Discover millions of ebooks, audiobooks, and so much more with a free trial

Only $11.99/month after trial. Cancel anytime.

The first boy. L'eterna promessa
The first boy. L'eterna promessa
The first boy. L'eterna promessa
Ebook272 pages3 hours

The first boy. L'eterna promessa

Rating: 0 out of 5 stars

()

Read preview

About this ebook

La vita di Christopher a Washington, accanto al Presidente degli Stati Uniti prosegue tra impegni e viaggi di Stato. Ma agli occhi del giovane First Boy vi sono molte sfide che si intravedono all'orizzonte. La prima è la ricandidatura alla presidenza di Lawrence. La campagna elettorale sarà difficile, molti si sentiranno in dovere di mettere in discussione il loro rapporto, di porre l'attenzione sull'influenza che il ragazzo sembra esercitare su Lawrence, tanto da costringere Christopher a fargli promettere di non perdere tempo a commentare voci e illazioni che presto o tardi giungeranno. La scelta del nuovo Vice Presidente, una crisi umanitaria dall'altro capo del pianeta e i mille risvolti della campagna elettorale metteranno a dura prova l'amore che li lega. Ma ancora una volta, Lawrence comprenderà che quanto di più prezioso possiede non è l'immenso potere che rappresenta la sua carica, ma la presenza di quel ragazzo e per lui è pronto a rinunciare a tutto.
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateSep 16, 2022
ISBN9791221426557
The first boy. L'eterna promessa

Read more from Cristiano Pedrini

Related to The first boy. L'eterna promessa

Related ebooks

General Fiction For You

View More

Related articles

Related categories

Reviews for The first boy. L'eterna promessa

Rating: 0 out of 5 stars
0 ratings

0 ratings0 reviews

What did you think?

Tap to rate

Review must be at least 10 words

    Book preview

    The first boy. L'eterna promessa - Cristiano Pedrini

    Capitolo I

    La cosa migliore riguardo al futuro

    è che arriva solo un giorno alla volta

    Abraham Lincoln

    Lawrence aveva percorso ininterrottamente lo Studio Ovale, fermandosi più volte a osservare l’aquila ritratta sul grande tappeto. Il suo sguardo si alternava ai due particolari che in quei giorni rappresentavano perfettamente i suoi stati d’animo. Le zampe dell’aquila ghermivano frecce e un ramoscello d’ulivo. Nei due oggetti c’era il senso della sua indecisione: sfoggiare comprensione e indulgenza o mostrare inflessibilità e fermezza? Gli ultimi rapporti che aveva ricevuto dal Dipartimento di Stato sulla situazione al confine della Birmania non erano incoraggianti e nulla sembrava prospettare un rapido cambiamento della situazione. Che fare? Rimanere ad attendere, come suggerivano i suoi collaboratori, sperando che i canali diplomatici facessero breccia in una situazione che sembrava cristallizzata da tempo, oppure decidere per una mossa che avrebbe sbloccato quello stallo?

    Si accomodò dietro alla scrivania e subito il suo sguardo corse alla cornice d’argento accanto al telefono. In quella elaborata opera che aveva ricevuto in dono dall’Associazione Orafi d’America, vi aveva riposto una delle tante fotografie di Christopher. In quella se ne stava rannicchiato ai piedi del faro di Portland Head. Lo avevano visitato l’autunno scorso durante un viaggio nel Maine. Le mani del Presidente sfiorarono l’immagine sorridente del ragazzo che aveva voluto sfidare il freddo pungente di quella mattina per raggiungere il faro. Aveva voluto imbacuccarsi al meglio con quella giacca a vento rossa di un paio di taglie più grandi e il berretto di lana bianca con l’emblema della Guardia Costiera che aveva acquistato il giorno prima, dal quale fuoriuscivano i suoi ciuffi scarlatti.

