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Badante in regola: Come avviare un business nel settore dell'assistenza agli anziani
Badante in regola: Come avviare un business nel settore dell'assistenza agli anziani
Badante in regola: Come avviare un business nel settore dell'assistenza agli anziani
Ebook154 pages2 hours

Badante in regola: Come avviare un business nel settore dell'assistenza agli anziani

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Badante In Regola (B.I.R.) è un’azienda di successo, diventata in pochi anni un riferimento sul mercato del lavoro domestico per l’assistenza agli anziani. Sviluppatasi sull’intuizione dell’esistenza di un’opportunità imprenditoriale nel campo dei servizi gestionali per il settore, è cresciuta sino a diventare una rete di agenzie sul territorio, creata attorno a solidi principi di rispetto e valorizzazione delle persone, specializzata nell’individuazione e nella formazione qualificata del personale, assistenza all’assunzione e successiva gestione del rapporto di lavoro.
In questo volume a metà tra un manuale e un diario di viaggio, Filippo Ferrante evidenzia il motivo per cui il settore dell’assistenza domiciliare agli anziani sia in esponenziale crescita da più di dieci anni a questa parte – l’Italia è, in fondo, il Paese con la popolazione più anziana d’Europa – e quali sono i punti di forza che fanno di un’agenzia di assistenza agli anziani un reale business di successo.
LanguageItaliano
Release dateDec 27, 2021
ISBN9791220879071
Badante in regola: Come avviare un business nel settore dell'assistenza agli anziani

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    Badante in regola - Filippo Ferrante

    1.

    Tutto parte da qui

    Una cosa è avere talento.

    E un’altra cosa è scoprire come usarlo.

    Roger Miller

    In nemmeno dieci anni ho costruito un’azienda di successo.

    Sono partito da zero, o quasi. Avevo delle passioni, delle aspirazioni, parecchi sogni. E una chitarra. Zero antenati quotati in borsa e nessun aggancio in banca.

    Però, ce l’ho fatta. Giocando persino in trasferta.

    Voglio raccontarvi come ho fatto.

    A venticinque anni, sono partito da Bari ed era una bellissima giornata di sole. Sono arrivato a Milano e pioveva. Scontato, ma ero preparato. Avevo persino l’ombrello. E la città era bellissima, piena di vita e chissene importa se ogni tanto fa brutto.

    Del resto, ero lì per studiare, mica per le modelle e gli aperitivi. Cioè, anche. A quell’età, ti pare che non ci pensi. Io, però, a laurearmi in scienze cognitive e dei processi decisionali ci tenevo, pure parecchio. Questa idea che si potesse imparare una scienza capace d’interpretare le parole mai pronunciate, forse pensate, ma svelate soltanto da un gesto, un fremito o lo scritto di una persona, e risalire così al suo stato, alle sue pulsioni emotive e alla sua identità profonda mi piaceva enormemente. O forse era la mia introversione che mi spingeva a cercare di decifrare il non detto e tutte le sfumature più sottili ed enigmatiche della comunicazione tra esseri umani.

    Sentivo che, se proprio dovevo passare qualche anno in più sui libri, allora quella era la materia per me. Che potesse anche diventare un lavoro, l’avrei visto poi. Arrivare in fondo era già abbastanza in quel momento.

    Vi risparmio la retorica sul pugliese trapiantato al nord. Io a Milano ci sono stato alla grande e a parte qualche battuta – le stesse, rovesciate, che facevamo noi ragazzetti d’estate in villa – non ho sofferto di alcuna discriminazione.

    Freddo, sì. Tanto. No, dico, i mesi d’inverno in Lombardia durano il doppio che in Puglia, però a venticinque anni te li fai anche passare.

    Infatti, conquistata la laurea specialistica – soddisfazione pura, tipo promozione in serie A al primo tentativo – a Milano sono rimasto. Ovviamente, per un laureato di fresco le possibilità d’impiego erano decisamente maggiori che al Sud. Nessuna retorica, solo desolante pragmatismo.

    Proprio perché il mercato del lavoro c’era e girava a mille, quale settore poteva mai assorbire un profilo come il mio?

    Il recruitment, ovviamente.

    Le Aziende assumevano, i cercatori di teste selezionavano, la domanda correva, l’offerta inseguiva. In tutto quel fermento, serviva qualcuno che facesse da filtro o almeno affiancasse i Responsabili del Personale nel capire se quella che stavano per assumere, sotto il tailleur d’ordinanza, era una tigre adatta al front-office commerciale oppure un’acqua cheta da orientare preferibilmente all’amministrazione. Il tipo in grisaglia spalmato di gel – lui, non il vestito – era un rampante venditore da spedire a tampinare i concessionari o un ordinato soldatino da affidare alla

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