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Storia del pensiero sulla guerra e la pace dalla bibbia al jihadismo: La complessità geopolitica del XXI secolo
Storia del pensiero sulla guerra e la pace dalla bibbia al jihadismo: La complessità geopolitica del XXI secolo
Storia del pensiero sulla guerra e la pace dalla bibbia al jihadismo: La complessità geopolitica del XXI secolo
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Storia del pensiero sulla guerra e la pace dalla bibbia al jihadismo: La complessità geopolitica del XXI secolo

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Questo secolo, iniziato con il tragico evento dell’ 11 settembre, va sempre più esprimendo uno scenario geopolitico di elevata complessità sul piano strategico, conflittuale, socio-ambientale, economico e politico-istituzionale. Una complessità geopolitica aggravata negli ultimi tempi dal drammatico ed ‘epocale’ esito della vicenda afghana, dal riacutizzarsi delle crisi con Russia e Cina e dal pandemia Covid che sta inevitabilmente esprimendo anche rilevanti valenze geopolitiche. Santomartino con questo libro si pone lo scopo, certamente ambizioso, di offrire un contributo utile a confrontarsi , capire o almeno poter ‘leggere’ la complessità geopolitica del XXI secolo. Il percorso che si propone parte dall’analisi del pensiero sulla guerra e la pace nella Bibbia, Sun Tzu, Sant’Agostino, Kant, Hobbes, Clausewitz e altri fino all’età contemporanea e agli studi di ‘Peace Research’. Il percorso prosegue poi con una valutazione critica dei concetti costitutivi la materia (pace, guerra, terrorismo) e delle discipline che più delle altre affrontano tali temi (polemologia, irenologia, Relazioni Internazionali, geopolitica, studi orientalistici, strategia e dottrine militari) per poi arrivare agli scenari geopolitici contemporanei e a una ‘peroratio’ finale a supporto dell'irenologia (studio delle caratteristiche della pace) e quindi del poco conosciuto concetto di ‘pace positiva’ che va ben oltre la semplice ‘assenza di guerra’.
LanguageItaliano
Release dateMar 21, 2022
ISBN9788893782685
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    Storia del pensiero sulla guerra e la pace dalla bibbia al jihadismo - Giuseppe Santomartino

    Prefazione

    di Roberto Bernardini

    Proporsi di scrivere un testo su tematiche che traccino e mettano in relazione storia, religioni, filosofia e tante altre discipline, nell’intento dichiarato di … offrire un contributo utile a confrontarsi con la complessità degli scenari geopolitici e di questo XXI secolo… è una sfida squisitamente culturale che farebbe tremare i polsi anche a scrittori molto navigati. Giuseppe Santomartino ha accettato la sfida. Ma lo ha fatto razionalmente, perché il suo ardire è stato comunque supportato dall’esperienza maturata nello scrivere la sua opera precedente sul Jihadismo, con la quale ha tracciato una pista editoriale importante lungo la quale si sta muovendo con ottimi risultati.

    Per questo, guardo con ammirazione al risultato della sfida che l’autore ha lanciato a se stesso riuscendo a portare a termine il suo progetto con l’uscita di questo libro.

    Il testo presenta una straordinaria completezza di informazione… tutto ciò che serve ma nulla di più, rifiutando facili approfondimenti e spiegazioni che solitamente nulla aggiungono alla chiarezza di quanto espresso, ma che avrebbero solamente appesantito l’impegno del lettore.

    È una puntuale illustrazione della realtà storica, filosofica e religiosa - quest’ultima, alla base del racconto della vicenda umana -  dalla quale fa seguire utili valutazioni di conto e di merito che lasciano nella mente di chi legge quadri precisi di quanto si va dissertando.

    Un libro facile e difficile allo stesso tempo. Facile perché consente anche a un lettore non specialista di immagazzinare concetti importanti per la comprensione di ciascuna sezione. Difficile perché offre anche a specialisti delle varie discipline considerate, dotte occasioni di verifica e di confronto su basi concettuali di grande rilievo.

    Ma è anche un libro importante per il contributo che può offrire per stimolare e smuovere le menti e, conseguentemente, anche l’analisi e il dibattito. Assolutamente necessario, perché nella nostra società si è col tempo consolidato un atteggiamento pudico che ostacola la trattazione di temi di così ampio spettro e che spesso purtroppo sfocia nell’inconsapevole disattenzione per quanto ci accade intorno.

    È questo un atteggiamento triste, un conformismo quasi esistenziale, da molti definito di maniera, a volte inconsapevole che provoca la chiusura culturale e il conseguente disinteresse per le grandi questioni politiche. Immobilismo e rifiuto, dunque? Non solo, forse un atteggiamento fuori luogo che questo libro può contribuire a smantellare.

