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Agire in comune: Antropologia e politica nell’ultimo Marx
Agire in comune: Antropologia e politica nell’ultimo Marx
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Agire in comune: Antropologia e politica nell’ultimo Marx

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La posta in gioco di questo lavoro, che costituisce la seconda edizione (con una nuova Introduzione) del testo uscito nel 2012, consiste nella coimplicazione fra “individuale” e “collettivo”, in distonia rispetto sia a una lettura individualistica sia a una lettura comunitarista del percorso marxiano. Il libro si sofferma, per un verso, sul Capitale, per l’altro sugli scritti, diversificati al proprio interno, dell’ultima fase: viene sottoposta a indagine la relazione fra concetti come individuo, forza-lavoro, classe, società e comunità. La riflessione articolata è volta a evitare la dicotomia fra oggettivismo e soggettivismo attraverso un rapporto stretto, ma non immediato, fra la critica dell’economia politica e la politica. La questione della natura umana risulta cruciale, ma nello stesso tempo non viene mai definita una volta per tutte. Così, in questo volume, l’antropologia viene intesa non tanto come una disciplina specifica né come una parte della filosofia, ma come un problema aperto, insieme connesso e disgiunto con la politica. Il “comune”, irriducibile sia all’unità superiore dello Stato sia a una società autonoma da sostituire allo Stato, non è un dato né può venir creato in modo volontaristico, dal momento che si inscrive materialmente nei rapporti sociali. L’agire in comune non costituisce il frutto dell’ipostatizzazione di una dimensione comunitaria, risultando connesso a soggettività che si fanno carico della propria prassi, singolarmente e collettivamente. Senza voler in alcun modo operare un’attualizzazione immediata del suo pensiero (e della sua pratica politica), si delinea una prospettiva marxiana tutt’altro che lineare e pienamente compatta, ma con una carica critica ancora dirompente nei confronti dello “stato di cose presente”, di un capitalismo sempre più predatorio.
LanguageItaliano
Release dateSep 18, 2021
ISBN9791280124654
Agire in comune: Antropologia e politica nell’ultimo Marx
Author

Luca Basso

LUCA BASSO insegna Filosofia politica ed è coordinatore del Dottorato in Filosofia presso l’Università di Padova. Tra le sue pubblicazioni: Individuo e comunità nella filosofia politica di G. W. Leibniz (Rubbettino, 2005), Socialità e isolamento: la singolarità in Marx (Carocci, 2008, trad, ingl. riv. e agg., Marx and Singularity. From the Early Writings to the Grundrisse, Brill 2012), Marx and the Common. From Capital to the Late Writings (Brill, 2015), Inventare il nuovo. Storia e politica in Jean-Paul Sartre (ombre corte, 2016), Leibniz und das Naturrecht (a cura di, Steiner, 2019). Per manifestolibri ha curato, insieme a Giorgio Cesarale, Vittorio Morfino e Stefano Petrucciani, Soggettività e trasformazione. Prospettive marxiane (2020).

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    Agire in comune - Luca Basso

    Cop_EPub_Agire_In_Comune.jpg

    Spazio marx

    Luca Basso

    Agire in comune

    Antropologia e politica

    nell’ultimo Marx

    manifestolibri | spazio marx

    © 2021 manifestolatalpa srl

    Via della Torricella 46

    00030 - Castel S. Pietro (RM)

    ISBN 979-12-8012-465-4

    www.manifestolibri.it

    info: book@manifestolibri.it

    La presente pubblicazione ha fruito dei fondi del Progetto SID 2019, L’uguaglianza. Tra politica e società, Università degli Studi di Padova, Dipartimento di Scienze Politiche, Giuridiche e Studi Internazionali.

    www.manifestolibri.it

    https://www.facebook.com/manifestolibri.it

    https://www.instagram.com/manifestolibri/

    @manifestolibri

    https://www.youtube.com/user/ManifestoLibri

    A Marine

    in memoriam

    Indice

    Introduzione alla seconda edizione

    Capitolo primo

    Il feticismo e i soggetti: tra realtà e mistificazione

    L’enigma della merce

    La questione del feticismo: un altro nome per ideologia?

    La costituzione dell’individualità tra economico e giuridico: ’Eden dei diritti dell’uomo

    Dalla merce al capitale, tra produzione e circolazione: a formula trinitaria

    La persona come maschera. Un Marx hobbesiano?

