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Raccontando Ghilarza
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E-book265 pagine3 ore

Raccontando Ghilarza

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Info su questo ebook

Racconti come immagini, ricordi come ritratti, storie come schegge di vita di un tempo perduto che rivive nelle testimonianze documentali, ora intense e vibranti, ora flebili e periture, degli abitanti di Ghilarza, protagonisti di un'antologia di pensieri sulla storia sociale ed economica del paese all'alba del Novecento. Brani vergati di seppia per riecheggiare, sul filo di una memoria divenuta storia, uno spaccato di vita comunitaria, sospesa tra racconto e fantasia, mito e leggenda, all'ombra di un passato che è nostalgia, malinconia, tormento, ma anche inviolabile eredità storica e spirituale, da custodire e tutelare.

In sommario le testimonianze orali di Maria Caddeo, Giovanni Corrias, Grazietta Corrias, Daniela Deligia, Francesco Deligia, Maria Grazia Fadda, Bonaria Faedda, Francesco Fodde, Giuseppina Ledda, Antonio Loi, Antonio Mameli, Luigina Mameli, Andrea Manai, Giovanna Manai, Angelo Manca, Clelia Manca, Francesco Manca, Giovanna Manca, Italo Fedele Manca, Mario Antonio Manca, Peppino Marras, Angelina Medde, Pasquale Medde, Antonina Mele, Giovanna Mele, Sebastiana Mele, Giovanna Miscali, Mario Carmelo Mura, Antioco Onida, Giuseppa Greca Oppo, Giuseppe Oppo, Maddalena Oppo, Maria Pinna, Martina Pinna, Rafaele Pinna, Giovanna Maria Piras, Andrea Porcu, Maria Palmeria Puggioni, Carmina Schirra, Giuseppa Schirra, Don Italo Schirra, Teresa Schirra, Raffaele Serra.

Il presente e-book ripropone in versione digitale i contenuti del volume "Raccontando Ghilarza" di Francesca Demelas (Editoriale Documenta, 2021, Isbn 978-88-6454-448-9).
LinguaItaliano
Data di uscita6 mar 2022
ISBN9788864544496
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    Raccontando Ghilarza - Francesca Demelas

    Francesca Demelas

    Raccontando Ghilarza

    ISBN: 978-88-6454-449-6

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    https://writeapp.io

    Sommario

    Prefazione

    Nota editoriale

    Il paese di una volta

    Vita di vicinato

    La Ghilarza di una volta

    La nostra casa a s’Iscra

    Esperienze di guerra: la Campagna della Russia

    Ricordi della guerra

    La paura dei bombardamenti

    Le restrizioni della guerra

    Quanta povertà durante la guerra!

    Babbu meu! Babbu meu!

