Il lavoro del sociologo dentro strutture socio-sanitarie: L'esperienza in RSA
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Anteprima del libro
Il lavoro del sociologo dentro strutture socio-sanitarie - Monica Schaffer
Introduzione
Lavorare in RSA significa non solo operare e garantire la finalità intrinseca e ultima per la quale viene istituita l’assistenza continua verso l’anziano non autosufficiente.
In questo ambito, il concetto di cura oltrepassa l’azione tecnica di tipo assistenziale, riabilitativa e medica, convogliando nell’idea di garantire una dinamica di equilibrio organizzato, proteso a creare azioni e relazioni orientate verso l’aver cura dell’ospite
.
Quanto esposto è stato oggetto di grande dibattito durante il periodo pandemico: le RSA, per proteggere gli ospiti fragili, si sono chiuse ermeticamente verso l’esterno, venendo meno l’elemento essenziale che rappresenta l'ammortizzatore della relazione di cura assistenziale e di benessere. Ai parenti, per lungo tempo, è stato vietato di fare visita ai propri cari, a tal punto che molti cittadini si sono organizzati tramite associazioni o individualmente rivolgendosi alle prefetture; si è necessariamente posto l’aspetto problematico del rapporto tra malattia dell’ospite e solitudine. Un isolamento imposto dalla distanza dai propri cari, ma anche dalle ricorrenti assenze di assistenti e operatori tecnici per malattia o rinunciavano al lavoro a causa di turni stressanti per compensare la mancanza di personale o ancora, per timore di ammalarsi di Covid-19. Per i primi mesi (da febbraio ad aprile 2020) è stato difficile procurarsi dispositivi di protezione (dpi) adeguati.
La teoria socio-assistenziale esulava dalla pratica: la cura come forma di benessere, le tecniche di protezione per il contagio, i protocolli indicativi di come operare l’assistenza dell’ospite erano completamente lontani dallo svolgimento effettivo. Sono state accantonate non solo le fragilità dell’ospite, ma anche i punti critici caratterizzanti il lavoro socio assistenziale, sottoponendolo ad un esaurimento emozionale notevole.
In realtà, questa condizione organizzativa durante la pandemia si è solo enfatizzata; le problematiche logistiche esistevano ancor prima incidendo sulla qualità operativa dell’assistente, sino a raggiungere livelli esponenziali che si enucleano nel burn-out.
Nei capitoli che seguiranno si prenderanno in esame gli elementi tecnici della cura dell’ospite e l’aspetto psico-emotivo dell’assistito rispetto alla cura, mettendo in evidenza la problematicità nel mantenere durante l’assistenza l’individualità del soggetto fragile rispetto alla struttura.
All’interno di questa filosofia del benessere, si considererà l’operato degli Operatori Socio Sanitari (OSS), fisioterapisti, infermieri, medici, animatori, ausiliari e volontari, famiglie dell’assistito, sino a raggiungere i vertici: il direttore della struttura che relaziona direttamente con il direttore socio sanitario e il responsabile delle risorse umane. Si metterà in evidenza lo sforzo emotivo degli OSS rispetto alla tipologia di assistenza e rispetto alle tensioni dovute a problematiche organizzative interne (assenza di un operatore, mancata lettura di comunicati tecnici, minuti da dedicare ad ogni ospite), aspettative della famiglia relativa alla persona in cura, tempi tecnici dell’assistenza personale rispetto a quella medica e ludica, problemi nel reperire il materiale idoneo all’igiene personale dell’assistito, scarsa quantità di dpi.
Questo nucleo organizzativo che molto spesso è il riflesso delle esigenze economiche e organizzative esterne imposte dal Servizio Sanitario Nazionale (SSN), si configura nell’accreditamento, ossia un riconoscimento di alcune RSA già autorizzate a esercitare attività di tipo sanitario, a erogare prestazioni per conto del SSN: si veda D. Lgs 502/92 art. 8 quinquies che prevede accordi contrattuali tra privato e pubblico. Durante il 2020 le famiglie hanno preso coscienza delle discrepanze che sussistono tra assistenza alla persona e garanzia di una cura del benessere, evidenziando la necessità di rivedere l’accreditamento in termini di revisione dei criteri per concedere tale formula e ridefinire il rapporto sanitario tra Stato/Regioni al fine di sostenere il rispetto della finalità istitutiva delle RSA: una dimensione relazionale meno istituzionalizzata, più personalizzata, che può esulare dalla dimensione della residenza stessa, dal momento che ci si sofferma sugli elementi problematici logistici di tipo interno.
In questo contesto la figura del sociologo diventa indispensabile