    Feticismo e storia. Excursus sulle forme precapitalistiche

    Capitolo secondo

    Etnologia e forme del comune

    La nuova antropologia del capitalismo: dai Grundrisse al Capitale

    L’indagine delle forme comunitarie, tra scienze naturali e scienze storiche: gli Ethnological Notebooks

    Oltre l’Europa; La comune russa e le condizioni di possibilità del comunismo

    La comune russa e le condizioni di possibilità del comunismo

    Compresenza tra assetti non capitalistici e assetti capitalistici

    Capitolo terzo

    La separazione individuale

    Trennung e modo di produzione capitalistico: lerosione della proprietà comune

    Di nuovo il tema dell’alienazione?

    I momenti della separazione: cooperazione, manifattura, grande industria

    Fabbrica e formazione della classe

    Capitolo quarto

    Soggettività e classe: lo spazio della politica

    La politicità della classe: dall’Ideologia tedesca al terzo libro del Capitale

    La lotta per la giornata lavorativa: tra riforme e rivoluzione

    Classe e organizzazione, tra anarchismo e statalismo: Marx versus Bakunin e Lassalle

    La Comune di Parigi: un governo della classe operaia

    Carattere metamorfico della politica: la rettifica del Manifesto

    Il comunismo e l’individuo totalmente sviluppato: uno scenario privo di feticismo?

    Opere di Marx e Engels con siglario

    Bibliografia

    Introduzione

    alla seconda edizione

    Per forza-lavoro (Arbeitskraft)

    o capacità di lavoro (Arbeitsvermögen)

    intendiamo l’insieme delle attitudini (Fähigkeiten)

    fisiche e intellettuali che esistono nella corporeità (Leiblichkeit),

    ossia nella personalità vivente di un uomo

    (lebendige Persönlichkeit eines Menschen) […]

    Nella cooperazione (Zusammenwirken)

    pianificata con altri l’operaio si spoglia dei suoi limiti individuali

    (individuelle Schranken) e sviluppa la facoltà della sua specie

    (Gattungsvermögen).

    [Secondo Le Chapelier, relatore del decreto

    del 14 giugno 1791 in Francia] "[...] gli operai non devono

    [...] accordarsi sui loro interessi, non devono agire in comune

    (gemeinsam handeln) moderando così quella loro

    assoluta dipendenza che è quasi schiavitù [...]

    Karl Marx

    , Il Capitale, Libro primo

    Per questa seconda edizione di Agire in comune. Antropologia e politica nellultimo Marx, che era uscito nel 2012¹, ho deciso di mantenere in gran parte immutato il testo, limitandomi a correzioni, per lo più, di tipo linguistico e formale, e a un ampio aggiornamento sul piano bibliografico, dal momento che negli ultimi dieci anni sono usciti lavori significativi su Marx (e sulla questione del comune e dei commons, anche sulla base di un’interazione con il percorso marxiano). Nel riproporre il libro, inizio con due considerazioni preliminari. In primo luogo, l’interpretazione di Marx, che ovviamente deve essere compiuta a partire da un’attenzione rigorosa per i testi, non può però presentare un carattere neutrale sul piano teorico e politico: Marx è un pensatore indiscutibilmente importante nella storia della filosofia (e di varie altre discipline), ma la rappresentazione, che oggi spesso viene fornita per riabilitarlo dopo la damnatio memoriae successiva alla fine del socialismo reale, di Marx come classico della filosofia rischia di imbalsamare la sua riflessione, non cogliendo l’ambivalenza del suo rapporto con la filosofia, e neutralizzandone la carica politica dirompente. In secondo luogo, per compiere un’osservazione apparentemente in distonia con la prima, la convinzione della politicità della critica dell’economia politica non implica necessariamente una volontà di attualizzazione immediata di Marx, né nel senso della convinzione dogmatica dell’immediata riproponibilità dell’analisi marxiana del modo di produzione capitalistico per l’interpretazione del capitalismo contemporaneo, né nel senso del rilievo sull’inadeguatezza del suo approccio. Penso, piuttosto, che occorra interrogarsi se si sia in grado di porsi all’altezza della radicalità della concezione marxiana, con i suoi punti di forza e i suoi limiti, ma comunque con una capacità finora insuperata di critica immanente del modo di produzione capitalistico.