    Per far colpo, Lawrence si era fatto raccontare la storia del faro e l’aneddoto di George Washington che ne nominò il primo custode. Fu una bellissima giornata, come tante altre passate con quel ragazzo che riusciva a farlo sentire l’uomo più fortunato del mondo. Era così sicuro di quella convinzione che da diversi giorni tentava di trovare il coraggio di fare quel passo che avrebbe trasformato la loro realtà in qualcosa di unico e irripetibile. Forse anche per quello sentiva che l’indecisione che lo attanagliava si stava ramificando sempre di più nella sua mente, intaccando il suo giudizio.

    «Se oggi fossi qui mi aiuteresti a prendere la decisione migliore», disse a voce bassa posando le spalle contro la poltrona, appena in tempo per vedere aprirsi la porta che conduceva all’ufficio del suo Capo dello Staff. Bethany McKay si fece avanti sfoggiando il suo sorriso migliore. «Karl Bozman attende di poterti incontrare.»

    «Da quanto tempo è qui?» chiese voltandosi verso le finestre che davano sul giardino delle rose, tamburellando le dita sul lustro piano del mobile.

    «Trentacinque minuti… e sebbene possa immaginare che hai molti impegni, non credo sarebbe felice di sapere che in realtà te ne stai qui, solo soletto a rimuginare», commentò la donna.

    «Pensare non è ancora vietato che io sappia e molti ormai non lo fanno più. Tentavo di decidere cosa fare con l’esodo dei Rohingya», ammise l’uomo.

    Bethany si fece avanti, posando le mani sullo schienale della sedia dinnanzi alla Resolute Desk. «Comprendo benissimo che questa scelta è importante e foriera di conseguenze che forse non abbiamo del tutto chiare, ma è la migliore che puoi permetterti. Dobbiamo proseguire con l’unica opzione possibile: quella della diplomazia. Fidati del tuo intuito, se Christopher fosse qui te lo direbbe anche lui.»

    «Ma non è qui», replicò Lawrence rialzandosi, abbottonandosi la giacca. «E per la verità ho evitato di chiedergli un parere su questa storia», ammise, osservando lo sguardo sorpreso comparso sul volto della donna.

    «Non lo hai fatto? E perché?»

    «Perché questa non è una sua responsabilità e non voglio addossargliela. Tocca a me assumermela.» I suoi passi lo condussero al centro della sala, dinnanzi all’aquila che fissò per l’ultima volta. «Va bene, conosciamo quello che tu credi sia il miglior candidato come mio nuovo VicePresidente.»

    «Okay, ammetto che i film di Spielberg sono davvero ben fatti, ma io ho altri gusti», commentò Elisabeth affiancando Christopher, osservandosi attorno, assicurandosi che gli altri agenti della scorta fossero ai loro posti, precedendoli come i protocolli imponevano.

    «Quindi non accetti il mio invito alla mia maratona di Jurassic Park?» sospirò il ragazzo posando la mano sulla tracolla dello zainetto che portava a spalla.

    «Passare una intera serata a fissare lucertole troppo cresciute? No grazie, perché non chiedi al Presidente di farti compagnia?»

    «Ha già visto tre volte tutti i film…»

    «Tre volte? Anche un santo avrebbe da ridire su questa tua ossessione.»

    Christopher si fermò di colpo, costringendo la donna a fare altrettanto. Osservò il sorrisetto malizioso comparso sul volto scarno del ragazzo, inducendola a puntare l’indice contro il suo petto. «Non provarci!»

    «Perché no? Potrei sempre chiedere la tua presenza per questioni di sicurezza!»

    «Scusa, ma da cosa dovrei proteggerti? Da un Velociraptor che potrebbe sbucare dallo schermo tv e fare un solo boccone di questo visino?» gli chiese strizzandogli la guancia.

    «Potrebbe accadere», replicò Christopher riprendendo il suo cammino, lungo il grande atrio dell’aeroporto.

    «Sai, dopo essermi sorbita per tutto il volo i tuoi aneddoti su quei film vorrei evitarmi altre torture del genere.» L’agente della scorta lo oltrepassò, anticipandolo e uscendo all’esterno, fermandosi dinnanzi a una delle limousine presidenziali. Aprì lo sportello posteriore annuendogli. «Quindi mi vedo costretta a rinunciare al tuo invito.»

