito più prestigioso e che continua a sembrarmi da passacarte.

    Dopo la normale attesa di un quarto d’ora la segretaria mi invita a entrare.

    Il questore si alza. È gesto inconsueto, come lo è il sorriso. Forse desidera davvero che accetti la proposta del ministero degli interni e che mi tolga dalle scatole.

    Invece di prendere posto dietro la scrivania si sistema in una delle poltroncine da salotto e indica quella accanto.

    – Avrei necessità della sua esperienza, dottor Mariani. So di poter fare affidamento sulla sua competenza e sulla sua riservatezza.

    Niente è imbarazzante come i complimenti, quando c’è un fondato sospetto che abbiano secondi fini. Taccio ed evito anche il regolamentare cenno d’assenso.

    – Un amico… Più che altro un conoscente… La moglie, che frequenta da anni lo stesso circolo della mia, è preoccupata.

    Quindi non mi ha convocato per conoscere le mie decisioni; spero che si spicci a parlar chiaro.

    – Ha saputo che il marito ha ricevuto minacce.

    Non gli dico che, come questore, dovrebbe consigliare al suo conoscente di sporgere regolare denuncia; per ora è abbastanza divertente vederlo pattinare sul ghiaccio.

    – Sarebbe veramente utile che lei trovasse il tempo di ascoltarla, dottor Mariani. Glielo chiedo come favore personale, per tranquillizzare mia moglie.

    – Se è lui a essere stato minacciato, sarà più utile sentirlo direttamente.

    Esita e conferma che sono state rivolte al marito, poi aggiunge che la moglie l’avrebbe scoperto casualmente. – Se potesse parlarle, per valutare se sono farneticazioni o se i timori sono fondati.

    Come se una farneticazione non fosse pericolosa.

    Non ho accettato o rifiutato, eppure si alza e, sorridendo, mi ringrazia per la disponibilità. Si gira verso la scrivania e prende un foglio ripiegato. – I contatti per l’amica di mia moglie Roberta. La chiami per tranquillizzarla o per convincere il marito a denunciare il fatto. Un piacere personale, dottor Mariani. – E mi porge la mano.

    Sono fuori, con un foglio ripiegato in quattro e con una grana che non ho avuto la prontezza di rifiutare.

    CAPITOLO 2

    Lunedì 8 giugno, tardo pomeriggio

    Alberta Corani Scianni, perché nel foglio il questore l’ha indicata con precisione, mi ha dato appuntamento per le sei, Se non le è di disturbo. Per raggiungere casa mia, a Levante, invece di percorrere corso Europa, seguo la costa; l’avrei fatto ugualmente per dare un’occhiata al mare.

    All’ingresso del residence comunico la mia identità al custode e aspetto l’autorizzazione. Pochi minuti e solleva la sbarra. Percorro vialetti tortuosi e intravedo palazzine fra la vegetazione fino alla villa, semplice, chiara. Piuttosto isolata e poco appariscente. Non visibile da chi percorre via V Maggio.

    Dall’ampia finestra del soggiorno, in cui mi ha preceduto una cameriera, si gode una splendida vista del mare, centottanta gradi da Portofino a Boccadasse. Peccato per la foschia, altrimenti lo sguardo si spingerebbe a Capo Mele. È una tavolozza di grigi con sprazzi di luce che fanno brillare il verde ben lavato dalla pioggia.

    – Dottor Mariani!

    Seguo la voce e vedo la moglie del questore. Mi avvicino: – Signora.

    – Siamo state tutto il giorno fuori e ho riaccompagnato a casa Alberta. Era un po’ agitata e sono rimasta per darle sostegno morale.

    Dopo altri minuti, persi in convenevoli inutili finalmente resto solo con la Corani e posso guardarla con comodità.

    Deve aver superato i quaranta, ma li porta bene. Un ampio caffetano di lino bianco, pochi sobri gioielli. Trucco? Non appariscente.

    Mi porge la destra. – Signora Corani…

    – Scianni. Uso abitualmente il cognome da nubile. – Indica il divano sistemato ad angolo con quello da cui si è alzata quando sono entrato. – Posso offrirle qualcosa?

