Il cartomante di via Venti
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Orlando Zagheri, il cartomante Mago Zagor, che ha una rubrica in una TV privata di via XX Settembre (per i genovesi semplicemente via Venti), è stato ucciso nella sua abitazione con un’arma da taglio. Il morto era un uomo comune, preciso fino alla pignoleria, affezionato alla madre… Eppure è stato ucciso, e il commissario Mariani deve trovare l’assassino.
Ma Mariani non è mai stato così poco interessato ad un caso, non riesce a pensare ad altro che alla separazione richiesta da sua moglie Francesca. Sa che è il primo passo verso il divorzio.
No, a Mariani non importa nulla della vittima. E la sua noncuranza lo condurrà in una trappola pericolosa.
Maria Masella è nata a Genova. Ha partecipato varie volte al Mystfest di Cattolica ed è stata premiata in due edizioni (1987 e 1988). Ha pubblicato una raccolta di racconti – Non son chi fui – con Solfanelli e un’altra – Trappole – con la Clessidra. Sempre con la Clessidra è uscito nel 1999 il romanzo poliziesco Per sapere la verità. La Giuria del XXVIII Premio “Gran Giallo Città di Cattolica” (edizione 2001) ha segnalato un suo racconto La parabola dei ciechi, inserito successivamente nell’antologia Liguria in giallo e nero (Fratelli Frilli Editori, 2006). Ha scritto articoli e racconti sulla rivista “Marea”. Per Fratelli Frilli Editori ha pubblicato Morte a domicilio (2002), Il dubbio (2004), La segreta causa (2005), Il cartomante di via Venti (2005), Giorni contati (2006), Mariani. Il caso cuorenero (2006), Io so. L’enigma di Mariani (2007), Primo (2008), Ultima chiamata per Mariani (2009), Mariani e il caso irrisolto (2010), Recita per Mariani (2011), Per sapere la verità (2012), Celtique (2012, terzo classificato al Premio Azzeccagarbugli 2013), Mariani allo specchio (2013), Mariani e le mezze verità (2014), Mariani e le porte chiuse (2015), Testimone. Sette indagini per Antonio Mariani (2016), Mariani e il peso della colpa (2016), Mariani e la cagna (2017), Mariani e le parole taciute (2018), Nessun ricordo muore (2017) Vittime e delitti (2018) e Le porte della notte (2019) questi ultimi tre con protagonista la coppia Teresa Maritano e Marco Ardini. All’inizio del 2019 ha scritto con Rocco Ballacchino “MATEMATICHE CERTEZZE” ottenendo il consenso dei lettori per l’originale trovata di dar vita a un’indagine portata avanti dai due commissari di polizia Mariani e Crema. Per Corbaccio ha pubblicato Belle sceme! (2009). Per Rizzoli, nella collana youfeel, sono usciti Il cliente (2014), La preda (2014) e Il tesoro del melograno (2016). Morte a domicilio e Il dubbio sono stati pubblicati in Germania dalla Goldmann. Nel 2015 le è stato conferito il premio “La Vie en Rose”. 2018, terza classificata alla prima edizione del Premio EWWA.
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Anteprima del libro
Il cartomante di via Venti - Masella Maria
CAPITOLO 1
Sabato
Lo squillo di un cellulare, ma di rispondere non ho voglia.
- È il tuo.
Faccio finta di niente, sto bene così, in questa specie di limbo che attutisce emozioni e pensieri: conseguenza del sesso ben fatto.
- È il tuo, Antonio.
E così rispondo ed ascolto cercando di riacchiappare la realtà.
Sì, devo alzarmi, vestirmi ed uscire.
- Cosa c’è?
Mi giro verso il letto, lei è ancora avvolta fra le lenzuola sfatte:
- Lavoro. Devo andare.
Annuisce.
Mentre mi rivesto le dico che la richiamerò.
- D’accordo, prima di due o tre settimane non dovrei ripartire - mi risponde.
È così, fra di noi. Quando i nostri scombinati lavori si combinano in una pausa e ci va di farlo, andiamo a letto insieme, senza impegno.
Quando esco da casa sua sono già lontano da lei.