    Il fatto che per Marx, nel concetto stesso di capitale, sia data la tendenza a creare il mercato mondiale, comporta implicazioni rilevanti non solo per l’analisi oggettiva del sistema capitalistico, ma anche per le pratiche soggettive di classe, che non possono essere articolate a partire da un immaginario subalterno alla forma-Stato, come invece emerge da alcune prospettive odierne, talvolta anche a partire da un’interazione con Marx e il marxismo. Indubitabilmente ragionare su Marx, e rigiocarlo politicamente, non può che risentire dello scenario determinato in cui ci si trova, purché tale elemento non venga inteso secondo una volontà immediata di attualizzazione. Così, sulla base di un capitalismo sempre più predatorio, dalla crisi del 2007-2008 alla situazione claustrofobica legata al Covid in questi ultimi due anni, con le sue pesanti conseguenze sociali, sono emersi aspetti ulteriori di riflessione, che però non credo che richiedano un’interrogazione sull’attualità o sull’inattualità di Marx. Semmai, risulta sempre operante un’attuale inattualità di Marx, con il suo carattere sovversivo rispetto agli assetti economici, sociali, politici esistenti, e alle discipline che, secondo modalità differenziate, funzionano come dispositivi di legittimazione del sistema capitalistico nelle varie configurazioni che esso, in modo metamorfico, viene ad assumere. Ma la critica marxiana non rappresenta un assoluto altro e attraversa i saperi costituiti, cercando di destrutturarli, allo stesso tempo dall’interno e dall’esterno, muovendosi costantemente ai margini fra ambiti differenti e con una porosità fra articolazione concettuale e intervento politico.

    Come avevo sottolineato nell’Introduzione alla prima edizione, il presente libro, articolato in quattro capitoli, affronta il tema dell’intreccio fra individuo, classe, società, comunità nei testi marxiani (e, spesso, anche engelsiani) a partire dagli anni Sessanta. Pur possedendo una sua piena autonomia, dal punto di vista cronologico costituisce una prosecuzione del precedente lavoro Socialità e isolamento: la singolarità in Marx (Basso 2008a), fondato sull’itinerario marxiano dalle prime opere ai Grundrisse. Alla base del presente testo stanno, da un lato, il Capitale, dall’altro, gli scritti, diversificati al proprio interno, dell’ultima fase. Cruciale si rivela il rapporto, in termini insieme di connessione e di tensione, fra la critica dell’economia politica e la politica. Per un verso, la critica dell’economia politica, che, da un certo momento in poi, diventa il dispositivo teorico fondamentale per Marx, presenta un carattere parzialmente autonomo rispetto alla politica, dal momento che, se si restasse fermi alla congiuntura politica nella sua specificità storica e geografica, non si potrebbe articolare una riflessione complessiva sul modo di produzione capitalistico, che inevitabilmente necessita di un elemento di astrazione. Inoltre, come fa emergere la trattazione marxiana del feticismo (esaminata nel primo capitolo), che per certi versi costituisce una riformulazione e una complessificazione della questione dell’ideologia, il rapporto fra scienza e ideologia si rivela estremamente articolato, e irriducibile ad assoluta, aproblematica dicotomia. Per l’altro, la critica marxiana dell’economia politica possiede un carattere politico, risultando continuamente innervata dalle pratiche della classe, contrariamente a quanto emerge da letture compositive, che tendono a indagare il Capitale sottostimando la rilevanza della politica e della storia. Questo approccio si riverbera sull’annosa questione del rapporto stretto fra teoria e pratica, ma da intendere né nel senso di una teoria, da cui verrebbe dedotta la pratica, né nel senso della priorità della pratica, rispetto a cui la teoria costituirebbe un elemento puramente posticcio e strumentale. Si tratta di una relazione mai definita una volta per tutte, e che subisce continue oscillazioni nel corso del tempo. Al riguardo mi sembra produttivo fare interagire due impostazioni differenti fra loro, e per certi versi non conciliabili, come quella di Louis Althusser (e della sua scuola) e quella dell’operaismo italiano.

    In merito agli scritti storico-politici dell’ultima fase, indagati soprattutto nel quarto capitolo, viene attribuita particolare rilevanza alla riflessione politica sulla statualità e sull’azione politica della classe operaia, richiamando eventi come la Comune di Parigi e organizzazioni come l’Internazionale. Al riguardo emerge una politica marxista che risulta inconciliabile, non senza difficoltà interne, sia con l’anarchismo bakuniniano sia con lo statalismo lassalliano. Nel secondo capitolo esamino, oltre a numerosi testi legati a congiunture specifiche, fra i quali quelli dedicati a India, Cina e Russia, gli estratti sulle scienze, e soprattutto i cosiddetti Ethnological Notebooks. L’antropologia, indicata anche nel sottotitolo del presente testo, va assunta non solo e non tanto come una disciplina specifica (né come una parte della filosofia), ma come un problema aperto, nella sua connessione (e nella sua disgiunzione) con la politica. Nell’ultima fase marxiana essa si innesta anche nel confronto con le scienze naturali e le scienze sociali dell’epoca: fino a pochi anni fa è stata dedicata un’attenzione troppo limitata al rapporto di Marx con le scienze e all’indagine sul loro statuto. Per connotare il periodo indicato, nel sottotitolo del libro compare l’espressione ultimo Marx, per quanto oggetto di analisi non siano solo gli ultimi anni della sua produzione: ho ritenuto preferibile la terminologia utilizzata, per non riproporre l’annosa (e sempre più sterile) contrapposizione fra il giovane Marx e il Marx maturo, sulla base dell’idea di una sostanziale, anche se non aproblematica, continuità nel percorso marxiano. Mi sembrano poco proficui, concettualmente e politicamente, sia approcci volti a condannare irrimediabilmente i primi scritti e a espungere il problema della natura umana, valorizzando il Marx critico dell’economia politica in polemica con il Marx precedente (salvo, poi, sottoporre a critica il Marx maturo, quando riemergano elementi in tal senso), sia approcci astrattamente umanistici, finalizzati a valorizzare i primi testi marxiani, costruendo un’immagine paradossale di un Marx senza critica dell’economia politica. L’itinerario marxiano si rivela tutt’altro che lineare e privo di tensioni interne, di dislocazioni profonde, talvolta anche di fratture, ma non credo che risulti produttivo stabilire quando Marx sia il vero Marx.

