Il segreto di Sveva
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La tecnologia è entrata nelle nostre case e nelle nostre vite in maniera talmente capillare e invasiva da non permetterci più di rimanere al di fuori della rete di informazioni controllate che ci viene tessuta intorno.
E allora cosa possiamo fare per riuscire a mantenere la capacità di vedere oltre le apparenze e la nostra mente libera?
Umberto Pichi è nato il 28 luglio 1945 a Cisterna, dove tuttora vive e lavora. Scrive poesie fin dalla prima giovinezza ed ha partecipato a vari concorsi letterari, classificandosi spesso ai primi posti. Nel 1999 ha pubblicato Elementi, la sua prima raccolta di poesie. Dopo una vita di lavoro nell’area tecnica di alcune aziende private, il primo gennaio del 2001 andava in pensione e poteva finalmente dedicarsi alle sue più grandi passioni: la famiglia e la letteratura. Presente in numerose antologie poetiche, ha scritto racconti, alcune commedie, un romanzo ed un saggio a sfondo filosofico/religioso.
Nel 2002 ha pubblicato, in proprio, il libello dal titolo Cisterna non è di Latina, finalizzato al cambiamento di nome della città.
Nell’aprile 2007 dava alle stampe la biografia del generale dei carabinieri Giuseppe Ursini. Nel settembre 2008 pubblicava, con il patrocinio del comune di Cisterna, Il dialetto ritrovato, volume contenente vocabolario, grammatica e modi di dire della parlata cisternese. Nel 2010 usciva la sua seconda raccolta di poesie dal titolo Inno alla donna.
Nel maggio 2015 è uscito Inferno, primo volume della trilogia La Commèddia de Dante n’cisternese, traduzione integrale e in endecasillabo, a cui seguiranno Purgatorio e Paradiso.
È dello stesso anno Voltagabbana, un’altra campana. Saggio storico/politico in risposta a Italiani voltagabbana di Bruno Vespa.
Il 21 marzo del 2019 veniva pubblicato il suo primo romanzo, dal titolo, L’enigma delle pagine mancanti.
Per oltre quarant’anni è stato socio dell’U.N.M.S. associazione a sfondo socioculturale di carattere nazionale, con incarichi a livello provinciale e regionale. È stato socio fondatore (anno 1999) della prestigiosa associazione culturale Oasi dell’Antica Ninfa.
Il 2 giugno del 2005 gli è stata conferita, dal Presidente della Repubblica, l’ambita onorificenza di Cavaliere al Merito della Repubblica Italiana.
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Anteprima del libro
Il segreto di Sveva - Umberto Pichi
Prefazione di Barbara Alberti
Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.
È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.
Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi
Non esiste un vascello come un libro
per portarci in terre lontane
né corsieri come una pagina
di poesia che s’impenna.
Questa traversata la può fare anche un povero,
tanto è frugale il carro dell’anima
(Trad. Ginevra Bompiani).
A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.
Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.
Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.
Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterley. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov
.
Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.
Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.
Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.
Prologo
Il presente romanzo nasce dalla volontà di dare un seguito alla mia ultima opera dal titolo L’enigma delle pagine mancanti
. Un racconto che considero di genere avveniristico, anche se annoverato fra quelli di fantascienza.
Prima della sua uscita mi fu chiesto, da un operatore della casa editrice, se avessi il seguito di quell’opera e io le risposi: Ci sto lavorando.
In effetti avevo molte pagine di appunti che mi orientavano in direzioni diverse, ma fu poi la cruda realtà a suggerirmi la strada da percorrere. Non mi pare il caso di approfondire il tema, come non ritengo opportuno tornare all’origine della vicenda, cosa che lascio alla volontà del lettore.
Posso soltanto dire che il protagonista è sempre lui, un giovane, del quale conosciamo il cognome ma non il nome, partito da una piccola città a sud di Roma, per un’avventura che lo ha portato in tanti luoghi sparsi per il mondo, in cerca della sua mèta, attraverso strade assolate e angusti sentieri…
La vicenda, presa nel suo insieme, pur essendo frutto della mia fantasia è, comunque, farcita di episodi riconducibili alla realtà. Pablo Picasso disse: Tutto quello che puoi immaginare è reale
. Partendo da questo assunto possiamo affermare che, in base alla realtà che ci circonda, siamo in grado di immaginare un mondo parallelo, frutto della nostra fantasia.
Quelle pagine segrete, che per anni erano state le compagne silenziose e crudeli di Sveva, divennero la sua principale fonte di ispirazione nel cercare di capire il procedere lento, ma inarrestabile, degli eventi.