    Christopher sospirò profondamente immaginandosi di dover passare la serata solo soletto con la sua collezione di dvd. Si guardò attorno prima di salire in auto quando notò una donna anziana che a pochi metri frugava convulsamente nella sua borsetta di lana, alternando lo sguardo al trolley posato davanti ai suoi piedi.

    Lentamente gli si avvicinò, incurante dei richiami di Elisabeth, fermandosi accanto a lei, accorgendosi solo in quel momento che era di bassa statura, forse arrivava al metro e mezzo, nonostante le scarpe con il tacco che indossava.

    «C’è qualcosa che non va?» gli chiese.

    «Oh, che intuito. E poi dicono che i ragazzi di oggi non sono svegli», annuì la donna richiudendo la borsa. «Credevo di avere ancora qualche dollaro per un taxi ma evidentemente mi sbagliavo. Per la verità non trovo neppure più il portamonete, forse devo averlo chiuso nella valigia.»

    «Ah, capisco», osservò Christopher cingendo le mani dietro la schiena. «E perché avrebbe dovuto lasciarlo là dentro?»

    «Perché negli aeroporti ci sono molti furti. Quindi prima della partenza l’ho messo al sicuro.»

    «Beh, allora ora può aprirla e prenderlo», replicò il ragazzo indicandola.

    «Lo farei volentieri ma ho dimenticato la combinazione. Alla mia età è già tanto che mi ricordi dove abito.» Quella risposta ironica venne accompagnata dal lento movimento delle piccole mani della donna che si tolse gli occhiali tondi, con una vistosa montatura viola, ripulendole con il fazzoletto.

    «E si ricorda dove vive spero…»

    «Credo di sì, a George Town, o almeno credo.»

    Christopher sollevò il trolley indicando la limousine, sfidando l’espressione perplessa di Elisabeth. «Bene, allora le posso dare un passaggio.»

    «Con quella?» domandò la donna senza mostrarsi sorpresa. «Chissà quanti litri di benzina consuma quel mostro ogni chilometro.»

    «Molti, ma purtroppo non mi permettono di farne a meno.»

    «Certo, non sarebbe molto pratico per il First Boy andare in giro a piedi.»

    Il giovane posò il trolley all’interno dell’abitacolo della vettura, invitando la sua ospite ad accomodarsi, offerta che accolse sedendosi sul grande sedile di pelle.

    «Ci hai trasformato in un taxi? Oltre ad aver infranto non so quanti regolamenti di sicurezza», sussurrò Elisabeth a denti stretti.

    «Ma tu non farai la spia, vero?» si sentì replicare, fissando quello sguardo da innocentino che Christopher sapeva sfoggiare con abile maestria.

    «Sali, prima che ti prenda sulle ginocchia e ti sculacci per bene.» Quella battuta si infranse sul volto smarrito del ragazzo. «Che cosa c’è ora?»

    «Chi ti ha detto che mi piace lo spanking? Voglio dire, dovrebbe saperlo solo Lawrence e…»

    A Elisabeth bastò una frazione di secondo per accorgersi che la stava prendendo in giro. Sollevò lo sguardo al cielo prima di battere la mano sul tetto della vettura. «Se non sali ci sarà qualcos’altro di rosso oltre ai tuoi capelli.»

    «Ti riferisci forse a…»

    «Esatto, al tuo sederino e non mi importa se la consideri una minaccia perché lo è!»

    Christopher annuì, trattenendo a stento un sorriso. Si accomodò accanto alla donna e attese che lo sportello si chiudesse. Vide il suo capo della scorta sedersi accanto all’autista e pochi attimi dopo l’auto si mise in moto allontanandosi dal terminal.

    Il ragazzo allungò la mano verso il suo ospite. «Beh, visto che lei già mi conosce, molto piacere signora…»

    «Mi chiamo Catherine e sono davvero lieta di conoscerti», rispose stringendogliela. «Lo so, avrai pensato, visto il mio tono e le mie battute, che non mi facesse piacere accettare il tuo invito, ma in realtà ho dovuto trattenermi perché avrei dovuto abbracciarti. Assomigli molto a uno dei miei nipoti. Lavora in uno studio legale qui a Washington.»

