Tarek e gli altri
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Anteprima del libro
Tarek e gli altri - Pizzoni Antonio
I. Tarek
1. PREAMBOLO
Durante le vacanze e anche nei giorni di scuola, Tarek condivide il tempo libero con Habib – un grande amico che, con gli occhi fissi e lo sguardo dolce, gli raccontava di come l’adolescenza modifica il corpo e le prospettive della vita.
Appena assaporato il gusto di vedersi assegnato il ruolo di matricola universitaria, Tarek scopre la malattia del padre. Fragile e forte nelle decisioni, deve incamminarsi verso strade scomode come lo sono le pietraie di montagna. Il susseguirsi di dubbi e di paure gli fanno perdere i sensi e le certezze. Cerca di immaginare una via d’uscita da sdraiato sul letto, gli occhi puntati verso il soffitto. Quel letto, dove sua madre lo salutava prima di prendere sonno, ora ha le sembianze di un sudario.
Da un’altra parte del mondo, Antonio veniva ricoverato d’urgenza all’ospedale più vicino, l’Oglio-Po di Casalmaggiore.
L’ambulanza sfreccia con le sirene che trapassano i muri e i pensieri della gente. Gli infermieri senza smettere di scuotere il capo, con il cellulare costantemente appoggiato all’orecchio, parlottano tenendosi in collegamento costante con il Pronto Soccorso. Antonio era appena tornato da Milano. Un esame e un’asportazione di un frammento di tessuto per analisi e la conseguente diagnosi avrebbero dovuto allontanare per sempre i dubbi di patologie gravi.
Tarek nasce in Bangladesh ed è il primo di tre figli.
Dalla stanza delle riflessioni sa di avere un futuro che non conosce, come tutti, ma è deciso a modellarlo a modo suo.
Dice spesso, con un tono da sfida: « Rispetto tutti, ma non ho paura di nessuno » , determinato e severo anche con se stesso. All’età di otto anni aveva già deciso che l’autonomia è la vera forza della vita.
Dopo la partita a cricket del sabato, giocata al campetto della scuola, una volta arrivato a casa, è solito entrare in doccia vestito.
Anni condivisi con Tanvir e Nayma, i suoi fratelli. Il padre, insegnante di matematica, e la madre, insegnante di geografia, sono al timone e tracciano le scelte familiari. Sono gli anni che trasformano il carattere.
Il futuro è proiettato dentro una centrifuga fredda e pregna di significati ancora sconosciuti.
Quella notte poteva essere l’ultima. Si sarebbe interrotta la sequenza dei giorni di vita in famiglia. Posa lo sguardo su tutti gli oggetti, uno ad uno, che arredano la camera dove dorme.
Li vuole catalogare dentro la memoria per poi ritrovarli, come in un gioco di prestigio, in caso di bisogno, e poter così ricordare.
Poi i dubbi:
« Quanto resisterò lontano da casa? Dove andare? Lontano? Lontano quanto? »
La complessità degli argomenti amplifica la difficoltà del respiro.
Solo il sonno lo obbliga a rimandare le decisioni al giorno dopo.
Ha chiesto a sua madre di essere svegliato presto quel mattino. Deve parlare con Rashid, da qualche anno impiegato nell’agricoltura a Sottomarina di Chioggia. La notte successiva, dopo che Rashid gli aveva proposto un lavoro alla cascina agricola del signor Morettin, Tarek aveva accettato. Ubbidiente e coerente con il suo temperamento, ha preso una decisione definitiva. In poco tempo, si convince che il suo destino è quello di finire nella terra di nessuno.
L’ultima notte senza riposo, senza riuscire a quietare il pensiero che orbita muto e silenzioso intorno alla sua testa… E gli pare di rivivere una scena del film C’era una volta il West . Quella sequenza dove il regista descrive come ci si possa sentire vittime ma anche vessati, perseguitati dalla vita – sente che gli appartiene. Costretto dentro una cornice e un ritratto indesiderati. Deve resistere e giocarsi tutto, resistendo e fiaccando la cattiva sorte.
Solo i passi di sua madre che verifica gli ultimi dettagli relativi alla partenza gli procurano un groppo alla gola fino a sentirsi male. Deve comprimere ogni sentimento che possa far trapelare il suo disagio e nello stesso tempo deve apparire come chi parte per una vacanza. Il risultato di tanto impegno non è quello sperato. Si mescolano e si aggrovigliano dentro di lui