    Riguardo poi alla struttura stessa del libro, particolarmente curate sono le sezioni riferite alla guerra e alla pace che come noto sono anche temi centrali della Bibbia che afferiscono in modo particolare alle religioni monoteiste.

    E conseguentemente anche l’islam trova qui collocazione con tutte le sue angolazioni relative ai temi politici, al jihadismo, alla guerra, alla pace e, più in generale, all’estremismo islamico.

     Utilissimi per la comprensione i riferimenti all’islam politico e al pensiero islamico-radicale, che pur rappresentandone un ambito minoritario, è purtroppo molto invasivo nelle tematiche geopolitiche del nostro presente.

    Nell’interrogarci sulla relazione tra violenza e religioni oggi non si può prescindere dal contesto entro cui il quesito è considerato. Vi è chi, Papa Bergoglio, ha parlato giustamente di una terza guerra mondiale combattuta a pezzi, concetto che aiuta la riflessione sull’aspetto religioso e sui suoi legami con i temi della guerra, della pace, del terrorismo e più in generale con quelli della vita dei popoli.

    Solo la pace è santa e nessuna violenza può essere perpetrata in nome di Dio, perché profanerebbe il suo Nome. In queste affermazioni di Papa Francesco presso l’università sunnita de Al Azhar al Cairo si pone la questione dell’assunzione da parte del mondo cattolico di una linea ben precisa che va nella direzione della pace, della non violenza e della convivenza umana pacifica

    Terrore politico e terrorismo mediatico hanno caratterizzato questo nostro tempo. Non dimentichiamoci però che questi fenomeni sono la conseguenza di un profondo  sconvolgimento che sta interessando soprattutto il mondo arabo ed africano dove sta prendendo piede una rivoluzione culturale, sociale e politica dovuta alla forte frustrazione per le diseguaglianze.

    Il peso di queste tragedie si manifesta nelle guerre più o meno estese, nell’alternanza delle dittature, nell'occupazione manu militari  di territori, nelle migrazioni di massa, nella rinascita del sovranismo isolazionista, e via dicendo.

    Oggi si torna a erigere muri e a far saltare i ponti anziché favorire la ragionevolezza del diritto e della diplomazia.

    Tutte tematiche e situazioni che nel testo di Santomartino emergono dalle varie sezioni come evidenti spunti di riflessione. E di tutto questo è necessario mantenere la memoria perché la memoria è la sola bussola dell’umanità e probabilmente anche il motivo per il quale analisti sensibili scrivono libri come questo.

    Questi libro potrà poi contribuire a rendere accessibile a molti la complessità dei rapporti tra le religioni, la loro storia e le strutture operative o politiche che le stesse mettono in atto per perseguire i propri obiettivi, non sempre purtroppo con intenti spirituali e pacifici. Quante guerre combattute nel segno del Dio lo vuole.

    Il testo, di piacevole lettura accompagna chi legge in un continuo travaso tra presente e passato in modo da offrire piacevoli occasioni di piena e approfondita comprensione. Un testo che… ci voleva

    Roberto Bernardini

    Biografia essenziale di Roberto Bernardini

    Generale di Corpo d’Armata, Vertice d’area dell’Esercito italiano, chiude la carriera come Comandante delle Forze Operative Terrestri. A livello centrale opera presso gli Stati Maggiori in Roma,  in campo operativo e politico militare internazionale per la NATO e per l’Unione Europea. In varie riprese ed in diverse funzioni è coinvolto nelle missioni (Iraq, Afghanistan, Balcani).

    Addetto per la Difesa con status diplomatico presso l’Ambasciata d’Italia a Rabat (Marocco 1998-2001) con accreditamento in Senegal e Mauritania, matura una rilevante esperienza sul mondo islamico.

    Consigliere Militare del MAE al negoziato IGAD a Nairobi per la crisi del Sudan nel 2003. Nel 2006 per un anno a Pristina in Kosovo, ai vertici della Forza NATO-KFOR, impegnato nel processo di transizione verso l’indipendenza, gestito da Nazioni Unite e Unione Europea.

    Iscritto a EUROMED-IHEDN Ente della Difesa francese per le problematiche del Mediterraneo.

    Oggi si occupa di geopolitica. Esperto di riferimento dell’Associazione HISTORIA LIMES CLUB, conferenziere e docente su temi di geopolitica, consulente in temi di sicurezza. Opinionista a CANALE ITALIA TV, collabora con varie testate giornalistiche anche online.