    «Davvero? E perché non è venuto a prenderla all’aeroporto?»

    Catherine osservò distrattamente il finestrino, scrutando il panorama. «Non volevo disturbarlo, è sempre molto impegnato.»

    «E come si chiama?»

    «Devon, ha ventisette anni, e ogni domenica viene a pranzo da me per gustarsi il mio insuperabile polpettone.»

    «Adoro il polpettone. Oltre a essere una brava cuoca cosa fa di bello?»

    La donna si rivolse verso Christopher fissandolo divertita. «Se quello era un autoinvito, sei il benvenuto. Mi ero fatta l’idea che tu fossi un ragazzino molto curioso, non mi ero affatto sbagliata.»

    «Beh, a parte essere apostrofato come ragazzino, in realtà ha ragione. Sa come dicono, la curiosità è la porta della conoscenza.»

    «Sono una vecchia insegnante in pensione, ho una casetta in cui vivo da oltre trent’anni, frequento un club della lettura e dirigo un rifugio per animali bisognosi.»

    «Un rifugio? E cosa ospita?»

    «Gatti, per la maggior parte sono abbandonati, insieme ad alcune amiche ho creato uno spazio per loro nel retro del mio cortile. Ne abbiamo una trentina.»

    «È molto lodevole da parte sua. Sa, io non ho mai avuto un gatto.»

    «Alla Casa Bianca non avete animali?»

    «Per la verità no, io e Lawrence non ci abbiamo mai pensato.»

    Catherine incrociò le dita delle mani, osservandosele. «Potreste adottare uno dei miei trovatelli. Sarebbe un gesto molto gentile e magari lanciare un messaggio per invitare molte altre persone a fare lo stesso. Potreste visitare il mio rifugio, farvi accompagnare da qualche deputato o Senatore amante degli animali e con giornalisti al seguito e…»

    Christopher si voltò sollevando le mani in segno di resa. «Scusi, ma lei non è una stratega politica in incognito? Dovrebbero assumerla al Congresso!»

    «Entrare in quel covo di fannulloni? No grazie…»

    Karl Bozman aveva stretto con forza la mano del Presidente salutandolo con l’abituale energia che aveva già sfoggiato nei suoi lunghi anni come Governatore della Florida, facendosi spesso ritrarre durante le sue estenuanti sedute di caccia subacquea, esibendo le sue prede arpionate da poco. Per la verità quel genere di dimostrazioni incontrava la netta avversione di molti gruppi ambientalisti e anche Lawrence non ne era entusiasta. Tuttavia, a parte questo neo, il curriculum di quell’uomo era di tutto rispetto e aveva ottenuto molti ottimi risultati per il suo Stato come la riforma del sistema scolastico e le norme contro lo sfruttamento delle coste.

    Mentre lo vedeva accomodarsi davanti a lui, seduto sulla comoda poltrona che abitualmente usava per posarvi i documenti che leggeva, quando si metteva comodo sul grande sofà, ammise che nonostante i suoi cinquantasette anni, ne mostrava una decina di meno, forse per via dell’abbronzatura, o per la prestanza fisica che il suo metro e novanta di altezza esaltava ancor di più.

    «Questa stanza è così luminosa e intima, è come l’avevo immaginata», commentò il Governatore guardandosi attorno, volgendo lo sguardo al caminetto sul quale era appeso il dipinto di Washington.

    «Sì. Tranne quando è invaso da nugoli di collaboratori e consiglieri. Comunque, anche l’ufficio del VicePresidente è molto grazioso.»

    «Crede che io lo possa occupare degnamente?» replicò Karl.

    Lawrence si sedette davanti a lui, si sporse in avanti sfregandosi le mani, evitando lo sguardo di Bethany che se ne stava in disparte. Lei era stata lo sponsor più accanito del Governatore, per settimane aveva perorato quel candidato come futuro VicePresidente per la campagna di rielezione alla Casa Bianca. Lawrence aveva tentato di prendere tempo, ben sapendo che la persona che attualmente ricopriva l’incarico non si sarebbe ripresentata per motivi di salute. La scelta di un successore era inevitabile, dopotutto.

