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Punto e basta. Un viaggio nell’infanzia. 1944-1948
Punto e basta. Un viaggio nell’infanzia. 1944-1948
Punto e basta. Un viaggio nell’infanzia. 1944-1948
E-book140 pagine1 ora

Punto e basta. Un viaggio nell’infanzia. 1944-1948

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Info su questo ebook

La guerra, la paura e la sofferenza aprono la porta con violenza e da lì entra prepotente il destino, un vento impetuoso che assale il piccolo Angelo di notte e lo strappa dal suo letto per trascinarlo nelle strade buie della città di Avezzano, bombardata dagli aerei. C’è un treno ad aspettarlo: l’importante è che lo porti lontano, il più lontano possibile.
Al termine del viaggio finalmente c’è la quiete, il sole splende alto. Ad accoglierlo ci sono la pace e la serenità di una piccola casa in cima a un paesino, Nocera Umbra. Qui gli occhi di quel bambino, che intanto si fa uomo, conoscono giorno dopo giorno l’essenza vera che impasta la realtà umana, intinta di bontà e di cattiveria; come malvagi appaiono gli uomini nudi, privi della maschera di un mondo normale che tutto travisa. E lì la mente e l’animo maturano e si arricchiscono di sentimenti e ideologie che resteranno salde nel tempo, durante tutto il percorso di una lunga vita.
Radici e resistenza si avviluppano in questa biografia profonda e sincera, dove il personale si fa tutto e viceversa, lasciando sempre vedere una possibilità: quella di proseguire nel cammino verso un mondo migliore.

Angelo Frillici è nato a Gualdo Tadino nel 1934. Vive a Nocera Umbra. Ha esercitato per dieci anni, dal 1960 al 1970, la professione di avvocato e dal 1970 al 2007 quella di notaio. Artista, pittore e scultore.
Già autore di Può darsi, L’autore Libri Firenze (1998), Io Sindaco, Il Salvalibro (1999), Chi è stato?, Il Salvalibro (2000), In nome del popolo terremotato, Ediprint Service (2001).
 
LinguaItaliano
Data di uscita30 lug 2021
ISBN9788830647336
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    Punto e basta. Un viaggio nell’infanzia. 1944-1948 - Angelo Frillici

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    Angelo Frillici

    Punto e basta

    Un viaggio nell’infanzia. 1944-1948

    © 2021 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l., Roma

    www.gruppoalbatros.com - info@gruppoalbatros.com

    ISBN 978-88-306-4212-6

    I edizione luglio 2021

    Finito di stampare nel mese di luglio 2021

    presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)

    Distribuzione per le librerie Messaggerie Libri Spa

    Punto e basta

    Un viaggio nell’infanzia. 1944-1948

    Agli amici di infanzia, sia quelli già lontani

    dal mondo, sia quelli che restano vicini,

    per rinnovare il ricordo di una stagione

    lontana, tra le più belle della vita.

    Arnaldo Picuti

    Marco Broglia

    Cesare Broglia

    Girolamo Madami

    Giuseppe Favorini

    Dante Morini

    Raffaele Ruggiti

    Gustavo Mazzoni

    Oreste Centini

    Osvaldo Giovanni

    Mario Capomassi

    Prefazione di Barbara Alberti

    Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.

    È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.

    Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi

    Non esiste un vascello come un libro

    per portarci in terre lontane

    né corsieri come una pagina

    di poesia che s’impenna.

    Questa traversata la può fare anche un povero,

    tanto è frugale il carro dell’anima

    (Trad. Ginevra Bompiani).

    A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.

    Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.

    Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.

    Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterley. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov.

    Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.

    Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.

    Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.

    Prefazione

    Angelo Frillici è essenzialmente per formazione mentale e studi un uomo di ricerca giuridica.

    Avvocato e notaio, ma anche pittore e scultore, dopo aver fatto il commentatore politico di un giornale cattolico regionale, La Voce, fondato da don Antonio Berardi, e infine sindaco di Nocera, città dove non è nato ma che ama più di se stesso.

    Ora scrive anche racconti, dopo essersi abbandonato in aspre polemiche durante i tristi tempi del terremoto.

    Oggi infine ci regala un romanzo con i ricordi della sua giovinezza.

    Romanzo? Perché? Be’, lasciatemelo dire, ritengo queste pagine un po’ visionarie, senza alcun rapporto con i giorni che stiamo vivendo negli incontri umani, sociali del nostro vivere, e ci portano in un mondo con distacchi e fatti raccapriccianti.