    INTRODUZIONE

    Alcune citazioni preliminari

    Ho scelto di aprire questo testo in maniera un po’ irrituale con una serie di citazioni da alcune fonti e autori il cui pensiero sarà poi più ampiamente trattato nel testo. Credo che già solo dall’insieme di tali autorevoli citazioni il lettore potrà ‘catturare’ in via preliminare e intuitiva gli elementi essenziali della materia che si intende qui proporre, con tutte le complessità e contraddizioni, e degli scopi del testo.

    Antico Testamento (Levitico-Promesse a chi osserva la legge): Inseguirete i vostri nemici… cento di voi ne metteranno in fuga diecimila e i vostri nemici periranno di spada davanti a voi.

    Nuovo Testamento (Vangelo Giovanni): "Vi lascio la pace, vi dò la mia pace; ve la dò non come la dà il mondo".

    Eraclito (VI secolo A.C.): "Polemos (il conflitto) è padre di tutte le cose e il re di tutte le cose".

    Sun Tzu (VI secolo A.C., Generale e filosofo cinese, "L’Arte della Guerra): Tutta la guerra è basata sull’inganno… L’eccellenza suprema consiste nel rompere la resistenza del nemico senza combattere".

    Platone (IV - V secolo A.C.): Bisogna disciplinare la guerra in vista della pace e non l’opposto… La guerra cesserà di essere necessaria.

    Sant’Agostino (V secolo, La Città di Dio): "La pace degli uomini è l’ordinata concordia… La pace dello Stato è l’ordinata concordia del comandare e obbedire dei cittadini… La pace dell’universo è la tranquillità dell’ordine".

    I. Kant (XVIII secolo, Per una pace perpetua): "la pace perpetua non è chimera… non è un’idea vuota, ma un compito che, assolto a poco a poco, si avvicina costantemente… alla sua meta".

    Wilson (Presidente USA, 1919) sulla Prima Guerra Mondiale: "The war to end all wars" (auspicio che purtroppo non si è avverato…)

    Papa Giovanni XXIII: "Alienum est a ratione bellum" (La guerra è estranea alla ragione - Enciclica Pacem in Terris, 1963).

    Papa Giovanni Paolo II: "Giusta pace, certamente. Noi non siamo pacifisti, non vogliamo la pace a ogni costo. Una pace giusta. Pace e giustizia. La pace è sempre opera della giustizia: Opus iustitiae pax." (L’Osservatore Romano, 1991).

    J. Galtung (Vivente, sociologo, uno dei padri degli Studi per la pace): "Scrivere sulle teorie della pace significa scrivere su tutto e niente… Abbiamo un estremo bisogno di una teoria generale della pace"

    Messaggio di Amman (2004, a firma di 500 giureconsulti islamici): "Noi condanniamo l’estremismo… La base delle relazioni fra i Musulmani e gli altri è la pace…"

    Generale Sir Rupert Smith (nel suo testo "The Utility of Force: The Art of War in the Modern World, 2006): La Guerra non esiste più… la Guerra non porta alla vittoria né alla pace… Questo è un altro elemento del nuovo paradigma: né guerra, ma neanche pace, solo un conflitto senza fine"¹ .

    Titolo del Rapporto SIGAR² sull’Afghanistan al Congresso USA del luglio 2021 (e quindi poche settimane prima del drammatico ritiro dell’agosto 2021): "The Risk of Doing the Wrong Thing Perfectly – Il rischio di fare in maniera perfetta la cosa sbagliata".

    Premessa

    Questo XXI secolo, da poco diventato maggiorenne, va sempre più esprimendo uno scenario geopolitico caratterizzato da una elevata complessità sul piano strategico, conflittuale, socio-ambientale, economico e politico-istituzionale³ . A confermare e aggravare, se possibile, tale complessità sono intervenuti, proprio mentre rivedevo la stesura finale di questo libro, sia la grave crisi Russia – Ucraina – USA, che ha portato l’Europa sull’orlo di una disastrosa guerra, sia l’esito della ventennale vicenda afghana in cui molte fonti hanno visto una svolta epocale, in negativo, nelle relazioni internazionali (RI) e nel confronto politico-strategico fra Occidente e le varie aree di crisi o conflitti e in particolare nell’intero impianto delle Peace Operations, delle aspirazioni di ‘esportazione di democrazia’ e della lotta al terrorismo internazionale. Al di là di ogni specifica analisi, alcune citazioni sul drammatico esito della vicenda afghana sono destinate a rimanere scolpite nella storia: New York Times: "Post 9/11 Era Ends Painfully; Dailycaller: Greatest Defeat for NATO in History; The Guardian Tories rebuke B. Johnson over ‘catastrophic’ Afghanistan failure; Questa è una sconfitta di tutto l’Occidente e di quello in cui abbiamo creduto negli ultimi venti anni"- Generale C. Graziano⁴ ; Punto di svolta del XXI secolo… un evento determinante del XXI secolo, un evento che avrà ripercussioni sia sul piano internazionale sia su quello domestico per generazioni a venire - Benjamin D. Hopkins⁵ .

