Salire in cattedra: Vademecum per giovani insegnanti… e non solo
By Diego Ellero
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About this ebook
Il volume si divide in sei sezioni, ricalcando l’andamento di un tipico giorno di scuola (dal suono della campanella fino al termine delle lezioni, con una pausa di riflessione durante l’intervallo). Nel corso di questa ideale mattinata di lavoro, l’autore accompagna metaforicamente in classe un giovane collega, offrendogli consigli pratici ricavati dalla propria esperienza personale e mettendolo in guardia dalle insidie di una professione ritenuta a torto accessibile a tutti. Il libro si conclude con alcune osservazioni sulla scuola di oggi e sulle nuove sfide imposte dalla pandemia.
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Salire in cattedra - Diego Ellero
DIEGO ELLERO
SALIRE IN CATTEDRA
Vademecum per giovani insegnanti… e non solo
© 2021, Marcianum Press, Venezia
Marcianum Press
Edizioni Studium S.r.l.
Dorsoduro 1 - 30123 Venezia
Tel. 041 27.43.914
marcianumpress@edizionistudium.it
www.marcianumpress.it
In copertina: foto di Gerd Altmann
Impaginazione e grafica: Massimiliano Vio
ISBN Edizione cartacea 978-88-6512-805-3
ISBN Edizione digitale 978-88-6512-864-0
ISBN: 9788865128640
Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write
https://writeapp.io
Indice dei contenuti
Introduzione
PRIMA ORA
«Non c’è mai una seconda occasione per fare una buona impressione la prima volta» (Oscar Wilde): il primo giorno di scuola
Imparando da Machiavelli: essere amati, essere temuti, essere odiati
Tra classi-circo e classi-caserma: pochi consigli empirici per tenere
una classe
Le regole: darne poche, farle rispettare tutte
SECONDA ORA
Guardia e ladri tra i banchi: osservazioni sull’arte
di copiare nel terzo millennio
Essere sopra
, essere sotto
: «il voto non è importante è l’unica cosa che conta»
Ciò che inizia in classe finisce in classe: gli errori della personalizzazione
TERZA ORA
Se non ci fossimo, il mondo continuerebbe ad andare male com’è sempre andato: insegnare senza sopravvalutarsi
I carismatici, quelli con la vocazione
, i professionali, i lavativi: quattro modi per essere prof.
1. I carismatici
2. Quelli con la vocazione
3. I lavativi
4. I professionali
Tra commedia umana e commedia dell’arte: l’esame di stato
Insegnanti oltre l’orlo di una crisi di nervi: il burnout
INTERVALLO
«Gli insegnanti... tutti parassiti, lavorano diciotto ore alla settimana e si fanno tre mesi di vacanza all’anno»
QUARTA ORA
Distanze siderali e mondi paralleli: appunti di fisica delle relazioni scolastiche
Alla ricerca dell’autorevolezza perduta
Istruire ed educare: qualche idea su confini e priorità
La politica a scuola: il pensiero unico globale e la morte delle grandi ideologie
Scuola e inclusione: una postilla a margine
QUINTA ORA
Orgoglio e pregiudizi: la scuola alla prova del Covid
AUTORE
Diego Ellero
Salire in cattedra
Vademecum per giovani insegnanti… e non solo
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È vietata e perseguibile a norma di legge l'utilizzazione non prevista dalle norme sui diritti d'autore, in particolare concernente la duplicazione, traduzioni, microfilm, la registrazione e l’elaborazione attraverso sistemi elettronici.
Desidero ringraziare Chiara, moglie e compagna di vita che per prima ha letto queste pagine e ha collaborato alla revisione del testo; Francesco Bruni, che ha creduto fortemente in questo lavoro e mi ha incoraggiato a pubblicarlo; Alessio Cotugno, il quale, con generosa disponibilità, ha dato un contributo decisivo perché il manoscritto potesse arrivare alla stampa.
Un ringraziamento speciale, infine, a tutti i colleghi e agli allievi che da quando lavoro nella scuola mi hanno offerto, inconsapevolmente, molti degli spunti di riflessione che ho sviluppato nel corso del volume.
Introduzione
Insegno italiano e storia in un istituto tecnico della provincia di Vicenza. Ho poco più di quarant’anni e sono arrivato tardi all’insegnamento: dopo la laurea in Lettere conseguita all’Università Ca’ Foscari di Venezia (2001), mi sono addottorato presso lo stesso ateneo con una tesi in Storia della lingua italiana (2008). Poi sono stato per circa due anni uno dei tanti precari della ricerca universitaria, vivacchiando di assegni e contratti di insegnamento a termine, fino a quando, a partire dal 2010, sono entrato nella scuola. Nel frattempo, dando per mia fortuna ascolto ai saggi consigli di un professore dell’Università, tra la laurea e il dottorato avevo frequentato i corsi di abilitazione della SSIS (Scuola di Specializzazione all’Insegnamento Secondario).
