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Il ghigno di Bartali
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Il ghigno di Bartali

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About this ebook

Nel 1938 un'equipe di paleontologi italo-francesi trova i frammenti del cranio di un uomo di Neanderthal: in onore del grande, omonimo ciclista, l'ominide viene affettuosamente soprannominato "Bartali". È a partire da questa premessa che Riccardo Parigi e Massimo Sozzi sviluppano insieme un altro dei loro romanzi noir al cardiopalma, sospeso fra i dintorni del Principato di Monaco, Roma e Firenze in un unico, grande mistero, che dagli anni Ottanta dell'Ottocento giunge al 1967, passando per l'Italia fascista e, non ultimo, il remotissimo Paleolitico. Archeologia, massoneria e politica compongo la perfetta scenografia di un enigma che attende soltanto di essere svelato, grazie, se non altro, all'acume di una professoressa di liceo che si interessa di paleontologia…
LanguageItaliano
PublisherSAGA Egmont
Release dateDec 1, 2022
ISBN9788728497005

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    Il ghigno di Bartali - Riccardo Parigi

    Il ghigno di Bartali

    Immagine di copertina: Shutterstock

    Copyright © 2022 Riccardo Parigi and SAGA Egmont

    All rights reserved

    ISBN: 9788728497005

    1st ebook edition

    Format: EPUB 3.0

    No part of this publication may be reproduced, stored in a retrievial system, or transmitted, in any form or by any means without the prior written permission of the publisher, nor, be otherwise circulated in any form of binding or cover other than in which it is published and without a similar condition being imposed on the subsequent purchaser.

    www.sagaegmont.com

    Saga is a subsidiary of Egmont. Egmont is Denmark’s largest media company and fully owned by the Egmont Foundation, which donates almost 13,4 million euros annually to children in difficult circumstances.

    Dalla lettera del Principe Ereditario Alberto di Monaco al sig. Saige, Conservatore degli archivi del Palazzo di Monaco, datata 15 maggio 1883:

    M. Rivière m’a dit que la grotte n. 7, c’est-à-dire celle qui, après avoir dépassé le tunnel en allant vers l’Italie, se trouve immédiatement à gauche de la voie, n’a pas encore été touchée; elle est complètement vierge, la couche stalagmitique qui en recouvre la surface, le prouve d’une façon certaine. Cette caverne est aussi sa propriété et il me donne le droit d’y faire ce que je voudrai. Mon intention est de finir d’abord le n. 5, mais je voudrais, qu’a la prochaine occasion, vous alliez voir cette autre caverne, pour vous assurer si elle est bien réellement intacte. Mon désir serait d’en inaugurer moi-même l’exploitation. En attendant, je pense que sa couverture stalagmitique la protègera suffisamment contre toute indiscrétion.

    Il signor Rivière mi ha detto che la grotta n. 7, vale a dire quella che, dopo aver oltrepassato la galleria andando verso l’Italia, si trova immediatamente sulla sinistra, non è stata ancora toccata; essa è intatta, lo strato stalagmitico che ne ricopre la superficie, in un certo qual modo lo conferma. Anche questa caverna è di sua proprietà ed egli mi concede di farne quello che voglio. La mia intenzione è di finire prima la n. 5, ma vorrei che, alla prossima occasione, andaste a vedere quest’altra grotta per assicurarvi se essa è davvero intatta. Desidererei inaugurare io stesso gli scavi. Nell’attesa, penso che la copertura stalagmitica la proteggerà sufficientemente contro qualsiasi forma di indiscrezione.

    Prologo

    Il 23 giugno 1938 dalla finestra dell’albergo Miramare si poteva appena intravedere il profilo degli uffici doganali. Sulla sinistra, battuto dalla pioggia violentissima, si allungava il piccolo molo assediato dai cavalloni grigi e violacei. L’Aurelia si era trasformata in un fiume che attraversava il silenzioso borgo di Grimaldi, e la strada sottostante era diventata un torrentello che scorreva via veloce.

    Il professor Lorenzo Appiani chiuse le persiane, si distese sul letto a due piazze e cercò di rilassarsi: la piccola frazione di Ventimiglia sembrava sprofondata nell’inverno. Il temporale che stava rovesciandosi da qualche ora aveva fatto abbassare improvvisamente la temperatura e difficilmente qualcuno avrebbe detto che era appena iniziata l’estate. Il professore rilesse ancora una volta la strana lettera che aveva ricevuto e che teneva sul comodino, ma presto la ripose e spense la luce della lampada. Non riusciva a concentrarsi: forse era la sensazione di malessere che lo aveva assalito improvvisamente, un filo di tensione che partiva dallo stomaco e arrivava alla gola, serrandogliela. Tutta colpa di quel sospetto che si era insinuato nella sua testa.