    È quindi evidente che il drammatico esito della vicenda afghana presenta valenze che vanno ben oltre l’affermazione talebana, le drammatiche criticità del ritiro occidentale e ben oltre lo stesso Afghanistan, a ben meditare tale esito, insieme con l’ acuirsi della crisi ucraina, integra il più recente paradigma della drammatica complessità geopolitica del XXI secolo.

    Peraltro già nel 2014, di fronte ai rapidi e notevoli cambiamenti del quadro geopolitico mondiale (da ricordare, fra gli altri, proprio in quell’anno un altro evento ‘epocale’ quale la proclamazione del Califfato da parte dell’ISIS trasformatosi in Stato Islamico), il Segretario Generale dell’ONU Ban Ki-Moon affermava nell’Assemblea Generale: The world is ‘living in an era of unprecedented level of crises. È appena il caso di rilevare che dal 2014 tale "unprecedented level of crises" non ha fatto che aumentare presentando indicatori analitici sempre più preoccupanti e investendo scenari e valenze geopolitiche sempre più drammatiche e complesse così come sarà dimostrato nel successivo cap. VII.

    Molti profili di tale complessità, e le loro sinergie, presentano aspetti assolutamente nuovi per la storia dell’Umanità e di cui forse la Comunità Internazionale non ha ancora acquisito piena consapevolezza.

    Ma ciò su cui è necessario riflettere, prima di ogni altra considerazione di merito, è la effettiva capacità dell’impianto epistemologico contemporaneo a confrontarsi, comprendere e finanche a poter ‘leggere’ adeguatamente tale complessità.

    L’uso del termine ‘complessità’ non è casuale, qui appare utile chiarire l’aspetto definitorio di tale termine poiché, come insegna il filosofo Hobbes, cui è stato dedicata un’ampia trattazione in questo testo (infra-cap.II), il linguaggio è strumento fondamentale in particolare nelle analisi politologiche. Il termine ‘complessità’ deriva dal verbo latino ‘complector’ e implica un’accezione di inviluppo, nesso, concatenazione fra più e diversi elementi. Il fatto che sia stato per lo più usato in ambiti scientifico – matematici non ne indebolisce la pertinenza con la materia qui trattata, anzi ne rafforza lo spessore epistemologico.

    Ringrazio il collega e amico Generale Adriano Vieceli per i consigli e suggerimenti forniti, i miei figli Vera e Giancarlo per le attente e critiche revisioni delle bozze.

    Scopo del libro

    Il quadro appena accennato ha generato la motivazione che mi ha spinto a scrivere questo testo: offrire un contributo utile a confrontarsi con la complessità degli scenari geopolitici e conflittuali che vanno consolidandosi in questo XXI secolo.

    Appare utile precisare che qui la nozione di conflitto si intenderà ‘lato sensu’⁶ e orientata in particolare alla visione del filosofo e politologo tedesco C. Schmitt⁷ .

    Questo testo, in altri termini, si propone lo scopo, certamente ambizioso, di fornire uno strumento che aiuti a capire (understanding), o almeno a ‘leggere’, tale complessità e le conseguenti evoluzioni.

    Il testo si pone anche, indirettamente, la finalità di proporre un contributo su uno dei temi meno trattati nella storia del pensiero: l’epistemologia dei conflitti ma soprattutto della pace. Ciò nella convinzione che la pace, nel suo significato più pieno di ‘pace positiva’⁸ (infra - cap. II, IV e VI), e quindi non di tregua o semplice assenza di guerra, integra il vero scopo ultimo della filosofia della politica e della scienza della politica: il ‘bene comune’.

    Tale percorso può offrire, parallelamente, anche il ‘contesto epistemologico’ ideale per affrontare la complessità geopolitica di questo secolo.

    Impostazione epistemologica

    Il tema della complessità in termini generali è stato studiato da vari autori e in particolare da Edgar Morin⁹ noto anche per la sua critica ai sistemi educativi e di conoscenza che, a suo giudizio, avrebbero rinunciato alla complessità a favore di approcci monodimensionali. Morin enfatizza inoltre l’importanza delle analisi critiche delle conoscenze, tema che ho cercato di recepire fra i principi ispiratori in questo testo.

    In tale quadro lo studio, anche critico, del pensiero dei classici appare assolutamente funzionale a una migliore comprensione del presente, specie se questo è in rapida evoluzione e caratterizzato da una complessità sempre più difficile da leggere o anche solo da individuare.