In esse sono racchiuse le vicende che l’umanità, suo malgrado, sarà portata ad affrontare in questa fase della storia e durante gli anni che verranno. Nel leggerle si può comprendere il suo stato d’animo, le angosce e le inquietudini causatele dalla conoscenza di ciò che stava maturando.
Questa era, ed è, la constatazione terribile di un futuro che tutti vorrebbero allontanare, ma, nonostante la tenue speranza di poter mutare il corso degli eventi, grandi nubi si stanno addensando sul domani dell’umanità.
Ciascun individuo sta per essere privato della sua capacità di pensare e di decidere, perché attraverso la tecnologia egli diverrà sempre più schiavo di poteri occulti che governano l’informazione, l’economia, la politica, la religione, e che fra non molto usciranno allo scoperto, palesandosi al mondo.
Con questa mia opera non ho alcuna intenzione di emulare i nuovi profeti e gli assertori del millenarismo, peraltro condannato dalla Chiesa. Mi interessa solo cercare di capire cosa sta accadendo in questo povero mondo, sfruttato e vilipeso, senza mancare di rispetto alle opinioni di chi la pensi diversamente, ma cercando sempre la verità, quella vera, e non è cosa facile.
Qualcuno disse un giorno: Se la verità fosse nascosta sotto la sabbia di un deserto, mi procurerei una pala e inizierei a scavare.
Nostradamus, che, con le sue profezie, ammaliò per secoli spiriti deboli e millantatori, oltre ad attirare l’attenzione di monarchi ed artisti, ammonì dicendo: Chi legge questi versi li ponderi con matura concentrazione… Tutti gli astrologi, gli stolti, gli scettici non si accostino…
Comunque dobbiamo constatare che ci siano molteplici tipi di rivelazioni, ma a differenza di quanto possa sembrare, la profezia è altra cosa rispetto alla predizione, al vaticinio, al presagio o alla divinazione: il profeta, infatti, è colui che parla per conto di Dio. Nella sua prima lettera ai Tessalonicesi (5,20) Paolo ammonisce: … non disprezzate le profezie, esaminate ogni cosa e tenete ciò che è buono…
Durante i secoli della cristianità vi sono state molte rivelazioni, cosiddette private, alcune riconosciute dalla Chiesa, altre no. Ciò che conta, però, è di avere ben chiara l’idea che il loro ruolo non è quello di dare continuità alla Rivelazione, la quale si è espletata interamente nella missione di Gesù Cristo sulla terra.
Questo concetto è stato ribadito con fermezza dal Catechismo della Chiesa Cattolica, tenendo conto di quanto lo stesso Gesù ha affermato nel Vangelo di Giovanni (16,12):
Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose future…
Le rivelazioni, quindi, hanno la funzione esclusiva di aiutarci a capirne il senso attraverso il nostro discernimento e la capacità di collocarle nell’ambito del momento storico in cui viviamo, oltre a ricevere la forza per rimanere fedeli alle Scritture ed aiutare gli altri a fare altrettanto.
In questo contesto, ciascuno di noi può recepire le profezie per cercare le risposte alle sue tante domande. Alla fine, però, non serviranno neanche più le profezie, poiché basterà osservare i segni nel cielo e sulla terra e come cambierà il paesaggio intorno a noi, durante il nostro viaggio sulle strade del mondo.
Prima di iniziare questo mio lavoro voglio chiedere l’assistenza del Cielo, perché la mia mente abbia la capacità di vedere oltre le apparenze, sia guidata verso la giusta strada e non si perda fra i meandri dell’incertezza e della menzogna.
IL DONO DELLA VITA
1
Erano ormai trascorsi quattro anni dal nostro arrivo in Québec, la provincia più orientale del Canada dove, nella città di Montreal, avevamo preso la residenza e, quando la piccola Alice stava per compiere cinque anni, mia moglie Ingrid si accorgeva di essere di nuovo incinta.
Al quarto mese di gravidanza, nell’apprendere che sarebbe stato un maschio, decise di scrivere una lettera al nostro bambino. Era diventata per lei un’abitudine quella di esprimere i suoi pensieri attraverso le parole, scritte su agende dove annotava ogni cosa.
"Il segreto è tutto qui – diceva – noi abbiamo bisogno di trovare le parole per dare voce a tutto ciò che abbiamo dentro. Non è la bellezza che salverà il mondo, ma le parole. Quelle che vengono dal profondo della nostra anima e ci terranno lontani dalla miseria e dalle banalità."
