Il soldino veneziano e i suoi massari - da Andrea Dandolo ad Agostino Barbarigo
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Il soldino veneziano e i suoi massari - da Andrea Dandolo ad Agostino Barbarigo - Adelchi Benetton
I
CLASSIFICAZIONE DEI SOLDINI
Per una classificazione dei soldini di più facile utilizzo in questo studio, ho optato per applicare un nuovo concetto di tipologia. Il sistema è basato, in primo luogo, sulla cronologia di emanazione definita dai decreti di emissione e, in secondo luogo, sulle immagini e rappresentazioni utilizzate nei campi della moneta. L’approccio ha permesso di evidenziare in maniera più chiara e sistematica le diverse svalutazioni monetarie che hanno contraddistinto la storia del soldino e allo stesso tempo di mappare con maggiore semplicità l’attività dei massari che spesso hanno svolto la loro funzione a cavallo di diversi dogati.
Le tipologie censite sono 13 con 17 sottoclassi (tab. 1.1).
Tabella 1.1: Classificazione dei soldini, tipologie e sottoclassi
II
LA ZECCA DI VENEZIA
La storia millenaria della zecca di Venezia inizia nel IX° secolo e termina durante il Regno d’Italia. Specializzazione delle maestranze impiegate, arrivate nei periodi di massima attività a qualche centinaio di lavoratori, organizzazione della divisione del lavoro e organizzazione dei suoi processi produttivi, sistemi di controllo qualità e un sistema di approvvigionamento delle materie prime necessarie al suo funzionamento regolamentato, ne fanno uno dei primi esempi di manifattura moderna al pari del ben più grande Arsenale di Venezia.
L’evoluzione delle monete coniate, per stile e peso, seguì questa ascesa e subì, almeno inizialmente, le influenze politiche degli stati allora dominanti nel Mediterraneo e in Europa (ora il Sacro Romano Impero, ora Bisanzio) fino alla piena affermazione commerciale, politica e militare della Repubblica con la Quarta Crociata.
Agli albori della Serenissima, l’attività della zecca iniziò con la produzione di un denaro chiaramente ispirato alla moneta allora più diffusa nel Nord Italia, il denaro di Verona. Per l’oro, invece, Venezia utilizzò inizialmente per i suoi commerci e scambi internazionali, il più famoso e riconosciuto bisante bizantino e, successivamente alla Prima Crociata, i dinari di imitazione prodotti dagli Stati Crociati. Venezia non conierà proprie monete d'oro se non successivamente alla decadenza di quello che rimaneva dell’Impero Bizantino, dopo il sacco che subì nel 1204, per via dei forti interessi e privilegi commerciali con Bisanzio garantiti sin dall’emissione della Crisobolla del 1082 dell’Imperatore Alessio¹ (1081-1118).
È noto che la prima zecca, chiamata anticamente moneta
, si trovava a Rialto vicino alla chiesa di San Bartolomeo e San Salvatore. A testimonianza di tale ubicazione il primo ponte in legno di Rialto era chiamato Pons de la moneta
. Il termine zecca, dall’arabo sikka
(conio) fu utilizzato successivamente al 1285. All’epoca questa era la parte più commerciale della città e, sino al IX° secolo, sede del primo palazzo ducale nella città. Qui abitavano le principali e potenti famiglie veneziane dell’epoca (tra gli altri i Malipiero, gli Ziani, i Dandolo e i Michiel) e vi aveva residenza, presso la chiesa di San Silvestro Papa, anche il patriarca di Grado. L’edificio era inoltre situato strategicamente vicino al Fontego dei Tedeschi, dove erano immagazzinate le merci importate dai mercanti provenienti dal nord Europa. Questi mercanti, chiamati dai veneziani todeschi
, erano i principali importatori d’argento nella Serenissima.
La zecca, dopo una chiusura nel 1112², riprese l’attività produttiva dopo il 1152³, con il doge Vitale Michiel II° (1155-1172), e fu poi trasferita a San Marco, dietro la Biblioteca Marciana, dove vi resterà sino alla sua chiusura definitiva. Questo luogo era già nel XII° secolo il più protetto e fortificato della città e sede, dal X° secolo, del nuovo Palazzo Ducale, diventandone poi anche il centro amministrativo della Serenissima con la concentrazione di quasi tutti gli edifici governativi.
La chiusura della zecca nel 1112, viene altresì testimoniata dalla scomparsa dell’uso di moneta veneziana nei documenti dopo il 1140, quando la stessa viene sostituita negli scambi commerciali direttamente dal denaro veronese. Il professor Andrea Saccocci, docente di numismatica all'Università di Udine, ritiene che la zecca, invece, abbia coniato sino al 1164: il ritrovamento di un ripostiglio con monete a nome di Enrico V° di Franconia sarebbe a supporto di questa recente teoria⁴. Di sicuro l’attività ricominciò con la coniazione del denaro del doge Vitale Michiel II°, prima moneta conosciuta indicante nella legenda il doge regnante. L’evento che portò alla decisione di coniare moneta propria, avvenne, probabilmente, nel 1171, in conseguenza della seconda guerra tra Venezia e Bisanzio, che fu causata dal massacro e sequestro dei cittadini veneziani accaduto a Costantinopoli in quell’anno. Tale crisi terminerà 15 anni dopo grazie all’attività diplomatica presso la corte di Bisanzio di Enrico Dandolo non ancora divenuto doge⁵.
Fu tra la fine del XII° e l’inizio del XIII° secolo che Venezia iniziò a coniare il grosso, una moneta nuova sotto tutti gli aspetti. Non fu un caso: la potenza politica/commerciale delle Serenissima in quei secoli era in piena ascesa, mentre quella dei principali concorrenti nel Mediterraneo, Bisanzio e gli Stati Crociati, erano in rapido declino a causa delle crisi politiche ed economiche che li stavano travolgendo. Il grosso matapan
, o di primo tipo, nacque con il doge Enrico Dandolo (1192–1205) ed era caratterizzato dal più alto contenuto di argento fino e peso rispetto a tutte le monete argentee dell’epoca. Una ipotesi leggendaria lega la sua emissione alla necessità di pagare le spese sostenute per approntare la flotta della quarta crociata⁶, ma in realtà alcuni documenti dell’inizio del XIV° secolo, contenuti nelle cronache del doge Andrea Dandolo (1343-1354), ne collocano la nascita già nel 1194 e quindi coeva alla terza spedizione della Guerra di Zara⁷. Il nome matapan
proviene probabilmente dall’arabo mautaban
che significa Cristo seduto
, rappresentazione utilizzata nel rovescio della moneta, che riproduceva l’immagine del Cristo in trono, mentre al suo diritto vi era l’immagine di San Marco e del doge in atto di ricevere una pergamena. Un’altra ipotesi, meno fondata, ne lega il nome ad un promontorio greco, Capo Matapan. Per la prima volta, in una moneta medioevale, veniva raffigurata una scena complessa di ispirazione bizantina e veniva introdotto un anello esterno perlato per evitare la tosatura. Vera novità fu il titolo al 985‰ di argento, il massimo raggiungibile con le tecnologie dell’epoca; titolo elevatissimo se lo confrontiamo con i denari contemporanei che avevano una purezza dal 200‰ al 500‰ di fino. Il successo commerciale fu immediato ed il grosso fu dedicato al commercio, specie estero, mentre i denari, già di per sé molto svalutati, al commercio minuto della città.
L’organizzazione della zecca prevedeva la presenza di funzionari pubblici, incaricati alla supervisione di tutte le operazioni svolte