    Ho quindi ritenuto utile ricorrere a quattro pilastri epistemologici:

    l’attenzione verso i concetti di ‘bene comune’ e ‘bene politico’ quali principali elementi di riferimento della filosofia politica e della scienza della politica,

    l’insegnamento del "De Oratore di Cicerone di cui viene generalmente citata solo la frase Historia Magistra Vitae(Storia maestra di vita), in realtà la frase completa in originale è ancora più ricca di utili ammonimenti: La storia in verità è testimone dei tempi, luce della verità, vita della memoria, maestra di vita, messaggera dell’antichità", su tale base si propone un’ampia panoramica della storia del pensiero sulla guerra¹⁰e la pace, nella convinzione che tale esercizio, anche e forse soprattutto nei riferimenti più antichi e classici¹¹, possa fornire validi e insospettati ausili per l’età contemporanea, ciò anche perché la natura umana, elemento di base nelle crisi e nei fenomeni conflittuali, è solo parzialmente condizionata dai processi di storicizzazione,

    una ricerca critica dei significati di fondo dei concetti di ‘guerra/conflitto’, ‘pace’, terrorismo, strategia e altri e della loro interpretazione da parte dei principali autori e fonti nei secoli,

    una analisi critica delle varie discipline che intervengono nella materia qui trattata, allargando l’indagine anchea discipline desuete o dimenticate quali la polemologia¹²e la irenologia¹³, ovvero altre discipline ritenute spesso di nicchia, quali gli studi orientalistici e le dottrine militari, il tutto cercando di non rifuggire dal criterio di complessità secondo l’insegnamento citato di Morin.

    Articolazione

    Il testo è stato di conseguenza così articolato, trattando nella:

    Prima Parte, i contributi di pensiero sui temi della guerra e della paceforniti dai principali autori e fonti¹⁴quali: Sun Tzu, Confucio, Le Sacre Scritture, Sant’Agostino, San Tommaso, Kant, Hobbes, Clausewitz, Grozio, e altri fino ai moderni Galtung (definito il padre degli studi sulla pace), Habermas, al pensiero islamico-radicale, alle posizioni della dottrina cattolica e quindi alle recenti encicliche papali sullapace e alle principali teorie riconducibili alla ‘Peace Research’così come consolidate negli ultimi due secoli,

    Seconda Parte, un’analisi dello ‘stato dell’arte’ dei concetti di base della materia(pace, guerra, terrorismo) edelle disciplineche più delle altre affrontano tali temi (polemologia, irenologia, Relazioni Internazionali, geopolitica, studi orientalistici, storia, orientalistica, strategia e dottrine militari); si fornirà poi una sintetica ma alquanto completapanoramica critica degli scenari geopoliticiche vanno consolidandosi in questo secolo; si formuleranno infine delle sommesseriflessioni di chiusura.

    Il progetto del testo, volutamente diverso dai testi o manuali più diffusi in materia, mira quindi a:

    - coniugare la prospettiva storica del pensiero sulla guerra e la pace con la complessa realtà degli scenari geopolitici di questo secolo,

    - proporre una possibile dialettica fra ambiti tematici e disciplinari normalmente distanti tra loro (es.: scienza della pace/irenologia e terrorismo; dottrine militari e studi orientalistici; studi biblici e geopolitica; studi biblici e Relazioni Internazionali).

    Si spera che questa articolazione possa consentire al lettore di ricavare proficue ‘intersezioni’ fra:

    pensiero dei principali autori, anche classici, e delle principali fonti esaminate,

    valutazione critica dei concetti, delle discipline e delle teorie in materia,

    scenari geopolitici contemporanei.

    Ogni volta che si effettua una scelta di autori è giocoforza escluderne alcuni, una possibile critica alle scelte qui effettuate potrebbe riguardare l’esclusione di vari importanti autori, ma la mia scelta è stata tuttavia orientata, oltre che da comprensibili motivi di ‘spazio’, anche da un criterio di selezione, forse discutibile, basato sulla rilevanza dei rispettivi contributi in ordine agli scopi del testo e al livello di valenza da me valutato nel confrontarsi con la complessità geopolitica contemporanea.

    È doveroso avvertire il lettore che la trattazione dei singoli autori e fonti sarà limitata ai temi legati allo scopo del presente testo (pensiero sulla guerra e la pace) e non si ha quindi alcuna ambizione di proporre trattazioni complete del loro pensiero su altri temi e ciò non solo perché tale approccio esula dagli scopi del testo, ma anche in considerazione della vastità e della ricchezza della produzione di tali autori. Al riguardo, il testo è stato corredato da ampia bibliografia.