Niente di strano che uno, per vivere, legga carte, faccia oroscopi e maneggi tarocchi: ho visto fare cose più balorde e più illegali.
Lo strano è che riesca a viverci e anche abbastanza bene!
L’appartamento è soltanto al secondo piano e non ha una buona esposizione, ma è grande e nella zona del Quadrilatero. Ormai ben pochi privati abitano in una zona colonizzata da studi di avvocati, commercialisti, notai, medici...
Fra i tanti servizi anche un cartomante.
Mago Zagor.
Ora io con i maghi non ho gran dimestichezza ma quel nome mi ricorda qualcosa. Sarà una scemata ma è un tarlo. Mi giro verso Iachino e gli chiedo se il nome Zagor gli dice qualcosa.
Una risata gli guizza all’angolo delle labbra, perché lui, la voglia di ridere, non l’ha ancora persa:
- Uno dei fumetti, commissario. Ma non era un mago, mi pare una specie di pistolero, un vendicatore. Lo leggeva mio fratello più grande.
Quindi un mio coetaneo.
Un pistolero, mestiere in carattere con l’abbondante sangue accanto al corpo. Ma non è morto per ferita d’arma da fuoco, no! Gli hanno tagliato la gola, parte del petto è inzuppata dal sangue sparso.
- Cosa ne pensi?
Iachino mette le mani in tasca e si dondola un po’ per concentrarsi meglio.
- Gli ha tagliato la gola standogli alle spalle. Era uno che conosceva o che riteneva innocuo, altrimenti sarebbe stato attento. Nessun segno di effrazione, nessun segno di colluttazione.
- Controlla se c’è qualcosa a suo carico.
Iachino annuisce, poi fa un gesto verso la porta:
- C’è la ragazza in cucina. Sta abbastanza bene.
La ragazza è quella che ha trovato il morto.
- Generalità? - gli chiedo.
- Signorelli Valeria.
Vado in cucina e Iachino entra dietro di me. La finestra dà su un vuoto, con panorama su un muro. La ragazza è seduta al tavolo, non sta piangendo ma deve aver smesso da poco. Per un attimo il suo viso mi ricorda qualcosa, ma subito la sensazione passa.
Mi qualifico e presento anche Iachino prima di chiederle se può riassumermi i fatti.
Prima di rispondere tira su col naso, armeggia in tasca alla ricerca di un fazzoletto, poi rinuncia e si frega le narici con il dorso della mano:
- Non era mai successo. Era sempre puntuale e alle dirette non era mai mancato, neppure una volta in tre anni.
Ora, mio padre era un gran appassionato di film d’autore e un Antonioni non se lo perdeva e gradiva che andassi con lui, per aprirmi la mente. Di solito dopo una mezz’ora dormivo, ma forse non se ne è mai accorto. Ecco, certe oscure risposte sembrano uscite dai suoi film.
- Mi scusi, signora, ma temo di non aver capito.
- Lavoriamo alla stessa emittente privata, io come telefonista e lui con la sua rubrica. Io sono una dipendente, lui un collaboratore occasionale, anche se sono tre anni... - il pianto esplode di nuovo.
Iachino le porge un pacchetto di Scottex.
Lei lo apre, allarga il fazzoletto e si soffia il naso.
- Quale emittente?
- CittàTV. La sede è in via Venti. Trasmettiamo ventiquattro ore su ventiquattro. Lui - si interrompe, sospira e poi riprende - lui aveva una rubrica fissa alle sette e cinquanta con gli oroscopi, registrata dal giorno prima. La stessa si replicava alle nove e dieci, sempre prima dei notiziari. Al pomeriggio, dalle sedici alle diciassette, rispondeva alle telefonate degli spettatori: faceva le carte.
- Che genere di telefonate?
- Gli chiedevano consigli.
Deve notare la perplessità sulla mia faccia perché aggiunge:
- Era bravo, sa. Davvero bravo. La sua rubrica aveva molto successo, gli spazi pubblicitari contigui ed interni si vendevano bene.
- E c’era gente che gli telefonava? - mi sembra così incredibile che ci sia gente che crede a cose simili. Ma forse ne hanno bisogno. Deve anche essere confortante: credere. Non posso dire di aver smesso crescendo, perché non ho creduto mai.
