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Segreti in Certosa
Segreti in Certosa
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Segreti in Certosa

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Cornice del romanzo è la storia della Certosa di Trisulti dagli anni della Seconda Guerra Mondiale ai giorni nostri.
Protagonisti durante il conflitto bellico sono Don Claudio, giovane monaco erborista e la giovanissima Ersilia, profuga con la madre nella Certosa. Tra i due nasce un amore problematico, dimidiato tra passione terrena e vocazione religiosa.
Nella seconda parte del racconto la trama si sviluppa intrecciandosi con gli avvenimenti attuali. Sophia Vitti, giovane professoressa di lettere e Don Marcello attuale Priore della Certosa sono alla ricerca di un prezioso volume di ricette erboristiche scritto proprio da Don Claudio. Nella vicenda interviene anche l’ispettore Masina della polizia di Frosinone. Inseguendo il libro sveleranno alcuni inviolabili segreti.
Inoltre la stessa Certosa di Trisulti diventa oggetto di contesa da parte di enigmatici personaggi che, assicurandosi la sua gestione, ne vogliono snaturare il valore storico e religioso.
LanguageItaliano
PublisherLIBRINMENTE
Release dateJun 28, 2022
ISBN9788897911975
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    Segreti in Certosa - Marina Marucci

    Copyright

    Copyright © 2022 Librinmente

    Design copertina © 2022 Librinmente

    Tutti i diritti riservati. È vietata ogni riproduzione, anche parziale. Le richieste per l’utilizzo

    della presente opera o di parte di essa in un contesto che non sia la lettura privata devono

    essere inviate a:

    Librinmente

    Viale Giacomo Matteotti, 19

    00053 Civitavecchia (Roma)

    Telefono 0766.23598

    Telefax 0766.23598

    ISBN-13: 978 - 88 – 97911 – 97 - 5

    Stampato in Italia - Prima edizione

    http://www.librinmente.it

    Prefazione

    Marina Marucci, l’autrice di Segreti in Certosa, ha ambientato il suo romanzo nella Certosa di Trisulti, nel Frusinate, luogo di grande bellezza naturalistica con un patrimonio culturale e religioso di ottocento anni che rischia oggi di essere annullato da una nuova gestione del complesso, tendente a farne una scuola politica per giovani sovranisti.

    La Certosa è stata da sempre un centro spirituale di accoglienza che ha ospitato pellegrini da tutto il mondo: nella seconda guerra mondiale si sono contati più di tremila rifugiati. È particolarmente famosa per la secolare conoscenza di erbe medicinali ed aromatiche che non possono finire nel dimenticatoio dentro i loro vasi di ceramica smaltata, tra la polvere delle vetrine della sua farmacia.

    L’autrice ha scelto questa ambientazione per sensibilizzare al rispetto del nostro immenso patrimonio culturale, tesoro tutto italiano, che va tutelato e tramandato intatto alle nuove generazioni perché possano usufruirne.

    Il romanzo si svolge nella prima parte in un arco di tempo che va dal 1916 al 1955 e nella seconda ai giorni nostri.

    Le due guerre mondiali fanno quindi da cornice alle vicende e dimostrano come la grande storia condizioni il vissuto individuale di tutti, anche di chi vive appartato e lontano dai grandi eventi.

    Questi anni storici fondamentali sono stati trattati con padronanza e con una profonda sensibilità nei riguardi di coloro che hanno sofferto e patito per questi accadimenti, soprattutto se più deboli ed indifesi.

    Nella prima parte del romanzo i protagonisti sono due giovani, Eugenio, che coniuga la sua fede con il desiderio di conoscenza e diventerà don Claudio, certosino tutto dedito a Dio e all’erboristeria, ed Ersilia, l’ingenua fanciulla rifugiata nella Certosa per scampare agli eventi dopo l’8 Settembre del 1943.

    In questa situazione naturalistica e storica molto coinvolgente nasce l’impossibile amore di don Claudio per Ersilia, che a sua volta, s’innamorerà di James, un sottoufficiale irlandese rifugiatosi nella Certosa. Alla maniera del bildungsroman l’autrice indaga con efficacia e delicata sensibilità nell’animo dei due giovani alle prese con il primo amore.

    L’improvvisa uccisione del Padre Procuratore responsabile delle finanze della Certosa e la tragica fine di don Claudio aggiungeranno un alone di mistero ai fatti tale da invogliare i lettori ad indagare per conoscere la verità.

