La maschera di Zodiac - Profilo criminologico di un serial killer atipico
Di Luca Marrone
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Società e scienze sociali - saggio (91 pagine) - L’analisi di uno dei serial killer più inquietanti della storia della criminologia.
“Gli scolari sono un ottimo bersaglio, penso che qualche mattina farò fuori uno scuolabus, sparo alle gomme davanti poi elimino i bambini mentre saltano giù.” Questa una delle più famose e terrorizzanti minacce inviate ai giornali da un assassino seriale elusivo e sfuggente, eppure molto abile nel richiamare su di sé l’attenzione dei media e del pubblico. Zodiac, questo il nome che si è attribuito, divenuto tristemente famoso, come il simbolo posto in calce alle lettere con cui preannunciava i suoi delitti e scherniva la polizia. Allegati ai messaggi, dei cifrari non ancora del tutto decrittati, dal contenuto delirante. Come la sua vera identità, anche il numero esatto delle sue vittime è tuttora sconosciuto. Tra queste, coppie di fidanzati, un tassista e, forse, una giovane studentessa e una donna di cui si è persa ogni traccia. Il presente contributo ricostruisce i delitti di Zodiac, prende in esame le sue lettere, passa in rassegna alcuni degli scenari investigativi più accreditati e applica alla vicenda le categorie analitiche del criminal profiling. L’analisi di uno dei serial killer più inquietanti della storia della criminologia.
Luca Marrone è nato a Roma, laureato in Giurisprudenza e specializzato in Criminologia e Psicologia forense. Si è dedicato ad attività di consulenza criminologica e di investigazione privata ex lege 397/2000. Dal 2007, è docente di Criminologia e Scienze forensi presso la Libera Università Maria Ss. Assunta (Lumsa) di Roma. È membro della Società Italiana di Criminologia e dell’European Society of Criminology. Tra le sue pubblicazioni, ricordiamo: Dalla scena del delitto al criminal profiling. Temi di investigazione criminale (2015), Compendio di criminologia investigativa (2016); Appunti di criminologia. Lo studio del delitto e le sue applicazioni (2017), Lezioni di criminologia (2018), Il Mostro di Firenze. Scene del delitto e profili criminologici, con M. Marrazzo (2020), Il Mostro di Roma. Delitto, devianza e reazione sociale nell’Italia del Ventennio (2020).
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Anteprima del libro
La maschera di Zodiac - Profilo criminologico di un serial killer atipico - Luca Marrone
1. Qui parla Zodiac
1.1. Preludio
Oceanside, contea di San Diego (California). Nell’aprile 1962, uno sconosciuto telefona alla locale polizia preannunciando l’intenzione di commettere, a breve, un crimine sconcertante
(baffling
). Chi riceve la chiamata non le attribuisce una particolare importanza.
Il 10 aprile, martedì, Ray Davis, tassista ventisettenne della Checker Cab Company, residente con la moglie al 525 di Tremont Street, verso le 23,20, prende a bordo della sua vettura un cliente nei pressi di Mission Street e si dirige verso la zona sud di Oceanside.
Il suo corpo senza vita viene rinvenuto la mattina successiva, nei pressi di Pacific Street, nel lussuoso quartiere Saint Malo. È al volante della vettura ed è stato attinto da due colpi d’arma da fuoco, alla testa e alla schiena. L’arma impiegata è una calibro 22; i colpi esplosi, Long Rifle.
Poco dopo l’omicidio, la polizia riceve un’altra singolare telefonata: uno sconosciuto rivendica il delitto e minaccia che, a breve, farà fuoco contro un autobus scelto a caso. Nei giorni successivi, le locali fermate dei mezzi pubblici verranno presidiate dai militari del vicino Camp Pendleton.
La minaccia non si concretizza.
