Loquendum. Amore, sangue e social network
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Info su questo ebook
Laureato in informatica con la passione per la storia e la psicologia evoluzionista, ha avuto la fortuna di assistere all’arrivo di Internet in Italia e nel 1995, come provider, ha aperto il primo punto di accesso nella sua città. Ha seguito le varie fasi dello sviluppo della rete, condiviso gli ideali di quei primi gruppi, compresi i gruppi open source contro Microsoft. Ha fatto parte di Assoprovider e della Naming Authority. Ancora oggi il suo lavoro consiste nell’aiutare le aziende ad utilizzare al meglio Internet.
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Anteprima del libro
Loquendum. Amore, sangue e social network - Ettore Panella
Ettore Panella
Loquendum
Amore, sangue e social network
© 2022 Vertigo Edizioni s.r.l., Roma
www.vertigoedizioni.it
info@vertigoedizioni.it
ISBN 978-88-6206-872-7
I edizione gennaio 2022
Finito di stampare nel mese di gennaio 2022
presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)
Distribuzione per le librerie Messaggerie Libri S.p.A.
Loquendum
Amore, sangue e social network
È doveroso per me ringraziare gli amici Gianluca Navarrini, Rita Vergnano, Riccardo Mariani e Daniela Nutini. Le loro critiche, severe ma oneste, mi hanno permesso di migliorare, con interventi mirati, la prima stesura di questo romanzo.
«Vi prego perdonatemi! Ho fatto una cazzata, lo so, e ora è tardi per rimediare».
Era prostrato l’uomo che pronunciava queste parole nella piccola stanza illuminata, sia pur malamente, dalla luce proveniente da una piccola finestra alle spalle di chi questa implorazione ascoltava.
Nessuna risposta, nessun cenno, nessuna reazione a quella supplica sottolinearono la gravità della colpa per la quale si chiedeva perdono.
L’uomo non riusciva a distinguere i tratti di chi aveva di fronte: la luce della finestra colpiva diretta i suoi occhi, smorzandone la capacità visiva. Ma poteva intuirne l’espressione: fredda e tagliente come quella luce. Appunto.
L’atmosfera pesante, cupa, rendeva ancora più penoso lo stato d’animo dell’uomo che per rompere il silenzio continuò:
«Non volevo farvi torto! Mi avevano convinto che quel provvedimento fosse giusto e non ho valutato le conseguenze! Sono stato un idiota! Ho assolutamente bisogno del vostro perdono! Non distruggete la mia carriera!».
Con studiata lentezza colui a cui tanta deferenza era rivolta iniziò a parlare.
«Avevi avuto istruzioni precise. Sapevi cosa ci si aspettava da te eppure, hai fatto di testa tua. Il provvedimento che hai votato non lo volevamo e tu lo sapevi!».
A quelle parole il poveretto trasalì e spinto dalla disperazione rantolò:
«Vi prego! Non posso perdere il contatto con i miei elettori! Non cancellatemi! Vi assicuro che non vi deluderò più».
«Non lo meriti – rispose – tuttavia nella nostra infinita generosità, ti concediamo un’altra possibilità. Il tuo account a New-facebook sarà riattivato domani, ora puoi andare. Ricorda: un altro passo falso e sei finito!».
Il politico aveva scongiurato la perdita dell’interazione coi suoi elettori, ma si sentiva come chi è stato in una centrifuga, spremuto, annientato, tuttavia non aveva scelta e doveva essere grato a chi gli accordava un’ultima possibilità. Pensava che la sua brillante carriera non fosse finita e prometteva ancora di farlo salire in alto, sempre più in alto.
In strada si rese conto di essere sudato. Un sudore acido, maleodorante. Strinse i pugni nelle tasche e sibilò tra i denti:
Maledetto Zuckerberg! Dovevi proprio vendere Facebook a questa feccia!
.
I – L’iniziazione
Aveva atteso con impazienza l’ora dell’appuntamento e come spesso accade in questi casi si era recato all’università con forte anticipo.
Era troppo teso per provare a studiare e si mise a ciondolare in giro tra il bar e le varie aule che si susseguivano in un lungo corridoio.
Ogni tanto incontrava persone conosciute che salutava o con cui si fermava a scambiare qualche chiacchiera, ma la sua mente era fissa lì, a quella porta da aprire alle 11,30.
Con sollievo accolse l’allarme che aveva programmato sul suo cellulare. Era il momento.
Aprendo la porta ebbe un attimo di esitazione. Quel gesto equivaleva al passaggio del Rubicone: non sarebbe più tornato indietro. Quindi entrò nella piccola stanza dalle pareti bianche, ben illuminata dalla luce del sole, che penetrava da un finestrone affacciato sul giardino.
Dette un’occhiata ai ragazzi seduti attorno ad un tavolo.
Sembravano avere più o meno la sua stessa età. Immaginò che lo stessero inevitabilmente valutando: affidabilità, capacità... Si sentì d’un tratto intimidito, come di fronte ad una commissione d’esame.
