Il Grande Sigillo: Spazio e gioia illimitati - La visione della Mahamudra del Buddhismo della Via di Diamante
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About this ebook
La visione della Mahamudra (maha significa in sanscrito “grande” e mudra invece “sigillo” o “segno”) può essere paragonata a un disegno che si traccia sull’acqua: in quell’attimo tutto è perfetto, ma già nel momento in cui il disegno si manifesta si dissolve da sé. Così è anche l’azione illuminata, qui e ora, al di là di speranze e timori, senza attaccamento e avversione alcuna.
Senza eccessiva scientificità e senza cadere nel sentimentalismo, questo testo fondamentale spiega quanto sia ricca di gioia la realtà. Di fronte a ricette spirituali attuali e spesso superficiali, gli insegnamenti tradizionali del buddhismo vajrayana stanno esercitando un’attrazione sempre maggiore. Mahamudra significa proprio risvegliare la mente nella sua completezza, suggellandone l’illuminazione.
La personale ricerca della via del Buddha
L'Autore e sua moglie Hannah incontrarono il XVI Karmapa, il leader spirituale del lignaggio Kagyü del Buddhismo tibetano, durante la loro luna di miele in Nepal nel 1969. Dopo alcuni avventurosi anni di studi in Himalaya, il Karmapa chiese loro di portare gli insegnamenti del Buddha in Occidente. Lama Ole Nydahl diffonde il Buddhismo Vajrayana in Occidente e ha fondato in tutto il mondo più di settecento centri di meditazione che visita regolarmente.
Lama Ole Nydahl
Lama Ole Nydahl è uno scrittore e insegnante buddhista danese, appartenente alla scuola Karma Kagyu del Buddhismo tibetano Vajrayana. Dal 1970 viaggia per il mondo diffondendo il Buddhismo e fondando centri di meditazione. Ha dato vita, insieme alla moglie Hannah, all'associazione internazionale Buddhismo della Via di Diamante. Le Edizioni Mediterranee hanno pubblicato Le cose come sono e il saggio Il Buddha e l’amore.
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Book preview
Il Grande Sigillo - Lama Ole Nydahl
Prefazione
Cari amici,
questa seconda¹ e più approfondita versione degli auspici della Mahamudra da parte del III Karmapa è stata un vero e proprio parto, che si è protratto per alcuni anni tra viaggi in treno, in macchina e in aereo e durante diversi ritiri – sicuramente perché l’essenza di questi auspici interessa tutto il principio consapevole e non soltanto la terminologia. L’arricchimento di vedute del lettore è in questo caso molto più importante dell’apprendimento di un vocabolario specialistico, che d’altronde non è lo scopo qui perseguito.
Per questo motivo, a distanza di settecento anni, abbiamo sfruttato a fondo i ricordi di Lama molto conosciuti, una benedizione chiaramente percepibile, le nostre esperienze meditative e la lucidità di Caty. Abbiamo cercato parole che da prospettive sempre nuove gettassero luce sulla verità assoluta, concedendo allo stesso tempo spazio sufficiente per poterle capire. Se questo libro trasmette serenità e fiducia, invece che appesantire con un bagaglio di nozioni, l’obiettivo è stato raggiunto.
La roccaforte dell’ignoranza si espugna solo assalendola da ogni direzione, quindi l’approccio a ciascun verso avviene sempre da una diversa prospettiva. Il XVI Karmapa – il primo Karmapa a essere attivo in Occidente – ha sempre insistito sull’aderenza alla vita reale: pertanto abbiamo usato il suo stile che grazie a un’ottica attuale permette dei chiarimenti in un testo che trascende il tempo, mirando alla mente in modo immediato. Le visioni intuitive illuminate del Karmapa, che si esprimono con immagini ricorrenti e talvolta anche inedite, costituiscono il filo conduttore di questo libro. I primi versi creano la base necessaria alla comprensione così che il lettore possa recepire le esperienze della Mahamudra fatte dal Karmapa.
E chi alla fine del libro non si è trasformato in un arcobaleno dovrebbe rileggerlo da capo!
Gli auspici del Grande Sigillo ci trasmettono il flusso di esperienza dei Karmapa. Dai primi anni Settanta, cioè da quando gli insegnamenti del Buddha sono arrivati in Occidente, questi livelli di esperienza sono diventati la tanto agognata meta di un numero sempre crescente di realizzatori Kagyü.
