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Navigando nell’eternità
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Navigando nell’eternità

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Planeseternum è un Pianeta straordinario dove tutto ha avuto origine dalla forza Angelica che lo ha creato. La Principessa Pulpito di Luce si ritrova felice in quel luogo, aiutata dal padre, il Grande HUR, e portatrice di aiuti universali di guarigione. Purtroppo, anche se sul Pianeta la vita sembra procedere nel migliore dei modi, diversi esseri si muovono nell’ombra, ordendo trame e complotti per impossessarsi del potere. La Principessa sarà coinvolta in prima persona contro le forze oscure.

Silvana Ada Pedretti è nata ed ha vissuto a Bologna e paesi limitrofi. Ha al suo attivo tre libri: il primo tratta piccoli racconti della sua vita, pur non essendo biografico.
Si intitola: “L’oro dell’anima”, pubblicato nel 2010. Più avanti ha scritto il romanzo rosa di grande successo su Amazon: “L’acqua con le orecchie”. 
In seguito ha pubblicato il libro di fantasy-fantascienza: “Pulpito di Luce”. 
Navigando nell’eternità” ne è il seguito.
LanguageItaliano
Release dateNov 30, 2021
ISBN9788830653856
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    Navigando nell’eternità - Silvana Ada Pedretti

    COPERTINA_PEDRETTI_23OTTO.jpg

    Silvana Ada Pedretti

    Navigando nell’eternità

    © 2021 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l., Roma

    www.gruppoalbatros.com - info@gruppoalbatros.com

    ISBN 978-88-306-4708-4

    I edizione dicembre 2021

    Finito di stampare nel mese di dicembre 2021

    presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)

    Distribuzione per le librerie Messaggerie Libri Spa

    Navigando nell’eternità

    Prefazione di Barbara Alberti

    Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.

    È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.

    Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi

    Non esiste un vascello come un libro

    per portarci in terre lontane

    né corsieri come una pagina

    di poesia che s’impenna.

    Questa traversata la può fare anche un povero,

    tanto è frugale il carro dell’anima

    (Trad. Ginevra Bompiani).

    A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.

    Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.

    Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.

    Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di Lady Chatterley. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov.

    Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.

    Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.

    Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.

    Capitolo 1 - La Principessa Pulpito di Luce

    Il mio Pianeta, Planeseternum, che mi stava permettendo di ritrovare forza e giovinezza in un ruolo di Principessa regnante, non mi impediva, di tanto in tanto, di ripensare al passato, quando, ancora terrestre ed ultrasessantenne, avevo incontrato uno sconosciuto gentile, che in riva al mare, mentre ero avvolta da pensieri nostalgici, aveva iniziato a corteggiarmi.