Poi la sua attenzione fu attratta dall’uomo, apparentemente sulla cinquantina, dai capelli brizzolati e altezza superiore alla media, che lo accolse. Era il professore di programmazione distribuita della loro facoltà.
«Vi presento Romolo – disse il professore rivolto ai presenti – È un ragazzo molto promettente, è la risorsa che ci serviva. Di lui ci possiamo fidare» aggiunse poi, come rispondendo alla domanda sospesa nello sguardo dei presenti.
Quindi passò a presentare brevemente i convenuti al nuovo arrivato.
Davide, piccolo di statura e un po’ sovrappeso. In facoltà si faceva vedere poco, sempre chiuso in camera al computer, ormai quasi un’estensione del suo corpo. Era il classico smanettone più a suo agio con i computer che con le persone e men che meno con le ragazze, almeno dal vivo. In realtà lo aveva già conosciuto all’esame di programmazione, anche se i loro rapporti si limitavano a un cenno di saluto quando capitava di incrociarsi.
Leonardo non passava inosservato se non altro per il fatto di essere costretto su una sedia a rotelle, paralizzato da parte del busto in giù. Al contrario del collega, era abbastanza conosciuto in facoltà, dove si era fatto molti amici e si era fatto notare per la sua abilità di programmatore.
Cesare sembrava proprio fuori contesto: estroverso, carino e senza alcun problema nell’allacciare nuove conoscenze, specie femminili. Conosciuto più per essere un Don Giovanni che per meriti informatici, era il figlio del professore. Anche se gli altri studenti non lo consideravano molto capace, a causa della sua vita godereccia e per il sospetto di favoritismi, data la parentela, era in realtà un buon programmatore, magari non all’altezza degli altri due, ma sapeva il fatto suo.
E infine c’era lei, Silvia. Questa scoperta, in particolare, gli fece balzare il cuore in petto. Certo non per l’oggettiva pericolosità dell’impresa in cui si stava buttando, come invece avrebbe dovuto essere, anche se l’incoscienza giovanile lo portava a sottostimarla. In realtà, in quel momento, non poteva credere alla sua buona sorte: era da tanto che avrebbe voluto fare la sua conoscenza, da quando i loro sguardi si erano incrociati in mensa inducendo in lui il desiderio di conoscerla. Purtroppo il coraggio per approcciarla gli era sempre mancato all’ultimo minuto. Ed ora era lì, nel posto dove mai avrebbe pensato di trovarla.
«Siediti qui» disse infine il professore a Romolo indicando una sedia libera, sfortunatamente lontana da Silvia.
A malincuore il ragazzo si sedette dove gli era stato indicato, ma i suoi occhi non vedevano altro che lei.
I suoi lunghi capelli scuri incorniciavano il viso allungato.
I suoi radiosi occhi verdi erano una specie di calamita a cui, con tutta la buona volontà, non riusciva a sfuggire.
Il maglioncino bianco lasciava intravedere un fisico asciutto e la forma del seno, non particolarmente prosperoso, forse una seconda.
Subito riprese una discussione che il suo arrivo sembrava avere interrotto. Romolo faceva fatica a prestare attenzione, specie quando parlava lei. La sua voce era una melodia che allietava le sue orecchie e le sue labbra miele.
Romolo non avrebbe voluto che lei si accorgesse di come lui la osservava e, quando lei si voltava dalla sua parte, distoglieva imbarazzato lo sguardo.
Seguire la discussione in queste condizioni era un’impresa, ma si sforzò di farlo, distratto anche dal cane del professore, Rex, un bellissimo pastore tedesco che si era accucciato presso di lui, attirando la sua attenzione.
Rex sembrava gradire la sua mano che lo accarezzava e Romolo trovò una nuova attrazione per la sua attenzione, troppo rivolta alla ragazza.