In sanscrito la parola maha
significa grande
, e mudra
sigillo
o segno
. Questo nome deriva dalla promessa che il Buddha ha fatto duemilacinquecentocinquant’anni fa ai suoi studenti: Non cercate nessun insegnamento più alto di questo: non esiste
.
Leggete e gioite!
TOMEK, CATY, HANNAH E LAMA OLE
Al lago di Thun, con cinque dakini intorno, nel campo di forza e benedizione di Ombrello Bianco, nel giorno di Mantello Nero dell’agosto 1998.
1. Cfr. Lama Ole Nydahl, Il Grande Sigillo, Centro Karma Ciö Ling, Brescia, 1990, traduzione di Marzia Salini.
Lama Ole Nydahl e Caty mentre provano alcune affermazioni del testo della Mahamudra. Bungee jumping in tandem da un’altezza di cento metri, Schilthorn, Svizzera
Prefazione alla prima edizione italiana
La saggezza tibetana più profonda, presentata in una forma che dovrebbe soddisfare la mente italiana, curiosa e che ha regalato così tanto all’Europa nel corso dei millenni, è qui espressa sotto forma di auspici dalla terza incarnazione del lignaggio dei grandi Karmapa, oggi rappresentato da Trinley Thaye Dorje. Il lettore riceve dal primo Lama tibetano reincarnato la saggezza immediata della Via di Diamante sulla natura della mente, che ispira oggigiorno sia i filosofi che gli psicologi ovunque nel mondo.
È una gioia che i miei studenti e amici italiani Marzia, Udo e Sergio offrano oggi a un vasto pubblico queste visioni intuitive che, pur essendo state espresse settecento anni fa, sono atemporali.
Vostro,
LAMA OLE NYDAHL
Europe Center, Alpi tedesche
Introduzione
Ogni analisi che noi facciamo del mondo esterno e di quello interiore ci riconduce alla mente². Solo la mente esiste in modo reale e duraturo, ma non come una cosa: ciò che percepisce e sperimenta è per sua natura immutabile e atemporale, come lo spazio, mentre gli stati interiori e il mondo esterno, cioè gli oggetti della percezione, sono mutevoli. Solo ciò che percepisce è sempre e ovunque.
Mahamudra, il Grande Sigillo, significa risvegliare la mente nella sua completezza, suggellandone l’illuminazione. Chi riconosce in modo duraturo la forza risplendente dello specchio dietro alle immagini in esso riflesse, o la profondità del mare sotto alle onde che lo increspano, ha tagliato il traguardo.
La via che conduce verso questo stato acquista una ricchezza sempre crescente. Nei momenti in cui non si è distratti da abitudini o speranze si può intravedere la gioia che non si smette più di provare una volta raggiunta l’illuminazione. Qualcuno coglie la forza di questa condizione quando è in caduta libera prima che si apra il paracadute, o in motocicletta quando prende una curva in velocità, inclinandosi al massimo, oppure nei momenti in cui si è tutt’uno con il partner facendo l’amore. Si mostra fulminea quando starnutiamo o sotto forma di gioioso aha
in un momento di nuova visione intuitiva o quando riusciamo a immedesimarci con la gioia che altri stanno provando.
Questi episodi momentanei possono essere trasformati nel giro di una vita in uno stato permanente se si seguono i potenti e vitali insegnamenti che le tre scuole del Buddhismo tibetano (dette vecchie
o dei berretti rossi
) posseggono per raggiungere una simile esperienza. Già un breve scambio di opinioni con un detentore del Grande Sigillo, ma soprattutto l’amicizia che ci lega a lui e l’impegno personale nei suoi gruppi segnano l’inizio di un’enorme crescita spirituale.
Sia nella meditazione che nella vita di ogni giorno si percepirà sempre di più l’essere tutt’uno con il resto delle cose, giungendo infine a sorprendersi che esistano sofferenza e angustie.