    – No, la ringrazio. Sono venuto per la questione delle minacce nei confronti del signor Corani. Per sapere di cosa si tratta e come lei ne è venuta a conoscenza.

    – Era nervoso da alcune settimane e poi ho trovato questa. – Apre una cartella di pelle posata sul tavolino fra i nostri divani, toglie una busta e me la porge. – Gli ho chiesto spiegazioni e ha risposto che non era importante. Mi dispiace, l’ho maneggiata un bel po’ prima di rendermi conto che avrei cancellato eventuali impronte.

    La prendo ma prima di esaminare il contenuto chiedo quando l’ha ricevuta.

    – Cinque giorni fa.

    Dal timbro risulta spedita da sette.

    – Sì, avrei dovuto muovermi prima, dottor Mariani, ma continuavo a ripetermi che era una sciocchezza. Mio marito non aveva voluto rivolgersi alla polizia o ai carabinieri. È stata Roberta a convincermi; di certo suo marito poteva chiedere a un esperto… Ma l’avremo disturbata per nulla.

    Finalmente posso sfilare il foglio. A4, niente stampante ma macchina da scrivere.

    Tu, Claudio, hai ucciso.

    Soffrirete e morirete

    – Claudio è il nome di suo marito?

    – Sì. Claudio Corani.

    Quando ho avuto dal questore il nome dell’amica della moglie, non ho avuto tempo e voglia di fare un minimo di ricerche, ma ora quel Claudio Corani è un segnale d’allarme. C&C: un’impresa specializzata in trasporti su ruote. In pratica il marito della donna seduta di fronte a me è proprietario di una flotta di mezzi pesanti che percorrono l’Italia, anzi tutta l’Europa.

    Si spiega la villa in ottima posizione. Potrebbe anche permettersi di più, ma qui, a Genova, si preferisce non strafare. Il basso profilo l’abbiamo nel DNA.

    – Ha capito chi è mio marito.

    Non è una domanda ma ugualmente faccio segno di sì.

    – Nella sua posizione è facile avere nemici, dottor Mariani. Anche nella mia; in realtà, tutti ne abbiamo. – Ha parlato di nervosismo nelle settimane precedenti. Cosa intendeva?

    Un sorrisetto e poi chiede se sono sposato. Domanda prevedibile perché non porto la fede, come non la porta Fran. Completa la domanda: – O ha una compagna da qualche anno?

    – Sono sposato da diciotto anni.

    – Io da dieci, capisco se Claudio è nervoso.

    Faccio segno di no. – Chiedevo cosa intendeva per settimane precedenti. È un’indicazione piuttosto vaga.

    – Novembre è stato difficile – tende una mano verso una scatolina di porcellana su cui sono sistemate delle caramelle, ne prende una e la scarta. – Ho smesso di fumare per ordine del medico e sono diventata dipendente delle caramelle. Se gradisce…

    – No, grazie. – Cercando di essere gentile senza precipitare nel tono salottiero su cui lei si è incamminata. – Ha parlato di settimane difficili a novembre. E siamo a giugno.

    – Novembre era stato complicato, poi era tornato tutto normale. Ma dalla metà di aprile ha ricominciato a dormire male e a parlare soltanto a monosillabi. Ho cominciato a preoccuparmi.

    – Devo farle una domanda, signora Scianni. Personale e indiscreta. A volte si è nervosi se il matrimonio è in bilico o se si sospetta che lo sia.

    – Nessun problema, dottor Mariani. Il mio matrimonio non è in pericolo. Il nervosismo non dipendeva da quel tipo di problemi.

    – Pensa che abbia ricevuto altri messaggi come quello che mi ha mostrato?

    – Lo so per certo. I precedenti erano stati inviati al suo ufficio. Il primo era arrivato all’inizio di aprile e poco dopo era cominciato il nervosismo.

    – Come ha saputo degli altri?

    – Quando lui mi ha detto che questa – e indica la lettera – era di nessuna importanza e che ne erano arrivate altre in ufficio, mi sono rivolta a Stefania che ha confermato. – Precedendo la mia domanda chiarisce che Stefania Costanzi è la segretaria del marito da prima del loro matrimonio. – Le ha conservate, come fa per tutta la corrispondenza di mio marito. Avrei piacere che le parlasse.