    Il temporale che stava battendo la Riviera sembrava chiudere davvero un periodo felice di collaborazione con Aldo. Quando erano partiti tutti insieme da Firenze – poco più di una settimana prima – era ben lontano dal pensare che sarebbero arrivati a questo.

    Accese di nuovo la luce e fissò lo sguardo al soffitto. Una piccola crepa si apriva vicino al lampadario; poco distante, sulla sinistra, una macchia d’umido aveva leggermente scolorito la carta da parati a fiori. Piccoli particolari che indubbiamente stonavano all’interno di una confortevole camera d’albergo di prima categoria.

    Appiani rifletteva su come quel quadro d’assieme assomigliasse, in fondo, al rapporto di amicizia che lo stava in quel momento assillando. Una quindicina di anni tranquilli, quasi scivolati su un piano privo di attrito. Dal loro primo incontro al liceo sino all’università, agli incarichi di assistenti che entrambi avevano ricoperto, alle prime pubblicazioni di una certa importanza fatte insieme. Erano inseparabili. A un certo punto lui sembrò innescare una marcia in più e in pochi anni diventò ordinario. Da quel momento fra loro, nonostante tutto sembrasse filare liscio e continuassero a collaborare e a pubblicare insieme, qualche crepa si era aperta, e quest’ultima era piuttosto grossa tanto da procurargli quel senso di oppressione che gli stagnava dentro.

    Si alzò di scatto dirigendosi verso il bagno. Qui si lavò con energia la faccia, si stropicciò gli occhi e, mentre fissava nello specchio sopra il lavandino il suo volto magro e lungo, si interrogava, alla luce dei suoi sospetti, sul perché del comportamento di Aldo. Non sapeva rispondersi o, meglio, non voleva credere all’unica spiegazione possibile che gli veniva in mente in quel momento.

    Afferrò l’asciugamano e se lo passò lentamente sul mento, le palpebre, la fronte. Quindi uscì dal bagno, prelevò dal cassetto della scrivania che si trovava presso la finestra una cartellina marrone e si diresse verso la porta della camera.

    Giù al piano terreno lo stavano aspettando. Dovevano festeggiare, tutti insieme, l’arrivo di Bartali.

    Nel grande salone dell’albergo tutto era pronto e in bell’ordine. Alcuni dei suoi amici erano già arrivati e lo salutarono con calore. Aldo non c’era. Anche questa assenza lo fece riflettere. Poteva essere un’ulteriore prova a quanto sospettava oppure si trattava del solito attacco di misantropia dell’amico.

    Risa, urla, esclamazioni e un parlottare fitto e concitato producevano un’atmosfera elettrica, tipica delle grandi occasioni, quando si sta attendendo qualcosa di importante, di assolutamente straordinario. Per il momento decise di non farsi assillare dai dubbi. Li avrebbe chiariti con il diretto interessato in un altro momento.

    Su una lunga tavola a ferro di cavallo era sistemato il buffet. Con cura erano state allineate caraffe, bottiglie di liquori e spumante, aperitivi dal colore rossastro; e poi vassoi di tartine, dolcetti, pile di biscotti alla vaniglia, alla crema, assiepati presso recipienti colmi di un invitante dolce al cioccolato. Insomma, una festa per gli occhi e una sfida per il suo stomaco che spesso soffriva di una fastidiosa acidità.

    Appiani pensò che quel ben di Dio sarebbe stato sufficiente a sfamare una tribù di abissini. La qualità e la quantità denotavano l’intervento di Alessia Ariani, che sicuramente aveva avanzato precise richieste e fornito la sua ‘consulenza disinteressata’ al direttore di sala e ai pasticceri dell’albergo. Il professore vide Alessia al centro dell’ampia stanza mentre sistemava la torta e rimase di stucco quando ella si scostò dalla tavola e ridendo, tutta rossa in viso, gli mostrò quel monumento di pasticceria. Era una torta gigantesca a più piani, simile e quelle che coronano le cerimonie nuziali. Ma al posto del tradizionale, piccolo sposo in frac e della miniaturizzata donna in tulle vi era un minuscolo pupazzetto in cartapesta che riproduceva un essere dalle strane fattezze: un singolare incrocio tra un primate e un essere umano.

    Anche Appiani rise e osservò: - Incredibile, ha piazzato Bartali in cima alla torta!

    L’intero gruppo di antropologi aveva deciso di battezzare con il nome del noto ciclista il frammento di cranio di neandertaliano scoperto quattro giorni prima durante gli scavi nella grotta del Principe, a pochi chilometri da Ventimiglia.

