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Impara a vivere impara a morire: Riflessioni sul senso della vita e sull'importanza della morte
Impara a vivere impara a morire: Riflessioni sul senso della vita e sull'importanza della morte
Impara a vivere impara a morire: Riflessioni sul senso della vita e sull'importanza della morte
Ebook54 pages44 minutes

Impara a vivere impara a morire: Riflessioni sul senso della vita e sull'importanza della morte

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About this ebook

Elisabeth Kübler-Ross, conosciuta in tutto il mondo come studiosa del passaggio dalla vita alla morte, plaudita per l’intensità dei suoi testi e per la capacità di affrontare con levità un argomento da sempre temuto dall’uomo, ci offre un piccolo libro di straordinaria profondità, in cui il lettore attento può scoprire non soltanto il senso più autentico dell’esistenza, ma anche il significato della morte, momento fondamentale della vita al quale dobbiamo imparare a guardare con dignitosa consapevolezza e serena lucidità.
Il libro, strutturato in forma dialogica, affronta delicatissimi argomenti, quali l’eutanasia, il dolore nel corso di una lunga malattia, la difficoltà da parte degli adulti ad accettare la morte di un bambino e il suicidio. Aiutandoci a riflettere su temi che costituiscono gli interrogativi fondamentali della nostra esistenza, ci insegna a trarre lezione dalle esperienze della vita per imparare a morire senza paura.
 
LanguageItaliano
PublisherArmenia
Release dateOct 15, 2021
ISBN9788834436349
Impara a vivere impara a morire: Riflessioni sul senso della vita e sull'importanza della morte

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    Impara a vivere impara a morire - Elisabeth Kübler

    La morte degli altri

    Signora Kübler-Ross, che cos’è più difficile: imparare a morire o imparare a vivere?

    Credo che le due cose, la vita e la morte, non possano essere distinte. Le persone che hanno saputo vivere e che hanno veramente vissuto non temono la morte. Al contrario, le persone che non hanno vissuto hanno il terrore di morire.

    Che cosa significa, allora, «imparare a vivere»?

    Significa non vivere per il 90 per cento proiettati nel futuro e non preoccuparsi del domani. E significa imparare a essere qui, a vivere nell’oggi. In questo modo si ha il tempo di seminare un fiore o di appartenere a una persona e non si è costretti a saltare di cosa in cosa e di persona in persona, come spesso accade al giorno d’oggi. Ci sono padri che si domandano preoccupati se potranno dare ai propri figli la possibilità di frequentare una buona scuola, che temono di non guadagnare abbastanza bene e di non avere di che vivere nella vecchiaia. Questi padri non riescono a trovare il tempo di conoscere i propri figli. E, un giorno, improvvisamente, scoprono di avere una malattia incurabile, magari ancor prima di andare in pensione; quel giorno saranno i figli a non avere tempo per loro, così come loro non hanno mai avuto tempo per i figli. È in questi momenti che ci si chiede: «Perché non sono mai riuscito a ritagliarmi mezza giornata di tempo per andare, che so, a pescare con mio figlio, per conoscerlo a fondo?». Così la gente muore nella tristezza di non aver mai vissuto veramente.

    Eppure, in genere si pensa: più la vita è stata bella, più è difficile rinunciarvi.

    Dipende da che cosa si intende per «bello». Chi con il termine «bello» intende andare in vacanza in Florida d’inverno e riempirsi la vita di ricchezze materiali farà senz’altro fatica a morire, perché avrà la sensazione di dover rinunciare a tutto. Chi, al contrario, ha saputo davvero amare e aiutare il prossimo nel corso della propria esistenza proverà una sensazione di ricchezza interiore. E non avrà alcuna difficoltà ad accettare la morte.

    Parlando della morte degli altri, non dovremmo dimenticarci anche di chi rimane, di chi continua a vivere.

    Quali sono le difficoltà che queste persone incontrano? L’esperienza mostra, infatti, che la morte è un problema soprattutto per chi rimane.

    Molto spesso è così. Dipende anche molto dalla qualità del rapporto con la persona scomparsa finché questa era in vita. Conosco madri che continuano a brontolare e a reclamare se, per esempio, al loro figlio piace la batteria e in casa suona spesso il tamburo. Queste donne non fanno che preoccuparsi del giudizio dei vicini e bombardano i figli con frasi del tipo: «Smettila con questo terribile baccano!». Non trovano niente di buono nel suonare un tamburo. Poi, un giorno, la morte strappa loro il figlio. Queste madri pagherebbero tutto quello che hanno per poter sentire di nuovo quel baccano terribile. E troppo spesso si accorgono a quali ridicole priorità hanno dato la precedenza nella vita, capiscono che il loro timore nei confronti dei giudizi dei vicini ha rovinato il rapporto tra una madre e un figlio. In quel momento di lutto queste madri devono sobbarcarsi un compito doloroso e immane: «Perché non gli ho mai detto quanto ero contenta e orgogliosa del fatto che si interessasse alla musica?».

    Quando un familiare o amico sta per morire, ci troviamo di fronte a due problemi.

    Il primo può essere espresso dai seguenti interrogativi:

    Come posso aiutare questa persona?

    Che cosa posso capire di lei?

    Che cosa capire di lei in questi ultimi giorni o in queste ultime ore?

    Il secondo in questi termini:

    «Come posso superare

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