    Salvo il numero di Stefania Costanzi sul cellulare.

    Esco dalla villa, lascio il residence e continuo verso Levante per poche insenature.

    Anche questa giornata in cui non ho concluso nulla è andata. Manu e Ludo hanno deciso di ordinare pizza e mangiarla nel giardino della nonna. Io aspetto l’arrivo di Fran.

    Mi sistemo sul terrazzino e chiamo la segretaria di Corani.

    – Sono Mariani, signora Costanzi, ho avuto il suo numero dalla signora Corani.

    – Sì, mi aveva avvisato. Mi dica.

    – Avrei necessità di parlarle; se possibile, non per telefono e preferirei incontrarla nel suo ufficio, signora Costanzi.

    – Siamo al World Trade Center, a San Benigno, commissario. Mi fornisce le indicazioni necessarie per individuare il suo ufficio, aggiunge che posso andare nel pomeriggio, quando mi viene meglio.

    – Verrei domani in giornata, se non mi capita un’urgenza. – Una pausa. – Il momento migliore sarebbe dopo le diciotto.

    CAPITOLO 3

    Martedì 9 giugno

    Arrivato in ufficio chiamo la Petri e le chiedo di trovarmi informazioni su Corani Claudio e sulla C&C. Di fare con calma e di portarmele di volta in volta.

    – Va bene, commissario.

    Ormai la conosco abbastanza da capire che vorrebbe conoscere il motivo della convocazione del questore e che non lo chiederà mai. – Siediti, ispettore. Un tuo parere mi servirà.

    Parlando mi sono spostato accanto alla finestra aperta per accendermi una sigaretta, ora mi volto e commento che le informazioni su Corani serviranno per capire eventuali motivi delle minacce. – Ho bisogno di capire cosa gli è successo a novembre. La moglie ne ha parlato come se fosse un fatto noto.

    – Commissario…

    Mi giro a guardarla perché la sua voce è strana, incerta. – Cosa c’è, Petri?

    – A novembre dell’anno scorso lei era in ospedale, commissario. Non ha bisogno di aggiungere altro. Erano i giorni in cui ero ricoverato in rianimazione dopo l’esondazione del Cerusa. – Cosa è successo? Qualcosa che coinvolgesse o lui personalmente o, come ritengo più probabile, la sua impresa?

    – Un incidente. Uno degli autoarticolati della C&C è precipitato da un viadotto all’altezza di Mele per evitare un’auto in panne. – Dopo una pausa chiede se deve farsi inoltrare la documentazione dalla Stradale.

    Annuisco.

    Si alza. – Grazie per avermi messa al corrente dei motivi delle ricerche. Anche se non sono ufficiali.

    Sta uscendo quando mi squilla il cellulare. Fran, mia moglie. Un attimo di panico perché nella nostra famiglia ci si telefona sul lavoro soltanto in caso di grave emergenza.

    No, non altri problemi! Da due settimane Manu è a casa con noi: non ha riportato conseguenze permanenti dall’incidente…¹ Incidente? Era stata volontariamente investita, per ucciderla. Niente conseguenze permanenti e avevamo temuto per la sua vita, ma erano state necessarie sedute di rieducazione per la gamba con le fratture scomposte.

    Chiaro che le telefonate famigliari mi spaventino. Fran ha previsto il mio attimo di panico perché le prime parole sono: – Stiamo tutte bene. – In sottofondo sento rumori che direi di stazione ferroviaria.

    – Sì. Cosa c’è?

    – Impiccio a Milano. Sono a Brignole. Vado e torno in giornata. Non capisco perché mi abbia informato con urgenza. Siamo una coppia unita, ma abbiamo entrambi un lavoro impegnativo e non siamo legati con lo spago.

    – Ero d’accordo con Emma che in tarda mattinata la accompagnavo alla Castagna. La avvisi tu?

    – Sì, certo. Tranquilla. Buon lavoro, Fran.

    – Anche a te, Anto. Ho il treno. – E subito il richiamo: – Lorenzo, spicciati!