    I militari in paese

    L’infanzia al tempo della guerra

    L’arrivo degli sfollati

    Macinare il grano di nascosto

    La guerra di fame

    Ricordi del Fascismo

    Il primo supermercato ghilarzese

    Il fabbro maniscalco

    Il lavoro nei campi al femminile

    Il mio lavoro da sarta

    Il lavoro in campagna

    Il carro agricolo

    Le fatiche in campagna

    Il lavoro a La Ceramica

    Dall’affittacamere a Su Cantaru

    Il mestiere del sarto

    La tappezziera

    Il portalettere

    L’attività commerciale

    Il doppio lavoro

    La produzione delle bibite

    Il lavoro al sugherificio e a scuola

    La volontà di imparare un mestiere

    L’ingresso nel mondo del lavoro

    La carriera da muratore

    Il lavoro in campagna

    Una lunga serie di lavori

    Gli studi e l’insegnamento

    La consegna delle bollette

    I miei due lavori più importanti

    Il lavoro presso l’impresa Usai

    L’arte dolciaria

    Le attività commerciali in Corso Umberto

    La vendemmia e il lavoro al sugherificio

    S’Iscra

    La preparazione del grano

    La raccolta delle olive e l’utilizzo dell’olio

    La lavorazione del lino e della lana, la filatura e la tessitura

    La lavorazione del lino

    Il lavoro al telaio

    Le faccende domestiche

    Il giorno più importante dell’anno

    I bambini e le attività quotidiane

    La panificazione

    La preparazione del formaggio

    La raccolta della legna

    La preparazione della sapa

    Le tradizioni del periodo pasquale

    La preparazione ai sacramenti

    Il battesimo

    Le associazioni religiose

    L’esperienza nell’Azione Cattolica

    A Roma con l’Azione Cattolica

    Sant’Isidoro e s’arzola

    Al novenario di San Michele

    Ricordi di San Serafino

    Il priorato a San Serafino

    Novenare a San Serafino

    San Serafino al tempo della guerra

    La novena di San Serafino

    San Palmerio

    L’organizzazione della festa di San Palmerio

    La festa di San Palmerio

    Il flan di latte

    La festa di Sant’Antioco

    Il novenario di Trempu

    Sas tuvas di Sant’Antonio

    Una scoperta divertente

    Un lungo fidanzamento

    Su coju

    La preparazione dei matrimoni

    Ricordi d’infanzia

    La mia adolescenza

    La promessa a San Serafino

    La radio

    Arratz’e passizada!

    La scuola

    Equivoci linguistici

    A triulu e a murrunzu!

    Il desiderio di andare a scuola

    I miei studi

    Il privilegio dello studio

    Il mestiere dell’insegnante e la scuola di un tempo

    L’invito allo studio

    I ricordi della scuola e gli svaghi

    I giochi da bambini

    I passatempi di una volta

    I nostri intrattenimenti

    Le malefatte dei bambini

    Quanta inventiva!

    Il divertimento e lo sport

    La passione per il ballo

    I soci

    Su sotziu de sa me ne frego

    Antichi rimedi e tradizioni ghilarzesi

    Il potere dei gemelli

    Una madre molto forte

    Una monelleria ben punita

    Il rapporto con la famiglia Gramsci-Paulesu

    I trasferimenti di mio padre

    Donne a cavallo

    I vestiti per il matrimonio di Mariangela

    Le vacanze a Fonni

    Una vita di dono

    Ghilarza e i cavalli

    Dalla bicicletta all’automobile

    Mia sorella Giulia e la Madonna del Rimedio

    I miei fratelli

    Una storia di emigrazione e di rientro

    La partenza per il servizio militare

    Un rapporto che si è consolidato negli anni

    Le occasioni di incontro tra uomini e donne

    Il cinema

    Le ideologie politiche e i rapporti di amicizia

    Memorie del tempo passato

    La famiglia Delogu

    Da Tanca Regia a Ghilarza

    Il legame con Ghilarza

    La casa nuova

    Un atto di generosità

    La tenacia di mio padre

    La Società Operaia

    La rivalità tra le zone del paese

    Due caratteri diversi

    L’amicizia con Maria e le suore del Cottolengo

    L’emigrazione in Australia

    Prestu a Abbasanta a buffare!

    La vita militare

    La nostra amata domestica

    I miei studi e il ruolo di Podestà

    Il trasferimento a Ghilarza

    La mia famiglia

    Il lavoro a Casa Gramsci

    Il Circolo di Lettura

    Attendente a casa del capitano

    © EDITORIALE DOCUMENTA

    www.editorialedocumenta.it

    in copertina

    Ritratto di Giovanna Mele

    Proprietà letteraria riservata

    Prima edizione ebook: marzo 2022

    ISBN 978-88-6454-449-6

    Prefazione

    Racconti come immagini, ricordi come ritratti, storie come schegge di vita di un tempo perduto che rivive nelle testimonianze documentali, ora intense e vibranti, ora flebili e periture, degli abitanti di Ghilarza, protagonisti di un'antologia di pensieri sulla storia sociale ed economica del paese all'alba del Novecento. Brani vergati di seppia per riecheggiare, sul filo di una memoria divenuta storia, uno spaccato di vita comunitaria, sospesa tra racconto e fantasia, mito e leggenda, all'ombra di un passato che è nostalgia, malinconia, tormento, ma anche inviolabile eredità storica e spirituale, da custodire e tutelare.

    Nota editoriale

    Il presente e-book ripropone in versione digitale i contenuti del volume Raccontando Ghilarza di Francesca Demelas (Cargeghe, Editoriale Documenta, 2021, Isbn 978-88-6454-448-9).