    «Il mio Capo dello Staff la considera la scelta migliore.»

    «Ne sono onorato.»

    Lawrence distese le spalle contro la poltrona, accavallando la gamba. «Ho condiviso molte delle sue battaglie, ma ne abbiamo molte altre che ci aspettano nei prossimi anni se saremo rieletti. Nuove politiche ambientali ed energetiche, una vera riforma sanitaria, un piano per il rinnovo delle infrastrutture, il potenziamento delle istituzioni scolastiche… e volendo accontentare Christopher che vorrebbe vederci su Marte, il lancio di una missione umana sul pianeta Rosso…»

    «A quel ragazzo piace così tanto lo spazio? Io mi accontenterei di tornare sulla Luna e rimanerci.»

    «Se fosse qui direbbe che è inutile ripetere lo stesso passo di danza se lo conosci alla perfezione, molto meglio cimentarsi in una nuova mossa», annuì Lawrence.

    Nella Studio Ovale cadde il silenzio, rotto unicamente dal ticchettio della pendola che batté quattro rintocchi. Gli sguardi dei due uomini si cercarono a lungo, forse nell’intento di studiarsi a vicenda.

    Fu Lawrence a rompere quell’impasse. Si rialzò tendendogli la mano. «Abbiamo ancora alcune settimane prima di dare l’annuncio.»

    «Sarà una sfida appagante, ne sono certo», ribadì il Governatore alzandosi e stringendogliela. Sapeva che quel loro primo colloquio sarebbe durato pochi minuti, il Presidente aveva la fama di essere un attento osservatore e di voler fare un passo alla volta, seguendo il suo istinto. Quel primo incontro era servito solo a studiarlo da vicino e se, come immaginava, era riuscito ad attirare la sua attenzione, presto la sua prossima candidatura sarebbe divenuta realtà.

    «C’è un’ultima domanda che vorrei porle», Lawrence volse lo sguardo solo per pochi istanti su Bethany, notando lo sguardo di rimprovero della donna perché ben sapeva cosa voleva chiedere all’uomo che accolse quelle parole con un sorriso, cercando di mascherare la sua sorpresa per quell’inattesa richiesta.

    Il Capo dello Staff tossì imbarazzata avendo l’ennesima conferma che quando si trattava di Christopher, non permetteva a nessuno di intromettersi nel loro rapporto.

    «Sto valutando la possibilità di chiedere al mio compagno di sposarmi. Lei cosa ne pensa?»

    Karl si infilò la mano nella tasca dei pantaloni, guardandosi attorno. «Lei è il Presidente. Chiede a me se può sposare Christopher Lowen?»

    «Le sto chiedendo un semplice parere, da affinato uomo politico.»

    «Premetto che, quando si tratta di questioni personali, ognuno è libero di fare le scelte che ritiene più opportune. Tuttavia, a mio modesto avviso, le consiglierei di attendere dopo la sua riconferma. Molti amano e apprezzano quel ragazzo, nessuno ha dimenticato del coraggioso gesto che le ha salvato la vita.»

    «Sento che ora, dopo tanti elogi, arriverà anche un ma» sorrise Lawrence.

    «Temo di sì», ammise il Governatore. «C’è ancora una gran parte dell’America che non è entusiasta di vedere un omosessuale seduto in questo ufficio, anche se con il tempo si stanno abituando all’idea, e ora si ritrovano a vedere una coppia che vive qui alla Casa Bianca, una coppia con vent’anni di diversità.»

    «L’opinione pubblica sa che Christopher già vive qui, accanto al Presidente», osservò Bethany.

    «Il popolo americano spesso non fa certi collegamenti. Sa che il Presidente ha una relazione? Sì. È pronto per il passo successivo che renderà tutto definitivo? Molti non lo sono, mi spiace ammetterlo.»

