La guerra degli schiavi
Di yvan argeadi
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Ha così luogo la Terza Guerra Messenica e l'oplita spartano Axiros narra in prima persona le fasi finali del conflitto per la riconquista della Messenia, una guerra che come tutte le guerre ha i suoi momenti di trionfo, ma anche quelli di sofferenza.
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Anteprima del libro
La guerra degli schiavi - yvan argeadi
PRELUDIO
Scruto quei miserabili armati di forconi, asce e bastoni dinnanzi a noi.
Vigliacchi senza onore che hanno approfittato del sopraggiungere di una calamità per rivoltarsi contro di noi.
Sparta li sconfisse in guerra molti secoli fa ormai e da allora diversi furono i tentativi di ribellione di quegli effimeri, ma mai come adesso avevano osato sollevarsi in massa.
Eppure è nella loro natura essere schiavi del più forte e piegare il capo dinnanzi a veri uomini quali siamo noi spartiati.
Dovrebbero esserci grati per averli tenuti a loro agio per più di duecento anni.
La loro rivolta è futile, nuovamente saranno piegati e sferzati dalle nostre lance.
Iloti messeni, la feccia del Peloponneso, asseragliati su quel monte che chiamano Itome, credono che la loro superiorità numerica basti a compensare la mancanza di attitudine alla guerra, i nostri muscoli, le nostre armi, la nostra disciplina.
Li piegheremo ancora una volta e torneranno a essere i nostri cani.
All'ordine del nostro ufficiale in comando prendiamo posizione nella falange e cominciamo la nostra lenta e inesorabile marcia contro quei villici pulciosi.
I loro tentativi di fronteggiarci si risolvono nel nulla di compiuto, incapaci di sfondare il nostro muro di scudi.
Li respingiamo con gli scudi e li infilziamo con le lance continuando la nostra avanzata e lasciandoci alle spalle un tappeto di cadaveri.
Urlano e sbraitano contro di noi e ridiamo dietro agli scudi, si stanno impegnando davvero molto per riconquistarsi la libertà.
Ma la loro non è che un'utopia perché anche se siamo in 7.000 contro 120.000, se non dovessimo riuscire a rimettergli il guinzaglio li stermineremo dal primo all'ultimo.
Iloti, lo schifo umano del Peloponneso.
Sporchi, infami, depravati.
Dovrebbero esserci grati per la nostra infinita generosità nel tenerli schiavi di Sparta invece di averli cancellati dalla storia a causa di ciò che compirono molti secoli addietro.
Tutto ebbe inizio quando scoppiarono le ostilità tra Sparta e Argo.
L'intera nostra armata fu impegnata in una lunga guerra contro gli argivi e questi miserabili approfittarono dell'assenza dell'esercito per assaltare Sparta, violare le nostre donne, uccidere Re Teleclo.
Da tale unione con le nostre donne nacquero parte dei parteni, che recandosi nella Magna Grecia eressero la gloriosa Taranto.
Ma quel torto andava punito.
I nostri antenati decisero che la morte era una punizione troppo clemente per una simile colpa e scelsero per costoro come destino la schiavitù perpetua.
Da allora gli iloti sono i nostri cani. Coltivano la terra e allevano vacche per sostentarci e consentire a noi di dedicarci unicamente a ciò che gli spartiati sanno fare meglio, la guerra.
E ora hanno impugnato i loro attrezzi da lavoro e si sono sollevati contro di noi, che tanta generosità abbiamo dimostrato nel non sterminarli e talvolta restituire ai più meritevoli di loro la libertà.
Ma adesso è tardi per i favoritismi.
Dovranno piegarsi a leccare la nostra urina o saranno passati dal primo