    Il tentativo complessivo dcl presente lavoro consiste nell’articolare la riflessione al di là di quella dicotomia fra soggetto individuale e soggetto collettivo che ha caratterizzato la modernità. Fin dalla prospettiva delineata nel precedente libro Socialità e isolamento: la singolarità in Marx, ho insistito sulla centralità della posta in gioco della singolarità, per adoperare un termine non propriamente marxiano che tenta di cogliere il riferimento costitutivo, ma dinamico a soggettività individuali-collettive nel loro carattere relazionale e nel loro innestarsi nella specificità della congiuntura. La posta in gioco consiste nel ripensare la natura umana nel suo carattere mai definibile una volta per tutte, evitando qualsiasi forma di essenzialismo, o comunque una sorta di astratta antropologia filosofica, e cogliendo l’inscrizione del soggetto in uno scenario storicamente condizionato, ma senza ritenere che una concezione materialistica della storia approdi a uno storicismo integrale, in cui tutto è storia, e tutto viene macinato dalla storia². Riprendendo la sesta Tesi su Feuerbach, rimane sempre aperto il problema dell’essenza umana come "ensemble dei rapporti sociali, dal momento che la società capitalistica si fonda su rapporti fra gli individui, prima che su individui. Nel tentativo di oltrepassare la dicotomia fra individualismo e organicismo, centrale è ciò che si trova tra gli individui, seppur nel carattere instabile, e tutt’altro che irenico, di tale elemento (cfr. Balibar 1994). Come emergerà nel prosieguo della trattazione, il presente lavoro si muove in distonia sia rispetto a impostazioni, come quelle del cosiddetto marxismo analitico, che risultano compatibili con l’individualismo metodologico, sia rispetto a prospettive comunitariste". In Marx la critica radicale alla proprietà privata non sfocia nell’idea della priorità della proprietà comune sulla proprietà individuale: si assiste, piuttosto, a una dinamica coimplicazione fra proprietà individuale e proprietà comune.

    Per cogliere la specificità della riflessione marxiana in merito al rapporto fra dimensione individuale e dimensione comune, cruciale si rivela il riferimento alla classe come singolare collettivo. Nello scenario moderno la figura dell’individuo è decisiva e trova proprio nel rapporto di classe la propria forma sociale. L’intera modernità può essere interpretata come la relazione fra tale figura individuale e la sua forma sociale: si tratta di un rapporto estremamente articolato. Ciò che unisce (e divide) gli individui della società capitalistica non è il riferimento a un bene comune dotato di una valenza fondante o a un ordine giuridico già costituito e regolato, ma la presenza di un elemento di strutturale, anche se solo potenziale, antagonismo. La classe, pur innestandosi su un dato economico e risultando connessa a determinati rapporti sociali, non può venir ipostatizzata né sul piano ontologico né su quello sociologico, configurandosi come una nozione intrinsecamente politica. D’altronde, il modo di produzione capitalistico costituisce il primo modo di produzione in cui l’antagonismo (che, però, spesso è latente) rappresenta la condizione stessa del suo darsi, risultando a esso immanente la divisione in due fra capitale e lavoro. All’interno della dinamica indicata si dispiega una declinazione potenzialmente espansiva del lavoro vivo, in quanto valore d’uso della forza-lavoro, che, per un verso, è finalizzato alla valorizzazione del capitale, per l’altro, però, può configurarsi in termini di opposizione dirompente al capitale, cercando di spezzare il suo meccanismo morto. Infatti, la forza-lavoro non viene posseduta, ma venduta come disposizione temporale da un soggetto, l’operaio, che viene privato dei mezzi di produzione: il capitalista compra qualcosa che esiste solo come possibilità, rivelandosi però indisgiungibile dalla personalità vivente dell’Arbeiter. Permane quindi un elemento irrisarcibile, connesso al fatto che il corpo operaio non può mai venire catturato pienamente.

