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Chi si stordisce nel mondo evolve poco
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Ebook168 pages1 hour

Chi si stordisce nel mondo evolve poco

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About this ebook

La coscienza si plasma, nei corpi che la compongono, non solo a seconda delle esperienze che fa nel mondo fisico, ma soprattutto per come le fa, per quanta importanza attribuisce loro. Esiste chi uccide perché non sa nemmeno di uccidere, ma c’è chi, dopo aver ucciso, inizia nel suo intimo un’analisi del suo gesto, che lo porta molto più avanti del primo individuo. Parimenti, ci sono persone che, per il loro lavoro, conoscono migliaia e migliaia di persone, e allora si crede erroneamente che, per le tante esperienze fatte, dovrebbero essere un presepe vivente. Invece la maggioranza degli individui si stordisce nel mondo, perché lo vive meccanicamente e non lo approfondisce mai. Ancora non sanno che noi non siamo quello che viviamo, ma siamo molto di più. Anzi, quello che viviamo è solo una parvenza, che a volte diventa anche soffocante con la sua ripetibilità.
LanguageItaliano
Publishertab edizioni
Release dateFeb 14, 2022
ISBN9788892953628
Chi si stordisce nel mondo evolve poco

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    Chi si stordisce nel mondo evolve poco - Vitaliano Bilotta

    Copertina: «Chi si stordisce nel mondo evolve poco», di Vitalino Bilotta

    Molti anni fa con un gruppo di amici ci riunimmo per leggere e commentare l’insegnamento che giungeva dalla coscienza estesa di coloro che noi chiamiamo Maestri o Guide. Tale coscienza ripete che il fine ultimo dell’uomo è l’evoluzione della coscienza. Chiamammo perciò quest’unione di amici Evolvenza.

    Iniziammo ad applicare l’insegnamento dei Maestri cercando una risposta alla domanda: «Perché la vita è così?».

    Da questo intenso lavoro interiore sono nati studi di narrativa attiva, in cui il protagonista del racconto comprende il motivo evolutivo per cui accade un particolare evento nella sua vita. La narrativa attiva presenta, perciò, due anime: è un saggio e, insieme, una narrazione.

    evolvenza, numero 13

    © evolvenza

    © 2022 Gruppo editoriale Tab s.r.l.

    viale Manzoni 24/c

    00185 Roma

    www.tabedizioni.it

    Prima edizione febbraio 2022

    ISBN 978-88-9295-362-8

    È vietata la riproduzione, anche parziale,

    con qualsiasi mezzo effettuata,

    compresa la fotocopia,

    senza l’autorizzazione dell’editore.

    Tutti i diritti sono riservati.

    Vitaliano Bilotta

    Chi si stordisce

    nel mondo evolve poco

    Scienze di frontiera

    1.

    Captains Office

    Cerchio d’Oro, già chiamato Golden Age. Targa del Titanic apportata nella casa di chi scrive e qui rimasta, perché non è stata donata a nessun partecipante. ll transatlantico Titanic, considerato un gioiello tecnologico ed il più lussuoso piroscafo da crociera mai realizzato, salpò dall’Inghilterra il dieci aprile del 1912 con oltre 1500 passeggeri a bordo per il suo viaggio inaugurale. I viaggiatori erano collocati in tre classi, come riflesso delle differenze sociali. Il transatlantico entrò in collisione con un iceberg alle 23:40 (ora della nave) di domenica 14 aprile 1912. 2 ore e 40 minuti più tardi, la nave s’inabissò (alle 2:20 del 15 aprile) spezzandosi in due tronconi. Solo 705 passeggeri riuscirono a salvarsi.

    Alcuni video degli inizi di questa medianità fisica chiamata, al principio, Golden Age, e poi esaurita, sono stati caricati su Evolvenza Youtube.

    2.

    Lo specchio

    Mi sono accorto che molti hanno capito l’insegnamento dei maestri molto più di me, e allora mi sono chiuso in un appartato silenzio.

    Commento

    E hai fatto male, perché solo ferendo il tuo io, nel confronto con gli altri, puoi conoscere meglio te stesso.

    Infatti, solo attraverso gli altri, puoi guardare dentro lo specchio in cui tu rifletti gli altri e gli altri riflettono te.

    3.

    State supportando

    (Cerchio Marina attraverso A.M.) Marina: Giù. giù, scendete giù. in questa profondità dove amore e non-amore sono semplicemente qualcosa che ora si esprime in questo opposto e che ora si traduce nell’altro opposto, perché il non-amore diventa poi amore e l’amore diventa, spesso e volentieri, la scoperta di essere non-amore, se fate un passo più in profondità. E allora che vuol dire lasciarsi cogliere da questo vuoto, lasciarsi sconfiggere da questo vuoto? Vuol dire posizionarsi sempre di più in una condizione strana che non vi appartiene, quando voi esaltate l’amore, ma che vi appartiene soltanto quando sminuite ogni idea che avete sull’amore, per consegnarvi di nuovo, torno a sottolineare, a questo vuoto. Che cos’è questo vuoto? Che cos’è questa povertà da cui nasce, non già l’amore, non già il non-amore. ma ciò che li rifonde, li riunisce e che vi fa scoprire come l’uno e l’altro non siano che stati naturali che si susseguono, si susseguono, si susseguono? Ma, per arrivare ad ammettere che sono soltanto stati naturali, io devo ammettere che conto talmente poco nel processo di avanzamento interiore, che davvero non è più molto importante misurare quanto amore dia e quanto amore non dia, e non è più neppure importante, o diventa sempre meno importante, misurare quanto io mi lasci ancora incapsulare dall’ingratitudine, dall’intolleranza, dal non-amore, perché, se ci pensate bene, ogni vostro progresso spirituale, spesso e volentieri, si caratterizza come un’ulteriore esigenza di introdurre dei parametri più crudi rispetto al vostro impegno sull’amore. Ma dal punto di vista della via della Conoscenza, ogni esigenza è mortifera, ogni esigenza rivolta al vostro progresso spirituale sottolinea soltanto che la vostra mente è entrata in azione e che quindi la conclusione cui state giungendo non è la realtà, è soltanto una concettualizzazione.

