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Cristianesimo e altri fattacci
Cristianesimo e altri fattacci
Cristianesimo e altri fattacci
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Cristianesimo e altri fattacci

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Cristianesimo e altri fattacci è un interessante e brillante volume

che abbraccia, con grande proprietà di linguaggio e ironia, uno degli

argomenti di più difficile trattazione: Dio e la fede nella sua

esistenza. Attraverso un testo pieno di spunti di riflessione, il

lettore viene portato per mano a ragionare sui diversi aspetti che

permetterebbero di affermare l'esistenza di una Mente creatrice alla

base dell'universo, di un Bene superiore che dovrebbe guidare le nostre

azioni. Non ci troviamo di fronte a una trattazione dogmatica o

categorica, quanto più a un ragionamento del tutto personale, basato su

una esperienza di vita.La nozionistica di cui si fregia l'autore è porta

al lettore con garbo e naturalezza, con allegria anche, tanto che ci si

troverà spronati a informarsi, attraverso letture e approfondimenti, su

tutte quelle parti argomentative di cui non si dispone una piena

conoscenza o ad abbracciare consigli di lettura che lo stesso autore

suggerisce.Cristianesimo e altri fattacci risulta un ottimo esperimento

testuale ibridato con un flusso di coscienza, un memoir, una spiegazione

alla portata di tutti su cosa sia la fede e la religione di impronta

cattolica.
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateSep 30, 2021
ISBN9791220356473
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    Cristianesimo e altri fattacci - Mario Gesmundo

    LA LETTERA

    Ruvo di Puglia, 18 gennaio 1991

    Ebbene, domani faccio compio 18 anni. Finalmente! Anche se: finalmente di che? La cosa positiva è che sarà sabato per cui, quando arriverò a Ruvo da Bitonto alle due, avrò tutto il sabato pomeriggio e la domenica per me. Oggi a scuola è andata benone abbastanza bene: ho avuto 8 in matematica, durante le prime due ore, senza alzarmi dal posto, grazie a due interventi azzeccati e soprattutto non sono stato interrogato in meccanica alla terza ora dal Fedayn. Non avrei saputo dire niente, come sempre, direi. Gli abbiamo detto che il preside ci ha dato il permesso di ascoltare un po’ la radio per seguire gli avvenimenti della guerra del Golfo, ma non ce lo ha accordato. Siamo in guerra e i nostri aerei stanno bombardando Bagdad. Ho paura e sono preoccupato, per cui avrei sentito volentieri la radio, ma il Fedayn ha insistito per interrogare e ha interrogato Tangari che si è alzato, è andato vicino alla cattedra e gli ha detto: «I love You», prendendosi un bel 2. Per fortuna Masellis ha chiesto di essere interrogato lui. È andata bene per lui anche se, per tutto il casino creato, il Fedayn non ne ha potuto più e ha chiamato il preside con il suo cellulare, che porta da qualche giorno alla cintura: «Vito passami il preside. Preside io, in questa maniera… lo sente il chiasso. Quello che adesso sta gridando è Sciannimanico. Io mi rifiuto di fare lezione, di stare con questi animali. Qui non vogliono fare niente e stanno sfasciando tutto. Da domani mi metto in malattia».

    Secondo me con quel citofono bianco non ha chiamato nessuno perché, per come è tirchio e per quanto costa telefonare con i cellulari, ha fatto solo finta ma è successo comunque un putiferio. Alberga ha preso l’asse di legno che chiude da dentro la portafinestra dell’aula che dà sul cortile di Villa Serena, e ha inveito contro. Chi prendeva Alberga lui, chi teneva il professore. Insomma un guazzabuglio casino. Per fortuna è suonata l’ora e se ne è andato. Avremmo dovuto fare due ore di aggiustaggio ma il professore ci ha fatto sentire la radio. Continuano i bombardamenti. L’Iraq in tutta onestà non so bene dove si trovi, ma penso che tra noi e loro non ci sia molta distanza. I missili li sento vicini. Noi in Puglia siamo sicuramente un obiettivo sensibile grazie a Gioia del Colle, che è una base Nato. Siamo fritti. Ma è meglio non pensarci.

