La Scuola Carla Strauss: Dall'arte del movimento al movimento in movimento
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È con questa convinzione che Donatella Massara indaga, attraverso ricerche, letture e interviste, l’origine della Scuola Strauss per collocarla nella più generale storia della danza e della ginnastica moderna occidentale, dove le avanguardie femminili della danza libera hanno creato una lingua, un’esperienza e scelte di vita a cui facciamo ancora oggi riferimento.
Donatella Massara
Donatella Massara, femminista, laureata in filosofia, lavora per mettere in scrittura la storia, l’arte e il pensiero femminile. Ha costruito sul web: “Donne e conoscenza storica”, “Donne di parola”, “La Biblioteca femminista” (su Facebook). Crede nella comunicazione performativa che agiscono le pratiche artistiche della danza, del teatro e del cinema. È autrice, attrice e promotrice di radiodrammi, spettacoli teatrali e film. Ha pubblicato il romanzo Risotto al veleno (ebook@women, 2014) e sta preparando altre sperimentazioni letterarie.
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La Scuola Carla Strauss - Donatella Massara
Introduzione
Donatella Massara
La Scuola Carla Strauss Ginnastica moderna Arte del movimento è inaugurata nel 1927 dalla sua fondatrice Carla Strauss e rilevata nel 2000 da Johanna Wollmann che la trasforma in Scuola Carla Strauss Movimento in movimento. Capire cosa abbia rappresentato e cosa ancora oggi rappresenti questa scuola è una delle finalità che mi hanno portato a scrivere questo libro.
Oggi possiamo dire che la Scuola Carla Strauss in novant’anni di attività con l’interruzione della guerra ha educato al movimento centinaia di bambine, bambini, ragazze, donne adulte e anziane. E anche qualche uomo. Grande il merito della fondatrice, di cui ho scritto la biografia, dopo avere raccolto preziose informazioni dalla figlia Nora Kaufman, da quel poco che Carla Strauss stessa ha scritto di sé e dai documenti dell’archivio della scuola. Il quadro biografico è completato dalle numerose testimonianze di chi l’ha conosciuta e ha voluto ricordarla. In questa mia ricerca, mi sono rivolta in primo luogo alle insegnanti. Un importante contributo è giunto da Johanna Wollmann, che spiega la sua idea del movimento in movimento, la figlia matura della Scuola Carla Strauss
. Poi nella sua testimonianza racconta i cambiamenti avvenuti, il suo punto di vista e la sua storia personale. Delle insegnanti che lavorano attualmente nella scuola alcune, come Alessandra Signorini e Claudia Mizrahi, l’hanno frequentata l’una da bambina e l’altra da ragazza, altre invece come Johanna Wollmann, Karin Ullrich e Silvana Barbieri, recentemente ritornata, vi sono arrivate da adulte. Ho poi esteso la ricerca alle ex insegnanti come Ruth Eulenberger, Daniele Vallier, Maria Pia Pieracci Ceruti, Jutta Joksch, Alessandra Gallone, anch’essa già allieva della scuola, e Rossella Maiuri Meusel. Purtroppo Liliana Renzi, una delle prime che lavorò con Carla Strauss, è mancata tragicamente nel 2012, a 84 anni. Lascia come testimonianza alcuni libri scritti negli anni ’80 e ’90. Di lei hanno parlato con riconoscenza le sue allieve, Mara Cantoni e Michela Fontana e anche Alessandra Gallone. Da alcune allieve e ex allieve, che sapevo avere avuto una lunga frequentazione della scuola, ho ricevuto la testimonianza scritta: Giovanna Bellasio, Guia Beretta, Laura Chiampan, Elisabetta Dematteis, Maura Incide, Margherita, Anna Paolini, Marina Passoni, Paola Signorelli. E ho scritto anch’io la mia testimonianza. Altre allieve ed ex allieve invece sono state da me intervistate: Mara Cantoni, Michela Fontana, Giuliana Gardini Ronzoni, Giulia Lazzarini, Carmen Leccardi, Loredana Leiss de Leimburg, Aliki Mavi, Marina Quagliuolo, Cristiana Sartorio, Maria Luisa Vergani, infine Resy Modino e Marina Mazzotti, figlia e nipote di Carmelina Fassin. Nel capitolo Testimonianze delle allieve
i testi sono stati ordinati per età anagrafica: le più anziane sono davanti. Ho intervistato Gemma Martino e Mirna Guerzoni. Sono loro che, amiche di Carla, hanno voluto che questa esperienza proseguisse offrendo a Johanna Wollmann e alla nuova Scuola Carla Strauss gli spazi di Metis in corso Buenos Aires, 64. Antonio Guaita, gerontologo che conobbe la signora Strauss negli anni ’80, come racconta Silvana Barbieri, ha accettato gentilmente di rispondere alle mie domande per iscritto. Martina Prado, figlia di Nora Kaufman, mi ha raccontato l’affetto per sua nonna.