    La seconda parte del libro, ambientata nella Certosa nel 2018, soddisfa ampiamente questo desiderio dando al romanzo una sapiente svolta verso il genere noir.

    Il prezioso volume a cui il giovane Don Claudio aveva affidato i risultati delle sue ricerche, dopo aver dedicato tutto se stesso all’arte ed alla tecnica della conoscenza di piante aromatiche e terapeutiche per ricavarne medicinali è scomparso.

    Il Padre Priore del Monastero, don Marcello, deve consegnarlo all’Abbazia di Casamari ed incarica Sophia Vitti, insegnante romana che frequenta la biblioteca per svolgere ricerche sui frati Certosini, di rintracciarlo.

    Nel frattempo l’ispettore Roberto Masina della polizia di Frosinone riapre le indagini per il delitto irrisolto del Padre Procuratore nel lontano 1945.

    Tra Sophia e Roberto nasce un amore sofferto e contrastato: le ferite e le delusioni vissute precedentemente impediscono ai due di lasciarsi andare e di godere appieno del loro sentimento.

    Il libro, trasporta fascinosamente il lettore nel labirinto delle vicende e, alla fine, rivela l’assassino del Padre Procuratore.

    Anche la drammatica storia di don Claudio e di Ersilia trova la sua conclusione.

    La scorrevolezza dello stile dell’autrice fa apprezzare ancora di più la ricchezza contenutistica del romanzo, che evidenzia una sentita adesione all’impegno sociale e un’intelligente partecipazione alle problematiche di genere.

    ANNA GRAZIA MASTROFILIPPO

    Nota dell'autore

    Anche se ispirati a personaggi esistiti e fatti realmente accaduti le vicende ed i dialoghi sono frutto di fantasia. Il loro ruolo è stato liberamente rielaborato e romanzato, così come la loro partecipazione alle vicende immaginarie dei personaggi inventati dall’autrice.

    Epigrafe

    "È certamente cosa di venir notata, che tutte le Regole monastiche più rigide furono sempre meglio osservate. I Certosini hanno dato al mondo l’unico esempio d’una Congregazione che ha resistito settecento anni senza aver bisogno di riforma. Il che prova che quanto più l’istitutore combatte le materiali inclinazioni, tanto più assicura la durata della sua opera. Al contrario, coloro i quali pretendono formare società, adoperando le passioni per materiali dell’edifizio, somigliano a quegli architetti che fabbricano palazzi con quella specie di pietra, che si fonde al contatto dell’aria.

    FRANCOIS RENE’ DE CHATEAUBRIAND.

    (Scrittore, politico e diplomatico francese 1768-1848)

    PRIMA PARTE

    CAPITOLO PRIMO. LA VOCAZIONE

    Ogni volta che Eugenio, fanciullo di nove anni, partecipava alla Santa Messa rimaneva incantato di fronte a quei gesti rituali, ai canti ed alle parole scandite in una lingua a lui misteriosa. Stupito spalancava i grandi occhi nocciola al momento dell’elevazione eucaristica e, quando gli altri abbassavano il capo o lo sguardo, in segno di penitenza e devozione, lui si alzava per sbirciare e vedere meglio il rinnovarsi del mistero del corpo di Cristo.

    Non riusciva proprio a spiegarsi come il sangue e la carne del Redentore potessero essere racchiuse nell’ostia consacrata, ed alle sue continue domande la madre, donna molto devota rispondeva: Caro Eugenio, la fede ha i suoi misteri e l’uomo non è mai stato capace di spiegare il trascendente, cioè l’esistenza di Dio, continua a rivolgerti a lui con la preghiera e capirai.

    Il bambino, rapito da quelle parole che facevano intravedere un mistero insondabile, chiedeva ulteriori spiegazioni: Ma quando mi dici di pregare lui è in cielo o dentro di me?

    È nel tuo cuore e nel cielo, è onnipresente affermava la madre guardando con amore quel figlio che si poneva quesiti troppo complicati per la sua età.

    Eugenio era nato a Torino nel 1907, secondo genito di una famiglia benestante che aveva contribuito alla fondazione della FIAT nel 1899, attraverso il padre, ricco possidente terriero.

    Il bambino amava passeggiare nei campi, essere a contatto con la natura e prendendo esempio dal padre e dal fratello maggiore, andava spesso con loro alla ricerca di fiori ed alla scoperta di erbe medicinali.