    Domani faccio farò compirò 18 anni. Devo pensare solo a questo. Tra oggi e domani c’è così troppo poco tempo, che forse non ci saranno grandi cambiamenti, a meno che non arrivi qualche bomba. Mi stanno dicendo tutti di aver raggiunto un traguardo importante. Lo so ma è come se non stesse cambiando niente. Mi sto impegnando a scuola per ottenere buoni risultati. Ritengo di essere una persona seria che non fa cose avventate. Mi sento un buon cristiano ed è questa la cosa alla quale più tengo e a questo ci tengo. Da ormai tre mesi porto il Tau al collo, che ho preso ad Assisi quando sono andato con i miei amici della parrocchia, e ne sono vado fiero. I compagni di scuola mi prendono un po’ in giro chiamandomi «il prete» ma a me non interessa. I tre nodi, fede, speranza e carità, so che sono un po’ i miei riferimenti e lo saranno per sempre, anche quando sarò adulto. A proposito non domani ma tra dieci anni, la penserò ugualmente? E tra venti, trent’anni, quarant’anni e ancora?

    Avrò realizzato i miei sogni? Sarò diventato ingegnere come mi sono promesso in quinta elementare? Mi sarò fatta una famiglia, avrò avuto dei figli come desidero? So solo una cosa: non mi interessa essere ricco, mi basta non arrancare. Ma la cosa che voglio fortemente è rimanere fedele a me stesso. Ce la farò?

    Domani compio 18 anni, sperando che rimangano sempre quelli nel cuore, anche quando magari ne avrò 100. Festeggerò con gli amici e farò un patto con me stesso già che ci sono: Mario, non devi cambiare.

    Con affetto,

    Mario,

    PRELUDIO

    Scartabellando tra le carte a casa di mio padre, tra le cianfrusaglie che lì ho lasciato quando mi sono sposato e che nessuno ha mai più toccato, ho trovato un quaderno mal messo di colore rosso, nel quale scrivevo alcuni miei pensieri da ragazzo. Era all’interno di un cartone, posto nell’armadio a muro della camera da letto dei miei. Odorava di vecchio. L’ho soppesato e rigirato più volte in mano, aprendolo a caso. Mi sono imbattuto nella lettera scritta il giorno prima del mio diciottesimo compleanno. Di quell’epoca non mi ricordo niente e quelle frasi mi hanno scaraventato in un altro pianeta. Un tuffo nel cuore. Quelle vicende scolastiche strampalate di quel giorno, insieme a tutto quello che stava succedendo in quel periodo nel mondo, mi hanno lasciato letteralmente a bocca aperta. Quel Mario mi ha fatto tenerezza per la sua freschezza e per i timori che attanagliavano la sua anima, allora. Come era serio. Conoscendomi oggi, lo avrei scansato uno così, ed è per questo che mi è venuta voglia di accompagnare Mariolino, quel me stesso incipiente diciottenne, nel percorso dei miei pensieri, per fargli scoprire il percorso di questi anni, per capire se abbia tenuto fede all’impegno di non cambiare che si era prefissato per se stesso, e quindi anche per me, per la sua e la mia vita. Non so se rimarrà deluso o sarà contento di quello che sono diventato. Si accorgerà che ho dovuto sterzare, cambiare rotta e anche fermarmi, quando magari avrei dovuto proseguire dritto. I cambi di rotta, i fuori programma, sono stati talvolta necessari ma anche no, com’è di moda dire adesso.

    Ora, per non parlargli alle spalle, lo interpellerò in maniera diretta, quel me diciottenne. Mariolino è il nome affibbiatomi dai grandi e dagli intimi. Non l’ho mai accettato, volendomi affermare come Mario. Se non ci sono riuscito ancora adesso, visto che qualcuno mi chiama ancora così, è perché forse non ho mai dato l’idea di una persona adulta, come se quella muta d’adolescente fosse ancora aderente e incapace di staccarsi.

    Allora, Mariolino, ti interpellerò da pari. Visto che hai voglia di cambiare il mondo in meglio, voglio parlarti di temi e argomenti di altissimo livello che possano risultare risolutivi per le problematiche esistenziali che affliggono te e tutto il genere umano, ma te lo dico subito di modo che ci capiamo: io sono soltanto io, per cui accontentati di quello che con fatica riuscirò a balbettare. Ci sono persone informate sui fatti che li sanno raccontare e che irradiano con le loro personalità, un’aura potente di verità. La mia aura, a confronto della loro, è sbrindellata, come una bandiera al vento che qualcuno ogni tanto dimentica di ammainare. Ti racconterò e spiegherò le cose senza cognizione di causa. Ti serviranno a capire chi sono diventato. Sono solo un profano con la tastiera sotto le dita, che imbratta di pixel i fogli di Writer di Open Office, perché la versione di Office è scaduta. Non ho i titoli giusti e nemmeno i paragrafi, per essere onesto, ma in fondo, penso che questo lo hai sempre saputo, o perlomeno intuito.