Lo spazio è gioia
, Ogni fenomeno è il libero gioco della mente
, "… vedere la natura di buddha in ogni essere e impiegare consapevolmente corpo e parola per far emergere la loro forza": fin dai tempi del Buddha queste affermazioni mostrano la ricchezza sterminata dei realizzatori e descrivono la meta e il percorso del Grande Sigillo. I suoi mezzi efficaci permettono a persone indipendenti di essere di beneficio anche ad altri. Senza eccessiva scientificità e senza cadere nel sentimentalismo, il Grande Sigillo spiega quanto sia ricca di gioia la realtà – a livello relativo e assoluto. Di fronte ai menù spirituali spesso insipidi dei nostri tempi, questi insegnamenti esercitano un’attrazione crescente.
L’illuminazione è lo sviluppo totale di tutte le qualità e potenzialità degli esseri, compresa la ragione, di cui non si può proprio fare a meno. Per questo motivo la via verso la massima realizzazione non può contenere concetti astrusi o lontani dalla realtà. Il Karmapa ne è ben consapevole; nonostante abbia dato a questo testo grande espressività ed eleganza stilistica, ripetendo le parti importanti, non è sufficiente sentire la vibrazione profonda dei suoi versi: essi possono essere decifrati pienamente soltanto attraverso uno sforzo critico e perciò le mie spiegazioni al testo non perdono di vista il mondo odierno.
Quando iniziamo a percorrere il cammino buddhista, analizziamo la nostra situazione di partenza per comprendere che le attuali condizioni offrono una possibilità molto preziosa e sorprendentemente rara per indirizzare la nostra vita verso la liberazione e l’illuminazione. Solo poche persone hanno l’istruzione, la libertà e la capacità di incontrare gli insegnamenti del Buddha nella loro completezza e sono ancora meno quelle che sfruttano questa fortuna.
Poi riflettiamo sull’impermanenza di tutte le cose, sul fatto che possiamo morire in ogni istante e che il mondo esteriore e quello interiore mutano in modo incessante. Solo lo spazio-chiarezza della mente non ha limiti di tempo e di luogo, ed è questo che la rende fondamentale. Capiamo che il tempo che ci resta va sfruttato da subito dato che non sappiamo quanto ci rimane da vivere.
La terza considerazione riguarda la legge di causa ed effetto (tib.: le; sanscr.: karma). Con pensieri, parole e azioni ognuno crea il proprio futuro. Piantiamo in continuazione i semi per le nostre esperienze future e vale la pena esserne consapevoli! Se non allontaniamo impressioni nocive, queste maturano sotto forma di nuove esperienze che recano in sé il medesimo contenuto emotivo della loro causa!
Infine comprendiamo perché è sensato crescere e maturare veramente, e realizziamo che ogni essere senziente è alla ricerca di una felicità fuggevole e contemporaneamente vuole evitare di soffrire. L’illuminazione è lo stato di gioia più alto che non può cessare e nemmeno svanire. Sarebbe proprio un peccato oscurare per pigrizia le ricche possibilità della mente. Chi si ferma al livello dello sviluppo spirituale in cui crede di essere il proprio corpo e di possedere le cose non sa a cosa aggrapparsi in caso di malattia, vecchiaia e morte e non ha nemmeno la forza necessaria per aiutare gli altri.
Queste quattro riflessioni conducono alla ricerca di valori di cui ci possiamo fidare veramente. C’è una sola cosa che è ovunque ed esiste sempre: lo spazio. Nonostante lo spazio sia spesso definito come nulla
o qualcosa mancante
, non è di certo un buco nero ma piuttosto un contenitore che unisce e comprende tutto e rende possibile ogni cosa. La natura dello spazio è intuizione diretta, la sua esperienza è uno stato di gioia e giocosa molteplicità. La sua espressione è amore attivo ed energico che è di beneficio agli esseri con attività di pacificazione, di accrescimento, di fascinazione o di protezione. La chiarezza della mente si manifesta attraverso lo spazio, essendo l’illuminazione anche la trasformazione di tutte le emozioni di disturbo nelle saggezze ad esse corrispondenti: saggezza simile allo specchio, saggezza equanime, saggezza discriminante, saggezza dell’esperienza e saggezza che compenetra tutto. Tale completa realizzazione è rappresentata dal Buddha (sanscr.-tib.: sangye) e per questo motivo la sua condizione diventa il primo rifugio.