    Come emerge dal capitolo sulla cooperazione nel primo libro del Capitale (in cui peraltro ritorna la questione della Gattung, centrale nei primi testi ma mai scomparsa pienamente dall’orizzonte marxiano), il Zusammenwirken delle forze-lavoro costituisce un elemento espansivo, quantitativamente e qualitativamente, e che esige una radicale trasformazione della pratica politica. La classe, definita da un antagonismo specifico, cerca di tenere insieme, seppur instabilmente, essendo soggetta ai rovesci della politica, l’unità del nome collettivo e la molteplicità delle pratiche e dei soggetti che ne rappresentano l’articolazione materiale. Si tratta di una libertà agìta, così come avviene nelle insorgenze rivoluzionarie, in cui gli individui si riappropriano della propria praxis. I concetti di individuo e classe si contraddistinguono, come molte categorie marxiane, per un’intrinseca duplicità: pur restando invariato il nome (individuo, classe), si attua una dislocazione decisiva fra le loro due accezioni, ovvero fra la loro configurazione non del tutto disomogenea rispetto alla struttura sottoposta a critica e il loro carattere dirompente nei confronti di quest’ultima.

    Il passaggio dal lavoro, che intristisce la vita dell’uomo (manca qualsiasi lavorismo in Marx, per quanto il rifiuto del lavoro debba attraversare una serie di passaggi politici, non potendosi configurare in termini immediati), alla possibilità di manifestazione personale, nella sua stretta connessione con il tracciato materiale della situazione in cui si attua, indica la dislocazione operata dalla lotta di classe. A mio avviso, non si potrà mai insistere abbastanza sul peso decisivo del concetto di emancipazione in Marx, dai primi testi fino agli ultimi: dall’emancipazione umana della Questione ebraica all’emancipazione economica del lavoro nella Guerra civile in Francia, passando per l’emancipazione come frutto della prassi operaia, contro qualsiasi verticismo, nei testi sull’Internazionale. Calando tale tema nell’esperienza storica specifica della Comune, emerge un’ambivalenza costitutiva: la Comune, da un lato, mantiene l’apparato statale, dall’altro, però, incorpora in sé il venir meno di tale struttura di disciplinamento, perdendone progressivamente le caratteristiche, dal momento che non si tratta semplicemente di impadronirsi di una macchina statale già pronta. La Comune non si identifica con il comunismo, ma nello stesso tempo costituisce una sorta di prefigurazione di alcuni segni distintivi del comunismo.

    L’orizzonte indicato risulta continuamente attraversato dal riferimento al comunismo (per quanto raramente Marx ne fornisca una descrizione dettagliata), come «movimento reale che abolisce (aufhebt) lo stato di cose presente» (DI, p. 35, trad. it., p. 25), per riprendere la definizione contenuta nell’Ideologia tedesca, come un flusso che si inserisce nelle pieghe del presente, dispiegando le energie di cui esso è carico. Marx, da una parte, mette in luce il carattere anticipatorio delle lotte, all’interno del sistema capitalistico, volte al comunismo, dall’altra, rimarca la discontinuità di quest’ultimo rispetto al modo di produzione capitalistico. In primo luogo, senza scavare un fossato fra socialismo e comunismo, si tratta comunque di cogliere l’irriducibilità dell’orizzonte comunista a qualsiasi tentativo di ricomposizione socialista: pur con una serie di ambivalenze e talora di ambiguità, e pur nel carattere non sempre univoco, sul piano lessicologico, della differenza fra comunismo e socialismo, la polemica contro i socialisti costituisce un filo rosso della riflessione marxiana. In secondo luogo, per quanto potrebbe sembrare controintuitivo, il comunismo non si contraddistingue in senso comunitarista, sulla base di un’idea di sussunzione degli individui a un ordine superiore. Anzi, l’elemento indicato è oggetto della critica marxiana del modo di produzione capitalistico, che parte ideologicamente dall’individuo e però materialmente lo sussume a forme di potere sociale, dando vita a rapporti fra individui reciprocamente indifferenti. Risulta significativo il fatto che, dopo l’Ideologia tedesca, Marx tenda a non adoperare più il concetto di comunità quando fa riferimento al comunismo, a mio avviso perché la comunità si configura inevitabilmente come una perimetrazione, fisica e metaforica, di un territorio, con il suo carattere di disciplinamento.