    Quindi va a Milano con il collega più giovane. E lei è una bella donna, capace. E passionale.

    Non ho bisogno di essere lì, neppure di chiudere gli occhi, per vedere lo slancio con cui sale nello scompartimento e raggiunge il posto prenotato. Noi ci siamo conosciuti in treno…

    Non poso il cellulare e chiamo mia madre. Risponde dopo pochi squilli. – Dimmi, Nino; mi sto preparando e non voglio far aspettare Francesca.

    Come dirle che mia moglie ha avuto un imprevisto e non potrà accompagnarla? – Non ho impegni e, se ti va, ti porto io, ma’.

    – Certo che mi va, Nino.

    Avviso la Petri, prendo l’auto e guido verso Levante fino all’appartamento di mia madre che è a pochi metri dal mio.

    Ora sono con lei al cimitero della Castagna.

    Siamo alla tomba di mio padre; il fratello che è morto bambino e non ho mai conosciuto riposa accanto a lui.

    – Quando temevamo di perdere Manu, ho pensato a loro e ho chiesto che ce la lasciassero ancora. – Forse coglie il mio stupore. – No, nessuna conversione religiosa in tarda età, Nino. Ma in ogni cultura è forte il legame con chi ci ha preceduti. Inspiegabile, lo sentiamo dentro. E noi abbiamo ancora Manu. – Fa una pausa. – Ora basta chiacchiere. Mi accompagni da Pietro?

    Ci tratteniamo qualche minuto davanti alla lapide di Pietro Gambaro, medico molto stimato a Sampierdarena e, da giovane, partigiano con il nome di Primo; per noi era soprattutto un amico di famiglia. Penso che mia madre abbia ricordato la sua giovinezza, i tanti momenti in comune con Pietro, le estati ad Arenzano.

    Appena destinato a Genova, come commissario, avevo ricevuto l’incarico di indagare sull’omicidio di un uomo a cui avevano sparato vicino a via Buranello e avevo scoperto che la vittima era proprio Gambaro. I miei ricordi si intrecciano con quelli di mia madre. Luigi Mannini, il giovane… Dovrei ormai dire l’uomo, ma quando l’avevo conosciuto ai funerali di Primo era giovane. Le strade fra me e Mannini si erano intrecciate anni dopo, quando lui era latitante. Gli avevo impedito di uccidere e l’avevo arrestato.

    Non avevo mai avuto la certezza che intendesse arrivare fino in fondo e uccidere.²

    Poche settimane fa avevo una pistola in mano, volevo uccidere, lo volevo con tutto me stesso e mi sono fermato, non ho premuto il grilletto³.

    Ci allontaniamo dalla lapide di Primo e facciamo ancora una breve sosta davanti al monumento ai partigiani. Le corone deposte in occasione del 25 Aprile sono ancora fresche.

    – Ancora fresche, Nino. Ma gli ideali, Nino, lo sono ancora? – È la voce di mia madre. Spesso ho la sensazione che comunichiamo fra noi anche senza parole.

    – Non per tutti, ma’.

    – Dai, riportami a casa. Ché poi mi vengono brutti pensieri. Hanno dato la vita per… Lo riconoscerebbero questo paese? – Si stringe nelle spalle.

    Come dirle che ognuno di noi, da giovane, immaginerebbe diverso il proprio futuro? Non è scontentezza o delusione, è che le variabili sono troppo numerose per previsioni azzeccate.

    L’unico elemento certo, come dice spesso Fran, è che il nostro presente include il nostro passato.

    Sono in Questura. La porta dell’ufficio della Petri è socchiusa, busso e al suo avanti, commissario entro.

    – Ho raccolto del materiale. Glielo porto.

    Sì, come riconosce il mio passo, sa che ho voglia di una sigaretta e l’accenderò soltanto da me. E, se non sono solo, con la finestra spalancata. – Con comodo.

    Arriva dopo pochi minuti. – Non è molto, commissario. Le faccio segno di sedersi.

    – Corani Claudio, anni sessantacinque, nato a Genova.

    – Dove?

    Controlla sul foglio. – Via Stefano Canzio.