Il secondo rifugio che il Buddha ha dato è la via da percorrere per raggiungere questa condizione. I suoi insegnamenti (tib.: chö; sanscr.: Dharma) constano di 84.000 volumi, raccolti in 108 libroni: ognuno può usarli come strumenti per arrivare al traguardo alla velocità che preferisce.
Il terzo aspetto del rifugio è costituito dagli amici che percorrono insieme a noi la via verso l’illuminazione (tib.: gendün; sanscr.: sangha): sono i bodhisattva più o meno conosciuti, che ci aiutano lungo il cammino. In ogni centro Karma Kagyü ce ne sono di sicuro un paio.
Infine sulla Via di Diamante c’è bisogno di un quarto rifugio che riunisce in sé i primi tre, ancorandoli saldamente nella vita quotidiana: è l’insegnante (tib.: Lama; sanscr.: Guru), dal quale ci si deve aspettare un’evidente e chiara condotta di vita da monaco o da praticante laico o da realizzatore. L’insegnante deve mantenere il legame con i suoi studenti, avere esperienza di vita e rappresentare in modo sensato il corpo, la parola e la mente del Buddha. Oltre a ciò deve trasmettere entusiasmo, chiamato anche benedizione, essere a conoscenza dei particolari strumenti utilizzati nella Via di Diamante ed essere in connessione con un campo di forza di protettori che includa anche i suoi studenti, le cui esperienze diventano così gradini per raggiungere la meta.
Prima del 1992 (da quando cioè tanti dignitari tibetani sono caduti nella trappola tesa loro dai cinesi e il lignaggio Karma Kagyü è diventato moderno e progressivo) gli insegnanti venivano distinti in eminenti
e ordinari
. Ora non è più così: ognuno dovrebbe sforzarsi di immaginare i propri insegnanti senza maschera, valutando autonomamente se fanno ciò che dicono e se il loro esempio può valere per la propria vita. Dato che i paramenti e i rituali hanno perso molta importanza, le persone danno maggior peso al beneficio che traggono dagli insegnanti o alla fiducia e alla simpatia che provano nei loro confronti.
Alcune scuole della cosiddetta Via Piccola prendono rifugio con la disposizione mentale di far cessare, o almeno diminuire, la propria sofferenza. Ma tale disposizione acquista un significato maggiore se la uniamo all’auspicio veramente grande e profondo, caratteristico della Via Grande, di uno sviluppo veloce per aiutare gli altri – l’attitudine illuminata del bodhisattva. Attraverso gli auspici a beneficio di tutti gli esseri, riceviamo una forza enorme sul nostro cammino e possiamo utilizzare i velocissimi strumenti della Via di Diamante.
Il secondo passo necessario sulla via buddhista è proprio questo mutamento di valori che da condizionati e impermanenti si trasformano in assoluti e atemporali. Il lavoro con la mente, da questo punto in poi, ottiene una base solida e ampia.
Esistono due possibilità per accedere a questo percorso, una volta che è stata presa la decisione di seguire gli insegnamenti del Buddha. Alcuni si buttano subito a capofitto nelle pratiche preliminari (tib.: ngöndro)³ con le loro innumerevoli ripetizioni. Altri, invece, preferiscono inserire nella propria vita quotidiana un po’ di meditazione, acquisire un’ottica buddhista e seguire un paio di corsi di meditazione: entrambi i modi di procedere vanno bene. Poi, per chi ha raggiunto una certa maturità e ha finito il ngöndro, si aprono tre vie su cui continuare; a chi non ha eseguito le numerose ripetizioni, invece, ne restano solo due.
Come funzionano questi metodi? Sfruttano tre qualità innate della mente: la capacità di fare, di sapere e di identificarsi.