     Sotto l’aspetto linguistico va detto che alcuni brani citati sono stati tradotti da me dalla lingua originale, ogni eventuale errore od omissione è quindi da imputare esclusivamente alla mia traduzione e non al testo originale citato. In considerazione poi che i temi qui trattati presentano una evidente preponderanza di riferimenti in lingua inglese, si è scelto di lasciare molti brani nella lingua originale, ciò non per una forma di anglofilia ma per cercare di fornire riferimenti quanto più possibile aderenti ai testi originali, si tratta comunque di un linguaggio molto accessibile anche a chi è in possesso di limitata conoscenza della lingua inglese. Si è infine cercato di inserire i termini in lingua araba con la corretta traslitterazione in alfabeto occidentale ma in maniera alquanto ‘semplificata’.

    Nelle citazioni testuali sono stati inseriti in parentesi quadra alcuni commenti esplicativi. Il riferimento alle materie qui trattate, che ricorrerà più volte nel testo, è da intendere al ‘pensiero sulla guerra e la pace’ e ai concetti e discipline connesse.

    Il bibliotecario che dovesse tentare in futuro di collocare questo libro in una singola, specifica sezione di biblioteca troverebbe molte difficoltà e sarebbe costretto a una valutazione in ogni caso aleatoria (storia?, geopolitica?, strategia militare? relazioni internazionali? scienza della politica? o altre…) e comunque molto difficile, e ciò non certo per incapacità del bibliotecario ma proprio per l’inadeguatezza del quadro tassonomico delle varie discipline rispetto alla complessità della materia trattata. Ma questa è proprio una delle ragioni che, come già detto, mi ha spinto a scrivere questo testo.

    L’importanza delle utopie

    Pur nella consapevolezza che questo testo debba rimanere ancorato ad approcci di oggettività e realismo¹⁵ , non si è voluto tuttavia rinunciare del tutto a proporre, in particolare per alcuni autori e nelle riflessioni di chiusura, riferimenti e orientamenti di natura ‘utopica’. Intendendo per ‘utopia’ un modello di riferimento etico-politico valido quale tensione verso il futuro e come apertura di nuove possibilità rispetto al mondo dato, per la cui attuazione è necessario coniugare la speranza e l’impegno¹⁶ .

    Non a caso il termine utopia (dal greco ‘luogo che non esiste’) è poi diventato, specie nella filosofia della politica, sinonimo di governo, sistema, società ideale/perfetta¹⁷ .

    An ideally perfect place. In politics, Utopian is applied to any system that aims to create an ideal society. From the Greek meaning no place, the word was first use in Thomas More’s fictional work Utopia (1516).

    Qui ho voluto in particolare riferirmi a ‘utopie’ intese quali validi modelli cui tendere in via asintotica per dare il necessario spazio e respiro futuro alle prospettive epistemologiche che la materia, specie in riferimento al tema della pace, richiede. Lungi dal voler privilegiare un pacifismo pregevole, ma per lo più massimalista, e spesso purtroppo inefficace, si è ritenuto di dare il necessario spazio, anche in chiave contemporanea, ai principali riferimenti e modelli, anche se ‘utopici’, espressi nei secoli dal pensiero umano in questa materia: la ‘Pace Universale Perpetua’, specie di ispirazione kantiana; la ‘Pace Positiva’; il Cosmopolitismo; una efficace ‘Global Governance’. Di questi modelli si tratterà diffusamente nei capitoli che seguono.

    Anticipando una delle riflessioni di chiusura, posso affermare la convinzione che le criticità che affliggono oggi le capacità epistemologiche della Comunità Internazionale nei confronti della complessità geopolitica contemporanea richiedono probabilmente un potente sforzo di metanoia (radicale mutamento del modo di pensare) che non può, per essere veramente tale, prescindere da autorevoli ‘utopie’. Del resto i recenti drammatici esiti della vicenda afghana e della grave crisi Russia – Ucraina – USA, definiti da più fonti quali epocali, postulano forse cambiamenti epistemologici che non dovrebbero temere anche il confronto con riferimenti ‘utopici’ ovvero con una metanoia altrettanto epocale.

    I ricorrenti giudizi pessimisti, o quanto meno fortemente scettici, sulla ‘pratica realizzazione’ nel breve o anche medio termine di alcune utopie non devono precludere l’apertura della mente, anche nei responsabili politici, verso orientamenti o modelli ‘ideali’ che l’uomo ha forse per troppo tempo messo da parte per frettolosa superficialità o per confuso pragmatismo o per pigrizia mentale. Tale preclusione comporterebbe, fra l’altro, il rischio di perdere le positive valenze, anche solo sul piano epistemologico, che le ‘utopie’ possono offrire ovvero di affidarsi a ideologie fideistiche e solo apparentemente più ‘concrete’ ma che invece spesso si sono rivelate vere iatture per l’Umanità.