    La sua carnagione chiara, i capelli castani, il fisico minuto ma ben proporzionato, lo facevano assomigliare ad un piccolo angelo al contrario del fratello cresciuto alto, bruno e dinoccolato.

    E proprio come un angelo ascoltava con venerazione i racconti del nuovo e vecchio testamento.

    Sua madre gli aveva sempre detto: La vocazione si riceve dall’alto, è una chiamata, una storia d’amore tra noi e Dio.

    Così compiuti i dodici anni e finita la prima guerra mondiale, Eugenio ripeteva spesso ai suoi genitori: Ho il desiderio di consacrare la mia vita alla preghiera e alla ricerca di Dio e vorrei entrare in seminario per diventare monaco.

    Non lo farai, non ora, devi studiare, quando sarai più grande ne riparleremo lo rimproverava il padre.

    L’uomo avrebbe preferito vederlo laureato, come l’altro figlio per inserirlo dopo in FIAT.

    Così quel veto alimentava continue discussioni con la moglie: Eugenio malgrado sia ancora giovane ha una notevole devozione e voi, caro marito non dovreste scoraggiarla.

    Nostro figlio seguirà la strada del fratello ed andrà a lavorare in Fiat. Quello che io ho realizzato deve servire al loro futuro, non ci sono discussioni rispondeva aspro.

    Il bambino tentò di ribellarsi ma nulla sembrava dissuadere suo padre; decise così di chiudersi in un mutismo esasperato ed alla fine si ammalò. Il medico interpellato disse che Eugenio aveva bisogno di cambiare aria per riprendersi e la madre lo portò con sé, da una cugina in campagna dove, dopo pochi mesi si ristabilì in salute, senza abbandonare però la sua vocazione.

    In seguito fu consultato addirittura il Vescovo di Torino, parente della madre, che dopo aver esaminato il ragazzino sentenziò che poteva intraprendere la strada del monachesimo, con grande sconforto del padre e sollievo per il fratello maggiore.

    Essere monaco significava per Eugenio diventare un Anacoreta, a differenza del frate, in latino frater, fratris, e cioè fratello.

    Tale ordine, nato nel Basso Medioevo a partire dal XII secolo, legato a quello dei mendicanti, come San Francesco d’Assisi, lo avrebbe invece messo in contatto con una dimensione comunitaria e fraterna della vita religiosa, dedicandosi soprattutto al sostegno spirituale e materiale degli altri.

    Alla fine del 1919 la madre lo spedì alla Certosa di Trisulti vicino Frosinone, culla di conoscenze erboristiche fin dal medio evo, vista la vicinanza dei Monti Ernici, e dove il Febronio citava, tra i suoi scritti: Nei Monti Ernici esiste l’Orto del Centauro Chirone maestro di Esculapio. In esso vegetano miracolose erbe medicinali. Nelle valli in cui è diviso vi sono: in una, ricchezza di variopinti fiori, nell’altra, l’odorato è ricreato dai soavi profumi sprigionatisi dalle numerose piante e cespugli.

    Quella soluzione si rivelò perfetta perché concedeva al giovane Eugenio di restare vigile alla presenza di Dio, attraverso il silenzio interiore e gli permetteva di sperimentare rimedi erboristici nella farmacia del monastero che, proprio per la lontananza dal centro abitato, costringeva i monaci a rimanere isolati nei mesi invernali.

    Durante gli anni della sua giovinezza non praticò l’eremitaggio in senso stretto, poiché l’Ordine aveva anche una dimensione condivisa per la preghiera, lo studio ed il lavoro, legata indissolubilmente a quella solitaria.

    Eugenio era dotato di buon intelletto e solida cultura ed eccelleva nei confronti degli altri seminaristi, che a mala pena sapevano leggere il latino e il greco.

    Primeggiare gli aveva creato contrasti, che spesso alimentava con dispute verbali durante la passeggiata settimanale o Spaziamento (così chiamato dall’Ordine).

    La sua materia preferita era la teologia, da cui prendeva spunto per affermare le sue capacità di speculazione intellettuale, che lo aveva fatto apprezzare dai suoi superiori ma creato anche invidia e risentimento tra i novizi.

    Gli ardori dei primi anni di seminario si sopirono attraverso l’osservanza della solitudine a tre livelli come spesso richiamava il Padre Priore: "Importante per la nostra Congregazione è praticare in primis la separazione dal mondo, la custodia della

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