Abbiamo parlato a lungo, commentato insieme, io ho fatto domande, portato il mio punto di vista e tutte hanno raccontato liberamente e scritto, con grande disponibilità offrendo una ricchezza di contenuti, straordinariamente sempre diversi. Alla fine, attraverso queste conversazioni allargate, siamo riuscite a ricomporre la storia di questa scuola, molto importante nella vita milanese. Alcune interviste sono rimaste a domanda chiusa, altre, dove ho fatto sparire la mia voce, sono diventate a domanda aperta, in alcuni casi ancora, le intervistate sono due contemporaneamente. Tutti i testi a cui ho lavorato sono stati rivisti da ognuna per trovare una piena sintonia con i propri pensieri. Ringrazio tutte perché è stata una bella esperienza far rivivere in un collage di pezzi molto vivi, questa storia. Un ringraziamento particolare è per Laura Vandelli che con passione ha offerto la sua competenza nel promuovere la mostra Ricordi in movimento
– che si è svolta dal 6 al 14 giugno del 2014 nella sede dell’Associazione Apriti cielo! Inoltre ha creato il sito della scuola e ha elaborato la grafica di questo libro.
Un altro ringraziamento è per Johanna Wollmann che mi ha indirizzata e ha sostenuto finanziariamente la pubblicazione del libro, con il gentile contributo di alcune allieve. Ringrazio per l’amicizia: Marina Quagliuolo, Alma Eleonora Inguaggiato Izar, Loredana Leiss di Leimburg, Renato Giananti che hanno letto, più volte, queste pagine per darmi il loro contributo e così Nora Kaufman. Ringrazio le amiche Laura Modini, Silvana Ferrari, Mara Montesano della Libreria delle donne di Milano e Milli Toja della Galleria delle donne Sofonisba Anguissola
di Torino che mi hanno ascoltato, criticato e consigliato, Gina Cecalupo, maestra di Metodo Feldenkrais®, la prima che mi ha avvicinato a questa meravigliosa storia del movimento, Jutta Joksch che, dopo avere visitato a Fulda la Lohelandschule ha tenuto un seminario alla Scuola Carla Strauss per raccontare la sua ricerca. Ringrazio per il sostegno la mia famiglia, Carla, mia sorella, e mio cognato Paolo Banfi.
Le immagini pubblicate sono dell’archivio personale di Nora Kaufman, dell’archivio Scuola Carla Strauss, e di chi ha voluto collaborare con questa ricerca. Le fotografie di Giulia Lazzarini sono state gentilmente concesse dall’Archivio del Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa, la fotografia in primo piano è di Marcello Norberth e le fotografie di La Tempesta
sono di Luigi Ciminaghi.
Abbiamo riconosciuto il grande valore della fondatrice di questa scuola, Carla Strauss, che ha introdotto in Italia un nuovo modo di fare ginnastica che coinvolge non solo il corpo ma anche la mente, portando attenzione alla persona nella sua interezza e soggettività. Un insegnamento la cui centralità riguarda la relazione fra maestra e allieva. La Scuola Carla Strauss è stata e rimane tuttora una straordinaria impresa al femminile nella quale la caratteristica più visibile è la cooperazione di tutte le donne, che vi hanno partecipato: insegnanti, segretarie, allieve, amiche e simpatizzanti. Il senso forte di questa impresa risiede nella volontà profonda di fare coesistere più situazioni, mantenere saldo e attivo il confronto, anche conflittuale, che rafforza il desiderio di proseguire, di non escludere, nonostante le molte difficoltà. Un dato molto significativo è la presenza di allieve che frequentano la scuola, praticamente senza interruzioni, da trenta, quaranta anche cinquanta anni. Un caso di formazione permanente, di cui parlano le testimonianze che ho raccolto.