    Il comunismo non può quindi venir modellato su un’idea di comunità funzionale alla forma-Stato e subalterna ai meccanismi specifici del modo di produzione capitalistico. Ma, allo stesso tempo, esso non può venir accostato alle comunità precapitalistiche, sottoposte a una critica spietata da parte di Marx, né a comunità agricole, non capitalistiche o non pienamente capitalistiche. Il ragionamento appena svolto non intende sfociare in uno schema semplificato – a cui, peraltro, talvolta lo stesso Marx ricorre – del processo storico, ritagliato sullo sviluppo dell’Europa occidentale. Risulta eccessivo affermare che Marx abbia compiuto, negli ultimi anni, una svolta completa, considerando l’Oriente, o i paesi cosiddetti periferici (per usare una terminologia non marxiana) come il fulcro della dinamica rivoluzionaria. Sostenere tale posizione non significa però escludere che, nell’ultimo Marx, si assista produttivamente a una sempre maggiore complessificazione dello scenario sociale e politico, a un crescente interesse nei confronti di realtà extraeuropee o comunque esterne all’Europa occidentale e delle loro diversificate forme comunitarie. Al riguardo la questione della comune russa si rivela di grande rilevanza sul piano teorico e politico, costituendo un elemento di produttiva problematizzazione della riflessione marxiana, ma deve venir interpretata nelle sue caratteristiche specifiche, a partire dalla congiuntura in cui si inscrive, e non come una soluzione definitiva del comunismo o come una sorta di passe-partout filosofico da applicare a qualsiasi situazione.

    In ogni caso, il concetto di comunità viene sottoposto a una forte tensione. Così successivamente verrà ritenuto più adeguato, per denotare il comunismo, l’elemento dell’associazione, che permette maggiormente, rispetto a quello di comunità, di dar conto di una dimensione di differenziazione individuale che per Marx resterà costitutiva del suo orizzonte. Si tratta comunque di una prospettiva anticomunitarista e insieme non socialista, essendo fondata piuttosto sull’idea di una dinamica coimplicazione fra individuale e collettivo, irriducibile sia all’unità superiore dello Stato sia a una società autonoma, da sostituire allo Stato: viene compiuta una destrutturazione di entrambi gli elementi, lo Stato e la società. Nel riarticolare la questione indicata, aggiungo due aspetti. Il primo risiede nella valorizzazione della dimensione comune, più che della comunità in senso stretto, e di tale elemento è spia il lemma Gemeinwesen, che assume una straordinaria pregnanza dai primi testi agli ultimi, anche nel suo carattere aperto e mai definito una volta per tutte, come emerge da una considerazione engelsiana: "Dal momento [...] che lo Stato è solamente un’istituzione transitoria, di cui nella lotta, nella rivoluzione ci si serve per reprimere con la forza i propri avversari, è pura assurdità il parlare di libero Stato popolare: finché il proletariato ha ancora bisogno dello Stato non se ne serve nell’interesse della libertà ma della repressione dei suoi avversari, e non appena si può parlare di libertà lo Stato in quanto tale cessa di esistere. Perciò noi proporremmo di mettere ovunque al posto di Stato Gemeinwesen, una buona vecchia parola tedesca che può fare molto bene le veci del [termine] francese commune" (F. Engels a A. Bebel, 18-28/03/1875, in B75-80, p. 129, trad. it., in CP, p. 249). Il secondo aspetto, che si fonda sul rapporto complesso fra la critica dell’economia politica e la politica, è connesso all’agire in comune, al Gemeinsam handeln (per riprendere l’espressione adoperata, per negationem, in un passo del capitolo marxiano sull’accumulazione), che dà il titolo al presente lavoro, delle singolarità operaie nella loro differenziazione, in antitesi rispetto all’elemento economico del lavoro salariato e all’elemento politico della forma-Stato, in cui gli individui risultano sussunti al potere sociale del denaro. In questo senso, il Gemeinwesen non costituisce un’ipostasi astratta, ma si innesta nell’azione delle singolarità operaie nel suo carattere storicamente situato. La dimensione comune non è un dato né può venir creata in modo volontaristico (al riguardo emerge la distanza rispetto al giacobinismo): si tratta di una posta in gioco politica, che però si inscrive materialmente nei rapporti sociali, sulla base di una serie articolata di condizioni e di limiti.