Avevo avuto cura di conservare tutti i suoi appunti, compresa la lettera al figlio che teneva in grembo, stranamente profetica come se già presagisse l’evolversi degli eventi. Eccola:
"Non so se mai vedrai questo mondo e se potrai leggere queste parole a te dedicate, comunque la voce del mio cuore desidera dirti quanto ti amerò, dal giorno in cui il tuo sorriso potrà illuminare la nostra vita. Nulla ti mancherà perché al tuo arrivo ci troverai preparati ad accoglierti fra le braccia, capaci di cullarti e tenerti stretto a noi.
Crescerai nel calore della nostra casa nei mesi d’inverno e, poi, tra i profumi dei fiori a primavera. Quindi, le corse sulle spiagge calde dell’estate, le piogge d’autunno e i primi fiocchi di neve all’arrivo dell’inverno.
Saranno dolci le tue vacanze di Natale nella magia della casa dei nonni, al di là dell’oceano, dove tutto profuma di buono e dove potrai aprire i pacchi regalo fra tante palline colorate. Imparerai ad amare tutte le creature e quando avrai delle difficoltà potrai sempre confidarti con noi, senza alcuna reticenza e senza scuse. T’insegneremo il rispetto per gli altri e per te stesso.
Sii buono e generoso ma non piegarti mai davanti al sopruso e alla prepotenza, senza temere di dire ciò che pensi, con onestà, poiché è meglio scalfire il cuore con qualche imbarazzo piuttosto che averlo lacerato dai sensi di colpa e dal rimpianto. Ti auguro di vivere serenamente, ascoltando sempre il tuo cuore e rincorrendo i tuoi sogni più belli.
È con questa speranza che potrò affrontare il mio ultimo viaggio, sapendo che potrò vedere ancora, attraverso i tuoi occhi, l’alba dei nuovi giorni che verranno. La tua mamma."
Quindi dovemmo fare i conti con qualcosa che non ci saremmo mai aspettato: l’aborto del bambino che Ingrid portava in grembo. Vi sono alcune esperienze molto dure da digerire ma hanno sempre qualcosa di nuovo da cui imparare e quando il dolore è così forte può diventare un momento di riflessione per caricarci dell’energia necessaria a ripartire, senza lasciarsi abbattere.
Ci dissero che la causa più frequente di aborto spontaneo è legata a delle anomalie cromosomiche che possono colpire il feto, per cui gli embrioni, in base all’età della donna, decidono di interrompere il loro sviluppo.
Nel nostro caso Ingrid manifestò delle perdite ematiche, di colore più rosa che rosso, al che decidemmo di rivolgerci immediatamente al ginecologo che la teneva in cura: una giovane e promettente specialista che stava dedicando la vita a ciò che considerava la sua missione, quella di assistere le altre donne verso il parto. Dopo la visita le raccomandò di evitare il fumo e l’alcol, che comunque lei non praticava, e di rimanere a riposo.
Nei giorni successivi i disturbi parevano regredire con perdita di sangue di modeste dimensioni, ma poi, improvvisamente Ingrid fu costretta a ricoverarsi: l’incremento biometrico aumentò il rischio fino a sfociare in un aborto spontaneo, con sintomi molto simili a quelli del parto.
Rimase in ospedale per circa una settimana, in attesa che tutto l’endometrio fosse espulso, intanto le venivano somministrati gli antidolorifici del caso. Terminata la cura, il ritorno a casa, ma dal punto di vista emotivo non si riusciva a superare il dolore ed il grande disagio psicologico che, nonostante la volontà di reagire, ci coinvolgeva entrambi.
I medici le avevano raccomandato di dormire molto, assumendo bevande calde, specie il latte, e fare una leggera attività fisica per scongiurare il formarsi di crampi negli arti inferiori.
Doveva controllare la temperatura corporea poiché la febbre poteva essere sintomo di una probabile infezione, quindi, affidarsi ad una dieta sana ed equilibrata. Dopo una dozzina di giorni la nostra vita aveva ripreso il suo andamento normale, salvo il dolore inconsolabile che ci portavamo dentro.
Se la gravidanza è un momento speciale per una donna, sia sotto l’aspetto emotivo che psicologico, la sua interruzione provoca un trauma di non facile superamento.
È un vuoto incolmabile che porta alla ricerca di un’origine che non riusciamo a capire poiché esula dalle normali regole di causa effetto, anche se è l’utero stesso che rigetta l’embrione poiché in esso avverte delle anomalie. Da qui l’insorgere del senso di colpa e l’incapacità di discernere sull’argomento, tenendosi tutto dentro senza chiedere l’aiuto necessario per superare un trauma che non si esagera a definire luttuoso.