    Certo, esse sono anche autobiografiche, ma la loro testimonianza va vista, a mio parere, da un punto di vista storico, poiché la vera storia non è quella dell’elaborazione storiografica degli avvenimenti, ma nei romanzi storici, e questo di Frillici non temo di definirlo proprio romanzo storico.

    Il richiamo è audace, lo so, ma chi ha letto Guerra e pace ha finito per capire molto di più di quella immane tragedia che fu la sconfitta di Napoleone in Russia che leggendo qualsiasi altro testo di valenti studiosi.

    Angelo non si è proposto di scrivere una memoria del tempo ritrovato, ma è riuscito a infiltrarsi nell’ambito della storia in termini asciutti, intensi e talvolta estremamente dolorosi.

    Come dimenticare le pagine della sua famiglia in fuga da Avezzano rasa al suolo dai liberatori angloamericani, e la visione dei corpi straziati sui carri bestiame di quei ragazzi che le pie donne di Nocera ricomponevano prima della tumulazione?

    Pagine drammatiche, terribili, strazianti che ci ossessioneranno per sempre.

    La lettura di questo romanzo obbliga il prefatore – che ha vissuto quegli anni ancora fanciullo e dei quali non avvertì allora la drammacità – a parlare di quella Nocera tanto rimpianta e che ora non c’è più.

    Già: Nocera c’era… ora non c’è più recita un vecchio adagio popolare.

    Angelo parlando di sé, di quei ragazzi degli anni Quaranta, alla fine della Seconda guerra mondiale e della svolta democratica, e di quella Nocera che divenne sua, ha descritto con insanabile nostalgia e forse, senza rendersene conto, l’agonia di questa città umbra dove non suonavano più neppure le campane.

    Intendiamoci bene, quando parlo della morte di Nocera non intendo parlare della fine di una comunità che va al di là delle mura medievali di un municipio già romano e che comprende un territorio vasto e laborioso, ma della città fortezza uccisa dalle nuove strade e dalla modernità.

    Nel vecchio centro storico fino agli anni Sessanta-Settanta vivevano circa mille persone: artigiani, sarti, fabbri, commercianti, sacerdoti.

    Non sono volati via, hanno cambiato – come è stato detto – razza.

    Hanno costruito nuove strade, nuove abitazioni con tutte le comodità fuori dal vecchio centro, ma sono scomparsi dalla vita degli altri.

    Niente più sede vescovile, chiuso il seminario diocesano.

    La campagna è diventata di moda e tutti hanno voluto possibilmente una propria villetta.

    Il terremoto poi ha fatto il resto.

    Sì, lo so: ascolto le tue osservazioni, paziente lettore. È una storia che va al di là di questa Nocera; è un’aspirazione che ha colpito le genti di tanti vecchi borghi italiani, un’aspirazione che aveva anche l’uomo medievale.

    Come non ricordare i bei versi in latino che sembrano usciti dalla penna di un poeta, della lapide posta sulla facciata della chiesa di San Francesco nella omonima piazza: Si pacem tellus coleret si bella silerent.

    Se gli uomini amassero la pace

    se le guerre tacessero

    questa Chiesa sarebbe sorta

    fuori le mura.

    Anche i fraticelli dunque otto secoli fa aspiravano con la pace a vivere in un luogo più comodo per la vita di tutti i giorni

    Oggi, qui, anche le rondini non tornano più.

    Ma per Angelo, per me, per i nostri amici vivi o morti, Nocera è sempre questa qua, scolpita sulla collina che volge lo sguardo al monte Pennino da una parte e al monte Subasio dall’altra, lambite da quel fiume sacro alla poesia di Dante, derubato, purtroppo, dai perugini di gran parte delle sue acque.

    E ora vi lascio per tornare là, nella mia casa davanti alla torre vecchia, a piangere con il mio amatissimo Vincenzo Cardarelli a cercare ciò che più m’appartiene e ciò che ho perso, quel vento antico, quelle antiche voci, e gli odori e le stagioni d’un tempo, ahimè, vissuto.

    Arnaldo Picuti

    Prologo

    È per noi ragazzi di allora, la combriccola del circolino di don Abramo, in cima al borgo, una consuetudine che dura da oltre settant’anni, quella di ritrovarsi a Nocera ogni mese di agosto.

    Ci diamo appuntamento e ci incontriamo,

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