    Da Pulpito di luce

    ‘Lo sconosciuto galante

    Cercai di non pensare a quegli ultimi avvenimenti e mi accorsi di aver bagnato la gonna lunga a causa di un’onda un po’ più avanzata delle altre. Tolsi dalla balza finale della gonna i residui di sabbia e lo feci istintivamente, come se la cosa fosse importante. Avvertii la presenza di una persona alle mie spalle e mi voltai, trovandomi di fronte un uomo sorridente. Così ripresi a camminare di nuovo lungo la riva, con le scarpe in una mano e la gonna sollevata nell’altra ed un po’ di agitazione. La voce dello sconosciuto mi raggiunse: Decisamente belle gambe… Lunghe e setose… Pensando che il complimento non potesse essere rivolto a me, non mi voltai, continuando a camminare: Bella e superba… Capii allora che stava riferendosi a me e mi girai in fretta, incontrando gli occhi neri di un uomo dal viso segnato di rughe, molto magro. Mormorai, cercando di nascondere con gli occhiali da sole due lacrime che, per i pensieri e le preoccupazioni dei fatti accaduti precedentemente, mi scendevano dagli occhi. Lui sorrise: E a chi? Siamo solo noi due, qui. Tornai a girarmi verso il mare e a camminare, ignorando la persona: ci mancava pure il pappagallo, pensai. Sentii la sua presenza che mi seguiva senza più parlare, ma camminandomi dietro. Stava già tramontando il sole, ma non aveva importanza. Volevo scrollarmi di dosso quello sconosciuto e starmene ancora sola e mi incamminai lungo il molo. Ma anche quando arrivai in fondo me lo ritrovai alle spalle. Decisi di non dire nulla e nemmeno risposi alle frasi di domanda che lui mi rivolse. Sperai che arrivasse qualcun altro per sentirmi meno in imbarazzo, ma non giunse nessuno. Pertanto un po’ seccata lo guardai e dissi: Ma lei non ha altro da fare che starmi alle costole? Mi spiacque essere così dura, ma volevo proprio stare sola. Lui fece un sorriso gentile: Non demordo mai quando trovo una persona interessante. E più mi sfugge più mi interessa. Feci una risata nervosa pensando che avevo trovato il maniaco persecutore, ma non dissi altro e continuai a non rivolgergli la parola. Un’aria fresca iniziò a farsi sentire e mi accorsi che il sole era quasi completamente tramontato, lasciando solo una striscia rossa all’orizzonte, sul mare. Ricordai che avevo lasciato in auto il golfino. Mi voltai e ripresi la strada del ritorno. Il personaggio sconosciuto continuò sempre a tallonarmi. Cominciai a provare paura; e se fosse stato un maniaco? Non avevo avvisato nessuno della mia gita al mare. Lo guardai, pensando di affrontarlo, ma l’uomo mi fece un sorriso rassicurante: Stia tranquilla, non voglio altro che poterle offrire un caffè… Se me lo permette. Quelle parole sciolsero in me l’ansia e allargando le braccia in segno di resa, accettai. Mi ritrovai così ad entrare nel bar situato dall’altra parte del lungomare, con quello sconosciuto che continuava a guardarmi come se fossi stata un gelato alla panna. Il locale era quasi pieno di uomini anziani, che bevevano qualcosa, parlavano forte e giocavano a carte. Al mio arrivo con lo sconosciuto si erano voltati a guardarmi, facendomi provare un grande imbarazzo che mi fece arrossire. Il personaggio sembrò non dare importanza alla cosa e spostò la sedia per farmi accomodare davanti ad un tavolo libero, mormorando: Non è tipo di molte parole, lei! Ma almeno il suo nome potrebbe dirmelo! Io sono Rosario! Così dicendo allungò la mano che ignorai, mormorando: Prince. Tolsi lo sguardo da lui. Pensai a mio marito, a com’era ancora bello nonostante avesse quindici anni più di me e invece questo… Lo guardai per vedere se aveva qualcosa che potesse piacermi: due occhi scurissimi e piccoli, la pelle bruciata dal sole, piena di rughe che diventavano solchi, magro ma con una certa muscolatura che gli traspariva dalla camicia aderente e aperta sul petto, età indefinibile… Forse sessanta, forse settanta? Constatai che non era male, ma nulla di speciale. Lui mi sorrise e disse: Lo sa che un sorriso ravviva l’anima? Ci provi, la prego. No, non potevo sorridere a comando, così mormorai: Stiamo forse girando uno spot pubblicitario dove il sorriso deve essere stampato sui nostri volti? Lui non si arrese alla mia freddezza e antipatia: Sa… L’ho vista quando è arrivata: aria triste da far male, in una persona bellissima come una fata. Allora mi sono ripromesso di farla sorridere. Ci sto provando. Quelle parole suscitarono in me tenerezza. Certamente se fossi riuscita a sorridere avrei risolto un po’ di tensioni. Il cameriere chiese se desideravamo qualcos’altro oltre il caffè. Rosario chiese un aperitivo alcolico e si rivolse a me invitandomi ad ordinare. Chiesi un aperitivo alcolico anch’io. Mi sorpresi di quell’ordine e pensai che dopo avrei dovuto guidare per ritornare a casa. Subito pentita feci per richiamare il cameriere ma la mano di Rosario sulla mia mi fermò: Non si preoccupi… Un sorso non le farà male. Se poi non riuscirà a guidare ho una camera in cui poterla ospitare. Lo guardai perplessa dalla sfacciataggine e feci per alzarmi dalla sedia. Lui mi invitò a risedermi, dicendo: Non si preoccupi; non ho detto che la voglio portare a letto, ma che, in caso di bisogno, ho una camera, da affittarle. Fissai l’uomo: che strano: gli occhi di costui mi erano sembrati neri poco prima ed ora erano visibilmente verdissimi e più grandi… poco prima gli avrei dato oltre i sessant’anni, mentre ora a dir molto cinquanta! Pensai al mio dolore, alla stranezza di quegli incontri e mi consolai pensando di aver guardato senza veder bene. Mi domandai cosa potesse volere da me. Costui era capitato al momento giusto, aiutandomi con la sua assurda corte ad essere un po’ più serena. Restai ancora seduta al tavolo, fingendo indifferenza, ma appena lui si allontanò per rispondere ad una telefonata personale, raccolsi la borsetta ed uscii velocemente dal locale entrando fulminea nella mia auto e partendo immediatamente.

    Quello strano personaggio mi aveva distolto dalla mia tristezza, facendomi anche controvoglia, sentire di nuovo importante. Ero fuggita da lui per non cadere nella consolazione di un momento. Giunta a casa, però, mi arrivarono brutte notizie: mio marito aveva deciso di separarsi perché amava un’altra da tempo.

    ‘Una brutta sorpresa

    Guidai ininterrottamente e velocemente. Quando arrivai a casa mi sentii quasi svenire dalla stanchezza e dalla tensione. Forse avevo fatto male a scappare così, comportandomi da maleducata con una persona che aveva dimostrato solo ammirazione nei miei riguardi, ma scacciai i sensi di colpa durante la calda doccia che feci ripensando a tutto quello che mi era accaduto. Mi venne, per una frazione di secondi, il pensiero di mio marito; non sapevo nemmeno se fosse a letto o fuori. Ormai, da quando avevo perso la bambina, dormivamo in camere separate e non ci vedevamo quasi mai. Eravamo ufficialmente marito e moglie, ma in realtà due estranei. M’infilai sotto le coperte piangendo e pensando che ora che mamma se n’era andata, ero davvero sola. Poi finalmente il tranquillante ed il sonno vinsero i miei angosciati pensieri. Fu mio marito a svegliarmi il mattino seguente, portandomi personalmente un vassoio con una tazzina di caffè, che sapeva non avrei gradito essendo

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