    Il volume raccoglie una selezione di testimonianze orali di abitanti di Ghilarza. I testi, trascrizione di interviste realizzate sul campo nell’arco temporale intercorrente tra i mesi di gennaio e agosto 2021 (ad eccezione dell’intervista a Giuseppa Greca Oppo, nota Pina, datata dicembre 2012), riportano il contenuto dei documenti orali originali con larga fedeltà alle forme sintattiche e semantiche adottate dagli informatori.

    Il paese di una volta

    Il periodo della guerra non riesco proprio a dimenticarlo, non mangio più ricotta per quanta ne ho mangiato in quel periodo visto che nonno aveva il caseificio!

    A Ghilarza la proclamazione della guerra fu trasmessa con la radio dal balcone del circolo di lettura. Io avevo sei anni, abitavo quasi di fronte, e ricordo una folla di gente. C’erano tutti i gruppi delle Camicie Nere, gli Avanguardisti, e gridavano viva la guerra.

    Cos’altro ricordo di quegli anni? Certamente i tantissimi negozi presenti in paese.

    Il retro del caseificio di nonno dava sull’attuale Via Matteotti e nella stessa via c’era il panificio di [...] Meloni. All’epoca i panifici erano quattro, quello di Meloni, quello di Pietro Sanna, di [...] Lepori che faceva ogni tanto il panettiere e ogni tanto il gommista, e quello di Salvatorica Marras, nota Boricca.

    In Via Padre Sotgiu, poi, che veniva chiamata sa carrela ’e sa processione, c’erano almeno sette-otto negozi che vendevano un po’ di tutto! Per non parlare del corso dove le botteghe iniziavano già dalla chiesa di Sant’Antioco e proseguivano per tutta la via.

    Ricordo ad esempio il negozio di Pia Sanna, che dava in affitto anche le vettovaglie utili per i matrimoni, e quello di tiu Sias, colui che per primo portò la bicicletta a Ghilarza e che aveva addirittura impiantato una fabbrica di piatti. C’erano poi il negozio di Pietrino Manconi e subito dopo la rivendita di ricambi di biciclette di Pietro Palmas, la calzettaia signora Lucia e il falegname signor Carlo Collu. In Piazza Generale Sanna c’era un negozio che vendeva pellame ai calzolai che facevano le scarpe. Sulla destra, c’era il negozio delle sorelle Deligia, che poi avevano cambiato sede. Nel palazzo dove oggi c’è la gioielleria c’era anche la Banca di Napoli. Al tempo del Fascismo ci andavo anch’io perché l’Opera Nazionale Balilla ci aveva dato un salvadanaio di metallo con un libretto collegato. Ricordo che non potevamo aprirlo, le chiavi le avevano alla banca.

    Ricordo poi su ferreri Palmerio Corrias che quando eravamo ragazzini ci faceva un sacco di scherzi: metteva 50 centesimi nella forgia, li faceva diventare roventi e li buttava per terra, quindi noi andavamo a raccoglierli e ci bruciavamo. C’era anche il negozio di Giovanni Manca che vendeva un po’ di tutto: entrando a sinistra c’era il banco dei tabacchi e dei giornali e a destra quello degli alimentari. Era l’unico a Ghilarza che vendeva un’eccellenza come la pasta Buitoni e all’epoca, nel nostro paese, mangiare pasta Buitoni era veramente una rarità.

    Poi, all’inizio del viottolo, c’era il negozio storico di Merita e le sorelle, tutte negozianti. Il negozio di Tatano Porcu, invece, vendeva anche polvere da sparo, cartucce e abiti: di tutto! Usciti dal portico c’era la taverna della mamma di Italo Faedda e, vicino al circolo, il bar de tia Teresa sa osinca, chiamata così perché originaria di Bosa. Il latte si vendeva invece nelle case private. Tutto questo in tempo di guerra, negli anni Quaranta.