    – Sampierdarena, Petri. La Crosa dei buoi. – Rispondo alla sua occhiata interrogativa: – È il nome antico di via Canzio. È da piazza Vittorio Veneto.

    – Padre camionista e madre operaia. Risultano studi frammentari. Poi il diploma di ragioniere quando aveva già trentaquattro anni, conseguito presso un istituto privato noto per corsi di studio molto veloci.

    Annuisco. È situazione che conosco. Uno ha bisogno di un titolo di studio e lo acquista.

    – Aveva già fondato la C&C, aveva due mezzi pesanti e lui ne conduceva uno.

    – Quando aveva cominciato?

    – Dieci anni prima era camionista alle dipendenze della stessa ditta per cui aveva lavorato il padre. Poi aveva acquistato il primo camion e il secondo. In ventotto anni ha costruito la C&C, che da venticinque è una società a responsabilità limitata unipersonale. – Parla tenendo la cartella aperta davanti a sé ma non ha bisogno di leggere. – Corani si sposa una prima volta a ventisei anni con una ragazza di ventiquattro, resta vedovo tre anni dopo. Si risposa dieci anni fa con Alberta Scianni, più giovane di vent’anni.

    Quindi non ho sbagliato nel valutare la sua età. – Figli?

    Fa segno di no. – Né dalla prima né da questa.

    – La segretaria, Stefania Costanzi?

    – Lavora per la C&C dagli inizi. Di cinque anni più giovane di Corani. Non risulta alcun matrimonio.

    Mi alzo. – Devo andare a sentire di queste lettere minatorie.

    – Commissario…

    Ha il tono di quando vuole dire qualcosa ma teme di fare il passo troppo lungo. – Cosa c’è?

    – La virgola. – Si ferma e poi continua in fretta: – La virgola con il vocativo la usano in pochi. Non l’ha scritta una persona giovane, ma una di una certa età e abbastanza istruita. Sui social ormai non la mettono, anche in romanzi di autori famosi e pubblicati da editori importanti manca abbastanza di frequente.

    Da quanto non leggo un romanzo appena uscito? Continuo a rileggere quelli che avevo scoperto e amato da giovane. So come vanno a finire e ci sono già troppe sorprese nella mia vita. Anche i film, spesso riguardo i vecchi. Rassicuranti. – Sì, ispettore, ottima osservazione.

    Percorro la Sopraelevata dalla Foce all’uscita di Sampierdarena verso il tramonto e le nuove torri edificate dove c’era la collina di San Benigno. Raggiungo il parcheggio del WTC, fermo l’auto in uno degli spazi riservati alla C&C e lascio in evidenza il mio talloncino.

    Salgo al piano che mi è stato indicato dalla segretaria e mi faccio annunciare.

    – Buonasera, dottor Mariani, grazie di essere venuto.

    Ha quasi sessant’anni e ha rifiutato di fingersi più giovane: capelli grigi, tagliati corti, niente trucco, viso e corpo asciutti. Giacca e pantaloni blu, camicia bianca. – Si accomodi, andiamo nel mio ufficio.

    La stanza le somiglia, nessun abbellimento, ma il panorama su porto e collina di Carignano non è schermato da tende. Qui non sono necessari quadri.

    – Mi dica delle lettere, signora Costanzi. Quando sono cominciate?

    – La prima è del 2 aprile, in tutto ne sono arrivate otto, a cadenza regolare. Tutte indirizzate al signor Claudio Corani, sulla busta l’indicazione Personale, ma apro sempre la sua corrispondenza, in toto, da quando ha fondato la C&C.

    – Le ha conservate?

    – Archivio sempre la corrispondenza, dottor Mariani. O devo chiamarla commissario?

    – Non è indagine ufficiale.

    – Ma è un commissario. Le dicevo che conservo la corrispondenza; i messaggi minatori sono tutti in una cartellina.

    – Lui li ha letti?

    – Certo. Non cestino la sua posta, non è mio compito.

    – Come ha reagito?

    Una lunga pausa. – Non lo so. Avevo portato la posta con la prima, quella del 2 aprile, poi mi aveva chiamata per darmi disposizione di metterla in una cartella. Come se prevedesse l’arrivo di altre. Gliele ho sempre mostrate e ogni volta ha ordinato di conservarle.