- Gliel’ho detto! Tanti.
- Uomini? Donne?
- Alternava: un uomo e una donna.
Scuoto il capo:
- Non le ho chiesto a chi rispondeva, ma chi chiamava.
Non ha alcuna importanza, ma mi aspetto che confermi la mia sensazione che siano soprattutto donne...
Come leggendomi nel pensiero, la Signorelli abbozza un sorrisetto e chiarisce:
- Uomini. E spesso per problemi di cuore. Da non crederci, ma tanti uomini non sanno come conquistare o tenere una donna.
So che Iachino è in piedi dietro di me. Non posso vedere la sua faccia, ma è come se avessi gli occhi anche sulla nuca, ha assunto l’espressione compunta che cerca di non lasciar trapelare il divertimento. Sento la suola di gomma delle sue scarpe scricchiolare... Si dondola, come sempre quando è a disagio. Eppure sono io quello che dovrebbe essere a disagio, sono io quello che ha una situazione matrimoniale da brivido. Mia moglie ha avviato le pratiche per la separazione. Tutti lo sanno.
Non sono a disagio, soffro: è diverso. Se potessi illudermi di credere, altro che Mago Zagor!
Trasudando indifferenza chiedo:
- Come li selezionate?
- Diciamo che dipende dall’ordine delle chiamate, ma non possiamo fare tutta una puntata sulle pene d’amore di un quarantenne - dicendolo mi lancia un’occhiata, come se sapesse - e un’altra su questioni di soldi. Si chiede e si seleziona.
Non commento. La Signorelli ritorna al suo pianto sommesso, io mi guardo attorno. Questa è una banale cucina, anzi piuttosto vecchia. Il lavello è di marmo bianco venato di grigio, uno di quelli grandi, alla genovese, con, sotto, tendine a quadretti. I mobili sembrano di seconda mano.
Ben diverso dal clima della stanza dove è stato trovato il morto: tende di pesante tessuto blu, pareti dipinte di blu, soffitto nascosto da strisce di un tessuto velato, blu anche quelle. Tutto quel blu avrà anche un significato, ma deve essere opprimente. Come essere in una grotta sottomarina, infatti ne sono uscito ben volentieri per rifugiarmi in questa cucina, così simile a quella della mia infanzia.
È la voce del tecnico della Scientifica ad interrompere il mio filosofare gridandomi dalla stanza accanto, quella blu:
- L’altro sangue, ci giurerei che è tutto di pollo. Mio suocero ha una polleria e ha sempre quell’odore addosso.
Vero, quell’odore l’ho sentito anch’io, entrando. Mia nonna teneva un pollo per Natale, sotto il lavello di cucina. Lo si ammazzava per le feste.
Quando giocavo con i miei cuginetti lo spazio sotto il lavello era un luogo d’avventura, ma non prima delle feste, perché lo spazio era occupato. È il bambino non del tutto cresciuto a spostare la tendina sotto il lavello. Trattengo a stento un rigurgito di schifo, eppure con il mio mestiere vedo di tutto.
È solo un pollo decapitato. Senza girarmi dico a Iachino:
- Che vengano ad analizzare anche questo.
Mentre siamo soli, per un attimo, la Signorelli commenta, con un tono vagamente divertito:
- Un altro pollo!
- Cosa c’entra?
- Uno dei suoi numeri più riusciti era il rito magico che prevedeva la decapitazione del pollo.
Mi sembra disgustoso, ma forse stava proprio in quello il suo successo.
- La protezione animali?
- Mica lo faceva in TV! Qui, soltanto nelle consultazioni private. Poi mangiava pollo. Non è mica facile trovare galletti ruspanti, o almeno che lo sembrino. Cucinava il pollo in tanti di quei modi. Però di solito la testa la buttava, un po’ di schifo lo faceva.
Sarà che per il pollo non stravedo anche se mangio di tutto, ma quella sua insistenza è un po’ nauseante. È per sviarla che chiedo, mentre sta entrando uno della Scientifica ad analizzare l’altro cadavere sotto il lavello:
- Vi frequentavate anche non per lavoro?