«Vorrei ricordare a tutti – continuò il professore – ciò che stiamo facendo, anche per chiarire meglio al nostro nuovo amico quanto già gli ho accennato. È bene ricordare chi siamo e cosa ci ha portati qui. Come ben sapete, Facebook è stata acquistata tre anni fa, nel 2025, da un gruppo piuttosto opaco, se così si può dire. Nessuno conosce il motivo per cui Zuckerberg abbia venduto la sua azienda che, oltre al popolare social network, possedeva anche altre app di successo tra cui WhatsApp. L’offerta era interessante, ma non a tal punto da non potersi rifiutare. Il consiglio di amministrazione della nuova azienda proprietaria è composto da dei tizi improbabili, che nessuno conosceva prima dell’acquisizione, e il CEO¹, l’amministratore delegato, persona tanto cortese quanto falsa, sembra essere una testa di legno². Un loro dipendente, nostro simpatizzante, che ci passa delle informazioni dall’interno, su questo punto è stato chiaro: chi veramente decide è un tizio di cui nessuno conosce il nome. Quando si riferiscono a lui dicono Egli: Egli ha chiesto, Egli ha deciso... Rispetto al passato, la nuova gestione ha fatto delle modifiche grafiche e ha cambiato il nome in New-facebook. Per quel che ne sappiamo, non ci sono stati cambiamenti sostanziali nel loro sistema, che resta simile a quello di Zuckerberg, anche se il modo in cui vengono profilati³ gli utenti potrebbe riservare delle sorprese. Già la situazione era molto complicata ai tempi di Zuckerberg, ma oggi che New-facebook è parte imprescindibile della vita di ogni abitante del pianeta, per quanto riguarda la comunicazione, il suo potere è diventato enorme. Puoi investire milioni di euro per creare un tuo pubblico, ma New-facebook può farti perdere tutto in un attimo, se e quando vuole. Le aziende potrebbero perdere le pagine con cui comunicano con i loro clienti, dopo aver speso patrimoni in annunci sponsorizzati. I politici non potrebbero più raggiungere i loro elettori. Tu non potrai più comunicare con i tuoi amici, cercare una ragazza, a meno che tu non sia uno di quei pochi che ancora sanno corteggiare una ragazza incontrata per strada. Insomma, tutti hanno ottimi motivi per non voler subire la cancellazione dell’account e sono ricattabili. Tu, probabilmente, hai poco da dare e sei carne da macello, ma un politico voterebbe qualsiasi cosa gli venisse chiesta, pur di non bruciare la sua carriera. Conscio del pericolo, tempo fa il Gran Maestro ha raccolto alcuni gruppi in tre diverse università tra ricercatori, studenti e appassionati che hanno deciso di costruire un sistema alternativo a New-facebook di proprietà di tutti gli utenti dove non si possano commettere abusi di potere. Vogliamo recuperare quella mentalità che ha permesso a ricercatori e studenti universitari del passato di rubare
ai militari Internet per donarla all’umanità. Nessuno possiede il web o il dns⁴ eppure sono i pilastri che permettono alla rete di funzionare. Dovrà essere così anche per i social. Oggi in ben dieci università ci sono gruppi che si sono uniti a noi oltre ad alcuni cani sciolti
che collaborano stabilmente».
Romolo ascoltava affascinato le parole del professore, aveva sentito parlare da alcuni anziani di quei tempi remoti e l’idea di rivivere quelle emozioni lo entusiasmava.
La domanda affiorò d’impulso alle sue labbra:
«Chi è il gran maestro?».
«Nessuno lo sa – rispose il professore – Come nessun gruppo conosce i nomi di chi appartiene agli altri gruppi. L’identità degli altri è un segreto che dovrà essere mantenuto ad ogni costo. Usiamo dei nickname per comunicare tra di noi sul sistema privato, a cui a breve ti darò l’accesso».
Non convinto, Romolo chiese:
«Ma creare un sistema alternativo a New-facebook non è illegale, a che serve tutta questa segretezza?».
«Non abbiamo a che fare con gente normale – rispose il professore – la nuova proprietà usa modi abbastanza rudi
e già diversi amici si sono defilati senza motivo apparente, riteniamo sia meglio per tutti che di noi si sappia il meno possibile».
Romolo provò un accenno di delusione: vantarsi in giro per la partecipazione a un progetto di tale portata non gli sarebbe per niente dispiaciuto. Peccato
pensò. Quindi chiese ancora:
«Ma non sarebbe più semplice spostarci in massa su una delle diverse piattaforme che comunque si stanno creando e abbandonare New-facebook?».
«No – rispose il professore – Che senso ha abbandonare un sistema per uno uguale, ma solo molto più piccolo attirati dalle promesse di pluralismo e nessun abuso, se poi, una volta che i proprietari hanno attirato un numero interessante di utenti, questo viene venduto a New-facebook? Non è risolutivo. L’unico modo per risolvere il problema alla radice è creare un sistema completamente diverso che si basi sui nostri principi. Ovviamente non mi nascondo i problemi. Ce ne sono diversi da risolvere, come, ad esempio, creare una giustizia interna, che non si basi sull’abuso e che dia una vera possibilità di difendersi. Bisogna poi considerare il rischio della polarizzazione. In questo momento ci sono degli esclusi, che vogliono andare via; degli indifferenti, che sceglierebbero un nuovo social solo se offrisse qualcosa in più; e i garantiti, a cui vanno bene le cose come stanno, tanto pensano che non saranno toccati. Ogni nuovo social punta ad attirare quelli che si sentono esclusi, perché sono l’obiettivo più semplice e sono pronti ad abbandonare in massa, ma così si rischia di attirare solo un tipo di persone e alla fine giocoforza si creerà il social di destra, quello di sinistra, o d’altro. Si rischia di radicalizzare le posizioni mentre al contrario bisogna favorire il confronto. Se ci pensi un attimo, ti renderai conto che la nostra società è molto cambiata, un tempo le famiglie erano numerose e il trovare dall’altra parte della barricata tuo padre, tua sorella, un tuo vecchio amico ecc. ti avrebbe reso più difficile intraprendere una guerra civile ma oggi? Oggi i figli sono spesso