    Solo il Bar Impero era un bar per signori ed era stato inaugurato nell’epoca di Mussolini. Accanto al bar c’erano altri negozi tra cui uno di panni. In Piazza Parrocchia c’era il Palazzo Flore e nel porticato della Casa Badalotti la gelateria dove a preparare i gelati era Mariuccia Giangrande che faceva anche quelli con lo stecco, i pinguini e le banane: aveva le formine di metallo dove scaldava il cioccolato e poi metteva la crema.

    Subito dopo la guerra, mio padre fondò la sede del Partito Comunista nella Casa del Fascio: era durata solo qualche anno, poi subentrò la polisportiva. Era un palazzo del Duecento, con i pavimenti ad assi di legno. Sopra il portico c’erano gli uffici dell’esattoria, al pian terreno quello del dazio e accanto alla Casa Badalotti si trovava la casa del parroco. Mi divertivo a salire sul campanile, sino alla cupola, camminavo sulla balaustra uscendo dalle finestre rotonde. Monsignor Zucca una volta se ne accorse e mi rimproverò pesantemente dicendomi di non permettermi più!

    Com’era dunque la Ghilarza di una volta? Beh, molto diversa da quella attuale!

    Giovanni Corrias, noto Ninni

    Vita di vicinato

    La notte del 23 giugno, vespro di San Giovanni, nei vari rioni del paese si facevano i fuochi dedicati al Santo. Nel mio vicinato il fuoco si faceva nell’attuale Via Delogu, nello spiazzo dietro l’Ospedale. Noi abitavamo nel Corso Umberto, proprio di fronte a quel viottolo.

    Dopo la raccolta delle fave, si conservavano le canne con cui poi si preparava il fuoco che, quando non era molto alto, si saltava in coppia: chi vi riusciva diventava ompare o omare de Santu Juanni e per sancire questo legame ci si stringeva il mignolo e si recitava una frase che ora non ricordo precisamente. Era un rito a cui partecipavano bambini e adulti: tutti gli eventi della vita pubblica erano partecipati in egual modo da persone di tutte le fasce d’età!

    È un’usanza che oggi si è persa, ma ancora nel 1953, quando avevo dieci anni, si svolgeva. Ricordo bene questa data perché in quell’anno fu inaugurato l’Ospedale Delogu: io abitavo lì vicino e ricordo le infermiere, tra cui Pia Palmas, e i tanti medici che vennero a lavorare.

    Ero in quinta elementare e siccome a scuola realizzavamo una sorta di giornalino, avevamo scritto qualcosa a riguardo. Possiedo ancora il quadernino in cui, da un cartellone che realizzavamo ogni mese e che appendevamo al muro, copiavamo i vari articoletti, in modo che alla fine dell’anno scolastico il nostro quaderno personale risultasse completo.

    Il titolo era Gioia e lavoro, era un’iniziativa all’avanguardia per i tempi e l’avevamo realizzato con la maestra Emanuelina Sias. Nel giornalino c’erano testimonianze di tutte le esperienze di vita del paese ma anche scolastica e personale. La mia compagna Sofia Palmas aveva scritto un articoletto molto dettagliato in merito all’inaugurazione dell’Ospedale avvenuta il 27 dicembre 1953.

    Non vi avevamo preso parte con la scuola, ognuno aveva partecipato a seconda del proprio ruolo: io come appartenente al vicinato della nuova struttura, la mia compagna come sorella di un’infermiera, ma era stato un momento in cui tutto il paese era stato coinvolto, anche perché al pomeriggio erano state consentite le visite a tutta la popolazione.

    Quando eravamo piccoli, a dieci-undici anni, a volte ci consentivano di uscire in piazza dopo cena. Ricordo che c’era un signore rientrato dall’America che possedeva un binocolo e che ci faceva vedere le stelle. La ricordo come una cosa bellissima! Inoltre ci raccontava tante storie di quando era in America: lo ascoltavamo a bocca aperta come se fossero fiabe, ma in realtà erano storie vere!

    Maria Palmeria Puggioni, nota Palmira

    La Ghilarza di una volta

    Da militare iniziai ad appassionarmi all’arte del disegno, passione che poi ripresi da grande. Nei miei disegni c’è tanto della Ghilarza antica ed è vero che mi sono servito di qualche vecchia fotografia ma io certi scorci li ho veramente conosciuti!