1.2. Linda Edwards e Robert Domingos
Martedì 4 giugno 1963, pomeriggio. Robert Domingos, diciotto anni e Linda Edwards, diciassette, prendono il sole su una spiaggia di Santa Barbara (California), non lontana dal Gaviota State Park. Hanno parcheggiato la loro auto, una Pontiac nera, su un vicino sentiero in discesa, fuori dall’autostrada. I due vengono raggiunti da uno sconosciuto che, secondo la successiva ricostruzione dell’evento, potrebbe avere con sé un lungo fucile calibro 22., arma particolarmente adatta al tiro al bersaglio. L’aggressore attinge le vittime alla schiena, con numerosi colpi: undici esplosi contro Robert, otto contro Linda. Gli investigatori ipotizzano che i due giovani siano stati raggiunti dai proiettili mentre cercavano di fuggire. Alcuni lividi riscontrati sul volto della vittima maschile, inoltre, legittimano la supposizione che vi sia stata una colluttazione prima della fuga. Dopo aver ucciso Robert e Linda, lo sconosciuto trascina i loro corpi senza vita in una vicina baracca. Qui, con un coltello, lacera il costume da bagno della giovane, esponendone i seni e pone il corpo di Linda su quello di Robert. La presenza di bruciature su un telone repertato nella baracca, induce a ritenere che egli abbia anche tentato di appiccare un incendio. Prima di dileguarsi dalla scena del crimine, l’omicida posiziona in loco una serie di tracce materiali, tra cui bossoli dei colpi esplosi e pallottole inutilizzate, Western Super X. Tali munizioni risulteranno appartenenti a un lotto in vendita presso la base aeronautica di Vandenberg, a circa dieci miglia a nord di Lompoc. Repertati, sulla scena, anche pezzi di corda, con cui verosimilmente lo sconosciuto intendeva legare le vittime.
Le indagini sul duplice omicidio non approdano a risultati concreti. Inizialmente, viene sospettato un giovane di diciassette anni, con precedenti penali, che risulta conoscere la coppia assassinata e aver nutrito gelosia nei confronti di Robert. Il giorno dell’omicidio, si trovava a Refugio Beach, a poco più di cinque miglia dalla scena del crimine. Il sospettato, inoltre, risulta avere, su una mano, vistose contusioni compatibili con una colluttazione. Nel corso dell’interrogatorio, infine, il giovane adotta un atteggiamento particolarmente ostile verso i poliziotti e questo, ovviamente, non può che accrescere i loro sospetti. Sembra, però, che non si acquisiscano elementi decisivi per formalizzare un’accusa nei suoi confronti. Il giorno successivo al delitto, il 5 giugno, la polizia arresta anche altri due giovani, James L. Coleman e J.C. Reed, per aver ucciso, durante una rapina, un uomo di nome Vernon C. Smith. Non vengono direttamente posti in relazione con il delitto Edwards-Domingos ma, nelle loro dichiarazioni, menzionano un certo Sandy
, loro complice, che gli investigatori ricercheranno anche per verificare il suo eventuale coinvolgimento nell’omicidio della coppia. In un veicolo rubato da Coleman, Reed e Sandy
, vengono recuperati degli effetti personali di quest’ultimo, da cui risulta che questi potrebbe chiamarsi Robert Coffman o William Carr. Anche in questo caso, comunque, non si approda a nulla di utile in riferimento al delitto in esame.
Secondo gli esperti che hanno condotto analisi retrospettive della vicenda – tra cui Bill Baker, già detective della polizia di Santa Barbara – il duplice omicidio Edwards-Domingos risulterebbe riconducibile all’omicida seriale che, di lì a pochi anni, avrebbe terrorizzato la California, compiendo efferati delitti e inviando ai giornali inquietanti lettere – talvolta corredate da crittogrammi – firmate Zodiac.