- Sì, non ne abbiamo mai fatto mistero, chiunque può confermarlo. Da quasi un anno. Libero lui, libera io. Si comincia con quattro chiacchiere, poi si beve qualcosa insieme e poi perché no?
Sembra la mia storia.
- Così lo conosce abbastanza bene...
- Sì, anche se era un tipo riservato.
- Mi può dire qualcosa? - mi siedo al tavolo voltando le spalle al lavello dove un tecnico sta esaminando il pollo decapitato.
- Non è che sappia tanto di lui. È arrivato a Genova subito prima di cominciare con la nostra rubrica.
- È riuscito a trovare subito lavoro da voi? - dannazione, per un altro lavoro si cerca per anni... Ci deve essere una gran fame di magia.
- No, è arrivato già assunto. Prima lavorava a Roma, anche lì in una TV privata.
Da Roma a Genova... Di solito si preferisce il percorso inverso. Immagino che nell’ambiente dello spettacolo la preferenza sia ancora più accentuata.
- Strano...
- Quando gliel’ho detto, mi ha risposto che a Roma c’erano così tanti maghi che era difficile mettersi in luce.
Ha risposto in modo così meccanico che le chiedo:
- Gli ha creduto?
- Che motivo avevo per non credergli? - pausa - No, non gli ho creduto. Ho saputo per caso che là lo pagavano meglio di qua. Però non si può mai dire, forse a Roma guadagnava meno con le consultazioni private.
Deve aver notato la mia faccia perplessa perché chiarisce:
- La rubrica televisiva è poco più di un modo per procurarsi clienti e avere un minimo fisso garantito: l’affitto di questa casa, acqua, luce e gas. Erano quelli che riceveva qui a dargli da vivere. Ancora di più quelli che andava a trovare: consultazioni a domicilio.
In pratica un vero professionista, diciamo come un medico: ospedale, studio, visite (in nero?). Chissà se anche nelle visite a domicilio portava il pollo, promosso a galletto. Forse glielo procuravano i pazienti. O forse no, perché i suoi erano magici.
- I clienti come lo contattavano? Sui giornali ci sono annunci...
M’interrompe:
- A Dino non piaceva.
- Dino?
- Orlando, ma tutti lo chiamavamo Dino.
Sulla porta non c’è targhetta, arrivando mi hanno detto il nome del morto, ma non lo ricordo.
Iachino deve essere rientrato in silenzio e aver colto la mia esitazione perché ripete:
- Zagheri Orlando. Ha fatto presto a fare Zagor.
Zagheri Orlando, Dino e Zagor: tre identità da gestire, ognuna per un territorio della vita?
- Gli scrivevano alla TV oppure gli telefonavano, sempre alla TV.
- Quindi dovrebbe essere possibile conoscere i nomi dei suoi clienti.
La Signorelli esita e poi aggiunge:
- Sì, forse. Ma poi c’era il passaparola. Chi si era trovato bene lo consigliava ad altri.
Cosa vorrà dire trovarsi bene con un mago? Uno che non riesce a prevedere che sta aprendo al suo assassino? Perché la porta non è stata forzata e neppure le finestre. E l’assassino non è passato attraverso i muri.
- Lei lo conosceva bene?
Annuisce:
- Me l’ha già chiesto, ci si vedeva e a volte io restavo da lui o lui passava la notte da me. Non una relazione stabile, ma un po’ più di un’amicizia.
- Sapeva di altre donne?
- Niente di certo.
- Ma lei aveva la sua chiave.
- Mi conosco e conosco gli uomini, non si dà facilmente la chiave della propria tana.
- Una volta al mese andava per tre o quattro giorni a Roma, mi aveva lasciato la chiave per venire a dare da bere alle piante.
Per tre o quattro giorni le piante si lasciano...
- Erano la sua passione, ci passava tutto il tempo libero.
- E dove sono?
- Nel terrazzino laterale. Dalla portafinestra della camera.
Vedrò.
- Dovrebbe venire in Questura, quando può, per la deposizione.
- Posso andare?
- Sì, direi di sì - abbozzo un gesto verso Iachino - prendi i dati della signora.