Volendola giustificare per l’involontarietà di quel tragico evento, la portai a considerare un dramma ancora più grave: quello di una donna reduce da un aborto volontario, ormai svuotato del suo vero significato e reso un decesso senza lutto e senza dolore.
Pensammo a quanto fosse difficile, per una puerpera, l’essere costretta a scegliere fra la vita e la morte, per poi vivere la propria colpa fra i sintomi provocati da quell’evento, a cominciare dalla depressione e dagli attacchi di panico, per finire con i disturbi di tipo alimentare e chissà cos’altro ancora.
Proprio in quei giorni, a Montreal, stava per tenersi un convegno organizzato dall’Associazione Rhachel’s Vineyard (La vigna di Rachele), presente in oltre quaranta paesi, compresa l’Italia, che si occupa di fornire un supporto psicologico e spirituale, per lenire i traumi derivanti dalla tragica esperienza dell’aborto volontario.
Fondatrice dell’istituzione è Theresa Burke, giornalista canadese e attivista pro-aborto, la quale, dopo aver vissuto in prima persona quella tragica esperienza, decise di voltare pagina per dedicarsi all’assistenza delle donne, vittime come lei, di scelte, quantomeno mal ponderate.
In una delle sue tante dichiarazioni ha dato un’immagine molto chiara dell’aborto provocato e delle sue conseguenze:
"La depressione postparto ci costringe a guardare non solo il dolore individuale ma anche l’angoscia della nostra società… L’aborto è un’esperienza di morte.
È il tramonto del potenziale umano, della responsabilità, del senso materno… Una perdita di questo tipo raramente viene vissuta senza conflitto e contrasto interiore…
Presto o tardi i sentimenti irrisolti dovranno essere affrontati, spesso con l’emergere di disturbi emotivi o comportamentali…"
Consapevoli di quanto fosse difficile quel momento, decidemmo di condividere quanto più possibile, tutto il nostro dolore e le nostre sensazioni, guardandoci negli occhi e abbracciandoci forte, senza tante parole.
Avevamo anche pensato di rivolgerci ad uno psicanalista, ma non ve ne fu bisogno: il nostro amore bastava a lenire il dolore, ed il tempo stava lavorando in nostro favore poiché i miei genitori ci informarono che, entro pochi giorni, sarebbero venuti dall’Italia, consapevoli della dura esperienza che stavamo vivendo.
2
Era stata mia madre a decidere. Proprio lei che aveva paura di volare, salvo poi, aver superato quel trauma nel momento in cui, durante il suo primo volo, l’aereo toccava terra presso l’aeroporto di Francoforte. Era stata la voglia di incontrare sua sorella a darle la forza per vincere ogni fobia.
Sorvolare l’Atlantico per così tante ore sarebbe stato ancora più complicato, ma c’era di mezzo il desiderio di riabbracciare il figlio più giovane, insieme alla sua famiglia.
Avevano preso un aereo dell’Air Canada, con volo diretto da Roma a Montreal, e noi li stavamo aspettando presso il parcheggio antistante le uscite, per poi tornarcene a casa.
Quando ci videro presero a correre come ragazzini, dimentichi di ogni dolore, per poi abbracciarci tutti insieme. Quindi, prendemmo la via di casa, distante poco più di venti chilometri dall’aeroporto Pierre Trudeau Elliot. Furono giorni intensi quelli trascorsi con loro, durante i quali riuscimmo a lasciare da parte i tristi pensieri, anche grazie alla cucina di mia madre ed alle lunghe chiacchierate che seguivano i pranzi e le cene.
Si parlò delle mie sorelle e di mio fratello, del loro lavoro e delle loro famiglie. Quando le condizioni atmosferiche lo consentivano facevamo delle lunghe gite alla scoperta della città, dei suoi parchi e dei tanti laghi che facevano da cornice al fiume San Lorenzo.
Un giorno andammo a visitare la cattedrale di Notre Dame e l’antico porto, un altro, la grande ruota panoramica e l’Oratorio di San Giuseppe. Una mattina, poi, mentre passeggiavamo all’interno del giardino botanico, mio padre, osservando un angolo attraversato da un ruscello, ci fece notare quanto somigliasse al giardino di Ninfa. La qual cosa mi fece subito pensare ai Caetani, alla loro casa di Vernon