    Ricordiamo che Kant definisce la visione di una pace perpetua tutt’altro che idea vuota e quindi obiettivo niente affatto chimerico (infra - cap. II). Peraltro proprio i progetti di molti filosofi e politologi dei secoli scorsi¹⁸ , fra cui lo stesso Kant, definiti visionari dai loro contemporanei, si sono poi rivelati utili basi per le moderne organizzazioni internazionali, seppure con tutte le loro criticità e ‘margini di miglioramento’ (infra - cap. VII).

    PARTE PRIMA

    In questa Prima parte, come già anticipato nell’Introduzione, si fornirà una vasta panoramica della storia del pensiero sulla guerra e la pace attraverso l’analisi di varie fonti e vari autori dall’antichità all’età contemporanea. Due capitoli saranno dedicati all’evoluzione di tale pensiero rispettivamente in ambito islamico e in ambito cattolico.

    CAPITOLO I – ETÀ ANTICA – PRIMORDI DELLA CIVILTÀ

    ANTICO E NUOVO TESTAMENTO

    Ogni studio sull’epistemologia della guerra, della pace e, più in generale, sull’uso politico della forza e delle varie forme di ‘polemos’ nella storia dell’Umanità non può prescindere da un’analisi preventiva della materia nella Bibbia, sia Antico che Nuovo Testamento (AT, NT). Ciò per una serie di ragioni, per certi aspetti anche fra loro contraddittorie, ma su cui è bene riflettere poiché sono ragioni che informano poi, con modalità ed ‘intensità’ variabile, tutta la storia dell’Umanità e non solo dell’epistemologia della guerra o della pace; le valenze di tali fonti su questi temi appaiono consolidate e destinate a durare, a prescindere dai convincimenti religiosi individuali, ancora oggi e probabilmente nei secoli a venire. Le ragioni dell’ineludibile interesse, e non solo in via propedeutica, verso i riferimenti biblici possono essere così riepilogate:

    il valore e l’importanza generale delle Sacre Scritture, sia per le qualità generali (inerranza, cioè immunità da errori; storicità; Bibbia quale racconto sulla verità dell’Uomo) sia perché la Bibbia ci ricorda che tutte le manifestazioni di violenza o comunque di criticità dell’Umanità hanno sempre avuto anche e, forse, soprattutto una origine più o meno consapevole legata alla spiritualità e ciò a prescindere dalla cosciente adesione dei singoli a questa o quella religione; non a caso Bouthoul¹⁹ricorda che fin dall’inizio della storia le guerre sono accompagnate da una teologia e da un cerimoniale religioso,

    la guerra e la pace costituiscono temi centrali in tutta la Bibbia sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento, seppure, come vedremo, con prospettive talvolta diverse

     L'Antico Testamento è intriso di violenza… Il libro di Giosué è pieno di guerre sante, di guerre di sterminio. L'apocalittica è protesa verso la guerra finale in cui saranno sbaragliati i nemici… Il problema nell'AT non sono le violenze condannate, ma la giustificazione della guerra a servizio di un diritto divino. La fede è bellica… Nella visione complessiva del sacerdotale la guerra è bandita dalla faccia della terra. Si prospetta una società pacifica al proprio interno e prefiguratrice di una umanità pacificata²⁰

    le concezioni di matrice religiosa relative alla guerra hanno costituito per secoli, e almeno fino al Trattato di Westphalia, il principale riferimento culturale, antropologico, dottrinale, giuridico ed etico-morale per tutta l’Umanità; tale influenza è comunque rimasta, seppure con minore ‘intensità’, anche dopo e, seppure attenuata dopo il Concilio Vaticano II, costituisce ancora oggi uno dei cardini in materia almeno sotto il profilo, tutt’altro che secondario, ideologico ed etico-morale,

    il concetto di ‘pace’ delle fonti bibliche, essendo rappresentato con una valenza prioritariamente escatologica, assume una prospettiva utopica (supra- Introduzione) che la rende particolarmente fruibile, valida e imprescindibile da parte di ogni teoria della pace, irenologica o anche semplicemente in ogni possibile filosofia della guerra o della pace e ciò al di là delle contingenze storiche e del prevalere di questa o quella corrente pacifista o ‘moda ideologica’ o fede religiosa,

    la violenza di matrice religiosa costituisce ancora oggi, e probabilmente costituirà per i decenni a venire, una delle principali criticità geopolitiche a livello mondiale, essa, seppure al momento attribuibile per lo più alle distorsioni dell’estremismo islamico (infra – cap. III), non è tuttavia estranea a estremismi di altre religioni,

    come ha osservato Manlio Graziano, uno dei massimi esperti di geopolitica delle religioni, queste ultime svolgono già oggi un ruolo nella vita pubblica maggiore che nei decenni passati ed è possibile e perfino plausibile, che questo ruolo si estenderà in futuro.²¹