    Bethany sentì un brivido freddo percorrerle la schiena. Lo sguardo pensieroso di Lawrence era già un chiaro segnale che le quotazioni di Bozman stavano precipitando e doveva sforzarsi di fornirgli un valido paracadute per evitare che si sfracellassero. «Lei è stato tra i fautori della nuova legge che vieta la discriminazione nei confronti degli alloggi, in base all’orientamento sessuale e all’identità di genere.»

    «Ricorda bene. E ora stiamo lavorando a un disegno di legge sulle unioni civili che vorrei portare a compimento prima di lasciare il mio incarico», confermò l’uomo mostrandosi compiaciuto.

    «Spero che possa riuscirci. Almeno così colmerebbe una lacuna che Stati assai più piccoli come il Maine, o Rhode hanno conquistato da molto tempo, Island.»

    «Me lo auguro», replicò Bozman, rispondendo all’espressione ironica del Presidente con un sorriso affabile. Egli rimase in silenzio, osservandolo mentre usciva dalla stanza. Udì il commento a bassa voce di Bethany che gli si era avvicinata. «Bozman è la persona giusta, credimi.»

    «Può darsi, ma io voglio prendermi ancora del tempo», rispose oltrepassandola, ben sapendo che quelle parole non le avrebbero fatto piacere. Si appoggiò alla Resolute Desk attendendosi la sua reazione che tardò ad arrivare. «Immagino tu voglia sapere il perché», soggiunse.

    «So che il Governatore è una persona che si prende molto spazio, ma non ti oscurerà di certo.»

    «Ricordami perché hai scelto lui?» chiese voltandosi.

    «Che intendi dire?»

    «Ogni tanto ho l’impressione che tu me lo abbia messo accanto per mostrarmi più forte e apparire più energico, anzi lui potrebbe rappresentare il lato duro e inflessibile della mia nuova amministrazione.»

    Bethany incrociò le braccia al petto mostrando il proprio disappunto con quell’espressione che Lawrence conosceva bene. «Credi davvero che ti abbia affibbiato una copia di Schwarzenegger solo perché lui ha una mascella volitiva e tu un viso aggraziato e dolce? Sei fuori strada, credimi.»

    «Davvero? Allora perché usare quella parola?»

    «Quale?»

    Lawrence percorse il perimetro della grande scrivania, accomodandosi dietro a essa. «Perché usare la parola sfida e non collaborazione, o appoggio…»

    «Credo che tu stia dando troppa importanza a una sciocchezza. Tuttavia, abbiamo ancora tempo per maturare la decisione migliore.»

    «E se alla fine non scegliessi Bozman?»

    «Dovrò prendere molti antiacidi per il mio stomaco e andremo avanti a cercare un nuovo candidato. Ma prima cerca di conoscere meglio il Governatore. Ti chiedo solo questo. E in fondo anche la tua domanda su te e Christopher ha rivelato una posizione sensata.»

    Quelle ultime parole incontrarono la contrarietà di Lawrence che non riuscì a nasconderla. «Quindi dovrei evitare di chiedere a Christopher di sposarmi solo perché posso perdere qualche voto?»

    «Nessuno pensa che tu debba fare questa scelta. Ma credo che le osservazioni del Governatore siano da tenere in debita considerazione.»

    Lawrence sollevò lo sguardo al soffitto prima di fare quella richiesta che sapeva avrebbe indisposto ancor di più il suo Capo dello Staff.

    «Domani vorrei incontrare anche il Senatore Clark. Puoi provvedere?»

    La reazione della donna non fu quella che Lawrence si attendeva. La vide guardandosi attorno, tentando di soffocare un sorriso compiaciuto. «Dì la verità, è stato Christopher a spingerti a farlo.»

    «A fare cosa?»

    «A voler parlare anche con Elaine Clark.»

    «Credo che neppure sappia chi sia. E poi, perché avrebbe dovuto farlo?»

    Bethany scosse il capo, incamminandosi verso la porta che metteva in comunicazione lo Studio Ovale con il suo ufficio.

    Enjoying the preview?
    Page 1 of 1