    Firenze, 7 aprile 1967

    Istituto di Antropologia dell’Università

    Caro collega,

    ti scrivo per spedirti l’ultimo mio lavoro sugli scavi in Basilicata che avrei intenzione di pubblicare sul prossimo numero della Rivista di Scienze Preistoriche. L’ha letto il De Carolis ed è rimasto entusiasta. Avrei piacere se anche tu manifestassi il tuo giudizio in merito: sai bene quale è il tenore della mia stima nei tuoi confronti.

    Ho saputo che il dott. Maestrini, a settembre, si recherà in Liguria per continuare gli scavi nella grotta del Principe con il gruppo di ricercatori del Museo del Principato di Monaco. A questo proposito vorrei chiederti un favore. Una mia collaboratrice, la prof.ssa Cassandra Cecchi, insegnante di Scienze Naturali presso il Liceo Dante di Firenze e assistente volontaria di Paleontologia umana qui all’università, vorrebbe prendere parte a quegli scavi… anzi ti dirò che mi sta assillando non poco. Si è documentata sui vecchi saggi di scavo condotti ai Balzi Rossi ed è molto entusiasta. Inoltre devo riconoscere che si tratta di una persona veramente preparata: puoi fare qualcosa?

    Aspettando tue notizie sull’articolo che ti ho allegato, ti ringrazio e saluto cordialmente

    Prof. Antonio Mugnai

    Roma, 26 aprile 1967

    Istituto di Paleontologia Umana dell’Università

    Caro Mugnai,

    ti faccio i miei complimenti per il tuo articolo. Penso che la redazione della Riv. Sc. Preist. Ne dovrà andare fiera. Si tratta di un contributo di prim’ordine! Il fatto che De Carolis l’abbia apprezzato la dice lunga. Tienimi informato sull’andamento delle tue ricerche in Lucania.

    Se posso cercherò di farmi vivo – a proposito vai giù ancora nel mese di agosto? -, verrei volentieri ma sai bene quanto sia oberato dal lavoro.

    Per quanto riguarda la tua richiesta ho già provveduto a preparare la lettera di presentazione per la Prof.ssa Cecchi, lettera che qui ti accludo. Penso che i francesi gradirebbero ricevere le referenze scientifiche della signora: mi risulta infatti che siano poco disponibili a ospitare persone al di fuori della loro cerchia. A proposito, che cavolo di nome si ritrova la signora Cecchi! Spero che una volta là non si abbandoni a tante profezie…

    Per il momento ti saluto e ti ringrazio per avermi accordato la tua stima.

    A presto

    Prof. C.A. Morace

    In prima serata i due uomini parcheggiarono l’auto sul lungotevere, imboccarono via Arenula fino ad arrivare in largo Arenula e da qui, dopo aver percorso alcune vie e vicoli secondari, arrivarono finalmente in una viuzza poco illuminata.

    Da una finestra semichiusa di un appartamento a pianoterra, sulla quale era appollaiato un grosso gatto siamese legato a un guinzaglio, si udivano le note di una canzone cantata da Domenico Modugno: Dio come ti amo! Non è possibile avere tra le braccia tanta felicità…

    I due percorsero alcuni metri della piccola via fino ad arrivare davanti alla porta di un vecchio palazzotto signorile apparentemente disabitato. Il Gagliani bussò e il portane si aprì. Si trovarono in un corridoio che presentava diversi accessi. Gagliani si assicurò che Maestrini non avesse alcuna arma addosso e provvide a bendarlo. Quindi lo fece entrare in una sala e lo consegnò a un uomo vestito con la cappa nera.

    - Da ora in poi seguirai quello che ti dirà il Maestro Esperto – disse.

    L’incappucciato prese Maestrini per la mano e gli batté dolcemente sulla spalla, affermando: - Io sono la vostra guida. Abbiate fiducia in me e seguitemi.

    Dopo alcuni rituali preliminari il Maestrini fu ammesso alla presenza del Venerabile all’interno del Tempio.

    Sui due lati della sala, sontuosamente addobbata con insegne e simboli, era allineata una doppia fila di incappucciati e sul fondo, sollevato da quattro gradini, era situato un altare triangolare, dietro il quale, su una specie di trono posto su altri tre gradini, era seduto il Venerabile.

    Questi, appena vide Maestrini, disse: - Un profano che domanda la Luce? Potrebbe essere un nemico. Armiamoci tutti e teniamoci in guardia!