La scuola Carla Strauss
nella storia dell’arte del movimento
Donatella Massara
Essere nella storia
Il XX è stato un secolo di innovazione, di rivoluzioni e un periodo di conquista della libertà femminile. Siamo negli anni delle ‘donne nuove’ che hanno accorciato gli abiti, tagliato i capelli, vestono ‘alla maschietta’ e lavorano come maestre, telegrafiste, infermiere, dattilografe, in alcuni casi, ancora pochi, si laureano. Sono archeologhe, architette e scienziate. Sono le operaie che mandano avanti con il loro lavoro le fabbriche. L’industria tessile occupa un’ampia maggioranza di mano d’opera femminile che porta ai telai meccanici la competenza accumulata in secoli di lavoro di filatura e tessitura, all’arcolaio e al telaio a mano. In queste fabbriche lavorano anche le bambine. Le donne solidarizzano, da sole o con i compagni di lavoro, in scioperi che iniziano a contrastare lo sfruttamento del corpo femminile.
Artiste, intellettuali, donne di spettacolo dalla Rive Gauche, ai locali alternativi di Berlino, a New York al Greenwich Village, si uniscono in comunità tutt’altro che propense allo stile di vita tipico dell’artista maschio della lost generation. Non consumano alcool né droghe, non sperperano denaro al gioco, vivono però intensamente, e, apertamente, in alcuni casi, i legami d’amore fra donne. L’espansione delle città e la diffusione delle scoperte scientifiche, per esempio nella cura delle malattie, operano cambiamenti profondi nelle abitudini e nella mentalità del tempo. Poi, nel 1914, scoppia la prima guerra mondiale che, conclusa nel 1919, porterà, oltre che a milioni di morti, al disfacimento dei grandi imperi centrali. Questo generale sommovimento porta a un distacco dalle proprie radici culturali, geografiche, sentimentali, donne e uomini nati a cavallo fra i due secoli.
È questo, il XX secolo, un periodo straordinariamente fecondo in cui emergono grandi figure di donne, pensatrici e filosofe come Hannah Arendt, Simone Weil, Edith Stein, o grandissime scrittrici come Virginia Woolf, Colette, Gertrude Stein, Djuna Barnes. Ma ci fu anche, fra le madri della lingua italiana, una vera esplosione di scrittura, di creazione artistica, e di inventiva sociale. Giornaliste e romanziere, protagoniste della vita sociale e politica, poetesse, attrici, registe e artiste italiane hanno costruito in questo periodo la nostra cultura. Fra ’800 e ’900 si distinguono anche scrittrici e giornaliste come Neera, Contessa Lara, Marchesa Colombi, Sibilla Aleramo, Paola Drigo, Sfinge, registe di cinema come Elvira Notari, artiste futuriste come la pittrice Benedetta, la scultrice Regina, donne impegnate nella politica e nel sociale come Alessandrina Ravizza, Lina Merlin e Ersilia Majno.1 Carla Strauss, in questi anni, è una giovane epigone dell’arte del movimento, convinta seguace di quest’epoca di rinnovamento dove ci sono stati grandi cambiamenti anche nel teatro e nella danza con Eleonora Duse, Stanislawski e Isadora Duncan. Il XX secolo è il periodo nel quale il femminismo, la politica delle donne e le organizzazioni femminili vanno a costituire una parte importante della vita sociale. Tuttavia bisogna dire che fra gli studi italiani sulla storia del femminismo e dei movimenti politici femminili, non è stata data nessuna importanza alla rivoluzione che ha riguardato l’agire del corpo. Invece la nuova danza e l’educazione fisica femminile nascono insieme a questa volontà delle donne di sottrarsi alla tutela maschile. La libertà femminile ha sempre fatto parte della soggettività delle donne ma in questi anni prende un corso visibile nelle trasformazioni che riguardano la vita privata e quella pubblica. In questo impulso femminista di liberazione del corpo delle donne, attraverso pratiche che le rafforzino, c’è una linea di sviluppo che si riferisce a tutta la storia del nostro tempo. Fra le protagoniste che hanno sostenuto attivamente con il loro contributo questa fase di espansione c’è Carla Strauss. Bene spiega Alessandra Signorini la lezione della sua maestra perché le donne prendano coscienza del proprio corpo, anche in anni non troppo lontani. Una lezione fondamentale, soprattutto in Italia, dove c’è stata la reticenza femminile sui temi della sessualità.2
Provengo da una formazione filosofica che ha fatto scuola sul pensiero della differenza sessuale. E mi trovo in accordo con me stessa quando risalgo all’origine dei fenomeni, guardo alla storia in compagnia di quella che chiamo una filosofia dell’origine. Penso che solo la storia che sia sapiente dell’agire delle donne e degli uomini possa spiegare i fenomeni. Ho visto che, se non usciamo dall’ottica neutrale, adottata dalla maggior parte degli storici, ma anche da molte storiche, la storia rimane una sequela di fenomeni opachi sui quali convergono interpretazioni convenzionali, economiche, ideologiche, religiose, non esaustive.
