Scatole a colori
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Ben presto però la sua serietà e incorruttibilità si scontrano con un mondo che desidera invece solo potere e ricchezza.
Una cruenta rappresentazione – simile a quelle tristemente famose che si svolgevano nel Colosseo ai tempi degli antichi Romani, in cui combatteranno come novelli gladiatori otto condannati a morte scelti in tutto il mondo – segnerà un profondo spartiacque nella vita del protagonista che solo contro tutti si dichiara contrario a questo spettacolo che secondo lui farà compiere un terribile salto indietro nella evoluzione umana.
I timori di Francesco, dopo un tale primitivo spargimento di sangue, saranno confermati oppure tutto riprenderà il suo normale corso senza ripercussioni sull’umanità?
Quali saranno le reazioni del pubblico alla vista di veri e propri omicidi in diretta?
Le remore ancestrali davanti a tali efferatezze resisteranno oppure confermeranno i dubbi agghiaccianti del protagonista?
Sono nato a Castel d’Ario (MN e condivido i natali col grande Tazio Nuvolari) il 17.12.1950. La mia era una famiglia di piccoli contadini.
A 5 anni andavo a pescare con le reti e con le lenze i pesci e le rane. Li pulivo, li lavavo, li friggevo in modo che i miei, tornati a casa, potessero sedersi e pranzare. Poi lavavo i piatti.
Non ho mai ritenuto questi sacrifici come una penalizzazione, ma anzi un grande arricchimento. Adesso, come imprenditore faccio tanti colloqui ai ragazzi per eventuali assunzioni o passaggi di livello, e trovo avvilente che la prima cosa che chiedono sia quanti soldi prenderanno.
Finite le scuole superiori avevo due sogni. Proseguire gli studi frequentando economia e commercio o fare la scuola di giornalismo.
Finiti gli esami ricevetti (unico in Lombardia) l’iscrizione gratuita alla scuola di giornalismo. Ma due giorni prima mi ero iscritto alla Bocconi. Così ho perseguito l’obiettivo di diventare un manager.
Ho lavorato in quasi tutte le regioni d’Italia. Sono stato anche dirigente di una multinazionale quotata alla borsa di Parigi.
Adesso ho compiuto i miei primi 71 anni di età. A 67 anni ho fatto domanda di pensione, ma continuo a lavorare.
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Anteprima del libro
Scatole a colori - Luciano Cagnata
Luciano Cagnata
Scatole a colori
© 2022 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l., Roma
www.gruppoalbatros.com - info@gruppoalbatros.com
ISBN 978-88-306-5279-8
I edizione marzo 2022
Finito di stampare nel mese di marzo 2022
presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)
Distribuzione per le librerie Messaggerie Libri Spa
Scatole a colori
Prefazione di Barbara Alberti
Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.
È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.
Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi
Non esiste un vascello come un libro
per portarci in terre lontane
né corsieri come una pagina
di poesia che s’impenna.
Questa traversata la può fare anche un povero,
tanto è frugale il carro dell’anima
(Trad. Ginevra Bompiani).
A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.
Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.
Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.
Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterly. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov
.
Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.
Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.
Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.
CAPITOLO 1
FRANCESCO FERRARI
Francesco Cesco
Ferrari, giornalista, bruno, media statura, era nato nell’immediato dopoguerra in un piccolo paese della Bassa Mantovana. Le sue origini non potevano pertanto che essere legate alla terra e di questo si era sempre vantato anche quando il successo ed il guadagno lo portarono a vivere in mondi molto diversi. Lui amava la sua terra e la sua gente. Gente semplice ed umile ma nello stesso tempo fiera ed instancabile lavoratrice. Ci teneva sempre a precisare di essere figlio di braccianti e non di contadini spiegando con pignoleria la differenza fra questa ultima categoria sicuramente benemerita, ma molto chiusa rispetto ai problemi della società circostante, e quella dei propri genitori. Nelle campagne mantovane infatti, e proprio con i braccianti, sono nate le prime leghe sindacali che attraverso anni di lotte hanno portato la classe lavoratrice al possesso delle attuali strutture sindacali.