    In Piazza di Chiesa, ad esempio, c’era un portico che fu abbattuto quando Corso Umberto divenne a senso unico perché era troppo basso e le macchine e i camion non passavano.

    La Casa Agus, sita tra Via Matteotti e Via Nessi, fu costruita in pietra lavorata da Michele Agus, un muratore con un estro particolare.

    In Via Padre Sotgiu, da tutti conosciuta come sa carrela ’e sa processione, c’era la casa di nonna, la madre di mio padre. Andavamo tutte le domeniche a trovarla, la ricordo come una donna austera. Ci mettevamo nella camera dove si cambiava la gonna una volta rientrata da chiesa ma non ci faceva mai una carezza, era una donna un po’ fredda. La casa era grande, una delle più belle case del paese.

    In Via Padre Sotgiu vivevano anche le sorelle di mia nonna, Rosa e Caterina Contini. La prima era sposata con il Cavalier Pietro Sotgiu, un insegnante elementare insignito del titolo di cavaliere perché suonava l’organo, l’altra sorella era sposata con il facoltoso Niccolò Corrias, il nipote dell’ambasciatore Angelino Corrias.

    Antonio Mameli, noto Nico

    La nostra casa a s’Iscra

    Io e Antonio ci sposammo nel settembre del 1951, avevamo ventiquattro anni. Fummo i primi a costruire la casa nella zona dell’ Iscra che fino ad allora era un terreno comunale.

    Proprio dove sorge la nostra casa però, in Via Monsignor Zucca, all’epoca c’era su muntonarzu, luogo in cui tutti buttavamo la spazzatura che allora non si pagava. Così mio marito, che era un abile muratore, portò via tutto con la carriola e in quattro e quattr’otto costruì due stanze in cui andammo a vivere senza acqua né luce nonostante l’illuminazione pubblica ci fosse già.

    Vivere nella zona dell’ Iscra a quel tempo era un po’ strano, non c’era nessun altro che ci abitasse, eravamo soli, circondati solo da stalle. Avevamo buoni rapporti con i proprietari delle stalle e anche a noi venne l’idea di prendere delle pecore. Così io seguivo gli animali e Antonio faceva il muratore!

    Daniela Deligia

    Esperienze di guerra: la Campagna della Russia

    La mia famiglia è sempre stata molto legata al mondo dell’equitazione, anche a livello nazionale. Questa passione risale addirittura a mio nonno e ancora oggi i figli dei miei fratelli tengono viva questa tradizione svolgendo il lavoro di istruttori ippici.

    Il mio fratello più grande, Giovanni, era del 1921, e iniziò a Chilivani come fantino e allenatore. In periodo di guerra era in fanteria e, tramite conoscenze, era riuscito a passare nei cavalleggeri di Novara con cui fece tutta la campagna della Russia. In particolare fece tutta l’avanzata fino a Stalingrado e anche la ritirata.

    Giovanni aveva un carattere fortissimo e forse è stato questo ad averlo aiutato tanto nella sua esperienza in guerra sempre in prima linea. Per ben due volte ebbe un principio di congelamento mentre cercava qualcosa da mangiare e fu salvato da alcune famiglie russe.

    Fra i diversi ghilarzesi che vi sono stati, Giovanni è stato colui che ha trascorso più tempo in Russia. Tutti hanno sofferto moltissimo: mio fratello quand’è rientrato non riusciva nemmeno a dormire sul letto e per anni ha dormito per terra.

    Un evento molto importante della sua esperienza in guerra fu sicuramente la morte fra le sue braccia del colonnello Custoza che comandava i cavalleggeri di Novara. A Giovanni lasciò l’anello, una lettera e altre cose a cui teneva particolarmente e che di sicuro gli ricordavano la sua famiglia.

    A sostituire Custoza era poi arrivato un capitano, il quale aveva notato che Giovanni tutte le sere, quando rientravano dalla prima linea, si appartava a scrivere: aveva infatti il titolo di studio della terza Avviamento, perché allora la scuola media non esisteva. Un giorno il capitano gli chiese conto di quanto scrivesse quotidianamente e Giovanni gli rispose che si stava occupando di annotare ogni dettaglio della sua esperienza in

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