La prima via, chiamata Via dei Mezzi, ha raggiunto il Tibet dall’India valicando alte catene montuose novecentocinquanta anni fa grazie al lavoro eroico di Marpa, che aveva ottenuto gli insegnamenti dal realizzatore Naropa. Attraverso queste pratiche il meditatore impara ad aprire i canali e i centri di energia del corpo. A questa via chiamata anche Via dei Sei Insegnamenti di Naropa si può accedere una volta terminate le pratiche fondamentali. Alcuni di questi insegnamenti potrebbero andar persi oggigiorno dato che, tra queste tecniche meditative, ce ne sono alcune che richiedono lunghi ritiri, talvolta di mesi se non di anni, che ben si conciliavano con la situazione economica del Tibet, ma che una persona moderna pienamente inserita nella vita di ogni giorno non può praticare. Gli occidentali che vogliono sottoporsi a lunghi ritiri (finora quasi sempre all’insegna del celibato) possono recarsi sull’Himalaya o in Francia: qui ricevono questa parte della trasmissione, ma non possono portare con sé i testi una volta usciti dai monasteri. La maggior parte di queste pratiche è segreta e non è accessibile a tutti. Questa via può essere insegnata senza problemi soltanto se gli studenti si sono sottoposti a un lungo processo di preparazione. L’unica eccezione è rappresentata dal phowa (tib.), una pratica particolarmente adatta al mondo occidentale attraverso la quale si apprende la meditazione della morte consapevole
. Per quanto riguarda le altre pratiche, gli studenti che non sono stati debitamente preparati possono incontrare molte difficoltà fisiche o subire disturbi mentali. Chi nonostante tutto insegna questi metodi – e ci sono perfino alcuni Rinpoche con alti titoli onorifici che oggi in Occidente non rispettano le esperienze degli ultimi mille anni e danno alle stampe a cuor leggero insegnamenti segreti – sarà limitatamente di beneficio ai propri studenti. L’orgoglio frustrato che nasce da vani tentativi di praticare insegnamenti troppo impegnativi senza avere una base adeguata potrà nelle vite future ostacolare l’accesso alla Via di Diamante.
Tra le pratiche del tantra buddhista – come viene anche denominata la Via dei Mezzi – quelle tanto ambite dell’unione tantrica presuppongono un’esperienza pluriennale di meditazione, un partner speciale e anche lunghi ritiri.
La Via della Visione Intuitiva (o dell’Intuizione) è stata il regalo di Maitripa, il secondo maestro di Marpa in ordine di importanza, oggi però poco conosciuto. Qui si utilizzano strumenti completi e che lavorano a livello concettuale per trattenere la mente ferma in un punto e per calmarla, finché viene sperimentata l’unità di soggetto, oggetto ed esperienza e si manifesta uno stato di immediata, chiara comprensione intuitiva. Molti insegnanti offrono subito dopo la presa di rifugio un tipo di meditazione senza strumenti ausiliari in cui si medita solo
sulla mente, ma io ritengo sbagliato questo procedimento. Questa via si lascia descrivere in modo semplice, ma richiede anch’essa insegnamenti completi e presuppone un corretto supporto da parte dell’insegnante, oltre che l’accumulo di buone impressioni nella mente. Ma la cosa veramente importante è che lo stato di pacificazione della mente deve sempre accompagnarsi a un’assoluta consapevolezza; se così non fosse l’esperienza mentale, invece che avere la lucentezza di un diamante sfolgorante, si trasformerebbe in un carosello di pensieri e giudizi oppure assumerebbe la qualità di uno schermo opaco. È questo il motivo per cui in Tibet questi insegnamenti non vengono impartiti prima delle pratiche fondamentali. Calmare e trattenere la mente senza utilizzare strumenti ausiliari è effettivamente molto più difficile e, di conseguenza, anche più pericoloso che non incontrare dei protettori circondati da lingue di fuoco, con tante braccia e molte armi in mano e dai mantra (sanscr.-tib.: ngag) lunghissimi.
La forza degli insegnamenti di Maitripa sta nella loro molteplice applicabilità: basandosi su una serena interazione con il mondo circostante possono essere facilmente introdotti nella vita quotidiana senza bisogno di lunghi ritiri. La prima parte di questa Via della Visione Intuitiva, chiamata in tibetano shine e in sanscrito shamatha, porta calma e forza alla mente. Questa pratica è conosciuta in diverse varianti in tutte le religioni fondate sull’esperienza. Anche in quelle che si basano sulla fede, attraverso la preghiera, si può raggiungere talvolta un livello simile di concentrazione meditativa che può essere fonte di facoltà extrasensoriali e miracoli⁴. Ogni mezzo può essere utilizzato sulla Via della Visione Intuitiva al fine di calmare e trattenere la mente: alcune scuole lavorano con rappresentazioni mentali di immagini, altre