    Al di là dei contenuti specifici dell’intero testo biblico, uno degli elementi più significativi è l’oggettiva contraddizione sul tema guerra fra AT e NT che ha creato non pochi dubbi in coloro che nei secoli hanno affrontato la materia.

    I riferimenti alla guerra nell’AT sono numerosi e alcuni anche con toni molto intensi; i profeti spesso sono guerrieri o personaggi che incitano alla guerra, Dio stesso viene rappresentato soprattutto come un Dio degli eserciti che però opera quale elemento rassicurante nei confronti del suo popolo (il popolo che adotta il culto verso di Lui), al riguardo alcuni passaggi:

    Non aver paura, l’Eterno è in mezzo a Voi. L’Eterno, Dio tuo, caccerà a poco a poco questi popoli [gli idolatri] lontano da te… Li metterà completamente in rotta e farà sparire i loro nomi di sotto i cieli (Deut. 7,8,9)… È col fuoco che l’Eterno dà esecuzione alla sue sentenze, è con la spada che egli castiga ogni carne. E quelli che l’Eterno ucciderà saranno un grande numero (Isaia 66)… Non ti spaventare perché Eldrim marcia con te per combatterli e renderti vincitore (Deut. XX, 6).

    Il Deutoronomio al citato capitolo 20 ("La guerra e i combattenti") arriva anche a fornire dettagliate prescrizioni che oggi definiremmo di ius in bello.

    Non si può attaccare un nemico qualunque esso sia senza prima averlo invitato a una conferenza per concordare la pace… Quando ti avvicinerai a una città per assalirla, proponile prima la pace… se essa rifiuta la pace e comincia a farti guerra, assediala… Quando cingerai d’assedio una città per lungo tempo, cerca di espugnarla, ma non abbattere gli alberi a colpi di scure; ne potrai mangiare i frutti, ma senza tagliarli. (Deut. XX, 10, 19).

    Raccomanda inoltre l’esenzione dalla guerra per gli uomini che poco prima della guerra abbiano preso moglie o abbiano piantato una vigna o costruito una casa.

    Anche il Libro di Giosuè, trattando della conquista della Terra Promessa, contiene espliciti e forti riferimenti militari talvolta espressi con estrema crudezza e violenza. Va ricordato che questo Libro rappresenta la realizzazione della promessa di Dio di dare una terra al suo popolo e ha quindi, seppure con tutte le doverose cautele ermeneutiche, una significativa valenza geopolitica.

    Ma nell’AT si trova anche una tradizione sacerdotale, risalente al periodo post-esilio in cui prevalgono le visioni di pace: Per il sacerdotale tutta la storia, a partire dalla creazione, è segnata da una violenza-caos che deve essere vinta… Il patto di Dio con Noè è all'insegna della esclusione della violenza. In termini non violenti è presentato il passaggio del Mar Rosso e l'insediamento nella Terra.²²

     Gaston Bouthoul nel suo Trattato di sociologia – Le guerre – Elementi di polemologia, già citato, definisce, forse con eccessiva sintesi, il Vangelo quale pacifista e il Vecchio Testamento quale guerrafondaio ma fornisce una possibile interpretazione di tale contraddizione

    Dal punto di vista della guerra, non c’è niente che sia più diverso di quanto è diverso il Nuovo dal Vecchio Testamento, sia nello spirito sia nella lettera. L’Antico nuota in un’atmosfera di guerra: in esso, la guerra è giustificazione e sanzione, è il fine ed è il mezzo. È con la guerra che Dio si manifesta e interviene negli affari degli uomini: è Lui che spinge i nemici a distruggere e a punire, per suo conto, i cattivi e gli ingiusti. Nel Vecchio Testamento, ogni guerra è davvero un giudizio di Dio… [nel Nuovo Testamento troviamo invece] due principali novità etiche… Questo rinnega con orrore la guerra, ma rinnega anche, contemporaneamente, la mentalità patriarcale… L’unica spiegazione di questa differenza è che essa possa dipendere dalle forme sociali. Il Vecchio Testamento è l’espressione di una società formata da clans e da piccole tribù… Ma quando è fatta da grandi Stati, la guerra diventa una cosa tremenda… Il

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