    Ti affido i miei pensieri e trascrivendoli cerco di rendere il tutto più chiaro, a te e anche a me. Ho sentito dire che scrivere sia catartico e ci credo. Prima però, già che ci siamo, facciamo una bella ricerca su Google per capire il significato di catartico, non si sa mai. Ok, io ho letto. E tu? In poche parole si tratta di raccontare per liberarsi, come utilizzare uno sciacquone per ripulire quanto d’immondo è stato prodotto. Che metafora! Mi sento un po’ stupido nel fare questo, avendoti accanto con quella espressione di stupore, incapace di capire se abbia perso i lumi della ragione o sia immensamente saggio per affrontare questa sfida. Per iniziare a rompere il ghiaccio, se dovessi darti una definizione non troppo sincera di me stesso, per venire incontro alla tua curiosità, analizzandomi allo specchio, volendomi non ferirmi seriamente, direi: uomo con massa adiposa prospiciente con tartaruga finita male, con vista poetica da lontano e da vicino (nel senso reale: senza occhiali fa molta… nebbia), con tanti anni rispetto ai tuoi che è meglio tacerli, incline comunque al sogno e al finale vogliamoci bene. Nonostante il tempo che mi distanzia da te, mi sento un adolescente protervo, dentro un involucro splafonato, lo devo ammettere. Non ridere perché è ciò che sarai!

    Lo studio e il titolo conseguito dovrebbe mettermi al riparo dal pestare deiezioni, trincerarmi dietro le mie sicurezze (?) professionali, ma catarsi è catarsi e tanto vale… mi spurgherò, ti metterò a parte delle mie puerili riflessioni.

    Traccerò con te e conserverò, scrivendoli, i pensieri e le parole che mi sovvengono. Lo farò per fissare quello che penso e sapere che ho già riflettuto su certe questioni. Ritornare sempre sugli stessi ragionamenti, come fossero nuovi è tipico dell’età del declino. Sfatto e brutto sì, ma non rincoglionito. Almeno per il momento!

    Da quando non ci siamo più frequentati, sono cambiate tante cose e siccome il tuo desiderio per la tua vita è quello di rimanere una persona integra, profondamente umana e profondamente cristiana, affronterò con te questi aspetti per vedere com’è andata. Mentre mi racconto, potresti avere la sensazione che io mi sia mosso a guisa di oracolo, per non scomodare l’abusato membro di segugio, procedendo a tentoni in ordine sparso. Non mi giudicare e sappi che avresti dovuto insistere di più per farmi pensare diversamente, nel caso l’avessi ritenuto giusto. Ti dico subito, così me lo tolgo davanti, che non sei cambiato, sei rimasto disordinato e, per quanto io abbia elaborato un preciso piano da seguire su questo percorso con te, con una sua precisa architettura, questo è difatti uno scritto caotico, composto da un disperso cronico. Sappi anche, caro il mio Mariolino, che potrebbe sembrarti uno scritto contorto, ma conoscendoti, sono certo di scrivere una parafrasi di quello che avresti scritto tu! Se le frasi dovessero sembrarti complicate e artificiose, ti ricordo che è il tuo modo di scherzare. Lo farò anch’io per renderti la pariglia.

    I quesiti che mi sono posto per darti delle risposte sono gli stessi che attanagliano l’esistenza di quasi tutti, complicandola. Anche tu, lo so, ti chiedi spesso: Esiste Dio? E noi chi siamo? Da dove veniamo? Dove andiamo? Vedo che annuisci, ma mi rendo conto solo adesso che hai iniziato a intricarti la vita, fin da subito.

    Ora, non mi soffocare con tutte queste domande tutte insieme. Aspetta e procediamo con ordine, più o meno! Hanno riempito intere biblioteche su tutto questo e siccome non voglio citare nessuno, perché come ti ho detto non ho né titoli né la cultura adeguata, e non volendo soprattutto condurre ricerche, né per te né per me, mi farò trascinare dalla corrente della mia ignoranza cercando di spiegarti le grandi verità, a modo mio. Se poi le interpretazioni, quelle verità non le lambissero nemmeno, pace. Non ho la pretesa di sembrarti migliore di quello che sono, giusto per fare il grande con te, né voglio creare nuove teorie o promuovere nuove filosofie di vita. Sento l’esigenza di farti capire cosa sia depositato in fondo, nella mia valigia interiore, con luci e ombre, sperando solo che, nonostante questo pezzo di storia in più rispetto a te, io non abbia tralasciato quel tuo desiderio; il desiderio che hai nel cuore, di rimanere al di là di qualsiasi contorno, un uomo, inteso come pregno di umanità.