1.3. Cheri Jo Bates
Lunedì 31 ottobre 1966, a Riverside (California), Cleophus Martin, custode presso il Riverside City College, percorre in auto Terracina Drive. Alle 6,30 circa scorge il corpo senza vita di una giovane donna, sdraiato a faccia in giù all’altezza di due edifici disabitati in fase di ristrutturazione. La vittima risulta essere Cheri Jo Bates, nata a Omaha (Nebraska) il 4 febbraio 1948, studentessa presso il college. Il cadavere reca segni di una brutale aggressione con un’arma bianca, per sottrarsi alla quale la giovane deve aver strenuamente lottato. Sotto le unghie della Bates vengono rivenute tracce di pelle e capelli, verosimilmente dell’assassino da cui, solo in anni più recenti, verrà estratto del DNA mitocondriale, senza utili apporti alle indagini. A tre metri dal cadavere, viene rinvenuto un orologio Timex, con tracce di vernice e il cinturino rotto, che si ritiene sia stato strappato dal polso dell’aggressore durante la colluttazione. Le lancette sono ferme alle ore 0,24. Repertate in loco anche orme riconducibili a una calzatura di tipo militare. A poca distanza dal luogo dell’aggressione, in Terracina Derive all’altezza di Magnolia Avenue, il maggiolino Volkswagen della vittima, il cui spinterogeno risulta manomesso.
Cheri Jo – giovane vivace e socievole, che lavorava in banca per pagarsi gli studi e aspirava a divenire assistente di volo – risulta scomparsa dalla sera precedente. Dalle testimonianze raccolte non sembra possibile ricostruire in modo univoco gli eventi precedenti la sua morte, né collocare quest’ultima in un ristretto lasso di tempo. I residenti riferiscono di aver udito, la notte del 30 ottobre, delle urla tra le 22,15 e le 22,45, seguite, pochi minuti dopo, dal rumore di avviamento di un’auto. Due testimoni collocano la giovane vittima nella biblioteca del college il 30 ottobre sera, negli orari di apertura domenicale, dalle ore 18 alle 21. Il primo è uno studente di origine messicana, che riferisce di aver notato Cheri Jo fuori della biblioteca, verso le 17,30, appunto in attesa dell’apertura. Sarebbe stata intenta ad annotare qualcosa su un quaderno dalla copertina blu, le cui pagine erano tenute insieme da una spirale. Il secondo, uno dei bibliotecari in servizio, che ritiene di aver visto la giovane all’interno della struttura.
Dichiarazione, quest’ultima, che sembrerebbe non trovare conferme. Walter Siebert, residente al 3667 Gloreen Court, riferisce agli investigatori che lui e alcuni amici, tutti conosciuti dalla Bates, erano presenti in biblioteca la stessa sera e non hanno incontrato la giovane. Sembra che i locali della biblioteca siano alquanto angusti e che, al loro interno, risulti arduo passare inosservati. Verso le 19,15, Siebert e i suoi amici – giunti a loro volta in biblioteca, dove si sarebbero trattenuti fino all’ora di chiusura – avrebbero, invece, notato, all’esterno, quattro uomini sconosciuti, con abiti da lavoro (nella zona, lo abbiamo detto, sono in corso ristrutturazioni), seduti su una staccionata di fronte al maggiolino della ragazza. La polizia rintraccia i soggetti in questione e li interroga. Costoro riferiscono di aver visto Cheri Jo parcheggiare la sua auto verso le 18.
Ancora: un amico della giovane afferma di aver visto la sua vettura percorrere Magnolia Avenue in direzione del College verso le 18,10. Un soldato dell’aeronautica, in auto lungo una parallela di Magnolia, dichiara di essere stato superato da un maggiolino verde più o meno alla stessa ora.
Come si accennava, lo spinterogeno della vettura della vittima risulta danneggiato. Ciò, in sede di indagine, legittima l’ipotesi secondo cui l’omicida potrebbe aver manomesso l’automobile per poter offrire alla vittima – uscita dalla biblioteca – un passaggio o, comunque, assistenza. Il che richiede, però, una attenta valutazione delle risultanze testimoniali raccolte, non concordanti. I quattro uomini in prossimità della vettura di Cherie Jo, riferiscono di aver