Questa breve presentazione solo per dire che, a ben vedere, considerata l’esperienza di insegnamento scolastico tutto sommato piuttosto limitata, avrei davvero pochi titoli per scrivere un libro nel quale mi propongo di dispensare suggerimenti che mi piace definire di scuola vissuta
.
A mia parziale discolpa posso però dire che, benché la mia attività nella scuola sia effettivamente iniziata circa dieci anni fa, per circostanze in gran parte casuali mi sono ritrovato a sperimentare le più svariate situazioni di insegnamento, facendo esperienze che ho cercato di mettere a frutto in questo libro. Dalle scuole private a quelle pubbliche, nella mia pur breve carriera scolastica posso dire di non essermi fatto mancare nulla: ho lavorato in un ottimo liceo paritario gestito dal Patriarcato di Venezia, ormai chiuso da anni; in una scuola-diplomificio di Mestre (da cui fuggii a gambe levate); in un prestigioso liceo classico del centro storico (sempre a Venezia); in un liceo linguistico di Schio; per poi, per uno dei mille paradossi della scuola italiana, essere immesso improvvisamente in ruolo in un indirizzo nel quale da precario non avevo mai insegnato italiano e storia neppure per un’ora, cioè quello tecnico e professionale.
Una situazione comune a molti, si dirà, e anzi tutto sommato piuttosto fortunata, visto che sono entrato in ruolo in tempi molto rapidi. Se ne parlo, infatti, non è certo per lamentarmi, ma per chiarire in quali contesti sono maturate le osservazioni che proporrò nelle prossime pagine. Queste saranno, lo anticipo fin da subito, riferite soprattutto alla scuola superiore (l’unica in cui ho lavorato), sebbene credo che molte di esse si possano estendere, con qualche accorgimento, anche alla scuola media.
Questo libro ha più di un destinatario, ma quello principale, indicato fin dal titolo, è rappresentato da coloro che, dopo gli studi universitari, hanno deciso di avvicinarsi al mondo della scuola e, con essi, dai giovani precari, dai supplenti, dai neo-assunti in anno di prova; più in generale da tutti gli insegnanti alle prime armi, anche quelli non necessariamente giovani sul piano anagrafico, ma che, dopo aver svolto altre esperienze lavorative, hanno deciso, per scelta o per necessità, di intraprendere un’altra strada professionale. Ancora, il libro potrebbe più in generale interessare a chi abbia, per qualunque motivo, la curiosità di conoscere nel concreto qualcosa di ciò che avviene nella scuola di oggi, osservando dall’interno le classi in cui i propri figli o i figli dei propri amici passano (si spera senza sprecarle) tante ore della loro giovinezza.
I più attenti avranno notato che poco sopra ho parlato, come si faceva una volta, di scuola superiore e di scuola media (e non di scuola secondaria superiore e scuola secondaria inferiore). È una scelta che, in questo come in altri casi, seguirò con rare eccezioni in tutto il libro, non solo per praticità, ma in generale perché non amo i tecnicismi di quello che qualcuno ha definito scherzosamente lo scolastichese
, una particolare declinazione del linguaggio burocratico con cui è costretto a convivere quotidianamente chi lavora nel mondo della scuola.
Più in generale, nel libro ho cercato di adottare un taglio divulgativo, possibilmente non troppo serioso, a volte un po’ scanzonato e provocatorio. Allergico alla retorica che troppo spesso infesta il dibattito sulla scuola, ho cercato di partire da fatti ed esperienze concrete, per poi trarne qualche conclusione generale dal mio personalissimo (e proprio per questo opinabilissimo) punto di vista.
Benché la bibliografia su molti degli argomenti trattati sia amplissima, proprio la scelta di mettere al centro del libro alcuni spaccati di scuola vissuta
(e le riflessioni derivate da essi) ha fatto sì che il lavoro sia volutamente privo di note, e più in generale si citino poche fonti e pochi dati. Ciò vale anche per alcuni passaggi in cui esprimo osservazioni di tipo psicologico o pedagogico: non avendo la pretesa di avere scritto un saggio accademico, ma più modestamente qualche indicazione di viaggio per giovani insegnanti, ho semplicemente condiviso alcune idee maturate nel corso delle mie esperienze scolastiche, senza alcuna pretesa di scientificità.
Dopo aver specificato, montalianamente, ciò che questo libro non è e non vuole essere, vediamo in breve (e in positivo) come ho deciso di organizzarlo.