    Tutto quello che noi stiamo dicendo sull’amore e sul non-amore è una concettualizzazione, però è una concettualizzazione che via via vi provoca lì, nella vostra normale incapacità di prendervi poco sul serio: da qui sorge l’amore, quello che non misura l’amore, quello che non misura il non-amore. Ma quante volte voi vi prendete troppo sul serio, se siete nel cammino evolutivo, sia quando misurate gli altri, sia quando misurate voi stessi nel campo dell’amore e nel campo del non-amore? Non prendersi troppo sul serio significa che ciò che state vivendo non è poi cosi importante né per voi, né per il mondo intero; è poco importante ed è talmente poco importante che ci si può sorridere – torno a ripetere – e che si può alleggerire sia questa pretesa di dover sempre dare amore, sia questo senso di colpa e di penalizzazione quando non riuscite a darlo. Ma davvero è cosi importante che voi facciate fiorire dentro di voi quell’amore totalmente accondiscendente agli altri, o è molto più importante che voi capiate quanto poco conta tutto questo e quanto conta che voi scendiate giù nell’intima unitarietà di amore e non-amore, perché è lì ciò che vi provoca, è lì ciò che vi insidia, è lì ciò che vi toglie il respiro. Che cos’è che vi toglie il respiro? Accettare che voi, non soltanto siete poca cosa, ma che ciò che esprimete sempre, sempre e poi sempre è carico di amore e di non-amore; non potete scindere amore e non-amore, e quando li scindete è soltanto perché vi nascondete l’altra parte, non perché veramente non siano sempre contemporaneamente presenti"; sono sempre contemporaneamente presenti, ma voi ve li occultate, ve li nascondete, vi fa comodo dire: «Sto amando», oppure: «Non sto amando», vi fa sempre comodo. Scendete, scendete dentro quel vuoto.

    Cosa vuol dire dentro quel vuoto? Significa che, nella crisi dei concetti dell’amore, nella crisi dei supporti che continuamente vi date, sia quando sostenete che amate, sia quando sostenete che non amate o che non vi amate, state supportando voi stessi.

    vocedellaquiete.vaiano@gmail.com.

    4.

    Bella palla

    Giocavano spesso a piazza Navona, facendo lo slalom tra le gambe dei passanti. La loro era una passione seria: non giocavano a palletta, ma si allenavano per sfidare la squadra della scuola avversaria, che nel quartiere era considerata il Brasile del pallone. Perciò si dedicavano più al gioco estroso che al gioco di squadra, cercando di rimediare alla mancanza di prestanza fisica, con un gioco veloce e rasoterra fatto di soluzioni imprevedibili, che spezzava il ritmo di chi era più alto e più robusto di loro.

    Erano in sette e ubbidivano agli ordini di Tonino. Questi fungeva da allenatore, perché era il nipote di un ex giocatore di serie A, che la domenica mattina allenava una squadretta di serie D all’Acqua Bulicante.

    Tonino aveva le idee chiare; era molto dotato tecnicamente e giocava come centravanti, inoltre aveva delle belle intuizioni nell’attribuire i ruoli, nel suggerire ad ogni compagno la tecnica migliore e nel saperla sfruttare con intelligenza. A Massimo, ad esempio, che era il più piccolo ma anche il più veloce della squadra, Tonino aveva assegnato il ruolo di ala tornante, con il doppio compito di penetrare nella difesa avversaria e tornare velocemente a centro campo per coprire la squadra.

    Tonino, oltre ad essere il più tecnico dei compagni, era anche il più bravo, soprattutto nello spiazzare gli avversari con gli scatti brucianti che la sua muscolatura corta gli permetteva.

    Poi c’era Giuseppe, anche lui piccolo e poco dotato fisicamente, ma capace di penetrare nelle file avversarie senza lasciare il tempo ai difensori di arretrare o di organizzarsi. Il suo capolavoro era il contropiede.

    Lorenzo invece giocava in porta. Rispetto ai compagni era alto e aveva le braccia molto lunghe che lo rassomigliavano a una scimmia. Quando si lanciava sulla palla, sembrava che Lorenzo occupasse tutto lo spazio della porta e per questa sua caratteristica era chiamato ragno.

    Poi c’era Giovanni, abile nei tiri di testa, sempre pronto a volare verso le palle alte, sgusciando tra le braccia e i toraci degli avversari più prestanti. Quando era in aria, Giovanni si sentiva a suo agio,

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