Esco dalla cucina ed invece di dirigermi verso il luogo del delitto, quella stanza che fa pensare ad un secchio di pittura blu, più che ad una notte profonda e misteriosa, devio per la camera.
Che, come la cucina, è arredata senza stravaganze. Armadio, comò. Due comodini, una poltroncina ed un letto matrimoniale. Più normale di così è impossibile. Poi si effettuerà una perquisizione accurata, ma ora sto cercando di cogliere l’atmosfera della casa della vittima.
La vittima è l’unica cosa certa in un caso di omicidio.
Sento dietro di me i passi di Iachino e senza girarmi dico ad alta voce quello che sto pensando:
- La vittima è sempre certa.
È un’altra voce, sconosciuta, di donna, a fare sfoggio di cultura classica traducendo in latino:
- Victima semper certa est - e dopo una pausa: - Variando il detto: mater semper certa est.
Ed è un attimo di gelo. Come quando, in piena estate, entri in un locale con l’aria condizionata al massimo. Un minuto eterno e poi il corpo si abitua, così anche la mente si abitua.
Mi giro. Questa è una della Scientifica, una che non conosco. Ora, vorrei sapere quanto i miei colleghi sanno dei miei problemi famigliari e quanto si raccontano e raccontano ai nuovi arrivati. Ha parlato tanto per parlare oppure a ragion veduta?
Mi viene davanti con un sorriso, ma invece di porgermi la mano la alza indicando i guanti:
- Vallardi. Vallardi Anna. Se non sbaglio, lei è il commissario Mariani.
- Sì - recupero la calma - come procede con il pollo?
Una risata bella, di gola:
- Morto ammazzato. Suo o di un suo compare il sangue sul tavolo nella sala del mago - ha un viso spigoloso, che neppure la bella risata addolcisce - come ha fatto ad individuare il pollo a colpo sicuro, commissario?
Almeno una cosa di me devono avergliela detta. Che un mio collaboratore può rivolgermi domande:
- I miei nonni tenevano un pollo sotto l’acquaio, per Natale.
Mi guarda come fossi alieno, gli anni che ha meno di me fanno la differenza.
- Lo si ingrassava e poi lo si ammazzava.
Finalmente ha capito. Accenna un gesto divertito:
- E così lei, commissario...
- L’acquaio era del medesimo tipo. Ma lei, Vallardi, non penso che sia qui per chiacchierare - ho tagliato corto, perché non sono scemo e quando una si diverte a farmi la ruota lo capisco. Ho pochi divieti, ma quello di non farlo con una collega è categorico.
La Vallardi arrossisce di colpo e non bene, ma a chiazze; si rimette a lavorare. Forse mi sono fatto una nemica, ma se le davo corda era peggio. Apro la portafinestra ed esco sul terrazzo laterale, quello di cui mi ha parlato la Signorelli.
Lo spazio non è tanto ma, anche ad un profano come me, sembra ben sfruttato e ben curato. Qualche pianta verde, mi sembrano felci, e dei vasi con dei fiori a palla.
Non sono camelie, questo posso garantirlo, per le camelie sono diventato un esperto. Spero che in questo caso non ci siano di nuovo in mezzo dei fiori.
- Commissario...
Mi giro verso Iachino.
- In cucina, ben coperto dall’olio, abbiamo trovato una tavoletta - pausa - sembra sodio metallico.
Non commento. A cosa può servire del sodio metallico?
- E abbiamo trovato una specie di registro, in un cassetto del mobile della cucina.
Ritorniamo in cucina, con cautela sfogliamo le poche pagine scritte. È uno di quei quaderni che non credevo esistessero ancora, con la quadrettatura commerciale. Nella prima colonna ci sono le date, relative a queste ultime settimane, nella seconda delle iniziali, penso che indichino dei clienti, nella terza dei numeri, nella quarta delle sigle, probabilmente dei memo per ricordare il caso, nell’ultima una cifra con la sigla € in cima alla colonna. Minimo cinquanta euro, la cifra più frequente; massimo, e compare una volta sola, cinque volte tanto. Nell’ultima settimana completa, da un calcolo veloce, a sentimento, ha fatto cinquecento euro.
Non male.
- Dobbiamo chiedere