Il volume si divide in sei sezioni, ricalcando idealmente l’andamento di una tipica giornata di scuola. Si parte dal suono della campanella, con qualche suggerimento su come rapportarsi con una nuova classe, e poi, nei capitoli successivi, su come impostare il proprio rapporto con gli allievi nel resto dell’anno scolastico. Nella seconda ora si sono invece tentati di incrociare due punti di vista, quello del docente e quello dello studente, su alcuni temi come per esempio la copiatura o l’importanza spesso eccessiva attribuita alla valutazione. Nella terza, invece, ho dedicato alcuni capitoli alla descrizione di che cosa significa essere insegnanti nella scuola di oggi, in quali modi si tende a interpretare questo ruolo e a quali pericoli si può andare incontro se non si sanno affrontare le molte difficoltà di un mestiere che molti, a torto, credono possa essere svolto da chiunque senza grandi sforzi.
Ai molti luoghi comuni sugli insegnanti, e al tentativo di demolirne almeno qualcuno, ho dedicato un breve intervallo, idealmente necessario per riprendere un po’ il fiato prima dell’ora forse più impegnativa, la quarta, nella quale, con un taglio più teorico, condivido alcune mie idee sulla situazione attuale della scuola, con qualche incursione anche nel territorio della politica.
Infine, ho riservato l’ultima ora a come il mondo della scuola ha reagito alla pandemia scoppiata nella primavera del 2020 e tuttora in corso, notando come esso abbia affrontato questa crisi abbattendo alcuni pregiudizi e ricavandone, almeno temporaneamente, qualcosa di buono, in termini di centralità nel dibattuto pubblico e di consapevolezza della propria funzione sociale.
PRIMA ORA
«Non c’è mai una seconda occasione per fare una buona impressione la prima volta» (Oscar Wilde): il primo giorno di scuola
La ripresa della scuola a settembre e le prime ore di lezione. Un momento fondamentale, da cui spesso dipende l’inizio di un intero anno scolastico: in quelle prime ore, soprattutto se si ha a che fare con una nuova classe, si gettano infatti le basi di un rapporto che nel corso delle settimane successive si potrà tentare di modificare, aggiustare, correggere, ma difficilmente si potrà capovolgere nel male e, ancor più difficilmente, nel bene.
Il primo giorno di scuola è come un calcio di rigore: possiamo fare gol e iniziare col piede giusto il nuovo anno scolastico, oppure possiamo sbagliarlo, perché abbiamo colpito il palo o ce lo hanno parato. In questi ultimi due casi, il rapporto con la classe inizierà presumibilmente in salita, ma la peggiore delle ipotesi è la terza, quella in cui dovessimo calciare la palla alta, in tribuna.
In questo caso, infatti, sarà davvero difficile rimediare: una delle prime cose che si imparano nella scuola, infatti, è che, alla faccia della retorica sulla condivisione tra colleghi e sul lavoro di squadra, una volta entrati in classe si è fondamentalmente soli e non si può contare su nessun raccatapalle che ci aiuti a recuperare un pallone calciato lontano. Dobbiamo arrangiarci, ammesso che ne siamo capaci.
Che siano precari, alle prime esperienze o di ruolo da anni, non bisogna quasi mai credere agli insegnanti che si mostrano rilassati il primo giorno di scuola: i più esperti magari sapranno fingere meglio di altri, ma per pochissimi è davvero così.
Senza entrare per ora nelle insopportabili polemiche sui tre mesi di vacanza
(lo faremo all’intervallo, in uno dei prossimi capitoli), è pur vero che in pochi lavori come in quello dell’insegnante è facile perdere il ritmo e presentarsi impreparati all’inizio del nuovo anno.
Riprendendo la metafora calcistica da cui siamo partiti, è come se un calciatore, dopo tre mesi, riprendesse a giocare una partita di campionato senza essersi mai allenato: anche il più grande campione resterebbe senza fiato dopo pochi minuti, dovrebbe ritrovare l’intesa coi compagni e giocherebbe con ogni probabilità una pessima partita.
Certo, un insegnante durante l’estate può leggere, tenersi aggiornato, preparare progetti per il nuovo anno scolastico: tutte attività molto utili, ma nessuna di queste può sostituire il cuore della sua attività, che sta nel contatto quotidiano con gli allievi, e ogni settembre da questo punto di vista si riparte quasi da zero.
Non dovendo lavorare sul corpo (contrariamente ai calciatori professionisti, che iniziano ad allenarsi almeno sei settimane prima di tornare in campo), un insegnante dovrà evidentemente lavorare sulla mente, sulla