Fra il XIX e il XX secolo, nella storia della danza, si manifesta il massiccio fenomeno che, molto attivo in Germania, attraversa tutto il mondo occidentale, e riguarda in generale la liberazione del corpo. Molto importante è stata però la liberazione del corpo femminile perché ha portato alla libertà delle donne. Questa spinta rivoluzionaria che parte dalle donne e va verso le donne, attraverso nuovi impulsi sociali, economici e culturali ha definito radicali cambiamenti nella vita delle donne occidentali. Gradualmente sono stati abbandonati i corsetti, ma non solo, anche i salotti e le cucine, a favore dei luoghi di lavoro, lasciando alle spalle la strategia matrimoniale e le maternità dovute, che rappresentavano l’unica possibilità di avere un ruolo nel mondo.
La storia della danza è piena di scoperte straordinarie, in cui le donne sono state le grandi, non uniche, ma sicuramente significative protagoniste. Varie esperienze, anche in Italia, hanno anticipato la danza contemporanea; andando oltre il balletto classico, si sono indirizzate verso la danza moderna. Carla Strauss fa parte di queste prime esperienze che mirano a sviluppare l’armonia olistica di corpo e mente. Il significato stesso della definizione di arte del movimento
rimanda a una disciplina del corpo sul quale è centrato il benessere di ogni persona, ma al quale si affiancano l’armonia, la bellezza, la sensibilità individuale. Con questa ricerca mi piacerebbe che Carla Strauss e chi l’ha seguita, prolungando nel tempo il suo insegnamento, avessero un posto riconoscibile nella memoria collettiva.
La storia delle donne invita a qualche riflessione preliminare. Virginia Woolf, nel 1928, con ironia, chiede che gli studiosi dei college universitari riscrivano la storia perché: così com’è, spesso sembra un po’ strana, irreale, distorta; ma perché non possono aggiungere un supplemento alla storia: chiamandolo, naturalmente, con qualche nome poco cospicuo, in modo che esso possa includere le donne senza ferire nessuno?
.3
Ingeborg Bachmann, nel 1978, si pone delle domande: La mia storia e le storie di tutti, quelle che poi costituiscono la grande Storia, dov’è che si congiungono alla grande Storia? Sempre sul ciglio di una strada? Com’è che tutto quanto si congiunge?
.4
È Carolyn G. Heilbrun, nel 1988, a indicarci la strada dell’autonomia: Fino a quando le donne resteranno nell’isolamento, nell’incapacità d’offrire ad altre donne i resoconti delle esperienze vissute non apparterranno ad una narrativa autonoma. […] La narrazione femminile esisterà soltanto quando le donne smetteranno di vivere isolate nelle case e nelle storie degli uomini
.5
Carla Strauss non è mai stata isolata. Ha avuto un rapporto con la sfera pubblica che è andato ben oltre la sua scuola. Il suo pensiero, l’arte del movimento, la sua grande passione per la cura del corpo, ci sono arrivati attraverso le pubblicazioni, le conferenze, le lezioni, le lettere private, le interviste. Tuttavia il suo nome e la sua ginnastica, la sua storia, insomma, e quindi anche quella delle insegnanti e delle allieve della Scuola Carla Strauss non sono presenti in nessuna storia della danza e della nuova ginnastica che prende forma fra ’800 e ’900. La voce di Wikipedia a lei dedicata l’ho scritta io, nel 2014. È stata pubblicata grazie all’intervento di Laura Vandelli, esperta conoscitrice di Internet che, discutendo con la censura della enciclopedia virtuale, è riuscita a farla riconoscere. Il primo inserimento è stato rifiutato, perché ritenuta una mossa pubblicitaria. Nessuno aveva mai sentito parlare di lei. Eppure negli anni ’30, pubblica il suo primo libro, gestisce una scuola, insegna danza e fa la coreografa. La sua concezione del movimento si convertirà poi nel dopoguerra in una delle più interessanti e prestigiose scuole italiane di ginnastica. Sono stupita dell’esclusione di Carla Strauss dalla ‘storia del movimento’ anche da parte di autrici e autori di nota fama. Mi è stato chiesto di approfondire i motivi di questa esclusione. Anzitutto uno di questi studiosi da me interpellato al proposito, mi