    Al che i presenti sollevarono le spade. Quindi interrogò il candidato sulle motivazioni che lo avevano condotto a richiedere l’adesione a quella Loggia massonica. Si informò se conosceva i principi ispiratori della Massoneria e sul valore che avevano per lui i concetti di libertà, morale, virtù e vizio. Lo fece partecipe del fatto che se fosse diventato uno di loro avrebbe avuto dei doveri nei confronti dei suoi Fratelli. Avrebbe dovuto mantenere il silenzio assoluto su tutto ciò che avrebbe udito o scoperto nella Loggia e su tutto ciò che avrebbe visto e saputo in seguito. Doveva inoltre praticare le virtù più dolci e benefiche, soccorrere i propri Fratelli, prevenirne i bisogni, alleviarne le disgrazie, assistendoli con i propri consigli e sostanze. Conformarsi infine agli statuti generali dell’Ordine massonico, alle leggi del Rito Scozzese Antico e Accettato e ai regolamenti di quella Loggia.

    Fu quindi fatto bere a due coppe. Nella prima era contenuta acqua e su questa fu fatto giurare che si sarebbe impegnato al silenzio su tutti i particolari delle prove che stava per subire. Mentre mandava giù la seconda bibita dal sapore amaro, fu avvertito che, se avesse mancato al giuramento, il sapore di quella bevanda avrebbe rappresentato l’amarezza e i rimorsi che avrebbe avuto.

    Gli fu più volte domandato se volesse desistere dal proposito di diventare massone e, all’ennesima sua conferma, venne sottoposto alle prove da superare.

    Nella sala della Loggia erano stati posti vari ostacoli per rendere disagevole il percorso del profano. Questi, preso per mano da un Fratello Esperto, fece diversi giri per la sala, mentre i presenti battevano i piedi per terra e le impugnature delle spade sui banchi. Il Venerabile avvertì Maestrini che il percorso simbolico che aveva appena compiuto era l’emblema della vita umana: il rumore rappresentava le passioni e gli ostacoli le difficoltà della vita. Le une e le altre sarebbero state superate solo con una forte energia morale e con l’aiuto dei suoi Fratelli.

    Quindi fu portato ad affrontare una seconda prova che consisteva in un altro percorso nella sala ma con un numero minore di ostacoli e minor clamore da parte dei presenti. Subito dopo l’Esperto che lo accompagnava gli fece immergere la mano sinistra in un bacile colmo di acqua.

    Il terzo percorso a cui venne sottoposto era completamente libero da ostacoli e in silenzio ma, immediatamente dopo, l’Esperto fece passare sotto la sua mano destra una fiamma.

    Terminati i tre viaggi simbolici dell’aria, dell’acqua e del fuoco, il Venerabile si apprestò a leggere la formula del giuramento e chiese a Maestrini se fosse pronto a prestarlo. Questi, dopo aver risposto affermativamente, fu fatto uscire, accompagnato dall’Esperto, perché si svolgessero le votazioni per la sua ammissione.

    Fu accettato all’unanimità per cui venne riammesso nella Loggia mentre tutti i presenti puntarono verso di lui le loro spade. Fu spenta la luce elettrica e, al lume di una piccola fiammella, gli fu tolta la benda. Quindi il Venerabile gli chiese: - Profano, vedete le punte delle spade rivolte verso di voi? Esse simboleggiano gli aiuti che avrete dai vostri Fratelli in caso di bisogno ma anche le punizioni che potrete ricevere in caso di tradimento. Volete ancora giurare?

    Lo voglio – rispose Maestrini, mentre Gagliani nella prima fila degli incappucciati pensava quante fregnacce!.

    1

    Dopo il sondaggio effettuato da Rivière tra il 1871 ed il 1875 e le ricerche condotte da de Villeneuve e dal Lorenzi, dal 1892 al 1905, per conto del Principato di Monaco, nella grotta del Principe, sul litorale ligure, al confine italo-francese, vi era stata soltanto una breve ripresa delle indagini da parte di un’equipe italiana durante il periodo fascista. Nell’estate del 1938 infatti gli scavi erano appena iniziati quando la tragica morte in mare dei due responsabili, il professor Appiani e il suo assistente dottor Mugnai, li interruppe repentinamente, oscurando l’importante ritrovamento che era stato appena fatto: un cranio quasi completo di neandertaliano.

    La scomparsa dei due antropologi fiorentini riempì le cronache dell’epoca. Tragica scomparsa di due valenti studiosi italiani nelle acque liguri titolava La Domenica del Corriere, che, in prima pagina, riportava un disegno di Beltrame in cui erano rappresentati i due scienziati su una barca in preda ai flutti del mare in tempesta,

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