    Rispetto allo stato di cose presente, per trasvalutare libertà e uguaglianza (un’uguaglianza mai riducibile fino in fondo all’economico), sulla base di una continua interazione con le pratiche di classe, viene delineata un’associazione basata sulla differenziazione delle capacità e dei bisogni umani, in cui la critica della politica moderna non approdi a un’idea semplicistica di fine della politica e di pura amministrazione delle cose, e in cui la critica alle gerarchie sociali non comporti il rifiuto di una dimensione autoritativa. La posta in gioco, instabile, consiste nel fare interagire il diritto disuguale richiamato nella Critica del programma di Gotha, che si articola in termini critici rispetto a un diritto volto a rendere equivalenti individui con posizioni sociali profondamente differenti fra di loro, con la cooperazione pianificata degli individui come individui, degli individui sociali, degli uomini liberi. Alla base della prospettiva marxiana si trova il tentativo di dare vita a uno scambio dinamico fra praxis e poiesis, fra azione e produzione, fra libertà e uguaglianza effettive e trasformazione materiale, da parte delle soggettività che si fanno carico del proprio agire, singolarmente e collettivamente, in una forma che possieda forza universale, socialmente vincolante (K. Marx a F. Bolte, 23/11/1871, in B70-74, p. 333, trad. it., p. 341).


    ¹ Cfr. L. Basso, Agire in comune. Antropologia e politica nellultimo Marx, ombre corte, Verona 2012. Il libro, modificato e aggiornato, è stato tradotto in inglese: Marx and the Common. From Capital to the Late Writings, trad. di D. Broder, Brill, Leiden-Boston 2015 (II ed. Haymarket Books, Chicago 2016).

    ² In merito a queste tematiche (e a tematiche collegate a esse), ringrazio tutti i partecipanti a un seminario permanente su Marx e sul marxismo iniziato nel 2015, presso il Dipartimento di Scienze Politiche, Giuridiche e di Studi Internazionali dell’Università di Padova.

    Capitolo primo

    Il feticismo e i soggetti:

    fra realtà e mistificazione¹

    A un diverso livello della realtà, il marxismo

    mi sembrava procedesse allo stesso modo della geologia

    e della psicoanalisi [...] tutti e tre dimostrano che [...]

    la realtà vera non è mai la più manifesta, e che la natura del vero

    traspare già nella cura che mette a nascondersi.

    Claude Lévi-Strauss, Tristi tropici

    L’"enigma" della merce

    Il rilievo sulla dimensione individuale attraversa l’intero percorso marxiano, dai primi testi fino al Capitale, sulla base di un’ambivalenza costitutiva: nel modo di produzione capitalistico l’individuo, per un verso, si configura come un novum rispetto alle precedenti forme produttive, nelle quali l’uomo era legato alla propria comunità come a un cordone ombelicale, per l’altro, si rivela l’altra faccia del potere sociale, materializzato nel denaro, cosicché sviluppo individuale e sussunzione al capitale costituiscono i due lati della stessa questione. Inoltre il concetto di individualità possiede un duplice registro: da una parte, rappresenta il referente polemico del discorso, dall’altra, viene a connotare la prospettiva articolata, dal momento che il comunismo, lungi dal configurarsi in termini organicistici, viene inteso in tutte le fasi dell’itinerario marxiano come piena realizzazione degli individui, o, per usare una terminologia desunta dalla filosofia francese contemporanea, delle singolarità nel loro agire in comune, dalla delineazione degli individui in quanto individui nell’Ideologia tedesca a quella degli individui sociali nei Grundrisse (cfr. Basso 2001a, 2008a). La problematica dell’individualità trova nel Capitale un ulteriore dispiegamento, che si pone in continuità con la riflessione marxiana precedente, ma aggiungendo elementi nuovi. Ai fini della comprensione di tale questione, è assai rilevante l’indagine del feticismo, nella sua duplice posta in gioco, economica e giuridica. Tale analisi farà emergere un aspetto importante del ragionamento, vale a dire la crucialità della dimensione dell’opacità, sulla base di un intreccio di realtà e mistificazione.

    Proprio al feticismo è dedicato un paragrafo del primo capitolo del primo libro del Capitale, Il carattere di feticcio della merce e il suo arcano. Nel Poscritto alla seconda edizione Marx sottolinea che le pagine in questione sono state in gran parte modificate (K, I, p. 18, trad. it., p. 37). A prima vista, una merce sembra una cosa triviale, ovvia. Dalla sua analisi risulta che è una cosa imbrogliatissima, piena di sottigliezza metafisica e di capricci teologici [...] il carattere mistico della merce non sorge dal suo valore d’uso. E nemmeno sorge dal contenuto delle determinazioni di valore (ivi, p. 85, trad. it., p. 103). Il carattere enigmatico deriva dalla forma stessa di merce:

    [...] tale forma, come uno specchio, restituisce agli uomini l’immagine dei caratteri sociali del loro proprio lavoro, facendoli apparire come caratteri oggettivi dei prodotti di quel lavoro, come proprietà sociali naturali (gesellschaftliche Natureigenschaften) di quelle cose [...] i prodotti del lavoro diventano merci, cose sensibilmente soprasensibili, cioè cose sociali (ivi, p. 86, trad. it., p. 104).