rispose che non la conosceva. Ero intervenuta in un incontro pubblico, chiedendogli ragione della sua affermazione che in Italia non c’erano state esperienze di danza moderna fino agli anni ’80. In realtà delle esperienze ce ne sono state e il professore, quelle le conosceva. Ma concordava con i suoi colleghi e colleghe nel dire che in Italia non è andata affermandosi nessuna grande figura artistica. In Italia, però, fra gli anni ’20 e ’40 alcune danzatrici di danza moderna avviano un’esperienza di insegnamento. Quasi tutte si esibiscono anche in teatro. Da segnalare: Cia Fornaroli, danzatrice classica ma aperta nei confronti della danza moderna, a Milano; le sorelle Bella e Raja Hutter, che, accolte quando arrivano dalla Russia dai coniugi Gualino, proprietari di un teatro d’avanguardia, aprono a Torino una scuola, tuttora attiva; Angiola Sartorio che mette in piedi una compagnia italiana di danza a Firenze; Jia Ruskaia, che, celebrata come la Duncan nostrana, insegna a Milano alla Scala e poi a Roma dove fonda la Regia scuola di danza, che diventerà l’Accademia nazionale di Danza; purtroppo è apertamente sostenuta dal regime fascista. Giuliana Penzi,6 già ballerina della Scala sarà invitata a insegnare prima alla scuola di via della Spiga da Jia Ruskaia e poi a Roma. Ci sono anche Traut Streiff Faggioni a Firenze, Greta Bitter a Napoli, Britta Schellander, Lisa Walther a Trieste e i coniugi Sacharov a Roma. Diventano famose Giannina Censi, la danzatrice futurista, e le altre che seguono la stessa tendenza, si forma, in questi anni, come danzatrice, Maria Cumani Quasimodo. In Italia merita menzione Rosalia Chladek, formatasi alla scuola di Dalcroze a Hellearu, con il suo Metodo pedagogico legato alla danza d’espressione tedesca; si afferma anche con le coreografie delle tragedie al Teatro greco di Siracusa. Alcune delle intervistate di questo libro hanno studiato il Metodo Chladek. Su di lei ha scritto Gina Cecalupo, già sua allieva: La specificità del suo insegnamento consiste nel dare agli allievi i mezzi per analizzare ogni possibilità di movimento e per scomporre le relazioni complesse del movimento stesso. Sono delle leggi scientifiche, soprattutto la forza di gravità, che regolano il movimento, lasciando aperto il campo a tutte le possibilità motorie. La Chladek considera la persona nella sua totalità psicofisica e pone l’accento sulla consapevolezza del corpo in movimento e attraverso il movimento, piuttosto che su nozioni esterne concernenti un corpo-oggetto. Il movimento e la danza sono ordinati e articolati dal ritmo e dalla dinamica in modo da comunicare la parte emozionale vissuta. Attraverso il movimento lo spazio vuoto diventa uno spazio strutturato, animato. Nascono delle forme, dei percorsi nello spazio e al suolo, realizzati con diversi ritmi.
7 Gina Cecalupo ricorda che unica italiana, di Trieste, Ada Franellich, nata nel 1906, amica e poi consigliera artistica di Rosalia Chladek, fu la prima a introdurre in Italia ‘l’educazione del movimento’ (Körperbildung) appresa a Vienna alla Scuola Hellerau-Laxenbur. Ada Franellich nel 1928 è a Roma come insegnante di Körperbildung. Nel 1950 aprirà a Milano il suo studio di Educazione del movimento
e, nel 1980, grazie a lei e a Lucia Albretti, attuale direttrice dello Studio Franellich, si costituirà l’Associazione Italiana Rosalia Chladek. Carla Strauss e Ada Franellich, dunque, negli stessi anni della prima metà del ’900, con alle spalle una formazione diversa, introducono in Italia l’arte del movimento. Elena Vedres, negli anni ’30 si diploma a Vienna, nella stessa scuola della Franellich, aprirà a Milano nel 1948 lo Studio Vedres. È il terzo polo di formazione di quella che allora era una nuova educazione al movimento, nata dalla danza. Oggi questa educazione al movimento con le sue varie direzioni di ricerca lo possiamo chiamare ginnastica dolce.8 Negli anni ’70 questa ginnastica diventa più conosciuta, con la divulgazione del libro di Thérèse Bertherat9 sull’antiginnastica. Sono gli anni in cui il tema del corpo e della sessualità sono al centro