    – Quando ne ha parlato con la moglie?

    – Con la signora Scianni? È stata lei a chiamarmi perché era preoccupata. Aveva trovato una lettera. – Mi guarda. – Allora le ho raccontato delle altre e le ho consigliato di rivolgersi alla polizia. Ora sono più tranquilla.

    – Il mio non è incarico ufficiale…

    – Ma è un commissario di polizia. Lui aveva preso l’ultima e l’aveva messa in tasca; la signora Scianni l’aveva trovata e mi aveva telefonato. Sapevo che conosceva la moglie del questore perché frequentano lo stesso circolo. So che è qui per un favore personale. Però lei è un poliziotto con notevole esperienza. – Senza chinarsi apre un cassetto della scrivania, cassetto chiuso a chiave. L’attimo dopo ho davanti una cartella con la scritta MESSAGGI ANONIMI, tanto simile a quelle in cui raccolgo le note sui casi in corso. – Se desidera esaminarle. – Con un colpetto delle dita la spinge verso di me.

    Non la prendo. – Le ruberei ancora un po’ di tempo, signora Costanzi, per capire un po’ meglio la situazione. Lei conosce il signor Corani da decenni e lavora qui.

    Annuisce. – Mi chieda. Vorrei davvero capire quanto sono fondate le minacce. Se non lo sono, per tranquillizzare la signora, anche il signor Corani. Se lo sono, per predisporre un servizio di sicurezza in attesa di individuare il responsabile.

    – Un atteggiamento ragionevole.

    Alza il viso e pianta gli occhi nei miei. Ha uno sguardo così diretto da essere sconcertante. – Sono ragionevole, commissario. Lo sono sempre stata.

    – Un suo parere sui messaggi. No, scusi, mi sono espresso male.

    Secondo lei da quale fatto possono essere stati provocati? Si allude a responsabilità di Corani. Di lui come persona o come proprietario della C&C?

    La sua occhiata è strana, esitante. Un lungo silenzio, ma sono un esperto nel tacere e aspettare.

    – Il tragico incidente sulla A26 nell’autunno dell’anno scorso. Non mi viene in mente altro, commissario. – Mi guarda. – Non ne era al corrente?

    Non rispondo alla sua domanda. – Poteva esserci altro di cui non ero a conoscenza.

    – Capisco. – Una pausa. – Sì. Se ne era parlato molto. Anche troppo.

    In quei giorni io vivevo in un limbo. – Anche troppo, in che senso?

    – Che la A26 abbia un tracciato pericoloso è noto e che il lavoro dei camionisti sia logorante anche. Il signor Corani ha cominciato guidando mezzi pesanti e lo sa bene. Questa società è frutto di fatica.

    Ha parlato senza alzare la voce, ma per la prima volta sento in lei un accenno di calore. Sì, mi rendo conto soltanto in questo momento che a colpirmi era stata la freddezza. Quella freddezza che è assenza di emozioni o, forse, eccezionale capacità di controllarle.

    – Conosceva la vittima?

    – Non è mio compito selezionare il personale.

    – Chi si occupa degli autisti?

    – L’ufficio dedicato, commissario. Se ha la necessità di esaminare la scheda di Ratto Franco, l’ho presa dallo schedario prevedendo la sua richiesta. Immagino che il signor Corani preferisca che resti questione riservata. – Di nuovo apre il cassetto e posa dei fogli sulla scrivania. – Può tenerli, sono fotocopie.

    Davvero molto efficiente. – Lavora da molto per la C&C?

    – Come le ho detto, da quando il signor Corani l’ha fondata. Agli inizi ero l’unica impiegata.

    – Quindi lavorate insieme da anni.

    Di nuovo la sua occhiata. – Lui è il mio datore di lavoro e io una dipendente.

    – Immaginavo che dopo tanti anni insieme ci fosse un rapporto amichevole.

    – Se per rapporto amichevole intende rispetto reciproco, ha immaginato in modo corretto. Il signor Corani mi aveva assunta appena diplomata; avevo frequentato la scuola serale al Vittorio Emanuele perché di giorno lavoravo. Mi

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