    E allora, Mariolino… stammi vicino, siediti accanto e fammi domande quando non mi spiego bene. Ti dirò cosa penso e cosa conosco di me stesso. Alla fine potrai tirare le tue conclusioni. Parlami anche di te, se puoi, a forza di affastellare giorni su giorni, ti ho perso di vista. Lasciamoci la possibilità di ritrovarci e di crescere entrambi. Farò tesoro di quello che mi suggerirai e io cercherò, se posso, di consigliarti nonostante gli errori che di sicuro commetto ogni momento che vivo. Da dove vuoi iniziare? Vuoi sapere se ancora credo in Dio? E sia!

    CREDERE IN DIO

    Vedi, Mariolino, nonostante siamo in 7,7 miliardi di persone ad abitare questo pianeta, nonostante tutte le code ai supermercati, alla posta, ai concerti e davanti alle porte dell’Agenzia delle Entrate a cui siamo abituati, ci sentiamo soli. Vedendo coloro che si avvicinano, si aggrappano, si affidano alle religioni, mi sono fatto l’idea che patiamo in maniera istintiva della mancanza di qualcosa o, per risultare ascetici e vedere la cosa da un altro punto di vista, percepiamo che vi possa essere una Presenza superiore che però si diverte a giocare a nascondino.

    La ricerca di questa Esistenza avviene utilizzando diversi algoritmi più o meno sofisticati che cambiano in base alla longitudine e alla latitudine. Ti ritrovi a essere cristiano, musulmano, ebreo, buddista eccetera per colpa dell’indirizzo di casa tua. Tu sei diventato cristiano perché abiti nella strada di fronte alla chiesa di San Giacomo. Ciascuno, sicuro di quello che ha imparato da fanciullo, corre il rischio, crescendo, di sentirsi un paladino della fede, sorgono quindi fraintendimenti con gli altri. Sappi che ognuno è deciso ad affermare che il metodo elaborato dal proprio condominio per chiarire chi sia quell’Entità, sia quello più giusto, meglio ancora: l’unico metodo giusto.

    Ora non voglio fare crociate né sminuire la fede dei restanti 7,7 miliardi di persone meno due, io e te, che pensano diversamente da noi e sono persuasi che ci stiamo sbagliando. Non mi interessa. Voglio solo raccontarti del flusso di pensieri che mi attraversa la mente e delle sensazioni che mi scaldano il cuore. Gli altri sono liberi di pensare quello che vogliono, e io non ho niente da obiettare.

    Bazzichiamo entrambi il rione cattolico cristiano, quello universale, giusto per distinguerci da quelli del quartiere protestante, dagli anglicani e da tante altre borgate cristiane che forse per verità mi conviene citare per rinfrescarti le nozioni: evangelici, avventisti, metodisti… e ora basta. Lo so che tu sei uno dei papa boys di Giovanni Paolo II. Cosa e come? Ti faccio una confessione: proprio quest’anno dei tuoi diciott’anni, in estate, andrai a Czestochowa dalla Madonna Nera e parteciperai alla giornata mondiale dei giovani. Non ci credi? Forse non avrei dovuto dirtelo, però per un caso fortuito, ci andrai. Non mi chiedere altro, ho detto troppo e non esultare, ne avrai tempo. Oggi non c’è più il tuo papa, c’è Francesco, quello che ogni tanto si affaccia alla finestra sul colonnato del Bernini con le braccia spalancate e dà bordate a destra e a manca, dentro e fuori, in quanto ognuno fa la chiesa a sua immagine, a sua somiglianza. Forse è quello che sto facendo anch’io, ma mi prendo la piena responsabilità di quel che dico. Non coinvolgerò nessuno. È solo un discorso tra te e me. Anche tu, tienilo per te.

    Non divago e vengo al nocciolo.

    La domanda principe che mi hai rivolto è: Dio esiste? Mi piacerebbe chiedere a Nando Pagnoncelli, presidente dell’azienda di sondaggi IPSOS, se si possa istituire, gratuitamente, un sondaggio per vedere cosa pensa la maggioranza delle persone sull’esistenza di Dio. Giustamente accolgo la tua osservazione: si tratta di un lavoro inutile. Ci potrebbe essere anche una vittoria bulgara per il Sì o per il No, ma ciò non acclara se effettivamente Dio esista o no. Dovesse esistere, esiste oltre la nostra stessa opinione e al di là della massiva partecipazione al sondaggio. Vedo che sei della mia stessa opinione. Bravo e complimenti!