Gli anni dell’infanzia furono vissuti dal nostro protagonista in condizioni di grande povertà. Secondogenito di una indigente famiglia di braccianti, dovette fin da piccolo contribuire alla quadratura del bilancio familiare. Ricordava ancora molto spesso e con affetto quando a soli sei anni, nei mesi estivi, accudiva alle faccende domestiche, lavando i piatti o preparando il pasto meridiano ai genitori che avevano solo pochi minuti prima di riprendere il lavoro. Rammentava con nostalgia i tempi in cui il pescare non era uno sport ma un sostanzioso contributo a mettere insieme due pasti al giorno, per cui trascorreva gran parte delle sue giornate di bambino in riva a dei fossati. Lo strano era che non ripensava ai sacrifici della sua fanciullezza con rammarico ma con grande nostalgia e smisurato orgoglio. Commiserava anzi i ragazzi di oggi cui, proprio in virtù dei sacrifici fatti dai loro genitori, veniva garantita una adolescenza troppo facile. Essendo ateo non poteva ringraziare Dio per le difficoltà ed i sacrifici che lui aveva incontrato, ma era comunque grato al destino di averglieli riservati. Neanche gli anni dell’adolescenza trascorsi fra i libri ed il lavoro per mantenersi agli studi gli furono pesanti, anche se si interrogava spesso se tutto ciò valesse la pena. Gli amici si persero per strade diverse. La morosa, le serate al bar, l’automobile che significava indipendenza furono rinunce molto dolorose negli anni della gioventù. La sua famiglia non poteva permettersi perdite di tempo. L’obiettivo della Laurea doveva essere raggiunto nei tempi minimi previsti dai corsi di studio. L’unico diversivo fu l’impegno sociale e civile che la sua generazione visse con grande intensità. Gli anni della contestazione trascorsi all’Università di Milano videro Francesco entusiastico protagonista nei primi periodi, nei quali la spinta per la conquista di una società più giusta non era ancora stata inquinata dal pesante condizionamento che su di essa esercitò il Partito Comunista. Quando si accorse che le battaglie del movimento venivano strumentalizzate a fini partitici, Francesco piantò tutto e si dedicò con ancora maggior fervore a terminare gli studi. Gli obiettivi dell’immediato erano oramai molto chiari. Doveva al più presto finire gli studi per inserirsi nel mondo del lavoro. Doveva lavorare per guadagnare al fine di ripagare i sacrifici dei suoi genitori, che l’avevano mantenuto senza mai farglielo pesare. E non era facile.
Ma soprattutto voleva scrivere. Diventare giornalista per avere la possibilità di comunicare con la gente ed alla gente tutto quello che aveva dentro. Vedeva la professione di giornalista come una missione. Essere giornalisti significava assumere un ruolo per la crescita civile e morale della gente. Del resto, mentre, in virtù di una profonda timidezza, aveva difficoltà nella comunicazione orale, era invece molto portato per quella scritta. A scuola riusciva molto bene in Italiano scritto tanto da vincere alcune borse di studio partecipando con lo svolgimento di temi. Proprio questa sua capacità gli valse l’offerta di iscrizione gratuita ad un corso di giornalismo istituito alla fine degli anni sessanta nel capoluogo lombardo. Francesco lo frequentò parallelamente agli ultimi periodi dei suoi corsi di studio regolari e realizzò il suo sogno, fare il giornalista. Non fu certo tutto facile, ma per uno che aveva fatto i sacrifici che lui aveva fatto gli anni della gavetta trascorsero con gioia accanto a personaggi che venerava e dai quali cercava di imparare ogni segreto. Inoltre le sue qualità professionali, la sua umiltà innata e la sua dirittura morale lo fecero ben presto ben volere in tutto l’ambiente.
Quando Claudia irruppe nella sua vita, Francesco aveva da poco compiuto i quarant’anni. Era nel pieno della maturità ed assaporava il gusto di chi ha raggiunto gli obiettivi prefissi e per i quali aveva lungamente sacrificato. Sarebbe sbagliato dire che si sentiva arrivato, perché Francesco aveva profonda coscienza che nella vita non si è mai arrivati e che ogni giorno offre, a chi sa coglierla, l’occasione per imparare qualcosa di nuovo. Francesco si sentiva appagato, condizione ideale per svolgere nel migliore dei modi la sua delicata professione. Non aveva vendette da compiere, né era al servizio di qualcuno per il quale lavorare. Dal punto di vista professionale era soddisfatto