    Prima di addentrarsi nell’analisi specifica del feticismo, occorre indagare la merce, che riveste un’importanza cruciale nella logica del discorso. Infatti, il Capitale inizia con la rappresentazione del modo di produzione capitalistico come immane raccolta di merci; la singola merce costituisce la forma elementare del modo di produzione capitalistico:

    La ricchezza delle società nelle quali predomina il modo di produzione capitalistico si presenta come una ‘immane raccolta di merci (eine ungeheure Warensammlung)’ e la merce singola si presenta come sua forma elementare. Perciò la nostra indagine comincia con l’analisi della merce. La merce è in primo luogo un oggetto esterno, una cosa che mediante le sue qualità soddisfa bisogni umani di un qualsiasi tipo. La natura di questi bisogni, p. es. il fatto che essi provengano dallo stomaco o che provengano dalla fantasia non cambia nulla (ivi, p. 49, trad. it., p. 67).

    Ci si può chiedere perché la trattazione marxiana inizi proprio dalla merce. Una prima risposta è fornita dallo stesso Marx nella Prefazione alla prima edizione (1867) del primo libro del Capitale:

    Il detto ‘ogni inizio è difficile’ vale per tutte le scienze. Perciò la comprensione del primo capitolo e specialmente della sezione che contiene l’analisi della merce presenterà maggior difficoltà degli altri [...] all’analisi delle forme economiche non possono servire né il microscopio né i reagenti chimici: l’uno e gli altri debbono essere sostituiti dalla forza d’astrazione. Ma, per quanto riguarda la società borghese, la forma di merce del prodotto del lavoro, ossia la forma di valore della merce, è proprio la forma economica corrispondente alla forma di cellula (ivi, pp. 11-12, trad. it., pp. 31-32).

    Dal passo citato emergono in particolare due temi: la presenza di un metodo fondato sull’astrazione e il riconoscimento della merce come cellula.

    Per quanto riguarda il primo tema, occorre ricordare che il metodo marxiano si fonda sul passaggio dall’astratto al concreto; ad esempio, nella Einleitung del 1857 si sottolineava che il concreto è concreto perché è sintesi di molte determinazioni, e unità, quindi, del molteplice: esso è risultato di un processo di sintesi, non è un punto di partenza [...] il metodo di salire dall’astratto al concreto è il solo modo in cui il pensiero si appropria il concreto (G, p. 35, trad. it., I, p. 27)². Alla base del discorso sta la delineazione di una forma logica che permetta, a partire dalla categoria più astratta, di pervenire a quella più concreta. L’esposizione marxiana non si identifica con un determinato andamento storico e non presenta un carattere fenomenico, indicando lo sviluppo concettuale della merce. Al riguardo occorre distinguere l’esposizione dalla ricerca: per citare il Poscritto alla seconda edizione del Capitale,

    [...] il modo di esporre un argomento (Darstellungsweise) deve distinguersi formalmente dal modo di compiere l’indagine (Forschungsweise). L’indagine deve appropriarsi il materiale nei particolari, deve analizzare le sue differenti forme di sviluppo e deve rintracciarne l’interno concatenamento. Solo dopo che è stato compiuto questo lavoro, il movimento reale può essere esposto in maniera conveniente (K, I, p. 27, trad. it., p. 44)³.

    La ricerca, che Marx ha condotto per anni sui documenti esistenti e sui fatti che essi attestano, ha seguìto delle vie che scomparivano nei risultati, nella conoscenza del proprio oggetto, rappresentato dal modo di produzione capitalistico. I resoconti in questione sono in parte contenuti nelle note e nei riferimenti. Tale indagine può iniziare dal concreto, visto che deve appropriarsi il materiale nei particolari, ma lo stesso discorso non vale per l’esposizione. Nel Capitale Marx cerca invece di esporre la logica interna del processo della sua scoperta sulla base di un andamento dimostrativo: l’analisi muove dall’astratto. Se, invece, essa partisse immediatamente dal reale e concreto, ci si troverebbe di fronte a un quadro della realtà confuso e indistinto: le categorie riproducono, ma idealmente, i rapporti del concreto reale (cfr. Schwarz 1978). Come emergerà dal prosieguo

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