    È un’enormità voler dimostrare, senza che nessuno di noi sulla Terra abbia la scienza esatta in tasca, che Dio c’è, non adducendo prove ma ragionamenti più o meno congrui. C’è chi argomenta la propria tesi in base a quello che lo convince di più, ma esiste diametralmente uno con una contro-tesi. Ho sentito di tutto, ma riassumendo in maniera draconiana, posso affermare che c’è chi crede nel Caos come fonte di creazione e chi invece in un’intelligenza superiore che chiama Dio. Mi espongo io, più grande di te e, se non mi condividi, è… colpa tua.

    Ti è mai successo di trovarti davanti a una scultura, un dipinto grandioso, un palazzo, una collana preziosa e sentire dire dalle persone accanto, con tanto di bocca spalancata: «Come diavolo è possibile che gli atomi e le molecole si siano organizzate in questo modo? Oh è incredibile!». Ti faccio un ragionamento: di una bella macchina si vede la carrozzeria, gli sportelli, il deflettore e il computer di bordo. Se fossi un adepto della teoria del Caos pregherei così: «Caos, io ti prego, fa soffiare il tuo vento creatore! Ti scongiuro più in là, nel mio garage, fammi palesare questo stesso miracolo di materiali, così bello e ordinato, magari di colore bianco. Ti prego!»,

    Siccome il miracolo non succede mai, mi sorge il dubbio che io forse sbagli a formulare il mio ABRACADABRA e, continuando a non sentire da quell’orecchio, ho ragione di credere che il Signor Caos risulti ogni tanto assente. Chissà però, aspettando qualche centinaia di migliaia di anni se… La verità è che non ho tanta pazienza per aspettare così a lungo. Per fortuna ci sono concessionari che quei miracoli, li hanno pronti e puliti nei loro autosaloni. Dietro, vi sono persone che quei prodigi, li hanno sognati, progettati e realizzati. Hanno fatto certamente prima. Chi fa da sé fa per tre.

    Se vedi un albero, un fiore o una pianta, la domanda da porsi è: nella loro perfezione non c’è niente di ragionato? E se pensi agli animali, maschi e femmine, grandi e piccoli, volanti, terrestri e subacquei, cosa ne deduci? È solo una specializzazione del Caos? Di evoluti si sono evoluti e in questo il Signor Caos, come ha spiegato bene Mr. Darwin, che hai studiato nel biennio a scienze, ha messo il suo zampino. Si vede. Ma per tutta quella maestosa sinfonia, chi ha battuto il diapason e dato il la iniziale? Il Caos in persona?

    Mi sovvengono altre perplessità, altre considerazioni, altre domande e ho voglia di condividerle con te. Studiando l’essere umano, non è forse un meccanismo allucinante? È dotato di un software così complesso da risultare impossibile riprodurre. Possiede un hardware formidabile, con batterie incluse, sempre a patto che mangi tutti i giorni, che gli ha consentito di conquistare la terra, il cielo e pure l’acqua. Gli scienziati affermano che l’uomo sia veramente cosa molto buona e si tratta di un congegno che non può essere riprodotto in alcun modo, anche partendo dall’insieme dei suoi elementi base: acqua 65%, proteine 16%, lipidi 13%, sali minerali 5%, glucidi 1% e tracce di vitamine. Se fosse il Caos a determinarne la nascita, sarebbe sufficiente chiamare a raccolta i migliori shakeristi del mondo, tra un cocktail e un altro, gli chiederemmo di mettere tutti quegli ingredienti in un recipiente asettico, facendoli shakerare a dovere. Avremmo bambini che, con opportune aggiunte di coloranti, potremmo averli del colore preferito: gialli, verdi, rossi, grigi, amaranto. A proposito, a me celestino non dispiace.

    Vado al dunque. Vi è chi è certo che il tutto si sia disposto così come il mondo è, partendo dall’urto caotico primordiale tra amminoacidi e proteine che pressati, mescolati e tostati al punto giusto, si sono organizzati per creare la vita. Stando a questa teoria, la scintilla di vita è nata da uno scontro, senza che tra l’altro nessun CID dimostri effettivamente la constatazione amichevole dell’incidente. Per come la vedo io c’è necessità di una fede incommensurabile nel credere in questo, anche perché chi avrebbe creato il Caos, questo vento portentoso, chi si è preso la briga di farlo soffiare? A casa mia oltre me, so chi mette sottosopra le mie cose e non si chiama Caos: hanno un nome e il mio stesso cognome. Credere in Dio appare quasi una risposta troppo semplice, lo so, ma mi sembra più assurdo rimanere estasiati dinnanzi alle tele di Lucio Fontana credendo sia arte e pensare che un tulipano sia partorito dal caso, un mero processo occasionale di evenienze, uno sbattimento di eventi senza senso che hanno condotto a partorire la bellezza.

    Per me, Dio

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